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Episodi e ipotesi riguardanti il misterioso triangolo delle Bermude http://www.ndonio.it/Il%20triangolo%20delle%20Bermude.htm
La Mary Celeste è forse il caso più conosciuto di una nave ritrovata deserta nell'oceano. Nel 1872 venne
avvistata da un bastimento inglese che la abbordò mentre andava alla deriva e la prese come bottino, senza
porsi molti interrogativi sulla stranezza di quell'incontro. Anche qui era tutto in ordine, non mancava nulla;
viveri, acqua, effetti personali dell'equipaggio. Solo la cabina del capitano appariva chiusa da travi, come se
questi avesse voluto barricarsi all'interno. Da dove fosse poi uscito era comunque difficile immaginare. La
Mary Celeste portava un carico di alcool stivato in botti, e così si pensò alla possibilità di un incendio a
bordo, poi subito rientrato per la caratteristica dell'alcool di estinguersi dopo una breve fiammata. Forse tutti
si erano gettati in mare presi dal panico alla vista del fuoco e non erano poi più risusciti a raggiungere la
nave che si era allontanata con le vele al vento. Ma sinceramente rimane una ipotesi poco convincente
incapace di dare una spiegazione convincente della tragedia avvenuta. Sempre nella serie delle navi trovate
abbandonate inspiegabilmente, c'è il racconto del 1881 del capitano della nave americana Ellen Austin.
Viaggiando in pieno Atlantico del nord, in una regione che dovrebbe corrispondere al margine est del
triangolo, la Ellen Austin incontrò un bastimento a due alberi chiaramente senza equipaggio. Anche questa
volta era tutto in ordine, le vele erano ammainate ma perfettamente pronte per le manovre. Alcuni uomini
della Ellen Austin vennero allora trasferiti a bordo per prenderne possesso e rimorchiarlo. Il viaggio in
tandem era da poco iniziato quando le condizioni del mare peggiorarono, tanto che i cavi di rimorchio si
ruppero e i due scafi si persero di vista. Solo alcuni giorni dopo l' Ellen Austin ritrovò il bastimento, che risultò
però di nuovo deserto in quanto gli uomini trasbordati dalla Ellen Austin erano tutti scomparsi. Nessun segno
fu trovato per far luce su quanto poteva essere accaduto. Per una seconda volta alcuni volontari salirono a
bordo della goletta, evidentemente dietro le pressioni del capitano che voleva a tutti i costi impadronirsene
attirato dal grosso guadagno. Ma anche questa volta le due navi non andarono molto lontano. Una seconda
tempesta le divise e da allora né il secondo equipaggio né il bottino furono ritrovati. La nave da guerra
Atlanta scomparve invece insieme a tutti i 300 uomini che erano a bordo, proprio in quello stesso periodo. La
nave era inglese e tornava in Europa dopo una lunga crociera di addestramento. L'ammiragliato inglese
organizzo una ricerca sistematica per lungo tempo, ma senza alcun esito. Forse fu quella la prima volta nella
storia in cui furono condotte delle ricerche organizzate con parecchie navi che perlustrarono l'oceano
secondo un piano preordinato senza però trarne alcun risultato. Anche la nave Cyclops scomparve
misteriosamente nel marzo del 1918 mentre si trovava nel triangolo. C'erano a bordo più di 300 uomini, tutti
della marina degli stati uniti. Si trattava di una nave da guerra e poiché si era in pieno conflitto mondiale, tra
le ipotesi della scomparsa, varie prendevano in considerazione un possibile attacco di sommergibili tedeschi.
Accurate indagini svolte dopo la fine della guerra portarono però a escludere questa eventualità. Anche la
marina statunitense organizzò estese ricerche durate alcuni mesi, ma ogni tentativo fu inutile. Venendo a
tempi più recenti, non possiamo non partire dalla San Paolo, una vecchia nave da guerra brasiliana che
viaggiava al seguito di due grossi rimorchiatori con un piccolo equipaggio addetto alle manovre indispensabili
del traino. L'episodio accade ai primi di ottobre del 1951. Anche qui le condizioni del tempo consigliarono uno
dei rimorchiatori di sganciare le gomene per essere più libero nell'affrontare il mare. La mattina dopo , gli
uomini del secondo rimorchiatore si accorsero che anche i loro cavi erano sganciati e che la San Paolo era
scomparsa. Avvertite per radio, navi americane e inglesi aiutate da numerosi aeri iniziarono le ricerche,
senza trovare alcun relitto. La sparizione della San Paolo era stata preceduta nel 1926 dalla perdita analoga
della nave da carico Cottopaxy e nel 1931 dal mercantile Stavenger che trasmise per l'ultima volta la propria
posizione mentre si trovava ad est del Grande Banco della Bahamas. Tutto sembrava procedere
regolarmente. I resoconti di incidenti analoghi proseguivano puntualmente anche negli anni sessanta e
settanta. Qualcosa di misterioso e comunque inspiegabile toccò nel 1963 alla Marine Sulphur Queen, un
grosso cargo americano con quaranta uomini a bordo. La nave viaggiava all'uscita dal golfo del Messico
quando un suo messaggio fu ricevuto per l'ultima volta. Considerando che essa doveva raggiungere un porto
nella Virginia, si può arguire che avrebbe in seguito percorso lo stretto della florida, seguendo la corrente del
Golfo in quanto è un passaggio obbligato per tutti i mezzi diretti a nord, per giunta largo appena una
cinquantina di miglia. Difficile svanire in questa zona, sempre piena di traffico. Tuttavia la Marine non fu più
vista, né raggiunse mai la Virginia. Per due settimane molti mezzi della guardia costiera americana
perlustrarono il mare a nord di cuba e questa volta almeno un salvagente venne ripescato. Apparteneva alla
nave scomparsa e ciò dette l'avvio ad una seconda fase di ricerche, che non portò tuttavia ad altri risultati.
Nel 1966 fu la volta di un grosso rimorchiatore, il Southern Cities che trainava una chiatta si sessantacinque
metri, carica di prodotti chimici e fertilizzanti. Alcuni giorni dopo che il rimorchiatore aveva m smesso di dare
notizie, alcuni aerei della guardia costiera riuscirono ad individuare la chiatta che non recava segni di danni.
