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LA VERIT.

6.1

LA TEORIA DELLA VERIT COME ADQUATIO.

La teoria classica della verit conosciuta anche come teoria


delladquatio, che riferisce alla frase latina veritas est adquatio rei et intellectus,
dove si stabilisce una conformit fra ci che si pensa e ci che nella realt.
Quando lintelletto giudica correttamente uno stato di cose, si giunge alla verit.
Tale concetto di verit talmente semplice e chiaro che risulta difficile negarlo,
anche se, attraverso i secoli, molti pensatori lhanno dapprima messo in
discussione ed infine negato.
A riguardo della nozione di verit, la posizione scettica radicale afferma che
codesta (la verit) non esiste. Tale posizione non gode di grande popolarit
precisamente perch risulta intrinsecamente contraddittoria, in quanto possibile
rispondere che, asserendo che la verit non esiste, si finisce per asserire che la
verit esiste, in quanto si mostra che la verit che la verit non esiste. Bene ha
detto Aristotele sulla posizione dello scetticismo radicale, che conclude che lunica
posizione coerente a riguardo quella del silenzio1.
Per questo motivo la posizione scettica pi accreditata quella moderata, la
quale si concentra sostanzialmente verso le verit assolute, o perlomeno verso
quelle verit immutabili e necessarie. Le principali cause che fanno scaturire uno
scetticismo di questo genere derivano generalmente dallesperienza dellerrore
(se mi sbaglio una volta, come sapr di non sbagliarmi sempre?), da qualche
impedimento da parte dei sensi (la realt non viene percepita correttamente), dal
dubbio posto dallo stato del sogno (e quindi la realt non quella appresa dal
soggetto) e da una posizione a priori del tipo ideologico (lo scetticismo
postmoderno). Di controparte, la posizione del realismo metafisico ha bisogno di
un concetto forte e resistente della verit: questo lobiettivo di questo paragrafo.
Il punto di vista del realismo per quanto riguarda la verit sorge
dallesperienza ordinaria e dalla conoscenza comune. Quando il soggetto afferma o
nega qualche cosa nel giudizio, cerca di conformarsi alla realt appresa per dire
come sono le cose. Alla riflessione il conoscere appare non solo come un
apprendere la realt, ma un conformarsi ad essa; vediamo infatti che nei giudizi e
nei ragionamenti il nostro intelletto cerca di adeguarsi alla realt che apprende
tanto che fino al momento in cui non sicuro di conformarsi alle cose sospende il
suo assenso2. La conformit fra la mente e la realt extra-mentale precisamente
1 Cfr. ARISTOTELE, Metafisica, lib. IV, cap. 5.
2 Paolo DEZZA, Filosofia, Pontificia Universit Gregoriana, Roma 19888, 52-53.

ci che produce la verit. Lerrore impossibile nella nostra cognizione che si


svolge secondo natura; esso pu avvenire solo per accidens, per un intervento della
volont, pi o meno consapevole, che determina lintelletto a irriflessione nel
giudicare, a formarsi ad una considerazione parziale delloggetto. Senso e intelletto
per s sono infallibili, non dicono e non possono dire che la verit 3. Quando
lintelletto giudica il suo oggetto proprio (la natura delle cose sensibili), non pu
sbagliare. Lintelletto umano, essendo unito al corpo, ha come suo oggetto la
quiddit o essenza esistente nella materia corporale, e solo mediante lessenza di
queste cose visibili ascende a una certa conoscenza di quelle invisibili 4. Lerrore,
per, subentra o per linflusso della volont (che altera in qualche modo la
convinzione solida dellintelletto) o quando la mente si trova davanti agli oggetti
non naturali (come oggetti estremamente grandi o estremamente piccoli). Questa
la difficolt degli altri tipi di conoscenza: lintelletto riesce a conoscere tali oggetti,
ma soltanto con fatica(e spesso per analogia con gli oggetti naturali). Per questo
motivo, frequentemente le conoscenze costruite, o particolarmente specifiche,
vengono spiegate utilizzando analogie prese dalla conoscenza ordinaria; come, ad
esempio, quando Richard Feynman spiegava la fisica quantistica con i famosi
diagrammi che portano il suo nome.
Lungo la storia del pensiero filosofico molti illustri pensatori si sono
interrogati su cosa consistesse pi esattamente questa conformit. Lintelletto che
elabora le essenze delle cose non possiede altro che limmagine delle cose esterne e
in questo coincide con il senso, il quale riceve la specie delle cose sensibili. Per
quando lintelletto comincia a formulare giudizi sulle cose apprese, allora inizia a
esserci qualcosa che appartiene esclusivamente allintelletto e che non si trova
nelle cose esterne. Pertanto quando ci che si trova nellintelletto conforme a ci
che vi nelle cose, si dice che il giudizio vero. Ma lintelletto giudica della cosa
appresa quando dice che qualcosa oppure non 5. Con la sua esemplare
chiarezza, Tommaso afferma che la mente giudica in base a ci che ha appreso dalla
realt, ma soltanto attraverso limmagine mentale: e tale immagine mentale
creazione dellintelletto, il quale passa dalla potenza allatto grazie, appunto,
allintelletto agente.
A questo punto sorge la domanda: in che cosa consiste il rapporto di
conformit? Si tratta della conformit fra limmagine mentale e la cosa esistente
esternamente? Al riguardo, varie soluzioni si sono offerte. Se ladeguazione quella
fra la rappresentazione mentale e la cosa in s, abbiamo il grande problema
kantiano del ponte, cio, la necessit di costruire un interfaccia fra limmagine
mentale e la cosa reale. In s, tale problema non risolvibile, perch conduce ad un
bisogno di qualche cosa di intermedio fra i due punti (mente e realt). Tuttavia, tale
funzione di intermediario precisamente ci che realizza lintelletto nellatto
cognitivo. Se cos non fosse, allora, si dovrebbe postulare un altro atto intellettivo
3 Ivi., 54.
4 Tommaso DAQUINO, Summa Theologiae, I, q. 84, a. 7, c.
5 Tommaso DAQUINO, De veritate, q. 1, a. 3.

