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I pifferai magici di un\'Italia senza pi spina dorsale


Pierfranco Pellizzetti, Italia invertebrata Personaggi e
argomenti della decadenza del dibattito pubblico, Mimesis
edizioni, Milano, pag. 248, euro 22,00

di Simona Argentieri

Che bella illustrazione di copertina per un argomento cos triste! Su un


luminoso sfondo turchese naviga, distendendo tutti i suoi tentacoli fin nel
risvolto, un mollusco color corallo forse un paguro immaginario? ben
alloggiato in un guscio a coclea, avvolto elegantemente a spirale.

La suggestione biologica peraltro perfetta per offrire raffigurabilit alla


metafora del titolo, secondo il quale ad essere sprovvista di scheletro non
solo la parassitaria creatura marina, ma la nostra intera nazione: l'Italia
invertebrata, appunto, della quale tratta con la consueta appassionata forza
polemica Pierfranco Pellizzetti, che lo dichiara subito egli stesso fin dalle
prime pagine si ispira al classico saggio di Jos Ortega y Gasset, secondo il
quale ad essere invertebrata era allora, nel 1922, la Spagna.

L'autore convoca sul banco degli accusati quella che avrebbe dovuto essere
l'impalcatura portante: l'intera classe dirigente, coloro chiamati a costituire la
spina dorsale della Nazione. Troppo spesso scrive ci imbattiamo invece in
"presunti 'maestri di pensiero' che di tale pensiero se ne rivelano i veri
inquinatori". Personaggi diversi, ma con evidenti tratti comuni, la cui abilit
non consiste nel plagiare le masse, ma nell'offrire loro ci che gi pensano, in
una rassicurante reciproca conferma circolare del consenso.

Una sintesi del libro non possibile, poich la modalit di argomentare


dell'autore policentrica. Dopo la breve introduzione, si profilano due grandi
blocchi, articolati in capitoli. Nel primo, "I personaggi", possiamo leggere:
Ragazzi del sud, opinionisti neri; Operaisti, nell'inverno del loro scontento;
Papisti attappetati e papocchioni; Mercatisti filo-golpisti; Liberali, liberisti,
liberaloidi; I nuovi Pangloss; Il regno del falso.

Il secondo invece intitolato "Gli argomenti": Armageddon Europa:


L'alluvione immigrati; Tecnologia come pietra filosofale; L'italico
eccezionalismo; La guerra di liberazione dell'art. 18; Meno tasse per tutti.
Il linguaggio, come si vede, brillante e sarcastico e la mannaia della critica si
distribuisce in ogni distretto della vita politica e della societ.

Facendo mia la metafora di Pellizzetti, i conti tornano. Se passiamo dalla


collettivit all'individuo, in effetti constatiamo, sia nella patologia conclamata,
sia nella 'piccola psicopatologia della vita quotidiana', quanto oggi prevalga
l'eso-scheletro rispetto all'endo-scheletro. Cio, nell'umanit contemporanea
(e questo non vale solo per l'Italia) per lo pi la struttura psicologica dell'io
carente, il processo di sviluppo precario, l'organizzazione della personalit
fragile e indefinita. Per contro, si rafforzata la configurazione difensiva
esteriore; l'identit garantita dall'adesione alle formule stereotipate
dell'apparire, a spese delle fatiche del percorso di identificazione.

Nel bene e nel male, non ci sono pi le grandi nevrosi di una volta,

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solidamente strutturate e precisamente individuabili nella scala nosografica.


Prevalgono invece le condizioni 'borderline', le personalit imitative, i 'falso s
I quadri clinici sono dinamici e variabili, i confini tra le varie manifestazioni
morbose spesso risultano imprecisati, con labili costellazioni sintomatiche
sempre pi aspecifiche.

