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Larosa (2003) Riflessioni Intorno Al Sogno Machiavelliano PDF
Larosa (2003) Riflessioni Intorno Al Sogno Machiavelliano PDF
1
N. Machiavelli, Tutte le opere, a cura di M. Martelli, Milano, Sansoni, 1993.
2
Idem, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo, a cura di F. Chiappelli, Bari,
Laterza, 19711985.
1
incontrollabili, e il termine di una vita burrascosa veste i panni di quelle
conclusioni a cui essa stessa sembra invitare.
Prima di inoltrarmi nei meandri della complicata questione, mi preme
ricordare che nel panorama degli studi machiavelliani pi recenti Gennaro
Sasso con acume e straordinaria competenza critica si interessato al mito
del sogno ante mortem, contribuendo in modo definitivo e imprescindibile
alla messa a fuoco di tutti i dati storici e letterari pertinenti quegli
interrogativi fondamentali sopra evidenziati; 3 non si pu quindi riflettere sul
sogno e sulle svariate problematiche che ne derivano senza riconoscere i
grandi meriti dello studioso e senza attingere alle preziose testimonianze
contenute nel suo lavoro. Nel mio percorso di analisi seguir le tappe
fondamentali delle sue ricerche, avvalendomi di molte notizie e
informazioni importanti da lui abilmente reperite, e mi soffermer infine su
alcuni dubbi riguardanti le proposte interpretative avanzate dal Sasso e le
argomentazioni ultime a cui egli perviene; aggiunger, inoltre, due nuove
testimonianze ai numerosi antecedenti del sogno machiavelliano segnalati
dal Sasso. Il fondo comune che regge nel complesso le mie riflessioni
rappresentato dallumilt di quanto via via si propone e dallassenza
assoluta di ogni pretesa risolutiva.
Per fare un po di chiarezza su quello che sarebbe stato il sogno di
Machiavelli, ricorriamo al pi recente biografo ufficiale del politico,
Roberto Ridolfi, 4 il quale ci fornisce un indimenticabile affresco dellex
segretario morente, afflitto, oltre che dalle pene dellanimo, anche dai
fierissimi dolori colici di una probabile peritonite:
Ma, in tanta infermit e infelicit, egli era pur sempre il Machia. Volle mostrarlo agli
amici e irridere con loro a quella malignit di fortuna, ribellarsi a tanto strazio, forse alla
commozione che lo prendeva. Allora, vinta lambascia, cominci a motteggiare e a burlare,
quasi emulando, nellintrepido sprezzo sul letto di morte, Giovanni de Medici, il suo
ultimo eroe. Novellava come ai bei giorni, piacevolmente, di un certo sogno; ma era tutta
una sua fantasia. Raccontava di aver veduto una rada turba di poveri, cenciosi, macilenti,
sparuti; domandato chi fossero, gli era stato risposto cherano i beati del Paradiso, dei quali
si legge nella Scrittura: Beati pauperes quoniam ipsorum est regnum caelorum. Spariti
costoro, gli era apparsa una moltitudine di personaggi di nobile aspetto, in vesti reali e
curiali, che gravemente disputavano di stato; fra i quali riconobbe Platone, Plutarco, Tacito
ed altri famosi uomini delle antiche et. Avendo richiesto chi fossero i nuovi venuti, gli fu
detto quelli essere i dannati dellInferno; perch sta scritto: Sapientia huius saeculi inimica
est Dei. Spariti anche costoro, gli fu domandato con chi volesse stare. Rispose che preferiva
andarsene nellInferno coi nobili spiriti a ragionare di stato piuttosto che in Paradiso con
quei cenciosi di prima. 5
3
G. Sasso, Il celebrato sogno di Machiavelli, in Machiavelli e gli antichi, vol. III,
MilanoNapoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1988, pp. 211294; Paralipomeni al sogno
di Machiavelli, ibidem, vol. IV, pp. 325360.
4
R. Ridolfi, Vita di Niccol Machiavelli, Firenze, Sansoni, 1972.
5
Ibidem, vol. I, pp. 390392; vol. II, pp. 594597.
2
paradiso abitato da poveri cenciosi e un inferno popolato da nobili e gravi
personaggi, egli dichiarava di preferire il secondo. Ci non toglie per,
secondo il biografo, che nella realt tragica del momento estremo la sua sia
stata una morte cristiana con tanto di confessione e benedizione estrema, 6
come attesta la lettera del figlio Piero Machiavelli a Francesco Nelli, in cui
egli ribadisce che la cura dellanima del padre prima della morte fu affidata
a un certo frate Matteo: 7
Carissimo Francesco
Non posso far di meno di piangere in dovervi dire come morto d XXII di questo mese
Nicol nostro padre di dolori di ventre, cagionati da un medicamento preso il d XX.,
lasciassi confessare le sua peccata da frate Matteo, che gl tenuto compagnia fino a morte.
Il Padre nostro ci lasciato in somma povert, i come sapete. Quando farete ritorno
quass, vi dir molto a bocca: O fretta e non vi dir altro, salvo che a voi mi raccomando.
MDXXVII Vostro Parente
Pietro Machiavelli
6
Ibidem, vol. I p. 392; vol. II pp. 395397.
7
La lettera venne pubblicata da Angelo Maria Bandini, Collectio veterum aliquot
monumemtorum ad historiam praecipue literariam pertinentium, Arreti, Sumptibus
Michaelis Bellotti, 1752, pp. XXXIIXXXIII.
8
Cfr. O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccol Machiavelli, RomaTorinoFirenze,
Ermanno Loescher, 18831911, vol. II, p. 900.
9
Ibidem, pp. 900905.
10
Ibidem. Il Tommasini, inoltre, si accanisce contro le superficialit inopportune
delle dichiarazioni di Piero sullo stato di povert familiare (smentite dal testamento), perch
il lamento era poco fanciullesco, men che delicato, e provocante. A tutto ci si
aggiungerebbe lincompatibilit fra la scrittura del Piero maturo e quella della lettera, in cui
lincertezza del tratto e lirregolarit rivelerebbe una personalit senile, pi che fanciullesca.
3
stampata, cos com, gi mille dubbi sorgono; perch il sentimento gretto
che ne trapela, la forma insincera con cui lo scrittore sesprime, le cose
disparate che non senza intenzione vi si accennano, pare che le tolgano ogni
aspetto dingenuit, di spontaneit, di naturalezza; quasi che per un verso
appariscano accozzate insieme con proposito; e per laltro non riescano ad
aggiunger nulla a quel che una persona, legata da relazioni di amicizia e di
consanguineit con la famiglia dei Machiavelli, doveva essere gi prima in
grado di conoscere). Della stessa opinione fu anche Sergio Bertelli, il
quale, ribadendo energicamente limpossibilit che il giorno di morte
potesse coincidere con quello di sepoltura, punt il dito su alcuni particolari
materiali della lettera: la lacerazione presente sul lato destro del foglio, a
indicare la caduta del sigillo, sarebbe intenzionale, in quanto lo strappo
del sigillo non si ripete sul lato opposto del foglio, n vi traccia che la
ceralacca era destinata a fissare; la filigrana della carta adoperata,
sconosciuta ai repertori cinquecenteschi, renderebbe inconfondibilmente il
documento un falso grossolano. 11 Il Ridolfi 12 respinge interamente le
argomentazioni dei due studiosi, e identifica con Francesco Nelli uno zio
materno di Piero, concludendo che la lettera sarebbe una copia imitativa
redatta da Giovan Battista Nelli, il quale desiderava fornire al Busini una
precisa immagine, un facsimile, ma non voleva privarsi delloriginale; a
suo avviso, quindi, il documento, diplomaticamente falso, storicamente
autentico.
Dopo la lunga parentesi, peraltro necessaria, su una vicenda che, se per
alcuni versi interessa la materia da cui siamo partiti, non pu certo essere
trattata esaurientemente in questa sede, riprendiamo il filo dei nostri
ragionamenti; prima di Roberto Ridolfi, anche gli altri biografi del
Machiavelli si espressero sul sogno e sulla leggenda ad esso legata. Il
Tommasini 13 giudic le voci intorno alla morte infamante dellex segretario
menzogne artificiose, freddure pi o meno maligne degli avversari,
11
Cfr. S. Bertelli, Nota al testo in N. Machiavelli, Opere, a cura di S. Bertelli, Milano,
Salerno, 1969, vol. V, pp. 491496. Egli osserva inoltre: che nella presunta lettera
giovanile la calligrafia minuta, minutissima e tremolante; nelle lettere della maturit
appare ampia, dai caratteri grossi e alti; che lo pseudoPiero dimentica lusuale chiusa
delle lettere private del tempo, con linvocazione Cristo da male vi guardi o simili, non
indica nella data il luogo, il giorno, il mese, ma vi appone solo, in caratteri romani, lanno;
che laffermazione sullestrema povert della famiglia dopo la morte dellex segretario
contrastava con i contenuti del testamento; e infine che risulta strano il silenzio di Giuliano
de Ricci, il quale non la utilizza come prova contro le affermazioni del Giovio (a questo
proposito si veda oltre). Il Bertelli vede nello stesso Bandini il possibile autore del falso (in
quanto prefetto della biblioteca Marucelliana), e individua nei suoi progetti editoriali
(sullopera dellex segretario) la causa dellinteressamento a una rivalutazione
dellimmagine machiavelliana di fronte alla Chiesa.