L'incidente dello Witchcraft è un notevolissimo esempio di fulminea improvvisa sparizione di una piccola
barca non soltanto in vista del suo porto, ma addirittura accanto a una boa del porto stesso. Dan Burack, il
proprietario dello Witchcraft, che, sia detto per inciso, era reputato inaffondabile, aveva invitato un prete,
padre Pat Hogan, a vedere l'illuminazione natalizia di Miami dal largo, la vigilia del Natale 1967. Essi
navigarono su un mare calmo fino a circa un chilometro e mezzo di distanza dalla spiaggia, poi si fermarono
ad ammirare l'illuminazione nelle vicinanze della boa numero 7. A questo punto Burack mandò un singolo,
inaspettato segnale di aiuto alla Guardia Costiera, dando la sua posizione esatta. Una barca della Guardia
Costiera, avvertita, impiegò soltanto venti minuti per raggiungere la boa numero 7, ma quando arrivò non
vide nessuna traccia dello Witchcraft. La mattina seguente partirono le operazioni di ricerca del relitto.
L'acqua in quel tratto di mare è profonda solo 13 metri, e uno yacht sarebbe facilmente visibile dalla
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superficie. Le ricerche continuarono fino al 10 gennaio, senza aver ritrovato alcun relitto, alcun cadavere o
nient'altro che potrebbe far pensare a un naufragio. Alla fine della ricerca, un portavoce della Guardia
Costiera dichiarò, alquanto paradossalmente: " Presumiamo che siano mancanti, ma non perduti in mare ".
Nessuna traccia invece del Southern Cities e dei suoi uomini. Anche Anita, una carboniera tedesca che
tornava in Europa svanì nel 1973 con 34 uomini a bordo. Un caso eclatante fu quello dello Scorpion, uno dei
sottomarini atomici americani, che scomparve nel 1968 mentre viaggiava dalle Azzorre diretto alla base in
virginia. Il pensiero di novantanove uomini imprigionati nello scafo tra tenne desta per molti giorni l'attenzione
di tutto il mondo. Questa volta però la perdita era troppo importante, almeno per la marina degli stati uniti,
che impegnò una serie impressionante di mezzi per rintracciare il sommergibile. Motivi militari e di prestigio
spingevano a farlo. Bisognava sapere ad ogni costo cosa era accaduto. Solo dopo molti mesi si diffuse la
notizia che una nave appositamente attrezzata aveva individuato il relitto un migliaio di chilometri a sud ovest
delle Azzorre. Ne avevano dato conferma anche varie foto scattate sul fondale di oltre tremila metri su cui
giaceva ciò che poteva essere lo Scorpion. In questo caso dunque non si poteva parlare di sparizione, ma le
cause della sciagura come l'esito delle successive ricerche rimasero sempre chiuse in un geloso riserbo. Da
quanto emerso tuttavia, sembra che la perdita del sottomarino non sia avvenuta propriamente dentro i limiti
del cosiddetto triangolo, nel quale invece si continuò a non trovare traccia di relitti, e nemmeno di quelli degli
aerei che nel frattempo sparivano con preoccupante regolarità. In questo contesto nel 1945 si verificò il più
inspiegabile degli incidenti, che coinvolse un'intera squadriglia di apparecchi dell'aviazione statunitense.
L'episodio accadde esattamente il 5 dicembre durante una missione addestrativa. Cinque apparecchi da
caccia Grumman presero i volo dalla base di Fort Lauderdale, una ventina di chilometri a nord di Miami.
Questi dovevano andare a bersagliare un pontone situato sul basso fondale corallino che circonda il Grande
Banco delle Bahamas. Avrebbero poi percorso una rotta a nord, prima di tornare alla loro base. Una
missione semplice senza rischi, di assoluta routine, come molte altre che venivano fatte ogni giorno. Questa
volta invece le cose presero una piega imprevista e drammatica. Poco più di un'ora dopo il decollo, quando
già l'esercitazione di tiro era stata compiuta e i cinque aeroplani erano sulla via del ritorno, arrivò a Fort
Lauderdale un messaggio allarmante. Il comandante comunicava alla base che non riusciva a determinare la
propria posizione. Gli strumenti di bordo di tutti gli apparecchi sembravano impazziti. Anche la costa della
florida, presumibilmente vicina, era scomparsa dalla vista. Venne mantenuto il collegamento radio e a terra
fu presto chiaro che qualcosa di molto strano stava accadendo ai caccia in volo. Il capo squadriglia non
riusciva a dare alcuna indicazione sulla propria posizione e lo stesso accadeva anche agli altri quattro
apparecchi che viaggiavano alla cieca, esaurendo fatalmente il carburante. A un certo punto il contatto radio
finì. Dagli ultimi messaggi si poteva supporre che la squadriglia fosse finita sopra il golfo del Messico, ma in
questo caso non si riusciva a capire come i piloti non avessero visto la terra sottostante, mentre sorvolavano
la Florida da est ad ovest, dato che le condizioni del tempo erano buone e la visibilità era perfetta.
Decollarono quello stesso pomeriggio vari aerei di soccorso, tra cui un grosso idrovolante Martin Mariner,
che iniziarono a perlustrare la zona senza tuttavia sapere dove indirizzare esattamente le loro ricerche. I
cinque Grumman potevano essere finiti da qualsiasi parte e certamente male, perché l'autonomia del
carburante e si era esaurita. Una grave disgrazia sembrava ormai certa, a meno che qualcuno dei piloti non
fosse riuscito ad ammarare e a mettersi in salvo con un tipo speciale di zatterino di cui ogni aereo era dotato.
