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MARIA E IL SACERDOZIO

Paolo Philippe, O.P

PREFAZIONE
INTRODUZIONE
PARTE PRIMA
LA MATERNITÀ' DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO
CAPITOLO I.
LA MADRE DI CRISTO SACERDOTE
1. LA MATERNITÀ DIVINA E LA SANTITÀ DI MARIA
2.- LA MATERNITÀ DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO DI CRISTO.
CAPITOLO II
LA MADRE DEI SACERDOTI
1. — LA PREGHIERA DELLA SANTISSIMA VERGINE PER I SACERDOTI.
2. — LA GRANDEZZA DEL SACERDOZIO ED IL RISPETTO DI MARIA PER I SACERDOTI.
3. – LO ZELO DI MARIA PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI.
PARTE SECONDA

MARIA E LA VITA INTERIORE SACERDOTALE


CAPITOLO I.
MARIA E IL CUORE SACERDOTALE DI CRISTO
1. IL CUORE SACERDOTALE DI CRISTO NELLA PASSIONE
2. — LA COMPASSIONE DI MARIA ALLE SOFFERENZE DI CRISTO SACERDOTE.
CAPITOLO II

MARIA E LA VITA INTERIORE DEL SACERDOTE


1 — L'UNIONE DEL SACERDOTE CON CRISTO NELLA MESSA.
2. — L'UNIONE DEL SACERDOTE CON LA SANTISSIMA VERGINE
PARTE TERZA
LA VERGINE SANTISSIMA E IL MINISTERO SACERDOTALE
CAPITOLO I. MARIA E IL MINISTERO DI CRISTO SACERDOTE
1 — LA FECONDITÀ DELLA SANTISSIMA VERGINE PRESSO LA CROCE.
2 — LA REGALITÀ DELLA SANTISSIMA VERGINE E L'AZIONE SANTIFICATRICE DI CRISTO.
CAPITOLO lI
MARIA E IL MINISTERO DEI SACERDOTI
1 — L'UNIONE CON CRISTO SACERDOTE NEL MINISTERO DELLE ANIME
2. — L'ASSISTENZA DELLA SANTISSIMA VERGINE NEL MINISTERO SACERDOTALE
CONCLUSIONE
3. — IL SACERDOTE, SERVO DI MARIA.

Versione del P. Reginaldo lannarone O.P.

ANGELO BELARDETTI EDITORE ROMA 1955


Ex parte Ordinis Fr. Praedicatorum

NIHIL OBSTAT
P. fr. Innocenzo Evangelista O. P.
Lett. e Lic. in S. Teologia
P. fr. Vincenzo M. Iervasi O. P.
Dott, in Dir. Can.
Madonna dell'Arco, 24— 11— 1953

IMPRIMI POTEST
P. fr. Giuseppe M. De Falco O. P.
Priore Prov.
Napoli. 24— II— 1953

NIHIL OBSTAT QUOMINUS IMPRIMATUR


Carolus Bayer S.J.
Rev. deleg. Romae, 12— XI— 1954

IMPRIMATUR
E Vicariati Urbis die 26— XI— I954

* ALOYSIUS TRAGL1A Archiep. Caesarien. Vicesgerens

Titolo originale dell’opera


La Très Sainte Vierge et le Sacerdoce
Pars – Editions du Cerf

Senza la devozione verso Maria è moralmente impossibile che un Sacerdote


sia buon Sacerdote. (S. ALFONSO)

PREFAZIONE

Non lasciatevi sorprendere dal titolo: se cercate una delle consuete operette
“di pietà” non andate oltre: il libro non sarebbe fatto per voi, o piuttosto voi non lo sa-
reste per il libro; e non per colpa dell’Autore.
Non è, questo, il volume adulto a far da pascolo a uno stentato quarto d'ora
di lettura spirituale o a eccitare vaghe risoluzioncelle sentimentali. No!
Ma, se volete scendere nel profondo della vita sacerdotale e intenderla
vissuta insieme a Maria, se non vi spaventa il vigoroso concatenarsi del
ragionamento teologico, se credete che la luce intellettuale non sia splendido
ghiaccio, ma fiamma d'amore, volgete pure le pagine che seguono.
L’Àutore appartiene all'Ordine che, per volere di Dio, deve «pensare alla Sua
gloria ed alla salute delle anime con la luce della scienza» (S. Caterina da Siena),
all'Ordine “non solo dei santi Religiosi, ma anche degli zelanti predicatori, dei dotti e,
al bisogno, dei controversisli e degli apologisti” (Schryvers, G— , C.SS.R.). Inutile dire
che, con quest'opera, egli si mantiene in linea.
Non esclamazioni, sospensioni, unzioni di cattiva lega; ma da ogni pagina,
sotto ogni riga, pulsa nascosto il cuore, un grande cuore, un immenso amore.
E' luce.
Non però la lama tagliente del riverbero dei ghiacciai, ma la calda, morbida
lingua di fuoco di un bivacco di Rovers, o, se più piace, la calma, suadente fiammella
della lampada del Signore.

P. REGINALDO IANNARONE

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INTRODUZIONE

Quali relazioni particolari con la Vergine Santa, crea nel Prete il Sacerdozio di
Cristo? E' la domanda che si è indotti a porsi, quando si cerca di precisare il posto
che Maria deve avere nella vita del Sacerdote.
Egli è, infatti, un “altro Cristo” e continuatore del Signore nel suo Sacerdozio:
ogni giorno offre al Padre, in Suo nome, il sacrificio della Croce e si dona alle anime
come faceva in terra Gesù. Deve far suoi, perciò, anche i sentimenti che il Cuore
sacerdotale di Cristo nutriva verso la sua Santissima Madre.

E Maria ha occupato un posto altissimo nel pensiero e nella vita di Gesù.

Madre e Associata alla sua opera terrena, ella ha, in certa guisa, disposato i
voleri più intimi della sua Anima santa e cooperato, con l’Annunciazione e la
Compassione, ai due atti più importanti dell’” economia” divina: l'Incarnazione e la
Redenzione.

Osservate le proporzioni, sono le relazioni tra la Vergine Santa e il


Sacerdote: figlio di Maria, il Sacerdote è a lei unito con vincoli di carità profonda e con
lei collabora alla continuazione dell'opera di Cristo nel mondo.
Nostro intento, perciò, non è presentare la Santissima Vergine come modello
del Sacerdote — eccellenti autori l'hanno già fatto, e bene— ma piuttosto mostrare
in lei la Mamma e la confidente ìntimamente associata alla sua vita sacerdotale.
Anche perchè, in definitiva, il Sacerdote non può trovare altro modello se non
nell'”Unico Mediatore”, Cristo Gesù.

PARTE PRIMA

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LA MATERNITÀ' DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO

CAPITOLO I.

LA MADRE DI CRISTO SACERDOTE

Non comprenderemo mai l'ufficio che la Vergine Santissima svolse presso


Cristo Sommo Sacerdote, se non ci mettiamo nella luce di Dio. Bisogna che noi
contempliamo Maria come Dio !a vede da tutta l'eternità o, che è lo stesso, la
consideriamo nella sua predestinazione. Cos'è, infatti, la predestinazione, se non la
divina preordinazione d'amore di tutto ciò che deve condurre un'anima al suo fine
beato?1

Dire quale fu la predestinazione di Maria è. dunque, determinare il posto


assegnatole da Dio nel suo piano d'Amore infinito; è determinare ii fine al quale l'ha
ordinata ed il ruolo che, nei suoi disegni sul mondo, ella deve svolgere in unione col
Figlio, il Verbo Incarnato: è manifestare, infine, l'Amore infinito col quale Dio l'ha
amata da tutta l'eternità.

1
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. 1ª Q 23, a 1 e IIIª Q 24 a. 1c e ad 3.
Dio, infatti, non ama le creature come le amiamo noi. Noi —dice S. Tommaso
— se amiamo qualche persona o qualcosa, è perchè abbiamo scorto in essa una
particolare bontà, che ce la fa preferire alle altre. Dio, al contrario, comincia ad amare
prima ancora di creare, perchè è il suo

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stesso amore che crea ed infonde la bontà nelle cose, al tempo stesso che
l'esistenza. Il suo amore non è determinato dalla bontà delle cose, ma è la bontà delle
cose e delle persone che viene determinata dal suo amore2.
L'Amore Infinito sta, dunque, alla base della elezione di tutto ciò che Dio ama
e fa. Ciascuna cosa, ciascuna persona ha il grado di perfezione corrispondente al
grado d'amore col quale Dio l’amab da tutta l'eternità.
E' questa la magnifica dottrina che S. Tommaso ha formulato in un principio,
che — come dice il P. Garrigou Lagrange — è “la chiave di volta di tutto il trattato
della predestinazione”3: “Nessun essere creato sarebbe migliore di un altro, se non
fosse stato più amato da Dio”. Ne risulta che la perfezione di un'anima è il segno più
certo dell'amore che Dio le porta: più uno è perfetto e santo, più si può essere sicuri
che è amato in modo tutto speciale da Dio, poiché è Lui la causa di tale perfezione e
santità4.
Questo principio di predilezione trova la sua più alta conferma nella Vergine
Santissima. Le sue perfezioni eccelse manifestano in maniera splendida l'Amore
Infinito coi quale è amata da Dio e, al tempo stesso, il suo ufficio presso Gesù Cristo
Sommo Sacerdote, Figlio di Dio e Salvatore degli uomini.
Sarà, perciò, la contemplazione di queste “grandezze di Maria” che ci dovrà
in primo luogo occupare.

1. LA MATERNITÀ DIVINA E LA SANTITÀ DI MARIA

Tutte le grazie di cui l'Amore Infinito ha dotato la Vergine Santissima hanno


l'unico scopo di rendere Maria atta ad associarsi, il più perfettamente possibile, a
nostro Signore, ed a nostro Signore nei due misteri che ne compendiano l'intera vita:
l'Incarnazione, con la quale inizia la sua vita sacerdotale, e la Redenzione del
Calvario, con la quale compie l'atto supremo del suo Sacerdozio, il suo sacrificio per
la salvezza dell'umanità.
Ma in che modo la Santissima Vergine può cooperare all'Incarnazione ed alla
Redenzione? Solo con la sua maternità fisica e la sua presenza corporale ai piedi
della Croce?
Certamente no. Se avesse avuto solo questo compito materiale, non le
sarebbe stato necessario essere la Santissima Vergine. La sua cooperazione più
importante, più “formale” — come dicono i teologi— si compie solo attraverso la sua
carità e la sua unione d'amore col Figlio di Dio.
E' col suo “Fiat”, atto eminente di carità, atto della sua volontà uniformantesi
alla Volontà divina, che Maria ha permesso la realizzazione dell'Incarnazione ed è per
tale consenso del suo cuore che è entrata anch'ella nel mistero del Verbo Incarnato.
Sant'Agostino non esita a dire che per la sua fede —la sua fede viva, la sua adesione

2
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. 1ª Q 20, a. 2.
3
GARRIGOU-LAGRANGE, R., O.P. La Prédestination des Saints et la Grâce. Paris, 1936; p. 93.
4
“Cum amor Dei sit causa bonitatis rerum, non esset aìiquid alio
melius si Deus non vellet uni maius bonum quam alteri”. THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., Iª, Q. 20,
a.3. “Ex hoc sunt aliqua meliora quod Deus eis maius bonum vult. Unde sequitur quod meliora plus amet”. Ibid.,
a. 4.
ispirata dalla carità — la Santissima Vergine ha concepito Cristo nel cuore prima
ancora che nel seno5. Chiedendo il suo

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consenso, l'Angelo la invitava appunto ad unirsi all'atto d'Amore Infinito col


quale Dio voleva incarnarsi nel suo seno per salvarci6. Per tale ragione la divina
Maternità della Vergine è una Maternità di una dignità eccezionale, che involge una
eminente santità.

Quanto poi alla cooperazione di Maria alla Redenzione, il ruolo dell'amore è


ancora più manifesto, nonostante che siasi effettuato ai piedi della Croce nel silenzio
dello Stabat. Cos'è, infatti, la Compassione, se non l’atto d'amore col quale il Cuore
purissimo di Maria si unì alla Passione di Cristo o, più precisamente, ai sentimenti
intimi del Sacro Cuore di Gesù sul Calvario?

In ambedue i casi, perciò, fu con la sua carità che Maria si associò agli atti
principali della vita umana del Sommo Sacerdote.

Era necessario, dunque, che ella avesse una carità proporzionata alla
missione, una carità vibrante all'unisono con quell'Amore Infinito che ardeva nel
Cuore di Cristo, dal primo istante dell'Incarnazione ai supremo Sacrificio della Croce.
Di conseguenza, la carità di Maria non doveva imbattersi in ostacolo alcuno, ma
crescere sempre più; bisognava che ella fosse signora di tutte le sue attività, che
niente ostacolasse la sua unione con Gesù, né da parte del corpo, né da parte
dell'anima, da parte dell'intelligenza come della volontà: una carità libera, pura,
bruciante.

E' tale la ragione dei doni eccezionali, di cui fu ricolma fin dal primo istante
della sua esistenza e che si compendiano tutti in uno solo: l'Immacolata Concezione.

Non dobbiamo credere, dunque, che Maria ricevesse tutti i doni di cui una
creatura umana è capace, tutti i doni

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carismatici — ad esempio — che ammiriamo nella vita dei Santi o tutti i


privilegi di cui beneficiavano i nostri progenitori prima della colpa. L'Immacolata
Concezione non è un ritorno puro e semplice alla giustizia primitiva, ma la esenzione
dal peccato originale e da alcune sue conseguenze, che, come il peccato stesso,
avrebbero impedito la cooperazione perfetta che la Vergine Santissima doveva
apportare al Verbo Incarnato e al Redentore.

Così la sua intelligenza altissima e penetrante ha conosciuto senza mai


ingannarsi tutto ciò che era necessario al compimento della sua missione. Senza
dubbio, la sua scienza non era universale come quella di Dio e restava involta nel
velo della lede, ma era quella che la carità le ispirava. E siccome la sua volontà non
5
) “Beatior ergo Maria percipiendo fidem Christi quam concipiendo carnem Christi... Sic et materna propinquitas
nihil Mariae profuisset nisi felicius Christum corde quam carne gestasset”. AUGUSTINUS, S. - De sancta
virginìtate, 3, P. L. 40, 397-398.
Cfr. anche: Sermo 215, 1, P. L. 38, 1074: “Illa (Maria) fide plena et Christum prius mente quam ventre
concipiens”. e Sermo 214. – P.L. 38. 1069: “...fidei caritate fervente...”.

6
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q 30, a 1.
ha patito mai frattura nell'aderire alla Volontà Divina, si può veramente dire che Maria
era mirabilmente preparata con tutte le potenze delio spirito e del cuore, ad entrare
nel mistero dell’Uomo-Dio e cooperato alla sua opera di Redenzione. L'anima sua,
d'altronde, era dotata di una squisita sensibilità, in cui tutto era perfettamente in
ordine. Dio la fece “ammirabile” per il Figliuolo amatissimo.

L'Immacolata Concezione, dunque, non consiste solo nella preservazione dai


peccato originale, ma anche, e soprattutto, in una pienezza di grazia e di carità, che
fa di Maria la Santa più perfetta che si possa immaginare. Ecco, per convincercene,
l'inizio dell'enciclica Ineffabìlis Deus, con la quale la Chiesa ha definito il dogma
dell'Immacolata Concezione:

“Iddio... fin da principio e prima dei secoli, scelse e preordinò al suo Figliuolo
una Madre, nella quale si sarebbe incarnato e dalla «quale poi, nella felice pienezza
dei tempi, sarebbe nato; e, a preferenza d'ogni altra creatura,

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la fece segno a tanto amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima
benevolenza. Per questo mirabilmente la ricolmò, più di tutti gii Angeli e di tutti i Santi,
dell'abbondanza di tutti i doni celesti, presi dal tesoro della sua Divinità, Così ella,
sempre assolutamente libera da ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta,
possiede una tale pienezza di innocenza e di santità, di cui, dopo Dio, non se ne può
concepire una maggiore, e di cui, all’infuori di Dio, nessuna mente può riuscire a
comprenderà la profondità”7 .
Possiamo credere perciò che, fin dal primo istante della sua creazione, Maria
fu più santa di qualunque altro gran Santo giunto al culmine della santità, più santa
ancora di tutti i Santi messi insieme.
Insegnandoci che Dio “a preferenza di ogni altra creatura, la fece segno a
tanto amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima benevolenza (e)...
mirabilmente la ricolmò, più di tutti gli Angeli e di tutti i Santi, dell'abbondanza di tutti i
doni celesti...”, Pio IX non ci induce forse a pensare che la santità di Maria, fin dal
primo istante della sua Concezione immacolata, supera la santità, cui potrà pervenire
la Chiesa tutta, alla consumazione dei secoli?
Certo, la santità di Maria resta una santità limitata, ma essa ci si mostra si
grande da sembrare infinita. La nostra mente non può neppure concepirne le
dimensioni. Dio solo ne è capace, ci dice Pio IX.
Tuttavia, questa pienezza di grazia non è tale da non poter aumentare
ancora. Fintanto che Maria fu in terra,

26

la sua santità non cessò di crescere: la grazia che le veniva largita non restò mai
infruttuosa. All'Amore Infinito, che a lei si donava, ella rispose sempre con un amore
ognor più fedele nel donarsi a lui: “Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum
tuum». Maria non ha mai “deluso” nostro Signore, al modo che Eva — se così può
dirsi — aveva “deluso” Iddio e come anche gli uomini migliori lo “deludono” con le loro
infedeltà, i loro difetti e le loro ingratitudini. Ogni atto di Maria è una risposta d'amore
all'Amore Infinito, una risposta ognor più perfetta di quella precedente.
Aumentando, infatti, senza posa, la grazia e la santità di Maria crescono con
7
(7) Pius PP. IX -- Bolla Ineffabilis Deus, 8 dic. 1854; Acta Pii IX. Roma, 1854 t. 1, p.
616. Versione italiana: TONDINI, A., Le Encicliche mariane, Roma, Belardetti, 1950,
p. 31
moto accelerato, di modo che, man mano che si approssima al termine, la Vergine
Santissima travalica abissi di santità sempre più sconfinati. Nel tempo che va dalla
Pentecoste alla morte, ella ha progredito più che in tutto il resto della vita, dato che lo
Spirito Santo non incontrava mai ostacolo nell'anima sua e poteva così sviluppare la
sua carità secondo i disegni del suo Amore Infinito.
* * *
Tale pienezza di grazia, dunque, fu data alla Santissima Vergine perchè
doveva essere la Madre di Dio: la sua missione presso Cristo — dice S. Tommaso8 —
esigeva una si eminente santità.
Ciò non fa che rafforzare maggiormente la nostra si-

27

curezza nell'affermare l'assoluta gratuità della predestinazione di Maria: né la sua


santità, né ì suoi meriti le han valso di essere la Madre di Dio, ma la scelta
sovranamente libera di Dio.

Per la Santissima Vergine vale quanto si dice del Figlio suo: i teologi tutti,
senza distinzione di scuola, insegnano che la predestinazione di Gesù è
assolutamente gratuita: non è in forza dei suoi meriti che è Figlio di Dio per natura,
perchè la personalità divina del Verbo è infinitamente superiore ai meriti acquisiti dalla
Santa Umanità di Cristo. Lo stesso dovrà dirsi, dunque, dalla predestinazione di
Maria alla Maternità divina: meritare tale privilegio unico, sarebbe stato meritare la
stessa Incarnazione9.

Questo accostamento tra la predestinazione di Maria e quella di Cristo non è


infondato. La bolla Ineffabilis Deus proclama, infatti che con lo stesso decreto Dio “fin
dal principio e prima dei secoli, scelse e preordinò al suo Figliuolo una Madre, nella
quale si sarebbe incarnato e dalla quale poi, nella felice pienezza dei tempi, sarebbe
nato”. La predestinazione di Maria alla divina Maternità forma, così, un tutto unico con
la predestinazione di Cristo. Infatti, il decreto divino dell'Incarnazione predestinava il
Cristo non solo ad assumere la natura umana, ma a riceverla da Maria. E' per ciò che
la predestinazione di Gesù

28

8
«Beata Virgo... dicitur fuisae plena gratia per comparationem ad ipsam, scilicet
habebat gratiam sufficientem ad statum illum ad quem erat electa a Deo, ut scilicet
esset Mater Unigeniti ejus». THOMAS AQUINAS, S. Summa Theol. IIIª Q. 7, a 10, ad
1; III", Q. 27, a. 5.

9
S. Tommaso ammette, tuttavia, che la Santissima Vergine con i suoi desideri e le
sue preghiere abbia ottenuto la venuta del Messia ed il compimento stesso
dell'incarnazione e che, con la sua fedeltà, si sia elevata al grado di santità che Ia
rendeva atta a divenire Madre di Dio. Tali preghiere con l'acquisto di tale disposizione
costituiscono un merito in senso largo, che i teologi chiamano “de congruo improprie
dicto”. (Cfr. S. TOMMASO, IV Sent., D. 15. Q. 1, a. 3, , q.la 3; De Verit. Q. 26, a. 6). E’
in questo senso che S. Tommaso dice che la Santa Vergine ha meritato
l’Incarnazione. (Cfr. III Sent., D. 4. Q. 3, a. 1. ad 6; IIIª, Q. 2. a. II. ad 3).
ad essere il Verbo Incarnato implicava anche la predestinazione di Maria ad essere la
Madre di Dio.

Questa dottrina della Chiesa basta da sola a farci scorgere l'eccelsa dignità
di Maria. Se la grandezza di un essere è valutata in ragione della sua prossimità a
Dio. può ben dirsi che nessuna creatura è più grande della Vergine Santissima poiché
“ella raggiunge ì confini della divinità” secondo la notissima espressione del grande
commentatore di S. Tommaso, il Cardinale Gaetano10. Anzi si aggiunge che fra Dio e
lei s’è stabilito un vincolo di parentela, risultante dall'unione tra la natura umana
assunta dal Verbo e la natura divina11.

Insieme ai teologi, precisiamo ancora, che la Santissima Vergine contrae dei vincoli di
parentela con ciascuna delle Tre Persone divine12.

Col Padre, ella coopera alla missione divina dell'Incarnazione, poiché è la


Madre di Colui del quale egli è il Padre. Maria è, dunque, associata alla fecondità del
Padre, con questa differenza infinita che ella genera nel tempo e secondo la natura
umana, mentre il Padre genera nell'eternità e secondo la natura divina. Alcuni Padri
della Chiesa hanno chiamato Maria la Sposa del Padre, “Sponsa Patris”. ma è
un'espressione che rischia di far credere che la Vergine cooperi alla generazione
eterna del Verbo. Perciò è meglio evitarla13.

29
Col Figlio, Maria contrae un'affinità speciale per il fatto che è Madre di Dio,
Madre del Verbo Incarnato, e non solo dell'Umanità di Cristo. La sua Maternità, infatti,
come del resto ogni maternità, termina alla persona del figlio; ora, siccome in Cristo
non v'è personalità umana, la Maternità di Maria non può terminare che alla persona
del Verbo, alla persona divina. Maria è, dunque, nel senso più formale della parola,
Madre di Dio, “Theotokos”.
Con lo Spirito Santo, infine, contrae dei vincoli particolari per il fatto che ella è
la Madre di Colui dal quale, unitamente al Padre, procede la Terza Persona della
Santissima Trinità.
La dignità suprema di Maria consiste, dunque, nell'essere stata predestinata
a divenire Madre di Dio. Ciò, nel piano della Provvidenza, la pone in un rango
assolutamente unico. La sua Maternità divina non è una circostanza accidentale della
sua vita, è tutta la ragion d'essere della sua esistenza e delle grazie di santità che da

10
«Ad finem deitati propria operatone attingit, dum Deo concepit, peperit et genuit».

11
“Et ideo Genitrix illius affinis Deo constituta dicitur”. Ibid.
12
Cfr. Terrien, J. B.. S. J., La Mère de Dieux. Paris. 1933; pp. 192-194, sunteggiato in

13
Cfr. Terrien, J. B.. S. J., La Mère de Dieux. Paris. 1933; pp. 192. L'autore fa
verosimilmente allusione, per criticarla, all'opera che M, Fallimi, p.s.s., compose con
gli scrini dell'OLIER e pubblicò sotto ii nome di questi: Le vie interieure de la très
Sainte Vierge, Roma, 1866; cfr. Cap 5, 4: Maria è veramente la Sposa dell'Eterno
Padre nell’lncarnazione. pp. 224-241. Le citazioni dei Padri e teologi del Medio Evo
sono del Faillon.
Dio le sono state largite.
Ella può far consistere tutta la sua vita nella sua Maternità; può vivere
unicamente per il suo Figliuolo.

2.- LA MATERNITÀ DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO DI


CRISTO.