12
Si veda R. Ridolfi, Vita cit., vol. II, pp. 595597, 609613. Egli considera un
equivoco lidentificazione proposta dal Tommasini tra il frate Matteo della lettera e il
Matteo Canigiani decapitato nel 1529 per omicidio; riguardo invece alla posizione del
Bertelli egli scrive: Mai visto un giudizio tanto temerario buttato l con maggior
leggerezza e con minor fondamento!.
13
O. Tommasini, La vita e gli scritti cit., vol. II, pp. 900 sgg.
4
che dopo la morte a dismisura gli crebbero, come crebbe il timore, il livore,
lo sgomento allincalzare della riforma religiosa, negli accanimenti della
fede bersagliata, nelle sventure patrie; allo stesso modo il Villari 14 ritenne
il sogno una malevola invenzione dei detrattori di Machiavelli, ignorata da
parenti e vicini, anche se lasci aperta la possibilit che in tempi meno
infelici, egli medesimo lo avesse, celiando, narrato, non per mai nel
momento della morte.
Gennaro Sasso, nellintento di verificare la verit o falsit dellaneddoto
cos come giunto fino a noi, procede in una duplice direzione: da un lato
ricostruisce la storia del sogno, e cio i tempi e i modi attraverso cui esso
stato raccontato o semplicemente accennato nei secoli successivi alla morte
dellex segretario, mentre dallaltro con ammirevole sagacia rintraccia le
attestazioni letterarie, precedenti al Machiavelli, di contenuti evidentemente
affini alla contrapposizione tra inferno e paradiso (con le relative
caratterizzazioni dei due mondi delloltretomba) e allirreligiosa
predilezione del mondo infero da parte del protagonista della vicenda.
Rimando direttamente al Sasso 15 per il completo esame delle attestazioni, e
mi limito qui a ricordare solo alcuni passaggi fondamentali del suo studio.
Dopo la morte del letterato fiorentino, il primo accenno oggi noto al sogno e
a una morte indecorosa da libertino quello di Giovan Battista Busini, 16 il
quale nella lettera del 23 gennaio 1549 a Benedetto Varchi, tra le altre cose,
scriveva:
[] Ai Piagnoni pareva, che ei fosse Eretico, ai buoni disonesto e ai tristi pi tristo, o
valente di loro, talch ognun lodiava: ma Zanobi e Luigi come grati si ricordavano de
benefizi ricevuti, e delle virt loro, e non sapevono i vizi suoi, perch fu disonestissimo
nella sua vecchiaia, ma oltre allaltre cose goloso, onde usava certe pillole, avutane la
ricetta da Zanobi Bracci, col quale spesso mangiava, padre dellAbatino. Ammal, come
accade, parte per il dolore, parte per lordinario. Il dolore era lambizione, vedendosi tolto il
luogo dal Giannotto, assai inferiore a Lui, il quale vi fu messo e favorito da Anton
Francesco, perch lo lodassi; da Tommaso, perch prometteva esser mezzano di dare una
figliuola a Francesco Nasi; da Niccol per la medesima ragione, ondo gioc di due fave un
lupino; da Alfonso per amor di Tommaso. Ammalato cominci a pigliar di quelle pillole, ed
a indebolire, ed aggravare nel male; onde raccont quel tanto celebrato sogno a Filippo, a
Francesco del Nero ed a Jacopo Nardi, e ad altri, e cos malissimo contento, burlando. 17
14
P. Villari, Niccol Machiavelli e i suoi tempi, Milano, Ulrico Hoepli, 1897, vol. III,
pp. 366371.
15
G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 211258.
16
Definito dal Villari sempre avverso al Machiavelli.
17
Cito dal Bandini, Collectio cit., pp. XXXIIIXXXIV; cfr. inoltre G. B. Busini, Lettere
a Benedetto Varchi sopra lassedio di Firenze, a cura di G. Milanesi, Firenze, Barbera,
1861, pp. 8485, e G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 211212.
5
Secondo il Sasso,18 la fonte a cui si sarebbe rifatto il Busini doveva essere
orale, e i motivi del suo silenzio sui contenuti specifici dellepisodio
scandaloso sarebbero riconducibili al fatto che il suo interlocutore ne era gi
sufficientemente informato. Nel momento in cui per il Varchi si esprime
sullo stesso argomento in un luogo diverso dalla corrispondenza con il
Busini, anchegli si astiene dal fornire ulteriori particolari; le due
testimonianze addirittura contengono informazioni pressoch identiche:
[] sattrist [dopo aver vanamente sperato di essere eletto segretario nel 1527] di
maniera, che non dopo molto tempo inferm e prese, senzaltro medico o medicina volere,
alcune pillole le quali Giovambattista Bracci, che della medesima vita e costumi si
dilettava, per ricetta datagli avea, e un suo finto sogno a Filippo Strozzi, e a Francesco del
Nero e a Jacopo Nardi, i quali vicitato lavevano, raccontato, come era, s e gli altri
beffando e senza nessuna religione, vivuto, cos senza religione alcuna, altrui e s beffando,
mor. La cagione dellodio, il quale gli era universalmente portato grandissimo fu, oltra
lessere egli licenzioso della lingua e di vita non molto onesta e al grado suo disdicevole
quellopera chegli compose e intitol il Principe, ed a Lorenzo di Piero di Lorenzo,
acciocch egli signore assoluto di Firenze si facesse, indirizz. 19
In entrambe i testi risulta evidente linfluenza della fonte principale a cui sia
il Busini che il Varchi si sono rifatti, scrupolosamente evidenziata e studiata
dal Sasso; la fonte coincide con lElogio scritto da Paolo Giovio, 20 in cui
egli, dopo aver ribadito la sua confidenza con il Machiavelli riguardo a
questioni letterarie (sicuti ipse nobis fatebatur [e mi fu da lui stesso
confermato]), 21 alla arguzia dellautore (natura perargutus [per natura
arguissimo]) e alla doppia valenza della sua lingua (docilis salsique iudicii
plenus [con una lingua che poteva essere ora benevola e ora tagliente]),
conclude con le celeberrime parole:
Fuit exinde semper inops, uti irrisor et atheos: fatoque functus est, quum, accepto temere
pharmaco, quo se adversos morbos praemuniret, vitae suae iocabundus illusisset. 22
18
G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 213220.
19
Il Varchi prosegue scrivendo: nella quale opera (empia veramente e da dover essere
non solo biasimata ma spenta, come cerc di fare egli stesso dopo il rivolgimento dello
Stato, non essendo ancora stampata) pareva a ricchi che egli di tor loro la roba insegnasse,
e a poveri lonore, e agli uni e agli altri la libert. Onde avvenne nella morte di lui quello
che pare sia ad avvenire impossibile, cio, che cos i buoni se ne rallegravano come i tristi,
la qual cosa facevano i buoni per giudicarlo tristo, ed i tristi per conoscerlo non solamente
pi tristo, ma eziando pi valente di loro (cfr. B. Varchi, Storia fiorentina, a cura di G.
Milanesi, Firenze, Le Monnier, 1857, vol. I, pp. 200201).
20
P. Giovio, Elogia veris clarorum virorum imaginibus apposita, a cura di C. Caruso,
Sellerio Editrice, Palermo, 1999, pp. 194199.
21
Machiavelli gli avrebbe confermato di aver tratto da Marcello Virgilio i fiori di lingua
greca e latina inseriti nelle sue opere (ibidem, p. 196).
22
[Da l innanzi visse in povert, sempre irrisore e ateo; e, illudendosi di poter scherzare
anche con la propria vita, mor per aver leggermente assunto un farmaco che avrebbe
dovuto premunirlo contro le malattie]. Cfr. P. Giovio, Elogia cit., pp. 198199.
