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I non detti del premierato assoluto

di Valter Tocci 24 Settembre 2015


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L'intervento in aula di un senatore che conosciamo e stimiamo. Siamo certi che t
ra quelli che non voteranno l'orrida proposta di cui illustra l'intima nefandezz
e e la pesante lesione delle regole della convivenza democratica, e quindi contr
ibuir a bocciarla. Ma ci domandiamo ancora una volta come faccia a rimanere in qu
el partito
Quando gli storici di diritto costituzionale studieranno questa revisione della
Carta, noteranno un'anomalia che noi non possiamo oppure non vogliamo vedere. Co
n i voti di un premio di maggioranza viziato da illegittimit si riscrive quasi tu
tta la seconda parte. La famosa sentenza della Corte raccomandava di approvare s
ubito la legge elettorale per andare a votare al pi presto, ma non chiedeva di ri
scrivere la Carta. Lo fa la classe politica proprio per evitare le elezioni. So
di dire una cosa che suona sgradevole e mi viene quasi di scusarmi con voi. come
se ci fosse un inconsapevole accordo a non parlarne qui. Che la dice lunga sull
o straniamento di questo dibattito.
Apparentemente si discute di riforma del bicameralismo, dopo l'approvazione dell
a legge elettorale. Ma il combinato disposto, come si dice in gergo, produce una
mutazione di sistema. Si cambia la forma di governo del Paese, senza annunciarl
a, senza discuterla come tale e senza neppure deliberarla esplicitamente. La leg
ge costituzionale e l'Italicum istituiscono in Italia il premierato assoluto, co
me lo chiamava, con tremore di giurista, Leopoldo Elia. Lo definiva assoluto non
perch fosse una svolta autoritaria come si dice oggi, ma perch privo dei contrapp
esi, cio di quei meccanismi compensativi che sono in grado di trasformare ogni po
tere in democrazia.
Si affidano le sorti del paese all'arbitrio di una minoranza che diventa maggior
anza per i rinforzi artificiali del premierato invece che per i consensi liberam
ente espressi dai cittadini. Si crea un governo maggioritario in una democrazia
minoritaria, segnata sempre pi da una disaffezione elettorale che allontana dalle
urne ormai quasi la met della popolazione.
I giuristi sono soliti fare la prova di resistenza delle leggi, cio di valutarne
gli esiti nello scenario peggiore. Proviamo anche noi. Un leader che raccoglie m
eno di un terzo dei consensi conquista il banco, in grado di governare da solo e fin qui si pu accettare - ma pu anche modificare le regole fondamentali con spi
rito di parte senza essere costretto a discuterne con tutti. Pu decidere da solo
sui diritti fondamentali di libert, sull'indipendenza della Magistratura, sulle r
egole dell'informazione, sui principi dell'etica pubblica, sulla dichiarazione d
i guerra, sulle prerogative del ceto politico, e infine riscrivere le leggi elet
torali e perfino ulteriori revisioni costituzionali al fine di prolungare sine d
ie la vittoria che lo ho portato al potere.
Per tutto ci il premier dispone di una maggioranza ubbidiente di parlamentari che
ha scelto personalmente come capilista. D'altro canto, con l'Italicum i tre qua
rti dei parlamentari, sempre nel worst case scenario, sono sottratti al controll
o degli elettori, non solo al momento del voto ma durante il mandato. Al contrar
io il premier riceve un'investitura diretta, seppure minoritaria, nel ballottagg
io. Si crea cos un forte squilibrio di legittimazione tra il capo del governo e l
'assemblea, che si traduce in supremazia del potere esecutivo sopra il legislati
vo e indirettamente anche sull'ordinamento giudiziario.
I tre poteri fondamentali di una democrazia sono decisamente fuori equilibrio, e
il principale fattore di questo squilibrio il numero dei deputati. La Camera unica depositaria del voto di fiducia - sei volte pi grande del Senato. Di fatto
un monocameralismo. Niente di male in linea di principio, lo proponeva con ardor
e anche il mio caro maestro, il presidente Pietro Ingrao, e tanti altri nella Pr