Siamo ora in grado di comprendere la stretta relazione che intercorre tra la


Vergine Santissima ed il Sacerdozio di Cristo.
Il Verbo, infatti, non è sceso in terra solo per assumere la natura umana: s'è
incarnato per salvarci. La predestinazione di Gesù involge l'opera della Redenzione.
“... la grande ragion d'essere di Cristo — scrive il P. Hérìs O.P. — è la sua
funzione redentrice... (Ora) il compito di Redentore e Salvatore è propriamente una
funzione sacerdotale. Di che trattasi, infatti, per Cristo? Si tratta di riparare in tutta la
giustizia l'offesa commessa dall'uomo: si tratta d'offrire a Dio...una piena
soddisfazione che faccia discendere il perdono divino sull'umanità peccatrice....di
meritare per l'uomo e di trasmettergli le grazie e i benefici divini, che lo ristabiliranno
nella primitiva santità soprannaturale. Dunque Gesù compie alla lettera una funzione
di mediatore. Ora il sacerdote non è giustamente un mediatore ufficiale, scelto da Dio.
per ricongiungere il cielo alla terra?... La missione di Cristo è una missione
sacerdotale, la sua vocazione di sacerdote, l'incarnazione, è decretata da Dio per
permettere il loro compimento”14.
Essere Madre di Cristo è, dunque, essere Madre del Sommo Sacerdote,
essere chiamata a cooperare all'atto sacerdotale di nostro Signore, essere Madre del
Redentore nell'atto specifico di Salvatore.
Senza dubbio il Verbo avrebbe potuto incarnarsi in età adulta in una umanità
tratta dal nulla, come quella di Adamo. Cristo sarebbe stato Uomo perfetto, Sacerdote
perfetto, ma sarebbe stato, in tal caso, più un modello di umanità che un figlio della
nostra stirpe.
Nascendo da Maria, il Figlio di Dio prendeva da quel Cuore Immacolato il
sangue che avrebbe formato il suo Cuore e che sarebbe stato poi sparso per la
salvezza del mondo. Quando vuotiamo il Calice nella Messa è indubbiamente il
Sangue di Cristo che beviamo, il Sangue delle piaghe del Crocefisso e, soprattutto,
della piaga del Cuore,

31

ma è anche il Sangue formato dal Cuore di Maria, nei mesi benedetti in cui portava il
Figlio di Dio nel seno.

E’ dunque, per Maria che Gesù s'è fatto Sacerdote, poiché per mezzo suo ha
congiunto !a natura umana alla sua natura divina, costituendosi così Mediatore fra Dio
e «li uomini. Nostro Signore, infatti, non ha avuto bisogno di una consacrazione
speciale per divenire Sacerdote: è Sacerdote per il solo fatto della sua Incarnazione,
avendo allora unito in sé tutta la divinità e tutta l'umanità15.

Con un amore infinito il Verbo di Dio s'è, dunque. precipitato in quel seno
verginale per disposarvi l'umanità e salvarla. Divenendo infatti Figlio di Maria il Figlio
14
HERIS, O.P. Le Mystère du Christ, Paris, 1928, pp. 40-42. Versione italiana: Brescia, Morcelliana, 1938; pp.
33-34.
15
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q 22, a 1 e Q 26 a. 1.
di Dio è divenuto Sacerdote.

Ma allora, se Maria è Madre di Dio, bisogna dire che lo è per noi. Il Verbo non
si è forse incarnato nel seno di Maria per il fatto che noi siamo dei peccatori? La
predestinazione di Maria a Madre del Redentore suppone la permissione divina del
peccato di Adamo, colpa a sua volta permessa da Dio per un bene più grande: la
venuta di Cristo nel mondo.

Agli autori medioevaìi piaceva ricordare alla Vergine che, se ella era si bella e
si grande, lo era perchè noi siamo dei peccatori.

Ne aborrire i peccatori senza i quali non saresti mai divenuta degna di un


così grande Figlio.

Se non avessero dovuto essere redenti non avresti avuto nessun motivo di
partorire il Salvatore16.

Tutto si concatena meravigliosamente quando si considerano gli eterni


disegni dell'Amore Infinito; come dice S. Tommaso: “Con lo stesso decreto Dio
predestina Cristo ad essere Salvatore degli uomini e gli uomini che vuole salvare ad
esserlo per mezzo di Cristo”17. Ne risulta che la Vergine Santissima è predestinata ad
essere, con nostro Signore, il fine di tutti gli eletti, di tutti i predestinati. Infatti, come
Maria è tutta per Cristo e Cristo tutto per Dio, così coloro che amano Dio e nostro
Signore devono amare Maria e vivere per lei.

Si può dire che tutto è stato fatto per Maria, perchè tutto è stato fatto per
Cristo e per Dio. “Maria — dice S. Ludovico Maria Grignion de Monfort — è tutta
relativa a Dio, e io la chìamerò benìssimo la relazione di Dio, o l'eco di Dio, che non
dice e non ripete se non Dio. Se tu dici Maria, ella dice Dio”18.
In altri termini, il fine ultimo della Maternità divina è la gloria di Dio. così come
il fine dell’Incarnazione è gloria del Padre. Né deve meravigliarci, perchè il motivo che
ha determinato la Maternità di Maria è quello stesso dell’Incarnazione del Verbo.
Gesù e Maria sono stati predestinati da Dio per la sua gloria, ma essi non possono
rendere a Lui tale gloria se non compiendo la loro comune missione: l'Incarnazione
16
Nec abborre peccatores

Sine quibus nunquam fores

Tanto digna Filio.

Si non essent redimendi

Nulla tibi pariendi

Salvatorem ratio.

Queste due strofe sono state tratte da una Sequenza domenicana del XIII secolo, intitulata Tibi
Cordis, che si cantava nei sabati de Beata. Cfr. Cantus pro benedictionibus SS. Sacramenti in
Ordini Predicatorum Ed. M. Barge, O.P. Roma, 1909; p. 46.

17
“Uno et eodem actu Deus praedestinavit ipsum Christum et nos... Sic Deus preordinavit nostram salutem, ab
aeterno praedestinando ut per Jesum Christum compleretur”. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q
24 a 4.

18
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè de la vraie dévotion á la Sainte Vierge. Tours, 1933; n. 225.
Versione italiana a cura della Congregazione delle Figlie della Sapienza. Roma, 1942.
Redentrice.
“De Maria numquam satis” — diceva S. Bernardo — riprendendo
un'espressione ancora più ardita di S. Anselmo: “Non v'è nulla di uguale a Maria,
niente di più grande di Maria, tranne Dio: nihil aequale Mariae, nihil nisi Deus majus
Mariae”19.
In realtà, questi due grandi Dottori della Chiesa intendevano dire
semplicemente ciò che Pio IX avrebbe affermato nella maniera più solenne nella bolla
Ineffahilis Deus: “Dio la fece segno a tanto amore a preferenza d'ogni altra creatura”.

CAPITOLO II

LA MADRE DEI SACERDOTI

1. — LA PREGHIERA DELLA SANTISSIMA VERGINE PER I


SACERDOTI.

Che Maria sia la Madre dei Sacerdoti può facilmente dedursi dai fatto che è
Madre del Sommo Sacerdote; da lui, infatti, essi tutti ricevono il loro sacerdozio. La
Santissima Vergine è divenuta nostra Madre, dunque, dall'Annunciazione e per
mezzo di quel “Fiat”, che ha tutto deciso. Ma lì si tratta di una maternità in germe, in
potenza, direbbero i teologi.
In realtà, come vedremo più oltre, è sotto la Croce, nella sua unione all'atto
sacerdotale per eccellenza di Gesù, nella collaborazione al Sacrificio Redentivo, che
Maria è divenuta la Madre di ognuno di noi, perchè allora Gesù ci generò davvero alla
nuova vita. Fu allora che la Santissima Vergine meritò, con Cristo ed in Cristo, tutte le
grazie della nostra vocazione e della nostra vita sacerdotale. Ella evidentemente non
lo sapeva in modo esplicito, perchè non aveva presenti una per una le nostre anime
sacerdotali, ma sapeva e vedeva Gesù; e bastava.
Maria, infatti, era a lui unita e tutto il potere che aveva sul Cuore di Dio lo
aveva tramite il Sacro Cuore di Gesù.
Indubbiamente, ciò è vero nei riguardi di tutti gii uomini, ma conviene
applicarlo in modo particolare ai Sa—

35

cerdoti: essi hanno, infatti, la missione di lavorare per la salvezza delle anime.

E' Gesù stesso che ci induce a farlo: dall'alto della Croce non ha forse
affidato sua Madre ad uno di noi? “Ecco il tuo figliuolo”. disse a Maria indicando
S. Giovanni; “Ecco la tua madre”, aggiunsi.— rivolgendosi allo Apostolo prediletto:
e questi ci confida che “da quel punto... la prese con se”20. facendo, cosi, ben
risaltare il carattere tutto speciale della Maternità di Maria a suo riguardo. La Vergine
Santissima gli è veramente affidata da nostro Signore prima di morire. Ella diviene
sua Madre. conferà slata fino ad allora Madre ili Gesù, e le relazioni elle l'univano a
Cristo Sommo Sacerdote sussisteranno fra lei e lui.
19
S. ANSELMO – Orationes et meditationes, 52, P.L., 158, 956.
20
Jo., XIX, 25-27.
Non possiamo scorgere, in queste parole del Signore, l'annunzio della
maternità di Maria verso tutti i Sacerdoti? San Giovanni faceva le nostre veci, perchè
noi pure siamo figli della Santissima Vergine come tutti gli altri Apostoli, l.a prova ci è
data dall'ufficio altamente materno che la Vergine Santa ebbe nel Cenacolo. Gii Alti
degli Apostoli dicono, infatti, che nei giorni che vanno dall'Ascensione alla Pentecoste,
gli Undici stavano nel Cenacolo, formando quasi un'anima sola e perseverando
“nell'orazione... con Maria Madre di Gesù”21.

L’immagine che ci formiamo della Santissima Vergine non è quella di parlare


agli Apostoli della vita e della persona di nostro Signore. Ella perseverava invece
nella preghiera, in un silenzio di ardente contemplazione. Evidentemente è facile
supporre che. rispondesse volentieri alle domande dei discepoli di Gesù, ma il suo
raccoglimento, in

36

quell'ora si grave, doveva imporre loro una discrezione somma e sospingerli alla
preghiera raccolta e silenziosa.

Maria, infatti, presentiva che grazie immense stavano per discendere dal
cielo e trasformare quegli uomini, ancora si deboli e pieni di vedute umane, in pilastri
della Chiesa. Ella pregava con tutta la potenza del suo Cuore e domandava allo
Spirito Santo di spandersi abbondantemente su ciascuno di loro, di trasformarli
completamente e dar loro Io Spirito di Gesù, di farne degli altri Cristi, dei Sacerdoti.

Come non pensare a una mamma che. alla vigilia dell'Ordinazione di suo
figlio, supplicava Dio di ricolmarli delle grazie che dovranno renderlo un santo
Sacerdote?

Ma questa mamma non ha meritato antecedentemente ciò che domanda per


suo figlio, mentre la Santissima Vergine ha meritato già sul Calvario, in unione col
Figlio, tutte le grazie che noi riceviamo e ma domanda — oserei dire — esige, come
S. Caterina da Siena che diceva: “Io voglio!”. Omnipotentia supplex: è l'onnipotenza
che prega.

E' dunque in gran parte per la preghiera della Vergine che la Chiesa, a
Pentecoste, iniziò la sua missione apostolica nel mondo, al modo stesso che dietro
sua preghiera Gesù principiò, a Canà, la sua vita pubblica fra i Giudei.

* * *

Per quanto grande e potente fosse sul Cuore di Dio durante la sua vita
terrena la Santissima Vergine era tuttavia limitata nella sua azione: solo per un
miracolo, una rivelazione profetica, avrebbe potuto vedere le anime di noi che viviamo
ad esempio nel secolo XX.

In cielo, invece, nella visione beatifica, ella ci vede, anzi agisce su di noi.
senza che ii nostro numero la ostacoli:

37

ama tutti i Sacerdoti e veglia su ciascuno di noi come se fossimo gli unici al mondo.
21
Acta, I, 14.
E’ stata lei a domandare, insieme a Nostro Signore, che noi divenissimo
Sacerdoti, o meglio — per esprimerci in tutto rigore teologico— diremo che l'Amore
Infinito ha decretato nei suoi eterni disegni che noi saremmo stati chiamati al
Sacerdozio in forza dei meriti di Cristo e della sua Santa Madre, in risposta alla loro
comune preghiera.
E' lei. che anche attualmente domanda incessantemente tutte le grazie di cui
abbiamo bisogno per perseverare nell'amore di Cristo e delle anime, per avanzare
nella via stretta della perfezione, spesso tanto contraria alle nostre inclinazioni, per
esercitare con zelo il nostro minisiero, per celebrare ciascuna Messa con più fervore
di quella precedente.
E’ lei, infine, che prega per noi e che ci assisterà nell'ora della morte. “Nunc
et in hora mortis”. In ogni istante, ad ogni “nunc”, possiamo dire con tutta verità che
Maria prega per noi ed agisce spiritualmente su noi.
Dall'alto dei cieli la Vergine Santa scorge realmente nell'anima nostra il
carattere indelebile di Cristo e sa, per scienza divina, il compito che ciascuno di noi
deve assolvere come Sacerdote di Cristo. Ella sa che nostro Signore ha voluto farsi
rappresentare, quaggiù da uomini che recano nel loro essere spirituale il suo
Sacerdozio.
Gesù, certo, non aveva bisogno di noi per compiere la sua opera salvifica.
Dal cielo avrebbe, potuto distribuire a ciascun uomo i frutti infiniti della sua Passione,
illuminare le intelligenze, purificare e trasformare i cuori direttamente, senza la
mediazione di alcun Sacramento. Con la sola efficacia della sua grazia avrebbe
potuto unire al Padre e

38

a se tutte le membra del suo Corpo Mistico, nella fede e nella carità.
Ma non ha voluto che così fosse. Come l'Amore Infinito s'è manifestato
visibilmente con l'Incarnazione e la Redenzione dei Figlio di Dio, cosi questo Amore
Infinito ha ispirato al Sacro Cuore di restare corporalmente fra noi nella Santa
Eucaristìa e d'istituire dei Sacerdoti che distribuissero, in nome di Cristo, il Corpo e il
Sangue di Cristo alle anime desiderose di unirsi a lui e che le preparassero a tale
unione con gli altri Sacramenti e l'insegnamento della verità.
Una volta ancora: Cristo avrebbe potuto unire gli uomini a se direttamente ed
avrebbe potuto istruirli dall'interno, illuminando le loro anime; ma ha voluto che nel
corso dei secoli, tutto fosse fatto, come egli stesso aveva fatto quaggiù, mediante la
sua Umanità, gli Ebrei vedevano un uomo, ascoltavano un uomo e crocifissero un
uomo. Adesso, nel Sacerdote, gli increduli vedono un uomo, ascoltano un uomo e,
forse, disprezzano un uomo. Ma coloro che possseggono la fede trovano, in
quest'uomo, Dio che egli porta loro, al modo che — salve le proporzioni— trovano
Dio in Cristo Gesù.
Così, nel piano attuale della Provvidenza, là dove mancano i Sacerdoti, non
vi sono più Messe, non più battesimi, non confessioni, non matrimoni cristiani,
nìent'alìro che paganesimo e. disgraziatamente, la probabile eterna perdizione delle
anime. La presenza del Sacerdote è normalmente necessaria al sussistere della fede
e della vita cristiana.

2. — LA GRANDEZZA DEL SACERDOZIO ED IL RISPETTO DI MARIA PER


I SACERDOTI.

Se la Vergine Santissima prega tanto per i Sacerdoti, è perchè conosce


meglio di noi cos'è quel Sacerdozio impresso nella loro anima.

Nel giorno dell'Ordinazioni noi siamo stati contrassegnali coi Sacerdozio


stesso di Cristo, Abbiamo ricevuto il carattere del Sacramento dell'Ordine, che ci ha
conferito un potere spirituale: “Ordo prìncipaìiter potestatem importat” — dice S.
Tommaso22 —. E' il potere permanente e indelebile di fare ciò che faceva Gesù come
Sacerdote: rendere il Figlio di Dio presente sull'altare, offrire al Padre il Sacrificio
stesso di Cristo in una maniera sacramentale, dare in cibo agli uomini il Corpo e il
Sangue di Cristo, riconciliare i peccatori con Dio, insegnare le verità eterne... In breve,
il carattere sacerdotale ci dà il potere di essere mediatori fra Dio e gli uomini; di noi,
poveri peccatori come gli altri, esso fa degli altri Cristi e. quei che è più, ci dà potestà
su Luì stesso.

San Tommaso ci ricorda la nostra grandezza: “Il Sacerdote dev'essere


intermediario fra l'uomo e Dio: col fervore della sua preghiera deve toccare Dio come
uno degli estremi e con la misericordia e la compassione deve toccare l'altro estremo,
vale a dire l'uomo”23.

“II Sacerdote ha in suo potere due atti, l'uno princi-

40

pale sul Corpo vero di Cristo, l'altro sul Corpo mistico”24.

Noi possiamo far uso di questo potere nel modo che vogliamo, celebrare la
Messa all'ora che ci piace, rifiutare il perdono alle, anime che giudichiamo
impreparate a riceverlo, abusare — purtroppo!— di tale potere “crocifiggendo
nuovamente il Figlio di Dio”25 e perdendo le anime a noi affidate.

Veramente Cristo si abbandona ai suo Sacerdote. Riportiamo, a tale


proposito, alcune righe della Madre Claret de la Touche: “Gesù è del Sacerdote. Egli
si è dato volontariamente a lui. Per mezzo dell Eucaristia e nel S. Sacrificio della
Messa Egli diventa possessione divina dei Sacerdote. Gesù tutto intero: il suo spirito,
la sua dottrina, le sue parole, la sua anima santissima, il suo Cuore amorosissimo, il
suo corpo purissimo, la sua Divinità appartengono ai Sacerdote, che ne può disporre
come di un suo bene, di una sua particolare proprietà”26.

Ma questo potere sacerdotale non è che un potere strumentale. Noi non


agiamo solamente in nome di Cristo, come potrebbe fare un plenipotenziario, noi
agiamo sotto la mozione attuale di Cristo27. “E' lui che battezza e rimette i peccati, è

22
THOMAS AQUINAS. S. • Suppl., Q. 34, a. 2. ad 2: Cfr. Contra Gent., IV, 74,

23
”Sacerdos debet esse medius inter hominem et Deum, cum per devotionem
orationis debet tangere Deum tamquam unum extremum, sic per misericordiam et
compassione m debet tangere alterum extremum scilicet hominem. THOMAS
AQUINAS, S, — In Ep. ad Hebr., V, lect. 1.
24
“Sacerdos habet duos actus, unum principalem supra Corpus Christi verum et alterum supra Corpus Christi
mysticum” THOMAS AQUINAS. S. • Suppl., Q. 36, a. 2
25
Hebr., VI, 4.
26
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore – Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, pp.
330-331.
27
“Minister comparatur ad Dominud sicut instrumentum ad principale agens; sicut enim instrumentum movetur
ab agente ad aliquid efficiendum, sic minister movetur imperio Domini ad aliquid exequendum”, THOMAS
AQUINAS. S.. Contra Gent., IV, 74
lui che consacra in noi”, dice ancora S. Tommaso28.

41

Noi siamo solo ministri e strumenti. Non v'è, infatti, che un solo Sacerdote:
“Unus mediator Dei et hominum”. — dice S. Paolo29— e noi siamo sacerdoti in lui e
per Sui. Se, per impossibile, in cielo Cristo cessasse di essere Sacerdote,
immediatamente tutti i sacerdoti della terra ritornerebbero degli uomini come tutti gli
altri. Quando ci ha ordinati, il Vescovo non ci ha trasmesso il suo sacerdozio come il
Pontefice dell'Antica Legge, ma ci ha incorporati al sacerdozio di Cristo; e, quando
esercitiamo il nostro ministero, noi non attingiamo dai nostri meriti: ma comunichiamo
la grazia stessa di Cristo, come dice con estremo vigore S. Tommaso30.
Noi, dunque, siamo fatti partecipi e, in certo modo, sacramentalmente
identificati all'essere stesso di Carisio— Sacerdote per il semplice fatto che siamo
Sacerdoti e indipendentemente dalla nostra santità o miseria personale.
S. Giovanni Eudes lo diceva eccellentemente ai suoi Sacerdoti: “Voi siete
rivestiti del suo Sacerdozio regale, ii vostro Sacerdozio non è che una sola cosa col
suo e voi non siete che un unico Sacerdote insieme al Sommo Sacerdote. Voi siete
dei Gesù vìventi e ambulanti sulla terra. Voi rappresentate la sua persona, e ne
occupate il posto31.
Si citano spesso queste parole attribuite a S. Norberto:
“Sacerdote, chi sei tu? Non sei da te. perchè sei dal nulla.

42.

non sei per te, perchè mediatore degli uomini,


tu non sei tuo, perchè sposo della Chiesa,
non sei di te, perchè servo di tutti,
tu non sei tu, perchè sei Dio.
Chi sei tu dunque? Niente e tutto”32.

* * *
Ma tutta questa grandezza del Sacerdozio, questo potere formidabile “che —
al dire di S. Cirillo di Gerusalemme— fa tremare i demoni e onorano gli Angeli” tutto
quello che tentiamo di indovinare un poco, ma che conosciamo si male, la Vergine
Santissima lo sa e vede nella luce di Cristo— Sacerdote.
Ella ci vede come suo prolungamento, contempla in noi il Sacerdozio del
28
“Onnia sacramenta Christus perfecit; ipse enim est qui baptizat, ipse qui peccata remittit, ipse est verus sacerdos
qui se obtulit in ara crucis et cuius virtute corpus eius in altare quotidie consecratur”. THOMAS AQUINAS.
S. Contra Gent., IV, 76.
29
I Tim, II, 5.
30
“Ministri Ecclesiae non praeponuntur aliis ut eis ex propriae sanctitatis virtute aliquid tribuant -quia hoc solius
Dei est- sed sicut ministri et quodammodo instrumenta illius effluxus qui fit a capite in membra”. THOMAS
AQUINAS. S, — Suppl., Q. 36. a. 3
31
JOANNES EUDES, S.- Memorial de Vie ecclésiastique - Cap. preliminare.

“O
32
Sacerdos, quis es tu?
Non es a te. quia de nihilo
Non es ad te. quia mediator hominum
Non es tibi, quia sponsus Ecclesiae
Non es tui, quia servus omnium
Non es tu. quia Deus es
Quis ergo es tu? Nihil et omnia”.
Figlio suo amatissimo.
Quali che siano le nostre miserie personali, allora, Ella ha per ciascuno di noi
una autentica venerazione.
Di S. Francesco d'Assisi e di S. Caterina da Siena si racconta che baciavano
le mani dei ministri indegni quantunque, per divina rivelazione, conoscessero la
sozzura in cui viveva !a loro anima. Ma la Santissima Vergine aveva. in terra, per S.
Giovanni ed ora per noi dal cielo un rispetto ancora più profondo di questi due grandi
Santi.
Per lei un Sacerdote è sempre un Sacerdote, un'immagine vivente cioè del
Figlio suo e, se tale immagine è sfi—

42

gurata dal peccato, ella ha un desiderio ancora più ardente di ridonarle la


rassomiglianza con Cristo, perchè lo vede come lo vede Dio e nella visione stessa di
Dio. La Madre Claret de la Touche scrive: “Dio Padre vede in lui l'immagine più
perfetta del Verbo incarnato, un secondo Gesù, tanto simile al primo, che quasi non lo
potrebbe distinguere; vede in lui uno specchio tersissimo nel quale si riflettono le virtù
di questo suo Figlio prediletto. Egli sente nella voce del Sacerdote quella di Gesù.

Il Verbo vede nel Sacerdote un fratello, un amico, un prodotto del suo Cuore,
un altro Se stesso, per mezzo del quale continua tutte le sue opere e nel quale la sua
vita umana, la sua vita di Sacerdote e di vittima è come prolungata nei secoli”33.

3. – LO ZELO DI MARIA PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI.

Il giorno dell'Ordinazione non abbiamo ricevuto solo il carattere; il


Sacramento dell'Ordine ci ha conferito anche la grazia sacerdotale. E' la grazia che
viene data al Sacerdote — dice S. Tommaso — affinchè possa adempiere le
funzioni sacerdotali secondo lo Spirito di Cristo— Sacerdote, che egli rappresenta34.

Questa grazia sacramentale — precisa S. Tommaso —

44

è una modalità permanente ed un vigore speciale della grazia santificante, della


“grazia delle virtù e dei doni dello Spirito Santo”35. E’ la grazia santificante appropriata
al Sacerdote, la grazia che deve santificarlo nelle sue stesse azioni sacerdotali, nella
sua vita di Sacerdote, al modo che la grazia del Battesimo è la grazia che santifica il
battezzato nella sua vita di cristiano e la grazia del Sacramento del matrimonio è la
grazia che santifica gii sposi nella loro vita coniugale.

33
CLARET DE LA TOUCHE, L. M. — Al servizio di Dio-Amore - Torino. Libreria del S. Cuore. 1949; p.
320.
34
“Oportet instrumentum esse proportionatum agenti. Unde et ministros Christi oportet esse ei conformes (…) cui
confertur potestas ad aliquid operandum, conferantur etiam ea sine quibus huiusmodi operatio convenienter
exerceri non potest. Administratio autem sacramentorum ad quae ordinatur spiritualis potestas convenienter nonfit
nisi aliquis ad hoc a disvina gratia adiuvetur. Et ideo in hoc sacramento confertur gratia sicut et in aliis
sacramentis”. THOMAS AQUINAS, S. – Contra Gent., IV, 74.
35
THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., III, Q. 62, a.2.
La grazia sacerdotale è. dunque, il principio dell'unione del Sacerdote con
Cristo— Sacerdote: essa lo fa vivere da Sacerdote. Per il carattere, almeno
strumentalmente, egli è Cristo, è “un altro Cristo”. Per la grazia sacerdotale. egli vive
da “altro Cristo”. “Non sono più io che vivo — dice S. Paolo — ma è Cristo che vìve in
me»36.