Se non bastasse tutto questo, poco dopo la partenza dei primi soccorsi giunse a terra un altro messaggio in
cui il comandante dell'idrovolante Martin Mariner annunciava di essere in difficoltà a causa dei venti molto
forti incontrati in quota. Nessun'altra comunicazione giunse dal Martin Mariner anch'esso scomparso come
gli altri. Alla sera glia aerei perduti erano sei. Mancavano dieci uomini della squadriglia più altri tredici membri
che componevano l'equipaggio del bimotore di soccorso. All'alba del giorno dopo iniziò un'operazione di
ricerca senza precedenti, con centinaia di aerei, navi, sottomarini e vedette della guardia costiera. Ma pur
continuando per diverse settimane, questa gigantesca operazione aeronavale non dette il minimo risultato e
così il mistero crebbe, insieme al numero delle congetture che venivano tentate per spiegare in qualche
modo l'accaduto. Di razionale, di logico, di comprovabile non c'era nulla. E allora si entrò inevitabilmente nel
mistero. Si parlò di astronavi e di extraterrestri che avrebbero avuto imprecisati interessi a interferire
nell'attività delle navi ed aerei prelevandoli letteralmente dal nostro pianeta per portarli chissà dove. Si citava
Einstein e si parlava di altre dimensioni per suggerire la credibilità queste ipotesi che indubbiamente
esercitavano una forte influenza sul pubblico. Un anno e mozzo dopo, cioè nel luglio del 1947, un incidente
analogo colpì un altro aereo militare. Si trattava di un C-54 che scomparve con sei uomini a bordo mentre
era diretto a una base in florida. Sei mesi più tardi fu la volta di un quadrimotore passeggeri che scomparve
nei pressi delle Bermude. Le ultime comunicazioni radio non segnalavano nulla di anormale, ma in seguito i
contatti cessarono e l'apparecchio non giunse mai a destinazione. Un quadrimotore del tutto identico a
questo andò perduto nel 1949 mentre viaggiava dalle Bermude verso la Giamaica. Apparteneva come il
precedente ad una compagnia aerea inglese che insinuò l'idea di un sabotaggio organizzato. Non esisteva
però alcuna prova in proposito e del resto non furono i soli aerei a sparire in quel periodo. Poco tempo prima
era andato perduto un DC-3 noleggiato da un'agenzia di viaggi di Miami che recava a bordo una quarantina
di persone. Questo incidente fu tanto più clamoroso, perché si seppe che nell'ultimo contatto radio il pilota
aveva comunicato di essere ormai prossimo all'arrivo, anzi di intravedere già le luci della città. Naturalmente,
tutte le ricerche effettuate, anche in questo caso risultarono inutili. Un aereo da trasporto scomparve con
trentacinque persone nel 1952 mentre era diretto a Kingston e nell'ottobre del 1954 toccò ancora a un aereo
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trentacinque persone nel 1952 mentre era diretto a Kingston e nell ottobre del 1954 toccò ancora a un aereo
della marina degli stati uniti. Era un Super Constellation partito da Patuxent River nel Maryland, in viaggio
verso le Azzorre. Nel 1956 precipita, o almeno così si suppone un a quadrimotore cisterna dell'Aviazione
americana durante una missione dalla propria base situata in Virginia, alle Azzorre. L'anno seguente sono
due gli aerei cisterna perduti contemporaneamente. Erano diretti in Florida e le ultime segnalazioni radio
pervenute da bordo segnalavano la loro posizione a un centinaio di miglia a nord est del Grande Banco delle
Bahamas. Le lunghe ricerche che seguirono portarono al ritrovamento di alcuni relitti che avrebbero potuto
appartenere ai due aerei: ma anche questo non era certo. Le cose si complicarono quando, proseguendo le
perlustrazioni del mare, altri relitti vennero trovati a più di duecento chilometri di distanza dai primi. A parte
l'incertezza dell'identificazione, era chiaro che i rottami non potevano essere contemporaneamente in due
posti così lontani. E il mistero divenne ancora più fitto. Il 5 giugno 1965 un C-119 atteso alla base aerea
situata nell'isola di Great Turk una delle più meridionali delle Bahamas, si perse durante il viaggio di
trasferimento. Poco prima della disgrazia l'aereo era in normale contatto radio con la torre controllo
dell'aeroporto a cui aveva preannunciato di arrivare in poco più di un'ora. Testimoni militari riferirono che
improvvisamente i collegamenti radio peggiorarono , facendosi sempre più deboli e indecifrabili, fino a
sparire completamente. Anche in questo caso furono fatte ricerche molto ampie , partendo dal luogo
dell'ultima posizione segnalata . L'esito, come al solito, fu negativo. Un Chase YC-122, con a bordo quattro
persone, e diretto a Grand Bahama da Palm Beach, in Florida, svanì in un certo punto a nord ovest di Bimini,
il gennaio 1967. Un' altra perdita, nel tratto relativamente breve tra Fort Lauderdale e Freeport, ebbe luogo l'
11 giugno 1973, quando Reno Rigoni scomparve con il suo secondo pilota, Bob Corner, in un Cessna 180.