che giudica la conformit fra rappresentazione e cosa in s, il quale, a sua volta, si


potrebbe produrre soltanto grazie ad unaltra rappresentazione mentale, la cui
conformit, per, necessiterebbe ancora di un altro passaggio intellettivo, e cos
allinfinito. In conclusione, secondo questa concezione, non si giungerebbe mai al
fondamento ultimo della conoscenza.
Ladeguazione, pertanto, deve essere descritta in altri termini. Infatti la
relazione di adeguazione, in cui consiste la verit, si compie in quella operazione
dellintelletto in cui esso riceve lessere della cosa mediante unimmagine del
medesimo, ossia nel giudizio. Per cui affermo che lo stesso essere della cosa,
mediante la sua rappresentazione nella mente, la causa della verit; per,
propriamente, la verit si trova innanzitutto nellintelletto e poi nella cosa 6.
Siccome lessere della cosa non assimilabile come nella cosa, lintelletto assimila
lessere come quello che non si pu apprendere, come quello che resiste lintelletto
nel suo approcciarsi alla realt, come quello che rimane e costituisce il fatto che la
cosa . Lintelletto, poi, aggiungendo la copula propriamente nel atto del
giudizio, porta a compimento latto intellettivo, concludendo nel giudizio. Per cui,
sebbene la verit del nostro intelletto sia causata dalle cose, non per
necessario che la verit si trovi primariamente nelle cose 7. Infatti, la verit
principalmente nellintelletto e secondariamente nelle cose, per la relazione che
esse hanno allintelletto come al loro principio8.
La verit un rapporto, una relazione. In questo senso la verit relativa
(giammai relativistica), precisamente perch descrive un rapporto fra la mente e la
realt. Di pi: la verit (nella sua connotazione filosofica) richiede il linguaggio,
perch fuori del linguaggio, non c il predicato di verit, che esprimibile
,appunto, con il proferimento: vero. Se nessuno pronuncia una frase, la verit
non determinabile. Soltanto nel giudizio (espresso sensibilmente) abbiamo la
verit.
Questo rapporto di verit richiede non soltanto la rappresentazione mentale
e la cosa nella realt, ma ha bisogno dellessere della cosa. Questa dottrina della
verit come corrispondenza presuppone infatti la metafisica aristotelica della
sostanza, sviluppata da Tommaso nella sua metafisica dellatto di essere. [] Il
quadro metafisico del realismo classico lunico che pu rendere intelligibile la
nozione di verit come corrispondenza; essa infatti intrinsecamente legata alla
concezione realistica del pensiero, ossia alla concezione del pensiero come
conoscenza9. Una certa confusione su siffatta tematica pu nascere per due
motivi: (1) perch lessere della cosa rimane nella cosa e non nellintelletto; e (2) la
rappresentazione mentale (o limmagine) una costruzione dellintelletto stesso.

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Tommaso DAQUINO, Scriptum super Sententiis, I, dist. 19, q. 5, a. 1.


Tommaso DAQUINO, Summa Theologiae, q. 16, art. 1 ad 3.
Ibidem
Antonio LIVI, La ricerca della verit, Casa editrice Leonardo da Vinci, Roma 2005, 131.

