Diario di bordo Tirocinio interprofessionale con gli studenti infermieri del III anno A.A.
2012/20123
A cura di Marco Bechis
Ambiente terapeutico e figure
professionali Aspettavo con ansia questo momento, la mia prima di esperienza di tirocinio. Frequentare ununiversit sita allinterno di un ospedale non pu che fomentare il gi grande desiderio di un giovane ventenne studente di medicina di essere lui stesso a interagire con i malati, con lemozione del camice bianco indosso. E cos, dopo un primo incontro prettamente informativo ma utile per capire quello che avremmo affrontato, arrivato il primo pomeriggio di tirocinio. Io ero nel reparto di Cardiologia dell AOU San Luigi Gonzaga, una scelta che, per me che vengo da fuori e sono costretto a muovermi con i mezzi pubblici, risultata piuttosto conveniente. Una volta conosciute le mie due compagne di tirocinio ci siamo diretti insieme verso il reparto, situato al pian terreno nel 3 padiglione e semplice da raggiungere date le chiare indicazioni presenti allinterno dellospedale. Sfortunatamente nessuno era a conoscenza del nostro arrivo e gli studenti del III anno di Infermieristica che dovevano seguirci non erano presenti quel giorno, per cui allinizio ci siamo trovati un po spaesati, considerando anche il fatto che il reparto era piuttosto ampio e trafficato. Ma credo che questa disorganizzazione sia stata solamente dettata dal fatto che questo tirocinio al primo anno un progetto nuovo, di cui non tutti sono a conoscenza, e noi eravamo il primo turno, infatti nessuno nelle settimane seguenti ha avuto questo piccolo inconveniente. Nel corso dei dieci giorni di tirocinio abbiamo avuto modo di comprendere la struttura e lorganizzazione del reparto, osservando in prima persona il lavoro del personale
sanitario presente. Il reparto di Cardiologia diviso in due
parti : la zona per la degenza, con 8 camere (e 16 posti letto) e una stanza per il Day Hospital con 2 posti letto, e lUTIC, con 5-6 posti letto nella quale i pazienti vengono sottoposti a un monitoraggio continuo del ritmo cardiaco e, in caso di necessit sono sostenuti con la ventilazione artificiale assistita. Generalmente il ricovero in UTIC effettuato in regimi durgenza e dura il tempo necessario per stabilizzare il quadro acuto, dopodich i pazienti di solito vengono trasferiti in degenza o in altri reparti. L UTIC piuttosto piccola, con una grande quantit di apparecchiature elettroniche per il monitoraggio dei pazienti e con due o tre infermieri sempre presenti. Al contrario, la zona di degenza molto spaziosa, le stanze sono accoglienti, dotate di molti comfort ( televisore, internet..) e atte ad accogliere i malati anche per un lungo periodo e a ospitare i parenti in caso di visita. Per quanto riguarda il personale, purtroppo non sono riuscito ad interagire con tutte le figure professionali viste. Le due infermiere che ci seguivano, Sonia ( la quale, nonostante fosse una ragazza portoghese in Erasmus, se la cavava molto bene con la nostra lingua ed era sempre cordiale e sorridente, pronta a spiegarci tutto quello che volevamo sapere) e Giorgia, ci hanno aiutato molto e hanno contribuito con le loro battute, i loro volti sempre solari e le loro spiegazioni a rendere ancora pi interessante e piacevole questa esperienza di tirocinio. Le altre infermiere, ma anche i dottori e gli OS, non sembravano molto propensi al dialogo e alle spiegazioni, a volte era gi tanto se ci degnavo di un saluto. Non che la cosa mi abbia dato particolarmente fastidio, perch capisco che, dopotutto, noi siamo solo al primo anno e manchiamo di qualsiasi tipo di competenza per seguirli nel loro lavoro, per un po di gentilezza in pi non guasta mai. Paradossalmente la persona con cui abbiamo avuto pi rapporti dopo le infermiere stato il primario, il Dr. Pozzi. Dico paradossalmente perch nellaccezione comune quella del primario una figura che ispira fiducia, importanza, un
traguardo che ogni studente di medicina sogna di poter
tagliare, una figura che viene sempre messa su un piedistallo. Lui invece sceso da questo ipotetico piedistallo per venire a fare due semplici ma significative parole con noi. Nel complesso posso dire di aver avuto una buonissima impressione del reparto e delle persone che ci lavorano. La sua pulizia, la luminosit delle stanze e la loro accoglienza, latmosfera quasi famigliare credo che non possano fare altro che giovare a degenti che, tra la malattia e la lontananza dai propri cari, devono gi sopportare sufficienti pesi.