Nelle vicinanze della rotta da lui indicata non si trovò nessun rottame, nonostante una ricerca che incluse le
Everglades. Dalla sua radio non era giunto nessun segnale di pericolo. Una scomparsa insolita è avvenuta a
1450 chilometri a sud ovest delle Azzorre, il punto dove fu avvistato per l'ultima, volta (17 febbraio 1974)
Thomas Gatch, il quale aspirava ad attraversare l'Atlantico in pallone. Gli aeroplani della Marina degli Stati
Uniti perlustrarono un'area di 577.215 chilometri quadrati di oceano, ma senza successo. Sono molti quelli
che ritengono che le forze che popolano il Triangolo delle Bermuda siano soggette a variazioni di intensità e
che abbiano periodicamente dei picchi d'attività, più o meno regolarmente. Come negli anni Settanta le
sparizioni si sono concentrate nel biennio 1978-79, negli anni Ottanta si ha avuto un massimo d'attività
nell'autunno 1982 (in tre mesi si sono concentrate quattro sparizioni). Subito dopo le scomparse sono scese
sotto la media di una all'anno, per poi riprendere prepotentemente tra il 1985 ed il 1986. L'aeroplano che ha
portato la maledizione del Triangolo negli anni Ottanta era un comune Beechcraft Bonanza, un leggero
veivolo, che al momento trasportava il suo proprietario, accompagnato dalla moglie. I due partirono dall'isola
di Gran Abaco (nelle Bahamas) a mattina inoltrata, diretti a Fort Piece, in Florida. Questa è una rotta breve e
battuta, e per quasi tutta la sua lunghezza si snoda sopra o nelle vicinanze di Grand Bahama, per poi
seguire la Corrente del Golfo fino alla costa delle Florida. Appena superato l'ultimo lembo dell'isola di Grand
Bahama, il Beechcraft svanì, dopo poco più di un'ora di volo. Quel giorno vi era una forte umidità nell'aria,
ma non vennero registrati temporali. Le ricerche continuarono per una settimana, ma non venne ritrovato
nessun indizio che permettesse di dire che il veivolo era realmente precipitato tra i flutti dell'oceano. Una
settimana dopo avvenne un'altra sparizione, alla quale si è tentato di dare una spiegazione. L'aeroplano
scomparso era un Piper Navajo e trasportava sette passeggeri più il pilota, il quale aveva alle spalle oltre
8000 ore di volo. Il veivolo, partito dall'isola di St. Maarten e diretto ad Anguilla, svanì improvvisamente,
senza che alla torre di controllo pervenisse alcuna richiesta di aiuto. Dopo le ricerche senza risultato i periti
incaricati di indagare diedero questa spiegazione: il Piper Navajo ha un design molto particolare, ha infatti il
muso cavo, dove è sistemato il portabagagli e dove si trova quindi il centro di gravità dell'aereo. Così se si
fosse verificato improvvisamente un problema ai motori, il Piper sarebbe precipitato a capofitto fra le onde,
senza dare al pilota il tempo di inviare un MAY-DAY. Questa ipotesi può effettivamente spiegare il perché
della mancanza di richieste da aiuto del pilota, ma il perché non siano stati ritrovati rottami resta tuttora
un'incognita. Nel mese di novembre scomparve un bimotore Queen Air 65, in circostanze forse ancora più
misteriose, in quanto il pilota, in contatto con l'aeroporto di Nassau disse "Tutto normale, l'atterraggio è
previsto tra…" In quel momento la conversazione venne troncata e pochi secondi dopo il veivolo scomparve
dai radar. Le ricerche iniziarono poche ore dopo, ma vennero protratte stancamente per alcuni giorni a causa
del maltempo, ed infine sospese dopo dieci giorni senza esiti. Tra 1985 e 1986 scomparvero sei veivoli, in
circostanze identiche: nessun MAY-DAY, visibilità buona, assenza di relitti. La sparizione più interessante
avvenne il 4 agosto 1986. Fu anche una delle poche sparizioni che attirò realmente l'interesse dei media, in
quanto a bordo di quel Twin Otter vi erano alcuni politici dell'isola di St. Vincent, fra cui il Ministro degli Esteri
della piccola isola caraibica. Il viaggio tra St. Lucia e St. Vincent è incredibilmente breve, in pratica le due
isole solo visibili l'una dall'altra. Al momento dell'atterraggio il tempo era pessimo, vi era un grande banco di
nebbia che copriva interamente St.Vincent, la visibilità era minima. Il pilota, a motivo di ciò, tentò più volte
l'atterraggio, senza mai riuscirvi. Comunicò così che avrebbe compiuto un ampio cerchio attorno all'isola per
riprovare di nuovo. Il biplano svanì proprio in quella manovra di allontanamento, mentre si trovava a soli 2
chilometri dall'isoletta di destinazione. Vi furono grandi ricerche, ma dove è finito il Twin Otter con i suoi
passeggeri forse non lo sapremo mai. Non è vero, come sostengono i maliziosi, che le sparizioni misteriose
all'interno del Triangolo delle Bermuda siano cessate con l'avvento di nuovi sistemi di GPS e nuove
tecnologie aeronautiche. Questi incidenti sono la prova che il Triangolo Maledetto non ha ancora cessato la
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sua attività. L'incidente più recente è avvenuto poco più di un anno fa, nell'inverno 2000. Il 5 gennaio
dell'anno scorso, alle 9:40am era atteso sulla pista d'atterraggio dell'aeroporto di St. Augustine un Cessna
172. Il veivolo proveniva da Gran Bahama, e si era mostrato in leggero ritardo. Alle 9:41 e 51 secondi venne
identificato ad una altezza di 2500piedi. Alle 9:45 e 24 secondi il radar lo segnalò ad un'altezza di 2000piedi,
alle 9:45 e 51 secondi a 1200 piedi, a 4 miglia ad ovest di St. Augustine. Era dunque in piena fase
d'atterraggio, tutto procedeva senza problemi, il tempo era sereno. Nove secondi più tardi il pilota disse
"Torre di controllo, non vedo più niente". Un secondo dopo scomparve dalle apparecchiature. Il giorno dopo
l'aereo venne comunque ritrovato, con all'interno il corpo del pilota. Ma non c'è ancora spiegazione su come
possa essere accaduta la tragedia. Come può un pilota improvvisamente non vedere più la linea costiera?
La notte del 25 giugno dello stesso anno numerosi testimoni asserirono di aver visto al largo dell'isoletta di
Andros (situata in mezzo al Triangolo delle Bermuda) delle "sfere di luce" compiere complesse evoluzioni.
Nuove segnalazioni di UFO all'interno del Triangolo? Un altro incidente è difficile da spiegare. Il 12 maggio
1999 un bimotore Aero Commander 500 era in fase di atterraggio all'aeroporto di Nassau. Mentre era in
comunicazione con la torre di controllo scendeva lentamente di quota. Improvvisamente, alle 8:27am il radar
segnalò che il veivolo era scomparso. Per trenta minuti non si ebbero notizie del bimotore, quando
improvvisamente, alle 8:57am riapparve ad una altezza di 100 piedi. Un messaggio della torre di controllo
indirizzò il pilota sulla pista d'atterraggio numero 9, ma non si ebbero risposte. Poco dopo scomparve
nuovamente, e questa volta anche definitivamente. Non si rivelò nessuna anomalia nella rotta e nella
procedura d'atterraggio intraprese dal pilota.
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movimenti di assestamento che li provocano hanno una portata più ampia e non sfuggirebbero al pennino
dei sismografi, oltre al fatto evidente che le loro conseguenze coinvolgerebbero molte popolazioni
rivierasche.
Vari giornalisti e scrittori che si sono occupati delle sciagure accadute nel triangolo hanno rilevato come
queste siano divenute particolarmente frequenti a partire dal 1945, vale a dire nell’immediato dopoguerra. Si
è pensato allora alla possibilità di azioni di sabotaggio o terrorismo da parte di alcuni nuclei di combattimento
che non avessero accettato l’esito del conflitto, e avessero continuato a condurre una lotta personale per
quanto folle e senza speranza. Ma qui si dovrebbe poi ipotizzare la presenza di sottomarini e di navi da
combattimento nella zona, e ciò è sinceramente improponibile.