6
messo in relazione la morte di Niccol, blasfema e irriverente verso la
divinit, con le pillole da lui assunte prima di morire:
Il Giovio nelli elogii sotto alla immagine del Machiavello, tassandolo di maligno, et di poco
religioso dice che egli si mor per havere preso una medicina a sua fantasia mediante la
quale scherzando egli pazzamente con la divinit si condusse alla morte, et poich io veggo
la ricetta di queste pillole tanto da lui celebrate mi vo immaginando che in quelli tempi si
potesse spargere qualche falso romore di questa cosa, perch in verit egli mor
cristianamente nel suo letto visitato da tutti gli amici, in braccio della moglie, et de figlioli,
et io che li sono nipote non ho mai inteso dire n da m.nna Marietta de Corsini sua moglie,
n da m.nna Baccia mia madre et sua figliuola, n da m. Bernardo et m. Guido et m. Piero
suoi figlioli et miei zii tal cosa, et la ho per una vanit, et la composizione di quelle pillole,
tale, che non merita di essere da scrittore maledico et falso come il Giovio, fattoci un
commento sopra, che pigliandole si voglia scherzare con la religione, o acattare con esse di
farsi immortale poi che gli ingredienti in esse sono tutti di droghe et semplici ordinarii et
communissimi a tutti li medici et a tutti gli speziali. 23
23
LApografo Ricci (presente alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze con la
segnatura Ms. pal., E.B. 15, 10, 164 r) contiene la reazione di Giuliano, alla fine della
lettera inviata da Machiavelli a Francesco Guicciardini il 17 agosto 1525 proprio in margine
alla ricetta delle famose pillole; cfr. inoltre O. Tommasini, La vita e gli scritti cit., vol. I
pp., 644, e P. Villari Niccol Machiavelli cit., vol. III, pp. 368369. Cito direttamente
dallApografo e rispetto al testo pubblicato dal Sasso (Machiavelli cit., vol. III, p. 215) ho
registrato alcune varianti di poca importanza, un errore (vanit e non verit) e
lintegrazione di m. Guido, omesso dal Sasso.
24
G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 214218.
7
il sogno e si limitasse a fare un semplice accenno? Potrebbe essere, cos
come possibile che il Busini non aggiungesse alcun particolare perch il
Varchi era gi ben informato dei fatti; in ogni caso, se il racconto di un
sogno da parte dellautore fiorentino c stato, esso ebbe una circolazione
esclusivamente orale (questa lipotesi pi plausibile), soggetta quindi a tutte
le storpiature e le varianti inevitabili nella provvisoriet di tale trasmissione,
a cui si aggiungono, ammettendo la possibilit dellipotesi, i commenti e le
discussioni intorno allepisodio negli ambienti intellettuali e non della
Firenze cinquecentesca pi o meno vicini al Machiavelli (quel tanto
celebrato sogno). Rimane comunque un dubbio: se il sogno fu davvero
tanto celebrato (nel senso di tanto conosciuto), perch ci troviamo di
fronte a unassenza pressoch assoluta di testimonianze?
Quello che mi preme maggiormente sottolineare per la scarsa
rilevanza riconosciuta dal Sasso ai rapporti testuali esistenti tra la lettera del
Busini sopra citata, il passo della Storia fiorentina del Varchi e lElogio del
Giovio. Non si pu con certezza decidere in quale senso preciso
questultimo utilizzasse il verbo illudere (se cio in quello di scherzo vero e
proprio, oppure di dileggio o di avventatezza); sicuro per che
Machiavelli prendeva le sue pillole a scopo curativo, come aveva diverse
volte sperimentato e come testimoniano le precise indicazioni sulla loro
assunzione e sulla ricetta per la loro preparazione presenti nella lettera del
17 agosto 1525 a Francesco Guicciardini. 25 Sicuramente (al di l di quella
che la posizione del Sasso) la testimonianza di Giuliano de Ricci (et
poich io veggo la ricetta di queste pillole tanto da lui celebrate mi vo
immaginando che in quelli tempi si potesse spargere qualche falso romore di
questa cosa) avvalora quantomeno il dubbio che tra i contemporanei
dellex segretario possa essersi diffusa una interpretazione del passo
gioviano nella direzione di una morte irriguardosa e blasfema, di un
Machiavelli, cio, quasi annebbiato dalleffetto del misterioso farmaco e in
preda a visioni indecorose. Ancora pi interessante risulta la possibilit che
il Busini e il Varchi costituiscano due esempi di una sostanziale
interpretazione delle parole del Giovio in senso analogo a quello delineato e
nulla pi; esistono infatti parallelismi linguistici ben precisi. Nella sua
lettera il Busini sottolinea come Machiavelli, vissuto disonestissimo nella
sua vecchiaia (il che riporta alla mente il ritratto gioviano di irrisor et
atheos), assunse alcune pillole (da cui deriv il suo peggioramento fisico),
dopo di che (onde), quasi in conseguenza, raccont il celebrato sogno;
fu a causa di tale racconto (e cos) che lex segretario mor malissimo
contento, burlando, in sovrapposizione alle affermazioni del Giovio (vitae
suae iocabundus illusisset e accepto temere pharmaco). Analoghi
parallelismi possono estendersi alla testimonianza del Varchi, alla
precisazione che lassunzione sconsiderata delle pillole (e prese, senzaltro
medico o medicina volere, alcune pillole) fu la causa del racconto (e un
suo finto sogno raccont) e allinsistenza del vivere machiavelliano s
25
Cfr. N. Machiavelli, Tutte le opere cit., lettera 287, pp. 12181219.
8
e gli altri beffando; mentre le affermazioni che egli fu senza nessuna
religione in vita e in morte, e di vita non molto onesta e al grado suo
disdicevole, ci riportano nuovamente alle parole del Giovio: Fuit exinde
semper inops, irrisor et atheos. A tutto ci si aggiunge un ulteriore
parallelismo relativo alla loquacit dellex segretario: cos come nellElogio
leggiamo Ipse quoque natura perargutus, et docilis salsique iudicii plenus,
il Varchi ricorda lessere egli licenzioso della lingua.
Questo quanto consente di sapere oggi la tradizione storica e letteraria
italiana sul sogno di Machiavelli. Gennaro Sasso, al fine di colmare la
pesante carenza documentaria nazionale, attinge a una serie di testimonianze
doltralpe, ponendole in una precisa relazione con laccenno del Busini. 26
Anche in questo passaggio successivo della complessa e completa analisi
sassiana mi limiter a soffermarmi solo su alcuni dati. In Germania e in
Francia il Sasso individua due rami assolutamente indipendenti nella
tradizione filologica del sogno, gi evidenziati nel Dictionnaire historique et
critique del Bayle, 27 e coincidenti con i nomi del filologo tedesco
Hieronymus Wolf 28 e del gesuita francese Etienne Binet. 29 A pi di mezzo
secolo dalla morte del Machiavelli il Wolf, nel suo commento alle
Tusculanae di Cicerone, soffermandosi sulle diverse teorie blasfeme
dellaldil, inserisce un passo relativo a Machiavelli:
Nec tamen desunt belli (si Diis placet) et faceti homunculi: qui Machiavellum, scelerum
magistrum et perniciosum principum assentatorem, secuti, se inferos coelis anteponere,
ioco scilicet, dicant: quod coelum non nisi pauculos vetulos monachos et supestitiosas
aniculas habeat: apud Inferos vero maxima frequentia degant pontifices, reges, Caesares,
principes, et infiniti bellissimi homunculi, et mulierculae elegantissimae. 30
26
G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 228358
27
P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, Amsterdam, 1740, vol. III, p. 248.
28
M. T. Ciceronis, Tusculanarum quaestionum aphorismi hoc est separatae selectaeque
sententiae, cum explicatione Hieronymi Wolfii, Basileae, 1580, p. 594.
29
E. Binet, Du salut dOrigne, Paris, 1629, pp. 359362.
30
[N tuttavia mancano se cos piace agli Dei omiciattoli leggiadri e arguti, i quali,
seguendo il Machiavelli, maestro di scelleratezze e funesto adulatore dei prncipi
affermano, sicuramente per gioco, di anteporre gli inferi ai cieli: dal momento che il cielo
non ha se non pochi monaci vecchietti e superstiziose vecchiarelle, mentre agli Inferi
risiedono in grandissimo numero papi, re, imperatori, principi, e infiniti leggiadrissimi
ometti ed elegantissime donnicciole]. La traduzione mia, mentre cito il testo direttamente
dal Sasso, Machiavelli cit., vol. III, p. 243.
31
Ibidem, pp. 245249.