Gesù è cosi nel suo Sacerdote e lo fa vivere della sua propria vita
sacerdotale, in breve, il Sacerdote non è più un semplice servo, è un suo amico.
Tutto ciò ci mostra a quale perfezione è chiamato il Sacerdote, o piuttosto —
che è più grave— quale perfezione è richiesta in lui affinchè possa adempiere
degnamente le sue funzioni. D'altronde, è proprio per ciò che co! Sacramento
dell'Ordine, riceve una grazia speciale, grazia dalla quale procedono, insieme alle
viriti cristiane e sacerdotali, i doni che divinizzano il modo di queste virtù e che
formano i Santi37. S. Tommaso non trascura occasione alcuna per ricordare
l'eminente perfezione richiesta per queste sante funzioni: “Per il buon esercizio degli
ordini non basta avere una bontà ordinaria, ma si richiede una bontà in grado
eccellente, di modo che, coloro che ricevono gli ordini, come sono costituiti al di sopra
del popolo in forza dell'Ordine, lo siano anche per santità. Per ciò la grazia
santificante che è sufficiente ad essere degnamente annoverati fra le membra di
Cristo è indubbiamente prerequisita, ma nella stessa Ordinazione viene conferita una
grazia più grande con la quale siamo resi idonei a più alti compiti38.
E, più oltre, S. Tommaso non si contenta di parlare di perfezione, egli vuole
nel Sacerdote la santità, argomentandolo dal fatto che il Sacerdote è guida degli
uomini nelle cose divine39.
Quando, infine, S. Tommaso paragona lo stato religioso alla vita sacerdotale,
non teme di affermare con forza che il Sacerdote è chiamato ad una santità superiore
a quella del monaco non Sacerdote, perchè è al servizio immediato del Sacramento
dell'Altare40.
In tutti questi testi S. Tommaso non si stanca di ripetere che dal Sacerdote si
richiede la santità. Anzi, giungerà a dire che la santità è richiesta prima ancora di
essere Sacerdoti, mentre per il religioso è sufficiente tendere ad essa41.
Né c'è da meravigliarsi, quando si riflette a quello che

46

il Sacerdote è: mediatore tra Dio e le anime in luogo di nostro Signore Gesù Cristo, —
36
Ad Gal., II, 10.
37
Cfr. THOMAS AQUINAS, S. – Summa Theol., III, Q. 62, a.2
«Ad idoneam executionem ordinum non sufficit bonitas excellens, ut sicut illi qui
38

ordines suscipiunt, super plebem constituuntur gradu ordinis. ita ut superiores sint
merito sanctitatis. Et ideo praexigitur gratia quae sufficit ad hoc quod digne
connumerentur in plebe Christi, sed confertur in ipsa susceptione ordinis amplius
gratiae munus per quod ad maiora reddantur idonei”. THOMAS AQUINAS, S. —
Suppl., Q. 35, a. 1 ad 3.

“Cum in quolibet ordine aliquis dux sit in rebus divinis, ideo sanctitas vitae requiritur
39

ad ordinem”. THOMAS AQUINAS. S. — Suppl., Q., 36. a.1.


40
“Per sacrum ordinem aliquis deputatur ad dignissima ministeria quibus ipsi Christo
servitur in sacramento altaris, ad quod requiritur maior sanctitas quam requiret etiam
religionis status...”. THOMAS AQUINAS, S. - Summa Theol., II-II, Q.184, a. 8,

“Ordines sacri praexigunt sanctitatem, sed status religionis est exercitium quoddam
41

ad sanctitatem assequendam”. Ibid., Q. 189, a. 1, ad 3.


che fu Uomo perfetto e Dio, mentre noi restiamo pur sempre dei miserabilissimi
uomini— continuatori di Cristo, o meglio ancora, immagini viventi di Cristo.
Noi, dunque, non desidereremo mai abbastanza la santità. Non temiamo di
mirare troppo in alto, perchè è sulla santità stessa di Cristo che dobbiamo modellare
la nostra vita. E se, talvolta, crediamo di essere presuntuosi, o piuttosto, se ci
lamentiamo di non avere tali aspirazioni, e sopratutto, se siamo tentati di scoraggiarci
di fronte alla grandezza del compito, volgiamo lo sguardo alla Madre nostra, la
Vergine Santa.
Tutto ciò che possiamo desiderare per il nostro avanzamento spirituale è
nulla, paragonato allo zelo ardente col quale lo persegue Maria.
Abbiamo detto poc'anzi che ella ha per il nostro carattere sacerdotale un
rispetto ed una venerazione immensa; ora, più che di rispetto e venerazione, è
d'amore che bisogna parlare.
Maria ci ama come una madre ama il suo bimbo, con una tenerezza ed una
sollecitudine, di cui, quella delle nostre mamme, non è che un pallido riflesso.
Ella ha una brama ardente di ritrovare nelle anime nostre Cristo stesso e di
vedere la grazia sacerdotale fruttificare al centuplo nella nostra vita di Sacerdoti. Ella
ci vuole —come diceva S. Ludovico Grignion de Montfort — dei “Sacerdoti tutto
fuoco”, apostoli ardenti dell'amore infinito, cuori viventi di Cristo suo Figlio42. Ella
riversa su

47

noi l'amore materno che portava a S. Giovanni e lo zelo di cui bruciava per la di lui
santificazione.

Ella ama così ciascuno di noi in particolare, con una tenerezza e una
sollecitudine indicibilibe: con tutta verità e senza sdolcinatura alcuna possiamo
dunque chiamarla Mamma nostra, come indubbiamente faceva Gesù43.

Ma il suo amore ha qualcosa di effettivo che si traduce in azione. Maria vuol


formare i suoi figliuoli.

* * *

Se vogliamo essere dei veri Sacerdoti secondo il Cuore di Nostro Signore,


dobbiamo essere dei figliuoli di Maria più di tutti i fedeli, anche se ferventissimi.

Non si tratta di una semplice devozione; o meglio, e ben più che una
semplice devozione, quella che dobbiamo nutrire verso la Vergine Santissima, purché
si dia nuovamente a tale parola il suo antico significato, che conservava ancora nel
XVIll secolo e che è quello di S. Tommaso44. Essere devoto significa così essere
donato, dedicato, votato. In tale senso si può parlare della devozione verso la
Santìssima Vergine come si parla di quella verso la persona di Nostro Signore: essa
cessa di essere una devozione particolare, come è ad esempio, quella a S. Teresa
del Bambino Gesù.

42
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè de la vraie dévotion á la Sainte Vierge. Versione italiana a cura
della Congregazione delle Figlie della Sapienza. Roma, 1942, nn. 55-56, e Priére pour demander à Dieu
43
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. n. 40.

44
Cfr. THOMAS AQUINAS. S. — — Summa Theol.. II-II, Q. 82. a. 1.
Noi siamo tutti figli della Santissima Vergine; ci pensiamo o no, tutte le grazie
che ci vengono da Dio passano attraverso il suo Cuore Immacolato, come attraverso
il Cuore di Gesù. Ma quale differenza, se siamo coscienti di que—

48

sta maternità e di questa azione incessante di Maria sulle nostre anime di Sacerdoti!

Non saremo mai veramente degli “altri Cristi”, se non siamo figli della
Santìssima Vergine. Perchè, se è vero che ogni cristiano deve ridivenire fanciullo45 e
nascere nuovamente per entrare nel regno dei cieli46, ciò è particolarmente certo per il
Sacerdote. Ora, secondo ì disegni della Provvidenza— questa “rinascita”
soprannaturale, che fa di noi dei figli dei Padre, non si realizza che per mezzo della
Santissima Vergine.

“Dio Padre vuole avere figli per mezzo di Maria... Come nella generazione
naturale e corporea vi ha un padre ed una madre, così nella generazione
soprannaturale e spirituale vi ha un padre che è Dio e una Madre che è Maria... Chi
non ha Maria per madre non ha per padre Iddio47.

Come, infatti, possiamo sperare di rivivere la vita spirituale di Cristo e, sopra


tutto, riprodurre la sua azione principale, il Sacrifìcio della Croce, con tutti i sensi
d'amore e d'abbandono per il Padre e di compassione per le anime, se non avremo
cominciato la nostra vita spirituale lì dove Egli ha voluto iniziare la sua, nel seno di
Maria? Ciò che Nostro Signore diceva ai discepoli circa la sua Passione è vero anche
di tutta la sua vita: se qualcuno mi vuol servire, mi segua; e dove sono io sarà anche il
mio servitore”48.

“Se Gesù Cristo, Capo degli uomini, nacque da lei, i predestinati, che sono le
membra di questo Capo, debbono pure per necessaria conseguenza nascere da lei.
Una mede—

49

sima madre non mette alla luce la testà o il capo senza le membra, né le membra
senza la testa, altrimenti si avrebbe un mostro di natura; così, nell'ordine della grazia,
il capo e i membri nascono da una stessa madre; e se un membro del corpo mistico
di Gesù Cristo, cioè un predestinato, nascesse da altra madre invece che da Maria la
quale produsse il Capo, non sarebbe un predestinato, nè un membro di Gesù Cristo,
ma un mostro nell’ordine della grazia “49.
Imitiamo, dunque, il Fanciullo di Betlemme e di Nazaret, tutto abbandonato
nelle braccia della Madre50. Il suo esempio ci insegnerà come comportarci con la
Santissima Vergine per tutta la durata della nostra vita sacerdotale. Gesù, infatti, non
cessò mai di essere il figlio di Maria; i suoi “stati interiori” restavano immutati mentre
cresceva in età. perchè, fin dal primo istante della concezione, aveva ricevuto la
pienezza di grazia, che non crebbe in seguito. Salve le proporzioni— qualcosa di
45
Matth., XVIII, 3.
46
Jo., III, 3.

47
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. nn. 29-30.
48
Jo., XII, 26.

49
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. n. 32.
50
FRANCISCUS SALESIUS., S., Traité de l’amour de Dieu., I, IX, cap. 14.
simile dovrebbe avvenire anche nella nostra vita interiore: non é solo in seminario o al
noviziato che bisogna essere figli della Santissima Vergine, ma sempre.
L’abbandono al beneplacito della Vergine in tutti gli eventi della nostra vita è il
mezzo più sicuro per imparare a praticare l'abbandono alla Volontà del Padre nostro
dei cieli.
Se ci siamo veramente donati alla Santissima Vergine, se le abbiamo affidato
la cura della nostra santificazione, possiamo essere sicuri che ella ci formerà nella
pratica delle virtù sacerdotali con uno zelo immenso.

Chiediamole soprattutto che ci faccia crescere nella fede e nella carità;


perchè Maria è veramente Madre nostra nella fede e nostro Modello nell'aumento
della carità. Nostro Signore non aveva la fede, perchè non cessava di vedere il Padre,
e non cresceva nella carità, perchè sin dal primo istante dell’Incarnazione era
costituito nella pienezza della grazia51. La Santissima Vergine, invece, si trovava
esattamente nella nostra condizione di viatori; come noi ella aderiva per fede a ciò
che non vedeva, al modo stesso che il cieco crede alle parole di un amico che vede.
Quando stringeva il Bambino Gesù fra le braccia, ella vedeva un bimbo che
era carne della sua carne, ma non vedeva Dio; credeva che era Dio — e non è mai
venuta meno nè ha esitato un istante nella sua fede-- ma in definitiva, non penetrava
i misteri di fede.
Maria si dirigeva nella vita con gli stessi lumi di fede che abbiamo noi per
regolare la nostra prudenza cristiana, dandoci così un esempio perfetto della vita di
fede. Pertanto la sua vita interiore non cessava di crescere nella carità; la sua fedeltà
nell'accogliere ì voleri di Dio e a metterli in pratica52 in una maniera sempre più
perfetta e più pronta ne fa il modello di santità più completo e più semplice che si
possa immaginare. Supplichiamola, dunque, di ottenerci da Dio la grazia efficace che
ci faccia progredire quotidianamente nella fede e nella carità. Attingiamo nel Cuore
della Madre nostra le virtù cristiane, che formano il vero servitore di nostro Signore e.
soprattutto, il vero Sacerdote.
S. Ludovico Grignion de Montfort ci invita a porci in Maria come nello
“stampo” che ha modellato Gesù e che

51

non può ormai produrre se non immagini perfette di lui53.

Gli piace ripetere che dobbiamo “gettarci” e “perderci” in Maria: (I suoi figli) “si
gettano, si nascondono e si perdono in modo ammirabile nel materno e verginale suo
seno, per esservi infiammati di puro amore, per esservi purificati da ogni minima
macchia e per trovarvi pienamente Gesù”54.

“Tu lasci in disparte le tue proprie intenzioni di industrie, quantunque buone e


conosciute, per perderti, a così dire, in quelle di Maria SS— , sebbene a te
sconosciute»55. “Bisogna dimorare nel bell’ interno di Maria con compiacenza,
riposarvisi in pace, appoggiarvisi con fiducia, nascondirvisì con sicurezza e perdervisi
51
Cfr. THOMAS AQUINAS. S. Summa Theol.. III, Q. 7. aa. 3, 9, 11.
52
Cfr. Lc VIII, 21, e XI, 28.

53
L. M. GRIGNON DE MONTFORT, S. – Traitè…, ed. Cit. nn. 219-220.
54
Ibid., n. 199.
55
Ibid., n. 222.
senza riserva”56.

“Maria Santissima, quando vede che uno si da tutto a Lei per farle onore e
servirla, si dà ella pure tutta a lui, e in una maniera ineffabile. Lo fa sommergere
nell'abisso delle sue grazie; lo adorna dei suoi meriti: lo sostiene con la sua potenza;
lo rischiara coi suoi lumi: lo accende del suo amore: gli comunica le sue virtù”57.

“Quando sarà che le anime respireranno Maria come i corpi respirano l'aria...
quando arriverà questo tempo felice, in cui, immergendosi volontariamente nell'abisso
del suo interno, diverranno copie viventi di Maria?”58.

E' nella misura in cui saremo così plasmati dalla Santissima Vergine che noi
diverremo dei veri Sacerdoti, quegli “apostoli di fuoco” che desiderava S. Ludovico
Grignion de Montfort59.

PARTE SECONDA

MARIA E LA VITA INTERIORE SACERDOTALE

CAPITOLO I.

MARIA E IL CUORE SACERDOTALE DI CRISTO

Se la Maternità divina è il fondamento di tutte le relazioni che intercorrono tra


la Santissima Vergine e nostro Signore, essa, tuttavia, non esaurisce tutti gli aspetti di
tali relazioni.

Maria è stata predestinata ad essere la Madre del Figliuolo Unigenito di Dio,


non solo per plasmare la sua santa Umanità, offrirgli la possibilità di divenire
Sacerdote, ma anche per dargli il suo Cuore verginale e cooperare all'opera che egli è
venuto a compiere in terra, la Redenzione.

Sono queste relazioni di Maria col Sommo Sacerdote che dovremo ora
contemplare. Esse ci sveleranno a quale intimità con la Vergine Santa noi siamo
invitati nella Chiesa e nella nostra vita interiore di Sacerdoti.

1. IL CUORE SACERDOTALE DI CRISTO NELLA PASSIONE

Qualunque siano le divergenze di scuola circa il motivo dell'Incarnazione, è


un fatto ammesso da tutti i teologi che il Verbo s'è incarnato per salvarci. Si può
discutere su ciò che Dio avrebbe decretato se l'uomo non avesse peccato, ma non si
può negare che, di fatto, in ciò che ve—

57
56
Ibid., n. 264.
57
Ibid., n. 144.
58
Ibid., n. 217.
59
Cfr Ibid., nn. 55-59, e Priére pour demander à Dieu des Missionaires. Ed Tours, 1933, pp. 54-59 (Appendice).
diamo dei disegni dell'Autore Infinito, l'Incarnazione sia stata ordinata alla
Redenzione. “Dio ha talmente amato il mondo, che ha dato il Figliuol suo unigenito,
affinchè chiunque crede in lui, non perisca ma abbia la vita eterna”60.
Ma il piano dell'Amore Infinito è mirabilmente logico nella sua misericordia.
Dio sa fino a qual punto noi siamo impastati di sensibilità e incapaci di elevarci alle
cose invisibili se non a mezzo delle visibili: “Dum visibiliter cognoscimus, in
invisibilium amorem rapiamur”61. Perciò non si contenta di assumere la carne d'uomo,
di farsi bambino per insegnarci a non aver paura di lui e soprattutto per farci capire
che con lui dobbiamo renderci noi pure bambini; Dio vuole manifestarci il suo amore
sino in fondo: “In finem dilexit”62. fino alla morte di Croce. “usque ad mortem Crucis”63.
Un solo atto d'amore di Cristo sarebbe bastato infatti ad operare la nostra
Redenzione, a saldare al Padre il debito infinito che avevamo contratto con la
giustizia divina, a riparare l'offesa — d'una gravità smisurata— a Dio inferta. Una
sola oblazione interiore del Cuore di Gesù avrebbe potuto ottenere la salvezza
dell'umanità tutta, poiché il più piccolo atto d'amore di questo Sacro Cuore prendeva
un valore infinito nella persona del Verbo, amore tuttavia umano e,
conseguentemente, capace di rappresentare dinanzi al Padre l'umanità intera.
Perchè dunque la Passione, il Sangue, la Coronazione di spine, il Calvario?

La ragione sta nell'Amore Infinito che Dio ci porta; è per nostro amore che
Dio ha decretato la morte ignominiosa della Croce ed il Sacrificio cruento del Sommo
Sacerdote. Se Gesù ci avesse riscattati col più piccolo atto d'amore, noi non avremmo
compreso e non avremmo corrisposto. Come dice S. Agostino — “Dio non ci salverà
senza di noi”64: a che cosa sarebbe servito dunque che Gesù ci ottenesse il perdono
dal Padre, se noi non ne avessimo tratto profitto? Affinchè dei poveri siano
rifocillati non basta che vengano invitati ad un banchetto preparato loro da un ricco
benefattore, bisogna ancora elle acconsentano ad andarvi e prendano ii cibo loro
offerto: diversamente, potrebbero morire di fame di fronte a quella tavola si bene
imbandita. Parimenti, per essere salvi, bisogna far propri. con un atto personale, i
frutti della Redenzione; l'amore di Gesù per noi non basta, è necessario
anche il nostro amore per lui. Per stabilire un'amicizia occorre reciprocità:
altrimenti non si conclude nulla ed inutile è il sangue di Cristo.
Ora, se dopo venti secoli tanti cristiani — pur convinti che le piaghe di Cristo
contengano il cibo della vita eterna — muoiono di fame e di sete, perchè non vanno
ad attingere, cosa sarebbe stato se nostro Signore non avesse messo tutto in opera
per manifestare quanto aveva fatto per riscattarci? Se si fosse contentato
semplicemente di un interiore atto d'amore, certo, sul Cuore del Padre ci avrebbe
ottenuto le identiche possibilità di salvezza che abbiamo ora, ma noi, peccatori induriti
quali siamo, non avremmo “creduto all'Amore” oppure l'avremmo dimenticato dopo
poco tempo.

59

Tutto lo scopo dell'Amore infinito nell'opera della nostra salvezza,


nell'Incarnazione, come nella Redenzione, consiste dunque nel ridestare il nostro
amore per Dio. Nostro Signore perciò ha fatto veramente tutto per provarci il suo
amore, ben sapendo che, per provocare una risposta d'amore, niente vale più di una
prova d'amore.
60
Jo., III, 16.
61
Prefatio di Natale.
62
Jo., XIII, 1.
63
Ad Phil., II, 8.
64
AUGUSTINUS, S., Serm., 169, 13; PL. 38, 923.
Ora, il mezzo più efficace per manifestare l'amore non è forse il dono di se
stesso, il dono che non si risparmia, che accetta la sofferenza e giunge fino alla
morte? “Non v'è amore più grande che dare la vita per gli amici”65. A nulla serve dire
ad un amico che lo si ama. se non glielo si prova con una dedizione totale al
momento del bisogno66.
Se tutto ciò risponde alle intuizioni della nostra psicologia umana, usa ha
trionfare degli ostacoli della vita a prezzo di sofferenza, non ci deve sembrare però
cosa naturale quando si tratta di Nostro Signore.
Gesù, infatti, non avrebbe dovuto soffrite. Il dolore è per noi una pena, una
pena dovuta al peccato, e Cristo non ha peccato. E poi, Nostro Signore godeva sulla
terra la visione beatifica; celava tuttavia la sua beatitudine sotto i veli d'una umanità
sofferente.
Nostro Signore ha, dunque, scelto anche lui lo stato di sofferenza nel quale
troviamo noi tutti, dalla nascita povera ed umile nella mangiatoia di Betlemme fino alla
morte sulla Croce, passando attraverso le fatiche, la fame e le tristezze dei viaggi
apostolici lungo le vie di Palestina, attraverso la tentazione stessa e la debolezza
dinanzi al calice della volontà divina.

60

Egli ha scelto liberamente ciascuna di queste sofferenze ordinarie e.


soprattutto, ha accettato liberamente e per l'Amore Infinito del suo Cuore le
sofferenze della Passione, che dovevano permettergli di compiere l'atto principale del
suo Sacerdozio, il sacrificio redentivo, mediante il quale doveva offrire se stesso qual
vittima d'amore. Egli s'è dato totalmente in balia del dolore per nostro amore.
Gesù avrebbe potuto scegliere una morte meno ignominiosa di quella
che ha voluto subire. La prima goccia di sangue sarebbe bastata a soddisfare la
giustizia divina, ma l’amore glielo ha fatto versare fino all'ultima goccia...
”propter nimiam caritatem”67.
Il Cuore di Gesù è veramente vittima d'amore, “Cor Jesu caritatis victimam».
S'è fatto vittima per amore ed è vittima del suo amore, prigioniero del suo amore,
perchè obbligatosi per amore a giungere fin lì, malgardo le ìncomprensioni degli
uomini.
Ma quali sono le sofferenze subite da Nostro Signore durante la vita
mortale e soprattutto nella Passione? E' necessario conoscerle per comprendere
fino a qual punto Gesù ci ha amato. Per noi Sacerdoti ciò ha un'importanza
capitale, dato che nella Messa, dovremo rappresentare — vale a dire: rendere
presenti e presentare di nuovo. riprodurre e continuare, nei limiti del possibile— tutti i
sentimenti del Cuore di Gesù sulla Croce.
Le sofferenze fisiche di Cristo durante la Passione furono atroci68.
Quanto abbiamo potuto vedere in certi malati da noi assistiti, in talune anime
favorite di sofferenze mistiche, può darci appena un'idea di ciò che furono le
sofferenze fisiche della Passione.

61

Ma esse son poca cosa a confronto delle sofferenze morali che non hanno
cessato di abbeverare il Cuore di Nostro Signore durante tutta la vita, e soprattutto,
dall'agonia del Getsemani fino all'ultimo respiro. Esse erano causate dall'ingratitudine

65
Jo., XV, 13.
66
THOMAS AQUINAS. S. Summa Theol.. II-II, Q. 31, a.1.
67
Ad Eph., II, 4.
68
BARRET, P., - La Passion corporelle de Jésus – Issound, 1940.
degli uomini, dall'incomprensione degli amici, dal tradimento di Giuda, il rinnegamento
di Pietro e la debolezza di tanti suoi Sacerdoti... Dall'alto della Croce, Gesù, con la
sua eminente scienza infusa, vedeva non solo i suoi carnefici ed il suo popolo
scatenati, ma l'umanità tutta, tutti noi e ciascuna delle anime nostre con la moltitudine
di colpe, infedeltà e indelicatezze contìnuamente ripetute. Inoltre, la sua anima santa
vedeva, in quell'istante, l'inferno e le anime che vi si precipitavano, per le quali stava
soffrendo atrocemente. Come dice il Salmista ( 10), egli ha visto “l'inutilità del suo
Sangue”, la sconfìtta del suo amore per un certo numero di uomini. Tutto ciò
l'immerse in un dolore senza fine, a confronto del quale le sofferenze fisiche erano un
nulla.
Ma Gesù ha conosciuto una sofferenza ancora più profonda di questo dolore
morale, una sofferenza che egli solo ha potuto sentire: quella del peccato, del male
de! peccato, dell'offesa infinita che il peccato fa a Dio. La sofferenza morale noi la
comprendiamo ancora, perchè fatta di compassione e di sentimenti umani, ma
bisogna essere Dio per misurare l'infinità dell'offesa inferta a Dio col peccato, per
comprendere fino a qual punto egli è beffato nei suoi eterni diritti. E d'altronde, poiché
Dio a rigor di termini non può soffrire, bisogna — come Gesù — essere uomo per
soffrire di questa offesa infinita. Tale è il mistero delle infinite sofferenze del Sacro
Cuore di Gesù69.

2. — LA COMPASSIONE DI MARIA ALLE SOFFERENZE DI CRISTO


SACERDOTE.

Di fronte a un tale abisso di dolore, che poteva fare la Santissima Vergine?