In conclusione nessuna delle ipotesi prese in esame è capace di spiegare, in qualche modo, un numero
sufficiente di disgrazie. Anche pensando ogni volta ad un insieme di varie concause, che allargherebbe il
numero degli incidenti naturalmente possibili, ne rimarrebbero comunque molti senza una logica
spiegazione.
DICK STERN - Nel suo libro Invisible Horizons, Vincent Gaddis, riferisce di aver ricevuto una lettera da un
ex aviatore, un certo Dick Stern, con informazioni pertinenti e sbalorditive. Stern scrisse che verso la fine del
1944 aveva fatto parte di una squadriglia destinata all'Italia. La squadriglia consisteva di un gruppo di sette
bombardieri. A circa 480 Km oltre le Bermuda, il suo aeroplano era stato travolto da un turbine inaspettato e
violento, che lo ha costretto a ritornare negli Stati Uniti. Quando il fenomeno si era manifestato, il tempo era
limpido e le stelle erano visibili, ma il turbine aveva rovesciato l'aeroplano e l'aveva fatto impennare così
violentemente, che l'equipaggio era stato sbalzato contro il soffitto. A causa del turbine, l'aeroplano aveva
perso quota a tal punto che stava per precipitare in mare. Quando il suo apparecchio era rientrato alla base,
Stern apprese che su un'altra squadriglia di sette aeroplani, soltanto uno era rientrato; che non c'erano stati
contatti radio con i veivoli dispersi, ne ritrovati poi rottami o sopravvissuti. Questo incidente, capitato un anno
prima della sventura della Squadriglia 19, sempre nel mese di dicembre, non fu considerato una perdita
strana perché avvenuta in tempo di guerra e non ricevette alcuna pubblicità Qualche anno dopo la fine del
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strana, perché avvenuta in tempo di guerra, e non ricevette alcuna pubblicità. Qualche anno dopo la fine del
conflitto, Stern e sua moglie si trovavano in volo da Bermuda a Nassau, di giorno, su un Bristol Britannia,
quando accadde un incidente abbastanza simile al primo All'improvviso, l'aeroplano si era abbassato di
quota senza alcun avvertimento, e il cibo che i passeggerei stavano mangiando venne scaraventato sul
soffitto. Questo fenomeno può essere spiegato come un esempio di turbolenza d'aria chiara (CAT), che se
intensa e prolungata, può distruggere un aeroplano e disperderlo in mare. In ogni caso Dick Stern ebbe
l'avventura di imbattersi due volte nella stessa forza misteriosa, quasi nello stesso punto del Triangolo, e
visse per raccontare le sue esperienze.
JOE TALLEY - Joe Talley, capitano di una barca da pesca, la Wild Goose, sperimentò invece una diversa
maniera (sebbene non mortale, almeno nel suo caso) di scomparire nell'arca del Triangolo. Questo incidente
non riguarda un aeroplano, ma il suo stesso peschereccio, rimorchiato da un'altra imbarcazione. Il caso gli
capitò sulla Tongue of the Ocean, un punto profondissimo compreso nel gruppo delle Bahama, che però non
fa parte dei Bahama Banks (Banchi delle Bahama), in quanto la sua arca relativamente ristretta ha una
profondità di migliaia di metri; un ripidissimo scoscendimento a est dell'Isola di Andros, e un punto dove sono
avvenute molte sparizioni. La barca da pesca per pescecani del capitano Talley, lunga venti metri, doveva
essere rimorchiata a sud, sulla Tongue of the Ocean, da un rimorchiatore di 32 metri, il Caicos Trader. Il
tempo era buono, e da sud ovest soffiava un vivace aliseo. Le due imbarcazioni si stavano avvicinando alla
parte meridionale della zona, dove questo canyon sottomarino si solleva formando un gran buco a forma di
cratere, nel settore sud, con un diametro di 64 chilometri. Le scogliere e, verso est, la catena Exuma,
proteggono in questo punto la Tongue of the Ocean dalla furia del mare, che potrebbe scatenarsi a causa
dei venti alisei provenienti da sud est. Era notte, e il capitano Talley dormiva nella sua cuccetta sotto i ponti.
All'improvviso fu destato da un fiotto d'acqua che si riversava su di lui. Dopo aver afferrato automaticamente
un giubbotto salvagente, egli cercò di raggiungere un portello aperto. Mentre si sforzava di uscire, si trovò
sott'acqua; ma, incontrata una gomena, la seguì fino alla superficie, calcolando di percorrere una distanza
variante dai quindici ai venticinque metri. Evidentemente, quando era riuscito a fuggire dalla sua cabina, era
sommerso in dieci o quindici metri d'acqua. Una volta raggiunto il capo della gomena, e la superficie, si
accorse che il Caicos Trader aveva proseguito senza di lui. Ecco che cos'era accaduto: l'improvvisa forza
che stava trascinando il Wild Goose sott'acqua, verso il fondo, con il capitano Talley a bordo, minacciava di
far capovolgere il Caicos Trader, a causa del cavo da rimorchio collegato. Allora l'equipaggio del
rimorchiatore aveva tagliato il cavo, lasciando le immediate vicinanze; poi il rimorchiatore era ritornato
indietro, a vedere se per miracolo Talley fosse riuscito a uscire dalla cabina della sua barca che veniva
trascinata sott'acqua. Gli uomini del rimorchiatore avevano visto il Wild Goose colare a picco, come se fosse
preso in un vortice. Dopo circa mezz'ora Talley, ormai in procinto di affogare, udì con stupore il suo nome
gridato sull'acqua attraverso un megafono dal Caicos Trader, che era ritornato. Riuscì a urlare una risposta,
e così fu salvato. Siccome in maggioranza i capitani della zona sanno che molte inesplicabili sparizioni di
navi sono spesso accompagnate da disfunzioni della bussola e della radio, fu fatta un'inchiesta sul
funzionamento della bussola durante l'incidente. Si scoprì, tuttavia, che il timoniere aveva fissato la rotta e
lasciato il timone, perciò non ci fu modo di sapere se in quel momento ci fosse stata un'aberrazione
meccanica. Altre navi hanno perduto i loro rimorchi nella zona, qualche volta perdendo anche l'equipaggio
insieme con l'imbarcazione che stavano rimorchiando, a differenza del caso del capitano Talley, il quale
visse per raccontare la sua esperienza. In certe circostanze, una specie di nebbia ha coperto la seconda
nave. e si sono notate disfunzioni della bussola e dell'apparato elettrico nella prima nave. Ci si domanda
perché certi rimorchiatori forniscano resoconti su queste forze, mentre non se ne hanno mai da imbarcazioni
isolate.
