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11 Legge 77/2009
Obiettivi e criteri per l’individuazione degli interventi per la
prevenzione del rischio sismico (art. 13 OPCM 3843/2010)
1. Premessa
L’articolo 11 della legge n. 77 del 24 giugno 2009 di conversione del decreto legge n. 39 del 28 aprile 2009
recante misure urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel
mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile prevede che siano finanziati Interventi
per la prevenzione del rischio sismico grazie ad uno specifico fondo istituito nello stato di previsione del
Ministero dell'economia e delle finanze.
La spesa autorizzata è di euro 44 milioni per l'anno 2010, di euro 145,1 milioni per l'anno 2011, di euro
195,6 milioni per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, di euro 145,1 milioni per l'anno 2015 e di euro 44
milioni per l'anno 2016.
L’articolo 13 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3843 del 19 gennaio 2010, prevede
che, al fine di dare attuazione all’articolo 11 predetto, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile è
autorizzato a nominare un’apposita commissione, che definisce gli obiettivi ed i criteri per l’individuazione
degli interventi per la prevenzione del rischio sismico entro trenta giorni dalla nomina.
La Commissione, istituita con Decreto del 28 Gennaio 2009, è così costituita:
Prof. Mauro Dolce – DPC – Presidente
Prof. Franco Barberi – Commissione grandi rischi – Componente
Prof. Enzo Boschi – INGV – Componente
Prof. Gian Michele Calvi – EUCENTRE – Componente
Prof. Edoardo Cosenza – ReLUIS – Componente
Ing. Giacomo Di Pasquale – DPC – Componente
Prof. Paolo Gasparini – AMRA – Componente
Prof. Gaetano Manfredi ‐ ReLUIS – Componente
Dott. Warner Marzocchi – INGV – Componente
Prof. Giulio Zuccaro – PLINIUS – Componente
La Commissione ha svolto i propri lavori negli incontri del 17 e del 24 febbraio 2010, oltre che per posta
elettronica, redigendo il documento di seguito riportato, nel quale vengono espressi gli obiettivi ed i criteri
da rispettare al fine di perseguire, attraverso un programma pluriennale di interventi, un’efficace
prevenzione del rischio sismico basata sullo stato dell’arte delle conoscenze dei fattori che lo determinano.
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2. Obiettivi e criteri
I fattori che concorrono alla definizione del rischio sismico sono:
1. Pericolosità sismica, intesa come probabilità che in un determinato intervallo di tempo si verifichino
eventi di una data magnitudo in una data zona, con i conseguenti effetti in termini di scuotimento
del suolo e di possibili effetti cosismici
2. Vulnerabilità sismica, intesa come propensione delle costruzioni a danneggiarsi a causa dello
scuotimento sismico;
3. Esposizione, intesa come “valore” esposto al rischio, espresso in termini di persone e cose.
Fermo restando che le attività di prevenzione devono far riferimento, nella definizione sia delle priorità sia
della ripartizione delle risorse, a valutazioni complessive del rischio, l’analisi del problema viene condotta
esaminando singolarmente i suddetti fattori, al fine di definirne lo stato dell’arte e i criteri di utilizzazione
delle conoscenze ad oggi consolidate o di quelle conseguibili nell’arco temporale previsto dall’art. 11 della
L. 77/2009.
Lungi dal considerare esaustiva l’analisi che segue, si ritiene che le considerazioni svolte in questo
documento siano quelle necessarie ad impostare una corretta strategia di prevenzione del rischio sismico,
tenuto conto dello stato delle conoscenze scientifiche e delle informazioni operative, queste ultime riferite
in particolare alla disponibilità di banche dati e procedure applicative.
2.1. Pericolosità sismica
Per la pericolosità sismica è possibile fare riferimento sia a modelli stazionari (“time independent”),
utilizzati per definire l'attuale mappa di pericolosità nazionale, sia a modelli non stazionari (“time
dependent”), che tengono conto del tempo trascorso dai terremoti che hanno interessato l’area in esame o
di una crisi in atto.