9
questo clima di aspra condanna, descrive una scena di contrapposizione tra
il paradiso e linferno, di fronte alla quale alcuni faceti homunculi seguaci
del Machiavelli sono chiamati a esprimersi; la scelta e le motivazioni di essa
non possono che essere bollate come blasfeme dal filologo. Risulta
importante evidenziare che il Wolf non dichiara assolutamente, come
conferma delle sue affermazioni, la fonte dellaneddoto; inoltre egli non
solo non accenna allesistenza di un sogno, ma non attribuisce neanche
allex segretario il diretto coinvolgimento nellempio episodio. Di quello
che dovrebbe essere il contenuto del racconto machiavelliano (che solo in
ambiente francese conoscer una esplicita formulazione) il passo del Wolf
mantiene esclusivamente la contrapposizione tra un paradiso deludente e un
inferno maggiormente accattivante. Francois Hotman, sempre nel 1580,
riprende in una sua lettera le affermazioni del filologo per esprimere non
solo la sua recisa condanna dellopera di Machiavelli, ma altres lo sdegno
causatogli dal progetto di unedizione latina dei suoi scritti 32 in fase di
stampa a Basilea:
[] Wolphius nepur Augustae mortuus in suis commentariis in Tusculanas quos anno
superiore mihi donavit, Machiavellum scelerum, impietatum et flagitiorum omnium
magistrum appellat, ac testatur illum quodam loco scripsisse, sibi multo optabilius esse post
mortem ad inferos et diabolos detrudi, quam in coelum ascendere. 33
32
Ibidem, pp. 240241.
33
[Il da poco defunto Wolf di Augusta, nei suoi Commentarii alle Tusculane, che lanno
scorso mi don, definisce Machiavelli maestro di ogni scelleratezza, empiet e turpitudine,
e inoltre testimonia che egli scrisse da qualche parte che per lui sarebbe molto pi
desiderabile dopo la morte essere sprofondato fino agli inferi e ai diavoli, che ascendere al
cielo]. F. Hotman a R. Gwalther, 25 dicembre 1580, in F. et J. Hotomanorum patris et filii
et clarorum virorum ad eos Epistolae, Amstelodami, 1700, pp. 138139 (il rimando tratto
dal Sasso, e da lui cito; la traduzione mia).
34
E. Binet, Du salut cit., pp. 35962; la citazione tratta dal Sasso, Machiavelli cit.,
vol. III, p. 235.
10
avec eux des affaires dEstat, que destre avec cette vermine de ces belistres quon luy avoit
fait voir. Et tant il mourut, et alla voir comme vont le affaires dEstat de lautre monde. 35
35
[Si arriva a quel detestabile punto donore a cui arriv Machiavelli alla fine della sua
vita: poich egli, poco prima di rendere il suo spirito, ebbe questa visione. Egli vede un
assembramento di gente povera, come furfanti, straccioni, affamati, storpi, molto malconci,
e in numero abbastanza ridotto; gli viene detto che quelli erano gli abitatori del Paradiso,
dei quali stato scritto Beati i poveri perch di essi il regno dei cieli. Essendosi questi
tirati indietro, comparve un numero enorme di personaggi pieni di gravit e maest:
sembrava un Senato, dove si discute di affari di Stato, e molto seri; egli intravide Platone,
Aristotele, Seneca, Plutarco, Tacito, e altri di questa condizione. Domanda chi fossero
quegli uomini cos venerabili: gli venne detto che quelli erano i dannati, e le anime
scacciate dal Cielo, La sapienza di questo secolo nemica di Dio. Quando quelli passarono
oltre, gli si chiede di quali vorrebbe essere. Egli risponde che a lui piacerebbe molto di pi
stare nellinferno con quei grandi spiriti, per conversare con loro di affari di Stato, piuttosto
che stare con quella gentaglia di accattoni che gli hanno fatto vedere. E a questo punto, che
egli morisse, e andasse a vedere come vanno gli affari di Stato dellaltro mondo!]. La
traduzione mia.
36
Il Sasso aggiunge al racconto del Binet altre voci da questultimo dipendenti (cfr. G.
Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 234 sgg.)
11
molto cara sia a lui che al Ridolfi; secondo il Sasso, niente, tuttavia, vieta
di pensare che esse possano essere entrambe vere e autentiche, in quanto
potremmo ipotizzare che (ecco la geniale soluzione!) egli abbia raccontato
quel sogno molti giorni prima, molti mesi o, addirittura, molti anni prima
che per lui giungesse il supremo momento. Con una presa di posizione, che
appare quantomeno discutibile, il Sasso decide di rifiutare quella parte del
racconto relativa alla collocazione cronologica del sogno (quasi si trattasse
di unaggiunta fantasiosa, da leggenda) e di riconoscere credibilit alla parte
rimanente dellaneddoto. 37 Ma il contenuto del sogno non potrebbe essere
uninvenzione, cos come la sua collocazione da parte del Binet nel
momento conclusivo della vita di Machiavelli (contrariamente quindi a
quanto sosteneva il Busini)?
Sasso, nellinterpretare il significato dellavventura onirica e la sua
verit, si sofferma sullesistenza di una precisa pertinenza del sogno con il
pensiero, lo stile e la personalit di Machiavelli, amante del paradosso e
della conversazione, anche in materia religiosa, spregiudicata. Compiendo
unulteriore operazione di sfrondamento rispetto al contenuto delle
testimonianze provenienti dallEuropa (unaccettazione ipotecata, quindi, da
sostanziali interventi), egli attribuisce il carattere libertino e antireligioso
della visione non alla dimensione biografica delluomo Machiavelli, ma a
quella intellettuale e letteraria; loltretomba (e precisamente linferno)
assumerebbe una precisa connotazione umanistica, paganeggiante,
classica, non cristiana, divenendo luogo dellimmortalit non delle anime,
bens dei grandi valori intellettuali, per i quali soltanto conviene vivere.38
Tale valorizzazione della leggenda giustificata e animata dallo spirito del
pensiero politico machiavelliano, pi che da una estrema irrisione della
religione cristiana e da un convinto rifiuto di Dio induce il Sasso a
unanalisi della tradizione letteraria pi antica, alla ricerca di conferme e
parallelismi; egli individua due possibili fonti platoniche nel Critone (50A-
51C) per lelogio della patria a cui Machiavelli si abbandona nei Discorsi e
nelle Istorie fiorentine, e nellApologia di Socrate (40C41C) per i
contenuti specifici del sogno. 39 Nellimmagine che Socrate, sul punto di
essere ucciso, fornisce della morte, intesa come trasmigrazione e incontro
con i defunti, per continuare con loro a dialogare delle grandi questioni,
egli individua richiami evidenti con i caratteri delloltretomba umanistico
pagano descritto nel sogno, al punto da ipotizzare la conoscenza
dellApologia da parte del Machiavelli. Inutile soffermarci qui sulla
questione, tuttaltro che risolta, della cultura machiavelliana e in modo
particolare su quella della conoscenza di Platone, attraverso la mediazione
ficiniana, da parte del nostro autore; non per nulla scontato che tra le opere
platoniche accessibili allex segretario ci fosse anche lApologia di Socrate,
soprattutto se tale ipotesi si fonda esclusivamente sul parallelismo di un
topos che come lo stesso Sasso ben dimostra ebbe sviluppi molto pi
37
G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 269 sgg.
38
Ibidem, pp. 291, 294; vol. IV, pp. 326327.
39
Ibidem, vol. III, pp. 284 sgg.
12
vicini allessenza dellempia visione in una realt culturale in cui la
polemica religiosa era particolarmente accesa. 40
Il Sasso conduce per unindagine molto pi ampia allinterno di quella
tradizione letteraria che sviluppa la contrapposizione tra paradiso e inferno,
l dove il confronto si risolve in netto vantaggio del secondo sul primo;
lesistenza di un topos ben determinato dovrebbe ovviamente rafforzare,
nellottica dello studioso, la possibilit di una elaborazione del Machiavelli
medesimo dei contenuti trasmessi dal Binet. Sempre nel panorama culturale
europeo, egli analizza la leggenda di Rathbod attestata nella Vita del
vescovo franco Wulfranno 41 (risalente allVIIIIX sec.) e ripresa anche dal
Gentillet (1576) , 42 il re dei Frisoni che sul punto di convertirsi, chiedendo
se nel paradiso avrebbe incontrato i suoi avi e ricevendo come risposta che
essi si trovano nellinferno come infedeli, rifiuta il battesimo e preferisce gli
inferi, per conservare la possibilit di ricongiungersi con gli antenati.
La presenza di affinit contenutistiche ferme restando le sostanziali
differenze contestuali fra il sogno di Machiavelli e la leggenda induce il
Sasso a ipotizzare un nesso storico preciso tra i due luoghi letterari, al punto
da ricostruire un immaginario percorso attraverso cui la leggenda doltralpe
sarebbe potuta giungere nellambiente culturale vicino al Machiavelli;
ancora una volta, per, di fronte alla ricostruzione del Sasso con la
mediazione di Tolomeo da Lucca, che conosceva la storia del re frisone, e di
Biondo Flavio, che utilizz le opere di questultimo 43 non si possono
nascondere alcune perplessit, in quanto allassunto possibile che non
fa da contrappunto lesistenza di tracce precise e incontestabili tali da
ritenere probabile la diretta o indiretta conoscenza della leggenda di
Rathbod da parte del nostro autore; anzi, per quanto oggi ne sappiamo sulla
cultura del politico fiorentino, 44 e per quello che risulta dai contenuti stessi
delle sue opere, una simile ipotesi sembra alquanto improbabile. N tanto
40
Cfr. M. Martelli, Schede sulla cultura del Machiavelli, Interpres VI, 198586, pp.