DON HENRY - L'esperienza del capitano Don Henry, nel 1966, ci offre una descrizione chiara di un tiro alla
fune fra il rimorchiatore e una forza non identificata che tentava, consciamente o inconsciamente, di
impossessarsi della chiatta. Il capitano Henry era il proprietario di una società di ricuperi marittimi di Miami,
chiamata la Sea Phantom Exploration Company, aveva una lunga esperienza di capitano e di navigatore,
Per la sicurezza del suo racconto e per la sua memoria dei particolari, mi sembra opportuno di lasciare che
sia il capitano Henry a riferire l'incidente con le sue stesse parole, che sono state trascritte nel corso di una
conversazione con il dottor Manson Valentine (studioso dei fenomeni del Triangolo delle Bermuda)
riguardante la chiatta scomparsa. "Ci trovavamo sulla via del ritorno, tra Puerto Rico e Lauderdale. Eravamo
stati in mare per tre giorni, rimorchiando una chiatta vuota, che aveva trasportato nitrato di petrolio. Io ero a
bordo del Good News, un rimorchiatore di duemila cavalli, lungo quarantanove metri. La chiatta che stavamo
rimorchiando pesava duemilacinquecento tonnellate, ed era collegata con un cavo lungo più di 300 metri. Ci
trovavamo sulla Tongue of the Ocean, dopo aver oltrepassato le Exumas, su una profondità di circa 600
braccia. Nel pomeriggio, il tempo era buono e il cielo limpido. Io ero andato per qualche minuto nella cabina
dietro il ponte, quando sentii un gran vociare.
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Nave gemella del GoodNews, il rimorchiatore di 48 metri su cui Don Henry condivise il noto incidente
Uscii dalla cabina e corsi sul ponte, gridando: 'Che cosa diavolo sta succedendo?' La prima cosa che
guardai fu la bussola, che stava girando in senso orario. Non c'era ragione perché capitasse una cosa simile.
Non sapevo che cosa fosse successo, ma certamente si trattava di qualcosa di grosso. Sembrava che
l'acqua arrivasse da tutte le direzioni. L'orizzonte era scomparso, non potevamo vederlo, l'acqua, il cielo e
l'orizzonte si confondevano insieme. Non riuscivamo a capire dove eravamo. Di qualunque cosa si trattasse,
carpì, rubò o prese a prestito tutto dai nostri generatori. Tutte le fonti di elettricità smisero di produrre
energia. I generatori continuavano a funzionare, ma noi non riuscivamo a ottenere nessuna energia. Il
macchinista cercò di avviare un generatore di emergenza, ma non riuscì a produrre una scintilla. Io ero
preoccupato per la chiatta. Era solida, ma non riuscivo a vederla. Sembrava coperta da una nuvola, e intanto
le onde sembravano più agitate che negli altri punti. Spinsi le valvole al massimo. Non sapevo dove stavamo
andando, ma volevo allontanarmi in tutta fretta da lì. Pareva che qualcosa volesse tirarci indietro, ma non
riuscisse a farcela. Allontanarsi da quel punto fu come uscire da un banco di nebbia. Quando uscimmo, il
cavo da rimorchio era teso, come nel trucco della fune indiana, ma in fondo al cavo non si vedeva nulla, tutto
era avvolto in una nebbia concentrata in quel punto. Balzai sul pontile e cominciai a tirare. La maledetta
chiatta uscì dalla nebbia; ma non c'era nebbia in nessun altro posto. Infatti, la visibilità era di dieci miglia.
Nell'area nebbiosa, dove si sarebbe dovuto trovare il rimorchio, l'acqua era agitata, sebbene le onde non
fossero alte. Non vi è mai successo che due persone vi tirassero per le braccia, in direzioni opposte? Avevo
la sensazione che ci trovassimo in un posto o in un punto che qualcuno o qualcosa voleva, e che qualcuno o
qualcosa volesse che noi fossimo in un posto diverso da quello in cui stavamo andando". "C'era una specie
di luce verdastra all'orizzonte?" "No, era lattiginosa. E' tutto quanto posso dire. Non stavo badando ai colori,
in quel momento. Dopo aver lasciato quel posto, dovemmo caricare le batterie. Fui costretto a gettar via
cinquanta pile per torce elettriche. " "Le venne in mente il Triangolo delle Bermuda?" "Sì. Era l'unica cosa a
cui riuscivo a pensare in quel momento." "Non ha mai avuto altre esperienze come questa? " "No. Ho sentito
parlare di altre persone che ne hanno avute, e di un rimorchio che andò perduto con uomini a bordo, e il cui
cavo fu tagliato. Ma questa è stata l'unica esperienza toccata a me. E una mi è bastata! "
CHUCH WAKELEY - Chuch Wakeley racconta un cospicuo incidente elettronico, in cui una forza o una
presenza elettronica sembrò prendere temporaneamente possesso del suo aeroplano, mentre volava tra
Nassau e Ford Lauderdale. Chuck Wakeley aveva circa trent'anni, ed è stato un pilota professionista di
aeroplani ed elicotteri per più di dieci anni. Aveva una notevole esperienza, avendo effettuato gran parte dei
suoi voli da solo sopra le giungle di Panama e dell'America del Sud, dove una buona memoria per i
particolari e una reazione fredda di fronte ai pericoli sono spesso i segreti della sopravvivenza. E' un
osservatore addestrato, e ha tutte le carte in regola. "Nel novembre del 1964 ero un pilota della Sunline
Aviation di Miami. In quel periodo accompagnai a Nassau un gruppo di persone con un volo charter; poi
dovevo ritornare. Feci scendere i passeggeri, e partii dall'aeroporto di Nassau poco dopo il tramonto. L'aria
era limpida e le stelle brillavano. Seguivo la rotta sul VOR (variabile onnidirezionale) di Nassau, per
intercettare il VOR di Bimini durante il percorso. Circa alle 9.30 di sera passai sopra la punta settentrionale
dell'isola di Andros, e potei vedere le luci di alcuni centri abitati. Mi ero messo in orizzontale a circa
duemilacinquecento metri di altezza e stavo sistemandomi per un volo normale, ma dai cinquanta agli