I modelli attualmente disponibili a seguito delle collaborazioni fra DPC ed INGV, classificati secondo quanto
riportato nelle raccomandazioni della International Commission for Earthquake Forecasting for Civil
Protection (istituita con OPCM 3757/2009), permettono di effettuare i seguenti tipi di previsione
probabilistica:
1) Previsioni di lungo termine: gli intervalli di previsione sono tipicamente di 50 anni e sono
solitamente basate su modelli time independent. Oggi i risultati degli studi svolti in Italia nell’ambito
del Progetto INGV 2005‐2007 sono consolidati nella mappa di pericolosità pubblicata con OPCM
3519 del 2006, per la definizione dei criteri generali per la classificazione sismica, e costituiscono la
base per la determinazione delle azioni sismiche di progetto delle Norme tecniche per le
costruzioni, pubblicate con D.M. del 14 gennaio 2008.
2) Previsioni di medio termine: gli intervalli di previsione sono inferiori al caso precedente e
solitamente variano da un anno fino ad una o poche decadi. In questo intervallo temporale, i
modelli time dependent possono fornire indicazioni aggiuntive rispetto ai modelli di lungo termine.
Diversi modelli sono stati proposti in Italia nell’ambito dei progetti INGV 2005‐2007 e 2008‐2010
(progetto S2 di prossima conclusione). I risultati non sono ancora consolidati, in quanto i vari
modelli conducono a mappe di pericolosità diverse in relazione alle ipotesi di base e ai
procedimenti di valutazione. La loro operabilità dipende da una verifica dell’affidabilità dei risultati
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rispetto a un periodo di osservazione del passato e dal raggiungimento di un consenso della
comunità scientifica su un particolare modello oppure dall’ulteriore elaborazione di un prodotto
operativo che derivi da una combinazione di risultati di più modelli. Allo stato attuale degli sviluppi
scientifici, la messa a punto di un prodotto verificato e di consenso richiede alcuni mesi, per cui
sarà possibile renderlo operativo ai fini di una sua utilizzazione per l’individuazione degli interventi
di prevenzione a partire dall’annualità 2011.
3) Previsioni di breve termine: gli intervalli di previsione variano da 1 giorno a poche settimane. I
modelli più diffusi in questo ambito sono tutti time‐dependent e sono particolarmente efficaci in
occasione di sequenze sismiche per la previsione probabilistica degli aftershock. Le previsioni di
breve termine sono state sperimentate, in Italia, solo nel dopo terremoto dell’Abruzzo. Per una
piena utilizzabilità a fini di prevenzione, è necessario sottoporre tali modelli ad una
sperimentazione e ad una valutazione di consenso.
Rispetto ai tre tipi di previsione citati, i provvedimenti che si possono adottare per la mitigazione del
rischio sono necessariamente di diverso tipo.
Riguardo alle previsioni di lungo e medio termine, i provvedimenti dovranno essere finalizzati, in maniera
largamente prevalente, ad una prevenzione di tipo strutturale, ossia alla riduzione della vulnerabilità
sismica delle costruzioni mediante interventi di rafforzamento locale e di miglioramento sismico su aree a
maggiore pericolosità. Tali interventi potranno essere attuati con piani pluriennali, con tempi di attuazione
diversi nei due casi di previsione, rispettivamente di medio e di lungo termine. Ai fini operativi, la
valutazione dovrebbe essere fatta con cadenza periodica (preferibilmente triennale o quinquennale),
tenendo conto sia degli avanzamenti scientifici (conclusione di progetti di ricerca e consolidamento dei
risultati), sia, eventualmente, dell’occorrenza di forti terremoti tra una valutazione e l’altra.
Rispetto alle previsioni di breve termine, i provvedimenti saranno prevalentemente finalizzati alla riduzione
dell’esposizione e degli effetti secondari, attraverso la preparazione all’evento e, nel caso, un’efficiente
gestione del post‐evento. Infatti i tempi di previsione sono estremamente limitati, dell’ordine dei giorni o
delle settimane, comunque tali da precludere qualsiasi efficace forma di riduzione della vulnerabilità delle
costruzioni. Occorre inoltre considerare che lo stato delle conoscenze attuale è tale da mantenere le
probabilità di accadimento di forti eventi, nel caso di sequenze senza forti eventi, su livelli bassi o
bassissimi, tipicamente al di sotto di un punto percentuale.