Maria non era che una creatura. Indubbiamente, era la Madre di Gesù, colei
che dandogli quel corpo si delicato e sensibile, aveva permesso a Cristo di
manifestare, attraverso la sofferenza, l'amore smisurato del suo Cuore. Ella aveva
dato a Gesù tutto ciò che potesse farlo essere la vittima cruenta del suo stesso
Sacerdozio.
Ma Nostro Signore, da lei, s'aspettava di più, perciò le aveva dato un Cuore
si puro e ardente d'amore. Voleva, in effetti, che Maria cooperasse all'atto stesso del
suo Sacerdozio, a! Sacrificio Redentivo.
Non è principalmente con la sofferenza fisica che la Santissima Vergine
cooperò alla Passione, il suo Immacolato Concepimento, senza dubbio, non la
dispensava dalle sofferenze inerenti alla condizione umana: fatiche, dolori di ogni
sorte, morte. Pertanto il suo compito sotto la Croce non consìstè nel riprodurre nel
suo essere ciò che pativa Gesù, ma nelì'apportare a Cristo qualcosa che egli ha
voluto ricevere da lei: Nostro Signore volle che Maria lo consolasse e l'aiutasse nella
sua Passione. Gesù era saturato d'amarezza e di obbrobrio: “Dio l'ha fatto peccato”
— dice S. Paolo con inaudita audacia70 — ma volle avere al suo fianco un Cuore
purissimo, una “sorgente d'acqua viva”, un “giardino recinto”, una “fonte sigillata”71
che non avesse conosciuto mai il peccato e compensasse, con la sua semplice
presenza, il dolore che l'infinità dei

63

peccati e delle abominazioni del mondo aveva messo nella sua anima santa.

Sotto la Croce v'era una creatura che comprendeva perfettamente il


69
Ps., XXIX, 10.
70
II Cor., V, 21.
71
Cant., IV. 12. 15.
mistero del suo Cuore, il perchè della sua Incarnazione e Passione, una
creatura che penetrava fino all'intimo l'anima santa di Gesù e che aveva fatto
fruttificare tutte le grazie anticipate della Redenzione, una creatura che portava al
Signore tutto ciò che un cuore umano, ricolmo di grazia, può dare in amore e in
virtù. Al suo fianco. Maria era là, ritta, capolavoro del suo Sangue e al tempo stesso
sposa del suo Cuore. Nuova Eva a fianco del nuovo Adamo, Maria svolge
presso Gesù un ufficio complementare: semplice creatura, ella apporta a Gesù il
suo Cuore Immacolato, il suo amore, tutta se stessa, per conseguenza, quanto ha di
meglio.

L'unione della Santissima Vergine con Nostro Signore sulla Croce è, dunque,
unicamente una unione di carità, anche se procedente dai vincoli costituiti dalla
Maternità divina.

Null'altro. Ma sta in ciò tutto il mistero della Compassione. Nìent'aìtro che la


carità, ma la carità è amicìzia e, se è vero che Maria resta Madre di Gesù sulla Croce,
occorre un altro termine per precisare il legame particolare che l'unisce a lui. Questo
termine, dalla tradizione e dalla liturgia è stato trovato nel Cantico dei Cantici:
sponso72. Maria è veramente la Sposa del Cantico, perchè ella a sposa” tutti i
sentimenti di Cristo Crocifisso per il Padre e l'umanità. Ella si unisce col suo Cuore,
solo col Cuore, all'atto di amore sgorgato dal Cuore di Gesù e che è

64

stato sufficiente ad operare la salvezza del mondo. lì sangue di Gesù che cola e le
lagrime di Maria non sono che manifestazione esterna di questa oblazione interna,
che giustamente è stata chiamata l'anima dei Sacrificio della Croce73. C'è veramente
fusione di cuori, intimità che tende all'unità nel! ordine stesso dell'amore. Maria è
trasformata in Gesù senza cessare di essere se stessa. Ella penetra nell'intimità della
vita interiore di Gesù, secondo la legge della mutua compenetrazione dei cuori e delle
anime, che. S. Tommaso ritiene frutto stesso dell'amicizia74.

Cosi, la Santissima Vergine non è Sacerdote nel senso sacramentale della


parola75. Il Sacerdote, infatti, non è che uno strumento del Sacerdozio di Cristo, a lui
subordinato, che distribuisce come un sacro canale le grazie divine, che il Sommo
Sacerdote accorda alle anime. Maria, invece, è a fianco di Cristo, e la Regina che
riposa accanto al Re, la Sposa del Gran Sacerdote, partecipe col suo cuore e il suo
Amore a tutti i voleri e atti sacerdotali.

S. Alberto Magno espone tale dottrina in termini di una estrema densità:” La


Beata Vergine non è stata scelta dal Signore per essere ministra ma per essere
sposa e aiuto, secondo quelle parole della Genesi: “Facciamogli un aiuto a lui simile»
( Gen. 2.18). La Beata Vergine non è vicaria (vale a dire strumento) ma Coadiutrice e
compagna, partecipe al regno perchè partecipò alle sofferenze per il genere umano,
quando, mentre tutti i ministri

66

Cant., IV. 9: Cfr. TERRIEN, J.B., S.J., La Mére de Dieu et la Mére des hommes,
72

Paris, 1933, pp. 178-188.


73
GARRIGOU-LAGRANGE, R., O.P., L’Amour de Dieu et la Croix de Jésus, Paris, 1929, T.2, p. 848.
74
Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., I-II, q. 28, a.2.
75
La Chiesa ha proibito che si rappresentasse la Madonna rivestita di abiti sacerdotali (Decisione del S. Ufficio
del 15 gennaio 1913, pubblicata il 29 marzo 1916in Acta Apost. Sedis, T. VIII, 1916, p.446)
e i discepoli erano fuggiti, ella restò solo sotto la Croce. Le ferite che Cristo ricevè nel
corpo ella le sentì nel Cuore...”76.
Tuttavia, la Santissima Vergine presso la Croce offre veramente Gesù al
Padre come l'ha offerto al Tempio. Allora, però, si trattava di un'azione simbolica,
prefigurante il ruolo che ella avrebbe avuto nella Passione; ora, invece ella lo offre
unendosi all'obblazione sacerdotale che Gesù fa di sé per la Redenzione del mondo.
Nostro Signore si attendeva questo da leì come l'aspetta da tutti i cristiani, in
particolare da tutte le anime consacrate. Esse, infatti, sono sue “spose” nella misura
in cui riproducono l'atto compiuto da Maria sul Calvario, Non più della loro Madre, i
fedeli sono dunque Sacerdoti, solo nel senso largo rivelato da S. Pietro: questo
“Sacerdozio regale”77, col quale essi offrono il Sacrificio della Croce nella Messa, non
è altro che il potere che essi hanno in virtù della grazia battesimale e, in definitiva, per
la carità, di unirsi a Cristo Sacerdote nell'atto supremo del suo sacerdozio.
Tanto per la Santissima Vergine come per i suoi figlioli, l'unione alla Passione
di Cristo consiste dunque essenzialmente in un atto di amore.

CAPITOLO II

MARIA E LA VITA INTERIORE DEL SACERDOTE

Dopo quanto s'è detto circa l'intimità esistente tra Cristo Sommo Sacerdote e
la Vergine Santissima risulta alquanto difficile stendere un capitolo per farne
l'applicazione alle relazioni intercorrenti tra il Sacerdote e Maria.
Se Gesù si è degnato aver bisogno di lei per essere assistito nell'atto
principale del suo Sacerdozio, cosa dovremo dire della necessità della presenza di
Maria nella vita intima del suo Sacerdote? La Madre Claret de la Touche l'aveva ben
compreso: “II Sacerdote — ella scrive — è un altro Gesù; quello che Maria era per il
suo Gesù lo è anche per il Sacerdote”78.

1 — L'UNIONE DEL SACERDOTE CON CRISTO NELLA MESSA.

Se c'è una verità che in S. Tommaso regge tutto il trattato del Sacramento
dell'Ordine è questa: il Sacerdote riceve il Sacerdozio prima di tutto per
celebrare la

67

Santa Messa. «Il Sacramento dell'Ordine è ordinato al Sacramento


dell'Eucaristia»79.

“Il Sacerdote esercita due azioni: l'una, principale, riguarda il corpo vero di
76
“Beata Virgo nonest assumpta in ministerium a Domino sed in consortium et adiutorium iuxta illud: “facciamus
ei adiutorium simile sibi” (Gen., XII, 18). Beata Virgo non est vicaria sed coadiutrix et socia, particeps in regno
quae fuit particeps passionum pro genere humano, quando, omninbus fugientibus ministris et discipulis, sola sub
cruce perstitit; et vulnera quae Christus corpore, ipsa corde suscepit, unde et gladius tunc ipsius animam
pertransivit...”. ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, q.42.
77
I Petr., II, 9.
78
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Il Sacro Cuore e il Sacerdozio, Torino, Marietti, 1943.
79
THOMAS AQUINAS, S., Suppl., Q. 37, a.2.
Cristo; l’altra, dipendente dalla prima, concerne il suo Corpo Mistico”80.

Tutto il potere che abbiamo sul Corpo Mistico ci è, dunque, accordato per
disporre le anime a ben ricevere l'Eucaristia e a ben unirsi a Cristo nella Messa.

Non è forse per riprodurre e continuare la Cena che Gesù ordinò Sacerdoti i
suoi Apostoli, come ci insegna ii Concilio di Trento in quel testo magnifico che
abbiamo spesso meditato nei nostri ritiri fin dal Seminario?

“Nostro Dio e Signore, benché per operare l'eterna redenzione dovesse, con
la morte, offrire se stesso ai Padre una volta sola sull'ara della croce: siccome suo
sacerdozio non doveva estinguersi con la sua morte (Hebr. VII. 24-27), nell'ultima
cena, nella notte in cui veniva tradito, volendo lasciare alla diletta sua sposa, la
Chiesa, un sacrificio visibile — come la natura esige — che rappresentasse quel
sacrificio cruento da offrirsi una volta sola sulla croce, ne perpetuasse nei secoli il
ricordo e ne applicasse la virtù salvifica in remissione dei peccati che
quotidianamente commettiamo: dichiarandoci costituito sacerdote secondo l’ordine di
Melchisedech, offrì a Dio Padre suo, sotto la specie del pane e del vino, il suo corpo e
il suo sangue e sotto le stesse specie lo diede agli Apostoli che in quel momento
appunto costituì sacerdoti del Nuovo Testamento perchè ne prendessero, e ad essi e
ai loro sucessori nel sacerdozio comandò di offrirli, con

68

queste parole: “Fate questo in memoria di me”81.

Noi, dunque siamo Sacerdoti prima di tutto per offrire il Sacrificio della
Messa, al modo stesso che Cristo e Sacerdote per offrire il Sacrificio della Croce.
Gesù s'è fatto Sacerdote, s'è incarnato per la nostra Redenzione, e per la nostra
Redenzione ottenuta attraverso l'offerta della sua vita sul Calvario. Nell'economia
della nostra salvezza, il nostro Sacerdozio e la nostra Messa, stanno come il
Sacerdozio di Cristo e il suo unico Sacrificio.

Di più, non e solo un parallelismo esistente fra lui e noi, è un legame attuale
che ci unisce al suo Sacerdozio e al suo Sacrificio. Il Sacrificio della Messa, infatti,
non è altro che il Sacrificio della Croce riprodotto sull'altare. Dice ancora il Concilio di
Trento: “Una sola e identica è l’Ostia, identica è la persona che si offre ora attraverso
ii ministero del Sacerdote, come si offrì allora sulla Croce; il solo modo dell'offerta è
differente”82.

La Messa riproduce sacramentalmente il sacrificio del Calvario. E’ il


Sacramento del Sacrificio redentivo, la Passione rappresentata, repraesentata, vale a
dire resa di nuovo presente, presentata di nuovo al Padre in favore degli uomini e
ripresentata realmente, benché in modo mistico, per noi che viviamo adesso.

Stamane nella Messa, dinanzi a noi non abbiamo avuto meno di quanto ebbe
S. Giovanni il Venerdì Santo. E questo sacrificio della Croce è reso presente e
ripresentato ai Padre per mezzo nostro. Noi siamo gli strumenti attraverso i quali
Cristo perpetua, quanto alla sostanza, il Sacrificio della Croce sotto forma
sacramentale, atto che

80
Ibid., Q., 36, a. 2.
81
Concilio di Trento, Sess., XXII, c. 1 (Denz., 938). Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa contra Gent., IV, 74.
82
Concilio di Trento, Sess., XXII, c. 1 (Denz., 940).
69

in noi rinnova egli stesso dall'alto dei cieli. Egli si serve delle nostre labbra e, ancor
più, della nostra anima o —per parlare con tutta precisione teologica — della nostra
intelligenza nella sua funzione pratica, per rinnovare l'atto essenziale del suo
sacerdozio. “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue”, dice egli stesso in noi,
quantunque siamo noi a pronunziare tali parole e a pensare all'atto che compiamo.
Come insegna S. Tommaso: “E' Lui il vero Sacerdote offertosi sull'altare della
Croce, in virtù del quale si consacra ogni giorno il suo Corpo sull'altare”83.
Noi non diciamo: “Questo è il Corpo di Cristo”, ma: “Questo è il mio Corpo” e
tuttavia non abbiamo intenzione alcuna di pensare che quel corpo sia il nostro. No, in
quel momento le persone sono due benché una sola l'azione, quella di Gesù Sommo
Sacerdote che si serve del suo strumento amatissimo. Noi agiamo veramente
— come dice S. Tommaso — in persona Christi84; noi siamo “l'immagine di Cristo”85.
Tale è il “mistero di tede” che noi rinnoviamo o— gni giorno.
Cerchiamo perciò di comprendere a quale intimità con Nostro Signore ci
induca, al fine di intendere meglio, in seguito, l'unione che ci è riservata con la
Santissima Vergine.
Il Sacerdote non è solo uno strumento, un servo, è

70

anche un amico di Gesù. E' uno strumento vivente di Cristo Sacerdote. Abbiamo visto
più innanzi che la grazia sacerdotale infonde nei nostro cuore una carità che ci unisce
in modo ineffabile a nostro Signore nell'atto preciso della nostra vita sacerdotale. Ora
lo comprendiamo meglio.
Dicevamo poc'anzi che, al momento della consacrazione, in noi sono
realmente due persone, quella di Cristo che consacra e la nostra. Perchè non dire
anche che, grazie alla carità, vi sono in noi due cuori, il Cuore Sacerdotale di Gesù
che si offre al Padre per la salvezza del mondo e, in particolare, per le anime ad
intenzione delle quali si celebra la Messa e il nostro cuore ricolmo di grazia
sacerdotale e dell'amore di Dio e delle anime? E, al modo stesso che sull'altare le due
persone non compiono che un identica azione sacerdotale, anche i due cuori si
identificano per l'amore, perchè è il medesimo Amore Infinito che ispira loro tale
azione.
Siamo nel punto focale della nostra vita sacerdotale. E' il momento della
nostra giornata in cui comunichiamo col Cuore di Cristo in una maniera
singolarissima. Senza dubbio, vi sono dei Santi laici e delle Sante che hanno amato e
compreso Cristo più che dei Sacerdoti canonizzati: ma, a parità di grado di carità, chi
è Sacerdote è più unito a Nostro Signore di colui che non lo è, in forza del carattere,
che gli dà il potere di riprodurre l'atto sacerdotale di Gesù Crocifisso e per la grazia
sacramentale, che lo fa comunicare con Cristo nell'atto stesso del suo Sacerdozio.
Gesù si è offerto una volta sul Calvario, ma allora Sacerdote era lui solo; la
Vergine Santissima là vicino a lui, v'era solo come Madre e Sposa. Oggi, quando egli
si

71

83
“Ipse est verus sacerdos qui se obtulit in ara crucis, et cuius virtute corpus eius in altari quotidie consecratur”
THOMAS AQUINAS, S., Contra Gent., IV, 76.
84
THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., IlI, Q. 82, a. 1.
85
“Sacerdos gerit imaginem Christi, in cuius persona et virtute verba pronuntiat ad consecrandum... Et ita

quodammodo idem est sacerdos et hostia” Ibid., Q. 83, a. 1, ad. 3.


offre sull'altare, lo fa servendosi di un povero uomo come noi, ci assume in lui, o
piuttosto, viene in noi e depone nel nostro cuore, — ma secondo il grado della nostra
carità, ahimé spesso si debole! — tutti i sentimenti che, sulla Croce, egli aveva per il
Padre, per la Santissima Vergine, e per le anime, tutti i sentimenti ancora che egli in
questo momento ha in cielo per le anime, ad intenzione delle quali viene celebrata
questa Messa.

E’ davvero un'amicizia, quella che allora egli stabilisce in noi. una unità totale,
una koinonia, una comunanza di tutti i più intimi segreti del suo Cuore: Omnia mea
tua sunt. omnia tua mea sunt86.

In una delle questioni della Somma che consacra all’amore, S. Tommaso


apre delle visioni insondabili circa la mutua compenetrazione dei cuori e degli animi
che si realizza tra gli amici: “La persona amata si trova in colui che ama, in quanto
l'amato permane nel pensiero dell'amico... d'altra parte, colui che ama si trova col
pensiero nell'amico, in quanto l'amante non si contenta di una conoscenza
superficiale dell'amico, ma cerca di conoscere a fondo e nei dettagli ciò che Io
riguarda: penetra cosi nel suo intimo, come, per esempio, dello Spirito Santo, che è
l'Amore di Dio, si dice che " scruta la profondità di Dio” (I Cor., II, 10).

“Nell'amore di amicizia l'amante è nell'amato in quanto ritiene come propri il


bene o il male dell'amico ai pari della di luì volontà, quasi che, nell'amico, egli stesso
goda del suo bene e soffra del suo male. Per ciò è proprio degli amici avere un sol
volere e rattristarsi o gioire per una stessa cosa... di modo che, in quanto colui che
ama stima

72

come proprie le cose dell'amico, sembra essere nell’amico, quasi a lui identificato: in
quanto, poi, vuole e agisce per l'amico come per se stesso — quasi ritenendolo una
stessa cosa con sé — così la persona amata è ìn colui che ama “87.

Rileggiamo questo testo pensando che tale amico è Cristo stesso, Cristo
Sommo Sacerdote, e comprenderemo a quale intimità noi siamo chiamati per il solo
fatto di possedere la grazia e la carità.

Indubbiamente questa intimità non è un privilegio esclusivo del Sacerdote:


ogni cristiano in stato di grazia può aspirare ad una simile unione con Nostro Signore,
dato che possiede la carità, la virtù che crea fra l’uomo e Dio una vera amicizia.
Aggiungiamo anzi che vi sono dei laici che giungono ad un grado di intimità con Dio
superiore a quello di molti Sacerdoti: pensiamo, ad esempio, alle numerose Sante
che in premio della loro unione di carità con Cristo hanno ricevuto il favore delie
nozze mistiche con lui. Tuttavia, ricevendo l'unzione sacerdotale, il Sacerdote non
cessa di essere un cristiano e, perciò, anch'egli è capace di vìvere nell'amicizia di
Nostro Signore. Di più, è chiamato in modo tutto speciale da Gesù, perchè appunto

86
87
Jo., XVII, dicitur
“Amatum 10. esse in amante, in quantum amatum immoratur in apprehensioneamantis... Amans vero dicitur
esse in amato secundum apprehensionem, in quantum amans non est contentus superficiali apprehensione amati,
sed nititur singula quae ad amatum pertinent intrinsecus disquirere; et sic ad interiora eius ingreditur: sicut de
Spiritu Sancto, qui est Amor Dei, dicitur quod “scrutatoretia profunda Dei” (I Cor., II, 10)... In amore amicitiae,
amans dicitur in amato, in quantum reputat bona vel mala amici sicut sua et voluntatem amici sicut suam, ut quasi
ipse in suo amico cideatur bona vel mala pati ed affici. Et propter hoc, proprium est amicorum idem velle et in
eodem tristari et gaudere secundum Philosophum ut sic, in quantum quae sunt amici aestimat sua, amans videatur
esse in amato, quasi idem factus amato: in quantum autem e converso vult et agit propter amicum idem sibi, sic
amatum in amante.” THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., I-II, q. 28, a. 2.
egli ha chiamato amici i suoi primi Sacerdoti88.

73

Se è, dunque, vero dire che la santità cristiana consiste in questa mutua


compenetrazione di anime di cui parla S. Tommaso, dell'anima santa di Gesù e della
nostra povera anima peccatrice, a più forte ragione potremo affermarlo della santità
sacerdotale. Resta solo da precisare ciò che distingue la santità de! Sacerdote da
quella del semplice cristiano e sarà l'oggetto dei capitoli quarto e sesto sull'unione del
Sacerdote con Cristo nella Messa e negli atti del ministero.
Poiché l'amicizia ci invita a penetrare nell'anima di colui che amiamo,
entriamo, dunque, nell'anima santa di Gesù con tutto il rispetto che impone un tale
santuario, ma anche con tutto l'ardore del nostro amore.
Abbiamo sufficientemente pensato a quest'anima meravigliosamente bella di
Cristo? E' un'anima umana come la nostra, dotata di una intelligenza e di una volontà
in tutto simili alla nostra intelligenza e alla nostra volontà. E quest'anima, come la
nostra e per la stessa ragione di questa, possiede la grazia santificante ai fine di poter
conoscere e amare Dio come egli stesso si conosce ed ama.
Ciò nonostante, quest'anima umana non cessa di vedere Dio: fin dal primo
istante della sua creazione, fin dal momento dell'Incarnazione nel seno benedetto di
Maria, essa fu immersa nella visione beatifica. Essa si apre direttamente su Dio; e —
e così può dirsi — si trova ai confini della Divinità. Al di là di essa, non v'è che Dio, il
Verbo che l'ha assunta col corpo di Gesù...
Come fa bene penetrare in questo Santuario! E' lì che si scoprono i disegni
profondi di Gesù, il suo amore per il Padre e la Madre, lo zelo per le anime, la sua
dolcezza ed umiltà, la sua longanimità; è lì soprattutto che si trova il Verbo stesso, la
Santissima Trinità.

Ma, nel mentre che attira il suo Sacerdote a sé, Cristo con la sua grazia
sacerdotale si dà a lui, gli dona il suo cuore.
“Io susciterò — dice Dio— un Sacerdote fedele che agirà secondo il mio
89
cuore” .
“Voglio che tu dica ai miei Sacerdoti che dono loro il mio Cuore”, diceva
Nostro Signore alla Madre Luisa Margherita Claret de la Touche90.
“Egli si spande in noi — scrive l'Olier— s'insinua in noi, imbalsama l'anima
nostra e la colma delle disposizioni interiori del suo spirito, di maniera che, della
nostra anima e della sua non ne fa che una sola”91.
“Omnia mea tua sunt. omnia tua mea sunt”92. Tutto è messo in comune.
Gesù dà al suo Sacerdote tutto quello che ha e gli apre tutti i segreti del suo Cuore.
Nei suo commento sui versetto del Cap. 15 di S. Giov. “Vos dixi amicos”, S.
Tommaso scrive queste parole profonde: “E' un segno di vera amicizia che l'amico
riveli all'amato i segreti del suo cuore, perchè, dato che gli amici fra loro non formano
che un cuore solo e un'anima sola, cor unum et anima una. ciò che si rivela all'amico,
non sembra uscire fuori dal proprio cuore, non videtur amicus extra cor suum ponere
quod amico revelet”93. E Pio X nella sua Lettera ad Clerum “Haerent animo” applica al
Sacerdote le parole di S. Paolo ai Filippesi94: “Poiché il volere e l'evitare le medesime
88
Jo., XV, 15.
89
I Sam., II 35.
90
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore – Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, p. 270.
91
Olier, j.j., Vie et vertus Chrétiennes; cap. lI.
92
Jo.. XVII, 10.
93
THOMAS AQUINAS, S., In Joann., XV, lect. 3; Contra Gent., IV, 21.
94
Ad Phil., lI, 8.
cose, è il pegno più sicuro dell'amicizia, siamo obbligati, come

75

amici, a nutrire gii stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù, tenemur ut amici sentire
in nobis quod et in Christo Jesu”95.

Fra lui e noi è davvero l'unione totale, l'unita, perchè in terra noi occupiamo il
suo posto, viviamo la sua vita e la rappresentiamo. La vita interiore dei Sacerdote è la
vita interiore di Gesù comunicata al Sacerdote.

Ma. se egli si dona tutto a noi, attende da noi che ci doniamo totalmente a lui.

«Gesù è del Sacerdote! Il Sacerdote pure è di Gesù: è necessario che vi sia


reciprocità. E siccome Gesù si è donato per intero al Sacerdote, cosi il Sacerdote per
intero deve essere di Gesù. Per intero: il suo spirito, il suo cuore, il suo corpo (...)
Gesù può disporre di lui con lo stesso potere con cui il Sacerdote dispone di Gesù»96.

Sono queste le esigenze di una vera amicizia. Noi dobbiamo lasciare Nostro
Signore libero di prendersi in noi tutto quello che vuole e cooperare con tutto il cuore
alle grazie, che non cessa di darci per compiere quest unione nella quale consiste la
santità.

Dunque colui che ama porta, in un certo senso, l'amico nel suo cuore per il
fatto che pensa sempre a lui. di più. egli è come trasfuso nell'amico, per il fatto che fa
suoi il bene ed il male di lui97. Così è della carità sacerdotale. Essa fa penetrare Cristo
— Sacerdote nell'anima nostra e ci invita a pensare continuamente a lui come
Sacerdote: c'introduce

76

nella sua anima di Sacerdote e ci fa abbracciare tutti i sentimenti clie egli aveva nel
suo Cuore Sacerdotale.