ottanta chilometri dopo Andros, mentre puntavo direttamente su Bimini, cominciai a notare qualcosa
d'insolito: come un lievissimo brillio sulle ali. Da principio credetti che fosse un effetto creato dalle luci della
cabina, che scintillavano attraverso i finestrini di plexigias colorato, perché le ali avevano un aspetto
traslucido, sembravano di un pallido verdeazzurro, sebbene in realtà fossero verniciate con un bianco
brillante. Nel corso di cinque minuti circa questo bagliore crebbe d'intensità, fino a diventare così scintillante
da rendermi difficile la lettura degli strumenti La bussola magnetica cominciò a girare lentamente ma
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da rendermi difficile la lettura degli strumenti. La bussola magnetica cominciò a girare, lentamente ma
costantemente; gli indicatori del carburante, che al momento del decollo segnavano pieno a metà, ora
segnavano pieno. Improvvisamente, il pilota automatico fece virare l'aeroplano a destra, perciò dovetti
staccarlo e far funzionare a mano l'apparecchio. Non potevo fidarmi di nessuno degli strumenti governati
elettricamente, perché erano del tutto guasti o impazziti. Presto l'intero aeroplano divenne luminoso, ma non
si trattava di una luce riflessa: il bagliore veniva dall'aeroplano stesso. Ricordo che, quando osservai le ali
dai finestrini, vidi che non brillavano soltanto di una luce verdeazzurra, ma sembravano perfino sfocate. A
questo punto non potevo più contare sul mio autogiro né sugli indicatori dell'orizzonte e dell'altitudine; e,
siccome era notte e io volavo con l'orizzonte artificiale, non avevo più un orizzonte verso il quale dirigermi. Il
brillio era così intenso che non potevo più vedere le stelle. Feci l'unica cosa che potevo fare, cioè
abbandonare i controlli, e lasciare che l'aeroplano volasse verso qualsiasi direzione avrebbe preso. Il
bagliore aumentò in un crescendo accecante di luce, durò per cinque minuti circa, poi, a poco a poco,
diminuì. Non appena il bagliore cessò, tutti gli strumenti ripresero a funzionare normalmente. Controllai tutti
gli interruttori: nessuno era saltato. I fusibili non erano esplosi. Mi resi conto che l'apparecchio funzionava
regolarmente, quando gli indicatori del carburante ripresero a segnare che i serbatoi erano pieni a metà. La
bussola magnetica si stabilizzò, mostrandomi che ero fuori rotta soltanto di pochi gradi. Misi in funzione
l'autopilota: era normale. Prima di atterrare, controllai tutti gli impianti: carrello di atterraggio, fiap, eccetera.
Andava tutto bene. Incidentalmente, l'aeroplano aveva un circuito antistatico che avrebbe dovuto eliminare le
cariche elettrostatiche". Domanda:"Crede che il suo caso fosse collegato con il Triangolo delle Bermuda?"
"Non sapevo nulla del Triangolo delle Bermuda, prima dell'incidente. Pensai che fosse un fuoco di
Sant'Elmo, sebbene il fuoco di Sant' Elmo non si presenti così." "Quando ha sentito parlare per la prima volta
del Triangolo delle Bermuda? " "Ne sentii qualcosa quando cominciai a raccontare la mia avventura ad altri
piloti. Cose del genere sono accadute ad altri piloti, ma non amano parlarne. In ogni caso, non c'è modo di
evitare il così detto Triangolo, se si deve andare in qualche posto come Puerto Rico, a meno di volare a nord
di Bermuda. Oggi, si sente parlare del Triangolo molto di più, specialmente quando un aeroplano sparisce in
modo completamente illogico." Quella che può esser stata un'osservazione oculare, vista dall'aria, di
un'eventuale forza distruttiva in atto nel Triangolo delle Bermude fu riferita da Pursuit, una rivista trimestrale
pubblicata dalla Society for the Investigation of the Unexplained. L'autore del rapporto, Robert Durand,
racconta un incidente osservato dalla navicella di controllo di un Boeing 707, in volo da San Juan a New
York, l' 1 aprile del 1963. Quando il fenomeno fu notato, la posizione dell'aeroplano era (così è stato riferito)
190 54' latitudine nord, e 660 47' longitudine ovest, un punto compreso nel Triangolo e sopra la Fossa di
Puerto Rico, uno dei canyon più profondi dell'oceano, dove il mare raggiunge una profondità di quasi
novemila metri. Lo straordinario avvistamento fu fatto dal secondo pilota (il quale desidera mantenere
l'anonimato) alle 1.30 pomeridiane, venti minuti dopo il decollo, quando il jet era a una quota di 9450 metri.
D'un tratto il secondo pilota vide, a circa 8000 metri a dritta della rotta che il jet stava seguendo che l'oceano
si sollevava in un gran monte rotondo, apparentemente provocato da un'esplosione atomica sottomarina,
aveva l'aspetto di un immenso cavolfiore nell'acqua. Immediatamente, egli richiamò l'attenzione del
comandante e del motorista di bordo, i quali osservarono il fenomeno nei particolari per circa trenta secondi;
poi si slacciarono le cinture di sicurezza e si spinsero più a dritta, per poter vedere meglio. Secondo la loro
valutazione, l'immensa e torbida montagna d'acqua raggiungeva un diametro dagli ottocento ai milleseicento
metri e un'altezza che era forse la metà della sua larghezza. Comprensibilmente, il comandante non ritornò
indietro per osservare il fenomeno più da vicino, e mantenne il suo programma di volo. Mentre l'aeroplano si
allontanava dalla zona, si vide che l'enorme montagna d'acqua cominciava a decrescere. In seguito il
secondo pilota s'informò presso vari enti, compresi il FBI e la Guardia Costiera, e consultò uno specialista di
sismologia, ma non ottenne nessuna notizia che potesse confermare il fenomeno: in quell'area non si era
manifestato niente d'insolito, né terremoti, né onde di marea, né immense trombe marine.