Le previsioni probabilistiche sopra descritte sono riferite ad una pericolosità di riferimento, ossia a
condizioni ideali di sito rigido e pianeggiante, e non tengono conto degli effetti di amplificazione sismica
locale legati alla natura ed alla conformazione del sottosuolo ed alle irregolarità topografiche. Per valutare
tali effetti su aree estese, come è il caso di territori comunali, ci si può avvalere dei risultati forniti da
indagini di microzonazione sismica redatte in conformità agli “Indirizzi e criteri per la Microzonazione
Sismica” approvati dalla Conferenza delle Regioni e Province Autonome nel 2008. La microzonazione
sismica consente di migliorare sensibilmente la valutazione della pericolosità a livello di microaree, così da
quantificare meglio l’intensità dei terremoti attesi e individuare condizioni di sito instabile per effetti
cosismici, e dunque stimare con maggiore affidabilità il rischio sismico. Essa costituisce anche uno
strumento essenziale nelle attività di pianificazione territoriale, oltre che di pianificazione di emergenza,
con le conseguenti importanti ricadute in termini di prevenzione del rischio.
Allo stato attuale pochissime sono le aree su cui sono stati effettuati studi di microzonazione, e
prevalentemente sono quelle che hanno subito un terremoto a partire dal 1976. Un metodologia,
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differenziata a tre livelli di approfondimento, è descritta nelle citate linee guida. Mentre il livello 1 fornisce
indicazioni qualitative che consentono di individuare microzone a comportamento omogeneo per ciò che
riguarda gli effetti di amplificazione e la possibilità di effetti cosismici, i livelli superiori consentono di avere
anche stime quantitative degli effetti di amplificazione.
In sintesi:
1) Le azioni di prevenzione mediante riduzione della vulnerabilità saranno basate, per l’annualità
2010, solo su previsioni di lungo termine, consolidate nelle mappe di pericolosità prodotte dal
Progetto DPC‐INGV S1 2005‐2007.
2) A partire dall’annualità 2011 si potrà utilizzare una mappa di previsione di medio termine per
attuare misure di prevenzione mediante riduzione della vulnerabilità sismica delle costruzioni. Lo
sviluppo e la verifica dell'affidabilità dei modelli di breve termine proseguiranno nell'intento di
fornire stime utilizzabili per attuare misure di prevenzione volte alla riduzione dell’esposizione e
degli effetti secondari durante le sequenze sismiche. La realizzazione della mappa di previsione di
medio termine “time dependent” e’ affidata all’INGV che ne curerà la fase di validazione anche
confrontandosi con la comunità scientifica nazionale.
3) È opportuno promuovere, anche attraverso finanziamenti ad hoc, l’esecuzione di studi per la
predisposizione di mappe e documenti relativi alla microzonazione sismica almeno di livello 1.
2.2. Vulnerabilità sismica delle costruzioni
La conoscenza della vulnerabilità sismica delle costruzioni in Italia è molto variabile, per livello di dettaglio e
per completezza, in relazione al tipo di costruzione (edifici pubblici, privati, monumentali, ecclesiastici,
opere infrastrutturali, impianti, etc.) ed all’area geografica. Nel passato, infatti, sono state effettuate
indagini e valutazioni di vulnerabilità sui diversi oggetti che hanno determinato una situazione di
conoscenza approfondita ma incompleta per alcune categorie di oggetti, più superficiale ma completa per
altri, anche in relazione alla disponibilità di inventari completi.
In particolare si possono elencare, a titolo esemplificativo, alcune delle principali valutazioni di vulnerabilità
svolte in Italia ed oggi disponibili:
a) Valutazioni del patrimonio edilizio privato basato su dati del censimento ISTAT a livello di dettaglio
molto basso, effettuati da diversi gruppi di ricerca
b) Valutazioni di tutti edifici pubblici in alcune regioni del Sud Italia a livello di dettaglio intermedio
effettuati con il Progetto Lavori Socialmente Utili a partire dal 1996
c) Valutazioni di emergenze architettoniche nei parchi di diverse regioni del Sud Italia effettuati con il
Progetto Lavori Socialmente Utili a partire dal 1998
d) Valutazioni di edifici privati a livello di dettaglio intermedio in alcune centri o parti di essi effettuati
con il Progetto Lavori Socialmente Utili a partire dal 1997
e) Valutazioni di edifici e opere pubbliche di estremo dettaglio conseguenti all’OPCM 3274, che
imponeva l’esecuzione delle valutazioni della sicurezza sismica di tutti gli edifici e le opere
infrastrutturali pubbliche strategiche o rilevanti entro cinque anni dalla sua pubblicazione, termine
prorogato al 31 dicembre 2010.