“ll suo cuore è mio! —esclama S. Bonaventura—. Non è forse Cristo il mio
Capo? Come mai ciò che appartiene al mio capo non sarebbe mio? Al modo stesso
che gli occhi dei mio capo corporale sono cosa mia, anche il cuore del mio capo
spirituale è veramente mio... Con questo cuore che è vostro e mìo, o Gesù
dolcissimo, adorerà il mio Dio”98.

Quando tale carità ha un alto grado d'intensità, sotto la mozione dello Spirito
Santo, essa genera una certa esperienza di quella mutua compenetrazione. E' il dono

95
PIUS PP., X, Exhortatio ad Clerum Catholicum “Haerent animo”, in Acta S. Sedis, XLI, 1908, p. 558; traduz.
italiana cfr. GAMBA, U., Padova, Libreria Gregoriana, 1951, p. 35.
96
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore – Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, p. 331.
97
Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., I-II, q. 28, a. 2.
98
BONAVENTURA A BALNEOREGIO, S., Vitis mystica, c. 3, n. 4. Quest’opusculo del Dottore Serafico è stato
spesso attribuito a S. Bernardo, sotto il cui nome è stato utilizzato nel secondo notturno della Festa del Sacro
Cuore. Il passo qui citato, nonostante la sua autenticità, è stato omesso. Senza dibbio, questo testo non riguarda
espressamente il Sacerdote, ma nulla vieta di applicarlo in modo tutto speciale a lui.
della Sapienza che ci dà coscienza di quest'amore reciproco e, per effetto di tale
amore in noi, ci fa sperimentare la presenza di Cristo-Sacerdote nell'anima nostra,
sopratutto la trascendenza della sua divinità, nella quale noi siamo come immersi: “In
ipso vivimus. movemur et sumus”99. Abbiamo, allora, i'intima e oscura convinzione
che tutto quello che già crediamo per fede, tutto ciò che sappiamo attraverso la nostra
scienza acquisita, dalla teologia o dalle nostre meditazioni è vero, anzi infinitamente
più grande di quanto possiamo immaginare. Cosi, l'amore stesso che avevamo per
Dio e per Cristo Sacerdote si trova interamente trasformato e immensamente dilatato.

Tutti i Santi, senza dubbio, hanno avuto quest'amore di fuoco che sorpassa
l’umano modo, e perciò furono Santi. La santità sacerdotale, tuttavia, riveste una
modalità

77

speciale, per il fatto che è lo sboccio perfetto della grazia sacramentale dell'Ordine. La
carità sacerdotale genera perciò una conoscenza mistica di un carattere particolare:
un Sacerdote non è santo, o meglio, non è un santo Sacerdote, se non fa dell'unione
con Cristo-Sacerdote l'essenza stessa della sua santità. La ragione si è che la sua
contemplazione mistica implica una certa conoscenza sacramentale del sacerdozio di
Cristo. Non si arresta lì, perchè l'oggetto è Dio stesso nella sua infinita trascendenza,
ma passando attraverso Cristo Sacerdote, riceve un modo speciale, che,
normalmente, la contemplazione mistica dei laici non ha.
Così, grazie al dono della sapienza, il Sacerdote fervente, attraverso i velami
della fede, prende già possesso di colui che s'è donato a lui per amore, Egli tocca il
Maestro in un modo tutto spirituale, lo gusta, al di sopra di ogni consolazione
sensibile, e vede senza vedere quanto è buono il Signore: “Gustate et videte quoniam
suavìs est Dominus”100. Ma egli partecipa altresì, più degli altri, alle sofferenze intime
dell'anima santa di Gesù, di maniera che la sua contemplazione mistica è lungi
dall'essere sempre soave.

* * *

Questa unione totale e questa presenza ineffabile si realizzano in sommo


grado nella Messa. Là veramente il

78

Cuore di Gesù si dona al cuore del Sacerdote e gli affida tutti i suoi segreti: in quel
momento, in forza della carità, essi non sono ormai che una cosa sola e quanto
Nostro Signore lascia intravedere dei suoi sentimenti non esce affatto dalla sua anima
per passare nell'anima del Sacerdote: non videtur amicus extra cor suum ponere
quod amico revelet101.
E' questa la sorgente sempre zampillante della santità sacerdotale. Se siamo
99
Act., XVII, 28.
100
Commentando questo testo, S. Tommaso dimostra che l’analogia del gusto esprime la natura dell’esperienza
mistica meglio di quella del tatto, perchè questo resta alla superficie delle cose, mentre il gusto le fa penetrare in
noi e penetra, a sua volta, nella loro sostanza: “Exhortamur ad experientiam divini consortii. Experientia de re
sumitur per sensum, sed aliter de re praesenti et aliter de absenti; quia de absente per visum, odoratum et auditum,
de praesenti vero per tactum et gustum. Sed per tactum de extrinseca praesenti, per gustum vero de intrinseca.
Deus autem non est longe a nobis nec extra nos, sed in nobis. Et ideo experientia divinae bonitatis dicitur
gustatio” In Ps., 33, 9.
101
Cfr. THOMAS AQUINAS, S., In Joann., XV, lect. 3; Contra Gent., IV, 21.
fedeli alla grazia sacramentale, che ci è stata data per adempiere santamente ciò che
la nostra potestà ci concede di fare, ogni Messa deve farcì conoscere sempre più i
segreti del Cuore sacerdotale di Gesù e sempre più deve unirci a Lui. Nei disegni
dell'Amore Infinito è assolutamente certo che ogni nostra Messa dovrebbe essere più
fervente della precedente. “Ho bramato ardentemente, desiderio desideravi, di
mangiare questa Pasqua con voi”102: è con intensa brama che ho desiderato
celebrare questa Messa con voi. con te, oggi.
Nella Messa, come sul Calvario, c'è un ordine nella carità che avvampa il
Cuore sacerdotale di Gesù: l'ordine della carità; e quest'ordine il Sacerdote deve farlo
suo. Prima di ogni cosa Gesù ama il Padre suo, e l'ama più di tutto ciò che esiste;
ama poi la Madre sua, la Vergine Santissima, e l'ama più di tutte le creature del cielo
e della terra; in seguito Gesù ama gli uomini, che viene a raccogliere e salvare, ed il
suo Cuore sacerdotale li ama nello stesso ordine in cui il Padre, Lui stesso, come
Verbo di Dio, e lo Spirito Santo li amano di un amore unico ed infinito; ordine
nascosto nella prescienza divina e che ci resta ignoto

79

anche nel Santo Sacrificio, ma al quale aderiamo nella fede, come aderiva la
Santissima Vergine ai piedi della Croce.

Cosi, rispettando e facendo suo l’ordine stesso della carità del Cuore
sacerdotale di Cristo, il Sacerdote si unisce alle intenzioni per le quali Gesù offrì allora
il Sacrificio del Calvario ed offre ora la Messa in lui.

Dai teologi, queste intenzioni sono riportate al numero di quattro, che essi
chiamano i quattro fini del Sacrificio: la Messa — dicono — è offerta per adorare Dio.
ringraziarlo, ottenere grazie da lui e riparare il peccato.

Senza indugiarci a considerare dettagliatamente in qual modo il Cristo ci


faccia partecipare a questi diversi atti della sua preghiera sacerdotale, ci basti dire
quanto sia inaudito che dei poveri uomini come noi, che non diversamente dai
semplici fedeli restiamo pur sempre uomini quanto alla nostra natura decaduta, siamo
scelti, elevati si può dire, ex hominibus assumptus —come scrive S. Paolo103— a
tenere il posto di Nostro Signore Gesù Cristo nella sua preghiera al Padre.

Come Sacerdoti, infatti, noi siamo mediatori tra Dio e gli uomini in quanto
rappresentanti dell'Unico Mediatore, ma, proprio perciò, nella Messa noi, in un certo
senso, non abbiamo più mediatore fra noi e il Padre. I fedeli vedono in noi Cristo
Sacerdote, non vanno al Padre se non per mezzo nostro ma noi, all’altare “siamo” il
Cristo e ci troviamo direttamente dinanzi al Padre. Certo, noi aderiamo con tutto il
cuore a Cristo Sacerdote che parla al Padre attraverso le nostre labbra, ed a Cristo
Vittima che è lì dinanzi a noi in luogo del pane, ma ciò nonostante

80

è al Padre che, in nome di Cristo, ci rivolgiamo e fra lui e noi non v'è nessuno. Siamo,
allora, pienamente identificati con Cristo; riviviamo tutti i sentimenti che Egli aveva per
il Padre suo sulla Croce, sentimenti d'amore e di adorazione profonda, di
riconoscenza infinita, desiderio intenso della gloria divina e dell'avvento del regno di
Dio nel mondo. Rileggiamo, in tale spirito, le preghiere del Prefazio e del Canone,
pensiamo che noi pronunciamo le parole del Pater nella persona stessa del Cristo e,
102
Luc., XXII, 15.
103
Hebr., V, 1.
soprattutto, uniamoci all'amore attuale che egli in quel momento ha per il Padre suo.
Quale meraviglia che il nostro cuore serva allora a Cristo Sacerdole di canale,
d’organo vivente per amare e adorare il Padre? In tutta verità, qui entriamo nel Santo
dei Santi, carpiamo il segreto più grande del Cuore di Gesù, intercettiamo — oserei
dire— le relazioni del Verbo Incarnato col Padre, e questo ogni giorno, per tutta la
durata della vita, mentre il Sommo Sacerdote dell'Alleanza tremava nel penetrare,
una volta l’anno al di là del velo del Tempio.

***

Il Sacrificio della Messa è. però, anche un Sacrificio di espiazione e di


riparazione che rinnova il Sacrificio della Croce, consumato nella sofferenza e nel
sangue. Ciò non è senza riflessi sul modo dell’unione del Sacerdote con Nostro
Signore nella Messa e nella sua vita di preghiera.

Gesù non è solo il Sacerdote del suo Sacrifìcio, ne e anche la Vittima santa.

Senza dubbio, il Sacramento dell'Ordine non da a colui che lo riceve se non


il potere di essere strumental—

81

mente Sacerdote e, come tale, di rappresentare Cristo Sacerdote, partecipa al


Sacrificio che ha offerto e si unisce alla Vittima divina della Messa come a
rappresentare l'unione inscindibile del Sacerdote e della Vittima nella persona stessa
di Cristo104.
“Ogni qualvolta mangerete questo pane e berrete questo calice,
annunzierete la morte del Signore”105.
Nella Comunione nostro Signore si dona al Sacerdote --anche a tutti gli altri
fedeli, senza dubbio, ma soprattutto
al Sacerdote-- come Vittima e Ostia del suo Sacrificio.

Egli ci insegna così che, se vogliamo essere davvero suoi amici, non basta
essere Sacerdoti, ma dobbiamo partecipare anche ai suoi sentimenti di Ostia, far
fluire tali sentimenti nella nostra vita, in breve; dobbiamo essere anche noi vittime e
ostie del nostro Sacerdozio, in unione con lui. Il Pontificale ce l'ha insegnato, il
giorno della nostra Ordinazione: “Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis”. I
Padri della Chiesa hanno detto spesso ai Sacerdoti che essi devono essere
vittime, appunto, in forza del loro Sacerdozio. Ricordiamo solamente due
testi ben noti. Il primo è di S. Gregorio Magno: “Noi che celebriamo i misteri della
Passione del Signore dobbiamo imitare quello che facciamo. Allora, dinanzi
agli occhi di Dio, vi sarà davvero un'ostia per noi, quando ci saremo fatti ostie noi
stessi”106.
Il secondo testo è di S. Paolino da Nola; “Il Signore stesso è l'ostia di tutti i
Sacerdoti, vittima del suo Sa-

82

cerdozio e Sacerdote della sua vittima... Ed i Sacerdoti sono ostie anch'essi”107.


104
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q 82 a. 4.
105
I Cor, XI, 26.
106
“Qui Passionis dominicae mysteria celebramus, debemus imitare quod agimus. Tunc ergo vere pro nobis hostia
erit Deo cum nosipsos hostiam fecerimus” GREGORIUS MAGNUS, S., Dial., IV, 59; P.L:, 77, 428.
107
“Ipse Dominus hostia omnium sacerdotum est, qui semetipsum pro omnium reconciliatione Patri libans,
Non crediamo noi troppo facilmente che queste grandi parole di ostia e di
vittima siano riservate ad anime priviligiate, la cui vocazione sia al di fuori
dell'ordinario? Gesù aveva chiamato i suoi tre più cari discepoli, Pietro, Giacomo e
Giovanni, a partecipare alla sua agonia ed ha voluto che uno di essi, quello che egli
amava di un amore tutto particolare, fosse ai piedi della Croce con la Madre sua. E
gli altri due sono morti martiri.
La partecipazione alla Passione che Nostro Signore domanda ai suoi
Sacerdoti, il più delle volte, non è d'altronde una partecipazione cruenta, ma una
comunione interiore ai sentimenti del suo Cuore, ed una prova di tale unione con una
vita veramente mortificata.
La celebrazione quotidiana del Sacrificio della Messa dovrebbe farci
prendere parte con tutto il cuore alle sofferenze fisiche e morali di Gesù e farci
provare, in qualche modo, l'agonia del suo Cuore. Come è possibile che un Sacerdote
celebri la Santa Messa per venti o trent'anni senza essere preso fino alle midolla del
suo essere dalla angoscia spaventosa di Cristo in Croce? Le leggi dell'amicizia
esigono —l'abbiamo visto — che si prendano su di se i mali e le sofferenze di colui
che si ama, al punto di considerarle proprie108.

83

Nella gìà citala lettera Haerent animo, dopo aver ricordato che il Sacerdote,
come amico, in virtù della natura stessa dell'amicizia, idem velle et idem noIle, è
tenuto a provare, in se stesso ì sentimenti di Cristo Gesù. Pio X aggiunge: “Come
ministri del Sacrificio, la cui virtù è continuamente rinnovata per la vita del mondo,
dobbiamo renderci conformi in ispirito a colui che s’è offerto a Dio come ostia
immacolata sull'altare della Croce”109.

Quali grazie Nostro Signore non riserva a quei suoi Sacerdoti che, durante la
loro Messa, entrano così nella sua anima santa per comunicare al suo dolore! Per
questo, non occorrono lumi straordinari: basta contare sulla grazia sacramentale
dell'Ordine, la grazia sacerdotale che ci santifica negli atti stessi del nostro
Sacerdozio. In questa grazia, infatti, c'è la carità e, conseguentemente, l'amicizia con
Cristo.

Tuttavia, per mezzo dei doni dello Spirito Santo, questa partecipazione alle
sofferenze di Nostro Signore può rivestire un modo che sorpassa quello della carità
lasciata a se stessa. Il Sacerdote partecipa allora a quella notte misteriosa che,
durante la crocifissione, avvolse l'anima di Gesù, senza privarla della visione
beatìfica.

“E' certo — scrive S. Giovanni della Croce—che negli estremi momenti


(Gesù) rimase anche abbandonato e quasi annichilito nell'anima, essendo stato
lasciato dal Padre senza consolazione e conforto alcuno, bensì nella più profonda
aridità, tanto che sulla Croce proruppe in quel doloroso lamento: “Deus meus, Deus
meus, ut quid dereliquisti me? (Matt. XXVII. 46): Dio mio, Dio mio, perchè

84

victima sacerdotii sui et Sacerdos suae victimae fuit; cuique nunc ut uni omnium Domino omnis nova creatura
sacrificium est; ipsique sunt hostiae sacerdotes”. Ep. XÏ ad Severum, 8. P.L. 61, 196; cfr anche S. CIPRIANO, Ep.
LXXVII, 3 e S. GEGORIO NAZIANZENO, Oratio II Apol., n. 95; P.G., 35, 498. Tra gli autori moderni, cfr.
OLIER, J.J. Traité des Saints Ordres, P. III, cap. 4; e GIRAUD, S.M. Prêtre et Hostie, L.II, cap. 3, 23, Paris
1891, T. 1, p. 288-293 e 573-593.
108
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. 1-IIª Q 28 a. 2.
109
PIUS PP. X., Exhortatio ad Clerum “Haerent animo”, A.S.S., XLI, 1908, p. 558.
mi hai abbandonato?”. Questo certamente fu il più grande abbandono che sperimentò
nella sua carriera mortale. Quindi è che proprio allora compì l'opera più grande di
quante mai in vita avesse fatte per miracoli e prodigi strepitosi: l'opera con la quale
riconciliò ed unì il genere umano con Dio, per mezzo della grazia. Ciò avvenne
appunto allorché l'amoroso Signore era più avvilito ed umiliato in tutto... Di qui l'uomo
spirituale intende il mistero della porta e della via che è Cristo, per unirsi con Dio... E
quando alfine giungerà a ridursi al nulla cioè a stabilirsi in una somma umiltà, allora si
che potrà dirsi avvenuta ormai l'unione spirituale tra l'anima sua e Dio, ciò che
costituisce il più grande e sublime stato a cui in questa vita si possa pervenire.
L'unione divina non consiste, dunque, in gioie o sentimenti o delizie di spirito, ma in
una viva morte di croce...”110.

Il Sacerdote che è entrato in questa via regale non celebra più la sua Messa
come prima. Egli prova, ora, nell'anima, una sofferenza analoga a quella dell'anima di
Gesù crocifìsso. In realtà, nella Messa egli riproduce e continua, per cosi dire,
“sacramentalmente” questa sofferenza, offrendo a Cristo un Corpo ed un'anima per
far rivivere e perpetuare la sua Passione nel nostro tempo. Il Sacerdote fedele, che e
immerso in un'aridità indipendente dalla sua volontà e che si crede abbandonato da
Dio, tocca così, sotto l'impulso dello Spirito Santo, le vette dell'identificazione con
Cristo Sacerdote e Ostia.

Ma questa unione dev'essere provata con l'imitazione, con una vita


veramente crocifìssa. E" il senso che il Ponti—

86

ficale dà all’agnoscite quod agitis et imitamini quod tractatis, poiché aggiunge subito
le parole di S. Paolo ai Galati: “Voi crocifiggete la carne con i suoi vìzi”111. E S.
Tommaso precisa che ci si deve comunicare nella Messa per manifestare che si
partecipa interiormente al Sacrificio offrendo se stessi a Dio112.
Nostro Signore, infine, può domandarci di versare il sangue per lui. S.
Tommaso esige che i Sacerdoti vi si dispongano interiormente in modo da essere
pronti, presentandosi l'occasione, a farlo effettivamente, al fine di conformarsi a Cristo
Crocifisso, che scende nelle loro mani113.
E’ quanto fecero i Santi: essi furono dei Sacerdoti crocifìssi, crocifissi nella
carne e crocifìssi nell’anima, perchè erano uniti a Cristo crocifisso, al Sacerdote ostia
del proprio sacrificio. Di taluni, come di S. Ludovico Grignion de Montfort, si è potuto
dire che erano “dei crocifìssi viventi”. E' questa l'identificazione suprema che Cristo
realizza nei suoi amici più cari e più fedeli alla loro grazia sacerdotale. Infatti, per
elevata che sia, questa grazia sacerdotale non è altro che l'espansione completa della
grazia sacramentale dell'Ordine ed il frutto di una celebrazione ognor più fervente
della Messa in unione col Sacro Cuore di Gesù.

110
IOANNES A CROCE, S., Opere tradotte in italiano a cura dell’Ordine dei Carmelitani scalzi, vol I, Salita del
Monte Carmelo. – Milano, S. Lega Eucaristica, 1927; L. II, cap. 6, n. 7, pp. 88-89.
111
Gal, V, 24.
112
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. IIIª Q 82 a. 4.
113
“Omnes clericorum ordines ordinantur ad altaris ministerium in quo sub sacramento repraesentatur Passio
Christi (…) Et ideo competit eis esse paratos ad propriam sanguinis effusionem pro Christo, ut imitentur opere
quod gerunt ministerio”. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. II-IIª Q 40 a. 2.
“Christo occiso (...) omnes ministri praedicti sacramenti (Eucharistiae) debent conformari”. Ibid, Suppl., Q. 39, a.
3.
2. — L'UNIONE DEL SACERDOTE CON LA SANTISSIMA VERGINE

L'unione del Sacerdote con Cristo nella Messa ci permette di immaginare a


quale intimità con la Santissima

86

Vergine noi siamo invitati, soprattutto se rammentiamo il compito che Maria


ebbe sotto la Croce.
Sull'altare il Sacerdote continua e riproduce il Sacerdozio di Cristo nel suo
atto principale, quindi deve continuare a riprodursi anche l'unione di Maria al sacrificio
di Gesù. Tale unione deve rinnovarsi tante volte quante Messe vi sono al mondo, in
caso contrario, non mancherebbe qualcosa alla Messa? Sarebbe ancora la
rappresentazione perfetta del Sacrificio della Croce?
Senza dubbio, quest'unione del Sacerdote con la Santissima Vergine può
non essere cosciente, al modo stesso che il Sacerdote può essere distratto nel
consacrare l'ostia o il calice, senza che per ciò la Consacrazione sia invalida, perchè
Gesù non è mai distratto. Allo stesso modo, in cielo la Santissima Vergine non
dimentica mai di unirsi al Sacerdote, che rappresenta Cristo, e di offrire con lui il
Sacrifìcio al Padre, come quaggiù si è unita a Gesù per offrire con lui il Sacrifìcio della
Croce. Dall'alto dei cieli e nella Divina Essenza, ella vede, e agisce unitamente a
Cristo Sacerdote, che vive e agisce nel suo Sacerdote. Il mistero dell'unione di Maria
Corredentrice col Redentore continua. Il Sacerdote partecipa ai sentimenti di Gesù
crocifisso per Maria ed ai sentimenti di Maria per Gesù crocifisso; fa suo l'amore di
Cristo per Maria e accoglie l'amore di Maria per Cristo che è in lui. Infine e soprattutto
egli accoglie, nella sua preghiera sacerdotale, l'offerta della Corredentrice che si
unisce al Redentore nell'atto supremo del Sacrifìcio.

85

Così, all'altare, il Sacerdote riceve, lui pure, l'aiuto che ricevè sulla Croce
Colui che egli rappresenta: l'assistenza benedetta di Maria. Come Gesù ha voluto
avere insogno di lei sul Calvario, così il Sacerdote, ogni giorno nella Messa, ha
davvero bisogno di questa presenza santa, invisibile, ma quanto efficace sul suo
povero cuore di uomo; e la riceve davvero da lei, perchè ella si dona a lui,
ineffabilmente, di maniera che il mistero della Croce si riproduce alla perfezione.

Alla Comunione il Sacerdote ha ancora più particolarmente bisogno della


Santissima Vergine, non per “essere” Cristo, perchè è contrassegnato col Sacerdozio
di Gesù mediante il carattere sacerdotale, ma per trarre personalmente profìtto di tale
grazia di identificazione con Cristo. Ella gli insegna ad unirsi alla Vittima santa del
Calvario, in conformità all'Ostia dei suo sacrificio.

E' il momento in cui, queste strofe dello Stabat acquistano per lui tutto il loro
significato:

O pia Madre, fonte d'amore,

fammi sentire la veemenza del dolore;


fa che avvampi il cuor mio nell'amor di Cristo Iddio affinchè gli piaccia;

fa ch'io soffra la morte di Cristo;

fa ch'io abbracci la sua Passione;

fa ch'io sia piagato delle sue ferite;

fa ch'io m'inebrii della Croce e del Sangue del Figlio...

Certo, questa partecipazione alla Passione di Cristo, questo ubbrìacarsi della


follìa della Croce, questa piaga del nostro cuore, a parlare con precisione, è tutto
opera di Gesù stesso in noi, opera della grazia sacramentale del Sa—

88

cerdozio e della Comunione della nostra Messa. Ma tutto ciò ci viene per mezzo di
Maria, poiché ella è la Mediatrice di tutte le grazie: per poter vivere la nostra Messa
da Sacerdoti crocifissi occorre la preghiera e la presenza della Santissima Vergine, la
Madonna della Compassione. La Messa di un Sacerdote unito a Cristo non può
concepirsi senza l'aiuto di Maria.

Ne abbiamo la prova dell'intimità meravigliosa esistente tra S. Giovanni e la


Vergine Santissima durante la Messa. Su tale unione l'Olier ha scritto pagine
sublimi114.

“San Giovanni era per lei la continuazione di Gesù Cristo... e nei momenti
importanti del suo ministero, egli era tutto suo: doveva entrare nelle sue intenzioni e
perdere le proprie in quelle di Maria. Le era stato dato come suo Sacerdote
particolare, affinchè offrisse il Sacrificio nelle intenzioni da lei desiderate...”115.

Parimenti, ogni giorno, rappresentando Cristo nell'atto principale del suo


Sacerdozio, il Sacerdote ha il dolce privilegio d essere invisibilmente assistito dalla
Vergine Santa e di riprodurre il mistero di consolazione e di unione, che si consumò
sul Calvario tra il Cuore di Gesù e il Cuore della sua Madre e Sposa amatissima.

* * *

Ma questa unione cominciata sull'altare deve prolungarsi per tutta la durata


della nostra giornata di Sacerdoti, e particolarmente, nell'intimità della preghiera.