IL NIGHTMARE - Un altro misterioso incidente ebbe luogo in una sera del settembre 1972, tra Featherbed
Banks e Matheson Hammock nella baia Biscayne, e toccò ad una imbarcazione a motore diesel con
l'infausto nome di Nightmare (incubo). Il Nightmare, con a bordo 3 passeggeri stava ritornando in porto di
notte, dopo una gita di pesca nella baia Biscayne. Quando raggiunse l'area dei Featherbed Banks, qualcuno
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notò che la bussola era sfasata di circa 90° rispetto alle luci del luogo a cui l'imbarcazione era diretta,
Coconut Grove. Le luci della barca si indebolirono, poi si estinsero, come se le batterie fossero state
sottoposte ad un consumo enorme. Perciò il pilota, tralasciando di leggere la bussola, fece rotta direttamente
verso i segni di riferimento ad ovest, spingendo il motore a tutta forza. Ma l'unico cambiamento di posizione
fu verso il nord, come dimostravano le luci della costa, scivolando verso sud. Per due ore l'imbarcazione
continuò a dirigersi verso la spiaggia, senza riuscire a fare il minimo progresso: se mai sembrava
indietreggiare. Durante questo periodo, gli occupanti della barca notarono una grande forma scura nell'aria,
che cancellava le stelle, fra la barca e Matheson Hammock, a due o tre chilometri verso ovest. Mentre la
osservavano, videro una luce in movimento penetrare nell'area scura, rimanere in equilibrio, poi scomparire.
Poco dopo sparì anche la forma scura. Dopo la sparizione, la bussola si normalizzò, il generatore ricaricò le
batterie, e l'imbarcazione fu di nuovo in grado di avanzare. Un caso quasi identico era capitato una
settimana prima del Natale 1957. Un peschereccio diesel, lungo dieci metri e mezzo, in rotta verso Freeport,
nelle Bahama, fu incapace di avanzare per parecchie ore e addirittura spinto indietro di molti chilometri. Il
generatore si spense, come le luci e la radio, e la bussola prese a girare. Sebbene il motore continuasse a
funzionare, l'imbarcazione non riusciva affatto a procedere. Come nel caso del Nightmare, l'equipaggio
osservò che, per quanto il mare fosse calmo e le stelle brillassero, una cera zona del cielo, proprio davanti a
quella che doveva essere la loro rotta, mostrava una macchia nera, senza stelle, con il contorno regolare. A
un certo punto essi avevano visto tre luci in fila indiana entrare nella macchia scura per poi sparire. Pochi
minuti dopo, la chiazza nera si era improvvisamente dissolta, la barca aveva ripreso ad avanzare, le luci e la
radio si erano riaccese e la bussola era tornata alla normalità.
IL BEECHCRAFT - Un incidente che capitò ad un Beechcraft bimotore durante un volo da George Town a
Great Exuma, nelle Bahama, il 15 novembre 1972, è un interessante esempio della capricciosità delle forze
presenti nel Triangolo delle Bermuda, e rappresenta almeno un caso in cui tali forze parvero aiutare
l'aeroplano, invece di distruggerlo. Il veicolo partì al crepuscolo da George Town, con 9 persone a bordo,
compresi 5 piloti. Il tempo era bello, il mare calmo e la visibilità eccellente. Da sud-est spirava una leggera
brezza. Circa dopo dieci minuti, tutti gli impianti azionati elettricamente, la bussola, le radio, le luci, i controlli
idraulici, all'improvviso si guastarono, e le batterie si esaurirono completamente. La prima idea del pilota fu
quella di atterrare a New Providence, un centinaio di chilometri a nord. Tuttavia, ripensandoci, ricordò che il
contatto radio era interrotto, e che non avrebbe potuto avvertire l'aeroporto del suo arrivo; neanche le luci
funzionavano per segnalare il suo avvicinamento. Fu quindi deciso di dirigersi sulla più vicina pista di Andros,
e presto i piloti riconobbero il piccolo aeroporto vicino alla punta meridionale dell'isola. Per atterrare in simili
condizioni, il comandante intraprese un volo planato, dopo una virata a ovest dell'aeroporto, per accertarsi
che non vi fossero ostacoli e riuscire ad allinearsi più accuratamente possibile con la pista e con il vento.
Siccome l'impianto idraulico non funzionava, le ruote d'atterraggio non potevano abbassarsi. Il pilota avrebbe
poi riferito che il veicolo "parve atterrare come sostenuto da un cuscino d'aria". Le estremità delle eliche
toccarono terra per prime, provocando una pioggia di scintille; ma invece di fracassarsi, l'aeroplano si posò
sul terreno. La fusoliera non subì danni, e perfino le prese d'aria dinamiche rimasero intatte.
Interpreti
Claudine Auger, Andrés Garcia, Gloria Guida,
John Huston Hugo Stiglitz
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È un archeologo di fama internazionale. Ha ormai una certa età. Ma l'energia e la passione sono quelle di un
ragazzo. Desideroso di scoprire ancora. Perché questo è lo scopo della sua missione. Ed è anche quello
della sua vita.
Sta navigando con la sua famiglia nel mare dei Sargassi, a bordo di uno yacht, intento a proseguire nei suoi
studi. Quando all'improvviso la quiete di quella tranquilla navigazione s'infrange. Proprio in prossimità dello
specchio di mare famoso per degli strani accadimenti: si tratta del cosidetto triangolo delle Bermude. Sia i
naviganti che l'imbarcazione si trovano soggetti a degli strani poteri paranormali. Che non solo presagiscono
a nulla di buono, ma che si concludono con una serie inquietante di disgrazie. Mentre l'archeologo si trova
difronte ad una sensazionale scoperta: una città sommersa...
Protagonista di questa pellicola è il grande John Huston, in versione di attore. Il cineasta americano è
scomparso il 28 agosto del 1987 a Newport, all'età di ottantuno anni. Il suo debutto avviene nel 1941 con
The Maltese Falcon, mentre la sua ultima regia risale al 1987 con The Dead: Huston dirige in carriera
quarantatre pellicole.
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