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Le valutazioni di vulnerabilità di cui sopra, integrate con le stime di pericolosità delle aree o del sito in
questione, hanno in molti casi consentito di determinare il rischio (di danneggiamento e/o di collasso) delle
costruzioni prese in esame. Come detto, tali stime di vulnerabilità sono effettuate sulla base di una
conoscenza dei singoli oggetti che va da pochi dati, estremamente sintetici e solo correlati ai parametri che
influenzano la vulnerabilità di una struttura, a dati di notevole dettaglio, ricavati attraverso appositi rilievi e
prove sperimentali effettuati sui singoli oggetti, e attraverso metodi di valutazione che possono essere di
tipo puramente statistico o di tipo meccanico, questi ultimi da estremamente semplificati a estremamente
accurati. Sebbene nel passato siano state proposte classificazioni in più livelli (tipicamente tre) di
definizione della vulnerabilità, in realtà ogni approccio proposto ha caratteristiche proprie, in relazione al
dato usato e al metodo di valutazione adottato, e rientra in una scala di classificazione, in termini di
affidabilità, sostanzialmente continua.
Le valutazioni basate sui dati del censimento ISTAT, dati “poveri” in quanto relativi solo a pochi parametri
generali, come l’epoca di costruzione, la tecnologia costruttiva, il numero di piani, hanno il pregio
dell’esaustività rispetto al patrimonio edilizio privato sull’intero territorio nazionale. Tuttavia esse non
consentono di valutare affidabilmente la vulnerabilità della singola costruzione ed hanno un significato solo
in termini statistici su un campione sufficientemente ampio, permettendo di determinare la vulnerabilità ed
il rischio sismico di aree più o meno vaste. Tali dati possono essere perciò utilizzati per definire strategie e
priorità di intervento a livello nazionale. Nel passato sono state proposte differenti mappe di vulnerabilità
di questo tipo, tradotte anche in mappe di rischio, come si vedrà nel paragrafo successivo, basate su
modelli diversi, puramente statistici o statistico‐meccanici, con anche un miglioramento del dato ISTAT
basato sul confronto con campioni più ristretti, ma con definizione più dettagliata della vulnerabilità.
Le valutazioni di livello intermedio, che prendono in esame parametri di maggior dettaglio, rilevati
direttamente in situ attraverso ispezioni solo visive, consentono di conseguire una maggiore affidabilità di
valutazione sul singolo edificio, con margini di errori però ancora piuttosto ampi. Tali valutazioni prendono
generalmente in esame la sola geometria e possono utilizzare anche modelli di calcolo di tipo meccanico,
pur se estremamente semplificati. La scala di affidabilità di queste valutazioni è molto ampia, coprendo un
ampio campo di variabilità sia del livello di dettaglio del dato, sia della tipologia e complessità del modello
di valutazione.
Vi sono poi metodologie di valutazioni afferenti ad un livello intermedio decisamente più accurato, che
fanno riferimento a dati ricavati da rilievi visivi e quantitativi, nonché prove sperimentali sulla struttura,
appositamente effettuati e a modelli semplificati, finalizzati alla determinazione della resistenza sismica del
singolo fabbricato.
Le valutazioni di vulnerabilità e di rischio effettuate ai sensi dell’OPCM 3274, ancora ben lungi dall’essere
esaustive rispetto all’obiettivo della stessa ordinanza, sono tuttavia oggi in numero considerevole, pari a
circa 7000, grazie al finanziamento erogato con l’art. 32bis della Legge 326/2003, e sono relative ad edifici
distribuiti più o meno su tutto il territorio nazionale, in larga prevalenza nelle aree classificate in zona
sismica 1 e 2. Tali valutazioni, riguardanti edifici sedi di scuole, ospedali e municipi, e a ponti stradali, sono
state effettuate seguendo le norme sismiche, prima quelle emesse con la citata OPCM 3274, poi con quelle
contenute nelle Norme Tecniche di cui al DM 14 gennaio 2008. Al di là della capacità di definizione e
dell’affidabilità delle valutazioni, è bene fissare l’attenzione su alcuni punti fondamentali che determinano
una differenza sostanziale tra queste valutazioni e quelle descritte in precedenza.