ima Repubblica, ma tutti lo compensavano con legge elettorale proporzionale. Nes


suno lo avrebbe mai accettato con una legge ipermaggioritaria. Eppure, eliminare
lo squilibrio numerico sarebbe facile e doveroso. In nessun paese europeo si ar
riva a 630 deputati. E la proposta iniziale del governo faceva della riduzione d
ei parlamentari la priorit della revisione costituzionale. Perch allora non si rid
uce il numero dei deputati? Perch si cambia tutto tranne il numero della Camera?
Da pi di un anno questa domanda rimane senza risposta. Mi rivolgo in extremis all
a ministra Boschi: abbia almeno la cortesia istituzionale di dare in quest'aula
una spiegazione seria e convincente.
Il risultato un Senato senza funzioni e senza autorevolezza. Anzi un vero pastic
cio: da un lato un eccesso di potere costituzionale, improprio per un'assemblea
composta anche da figure amministrative, e dall'altro la mancanza di poteri ordi
namentali e soprattutto di penetranti controlli - inchieste, audizioni dei dirig
enti, analisi dei risultati ecc. - che andrebbero a pennello per il ramo sprovvi
sto della fiducia e quindi pi libero dal condizionamento di governo. Che senso ha
mantenere in vita una gloriosa istituzione svuotata di prestigio? Meglio allora
eliminarla del tutto. Non c' niente di peggio di un'assemblea senza poteri, con
il rischio che li ottenga tramite il consociativismo col governo, degradando ult
eriormente la trasparenza e l'efficienza del sistema.
Non rinnego il Senato elettivo a base proporzionale che ho sostenuto insieme ad
altri. Rimango convinto che avrebbe rinsaldato il rapporto tra eletti ed elettor
i, oggi essenziale per ricostituire la fiducia nelle istituzioni. Avrebbe ricord
ato al premier - che assoluto nei poteri ma carente nei consensi - quali siano g
li orientamenti popolari profondi. La presidente Finocchiaro lo considera un fre
no inaccettabile, ma sarebbe un importante contrappeso. In questo senso abbiamo
parlato di un Senato di garanzia, per i poteri e per il mandato elettorale diret
to.
Ma non mi innamoro delle proposte. In teoria la garanzia si pu ottenere anche in
una sola camera, magari eletta con i collegi uninominali, ricorrendo a voti qual
ificati, superiori al premio di maggioranza, nella legislazione dei diritti fond
amentali. E i costituzionalisti sarebbero in grado di suggerire tanti altri modi
di compensazione. dirimente l'equilibrio generale, non la singola proposta, nep
pure quella a me cara del Senato elettivo. La legislazione costituzionale non al
tro che produzione di sistema. La qualit di una legge costituzionale si misura ne
ll'effetto di sistema. Qui la misura negativa sotto i punti di vista; anche la m
ediazione che si affaccia sulla quasi elezione dei senatori, un passo avanti cer
tamente positivo, non in grado di modificare l'impianto, non riduce lo squilibri
o del premierato assoluto. Non cancella la mia valutazione negativa.
Si persa anche l'occasione della riforma del bicameralismo. Perch si raccontato u
n falso all'opinione pubblica da almeno trent'anni. Le famose navette che vanno
da una camera all'altra riguardano solo il 3% delle proposte di legge, per lo pi
a causa di testi scritti male dal governo. Non vero che ci sia un problema di ve
locit del procedimento legislativo, anzi vero esattamente il contrario: troppo fa
cile, c una bulimia delle leggi, se ne scrive una nuova prima che la precedente si
a applicata. Lo sanno bene i cittadini, le amministrazioni e le imprese ormai so
mmersi da un alluvione normativa che soffoca la vita quotidiana. Il nuovo bicame
ralismo dovrebbe aumentare la qualit e non la velocit, per produrre poche leggi or
ganiche, brevi e leggibili anche per i cittadini.
A tale compito dovrebbe dedicarsi un nuovo Senato di alta legislazione, per cura
re i grandi Codici, lasciando alla Camera la responsabilit di attuare il programm
a di governo entro una cornice solida ed efficace. Questa la riforma mancata del
bicameralismo. Non si potuto neppure discuterne perch c il feticcio del Senato f
ederale. Era una grande idea, certo dell Ulivo e di altri. Molti di noi hanno sp
eso le migliori energie giovanili per una Repubblica federale. Ma si rivelato un
disegno disastroso, le regioni oggi sono al punto pi basso di credibilit come dim