283330; Idem, Machiavelli e i classici, in Cultura e scrittura di Machiavelli, Atti del
Convegno di FirenzePisa, Roma, Salerno Editrice, 1998, pp. 279309. Specificatamente
sui rapporti fra lex segretario e i filosofi della classicit si veda il saggio di Cesare Vasoli,
Machiavelli e la filosofia degli antichi, in Cultura e scrittura cit., pp. 3762.
41
Cfr. Vita Vulframni episcopi Senonici, ed. Levison, Monumenta Germaniae
Historica, Scriptores rerum merovingiarum, V, 668 (cfr. G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III,
pp. 259 sgg.).
42
I. Gentillet, Discours contre Machiavel, ed. DAndrea e Stewart, Firenze, Casalini
Libri, 1974, p. 222; il Sasso sottolinea come questi tragga la leggenda del re frisone da N.
Gilles, Annales et Chroniques de France, depuis la destruction de Troye iusque au tempes
du Roy Loys XI, Paris, 1549, f. 36 rv (cfr. G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 232234,
259269).
43
A questa teoria il Sasso associa anche la possibilit che il Machiavelli entrasse in
contatto diretto con la leggenda attraverso gli Annales del Gilles pubblicati a Parigi nel
1525 (Cfr. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 265266).
44
Cfr. M. Martelli, Schede sulla cultura cit.; Idem, Machiavelli e i classici, in Cultura e
scrittura cit. Ma anche, F. Bausi, Introduzione, in N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima
deca di Tito Livio, a cura di F. Bausi, Roma, Edizione Nazionale delle Opere, Salerno,
2001, vol. I, pp. IXXXXII.
13
meno invita a una conclusione diversa un altro elemento importante,
sfuggito al Sasso; oltre alle varie espressioni e riprese di tale leggenda
evidenziate dal critico, esiste, infatti, unattestazione pi vicina al nostro
panorama culturale nella Legenda aurea di Jacopo da Varagine (CLXXVII,
De sancto Pelagio papa), dove lautore, latinizzando (e modificando) il
nome del re Frisone in Rachordus, scrive:
Per idem tempus, scilicet circa annos domini DCC, Rachordus rex Frisonum cum baptizari
deberet et iam unum pedem in lavacro intinxisset, alterum retrahens interrogavit ubinam
plures maiorum suorum essent, in inferno an in paradiso. Et audiens plures esse in inferno,
intinctum pedem retrahens: Sactius est, inquit, plures quam pauciores sequi. Et ita
ludificatus a demone promittente ei quod tertia die adhinc incomparabilia bona sibi daret,
ipse quarta die subita et eterna morte periit. 45
45
[Nel medesimo periodo, vale a dire intorno allanno del signore 1200, Rachordus re
dei Frisoni, dovendo essere battezzato e avendo gi immerso un piede nel fonte, tirando
indietro laltro chiese dove mai fossero la maggior parte dei suoi antenati, se nellinferno o
in paradiso. E udendo che la maggior parte si trovava nellinferno, ritraendo il piede gi
immerso, disse: pi giusto seguire la maggioranza che la minoranza. E cos beffato da
un demone che gli promise come da l a tre giorni gli avrebbe concesso beni inestimabili,
nel quarto giorno mor di una morte improvvisa ed eterna (la traduzione mia)]. Jacopo da
Varazze, Legenda aurea, edizione critica a cura di G. P. Maggioni, Firenze, SISMEL
Edizioni del Galluzzo, 1998, p. 1268.
46
Aucassin et Nicolette, ed. M. Roques, Paris, 1936; cfr. G. Sasso, Machiavelli cit., vol.
IV, pp. 329 sgg.
47
Ibidem.
48
Ibidem, pp. 334, 340.
14
Hotman, che rappresenterebbero una tradizione filologica parallela a quella
del gesuita francese nella conservazione del sogno machiavelliano.
Unultima postilla, prima di formulare alcune riflessioni su quanto si
detto fin qui, mi sia concessa riguardo alloperazione di avvicinamento
tentata dal Sasso tra il topos inferno/paradiso e la tradizione lirica italiana
delle origini (ma anche provenzale); nellelevazione della donna amata a
altezze quasi divine da parte di poeti quali Giacomo da Lentini (Io
mag[g]io posto in core a Dio servire), Guido Guinizzelli e tutti coloro che
hanno rappresentato la tradizione stilnovistica , nel concetto della donna
angelo e della sua funzione di guida verso il paradiso, che parrebbe talora
sfiorare una dimensione blasfema e antireligiosa, il critico ipotizza precise
affinit con la carica repulsiva verso la divinit che sta alla base della
leggenda machiavelliana. 49 Mi pare evidente che la simbolicit di certi
contenuti sviluppati nellambito della poesia lirica presenti una complessit
non certo riducibile a una semplice etichetta di religiosit o di anti
religiosit, e che soprattutto le sue attinenze con i contenuti di
quellaneddoto (sviluppati intorno al gioco di rovesciamento fra ci che si
ritiene sia la vita nel paradiso e quella dellinferno), da cui siamo partiti,
siano pressoch nulle. Sicuramente pi interessante, ai fini della ricerca
sulla contrapposizione tra il mondo dei beati e quello dei dannati portata
avanti dal Sasso, risulta invece lindicazione del libro XXIII del Baldus di
Teofilo Folengo, in cui lutilizzo del topos in questione maggiormente
evidente (pur nella specificit di significati alla base dellopera); non
altrettanto evidente appare, invece, la sua pertinenza con lo studio dellopera
machiavelliana, e specificatamente con il sogno e con il tentativo di chiarire
in parte i molteplici dubbi a esso legati.
Una conferma ulteriore della diffusione del topos nellambiente letterario
italiano, trascurata dal Sasso, rintracciabile poi nei Detti piacevoli di
Angelo Poliziano (304), dove la contrapposizione tra inferno e paradiso
acquista particolare rilevanza per la componente erotica intorno a cui la
scena si sviluppa:
Al tempo che glanimali favellavano, si solevano ancora confessare. Ora, confessandosi
lasino dellarte sua, cio del toppa la chiave, era molto ripreso dal confessore, il quale gli
mostrava quanto fussino aspre le pene dellinferno, e mostrava la gloria del paradiso quanto
fussi grande, annoverando molte parti. Dimand lasino se in paradiso si chiavassi; inteso
che non, disse: Et io ne voglio inanzi ire allinferno! . 50
Rispetto alla visione machiavelliana qui esiste una caratterizzazione dei due
mondi (il paradiso luogo di eterna gioia, mentre linferno luogo di pene e
tormenti) perfettamente rispondente allimmaginario cristiano di cui il
confessore portavoce; importante risulta invece la predilezione che il
diretto interessato accorda allinferno in conseguenza di una concezione
della vita delloltretomba quasi come proseguimento di quella terrena.
49
Ibidem, pp. 347 sgg.
50
A. Poliziano, Detti piacevoli, a cura di T. Zanato, Roma, Istituto della Enciclopedia
Italiana, 1983, p. 96.
15
Lesasperato attaccamento alle pratiche lussuriose da parte del protagonista
un asino appunto (nel sogno invece la predilezione finale ricade sulla
politica) scatena la risoluta scelta del mondo infero, in cui non sembra
necessaria lestrema rinuncia di ci che non si riesce a lasciare. Proprio la
convinzione che nellinferno si trovino quelle cose e si pratichino quelle
attivit con cui luomo identifica la propria felicit e la propria
realizzazione, colloca tale testimonianza nella stessa linea tematica e
interpretativa del topos rintracciabile nella storia di Aucassin et Nicolette, e
nella visione onirica dellex segretario. Per quanto, per, il detto del
Poliziano costituisca la conferma dellutilizzo di certi contenuti in una realt
culturale per niente lontana dal Machiavelli, e la convergenza strutturale dei
due luoghi messi a confronto appaia incontestabile, non sembra possibile
confermare attraverso tale detto che il sogno attribuito allex segretario (da
una critica tarda) sia effettivamente legato alla personalit artistica
delluomo Machiavelli.