Il riferimento ai metodi di normativa implica il rispetto di una procedura formale di valutazione, che
penalizza le caratteristiche meccaniche dei materiali mediante coefficienti di sicurezza e conduce, perciò,
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ad una sovrastima della vulnerabilità sismica. Infatti quest’ultima risulta riferita a comportamenti strutturali
estremi, che rientrano in frattili della loro distribuzione probabilistica, piuttosto che a comportamenti medi,
come avviene con gli altri metodi.
Inoltre occorre evidenziare che la rigidità della norma, che richiede anche la verifica formale della sicurezza
rispetto ai carichi verticali, nonché di alcuni strumenti di calcolo, può condurre a valutazioni della
vulnerabilità sismica (o della sicurezza sismica) che sono talvolta fuorvianti, e che quindi dovrebbero essere
attentamente valutate da commissioni di esperti per poter essere considerate affidabili ai fini
dell’ammissione al finanziamento.
Le considerazioni sin qui svolte valgono essenzialmente per gli edifici pubblici, privati e, parzialmente in
quanto inclusi in tali due categorie, monumentali. Le valutazioni su altre tipologie di oggetto, allo stato
attuale, sono abbastanza episodiche. Ad esempio, per quanto riguarda i ponti stradali ed autostradali, sono
state effettuate alcune valutazioni su pochissimi rami delle relative reti, definibili di livello intermedio,
mentre sono o saranno a breve disponibili valutazioni della sicurezza riferite ai criteri di normativa.
Riguardo agli edifici monumentali, e più in generale ai beni culturali, è importante segnalare la disponibilità
delle “Linee Guida per la Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale”, Direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri, che forniscono metodologie a tre diversi livelli di dettaglio di
valutazione della vulnerabilità.
Ampliando il punto di vista, la vulnerabilità non è solo da riferire alle singole costruzioni, ma anche a sistemi
urbani o territoriali più complessi, in cui le singole costruzioni costituiscono elementi che influiscono e
condizionano il funzionamento di tali sistemi, sia perché parte di essi (ad esempio i ponti), sia perché
determinanti potenzialmente un rischio indotto. Ne sono un esempio le strade urbane e interurbane che
possono risultare interrotte a causa di crolli, anche parziali, delle costruzioni prospicienti. Tali infrastrutture
sono spesso indispensabili ai fini dell’operatività di piani di emergenza legati sia al rischio sismico stesso, sia
ad altri rischi che possono manifestarsi in maniera concomitante o conseguente ad eventi sismici . Ne è un
esempio la possibilità di interruzione delle vie di evacuazione in caso di accresciuta attività vulcanica,
accompagnata da una attività sismica che, pur se non di elevata magnitudo, è comunque in grado di
determinare danni e crolli parziali di edifici molto vulnerabili.
Le considerazioni di sintesi relative alla vulnerabilità sismica sono limitate a pochi punti, in quanto altre, che
pure hanno stretta attinenza con le considerazioni svolte sulla vulnerabilità, verranno esposte e meglio
esplicitate nel paragrafo relativo al rischio sismico:
1) Le strategie e le priorità di intervento, e dunque la definizione degli incentivi e della loro
graduazione sul territorio nazionale per gli interventi di riduzione della vulnerabilità del patrimonio
edilizio privato possono essere basate sulle stime statistiche di vulnerabilità derivanti da dati ISTAT.
2) La disponibilità di 7000 verifiche di opere pubbliche strategiche e rilevanti, presumibilmente
individuate dagli enti proprietari come tra quelle a maggior rischio, costituisce una base di dati
importante per l’assegnazione di finanziamenti di interventi per la riduzione della vulnerabilità.
3) La vulnerabilità di alcuni sistemi infrastrutturali va tenuta nella dovuta considerazione in una
definizione di priorità di intervento, laddove tale vulnerabilità può sensibilmente inficiare l’efficacia
operativa di piani di emergenza legati al rischio sismico e al rischio vulcanico.