La difficolt di apprendere lessere della cosa non un problema


dellintelletto, perch la forma intelligibile della cosa diventa conosciuta in atto
grazie allassimilazione dei dati sensibili che rivelano come la cosa realmente . Per
questo la verit si appoggia sul riconoscimento della adeguatezza dei dati di cui il
soggetto in possesso. Luomo non pu mettere a confronto la realt conosciuta
con la realt in quanto tale colta attraverso una via diversa dalla conoscenza
stessa [], ma la certezza delladeguamento tra la nostra conoscenza e la realt
ottenuta allinterno della conoscenza stessa 10. In altre parole, la riflessione
operata dallintelletto sul proprio giudizio (come atto secondo) per controllare la
verificabilit del atto espresso, non discrimina il rapporto giudizio/realt ma il
rapporto giudizio/dati assimilati. Pu sembra la stessa cosa, ma difatto non lo . Si
tratta di una conferma (o smentita) da parte della ragione riflettente sulla
giustificazione di emettere un giudizio in base ai dati appresi. Quindi, la verit
descrive anzitutto il rapporto fra il giudizio e la realt; la giustificazione ulteriore
descrive il rapporto fra il giudizio e i dati: cio, il processo che si sviluppa
allinterno della mente. La copula aggiunge il riferimento allessere, che
consente di concludere che la verit coinvolge effettivamente lessere delle cose. La
mente non pu interrogarsi due volte sulla conformit fra lintelletto e la cosa,
perch questo implicherebbe un ritorno allinfinito, come guardarsi in una serie di
specchi infiniti dove la propria immagine viene riflessa da pi specchi che non
hanno fine.
In quanto alla difficolt sorta dal fatto che limmagine una costruzione
dellintelletto, invece di scivolare verso lidealismo (la conoscenza sarebbe
soltanto ci che nella mente), bisogna ripetere con Tommaso che la conoscenza
principalmente della realt attraverso la rappresentazione mentale (lid quo della
questione 84 della Summa). Altrimenti, la scienza sarebbe impossibile. Lintelletto
conosce principalmente non limmagine (che viene prodotta dalla mente), ma
lessere delle cose. Quindi, il punto centrale come viene costruita la
rappresentazione mentale. La risposta data grazie alla sensibilit/percezione, che
attinge la realt in maniera intenzionale (come gi spiegato precedentemente).
Come bene ha osservato Cornelio Fabro, la chiave della teoria della conoscenza
tomista si trova appunto nella teoria della percezione, che afferma un legame
inscindibile con lontologia effettiva del reale. Se i contenuti universali
dellintelletto umano devono avere una corrispondenza nella realt concreta per
esser detti oggettivi, si deve supporre possibile una verifica od oggettivazione dei
contenuti universali nei dati di esperienza. Tale verifica ha per intermediario il
fantasma. Ma se il fantasma, che riferisce di per s soltanto i dati spazio-temporali,
lasciato intrinsecamente eterogeneo ai contenuti intelligibili, non si sa pi in base
a quali fondamenti un concetto universale sia da oggettivare in questo e non in quel
fantasma. Lunica via legittima, per la giustificazione fenomenologica
delloggettivit, che lintelletto possa percorrere in senso inverso, dallalto verso il
basso, la medesima via che la sensibilit per la sua spinta naturale ha percorso dal
10 A. R. LUO, Pensiero filosofico e fede cristiana in Acta philosophica, 9, 51, citato in A. LIVI, cit.,
133.