Anche nella vita comune le configurazioni di personalit sono pi fluide e


mutevoli. Non si vede quasi pi la rigidit schiacciante del superio, il peso del
senso di colpa. Per contro, a dominare la scena psicologica sono i meccanismi
di difesa: rimozione, scissioni, regressione, ambiguit, negazione e diniego
come una sorta di corazza esteriore che serve a compensare il deficit di
consistenza interiore. Si evitano angosce e conflittualit intrapsichiche, ma
all'alto prezzo di un impoverimento di idee e affetti. E' un espediente che
tende a perpetuare se stesso, poich grazie alla corazza/guscio/carapace ci si
regge in piedi, ma l'assetto interiore di personalit sempre pi connotato
dalla mollezza dei tessuti, se non dal vuoto.

Non ho la competenza storica e la scioltezza di linguaggio politico dell'autore;


talvolta mi sono smarrita nella giungla delle citazioni e nel deserto delle
prospettive. Per affinit di interessi e sintonia, concentro allora la mia
recensione sul capitolo "Il regno del falso", un tema che da tempo mi
accompagna.

L'imbroglio, scrive Pellizzetti, oramai eletto a tecnologia del potere,


"proiettando la nostra gente in una dimensione dove l'apparire si traveste da
reale". Una modalit malefica, concordo, secondo la quale inevitabilmente
l'inganno viene fatto in variabile misura anche a se stessi. Cos il consenso
diventato uno strumento gonfiato e viziato, tanto possente quanto capriccioso
e precario. E' un modo di essere e di fare che esonera dalla fatica della
coerenza con se stessi e dei relativi tormenti; ma che certo non rende felici.

L'autore non fa l'errore di attribuire tutto il male al tempo presente; anche nel
passato prossimo "le spine dorsali diritte non risultano proprio una
straripante maggioranza". Qualche inchino di troppo viene individuato
perfino in personaggi come Lukcs, Sartre, Togliatti Si salvano Bertrand
Russel e Rosa Luxembourg, che seppure rinascessero probabilmente non
otterrebbero audience.

La pars destruens inevitabilmente prevalente nel libro e non certo


intenzione di Pierfranco Pellizzetti fornire un elenco di rimedi. Se non si va
all'origine del male, a quella disfunzione collettiva del senso dello Stato, alla
carenza dei singoli cittadini di quello che una volta si chiamava l'impegno per
il bene comune, ogni rimedio infatti non pu che essere una nuova piccola
scaglia che si aggiunge all'eso-scheletro, a tamponare provvisoriamente la
falla del sistema difensivo che recalcitra a fronte della assunzione di
responsabilit.

Non paradossale dunque se quanto pi ci si trova d'accordo con le sue


denunce, tanto pi la lettura di queste pagine genera malessere (rabbia e
sconforto in variabili proporzioni) e alla fine, quando il libro si chiude, ne
residua una sensazione di disagio, se non di colpa per non aver saputo porre
argine a tanto degrado.

Lascio all'autore la domanda finale, pi una invocazione che una aspettativa


di riscontro, nella quale si chiede se e quando questa Italia invertebrata si
possa risvegliare dal losco incantesimo che la paralizza:

" Molto pi importante capire se l'impegno intellettuale potr tornare a


svolgere il suo ruolo di frontiera, riattivando l'idea di progresso democratico,
o se le sue sorgenti sono state completamente inaridite dalla siccit culturale e
dai cedimenti morali della fase storica agli sgoccioli." (Risveglio
dall'incantesimo? pag. 27)

2 di 3 20/03/2017 10:15
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Personalmente, non so intravedere il 'quando'; sono per convinta che ci


possa avvenire solo se si mette davvero in discussione il nodo nevralgico della
relazione scellerata come gi scriveva Ortega y Gasset "tra la massa e la
minoranza dirigente"; tra coloro che amministrano il potere politico e coloro
che glielo conferiscono e consentono loro di sperperarlo.

Il volume di Pierfranco Pellizzetti verr presentato il 24 marzo a Genova a


Palazzo Ducale [http://www.palazzoducale.genova.it/italia-invertebrata/],
con Matteo Pucciarelli, Alessandro Cavalli e Simone Regazzoni, e il 12 aprile
a Milano alla libreria Open, con Giulio Giorello e Paolo Costa.

(15 marzo 2017)

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