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2.3. Esposizione
Il termine esposizione assume significati diversi in relazione alla problematica in esame. Nel prosieguo si fa
riferimento all’esposizione di persone e beni contenuti nelle costruzioni soggette a rischio sismico. La
conoscenza dell’esposizione è sicuramente più semplice da acquisire in relazione alla disponibilità di basi di
dati finalizzati ad altri usi, ma che ne possono fornire una misura immediata di tipo statistico o puntuale.
La mobilità delle persone rende la loro esposizione molto variabile temporalmente, qualunque sia la
destinazione d’uso della costruzione in esame. Il relativo dato è per lo più riferito alle situazioni di massima
occupazione (tipici esempi sono il numero di abitanti in case private, il numero di studenti in una scuola, il
numero di degenti in un ospedale, il numero di posti a sedere in un cinema, teatro, etc.). Il dato ISTAT sulla
popolazione rappresenta senza dubbio un’informazione di immediata disponibilità e utilizzo, facilmente
associabile alla base di dati relativa alle abitazioni dello stesso censimento. È così possibile realizzare
valutazioni di rischio per le persone alla stessa scala con cui è possibile fare valutazioni di vulnerabilità e,
quindi rischio di danno, degli edifici privati. L’esposizione in edifici adibiti ad usi differenti, ad esempio
scuole, ospedali, uffici, richiedono, invece, il ricorso ad altre banche dati, generalmente detenute dagli enti
proprietari o gestori.
L’esposizione dei beni può essere riferita a quegli oggetti che costituiscono un valore in sé o per le attività,
sociali, culturali o economiche, che essi consentono di effettuare. È sicuramente un dato più stabile
temporalmente e, per alcuni oggetti, più facilmente reperibile di altri.
Non è possibile effettuare un confronto in relazione alle diverse categorie di esposizione (ad esempio
persone, apparecchiature ospedaliere, beni museali, etc.). È però sicuramente possibile quantificare le
conseguenze sugli oggetti esposti della stessa categoria, così da permettere di definire priorità basate sul
rischio di costruzioni e contenuto dello stesso tipo.
Le considerazioni di sintesi relative all’esposizione sono limitate ai seguenti punti:
1) L’esposizione delle persone è una componente importante del rischio sismico e deve entrare,
insieme alle altre due componenti, pericolosità e vulnerabilità, nella definizione delle strategie e
delle priorità per gli interventi di prevenzione.
2) I confronti, ai fini di una definizione di priorità, possono effettuarsi essenzialmente su categorie, di
costruzioni e beni esposti, dello stesso tipo.
2.4. Rischio sismico
Le definizioni operative del rischio sismico possono essere le più diverse, in relazione alla o alle categorie di
oggetti esposti (le costruzioni, le persone, i beni esposti, etc.) e al parametro scelto per quantizzare il rischio
stesso (livello di danno alle costruzioni, numero di vittime o di persone coinvolte in crolli, costi economici,
costi sociali, etc.). Le considerazioni sulla determinazione del rischio che possono svolgersi non possono che
derivare da quelle precedenti relative alle singole componenti che lo determinano.
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Allo stato attuale della pratica, la metodologia adottata per la valutazione di vulnerabilità è il fattore che
maggiormente incide sulle valutazioni del rischio, essendo la pericolosità sin qui adottata sempre riferita a
previsioni di lungo termine e a modelli time‐independent. Gli oggetti esposti al rischio tipicamente presi in
esame sono le costruzioni stesse di cui si valuta la vulnerabilità, o anche le persone al loro interno e, più
raramente, gli oggetti contenuti.
Se si fa riferimento alle diverse modalità di valutazione della vulnerabilità illustrate al par. 2.2, si può
senz’altro affermare che una valutazione di rischio completa è possibile, ed è stata svolta utilizzando
modelli diversi di vulnerabilità, con riferimento ai dati del censimento ISTAT. I risultati possono ottenersi in
termini di livelli di danneggiamento, fino al crollo, degli edifici, di vittime o di persone coinvolti in crolli, e
sono completi su tutto il territorio nazionale. Per quanto detto, hanno valore statistico e non sono riferibili
al singolo edificio. Sono perciò utili per definire priorità e graduazioni dell’intervento su aree territoriali, ma
non per definire gli interventi sui singoli edifici.