basso vero lalto: una tale ordinazione noetica della sensibilit incomprensibile
allinfuori della teoria tomista della cogitativa 11. La cogitativa, lultimo passo
dellintelletto passivo e il primo passo dellintelletto attivo, garantisce il riferimento
oggettivo dei dati appresi dellintelletto e utilizzati per la costruzione
dellimmagine mentale. Allora, non c rischio dellidealismo (dove la mente
conosce soltanto quello che produce).
Alcune obiezioni alla teoria della corrispondenza.
Due sono le obiezioni principali riservate alla teoria della verit come
corrispondenza. La prima appartiene alla filosofia analitica, che privilegia la teoria
della verit come coerenza, e che serve soprattutto per i sistemi
assiomatici/formali. La verit descriverebbe la coerenza allinterno di un sistema
formale in cui nessuna delle proposizioni si troverebbe in contraddizione con altre.
La verit in questo senso non dice tanto sullessere delle cose, ma sulla coerenza
del sistema, e tale concetto di verit ha la sua importanza. La teoria decitazionale di
Tarski un esempio della teoria come coerenza (La neve bianca se e soltanto
se la neve bianca).
Sulla scia di Tarski e Davidson, Hillary Putnam ha lanciato la sua critica
verso la verit come corrispondenza. Ma anche se c un senso in cui una vera
descrizione corrisponde ad un aspetto della realt, o ad un attuale stato di cose, o
ad un modo in cui le cose sono [], non tutte le frasi vere sono descrizioni. Il mio
punto di vista della verit [] di svirgolettare in un senso del termine che ho
collegato a Frege. Fare una asserzione asserire qualcosa, e dire che qualcosa vero
asserire la stessa identica cosa. Ma questo non mi impegna ad inventare stati di
cose per corrispondere a tutte le cose che possono essere correttamente asserite.
E se uno non sinventa tali stati di cose, allora niente saggiunge alla teoria della
verit12.
Putnam segue le perplessit sollevate gi da quasi tutti i filosofi analitici,
cominciando con Russell, in cui la teoria della corrispondenza fallisce, in quanto
non risulta chiaro a che cosa corrisponde la frase pronunciata. In alcuni casi, il
riferimento molto chiaro, come nel celebre esempio il gatto sul tappeto (the
cat is on the mat), ma nei casi della scienza contemporanea, il riferimento
inscrutabile, nella terminologia di Quine, e dipende dallo schema concettuale
adottato come riferimento. Queste obiezioni, quindi, sono state considerate gi
precedentemente.
Unaltra obiezione rilevante della verit come corrispondenza proviene dal
pensiero debole, e ha come esponente principale Gianni Vattimo. Tutta la sua opera
intitolata Addio alla verit ha come punto cardine la critica della nozione classica
della verit come corrispondenza. La presa di congedo dalla verit come
11 Cornelio FABRO, Percezione e pensiero, ed. EDIVI, vol. VI delle Opere Complete, Roma 2008, 189.
12 Hillary PUTNAM, Philosophy in an Age of Science, Harvard University Press, Mass., 2012, 68.

rispecchiamento oggettivo di un dato che, per essere descritto adeguatamente,


deve essere fissato come stabile, appunto come dato 13. Il termine di
rispecchiamento molto probabilmente leco del libro di Richard Rorty, La
filosofia e lo specchio della natura, in cui Rorty lancia la sua critica alla conoscenza
come qualcosa che catturi la natura ontologica delle cose. In oltre, risaputo che
entrambi condividono un approccio debole dellatto cognitivo e della verit, dove
il tema dellinterpretazione domina la speculazione: non ci sono fatti, soltanto
interpretazioni, nella frase celebre di Nietzsche. La verit che vale in politica ma
anche in tutti gli altri campi non la corrispondenza oggettiva ma lorizzonte
paradigmatico entro cui ogni corrispondenza verificabile 14.
La concezione di verit come corrispondenza, secondo Vattimo, fallisce
precisamente perch tale rapporto non avrebbe senso al di fuori di un paradigma,
un orizzonte, che viene condiviso da una comunit linguistica. Oggi, quindi, molto
pi chiaramente che in passato, la questione della verit riconosciuta come una
questione di interpretazione, di messa in opera di paradigmi che, a loro volta, non
sono obiettivi [], ma sono una faccenda di condivisione sociale 15. E poi
conclude: Alla fine si tratta di capire che la verit non si incontra, ma si
costruisce con il consenso e il rispetto della libert di ciascuno e delle diverse
comunit che convivono, senza confondersi, in una societ libera16.
La risposta (semplificata) alla proposta del pensiero debole viene da
Davidson, il quale ha sempre sostenuto luniversalit del predicato di verit. Ci
che significa essere vero lo stesso per tutti i linguaggi (altrimenti non ci sarebbe
la possibilit della traduzione radicale, che invece si realizza frequentemente),
sebbene ci che ritenuto vero in un linguaggio pu non esserlo in un altro 17.
Daltronde, si potrebbe applicare la stessa critica che Davidson fa allidea di uno
schema concettuale (o paradigma, o cornice concettuale, o immagine del mondo),
dicendo che un dogma dellempirismo, e quindi privo di fondamento razionale.
Con rispetto allanalisi di Vattimo e Rorty, il consenso pi ampio possibile viene
raggiunto perch la verit oggettiva, e non al contrario, cio, che loggettivit della
verit consiste nel consenso pi ampio possibile che le viene riservata.
Philip Larrey

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Gianni VATTIMO, Addio alla verit, Meltemi, Roma 2009, 13-14.


Ivi., 14-15.
Ivi, 15.
Ivi., 17.
Cfr. Donald DAVIDSON, Verit e interpretazione, cit., 282.

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