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45 anni di eccessi

Alessio Surian
Il 2 agosto 2015 i 193 Stati Membri delle Nazioni Unite hanno presentato il
documento di riferimento per la cosiddetta Agenda 2030 degli Obiettivi per lo
Sviluppo Sostenibile, (in inglese, SDG, Sustainable Development Goals), centrati
sulleradicamento della povert nei prossimi quindici anni, attraverso lattenzione per
cinque aree critiche: persone, pianeta, prosperit, pace e partenariati, tradotti in
diciassette obiettivi e 169 mete. Un primo appuntamento riguarda la Nuova Agenda
Urbana e vede al centro la terza conferenza mondiale UN Habitat III
(www.habitat3.org) sulle politiche abitative e la sostenibilit urbana, che si svolger a
Quito, Ecuador fra un anno (17-20 ottobre 2016) e vede in pieno svolgimento un
processo di dialogo globale (anche on-line) su sei temi chiave. Sempre ad agosto
2015, l11, era arrivato lEarth Overshoot Day (ma in Italia era gi arrivato ad inizio
aprile): il giorno che ci ricorda che se dividiamo la biocapacit per la nostra impronta
ecologica ci accorgiamo che stiamo consumando pi risorse di quelle che abbiamo
a disposizione e quindi stiamo intaccando pesantemente la capacit dellambiente in
cui viviamo di rigenerarsi. Una metafora efficace a questo proposito lhanno proposta
John Schramski e i suoi colleghi in un recente articolo (Human domination of the
biosphere: Rapid discharge of the earth-space battery foretells the future of
humankind,
https://collapseofindustrialcivilization.files.wordpress.com/2015/07/pnas-2015schramski-1508353112.pdf): proviamo a pensare alla biosfera terrestre come ad
unenorme batteria: in centinaia di milioni di anni la batteria si caricata attraverso
unattivit lenta; ora noi la stiamo rapidamente scaricando, rischiando un black-out
per lintero ambiente in cui viviamo.
10.000 anni di incremento della popolazione umana, di sprechi energetici e di
crescita economica sono risultati per Schramski in un pericoloso squilibrio
energetico: Questo squilibrio definisce il nostro maggiore conflitto con la natura ()
diretta conseguenza dellinnovazione tecnologica () ma, ironicamente le forze
dominanti a livello politico e di mercato, invece di agire per conservare quanto resta
della carica, stanno spingendo nella direzione opposta, perch gli sforzi pervasivi
orientati alla crescita economica richiedono aumenti nei consumi energetici."
Per il Global Footprint Network, la rete internazionale che incoraggia a prendere
consapevolezza in merito alla propria impronta ecologica, nel 1961, l'umanit usava
circa tre quarti della capacit della terra di generare cibo, fibre, legname, risorse
ittiche e di assorbire i gas che generano effetto serra. La maggior parte delle nazioni
aveva una biocapacit pi grande della loro rispettiva impronta ecologica. Negli anni
settanta, la crescita economica e demografica ha determinate un aumento
dellimpronta ecologica dell'umanit che ha cominciato a superare la capacit di
produzione rinnovabile del pianeta e oggi oltre l'86% della popolazione mondiale vive
in nazioni che richiedono alla natura pi di quanto i loro ecosistemi nazionali riescano
a produrre.
E significativo che anche nei principali Paesi che hanno promosso la crescita
economica e finanziaria, fin dagli anni Sessanta, scienziati conosciuti come Howard
e Eugene Odum abbiano esplicitamente definito come conflittuale il ruolo delle scelte
economiche dellumanit da un punto di vista ecologico. Il tema quindi di natura
culturale, come ricorda anche la Laudato Si': cosa dobbiamo de-costruire nel nostro
atteggiamento? Non sar il caso di cominciare proprio dallidea sviluppista di
progresso. In modo efficace, Andrea Zanzotto lo definiva come sviluppo scorsoio,
un bel paradosso per un termine che vorrebbe significare lo sciogliere un viluppo,
sciogliere un groviglio.

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