Le conclusioni sassiane, riassunte fino a questo punto, non mi
convincono pienamente, anzi sono sempre di pi persuasa che un
atteggiamento di maggiore cautela potrebbe rivelarsi pi appropriato di
fronte a episodi letterari analoghi a quello in questione. Dopo la morte di
Machiavelli personaggio che attir su di s le antipatie e le condanne di
ambienti politici, culturali, religiosi della Firenze cinquecentesca molte
voci nacquero e circolarono su come la sua anima lasci la vita terrena (cos
come dimostrano le proteste di Giuliano de Ricci e il ritratto dello stesso
Giovio, anche se per accenni molto pi vaghi), e sul racconto di un certo
sogno a pochi amici, cos come attesta il Busini. Se si accetta lipotesi che
realmente fu Machiavelli a riferire di una sua visione atea e blasfema,
bisogna verosimilmente supporre che tale racconto non possa essersi
verificato nei momenti estremi dellagonia, in quanto il rifiuto di una morte
cristiana avrebbe determinato una sepoltura sconsacrata. Inoltre, se tale
racconto si fosse realmente verificato nellattesa della morte in presenza di
soggetti estranei alla famiglia (Francesco del Nero e Jacopo Nardi, citati dal
Busini, a cui quindi facevano riferimento le voci circolanti sul sogno),
perch Giuliano avrebbe con tanto accanimento riversato solo sul Giovio la
responsabilit di quelle che egli considera diffamazioni infondate, se era ben
noto che tra i contemporanei dello zio, indipendentemente dal ritratto del
Giovio, correvano voci intorno a quel blasfemo racconto? Gli amici indicati
dal Busini furono quelli probabilmente pi vicini al Machiavelli sino alla
fine (ecco perch viene fatto esplicitamente il loro nome), ma furono anche
parte di quella brigata con la quale il nostro autore abitualmente condivideva
motti e novelle (insieme a Biagio Buonaccorsi, Agostino Vespucci, Filippo
Casavecchia, Giuliano Brancacci, Donato Nel Corno, Giovanni
Machiavelli).
Se vero che lex segretario non raccont in punto di morte il sogno,
lassociazione nello scritto del Busini tra i nomi di Filippo (Strozzi),
Francesco del Nero, Jacopo Nardi e la visione onirica potrebbe anche essere
frutto di una situazione analoga a quella appena descritta (cio erano queste
16
le persone con le quali il politico era solito burlare). Una imprecisione di
questo tipo non deve suscitare stupore, se allinterno della stessa lettera il
Busini includeva tra le cause delle malattia di Machiavelli la delusione di
non essere stato nominato segretario il 10 giugno, indicando erroneamente
Donato Giannotti come la persona designata a ricoprire tale carica; in realt
si trattava di Francesco Tarugi, di cui il Giannotti fu il successore solo
qualche mese dopo, quando oramai il Machiavelli era morto. 51 La
dipendenza evidente del testo businiano e di quello del Varchi dallelogio di
Paolo Giovio (come sopra evidenziato), lassenza di unallusione esplicita al
sogno in tale ritratto gioviano post mortem, il contenuto della protesta di
Giuliano, che fornisce la precisazione, ulteriore rispetto al Busini e al
Giovio, della natura antireligiosa (scherzando egli pazzamente con la
Divinit) delle voci nate successivamente allevento luttuoso senza per
alludere minimamente a un sogno (neppure etichettandolo come pura
invenzione) , e soprattutto la mancanza di un resoconto cinquecentesco,
anche approssimativo, di tale racconto machiavelliano, tutto questo mi fa
propendere per una conclusione contraria a quella del Sasso. Mi risulta pi
facile ipotizzare che fra i sopravvissuti alla morte di Machiavelli si avesse
una conoscenza del sogno diffusa (non dimentichiamo laggettivo
celebrato), ma indiretta e poco precisa, in sostanza per sentito dire, il
tutto determinato in buona parte da una esagerata e, se vogliamo, distorta
accentuazione di quanto presente nel testo gioviano.
Esistono per le tarde attestazioni riportate dal Sasso sul fatto che
Machiavelli sogn, o finse di sognare, qualcosa di specifico. Sul finire del
500, da un ambiente culturale sospetto, animato da un antimachiavellismo
ugonotto e calvinista estremamente radicato, si alza la voce di Wolf (e di
Hotman, nel contesto, da non trascurare, di una lettera assolutamente
intollerante verso il letterato fiorentino), il quale, ignorando lesistenza di un
sogno (non ne fa menzione, infatti), utilizza le convinzioni diffuse sul conto
di un Machiavelli ateo e protettore dei tiranni, e le innesta su una tradizione
letteraria non certo estranea, sapientemente ricostruita dal Sasso, in cui il
topos della superiorit dellinferno rispetto al paradiso era ricorrente. Non
certo casuale il silenzio dellautore riguardo alla fonte dellaneddoto sui
discepoli del politico fiorentino. In associazione al testo del Wolf,
significativa risulta anche lassenza di qualsiasi accenno alla visione dellex
segretario nel testo, antimachiavelliano per definizione, del Gentillet.
Quanto pu considerarsi attinente alla storia del sogno un testo, come quello
del Wolf, che presenta tale retroterra? Sarebbe forse pi giustificato, da un
punto di vista strettamente filologico, diffidare di tale testimonianza. Sul
valore assoluto di verit riconosciuto dal Sasso al resoconto del Binet, i
dubbi si fanno ancora pi pesanti, e tali interrogativi risultano maggiormente
necessari. La carica polemica della formazione culturale del gesuita contro
lopera e il pensiero machiavelliano era altrettanto forte; la leggenda di una
morte empia si addiceva perfettamente a un ambiente fortemente ostile allo
51
Cfr. P. Villari, Niccol Machiavelli cit., pp. 366368.
17
spregiudicato ritratto del principe machiavelliano. Come valutare il
dettagliato resoconto del Binet (apparso dal nulla, dopo oltre un secolo di
silenzio in Italia e in Europa), in cui il sogno viene esplicitato in tutti i suoi
contenuti antireligiosi? Sospetto mi sembra laggettivo pi appropriato.
Come pu essere sfuggita al Binet la dichiarazione della fonte a cui
attingeva, quella che avrebbe potuto rafforzare e avvalorare definitivamente
la condanna di un personaggio giudicato cos spregevole? Forse tale fonte
semplicemente non esisteva.
Ecco quindi la mia teoria, conseguenza naturale di quella che la realt
documentaria a nostra disposizione: il Binet, recuperando le convinzioni gi
diffuse a partire dai contemporanei del Machiavelli e trasmesse negli anni
successivi intorno alla sua morte irriverente, sfruttando le voci del Wolf (nel
commento alle Tusculanae Ciceroniane) e di Hotman, non molto lontane,
inventa la dinamica della scenetta onirica con tanto di citazioni bibliche e di
allusioni politiche, maggiormente attinenti alla persona del Machiavelli.
Egli, in quanto autore letterario del sogno, poteva avere pi facile accesso
(rispetto allex segretario) a quella tradizione letteraria a cui appartenevano
la legenda di Rathbod 52 (magari conosciuta attraverso i francesi Gilles e
Gentillet), la cantefable di Aucassin et Nicolette, e tutte le varianti da esse
derivate. Nonostante le conclusioni sassiane sulla distanza esistente fra il
testo del Binet e la materialistica contrapposizione di inferno e paradiso
contenuta nelle attestazioni letterarie proposte, la favola del gesuita presenta
con esse somiglianze troppo evidenti (da figlia obbediente), anche se
corretta e impreziosita forse proprio sulla scia di quellApologia platonica,
la cui conoscenza pi verosimilmente ipotizzabile per un personaggio
come Binet che per il Machiavelli.
Alle motivazioni fin qui discusse dei miei dubbi sullautenticit del
sogno nellunica versione trasmessa, possono aggiungersi altre osservazione
relative alla pertinenza di tali contenuti con lopera e il pensiero di
Machiavelli, su cui si soffermato anche il Sasso 53 (alla ricerca di conferme
per la sua teoria). Non mi pare del tutto convincente linterpretazione
sassiana del concetto di povert presente nel racconto del sogno; egli,
rifacendosi alla Commedia, considera gli squallidi abitanti del paradiso lo
specchio di coloro che in politica optarono per la disastrosa via di mezzo e
corrispondenti a quelle anime, incapaci durante la vita di attuare delle scelte
precise, alle quali Dante nega perfino lingresso nellinferno. Chiunque sia
stato lautore di questo racconto (nella mia ipotesi, il Binet), il suo intento
era di fornire unimmagine di povert intesa nel senso di estrema semplicit
e umilt morale e materiale (come conferma il versetto biblico), ma
attraverso gli occhi di un ateo, come Machiavelli, che la disprezza. Se
volgiamo uno sguardo allattivit letteraria machiavelliana, tracce di
esplicita polemica contro la religione cristiana in chiave di paradossale
comicit sono quelle anticlericali in sostanza contro i cattivi costumi e la
52
Si pensi alledizione parigina degli Annales del Gilles (1525).