90

Una vera unione d'amore si stabilisce, in effetti, tra la Vergine Santissima ed


il Sacerdote, un'amicizia tutta spirituale, tutta divina. E’ Dio che costituisce il vincolo
del loro cuore, è in lui che essi si amano ed in lui solo, perchè l'amore che unisce
Maria al Sacerdote ed il Sacerdote a Maria è un amore di carità, nient’altro che carità.
Mai la carità verso il prossimo s'è trovata in uno stato si puro. Generalmente,
infatti, essa rispetta per assumerli i legami stabiliti dalla natura o dalla volontà umana.
Può darsi benissimo che, per la carità che li unisce in Dio, una amicizia spirituale
114
OLIER, J.J., La vie interieure de la Très Sainte Vierge, cap. 16, Paris, 1875.
115
Ibid.
nasca tra una madre e un figlio, ma è raro che i vincoli del sangue non frappongano,
più o meno, ostacoli alla libertà che è essenziale tra amici. Niente invece si oppone a
che Maria divenga l'Amica Santissima dei suoi figliuoli, perchè è loro Madre solo per
la carità, per il suo Cuore purissimo. La Santìssima Vergine ci ama in Dio di un amore
d'amicizia soprannaturale che vuole reciprocità: ella aspetta da noi che l'amiamo di un
amore eguale. E, per ciò, basta avere la carità.
Questa unione con Maria riveste, però, modalità differenti, secondo che
venga realizzata da semplici fedeli o da Sacerdoti. Per i laici, infatti, essa consiste
nell'identificarsi talmente con la Vergine Santa con l'imitazione delle sue virtù,
nell'entrare così profondamente nella sua vita interiore attraverso le intuizioni
dell'amore, da giungere, in certo modo, a far rivivere e continuare nei secoli l'unione di
Maria con Gesù.
Quando si tratta del Sacerdote, però, la prospettiva cambia, lì carattere
dell'Ordine ha contrassegnato il suo essere col Sacerdozio di Cristo e gli ha dato la
potestà di compiere le azioni stesse del Sommo Sacerdote, la grazia sacerdotale,
inoltre gli permette di vivere da Sacerdote, di “altro Cristo”. E', dunque, da Nostro
Signore che il Sacerdote —se così può dirsi— parte nell'amare la Santissima Vergine.
Ed egli l'ama come Nostro Signore l'amava quaggiù, rivivendo e continuando, così,
attraverso i secoli, l'unione di Gesù con Maria. E' un amore di purissima e santissima
amicizia116.
Quando un Sacerdote ha compreso ciò, la sua vita ne risulta completamente
trasformata. Può amare la Vergine Santa di amore verginale e mai sospetto, di un
amore forte e rigoglioso. E, nelle ore di isolamento di tentazione, vede in lei la
confidente sicura, di cui il suo cuore di uomo sente la necessità117.
Il Cuore Immacolato di Maria è il cuore complementare di cui il Sacerdote ha
bisogno “affinchè non sia solo118.
Ma con quale delicatezza e quanta prudenza devono trattarsi tali cose119.
Non ci si spaventi, però, fino al

91

punto di bollarle come temerità: Santi autentici ne hanno vissuto, primo fra tutti

Noi, beninteso, parliamo, qui, dell'amore del Sacerdote come Sacerdote. In quanto
116

uomo, infatti, il Sacerdote, come qualunque altro cristiano, è un figlio della Santissima
Vergine bisognoso di essere plasmato da lei ad immagine di Cristo stesso, come
abbiamo spiegato nel cap, II.
117
Il Canonico J. Dupevray, Superiore del Piccolo Seminario di Mombrison, lesse all'XI Congresso Nazionale del
Reclutamento Sacerdotale, tenuto a Lourdes nell'agosto del 1935, un rapporto intitolato: «La devozione a Maria e
la cultura delle vocazioni”, in cui espone come l'amore per la Santissima Vergine abbia permesso a un gran
numero dei suoi seminaristi di superare la crisi dell'adolescenza. Ecco in quali termini conclude il suo rapporto:
«quando si dovrà chiedere ad un cuore che si sveglia all'amore il sacrificio di ogni affetto di donna per ottenere da
lui una dedizione più completa, l'affetto delicatissimo della Santissima Vergine sarà la soluzione migliore di tale
importante e delicato problema psicologico del dono di sè nella castità. Da quel momento, il giovane si abituerà a
considerare Maria come la confidente, l'associata, la collaboratrice del suo apostolato sacerdotale”. Rapport da
Xle Congrès National de Recrutemenht sacerdotale” - Lourdes 1935 — Lourdes, Impr. de la Grotte, 1936 —
pp. 145-146.
118
Gen., II, 18.
119
L’argomento è stato tratto dal R.P. J. KLEIN, M.S.C., in un articolo degli Annales de Notre-Dame du Sacré-
Coeur dal titolo: Notre-dame et le Prètre (avril-mai 1943, pp. 15-18). “Come chiamare quest’intima unione tra
Maria e il sacerdote? Non é quasi come un vincolo di parentela stretto fra loro? Essa sarà la base di una
confidenza reciproca e di una collaborazione incessante. Gli stessi pensieri identici i disegni, gli stessi slanci.
“Adiutorium simile sibi, un aiuto a lui simile, così la Genesi qualifica la donna presentata ad Adamo, all’uscita
dal suo sonno misterioso. (...). Maria è la Madre del Sacerdote. E? In certo modo la Sposa, la collaboratrice, il
complemento naturale dell’uomo Sacerdote, la Sorella del Sacerdote, tanto a lui simile, malgrado la sua
condizione” (p. 15). ... Per vivere secondo lo Spirito (...), l’uomo soo non basta a se stesso. Gli occorre un aiuto
ugualmente spirituale, d’una purezza vivificante, gli occorre l’Immacolata, il Cuore dell’Immacolata (p. 16).
l'Apostolo S. Giovanni.

“L'amore che a Maria portava S. Giovanni, — scrive l’Olier — non può


essere compreso: era un amore di puro spirito, senza mescolanza di sensi, un amore
che sgorgava e si alimentava dalla fede, ma un amore forte, vigoroso, possente,
sempre uguale a se stesso. Questa carità lo portava così vivamente a Maria e l’univa
a lei cosi potentemente e strettamente in Gesù che la vedeva vicino a se, con gli
occhi dello spirito, più distintamente che fosse stato vicino alla sua persona...
Finalmente, la confidenza dell'uno nell'altro era si grande, essendo le anime loro unite
per l'eternità da un vincolo indissilubile. la loro unione si stabile, cosi forte, da far
ritenere che, questa confidenza e questo legame in cielo non potessero essere più
puri né più divini”120.

Quello che l’Olier diceva di S. Giovanni l'aveva sperimentato egli stesso nella
propria vita interiore, come ne fa testimonianza il De Bretonvilliers: “Gli sembrava
ormai di essere una cosa sola con la Santissima Vergine, che era in lui, per cosi dire,
più che egli non fosse in se stesso. Si vide di nuovo stabilito in lei, in una
partecipazione più completa della sua grazia, delle sue perfezioni, delle sue virtù e
della sua vita, ed in un oblìo di sé più grande che mai”121.

Un santo della Scuola francese, S. Giovanni Eudes. a quest'unione tra il


Sacerdote e la Santissima Vergine ha dato perfino il nome che, forse, nessuno aveva
osato pronunziare fino allora122. Lo troviamo in un “contratto d'amore” composto dal
Santo per testimoniare i vincoli che l’univano alla Vergine Santa:

“0 ammirabile ed amabilissima Maria (...) non è affatto meraviglia che vogliate


essere la sposa dell'ultimo degli uomini e del più grande dei peccatori, che ha osato
scegliervi, fin dai suoi più teneri anni, per sua unicissima Sposa e consacrarvi
totalmente il suo corpo, il suo cuore e la sua anima: si è che voi volete bene imitare la
bontà infinita del vostro Figliuolo Gesù, che vuole essere lo sposo di un'anima
peccatrice e miserabile (...)

Come lo sposo e la sposa devono amarsi reciprocamente di un amore


sincero, costante e cordiale, così io ho tutte le prove immaginabili, o mia tutta
amabile, delle incomparabili cortesie da voi usatemi e voi vedete parimenti il fuoco e
le fiamme, le attenzioni e le tenerezze del mio cuore per voi (...).

Come Io sposo e la sposa sono reciprocamente obbligati ad assistersi e


consolarsi l’un l’altro nelle infermità, malattie ed afflizioni, è mio desiderio di servirvi,
aiutarvi e consolarvi, secondo le possibilità che Dio mi concederà, nella persona dei
poveri, dei malati, degli afflitti, nei quali io vedrò voi, come la mamma nei figliuoli. Vi
supplico an—

93

cora, mia tutta buona, di assistermi, proteggermi e sostenermi in tutti i bisogni


spirituali e corporali.
Come lo sposo e la sposa non devono avere che un cuor solo ed un'anima
120
OLIER, J.J., La vie interieure de la Très Sainte Vierge, cap. 16, Paris, 1875, c. 16.
121
BRETONVILLIERS, DE A. e TRONSON, L. – L’ésprit de M. Olier – Paris, 1896; L. IX, t. I, p. 409; cfr.
Ibid., pp. 396-397.
122
Si citano, talvolta, alcuni Santi precursori di S. Giovanni Eudes su questo punto, come ad esempio, S. Roberto
de Molesme, fondatoredi Citeaux, S. Edmondo, arcivescovo di Chanterbury, il “Beato” Alano de la Roche,
domenicano bretone e predicatore del Rosario nel XV secolo, ma le fonti storiche difettano per assicurare
l’autenticità dei fatti riportati dalle leggende.
sola, fate ancora, o Regina del mio cuore, che io non abbia se non un'anima, una
mente, una volontà ed un cuore solo con voi. A tal fine, prendetevi il mio e datemi il
vostro cuore. (...)
Ecco le condizioni del contratto di santa alleanza che mi avete ispirato di fare
con voi, o Regina del cielo, come con la Sposa santissima del cuore e dell'anima
mia”123.
I Santi hanno tutte le audacie! Occorre, però, non allarmarsi e comprendere
la portata delle loro espressioni. Se, infatti, si ammette coi Padri124 e con la Liturgia125
che le anime consacrate possono essere chiamate “spose di Cristo” e se, con la
Tradizione e la Liturgia ancora, si riconosce in Maria la Sposa amatissima di Nostro
Signore, non ci meraviglierà oltre modo vedere dei Santi dare questo nome alla
Santissima Vergine per designare la natura del vincolo che li stringe a lei. Quel che
bisogna ben comprendere è che, sulle loro labbra o sulla loro penna, questo nome
non indica altro che la carità che li unisce a Maria, al modo stesso che il nome di
amico non designa altro che il vincolo di carità che stringe il Sacerdote

94

a Nostro Signore: i termini ispirati al linguaggio del matrimonio o dell'amicizia sono


presi solo per farci comprendere, attraverso analogie umane, la divina trascendenza
dell'unione effettuata dalla carità, sia quella verso il prossimo, che quella verso Dio.
Una riserva tuttavia s'impone nell'uso di questi termini, di quello soprattutto
che designa le relazioni più intime tra il Sacerdote e la Vergine Santa. E' conveniente,
infatti, conformarsi all'uso comune di non fare, di un termine sfuggito ai fervore di
qualche Santo, l'espressione unica, che definisca in modo totale la natura di queste
relazioni. Al Sacerdote basta sapere che la carità stabilisce fra lui e Maria una vera
amicizia, perchè comprenda tutta l'intimità che questo comporta con lei in Cristo e per
Cristo: è la stessa carità che ardeva nel cuore di Nostro Signore per la Santissima
Vergine e che il Sacerdote fa sua, per continuare quaggiù questa santa amicizia.
Tutto il segreto della vita mariana del Sacerdote non è forse qui?
La cosa è quindi semplicissima: il Sacerdote ama la Santissima Vergine e si
lascia amare da lei. Egli si dà a Maria e Maria si dona a lui.
“Maria Santissima —scrive S. Ludovico Grignion de Montfort — quando
vede che uno si dà tutto a lei... si dà ella pure tutta a lui, e in una maniera ineffabile.
Lo fa sommergere nell'abisso delle sue grazie... A quel modo che questa persona
consacrata è tutta di Maria, anche Maria è tutta di lei, cosicché può ripetersi di questo
perfetto servo e figlio di Maria ciò che S. Giovanni Evangelista dice di se, che ha
preso la Vergine Santissima in luogo d'ogni suo bene: Accepti eam discipulus in sua
(Jo., XIX, 27)”126.

95

Da questo dono scambievole nasce una compenetrazione reciproca, quella


123
Il testo integrale di questo Contrat d’Alliance si trova nelle Oeuvres Choiisies di S. Giovanni EUDES; Paris, d.
Ch. Lebrun, 1934; t. V., pp. 433-434.
124
Cfr. CAMELOT, TH., O.P.- Virgines Christi, la virginitá aux premiers siècles de l’Eglise – Paris, 1944
(oppure in: La Vie spirituelle, t. LXX, pp. 113-124): è nel III secolo, presso Tertulliano, che si trova la prima
volta questa espressione.
125
. CAMELOT, TH., O.P.- Virgines Christi, la virginitá aux premiers siècles de l’Eglise – Paris, 1944, p. 55,
dove l'A. cita il prefazio della consacrazione delle vergini, che si trovava già nel Sacramento leoniano (VI secolo),
e stato conservato nel Pontificale romano ed è ancora utilizzato fino ai nostri giorni in taluni monasteri (Cfr.
ancora ibid., p. 45). Dove, invece, non ha luogo la consacrazione delle vergini, il cerimoniale prevede il canto di
testi liturgici analoghi, il Veni Sponsa Christi, per esempio.
126
LUDOVICUS GRIGNIO DE MONTFORT, S. – Trattato…, n. 144.
“mutua inhaesio” che S. Tommaso ci ha insegnato a considerare come il frutto più
puro dell'amicizia127: il Sacerdote vive in Maria ed ella vive in lui. Cos'è, infatti, amare,
se non volere alla persona amata tutto il bene di cui è capace?128. Amare la
Santissima Vergine è compiacersi della felicità che ella possiede e desiderare che
la sua gloria aumenti. Ma volendo il bene degli amici in questo modo, noi veniamo a
vivere, in certo senso in loro, rattristandoci e rallegrandoci di tutto ciò che loro capita,
come se fossimo trasfusi nella loro esistenza. E così del Sacerdole; a misura che
conosce ed ama maggiormente la Santissima Vergine, egli partecipa sempre più
profondamente a tulle le sue gioie e sofferenze, dimenticando, per cosi dire, tutto ciò
che gli è proprio per non interessarsi più che di lei e di quanto la riguarda, per la
maggior gloria di Dio. Come quelli che amano sulla terra, egli non vive più in se
stesso, ma in lei e per lei. D'altra parte, egli possiede Maria nel suo cuore, la
custodisce come un tesoro, non cessa di pensare a lei e di offrirle il suo amore: la
Vergine Santissima è la sola creatura alla quale possa dare tutto il suo cuore. Come
dice S. Ludovico Grignion de Monfort: ”Non è l'anima che vive, e Maria che vive in
essa o, per così dire, l'anima di Maria diviene la sua anima”129.

Allora, nei momenti preziosi in cui il Sacerdote vìve veramente questa unione
d'amore, gli può capitare di spe—

96

rimentare questa presenza intima della Santissima Vergine. Santi Sacerdoti hanno
confidato che essi avevano conosciuto questa “unione mistica con Maria”130 in
particolare l'Oiier, S. Giovanni Eudes131, il venerabile Cestac132 ed il P. Chaminade.
Quest'ultimo diceva che “c’è un dono di presenza abituale della Vergine Santa, come
v'è un dono di presenza abituale di Dio, rarissimo è vero, accessibile tuttavia
attraverso una grande fedeltà”133.

Questa presenza della Santissima Vergine non consiste solamente nel fatto
di averla col pensiero e l'amore nel nostro cuore. Come fa notare S. Tommaso.
“l'amore basta per costituire l'unione affettiva, ma esso porta a desiderare l'unione
effettiva, che si realizza con la presenza dell'essere amato”134. Chi ama la Santissima
Vergine e la conosce così nella fede vorrebbe averla ancora più vicina, trovarsi
effettivamente in sua presenza.

Che ci occorre per essere alla presenza di Maria? S. Tommaso ce lo


insegna, quando dichiara che “una cosa può dirsi presente a qualcuno quando sta
dinanzi al suo sguardo”135. Orbene, la Santissima Vergine, come d’altronde Nostro
Signore nella Sua Santa Umanità, non cessa di vederci dall'alto dei cieli. Noi siamo,

127
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. I-IIª Q 28 a. 2.
128
E’ la definizione dell’amore data da Aristotele e ripresa da S. Tommaso: “Amare es velle bonum alicui”. -
Summa Theol. Iª Q 20 a. 2. Cfr. II-II, Q. 27, a. 2, ad 1.
129
LUDOVICUS GRIGNION DE MONTFORT, S. – Le Secret de Marie – Paris, 1930, n. 55.
130
NEUBERT, E., - L’Union mystique à la Sainte Veirge – in: La Vie Spirit., T. I, 1937, pp. 15-29.
131
Cfr. HERAMBOURG – Le R. P. Jean Eudes, ses vertus – Paris, 1869, cap. 43, pp. 572-673.: “Non appena mi
si a vvicina, perdo per qualche tempo l’uso dei sensi; allora ella mi usa molta tenerezza, chiamandomi per sua
bontà con nomi diversi, come: figlio, servo e talvolta padre e sposo. Ella ha per me delle gentilezze ineffabili...”.
132
Cfr. P. BORDARAMPÉ - Le Vénérable L. Ed. Cestac: sa vie, son oeuvre – Paris, 1925, p. 458.
133
P. CHAMINADE, - Ritiro del 1824, 4ª conferenza, appunti del P. Lagenay, citato ne L’esprit de notre
fondation (Società di Maria), t. 1, p. 173.
134
Cfr. THOMAS AQUINAS. - Summa Theol. I-IIª Q 28 a. 1 c., e ad 2.
135
Ibid., I, Q. 8, a 3, ad 2.
dunque, tutti presenti alla Santissima Vergine e, di conseguenza, possiamo dire che
ella ci è presente nella misura in cui crediamo di

97

essere veduti da lei. Senza dubbio, questa presenza nella fede è ben poca cosa
rispetto alla presenza di cui godremo in cielo, costituisce, tuttavia, un saggio prezioso
di ciò che sarà la visione della Madre nostra e la “conversatio” eterna che avremo con
lei.
Inoltre, se quaggiù non vediamo la Santissima Vergine, possiamo però
sentire gli effetti della sua azione in noi. Pur senza spostarsi effettivamente, infatti,
Maria è là dove si esercita la sua azione materna. Distribuendo le grazie divine come
Mediatrice universale, la Santissima Vergine agisce, dall'alto dei cieli e senza
intermediari, nell'anima dei suoi figli. Senza dubbio in se stessa, questa azione,
essendo puramente spirituale, non è avvertita da colui che ne beneficia, ma è un
fatto consolantissimo che le anime che si prestano di buon grado a quest ‘azione
della Madre loro ricevono spesso una grazia soavissima e fortisisma, che fa loro
sperimentare questa virtù meravigliosamente efficace della Santissima Vergine: dagli
effetti che Maria produce nel più intimo dell'essere loro, queste anime si accorgono
che ella è là. Quando si domandava al venerabile Cestac se vedesse la Santissima
Vergine, rispondeva: “No, non la vedo, ma la sento: come il cavallo sente la mano del
cavaliere che lo guida”136.
Tuttavia questa presenza “virtuale” di Maria non produce i medesimi effetti
nei semplici fedeli e nei Sacerdoti perchè l'azione di Maria su questi ultimi non
consiste solo in un esercizio della sua maternità, come in tutti ì cristiani, ma anche in
un aiuto efficace, che si manifesta soprattutto nella Messa e nella orazione. Il
Sacerdote che sperimenta quest'azione di Maria nella sua anima, prende

98

ancora una coscienza sempre più viva e profonda dell'ufficio complementare, che
Maria deve svolgere presso di lui, come lo ha svolto presso Cristo-Sacerdote. D'altra
parte, egli sperimenta la sua identificazione con nostro Signore negli atti del suo
Sacerdozio e l'intimità alla quale è invitato col suo Sacro Cuore. Così, questa
presenza della Santissima Vergine suscita nel Sacerdote un aumento d'amore per
Maria e, indirettamente, un aumento di amore per Gesù.

99

PARTE TERZA

LA VERGINE SANTISSIMA E IL MINISTERO SACERDOTALE

CAPITOLO I. MARIA E IL MINISTERO DI CRISTO SACERDOTE

La Santissima Vergine non ha partecipato alla Passione solo consolando il


cuore di Nostro Signore con la sua presenza, ma ha veramente cooperato alla
Redenzione. Sul Calvario Maria è la Sposa di Cristo, ma è anche Madre nostra; ella ci
136
P. BORDARAMPÉ, op. cit., p. 458.
ha veramente generati partecipando al Sacrificio Redentivo offerto dal Sommo
Sacerdote.
Sulla Croce, però, questa maternità spirituale s'inizia soltanto; è in cielo, dopo
l'Assunzione, che essa acquisterà tutta la sua ampiezza. Maria, infatti, non ha
cooperato soltanto all'acquisto delle grazie che sono il frutto della Passione, ma ha
cooperato anche e coopera ancora alla distribuzione di tutte queste grazie: dopo
essere stata Sposa, è Regina e partecipa così alla Regalità sacerdotale di Cristo.

1 — LA FECONDITÀ DELLA SANTISSIMA VERGINE PRESSO LA CROCE.

Ma è proprio esatto che Maria è divenuta Madre nostra sul Calvario? Non
vanta dei diritti su di noi fin dal giorno dell'Annunciazione? Accettando col suo “fiat” di

103

divenire la Madre del Redentore, Maria acconsentiva già a collaborare all'opera di


rigenerazione spirituale decretata dall'Amore Infinito e che Cristo avrebbe effettuata.
E’, dunque, ben certo che Maria è Madre nostra fin dall'Annunciazione. Se è stato
infatti l'Amore Infinito di Dio che ci ha dato Cristo Gesù, esso ha voluto passare
interamente nel Cuore di Maria, affinchè con un atto della sua volontà, l'amore di
Maria, ci desse il Salvatore.

S. Agostino, applicando la grande dottrina del Corpo mistico a questo


mistero, scriverà che Maria ha concepito il corpo mistico generando il corpo fisico di
Cristo. Diviene Madre delle membra accettando di essere la Madre del Capo137.

Ma S. Agostino spiega bene come è divenuta Nostra Madre, “ella ha


cooperato col suo amore affinchè i fedeli nascessero membra di Cristo”. In fondo, è il
“Fiat” dell'Annunciazione che ha deciso di tutta la vita della Santissima Vergine,
perchè, giammai revocato, è stato mantenuto con una carità ardente. Maria non
dimenticava, come molto spesso facciamo noi, quello che aveva detto a Dio. La sua
risoluzione di collaborare al piano redentivo dell'Amore Infinito era irrevocabile e non
poteva che rafforzarsi, a misura che si svelavano ai suoi occhi le conseguenze
dell'incarnazione. Ella partecipava sempre più al volere divino di salvare noi tutti.
“Propter nostram salutem descendit de coelis et incarnatus est”138.

Possiamo, dunque, ben dire che siamo figli del suo Cuore. Non siamo, come
Gesù, il frutto del suo seno “fructus ventris tui”, ma come lui siamo il frutto
del suo

104

“Fiat” e del suo consenso volontario alla volontà di Dio, il frutto del suo cuore.

Tuttavia, nell'Annunciazione, la maternità spirituale di Maria su di noi è


soltanto — se così può dirsi — una maternità in radice, esattamente come, in quel
137
“Illa una femina… mater est et virgo… mater membrorum eius quod nos sumus, quia coopertaa est caritate, ut
fideles in Ecclesia nascerentur qui illius membra sunt…”. AUGUSTINUS Ep., S. – De Virgin., 6.
138
Credo della Messa
momento Cristo è autore della nostra salvezza solo in radice. Certo, l’atto d'Amore
Infinito col quale il Verbo si è incarnato ha suscitato immediatamente nell'anima santa
di Cristo un atto di offerta, che solo sarebbe bastato a redimerci. Questo primo atto
d'amore del Cuore di Gesù continuerà per tutta la durata della sua vita terrena, senza
mai deviare dal fine perseguito, la salvezza di tutti gii uomini. E' lo stesso atto d'amore
che, nell'ora della Passione, diverrà l'anima del sacrificio redentivo, l’atto più intimo di
Cristo Sacerdote, la forza nascosta che spingerà Gesù a versare tutto il Suo Sangue,
il Venerdì Santo.

Non è, dunque, nel seno di Maria che Gesù ci ha salvati e generati alla vita
eterna, ma sulla Croce. Il Sacrifìcio Redentivo e un atto sacerdotale, che Gesù
Sommo Sacerdote ha offerto, donando al Padre se stesso quale ostia cruenta.

Di conseguenza, anche la Santissima Vergine sarà veramente e pienamente


Madre nostra sul Calvario. Come per Cristo ed in unione con lui, la sua
partecipazione d'amore alla volontà divina la condurrà fino al Calvario e sarà in quel
momento, il motore intimo di tutti i suoi atti, ma solo allora ella ci partorirà alla grazia.

In breve. Maria è formaliter Madre nostra nel momento in cui Gesù compie
l'atto formale della nostra salvezza sul Golgota.