Contatto corporeo con il paziente e
comunicazione con paziente/familiari Una delle cose che pi mi preoccupavano prima di iniziare il tirocinio era il contatto con il paziente, con un corpo malato e sofferente. Come approcciarsi nel modo corretto? Come farsi accettare senza invadere troppo gli spazi altrui? Avendo avuto a che fare con familiari malati di Alzheimer avevo comunque il mio piccolo bagaglio di esperienze per quanto riguardava il rapporto con un malato. Tuttavia, anche se pu sembrare banale da dire, avere a che fare con un parente, per quanto sofferente possa essere, cosa ben diversa che doversi relazionare con un estraneo. Nel corso del tirocinio i contatti con i corpi dei pazienti sono stati minimi, e si limitavano alla misurazione dei parametri vitali ( pressione sanguigna, temperatura corporea, saturazione..) ma, nonostante questo, le prime volte non
sono state facili. Alcuni pazienti capivano la nostra difficolt
e il nostro imbarazzo e sorridevano, infondendo una serenit di grande importanza per le nostre mani titubanti, altri invece erano un po pi restii a farsi toccare, comportamento assolutamente giustificabile data la nostra quasi totale inesperienza. Altri invece parevano essere cos fragili, tanto che avevo quasi paura di alzare il loro il braccio per misurare la pressione, temendo di causare altro dolore. Pi facile stato invece laspetto della comunicazione verbale, che nel corso dellesperienza abbiamo potuto approfondire solo con i pazienti e non con i familiari, a causa degli sporadici contatti che abbiamo avuto con questi ultimi. La maggior parte dei pazienti ricoverati nel reparto di Cardiologia aveva unet media di 60-65 anni, erano quindi persone relativamente anziane, con dei figli e probabilmente dei nipoti che vedevano raramente a causa della malattia. Non bisogna mai dimenticare che dietro ogni paziente c quasi sempre una famiglia che soffre con lui, per la malattia, per la distanza. Gli ospedali spesso sono lontani da casa e per raggiungerli occorre spostarsi, e questo richiede dei sacrifici. Per questo molti dei malati non vedevano lora di fare un discorso con qualcuno dal volto giovane che, anche se aveva un camice, loro sapevano bene non essere un medico, e probabilmente gli ricordava anche quel nipote che non vedevano da troppo tempo. Personalmente sono stato molto colpito da come alcuni infermieri conoscevano quasi tutto di ogni paziente, e non mi riferisco solo allo stato di salute, ma anche il nome del coniuge, dei figli, persino dei gatti a volte! Non credo sia da sottovalutare limportanza di tutto questo, perch fornisce al paziente la sensazione di essere ancora considerato come una persona con una vita, delle sensazioni ; un grave errore quello di concentrarsi sulla malattia come qualcosa di concreto: la malattia unastrazione, unesperienza, quello che esiste realmente luomo malato, una persona che deve essere il soggetto e non loggetto della cura. Oltre a tutte le tecnologie che si
possono offrire, fondamentale lascolto. E quando vai da
una signora anziana malata e le chiedi come sta il suo adorato gatto non credo ci sia bisogno di spiegare quanto questo possa farla sentire a casa. Per quanto riguarda invece la mia esperienza personale, un evento mi particolarmente a cuore. Stavo intrattenendo un discorso con paziente in UTIC, un signore il cui figlio medico e il nipote, come me, studia medicina, ma in Belgio. Sapevo che il signore non versava in ottime condizioni, anzi, ma nonostante questo, verso la fine del discorso mi disse ci : Mi raccomando ragazzo, impegnati sempre e non cedere alle prime difficolt, perch medicina dura. Buona fortuna . Buona fortuna a me? Ma buona fortuna a lei, caro signore, spero tanto che adesso lei stia meglio.
Futuro ruolo professionale
Un altra cosa che in parte mi aspettavo da questo tirocinio era di avere delle idee un po pi chiare sulla giornata tipo di un medico in ospedale. Purtroppo non ho avuto la possibilit di entrare in contatto diretto con i medici del reparto, che si sono dimostrati alquanto sfuggevoli e poco disposti al dialogo, non solo con noi ma spesso anche con i pazienti e con i parenti, i quali il pi delle volte venivano liquidati frettolosamente e senza tante spiegazioni sulla salute dei loro cari. Sono sicuro che la figura del medico in tutti i suoi aspetti mi sar pi chiara negli anni, e credo, anche se mi rendo conto della difficolt nellattuare ci, che se ad alcuni medici venisse chiesta un po pi di disponibilit nei confronti dei tirocinanti a questa esperienza non mancherebbe davvero nulla.
Conclusioni
In conclusione posso dire che questa sia stata
unesperienza di cui fare tesoro e che spero venga continuata negli anni, cos che anche altri abbiano lopportunit di parteciparvi. Nonostante, come ho gi detto, le attivit pratiche siano state molto limitate e il contatto con i medici praticamente assente, mi sento profondamente motivato a continuare il cammino iniziato, un cammino che richiede grande passione e forza di volont. Ho potuto conoscere meglio la realt ospedaliera, chi ci lavora e le sue dinamiche interne, ma soprattutto ho imparato quanto pu essere importante un gesto, una parola detta al momento giusto. Quando, in un futuro che spero essere il pi prossimo possibile, mi ritrover a dover curare delle persone, spero di non cadere mai nellerrore di considerare la malattia come qualcosa a se stante, dimenticando che dietro di essa c sempre un essere umano.