53
Cfr. G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 269284.
18
corruzione ampiamente diffusa tra i ministri di Dio rintracciabili
nellepistolario, l dove la prosa sembra toccare pi da vicino i moti della
sua anima artistica e morale. 54 Estremamente rappresentativo di tale
atteggiamento lo scambio di lettere fra il Machiavelli e il Guicciardini del
1521, quando lex segretario si trovava a Carpi presso il capitolo dei frati
minori. Allinterno della beffa innocente contro i frati, organizzata e
interpretata dai due corrispondenti per spezzare la monotonia dellincarico
affidato al Machiavelli, 55 significativa la sua lettera del 18 maggio, 56 e
quella del 19:
(Circa alle Storie et la repubblica de zoccoli, io non credo di questa venuta havere perduto
nulla, perch io ho inteso molte constitutioni et ordini loro che hanno del buono, in modo
che io me ne credo valere a qualche proposito, maxime nelle comparationi, perch dove io
habbia a ragionare del silentio, io potr dire: Gli stavano pi cheti che i frati quando
mangiono; et cos si potr per me addurre molte altre cose in mezzo, che mi ha insegnato
questo poco della esperienza), 57
54
Sulle diverse manifestazioni della personalit machiavelliana nella scrittura epistolare
del letterato fiorentino si veda F. Grazzini, Appunti sullautobiografia politica nelle lettere
familiari di Machiavelli (14981515), in Niccol Machiavelli. Politico storico letterato,
Atti del Convegno di Losanna, Roma, Salerno, 1996, pp. 271295; e inoltre M. Martelli,
Machiavelli politico amante poeta, Interpres, XVII, 1998, pp. 211256.
55
A questo proposito si veda J. J. Marchand, Lesperienza diplomatica post res
perditas, in Niccol Machiavelli. Politico cit., pp. 297312; F. Grazzini, Machiavelli,
Guicciardini e le regole di un gioco epistolare, in Passare il tempo. La letteratura del
gioco e dellintrattenimento dal XII al XVI sec., Atti del Convegno di Pienza, Roma,
Salerno, 1993, pp. 651664; e G. Masi, Saper ragionare di questo mondo. Il carteggio
fra Machiavelli e Guicciardini, in Cultura e scrittura cit., pp. 487521.
56
Questo traditore del Rovaio [il frate che lex segretario doveva portare a Firenze
come predicatore] si fa sospignere, et va gavillando, et dice che dubita di non potere venire,
perch non sa poi che modi potersi tenere a predicare, et ha paura di non andare in galea
come papa Angelico; et dice che non gli poi fatto honore a Firenze delle cose, et che fece
una legge, quando vi predic laltra volta, che le puttane dovessino andare per Firenze con
il velo giallo, et che le lettere della sirocchia che le vanno come pare loro e che le menono
la coda pi che mai; et molto si dolse di questa cosa. Pure io landai racconsolando, dicendo
che non se ne maravigliasse, ch gli era usanza delle citt grandi non star ferme molto in un
proposito, et di fare hoggi una cosa et domani disfarla (cfr. N. Machiavelli, Tutte le opere
cit., p. 1206).
57
Ibidem, p. 1207.
19
quanto credito ha un tristo che sotto il mantello della religione si nasconda, si pu fare sua
coniectura facilmente, quanto ne harebbe un buono che andasse in verit et non in
simulatione, pestando i fanghi di S. Francesco. Parendomi adunque la mia fantasia buona,
io ho disegnato di torre il Rovaio, et penso, che se somiglia i fratelli et le sorelle, che sar il
caso. [] Vostra Signoria sa che questi frati dicono, che quando uno confermato in
grazia, il diavolo non ha pi potentia di tentarlo. Cos io non ho paura che questi frati mi
appicchino lo ippocrito, perch io credo essere assai ben confermato. 58
58
Ibidem, pp. 12031204.
59
G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, p. 277.
60
Molti sono i critici che si sono interessati al significato del comico machiavelliano
associato al gusto per la contraddizione presente nelle epistole familiari; fra questi si pu
citare G. Ferroni, Le cose vane nelle Lettere di Machiavelli, in La Rassegna della
Letteratura Italiana LXXVI, 1972, pp. 215264; Idem, La scrittura epistolare come
contraddizione, in Niccol Machiavelli. Politico cit. pp. 247269; e inoltre J. J. Marchand, I
giochi di travestimento del Machiavelli diplomatico tra codice ufficiale e codice
familiare, in Passare il tempo cit., pp. 633649.
61
A tali rimandi si pu aggiungere la lettera del Machiavelli al Guicciardini del 1620
ottobre 1525, che chiama in causa anche la Mandragola e la condotta di fra Timoteo .
62
Io non so chi si abbi giuntato luno laltro. Questo tristo di Ligurio ne venne a me
con quella prima novella, per tentarmi, acci, se io li consentivo quella, minducessi pi
facilmente a questa; se io non gliene consentivo, non mi arebbe detta questa, per non
palesare e disegni loro sanza utile, e di quella che era falsa non si curavano. Egli vero che
io ci sono suto giuntato; nondimeno, questo giunto con mio utile. Messer Nicia e
Callimaco sono ricchi, e da ciascuno, per diversi rispetti, sono per trarre assai; la cosa
convien stia secreta, perch limporta cos a loro, a dirla, come a me (N. Machiavelli,
Teatro, a cura di G. Davico Bonino, Torino, Einaudi, 1979, pp. 104105. Si veda anche N.
Machiavelli, Tutte le opere cit., p. 880).
20
([] mutai un velo ad una Nostra Donna, che fa miracoli. Quante volte ho io detto a questi
frati che la tenghino pulita! E si maravigliono poi se la divozione manca! Io mi ricordo
esservi cinquecento immagine, e non ve ne sono oggi venti: questo nasce da noi, che non le
abbiamo saputa mantenere la reputazione. Noi vi solavamo ogni sera doppo la compieta
andare a procissione, e facevnvi cantare ogni sabato le laude. Botavnci noi sempre quivi,
perch vi si vedessi delle immagine fresche; confortavamo nelle confessioni gli uomini e le
donne a botarvisi. Ora non si fa nulla di queste cose, e poi ci maravigliamo che le cose
vadin fredde! Oh, quanto poco cervello in questi mia frati!). 63
63
N. Machiavelli, Teatro cit., pp. 127128. Si veda pure Idem, Tutte le opere cit., p.
887.
64
Pensando dunque donde possa nascere che in quegli tempi antichi i popoli fossero
pi amatori della libert che in questi, credo nasca da quella medesima cagione che fa ora
gli uomini manco forti, la quale credo sia la diversit della educazione nostra dallantica,
fondata sulla diversit della religione nostra dallantica. Perch, avendoci la nostra religione
mostro la verit e la vera via, ci fa stimare meno lonore del mondo; onde i gentili,
stimandolo assai e avendo posto in quello il sommo bene, erano nelle azioni loro pi feroci.
Il che si pu considerare da molte loro costituzioni, cominciandosi dalla magnificenza de
sacrificii loro alla umilt de nostri, dove qualche pompa pi delicata che magnifica, ma
nessuna azione feroce o gagliarda. Qui non mancava la pompa n la magnificenza delle
cerimonie, ma vi si aggiugneva lazione del sacrificio pieno di sangue e di ferocit,
ammazzandovisi moltitudine danimali; il quale aspetto, sendo terribile, rendeva gli uomini
simili a lui. La religione antica, oltre a di questo, non beatificava se non uomini pieni di
mondana gloria, come erano capitani di eserciti e principi di repubbliche. La nostra
religione ha glorificato pi gli uomini umili e contemplativi che gli attivi. Ha dipoi posto il
sommo bene nella umilt, abiezione, e nel dispregio delle cose umane; quellaltra lo poneva
nella grandezza dello animo, nella fortezza del corpo e in tutte le altre cose atte a fare gli
uomini fortissimi. E se la religione nostra richiede che tu abbi in te fortezza, vuole che tu
sia atto a patire pi che a fare una cosa forte. Questo modo di vivere, adunque, pare che
abbi renduto il mondo debole e datolo in preda agli uomini scelerati; i quali sicuramente lo
possono maneggiare, veggendo come luniversit degli uomini, per andarne il paradiso,
pensa pi a sopportare le sue battiture che a vendicarle. E bench paia che si sia effeminato
il mondo e disarmato il cielo, nasce pi, sanza dubbio, dalla vilt degli uomini, che hanno
interpretato la nostra religione secondo lozio, e non secondo la virt. Perch, se
considerassono come la ci promette lesaltazione e la difesa della patria, vedrebbono come
la vuole che noi lamiamo e onoriamo, e prepariamoci a essere tali che noi la possiamo
difendere (Idem, Discorsi cit., vol. I, pp. 317319).