Del resto, non è allora che Gesù, dall'alto della Croce, affida a Maria S.
Giovanni, che rappresenta tutti noi, dicen—

105

do all'Apostolo amatissimo: “Ecce Mater tua” ed alla Madre sua: “Ecce filius
tuus”?139.
Nella vita di Maria tutto, infatti, è ordinato alla Compassione, come tutto nella
vita di Cristo è ordinato alla Passione. Come Gesù è stato predestinato all'Amore
Infinito ad essere il Redentore dei genere umano, così Maria è stata predestinata ad
esserne !a Corredentrice. Meglio, lo stesso decreto ha stabilito che la salvezza del
mondo sarebbe stata operata dai Sacrificio dei Sommo Sacerdote e che a questo
sacrificio salvifico sarebbe stata unita, in maniera tutta speciale, la Santissima
Vergine Maria.

* * *

Cerchiamo di precisare, ora, come la Santissima Vergine è Corredentrice.


La Passione di Cristo può essere vista sotto aspetti diversi, ciascuno dei quali
fa contemplare un lato nuovo di questa meraviglia suscitata dall'Amore Infinito.
La Passione è anzitutto un sacrificio del Cristo Sacerdote, del Mediatore
unico tra Dio e gli uomini. Gesù che si offre al Padre come vittima d'amore per
l'umanità tutta. Questo sacrificio ha un valore infinito, come soddisfazione e come
merito: esso restaura tutti i diritti di Dio lesi dal peccato e ci merita tutte le grazie di cui
avremo bisogno sino alla fine dei tempi, per trarci dal peccato ed ottenerci l'eterna
salute. Sulla Croce Gesù è davvero il divin Mediatore, il Sacerdote, in tutta l'ampiezza
dei termini, e, al tempo stesso, il Salvatore dell'umanità.
Ma Nostro Signore può fare tutto ciò perchè è Dio e

106

139
Jo., XIX, 26-27.
uomo. Capo del Corpo mistico, egli prende in sé tutta la natura umana con le sue
miserie e, vero figlio di Dio uguale al Padre, prende in sé tutti i tesori dell'Amore
Infinito per riversarli su ognuno di noi. C'è, dunque, un solo mediatore e non può
esservene che uno: “Unus Mediator Dei et hominum, homo Christus Jesus” — dice S.
Paolo —140.
Orbene, quale sarà il compito della Santissima Vergine nella Passione?
Null’altro, presso Cristo, che quello di un “aiuto a lui simile” —come dice S.
Alberto Magno—. Perchè Maria, sul Calvario, non è formalmente Sacerdote, ma
l'associata del Sommo Sacerdote141.
E' con la sua unione di carità a Cristo che ella collabora alla Redenzione, è
col suo Cuore Immacolato che è Madre nostra, come è col suo Sacro Cuore che
Gesù ci ha generati alla vita. La Chiesa è nata — asseriscono i Padri dal costato di
Gesù: “Et continuo exivit sanguis et aqua”142.
E Lui stesso che, parlando della Santissima Vergine, diceva a S. Brigida: “Il
suo Cuore era il mio Cuore, perciò posso dire che mia Madre ed Io abbiamo salvato
l'uomo con un Cuore solo, io soffrendo nel mio Cuore e nella mia carne, Lei col dolore
del Cuore e dell'amore”143.
Ed ancora S. Alberto Magno, che diceva: “Nella Passione ( Maria) fu aiuto
della Redenzione e Madre della rigenerazione. Fu lì che, per la sua fecondità
spirituale, ella divenne la madre spirituale di tutto il genere umano...”144.

107

Se ella collabora alla Redenzione, al Sacrificio del Calvario è, dunque, solo in


Cristo e per Cristo.

Il prezzo, tuttavia, col quale ha riscattato le anime — redenzione significa


infatti riscatto—, è certo il sangue del suo Figliuolo, ma questo sangue divino è il suo
sangue, perchè la vittima che ella offre al Padre è il suo Figlio. C'è un'ostia sola, e
perciò non può esservi che un sacrifìcio solo. Maria non ha sacrificato, ma ha
collaborato al sacrificio di Cristo, si è unita, con la carità— all'offerta ed
all'immolazione di Gesù. “Habuit officium eiusdem hostiae sistendo ad aram”145.

Parimenti —come dice Pio X— Maria ha meritato de congruo quanto Cristo


ha meritato per noi de condigno146; in altri termini, tutte le grazie che Gesù ci ha
meritato per giustizia, secondo uno stretto diritto acquistato in cambio del suo
Sangue, Maria ce le ha meritate per diritto di amore, vale a dire, in forza di un potere
accordatole da Dio di attingere nei tesori del suo Amore Infinito, in forza della sua
unione di carità con Cristo.

Ma questi meriti sono suoi, sono diritti di amore —jus amicabile— che ella,
la Vergine Santissima, potrà far valere presso Dio per la salvezza dei suoi figli.

140
I Tim., II, 5.
141
“Beata Virgo Maria non est assumpta a Domino in ninisterium sed in consortium et adiutorium simile sibi”
ALBERTUS MAGNUS, S. – Mariale, Q. 42.
142
Jo., XIX, 34.
143
S. BRIGIDA, Revel., III.
144
Tempore Passionis u bi mater misericordiae, Patri misericordiarum in operatione summae misericordiae affuit,
et consors passionis, adiutrix facta est redemptionis et mater regeneratiuonis; unde ibi propter foecuditatem
spiritualem qua totius generi humani mater spiritualis effecta est, non sine parturitione doloris omnes nos in vitan
aeternam in Filio suo et per Filium vocavit et regeneravit”. ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, Q. 29, a. 3.
145
PIUS PP. X, Ad dim illum.
146
“Maria de congruo promeret nobis quae Christus de condigno promeruit”, PIUS PP. X, Ad dim illum.
Quando noi, poveri peccatori, preghiamo per i nostri fratelli, quando anche i
più grandi Santi della terra, intercedono per le anime, tutti supplichiamo l'Amore
Infinito di effondersi in esse, ma non possiamo pretendere da Dio

108

che ci accordi quelle grazie. Quando un povero bussa alla nostra porta per
domandare un po' di pane, egli non può esigere questo pane come un diritto, fa
appello alla nostra misericordia. Quando invece l'operaio, a fine settimana, si
presenta ai padrone per riscuotere il suo salario, si tratta di un diritto che egli può far
valere, ed il pane che darà ai suoi figli gli apparterrà con tutta giustizia. Lo ha ben
meritato: “meritum est jus ad praemium”.

Quando Maria chiede una grazia per i suoi figliuoli, ella può esigerla, ne ha il
diritto, benché tale diritto le sia stato accordato puramente in virtù della sua unione
d'amore con Gesù. Merito vero, ma de congruo, merito dipendente essenzialmente da
quello di Cristo e fondato sulle sue relazioni di carità con lui.

Così, in qualunque modo si osservi la Passione di Gesù, Maria non vi ha


avuto che un ufficio di associata, di collaboratrice, di sposa. E' mediatrice, certo, ma
come aiuto a fianco del Mediatore, del Sommo Sacerdote, molto più che come
intermediaria fra Gesù e noi. Certo, lo vedremo ben presto, l'ufficio di avvocata dei
peccatori presso Nostro Signore non è escluso, ma più che nell'acquisto, Maria
svolge l'ufficio di “Mediatrice presso il Mediatore”, di cui vien fatta menzione
nell'orazione della festa di Maria Mediatrice, nella distribuzione e nell'applicazione dei
frutti della Redenzione.

E' tuttavia qualcosa di inaudito che, quantunque ridotto al semplice ufficio di


associata, di consors passionis, una semplice creatura abbia potuto cooperare
all'opera più grande del Salvatore, la liberazione e la restaurazione del genere
umano.

Ora, il segno più certo di questa collaborazione è che

109

la Santissima Vergine ha veramente meritato per noi de congruo, con un vero merito
di convenienza, tutto quello che Cristo stesso ha meritato per stretta giustizia. Non
mediteremo mai abbastanza questa verità, perchè essa è alla base di tutta l'azione
che la Santissima Vergine eserciterà su di noi. Ella ha meritato tutte le grazie di
conversione e di salvezza di cui avremo bisogno per giungere alla vita eterna, il dono
fra tutti più prezioso della grazia santificante e dell'amicizia divina, tutte le grazie
attuali che ci verranno accordate nel corso della vita per sostenerci, per impedirci di
cadere o sollevarci se caduti, tutte le grazie di docilità al beneplacido divino e di
intimità con Dio presente in noi, tutte le grazie attuali, dunque, ma anche tutte le
grazie sacramentali, la grazie del Battesimo e della Confermazione, del Sacerdozio e
delle nostre Messe quotidiane, delle nostre confessioni ed infine la grazia che
speriamo di ben ricevere dall'Estrema Unzione e della buona morte.
Maria è veramente Madre nostra. Ella non è solo colei che ha portato, una
volta per sempre, l'Autore della grazia e che ha reso possibile il compimento della
nostra Redenzione; è anche colei che, sposando il Cristo crocifisso, ha acquistato tutti
i diritti di Madre su noi.
Ella ci ha amato tutti presso la Croce, benché, di certo, allora non ci abbia
tutti visti, poiché era nella vita di fede. Ma in Cristo ella ha attinto di che amarci tutti e
ci ha amato nell'ordine stesso in cui ci amava Gesù. Il Sinedrio e Pilato, i carnefici e la
plebaglia, il cattivo ladrone e Giuda, il buon ladrone e S. Pietro, Maria Maddalena e S.
Giovanni, ella li ha amati come una madre, perchè Gesù li amava; ma ella ha anche
teneramente amato coloro che consolavano Gesù con la loro buona volontà, la loro
devozione e fedeltà.

2 — LA REGALITÀ DELLA SANTISSIMA VERGINE E L'AZIONE


SANTIFICATRICE DI CRISTO.

Se Cristo ha terminato la sua opera sulla terra acquistando un diritto di valore


infinito alle grazie necessarie per salvare gli uomini tutti, occorre, tuttavia, che gli
uomini vengano ad attingere al tesoro del suo Cuore. Occorre che essi si lascino
applicare i frutti della Passione e si salvino realmente. Anche in ciò bisogna che Gesù
li aiuti con la collaborazione di Maria.
Quest'ufficio di Gesù è ancora un ufficio sacerdotale. Il Sacerdote non ha
solo il compito di offrire il sacrifìcio a Dio —benché sia il suo compito principale—
deve ancora comunicare alle anime, a ciascun'anima a lui affidata, le grazie divine. La
mediazione universale di Cristo è una strada in due sensi, uno che sale al Padre per
ottenere il potere di salvare tutti gli uomini e l'altro che discenda dal Padre per
applicare loro i meriti ottenuti.
Parimenti, dire che Maria è la Mediatrice di tutte le grazie non è solo
affermare che ella ci ha meritato, con la sua Compassione, tutto quello che Gesù ci
ha acquistato con la sua Passione, ma anche credere che Maria è, insieme a Gesù,
la Dispensatrice di tutte le grazie discese dal Padre ed accordate ad ognuna delle
anime nostre.
Ma per ben comprendere in che cosa consiste l'ufficio che Gesù e Maria
esercitano su di noi dall'alto dei cieli, bisogna far intervenire qui un'altra
considerazione, che finisce di darci la comprensione di questo mistero d'Amore
Infinito per ciascuno di noi: Gesù non è solo il nostro Sacerdote, è anche il nostro Re
e Maria non è solo la nostra Mediatrice, ma anche la nostra Regina. Il loro potere non
è solo un potere di intermediari tra Dio e gli uomini, ma un potere di realissima
giurisdizione sulle anime nostre, un

111

potere dato loro per meglio disporci a ricevere le grazie e a profittarne in pieno.

Nostro Signore è, infatti, il Capo del Corpo Mistico. la personificazione


vivente dell'ideale al quale tendono tutte le membra del suo Corpo; egli è il
meraviglioso condottero di uomini, che li istruisce, li trascina, li attira a sé, li stringe
intorno alla sua persona per governarli e farli pervenire all'eterna felicità. Egli
stabilisce l'ordine di questa società spirituale, disponendo dei benefici di Dio, che ha
acquistato col suo Sangue, secondo un piano destinato ad assicurare il suo
Regno eterno —la celeste Gerusalemme— la pienezza dello splendore e della
felicità. Per ciò dispone del potere regale. Egli ha la facoltà di promulgare leggi, di
imporre la sua volontà ai sudditi, che sono tenuti ad obbedirgli; sanziona le loro
azioni ricompensando i buoni e punendo i colpevoli, ma lo fa con giustizia e
misericordia, tenendo conto delle debolezze degli uomini che governa. Infine, Nostro
Signore, da vero Re, difende il suo Regno contro i nemici, specialmente contro
Satana e i suoi satelliti, e conduce i suoi fedeli a sempre nuove conquiste,
accrescendo così ed abbellendo il suo Regno sino alla fine dei tempi.
Ma questa regalità nostro Signore l'esercita con una autorità ignota,
sconosciuta ai sovrani della terra. Questi non possono governare gli uomini se non
dal di fuori, mentre Cristo ha potestà sulle coscienze, è il Signore delle intelligenze,
capace di illuminarle dal di dentro; è Re dei cuori e può trasformarli ed indurli a fare la
sua volontà. Egli è il padrone della nostra salute e del nostro corpo, tutto disponendo
in noi, come gli sembra bene. In breve, è un Re onnipotente, un Re che governa
secondo il proprio beneplacito.

113

Tuttavia, Gesù non violenta le anime; al contrario, si fa supplicante, aspetta


da noi che acconsentiamo al suo amore, che accettiamo di entrare nel suo Regno.
Gesù, infatti, non regna che per amore. E’ venuto per salvarci e non può salvarci
senza di noi, senza il nostro consenso. Ecco perchè Nostro Signore ci governa con
tanta dolcezza e tenerezza, come un buon pastore conduce le sue pecorelle, come
un padre guida i suoi figliuoli.

Ecco ancora perchè Nostro Signore ha voluto avere al vuo fianco la sua
Santa Madre. Per vincere le nostre resistenze e farci dare un adesione piena ai suoi
divini voleri, per farci chinare il capo ed anche per rialzarci quando siamo caduti, per
farci toccare con mano la tenerezza materna di Dio stesso, è necessaria una
Mamma.

La Vergine Santissima è Regina perchè Gesù è Re, ed è Regina in e per


Cristo Re. Ma Regina lo è in pieno, disponendo in cielo di un potere regale come
quello di Cristo. Con lui ella governa la Chiesa e la dirige al suo ultimo fine,
disponendo delle grazie divine con lui acquistate sul Calvario e distribuendole
secondo che il bene delle anime e l'ordine generale del Corpo Mistico Io richiedono147.

La sua santità personale la pone si in alto, ai disopra di tutti i Santi, che ella li
domina con la sua pienezza di grazia e col grado di Madre e Sposa di Cristo.

Tutti i Santi, dopo che a Cristo, devono a lei la loro santità e tutti gli Angeli la
riconoscono loro Regina. Ci sia permesso citare un passo di S. Bernardino da Siena,
che riassume mirabilmente questa dottrina: “Poiché tutto il valore divino, tutto l'essere,
la potenza, la scienza e

113

il divino volere furono racchiusi nel seno della Vergine, non temo di asserire che ella
ha una certa giurisdizione sull'elargizione di tutte le grazie... La Madre di Dio ottenne il
diritto di essere chiamata Regina di misericordia. E poiché ella è la Madre del Figlio di
Dio che produce lo Spirito Santo, tutti i doni, tutte le virtù e tutte le grazie dello Spirito
Santo sono distribuiti per mano sua a chi vuole, quando vuole, e nella misura che
vuole”148.
147
Cfr ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, Q. 43, a. 2: “Ipsa enim eiusdem regni regina est cuius ipse est rex”.
148
“Cum tota natura divina, totum esse, posse, scire et velle divinum intra Virginis uterum extiterit clausum, non
timeo dicere quod in omnium gratiarum effluxus quandum iurisdictionem habuerit haec virgo, de cuius utero,
quasi de quodam divinitatis oceano, rivi et flumina emanabant omnium gratiarum. Revera maternitas Dei hanc in
mundo naturali iure obtinuit dignitatem ut Regina misericordiae merito nuncuparetur... Et quia talis est Mater Filii
S. Ludovico Grignion de Montfort da parte sua ha fatto questa affermazione
sorprendente: “Dio Spirito Santo comunicò a Maria, sua fedele Sposa, i suoi ineffabili
doni e la scelse quale dispensatrice di tutto ciò ch'egli possiede: cosicché ella
distribuisce a chi vuole, quanto vuole, come vuole, e quando vuole, tutti i suoi doni e
le sue grazie, e nessun dono celeste è quindi concesso agli uomini che non passi per
le sue mani verginali. Poiché tale fu il volere di Dio, il quale dispose che tutto noi
avessimo per Maria”149.
“L'Altissimo —dice ancora— la costituì unica tesoriera dei suoi tesori e unica
dispensatrice delle sue grazie, affinchè nobiliti, innalzi e arricchisca chi ella vuole,
faccia entrare chi ella vuole nella via stretta del Cielo, faccia passare ad ogni costo chi
ella vuole per la porta stretta della vita, e a chi ella vuole conceda trono, scettro e
corona di re”150.

114

S. Pier Damiani aveva osato scrìvere: “Ella non solo domanda, ma comanda;
è Signora e non serva”151.
Per comprendere questi brani bisogna ricordare che è Dio che fa volere
efficacemente alla Santissima Vergine tutto ciò che Egli vuole che desideri per noi, in
virtù della sua unione di carità con Cristo e col Padre: “Aiuto e sposa —scrive S.
Alberto Magno— ella partecipa al regno come ha partecipato alla Passione”152.
Dio può decretare che certe grazie siano più particolarmente accordate alla
preghiera di Maria, come l'agiografia tante volte ci mostra.
Senza temerità ci sembra che si possa affermare che, fra tutti i membri del
Corpo Mistico, la Santissima Vergine ha dei figli prediletti, i suoi “schiavi d'amore”.
Ella ama tutti i cristiani, tutte le anime amate da Cristo, ma esercita un potere speciale
su coloro che spontaneamente acconsentono alla sua azione e vivono
coscientemente in sua unione e alle sue dipendenze.
A molti teologi, poi, sembra verosimile che, su un punto almeno, la regalità
della Santissima Vergine si eserciti in modo diverso da quella del Figlio: Gesù ha
voluto riservare a sé il potere giudiziario, lasciando a Maria l'ufficio proprio delle
mamme, la misericordia. La Santissima Vergine non punisce, perdona sempre, é il
rifugio dei peccatori, Regina misericordiae, Refugium peccatorum.
E' soprattutto nel modo della sua azione materna, pe—

115

rò, che vedremo l'ufficio da lei svolto nel Corpo Mistico accanto al Sommo
Sacerdote.

* * *

Il suo ufficio è un ufficio materno e subordinato a quello di Cristo Sacerdote e


Re. Ella agisce come una madre, disponendo gli individui a ricevere la grazia del

Dei qui producit Spiritum Sanctum, ideo omnia dona, virtutes et gratiae ipsius Spiritus Sancti quibus vult, quando
vult et quantum vult per manus ipsius adminstrantur”. BERNARDINUS SENENSIS, S., Sermo in Nativ., c. VIII.
149
LUDOVICUS GRIGNIO DE MONTFORT, S. – Trattato…, n. 25.
150
Ibid., n. 44.
151
“Non solum rogans sed imperans, domina non ancilla”.PETRUS DAMIANUS, S., Sermo in Nativ., 44.
152
ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, Q. 42. I pittori non trovarono affatto irreverente rappresentare la
Santissima Vergine nell’atto di mostrare al Padre le mammelle che avevano allattato Gesù, mentre questi gli
mostrava le sue piaghe: “Christus ostendit Patri corpus et vulnera, Maria vero, pectus et ubera”. Cfr. VLOBERG,
M. La Vierge et l’Enfant dans l’art français. Grenoble, 1934, t. 1, pp. 92-98.
Padre. Non è causa della grazia in noi.

In un testo prezioso, in cui non nomina, è vero, la Santissima Vergine, ma


che possiamo senza dubbio alcuno applicare alla Madonna, S. Tommaso insegna
che, a fianco dell'unico Mediatore e al di sotto di Lui, può esservi posto per altri
mediatori subordinati, che agiscono disponendo le anime all'unione con Dio153.

Ma, praticamente, in che modo la Santissima Vergine, da vera Madre, ci


disporrebbe alla grazia divina?

Con la sua preghiera e, senza dubbio, con la sua azione spirituale in noi.

La preghiera di Maria è sovranamente efficace. E’, sì, la preghiera di una


semplice creatura, ma d'una creatura che è la Regina dell'universo e la Regina di tutti
gli uomini: è la preghiera di una creatura che ha veramente meritato in antecedenza
tutto quello che a Dio domanda. Maria reclama per i suoi figli le grazie di cui sa che
hanno bisogno, perchè ella li vede ora nel Verbo di Dio, nel Figlio, in una visione
beatifica che non le lascia sfumare nulla delle miserie e degli sconforti dei poveri
peccatori,

116

dei desideri e delle grida delle anime di buona volontà o dei santi di quaggiù. Ella,
dunque, agisce in noi prima di tutto, con la preghiera, con la sua unione di carità con
Dio.

Ma si deve andare oltre e parlare di una azione reale di Maria in noi, d'una
presenza spirituale della Vergine Santissima presso di noi, d'una causalità fisica
strumentale di Maria, come dicono i teologi?

Le confidenze dei Santi Sacerdoti, dei quali abbiamo raccolto le


testimonianze nel capitolo precedente, e quelle di molle altre anime pie154, non ci
orientano in tale senso?

Dopo aver affermato, come abbiamo fatto innanzi, la regalità universale


—benché subordinata— di Maria, dopo aver detto con la Tradizione che è la Madre
della Divina grazia e la Mediatrice universale, non sarebbe forse un minimizzare il suo
ufficio nella nostra santificazione, riducendolo alla sola causalità morale della
preghiera?155.

Coloro che hanno paura di insegnare l'esistenza di una causalità fisica in


Maria sono, forse, arrestati da una concezione troppo univoca, troppo unilaterale di
questa. Perchè non si intende affatto concepire l'azione della Santissima Vergine allo

153
“Nihil tamen prohibet aliquos alios secundum quid dici mediatores inter Deum et homines, prout scilicet
cooperantur ad unionem hominum cum Deo, dispositive vel ministerialiter” THOMAS AQUINAS. - Summa
Theol. IIIª Q 26 a. 1.
154
Cfr. NEUBERT,E., L’union mystique à la Trés Sainte Vierge, in La Vie Spirit., t. 1, 1937, pp. 15-29. L’A. cita
frequentemente la monaca fiamminga Maria di S. Teresa, della qualee L., Van den Bossche ha tradotto parte delle
opere ne L’union mystique à Marie (Cahier de la Vierge). Paris, 1936. Avrebbe potuto citare anche il direttore di
questa mistica, il carmelitano Michele di S. Agostino, che ha scritto una Vie Marie-Forme eidta in appendice alla
sua Introductio ad vitam carmeliticam, ed. Wesselo, Roma, 1926, pp. 363-389.
155
Cfr. GARRIGOU-LAGRANGE, R., O.P., La Mère du Saveur et notre vie intèrieure, Lyon, 1941, pp. 241-247.
stesso modo della causalità sacramentale.

117

Basta ricordare che tra Maria e noi esiste un legame reale —che oltrepassa
quello morale del pensiero e dell'amore— e che è quello stesso che unisce tutti i
cristiani tra loro in Cristo. E’ il vincolo che unisce le membra al capo, il vincolo del
Corpo Mistico, legame che risulta dall'influsso costante che parte dal Capo e scorre
nelle membra, legame delle grazie attuali e della grazia santificante, legame che è
l'effetto d'una “virtus”, di un'azione di Cristo in noi.
Seguendo S. Tommaso, i teologi ammettono che la Santa Umanità di Cristo
è a noi unita “per contactum virtutis”. Essa resta in cielo come in suo luogo proprio,
ma di lassù agisce su noi e ci tocca così a distanza, come la voce, attraverso il
telefono, ci rende presente per contatto virtuale o dinamico, la persona che ci parla.
E’ cosi, pare, che possa spiegarsi l'azione della Santissima Vergine in noi e la
sua presenza spirituale presso di noi. Ella non lascia il cielo, ma a distanza, come la
Santa Umanità di Cristo — e d'altronde per essa e con essa— Maria ci dispone a
ricevere le grazie di Cristo156.
Gersone, d'altronde, lo dice con tutta chiarezza: “0 Vergine Santissima, non
oseremo noi dire che voi siete presente (...) certo non con le dimensioni corporali
—benché, in virtù della sua agilità, il vostro corpo glorioso possa invisibilmente
muoversi— ma con la vostra influenza spirituale su noi e col vostro sguardo rivolto
con tanta misericordia verso di noi che gemiamo in questa valle di lacrime...”?157.
Maria è Madre nostra. Ella non solo ci vede “in Verbo”, al fine di intercedere
per noi presso il Padre in unio—

118

ne col Figlio, ma agisce ancora in noi col Sommo Sacerdote e Re dei nostri cuori. Ella
ci dirige e conduce a Dio. E' Regina dei nostri cuori, li possiede ed ha ogni potere per
condurli all'amore di Gesù. Un contatto intimo di carità si stabilisce fra lei e noi, tutto
ordinato ad accrescere la nostra intimità con Cristo.
Il realismo del Corpo Mistico e dell'unione che, per il fatto di essere in stato di
grazia, esiste quasi ontologicamente tra Cristo e le sue membra, prima ancora di
qualsiasi atto che ci faccia prendere coscienza di tale legame e prima di qualsiasi atto
di carità che ci faccia vivere da fratelli, ci porta a credere al realismo dell'unione tra
Maria ed i suoi figliuoli. Se Maria ci ama tanto, se ci conosce tutti nella visione
beatificata, se per ciascuno di noi ella chiede ciò che ci abbisogna, non è forse
perchè, prima di questa causalità morale, esiste un fondamento reale, una unione
ontologica fra lei e noi?158.
Si spiegherebbero cosi le affermazioni si forti della Tradizione della Liturgia,
in particolare dei testi della festa di Maria Mediatrice di tutte le grazie, circa l'azione
della Santissima Vergine in noi.

