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ostra la bassa partecipazione alle ultime elezioni; nel frattempo gli squilibri
territoriali, a cominciare da quello Nord-Sud, si sono aggravati.
Si doveva fare un bilancio serio del fallimento del federalismo in sede parlamen
tare. Il governo lo ha fatto da solo, togliendo poteri alle regioni e compensand
o il ceto politico con il pennacchio del Senato. Il risultato deprimente. Non ab
biamo pi il vecchio regionalismo, non abbiamo pi il federalismo, rimane solo un ra
pporto confuso che diventer ancora pi litigioso con le funzioni ripartite secondo
una doppia competenza esclusiva, che - lo dice la logica - difficile da mediare.
Bisogna invece ridurre il numero delle regioni, come propongo con un emendament
o. Una decina di macroregioni potrebbero trovare un rapporto pi costruttivo con l
o Stato, rendendo pi compatto il sistema paese nella competizione internazionale.
Sulla base di queste considerazioni di sistema, e non solo per il Senato elettiv
o, lo scorso anno ho espresso il mio disagio, insieme ad altri, non partecipando
al voto, sperando che nei passaggi successivi si potesse migliorare. L equilibr
io, a mio avviso, peggiorato, il debole passo avanti sul senato elettivo vanific
ato dall approvazione dell Italicum e dal diniego della riduzione del numero dei
deputati. Alla seconda lettura siamo chiamati a una valutazione definitiva, per
questo il mio voto sar contrario, non essendoci sulla materia costituzionale un
vincolo di partito.
Sento gi il ritornello - allora vuoi far cadere il governo? la domanda pi stupida ch
e si legge sui giornali. una strabiliante inversione tra causa ed effetto. inaud
ito che il governo ponga in sede politica una sorta di fiducia sul cambiamento d
ella Costituzione. Non mai accaduto nella storia della Repubblica. Il fatto che
oggi venga considerato normale, che si dia quasi per scontato, che venga messo a
ll indice chi si sottrae, la conferma che il dibattito pubblico italiano malato,
che gi nell agenda di discussione, prima ancora che nelle soluzioni, si vede un
pericoloso sbandamento dei principi e di valori.
Si costruita artificiosamente un emergenza costituzionale per conferire una legi
ttimazione politica a un governo sprovvisto di un diretto mandato degli elettori
. l ennesima anomalia italiana. In un paese normale il governo non si occupa del
la Costituzione. In un paese normale l esecutivo governa secondo un programma pr
esentato agli elettori. Si pu derogare a queste semplici regole in situazioni str
aordinarie e per breve tempo. Da noi lo stato d eccezione durer per quasi tutto q
uesto decennio.
Non si pu dare la colpa solo agli ultimi venuti. Da venti anni si cambia la Costi
tuzione per contingenti finalit politiche; prima il centrosinistra col titolo V p
er inseguire la Lega, poi Berlusconi nel 2005 per sigillare la sua maggioranza,
poi lo ius sanguinis del voto all estero per legittimare Fini e poi i tentativi
di Tremonti di salvarsi modificando l articolo 41. Tutte riforme costituzionali
fallite, perch sbagliato era il metodo. Ma gi negli anni ottanta, da quando perser
o la capacit di governo, i partiti hanno preso il vezzo di dire che non era colpa
loro ma della Costituzione. Per non affrontare la crisi della politica hanno ap
erto la crisi delle istituzioni. Hanno cominciato a sfogliare l atlante del mode
llo francese, inglese, tedesco, spagnolo e americano.
Il perfettismo istituzionale un sintomo della malattia della politica. Le Costit
uzioni sane sono imperfette perch prodotte dalla storia. Il modello decisionale a
mericano pazzesco, non prevede neppure il decreto legge, eppure ha gestito un im
pero. Le imperfezioni sono compensate dalla volont politica, che come il coraggio
di don Abbondio, chi non ce l ha non se la pu dare. Da trent anni la classe poli
tica italiana invece di governare si consola con l orsacchiotto di pezza delle r
iforme istituzionali.
Quando il presidente Renzi si vanta di fare le cose in programma da venti anni,
non si accorge di parlare da conservatore. il paradosso dei rottamatori che appl
icano l agenda dei rottamati. Ripetono l errore pi grave, quello di servirsi dell
a revisione costituzionale per finalit politiche contingenti.
La Carta sarebbe da cambiare in tante cose - non sono tra coloro che ne fanno un
altare. Ma ci vuole umilt. Cambiare la Costituzione significa servirla, non serv
irsene. La mia generazione non stata allaltezza del compito. La notizia triste ch
e neppure la generazione dopo di noi se ne mostra capace. Forse devono ancora na
scere i riformatori di domani in grado di migliorare il capolavoro ricevuto in e
redit.