21
ubbidienti a magistrati, reverenti alli loro maggiori: tale che pare impossibile che uno
medesimo animo patisca tale mutazione) 65
65
Ibidem, vol. II, pp. 690692.
66
Cfr. Idem, La vita di Castruccio Castracani, a cura di R. Brakkee, Napoli, Liguori,
1986, pp. 107108.
67
N. Machiavelli, Tutte le opere cit., pp. 11601162.
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lasciavano putrefare quel corpo, acci che falsi propheti et religiosi potessono fare
resuscitare morti, et essere creduti. Queste cose mi sbigottirono hieri in modo, che io
haveva andare questa mattina a starmi con la Riccia, et non vi andai; ma io non so gi, se io
havessi hauto a starmi con il Riccio, se io havessi guardato a quello. 68
68
Ibidem, p. 1162.
69
Cfr. G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, pp. 280 sgg.
70
Cfr. N. Machiavelli, Tutte le opere cit., p. 1005.
71
Ibidem, pp. 919923, 954976. Ma anche, N. Machiavelli, Novella di Belfagor
LAsino, a cura di M. Tarantino, Roma, Salerno Editore, 1990. Per lanalisi della Novella si
veda F. Grazzini, Machiavelli narratore, Bari, Laterza, 1990.
72
[ Plutone a parlare] Anchora che io, dilettissimi miei, per celeste dispositione et
fatale sorte al tutto inrevocabile possegga questo regno, et che per questo io non possa
essere obligato ad alcuno iudicio o celeste o mondano, nondimeno, perch gli maggiore
prudenza di quelli che possono pi, sottomettersi pi alle leggi, et pi stimare laltrui
iuditio, ho deliberato essere consiglato da voi come in uno caso, il quale potrebbe seguire
con qualche infamia del nostro imperio, io mi debba governare. Perch, dicendo tucte
lanime degli homini, che vengono nel nostro regno, esserne stato cagione la mogle, et
parendoci questo impossibile, dubitiamo che dando iuditio sopra questa relatione ne
possiamo essere calunniati come troppo creduli, et, non ne dando, come manco severi et
poco amatori della iustitia. Et perch luno peccato da uomini leggieri, et laltro da
ingiusti, et volendo fuggire quegli carichi che da luno et laltro potrebbono dependere, et
non trovandone il modo, vi habbiamo chiamati, acci che consiglandone ci aiutiate, et siate
cagione che questo regno, come per lo passato vivuto sanza infamia, cos per lo advenire
viva (N. Machiavelli, Tutte le opere cit., p. 919; la citazione si riferisce per a F. Grazzini,
Machiavelli narratore cit., p. 147).
23
parte si dolevano []), caratterizzato dal fuoco eterno (et, nonch altri,
quegli diavoli, i quali in persona di famigli haveva condotti seco, pi tosto
elessono di tornarsene in inferno ad stare nel fuoco, che vivere nel mondo
sotto lo imperio di quella) 73 e dalla presenza di demoni (come Belfagor)
che sono incarnazione di orgoglio, vanit, avidit e lussuria; perfino
liniziale superiorit dellinferno, che invade la vita degli uomini, regolata
da un gioco di continua ironia e di rovesciamenti culminanti nelle
umiliazioni e nelle sconfitte a cui larcidiavolo costretto in ogni caso a
soccombere. La scelta conclusiva di Belfagor di tornarsene nellinferno
piuttosto che sottostare nuovamente al giogo del matrimonio:
Fu cosa maraviglosa a pensare quanta alteratione di mente recassi a Roderigo sentire
ricordare il nome della mogle. La quale fu tanta che, non pensando segli era possibile o
ragionevole se la fussi dessa, sanza replicare altro, tucto spaventato, se ne fugg, lasciando
la fanciulla libera, et volse pi tosto tornarsene in inferno a rendere ragione delle sua
actioni, che di nuovo con tanti fastidii, dispetti et periculi sottoporsi al giogo matrimoniale.
Et cos Belfagor, tornato in inferno, fece fede de mali che conduceva in una casa la
mogle, 74
73
Ibidem, p. 150.
74
Ibidem, p. 153.
75
G. Sasso, Machiavelli cit., vol. III, p. 278.
76
Cfr. N. Machiavelli, Tutte le opere (LAsino, II, 1920) cit. p. 957.
24
ancor, n canger, mentre che i fati
tengon ver te la lor dura intenzione.
E quelli umori i quai ti sono stati
cotanto avversi e cotanto nimici
non sono ancor, non sono ancor purgati;
ma come secche fien le lor radici
e che benigni i ciel si mostreranno,
torneran tempi pi che mai felici
[]
Ma prima che si mostrin queste stelle
liete verso di te, gir ti conviene
cercando il mondo sotto nuova pelle
ch quella Provvidenza che mantiene
lumana spezie, vuol che tu sostenga
questo disagio per tuo maggior bene
[] 77
25
boccaccesca (ricordiamo la novella V, 8, di Nastagio degli Onesti e della
punizione infernale a cui il cavaliere e la dama sono sottoposti).
Una conferma ulteriore della vicinanza tra il contenuto del racconto di
Binet e limmaginario machiavelliano in materia religiosa individuata dal
Sasso nella Mandragola, IV, 1, dove Callimaco, riflettendo sullinfelicit
della sua situazione (sospesa tra le speranze che gli procura la semplicit
di messer Nicia e le delusioni che gli causa la reticenza di Lucrezia),
conclude il dialogo con se stesso nella descrizione del rimorso di quanto sta
tramando:
Che fai tu? Se tu impazzato? Quando tu lottenga, che fia? Conoscerai el tuo errore,
pentirati delle fatiche e de pensieri che hai ati. Non sai tu quanto poco bene si truova
nelle cose che luomo desidera, rispetto a quello che luomo ha presupposto trovarvi? Da
laltro canto, el peggio che te ne va morire ed andarne in inferno: e son morti tanti degli
altri! e sono in inferno tanti uomini da bene! Hati tu a vergognare dandarvi tu? Volgi el
viso alla sorte; fuggi el male, o, non lo potendo fuggire, sopportalo come uomo; non ti
prosternere, non ti invilire come una donna. 81
81
Cfr. N. Machiavelli, Tutte le opere cit., pp. 882-883; la citazione si riferisce per a N.
Machiavelli, Teatro cit., p. 112.
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consapevoli per una sorta di patto implicito sia lautore che il lettore,
Machiavelli deliberatamente si costruisca (soprattutto nelle lettere familiari)
unimmagine che solo in tale dimensione acquista valore e significato, e
risulta, invece, svuotata di tutta la sua consistenza nel momento in cui viene
tentata ogni traslazione o sovrapposizione di piani (dalluomo allautore e
viceversa). Quello messo in scena dallex segretario un personaggio
distratto verso le cose di chiesa (pensiamo alla conclusione della lettera
diretta al Vettori del 19 dicembre 1513: La predica io non la udi, perch io
non uso simili pratiche, ma la ho sentita recitare cos da tutto Firenze), 82
che trova conferma alla sua spavalderia nelle corrispondenti posizioni
dellamico Vettori (si veda lironica affermazione presente nella lettera del
23 novembre 1513: Dalla chasa sentra in chiesa, la quale, per essere io
religioso come voi sapete, mi viene molto a proposito), 83 e culmina nella
bellissima scena, di cui lo stesso Machiavelli ci fornisce i dettagli
nellepistola del 19 maggio 1521 al Guicciardini:
Quanto al predicatore, io non ne credo havere honore, perch costui nicchia. Il padre
ministro dice che gli inpromesso ad altri, in modo che io credo tornarmene con vergogna;
et sammene male assai, ch io non so come mi capitare innanzi a Francesco Vettori et a
Filippo Strozzi, che me ne scrissono in particulare, pregandomi che io facessi ogni cosa,
perch in questa quaresima e potessino pascersi di qualche cibo spirituale che facessi loro
pro. Et diranno bene che io gli servo di ogni cosa ad uno modo, perch questo verno
passato, trovandomi con loro un sabato sera in villa di Giovan Francesco Ridolfi, mi
dettono cura di trovare il prete per la messa per la mattina poi. Ben sapete che la cosa and
in modo che quel benedetto prete giunse che gli havevano desinato, in modo che gli and
sottosopra ci che vi era, et seppommene il malgrado. Hora se in questa altra commissione
io rinbolto sopra la feccia, pensate che viso di spiritato e mi faranno. Pure, io fo conto che
voi scriviate loro dua versi, et mi scusiate di questo caso al meglio saprete. 84
STELLA LAROSA
82
Cfr. N. Machiavelli, Tutte le opere cit., p. 1162.
83
Ibidem, p. 1157.
84
Ibidem, p. 1207.
85
Ibidem, p. 1204.
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