Passando all’estremo opposto, relativo alle valutazioni di rischio accurate conseguenti alle verifiche
effettuate ai sensi dell’OPCM 3274, già illustrate nel paragrafo sulla vulnerabilità sismica, il risultato finale
di tali valutazioni è una misura della sicurezza sismica, espressa come rapporto tra la resistenza sismica
della struttura e quella richiesta ai sensi della norme sismiche vigenti, entrambe espresse in termini di
accelerazioni al suolo dei terremoti relativi alle due situazioni dette. Alternativamente la sicurezza è
espressa anche come rapporto tra i periodi di ritorno dei terremoti detti. I livelli di sicurezza sono valutati
per diverse situazioni di danneggiamento, definite come stati limite. Tra questi, la condizione che è sempre
obbligatorio verificare è quella di stato limite ultimo, e ad essa prevalentemente sarà opportuno riferirsi. È
evidente come queste valutazioni costituiscano una stima del rischio effettuata sul parametro
danneggiamento, nella quale il bene esposto è, perciò, la costruzione stessa. Ai fini di una più congruente
classifica di rischio, sarebbe necessario associare al parametro danneggiamento un parametro di
esposizione riferito al bene esposto di interesse, individuato in maniera univoca per le specifiche categorie
d’uso.
Nei casi in cui le valutazioni vengano effettuate ed abbiano valore sui singoli oggetti, in altri termini
definiscano in maniera affidabile il rischio sismico della singola costruzione, è evidente come il risultato di
tale valutazione non possa non condizionare l’azione da intraprendere, in relazione al livello di rischio
calcolato. Già in passato il problema è stato posto con forza dagli enti proprietari a seguito di esiti
particolarmente negativi delle verifiche effettuate. In particolare occorre definire soglie di rischio
“accettabile” (p.es. il 65% utilizzato in alcune ricostruzioni post sisma, o il 60% previsto nell’OPCM 3790, al
di sotto delle quali non è necessario intervenire ed i criteri di sicurezza da adottare per le costruzioni
chiaramente deficitarie: ad esempio prevedere tempi rapidi per intervenire, trascorsi i quali
infruttuosamente la costruzione viene resa inutilizzabile per gli scopi attuali.
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3. Conclusioni
Si riportano di seguito i criteri qualificanti, così come scaturiscono dalle considerazioni svolte nei precedenti
paragrafi e da ulteriori considerazioni finalizzate all’ottimizzazione della strategia di prevenzione e delle
modalità di intervento.
• Le previsioni di pericolosità di medio termine potranno essere prese in considerazione per i
provvedimenti da assumere a partire dall’annualità 2011.
• Le previsioni di medio termine potranno essere aggiornate in relazione agli avanzamenti scientifici e
all’accadimento di eventi importanti, con cadenza preferibilmente di 3 o 5 anni.
• Per l’annualità 2010 i criteri di individuazione degli interventi saranno basati sulla pericolosità di
lungo termine.
• Potranno essere finanziati interventi sia su edifici privati, sia su strutture e infrastrutture pubbliche.
• I finanziamenti per gli edifici privati di abitazione verranno graduati in relazione ad un indice di
rischio a scala locale (ad esempio provinciale) basato su valutazioni a livello nazionale su dati del
censimento ISTAT.
• Per una programmazione più adeguata alle singole tipologie di edifici pubblici si dovrà al più presto
ottenere un quadro complessivo del rischio sismico associato alle diverse tipologie di costruzioni di
competenza delle diverse amministrazioni (ad esempio scuole, ospedali).
• Gli interventi su edifici e opere pubbliche strategiche e rilevanti saranno basati, per le prime
annualità, sugli esiti delle verifiche di sicurezza effettuate ai sensi dell’OPCM 3274 o coerenti con i
suo criteri generali. È raccomandabile che le verifiche sismiche svolte ai sensi dell’OPCM 3274 siano
verificate da commissioni di esperti.
• I criteri di assegnazione delle priorità e di graduazione degli interventi nelle diverse aree territoriali
(province o regioni) per gli edifici pubblici dovranno tener conto, oltre che del rischio di
danneggiamento, anche dell’esposizione e dunque del rischio di perdite umane o, per gli edifici
strategici, delle conseguenze sulle attività di protezione civile successive a un terremoto.