ostra la bassa partecipazione alle ultime elezioni; nel frattempo gli squilibri
territoriali, a cominciare da quello Nord-Sud, si sono aggravati.
Si doveva fare un bilancio serio del fallimento del federalismo in sede parlamen
tare. Il governo lo ha fatto da solo, togliendo poteri alle regioni e compensand
o il ceto politico con il pennacchio del Senato. Il risultato deprimente. Non ab
biamo pi il vecchio regionalismo, non abbiamo pi il federalismo, rimane solo un ra
pporto confuso che diventer ancora pi litigioso con le funzioni ripartite secondo
una doppia competenza esclusiva, che - lo dice la logica - difficile da mediare.
Bisogna invece ridurre il numero delle regioni, come propongo con un emendament
o. Una decina di macroregioni potrebbero trovare un rapporto pi costruttivo con l
o Stato, rendendo pi compatto il sistema paese nella competizione internazionale.
Sulla base di queste considerazioni di sistema, e non solo per il Senato elettiv
o, lo scorso anno ho espresso il mio disagio, insieme ad altri, non partecipando
al voto, sperando che nei passaggi successivi si potesse migliorare. L equilibr
io, a mio avviso, peggiorato, il debole passo avanti sul senato elettivo vanific
ato dall approvazione dell Italicum e dal diniego della riduzione del numero dei
deputati. Alla seconda lettura siamo chiamati a una valutazione definitiva, per
questo il mio voto sar contrario, non essendoci sulla materia costituzionale un
vincolo di partito.
Sento gi il ritornello - allora vuoi far cadere il governo? la domanda pi stupida ch
e si legge sui giornali. una strabiliante inversione tra causa ed effetto. inaud
ito che il governo ponga in sede politica una sorta di fiducia sul cambiamento d
ella Costituzione. Non mai accaduto nella storia della Repubblica. Il fatto che
oggi venga considerato normale, che si dia quasi per scontato, che venga messo a
ll indice chi si sottrae, la conferma che il dibattito pubblico italiano malato,
che gi nell agenda di discussione, prima ancora che nelle soluzioni, si vede un
pericoloso sbandamento dei principi e di valori.
Si costruita artificiosamente un emergenza costituzionale per conferire una legi
ttimazione politica a un governo sprovvisto di un diretto mandato degli elettori
. l ennesima anomalia italiana. In un paese normale il governo non si occupa del
la Costituzione. In un paese normale l esecutivo governa secondo un programma pr
esentato agli elettori. Si pu derogare a queste semplici regole in situazioni str
aordinarie e per breve tempo. Da noi lo stato d eccezione durer per quasi tutto q
uesto decennio.
Non si pu dare la colpa solo agli ultimi venuti. Da venti anni si cambia la Costi
tuzione per contingenti finalit politiche; prima il centrosinistra col titolo V p
er inseguire la Lega, poi Berlusconi nel 2005 per sigillare la sua maggioranza,
poi lo ius sanguinis del voto all estero per legittimare Fini e poi i tentativi
di Tremonti di salvarsi modificando l articolo 41. Tutte riforme costituzionali
fallite, perch sbagliato era il metodo. Ma gi negli anni ottanta, da quando perser
o la capacit di governo, i partiti hanno preso il vezzo di dire che non era colpa
loro ma della Costituzione. Per non affrontare la crisi della politica hanno ap
erto la crisi delle istituzioni. Hanno cominciato a sfogliare l atlante del mode
llo francese, inglese, tedesco, spagnolo e americano.
Il perfettismo istituzionale un sintomo della malattia della politica. Le Costit
uzioni sane sono imperfette perch prodotte dalla storia. Il modello decisionale a
mericano pazzesco, non prevede neppure il decreto legge, eppure ha gestito un im
pero. Le imperfezioni sono compensate dalla volont politica, che come il coraggio
di don Abbondio, chi non ce l ha non se la pu dare. Da trent anni la classe poli
tica italiana invece di governare si consola con l orsacchiotto di pezza delle r
iforme istituzionali.
Quando il presidente Renzi si vanta di fare le cose in programma da venti anni,
non si accorge di parlare da conservatore. il paradosso dei rottamatori che appl

icano l agenda dei rottamati. Ripetono l errore pi grave, quello di servirsi dell
a revisione costituzionale per finalit politiche contingenti.
La Carta sarebbe da cambiare in tante cose - non sono tra coloro che ne fanno un
altare. Ma ci vuole umilt. Cambiare la Costituzione significa servirla, non serv
irsene. La mia generazione non stata allaltezza del compito. La notizia triste ch
e neppure la generazione dopo di noi se ne mostra capace. Forse devono ancora na
scere i riformatori di domani in grado di migliorare il capolavoro ricevuto in e
redit.

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