• Nella definizione delle priorità su edifici privati e pubblici dovrà essere tenuto conto, attraverso
opportuni strumenti, anche del rischio di sistema, in particolare in relazione alla rischio indotto dai
crolli su strade importanti ai fini dei piani di protezione civile. Particolare attenzione sarà posta su
quelle situazioni critiche anche collegate ad un concomitante rischio vulcanico.
• Per gli edifici privati si potrà ricorrere ad una forma di incentivo, basata su benefici fiscali, secondo
modalità analoghe a quelle già adottate per le forme di incentivazione finalizzate al risparmio
energetico; ulteriori forme di incentivazione potranno essere previste nei casi in cui il rischio di
crollo può riguardare la percorribilità di vie di fuga essenziali per piani di emergenza relativi al
rischio sismico stesso o a quello vulcanico.
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• Ai fini del conseguimento più rapido degli obiettivi di riduzione della vulnerabilità, si potrà far
ricorso a interventi di rafforzamento locale, così come definiti nelle Norme tecniche delle
costruzioni (DM14.01.08), secondo i criteri applicati in Abruzzo nel ripristino delle scuole e degli
edifici privati ai sensi dell’OPCM 3790; il rafforzamento locale potrà essere applicato a condizione
che siano soddisfatte alcune condizioni minime essenziali relative alle caratteristiche
dell’organismo strutturale, e sarà finalizzato alla eliminazione o drastica riduzione di alcune carenze
strutturali tipiche delle costruzioni esistenti in c.a. o in muratura. A tal fine sarà opportuno emanare
delle Linee guida per gli interventi di rafforzamento locale (caratteristiche minime delle costruzioni,
indagini di base, tipologie di intervento ammissibili, stime speditive quantitative del rischio
sismico).
• I finanziamenti per l’intervento sulle singole opere potranno essere basati su costi parametrici
calibrati per conseguire un livello minimo di miglioramento sismico, ferma restando la possibilità di
raggiungere livelli superiori di sicurezza, o di effettuare la demolizione e ricostruzione. I maggiori
costi saranno a carico dell’ente beneficiario del finanziamento.
• I costi parametrici dovranno essere graduati in relazione ai diversi obiettivi di sicurezza da
conseguire e della tipologia d’intervento (rafforzamento o miglioramento sismico)
• Al fine di stabilire una linea di azione in conseguenza della presa d’atto degli esiti della verifica
sismica da parte dell’ente proprietario, occorre definire soglie “accettabili” di rischio, al di sotto
delle quali non è necessario intervenire ed i criteri di sicurezza da adottare per le costruzioni
chiaramente deficitarie: ad esempio prevedere tempi rapidi per intervenire, trascorsi i quali
infruttuosamente la costruzione viene resa inutilizzabile per gli scopi attuali.
• È opportuno promuovere, anche attraverso finanziamenti ad hoc, l’esecuzione di studi per la
predisposizione di mappe e documenti relativi alla microzonazione sismica nelle aree dove tali studi
non siano già stati effettuati.
• In prima istanza per rendere immediatamente operativo il finanziamento per l’annualità 2010 (44
milioni) si può individuare la seguente modalità di ripartizione delle risorse:
a) Si determinano con il modello di pericolosità stazionario e con riferimento all’edilizia privata gli
indici di rischio accorpati per provincia.
b) Si stabilisce un limite inferiore dell’indice di rischio al di sotto del quale non sono concessi
finanziamenti.
c) Si suddivide il finanziamento in tre quote o quattro quote: 1) edifici privati, 2) costruzioni
pubbliche strategiche o rilevanti di competenza delle Regioni o degli enti locali, 3) costruzioni di
competenza di Amministrazioni statali. Le quote potrebbero essere di entità simile o
privilegiare i privati (in questo caso occorre anche effettuare una significativa campagna di
informazione affinché la domanda sia adeguata all’offerta). La quarta quota può essere
riservata ad azioni di incentivazione dell’esecuzione di studi di microzonazione.
La traduzione in regole e provvedimenti basati sui criteri sopraesposti per l’individuazione degli interventi
su edifici e opere pubbliche deve mantenere una certa flessibilità operativa, per tener conto di altri fattori
che possono influire sia sulla fattibilità dell’intervento, sia sulla sua economia in una logica di
programmazione a livello locale o di ente proprietario o gestore.
Obiettivi e criteri per l’individuazione degli interventi per la prevenzione del rischio sismico (OPCM 3843/2010) Pagina 10