119

156
Ibid., pp. 251-255.
157
GERSONE, Sermo I de Spirito Sancto – Anversa, I., Ellliés du Pin, 1706, t. 3, col. 1234.
158
Per S. Tommaso, l’unione d’amore è causata da una connaturalità ontologica, dalla similitudine delle forme
dell’essere. Cfr. Summa Theol. I-IIª Q 27 a. 3 e Q. 28, a. 1.
CAPITOLO lI

MARIA E IL MINISTERO DEI SACERDOTI

Chiamata a collaborare con Nostro Signore all'opera della salvezza, Maria


continua questa cooperazione con i suoi ministri.
Li aiuta nei loro ministero con una sollecitudine e una delicatezza
incomparabili. Ritrova infatti in loro il Sacerdozio di Cristo.

1 — L'UNIONE CON CRISTO SACERDOTE NEL MINISTERO DELLE


ANIME

S. Tommaso dice che il Sacerdote ha due poteri: uno sul Corpo reale, l'altro
sul Corpo Mistico159, ma aggiunge che questo duplice potere è puramente
strumentale: noi siamo soltanto ministri, strumenti per trasmettere la grazia, che, per
nostro mezzo, dal capo fluisce nelle membra160.
Che dire, se non che le anime, di cui abbiamo la cura, ci sono state
veramente affidate? Noi siamo i pastori e padri, le conosciamo per nome e le
guidiamo, le generia—

120

mo alla vita spirituale e le risuscitiamo se l'hanno perduta, con una semplice


assoluzione mutiamo la loro eternità: noi insegnamo loro !e parole di vita e di verità.
Insomma, noi esercitiamo su di esse un potere più grande di qualsiasi sovrano della
terra, poiché noi entriamo nelle coscienze e le dirigiamo.
Tuttavìa, tale potere non è che un potere ministeriale, perchè le anime, in
definitiva, non ci appartengono161. Esse sono di Cristo, di Dio, e noi non siamo che
servi inutili, strumenti in se limitatissimi e debolissimi, ma forti per lui. “Dei adiutores
sumus”162.
Dobbiamo, perciò, avere un immenso rispetto per le anime, non accaparrarle,
non imporre loro il nostro modo di vedere, non abusare dei nostro potere, cercare,
invece, di percepire le intenzioni di Nostro Signore su ognuna di esse e guidarle
secondo i voleri di Dio.
Invece di dire che le anime sono del Sacerdote, la Madre Luisa Claret de la
Touche scriveva: “il Sacerdote appartiene alle anime! Egli è possessione loro come lo
è di Gesù. Essendo proprietà delle anime, non è più dunque padrone di sé, ne può
vivere più per se stesso. E' indispensabile che si doni, si consacri tutto alle anime.
La madre non appartiene al suo figlio? Non deve ella donarsi tutta a lui? Ed il
figlio non acquista forse il diritto a tutti i soccorsi ch'ella è capace di dargli nella sua
debolezza?”163.
In realtà, la ragione profonda di questa mutua dipendenza tra il Sacerdote e
le anime, è dovuta al fatto che il

121

159
THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol. Suppl., Q 36 a. 2.
160
Ibid., Q. 36 a.3.
161
Cfr. le magnifiche pagine del R. P. DEHAU, TH., O.P., in Le Bon Pasteur, Paris, 1942.
162
I Cor., III, 9.
163
CLARET DE LA TOUCHE, L.M. – Il Sacro Cuore e il Sacerdozio, Torino, Marietti, 1943, p. 264.
Sacerdote, nel suo ministero apostolico come all'altare, è un prolungamento di Cristo.
Egli non è un semplice delegato, che può agire solo quando colui che lo manda è
occupato, ma un “alter ego”, uno strumento che forma un tutto unico con lui, un
“Cristo continuato”. come dice la Madre Claret de la Touche.
“Il Sacerdote è una creazione d'amore... Dio ha amato tanto le anime che
loro ha dato l'unico suo Figlio (...) e quando Gesù ha dovuto risalire nella sua Gloria,
nel suo amore, ha creato per le anime il Sacerdote, affinchè vi fossero sempre con
esse altri Gesù per istruirle, consolarle, assolverle ed amarle.
Ecco perchè il Sacerdote deve tanto amare le anime: egli è quello che è, il
privilegiato di Dio, un altro Gesù, solo per esse, a causa di esse”164.
“Il Cristo risuscitato e asceso al cielo, ha voluto —in certo modo—
rivivere sulla terra nel Sacerdote e, per mezzo di lui, unirsi ancora visibilmente ed
esternamente alle generazioni successive che popolano i secoli...
Dio s'è rivelato all'uomo per mezzo del Cristo; il Cristo continua a rivelarsi
all'uomo per mezzo del Sacerdote. Il Sacerdote, dopo Cristo, è dunque una
rivelazione visibile e sensibile di Dio, attraverso i secoli, è una misericordiosa
estensione del grande mistero dell'incarnazione.”165.

Il Sacerdote è come il Sacramento dell'amore di Cristo per le anime, il segno


vivente ed efficace della misericordia infinita di Dio per gli uomini.
Lo insegna, a parole sue, S. Tommaso: “In quanto collocato tra Dio e gli
uomini, il Sacerdote deve raggiun—

122

gere come due estremi, Dio e l'uomo, Dio con la sua preghiera e l'uomo con la sua
misericordia e compassione”166.
Librato, così, fra il cielo e la terra, ii Sacerdote è là dove s'è collocato Cristo
stesso, Mediatore e Sacerdote unico. Egli deve essere per gli uomini il
rappresentante autentico della misericordia e della compassione di Gesù. Deve, con
la sua altitudine e più ancora col suo amore, far comprendere alle anime l'amore e la
persona stessa di Nostro Signore.
E’ un fatto sperimentato che i fedeli vogliono vedere in noi il riflesso di Cristo
e che si scandalizzano quando scorgono, invece, qualcosa che non è compatibile con
l'idea che si fanno di Cristo, in particolare, poiché per essi Gesù è soprattutto la
misericordia. la pazienza, la bontà, restano feriti quando vedono un gesto duro, un po'
di disprezzo, degli interessi umani. Come possiamo, invece, con la nostra delicatezza
e la nostra indulgenza, far intuire a coloro che ci avvicinano qualcosa di Cristo! Per lo
più essi non meditano abbastanza il Vangelo, i fatti e le azioni di Nostro Signore: non
resta loro, dunque, altra rappresentazione vivente di Cristo, se non quella che danno
loro i Sacerdoti che vedono intorno. E’ pertanto, della più alta importanza che nel
ministero noi siamo davvero dei ritratti viventi di Cristo Gesù.

* * *

Ma si Sacerdote non è soltanto sacramento dell'amore

123

di Cristo per le anime che lo vedono, lo è ancora, in certo modo, per se stesso.
164
Ibid., p. 179.
165
Ibid., - Voleri…, cap. 24, nn. 130, 321.
166
“Debet esse medius inter hominem et Deum; sicut ergo per devotionem orationis debet tangere Deum tamquam
unum extremum, sic per misericordiam et compassionem debet tangere alterum extremum, scilicet hominem”.
THOMAS AQUINAS, S., In Ep. ad Hebr., V, lect. 1.
Nulla ci fa comprendere meglio la persona di Nostro Signore quanto il nostro
ministero. Senza dubbio, nella Messa noi entriamo nelle zone più segrete del Cuore
di Gesù, perchè partecipiamo all'offerta di se stesso al Padre, che egli ha fatto sulla
Croce e che rinnova in noi. Noi partecipiamo allora alle relazioni intime del Figlio col
Padre, siamo i testimoni di quest'atto d amore che è bastato a saldare il debito
contratto con la giustizia infinita di Dio. Ma questo ministero è così naturale, si effettua
in regioni cosi elevate dell'anima nostra, che rischiamo di non esserne più colpiti, noi
che siamo fatti di carne e di sangue.

Al contrario, nel confessionale, noi sperimentiamo quasi sensibilmente


l'azione misericordiosa di Cristo in noi: vediamo quasi, come gli Apostoli, i malati
guariti dalla nostra preghiera, o almeno, se non vediamo sempre gii effetti della nostra
assoluzione, comprendiamo senza fatica, dai sentimenti di compassione per le
povere anime che ci sono dinanzi, quale fu, o piuttosto qual'è attualmente, la
misericordia infinita di Nostro Signore per i peccatori, per quel peccatore che è lì ai
nostri piedi. Quando ad un'anima non sappiamo cosa consigliare e, lì per lì, non ci è
possìbile consultare qualche confratello, come è confortante poter chiedere la luce a
Cristo Sacerdote che è in noi, come è mirabile che noi, poveri uomini, possiamo
parlare al Dio dell'eternità di un'anima che egli ha creata, che ama e che ha a noi
affidata. Quando, dopo tante ripetute assoluzioni, noi la vediamo ritornare con le
medesime colpe, senza che sembra essersi minimamente corretta, ovvero, quando ci
troviamo di fronte ad una anima piena di orgoglio, che irride quasi il Signore e che
saremmo tentati di spezzare in due o

124

di invocare su di essa il fuoco del cielo, come comprendiamo allora la pazienza, la


longanimità, l'indulgenza del Signore! E ancora, quando i nostri sforzi si infrangono,
come contro un muro, di fronte ad una di quelle anime chiuse alla grazia, dopo aver
fatto tutto per schiuderla, dopo aver pregato, esserci imposti anche dei sacrifici per
guadagnarla a Cristo, dobbiamo confessare ancora una volta di non aver potuto far
nulla, oh come comprendiamo allora il dolore che il Signore dovette provare sulla
Croce, quando vide quell'anima resistere si a lungo alla sua grazia, quando vide tutte
le anime che si sarebbero perdute, nonostante che egli si immolasse e morisse per
loro! Quale mistero, queste grazie sufficienti restate sterili per la nostra cattiva
volontà, e come occorre allora che noi, noi pure, ci conformiamo alla volontà del
Padre !...
Veramente il ministero è santo, perchè ci unisce al cuore Sacerdotale di
Nostro Signore; egli forma il nostro cuore a somiglianza del suo e fa di noi dei buoni
pastori, che amano le loro pecorelle e i loro agnelli e li conoscono per nome167.

* * *
La carità sacerdotale, quella che ha la sua sorgente nella grazia sacerdotale,
nella grazia sacramentale dell'Ordine che abbiamo ricevuto, ha un modo d'essere
particolare, che è diverso da quello della carità dei semplici cristiani e che ci fa amare
le anime come Cristo Sacerdote le ama.
Essa innesta in noi non solo l'occhio --oserei dire—ma anche il Cuore del
Maestro.

125

“Voglio che tu dica ai miei Sacerdoti che dono loro il mio Cuore —diceva il
167
Jo., X, 3-14.
Signore alla Madre Luisa Margherita— essi devono preparare il Regno del mio Amore
sul mondo; perciò voglio versare in loro un'effusione abbondante d'amore!”168.
Vedere le anime come Cristo le vede, amarle come egli le ama, di più,
attingere al suo Cuore, ogni qualvolta avviciniamo un'anima a questa conoscenza e a
quest'amore divino, ecco il grande segreto della fecondità del nostro ministero
sacerdotale ed, in pari tempo, della nostra santità personale.
Capita che delle opere di spiritualità ci presentino come ideale della vita
spirituale la vita contemplativa e che il ministero sia considerato come un ripiego
imposto dalla necessità della salvezza delle anime. Nei nostri ritiri, forse, non
abbiamo avuto, talvolta, la tentazione di pensare ad una vita nella quale la
contemplazione di Dio occupasse un posto più grande?
Non si tratta, certo, di deprezzare la vita contemplativa pura e disistimare
l'importanza del tempo consacrato all'orazione. Ma non sarà forse inutile ricordare qui
un principio di S. Tommaso, che è, al tempo stesso, molto tranquillizante e
singolarmente esigente.
Al di sopra della vita attiva e al di sopra della stessa vita contemplativa, S.
Tommaso pone la carità, e si sa che per carità egli intende un'amicizia vera con Dio,
una sete ardente della gloria e degli interessi di Dio.
“Attendere alla salvezza del prossimo, anche con qualche scapito della
propria contemplazione, per amore

126

di Dio e del prossimo, sembra essere più perfetto nella carità, che non attaccarsi
talmente alla dolcezza della contemplazione, da non volerla in nessun modo lasciare,
foss’anche per la salvezza delle anime (...) Ma, tale perfezione della carità, nella
maggioranza di coloro che si danno al servizio del prossimo non si trova, perchè è
piuttosto il tedio della vita contemplativa a portarli verso le cose esteriori”169.
Deve essere, infatti, la sovrabbondanza del nostro amore di Dio a spingerci
ad occuparci della salute delle anime.
“Se nessuno ci mette sulle spalle tale fardello —dice S. Agostino, in un testo
spesso citato da S. Tommaso— non c'è che attendere alla contemplazione della
verità”170.
“La carità ben ordinata comincia da se stesso: che serve all'uomo
guadagnare l'universo, se poi viene a perdere l'anima sua?”171.
Dev'essere unicamente con l'intenzione di fare la volontà di Dio, e dunque
per suo amore, che si lasciano le consolazioni personali dell'orazione per dedicarsi
alla salvezza delle anime172.
Bisogna essere presi, come S. Paolo, tra il desiderio

127

audace di ritrovare Cristo e la necessità di restare tra le anime che ci sono state

168
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore, Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, p.270.
169
Intendere saluti proximorum cum aliquo detrimento contemplationis propter amorem Dei et proximi, ad
maiorem perfectionem caritatis videtur pertinere quam si aliquis in tantum dulcedini contemplationis inhaereret
quod nullo modo eam deserere vellet, etiam propter salutem aliorum... Quae tamen perfectio caritatis in plerisque
proximorum utilitati vacantibus non invenitur quos magis contemplativa vitae taedium ad exteriora deducit”.
THOMAS AQUINAS, S., De perfectione vitae spiritualis, c. 23; cfr. Anche De Carit., a. 11, ad. 6.
170
AUGUSTINUS, S., De Civit. Dei, XIX, 39. Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., II-II, Q. 28, a. 1, ad
3.
171
Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Quodl., II-II, 3, a. 17, ad 6.
172
Ex dilectione Dei videtur procedere quod homo, praetermissa propria consolatione, voluntatem Dei implere
studeat in aliorem salutem.. THOMAS AQUINAS, S., In III Sent., D. 35, Q. 1, a.4, ql 12, ad 2.
affidate173.
Ouanto lontano è l'apostolo da coloro cui fa allusione S. Tommaso —e sono
purtroppo i più!, plerique— quelli che abbracciano il ministero per fuggire la noia
dell'orazione, contemplativae vitae taedium ad exteriora deducit.
Esigente è dunque la dottrina di S. Tommaso per noi Sacerdoti. Abbiamo
visto che, secondo S. Tommaso, la perfezione, la santità, e una santità addirittura
superiore a quella dello stato monastico, è richiesta al Sacerdote. Ciò è soprattutto
vero in ragione dell'atto principale del nostro Sacerdozio, la celebrazione della Santa
Messa, ma è ancora richiesto, e lo comprendiamo subito, dalla natura del ministero
apostolico.
Tuttavia, se è esigente, questa dottrina di S. Tommaso è anche
consolantissima, poiché essa ci insegna che è la carità, più che la vita contemplativa,
che a noi si richiede. E’ l'amore di Dio, la brama di fare la sua volontà, è il beneplacito
divino che dev'essere, dunque, la regola suprema della nostra vita sacerdotale. In
definitiva, è la nostra unione, la nostra identificazione col Cuore Sacerdotale di Cristo,
col suo amore per Dio e per le anime, che forma il nostro ideale e tutta la nostra
ragion d'essere.
“La missione del Sacerdote —scrive la Madre Claret de la Touche— è di
ridare Gesù Cristo ai mondo e di rivelare l'Amore Infinito. Ma non si può dare se non
ciò che si possiede: (...) il Sacerdote dovrà dunque possedere Gesù Cristo e l'Amore
più che qualunque creatura.
E' necessario che s'impregni di Gesù Cristo, che lo ri—

128

produca... che conformi il suo spirito allo spirito di Gesù, il suo cuore al Sacro Cuore
di lui. E’ necessario che si lasci penetrare dall'Amore... che rimanga nell'Amore e che
l'Amore rimanga in lui”174.
E’ questa, dunque, la nostra missione: continuare il ministero del Signore,
essere il Cristo per le anime che ci vedono, essere come un sacramento di Cristo
Sacerdote, un sacramento dell’Amore Infinito del Cuore sacerdotale di Gesù.

2. — L'ASSISTENZA DELLA SANTISSIMA VERGINE NEL


MINISTERO SACERDOTALE

Se Nostro Signore s'è degnato di aver bisogno di Maria nell'opera della


Redenzione, è, senza dubbio, in parte, perchè voleva insegnarci che non potremo
fare a meno dell'assistenza della Santissima Vergine nel nostro ministero.
Il primo atto del ministero pubblico di Gesù fu compiuto dietro preghiera di
Maria: il miracolo delle nozze di Cana. Fu ella ad affrettare il momento in cui Nostro
Signore si rivelò al popolo, e lo fece mostrando al Figlio suo il bisogno di quella buona
gente: “Vinum non habent, non hanno più vino”175.
Fu ella, ancora, ad ottenere con la sua preghiera l'abbondanza delle grazie
dello Spirito Santo, di cui gli Apostoli abbisognavano per essere le colonne della
Chiesa, come una mamma che prega, alla vigilia dell'Ordinazione del figlio; se gli
Apostoli hanno potuto compiere l'opera

129

173
“Coarctor autem e duobus, desiderium habens dissolvi et esse cum Christo, multo magis melius; permanere
augtem in carne, necessarium propter vos”. Ad Phil., I, 23.
174
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Il Libro dell’Amore Infinito, 2ª ed, Torino, Marietti, 1939, pp.. 63-64.
175
Jo, II, 1.
gigantesca che hanno compiuto, è grazia all'intercessione di Maria.
Nessuno dubita che li abbia assistiti ancora con la sua preghiera, durante gli
anni che passò sulla terra presso S. Giovanni. Domandava ed otteneva per essi le
grazie necessarie alla loro missione, le grazie della predicazione, le grazie della
conversione dei pagani, le grazie di primi testimoni della fede. Era lì, come madre
nascosta, a vegliare sulla fondazione delle Chiese.
Ma, in cielo, la sua regalità non conosce più ostacoli: ella vede e fa tutto
insieme a Cristo Re, per nulla impedita dal numero o dallo spazio. Da allora ella prega
per ognuno di noi, affinchè il nostro ministero sia fecondo, ci ottiene i lumi e le forze,
che, senza di lei, non avremmo mai avuto e che forse non avevamo mai domandato.
E poi, ella svolge in noi un compito speciale, un ufficio che le è proprio in
forza della sua maternità e della sua unione con noi: ci insegna ad essere non solo
dei padri per le anime, dei direttori che le guidino e maestri che insegnino loro la
verità, ma anche mamme. Ed è necessario, perchè Dio non è solo un Padre, ma
anche una Mamma: egli riunisce in se eminentemente tutto ciò che in natura è diviso.
Tale è il pensiero che la Madre Claret de la Touche ama svolgere: “Nostro
Signore aveva detto a S. Pietro: “Pasci i miei agnelli; pasci le mie pecorelle”. Secondo
l'interpretazione comune, gli agnelli sono i fedeli, le pecorelle i sacerdoti... La
pecorella è madre, madre degli agnelli; li porta nel suo seno, li nutre del suo latte, li
riscalda, li custodisce.
Il Sacerdote non è soltanto padre delle anime, ne è pure la madre: deve
avere per loro l'amore tenero e deli—

130

cato delle madri; deve amarle fino al sacrificio.


Deve dare alle anime la parte migliore della sua vita; nutrirle, per così dire,
della sua propria sostanza, sostanza dell'anima, spirituale e purissima; riscaldarle con
le fiamme dell'Amore Infinito, difenderle dal male...
Con questa sola parola “pecorella”, Gesù ha detto tutto sul Sacerdote”176.
Senza dubbio, il Sacerdote poteva apprendere da Nostro Signore
quest'ufficio materno, perchè Gesù è eminentemente Padre e Madre delle anime. Ma
l'imitazione della sua santa Umanità ci porta a cercare in lui le qualità del maestro e
del capo, del padre delle anime, piuttosto che quelle della madre. Perciò egli ha
voluto che noi avessimo una Madre ed una Compagna per assisterci nei bisogni e
consolarci con la sua presenza spirituale e per darci ancora quel complemento, che
mancherebbe al nostro ministero, se badassimo unicamente a soprannaturalizzare in
noi le sole qualità virili della nostra natura.
E' lei che ci dà la compassione, inesauribile per coloro che soffrono e per
coloro che sono deboli e lo spirito di sacrificio che si dona senza badare alla fatica o
alla salute. E' lei che c'insegna la delicatezza ed il rispetto del segreto delle anime. E'
lei, infine, che ci insegna a congiungere la semplicità della colomba con la prudenza
del serpente. Tutto ciò che in Eva appare doppiezza e infantilismo, è in Maria
magnanimità e rettitudine perfetta, al tempo stesso che umiltà superiore. Ella sa
tacere quando occorre: ha preferito conservare il silenzio, piuttosto che giustificarsi di
fronte a S. Giuseppe prima dell'ora di Dio177.

131

176
CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore, Torino, Lib. del Sacro Cuore, 1949, pp. 323-
333.
177
Matth., I, 18-24.
CONCLUSIONE

Ma sa anche affrettarsi, quando è in gioco la gloria di Dio, come l'ha


dimostrato alle nozze di Canà178. Ecco la vera prudenza cristiana, che giudica tutte le
azioni da compiere alla luce del fine, che è la volontà di Dio e la sua gloria.
Appoggiamoci a lei, domandiamole spesso consiglio. Ella sarà, siamone
sicuri, sempre là, presente invisibilmente di quella presenza d'azione, di cui abbiamo
già parlato e che non le fa lasciare il cielo, come l'Umanità di Gesù, ella agisce,
tuttavia, in noi con la presenza della sua virtù santificatrice.
La Santissima Vergine c'insegna, infine, a vivere la nostra vita sacerdotale in
unione con Dio. In ciò ancora, ella svolge un compito particolare, poiché anch'ella,
come noi, quaggiù viveva nella fede la stessa vita umana e cristiana che dobbiamo
vivere noi. Affidiamole la nostra vita d'orazione affinchè ella conservi l'anima nostra
raccolta in mezzo a tutte le nostre occupazioni, spesso schiaccianti, della nostra
giornata; meglio di ogni altro, ella sa quanto difficile sia conservare allora questo
contatto con Dio e Nostro Signore, perchè noi non li vediamo e la nostra attenzione è
assorbita dalle mille cure del ministero.
Chiediamole soprattutto di purificare la nostra carità, affinchè sia soltanto la
cura della gloria di Dio che ci faccia dedicare alla salvezza del prossimo.
Allora, la Santissima Vergine sarà per noi davvero una Mamma ed una
Compagna dolcissima, nelle cui braccia ì! nostro cuore potrà trovare il suo riposo tra
le fatiche del lavoro apostolico, come lo fu per Cristo nella sua opera di Redenzione.

3. — IL SACERDOTE, SERVO DI MARIA.

Se il Sacerdote ha bisogno di Maria, Maria ha, lei pure, bisogno del


Sacerdote. Nessuna meraviglia: Cristo stesso ha voluto aver bisogno di noi per
continuare la sua azione sacerdotale nel mondo ed applicare ì frutti della Redenzione
a ciascuna anima. Nell'ordine attuale della Provvidenza e, salvo eccezioni individuali,
senza di noi Cristo non può far nulla per stabilire il suo regno nelle anime. Nessuna
meraviglia, perciò, che la Santissima Vergine, la quale, inoltre, non è Sacerdote nel
senso sacramentale della parola, non possa far nulla senza i Sacerdoti.
Ella ha bisogno di noi per stabilire il suo regno, che è il regno di Cristo, con
questa nota particolare e abbastanza misteriosa, ma innegabile, che, cioè, vuole
avere i suoi figli privilegiati, i suoi servitori. Ella vuole da noi che le diamo delle anime,
che la facciamo conoscere ai fedeli, ed insegniamo loro di abbandonarsi a lei. Anche
in ciò, siamo mediatori, intermediari dei vincoli fra Maria e le anime, per la maggior
gloria di Cristo e del Padre.
Così, al modo stesso che abbiamo potestà sul Corpo di Cristo e sul suo
Corpo Mistico, abbiamo potestà anche sulla Santissima Vergine, membro principale
di questo Corpo Mistico, Usiamo, dunque, di questo potere meraviglioso che ci è dato
sul suo Cuore per donarla alle anime, come doniamo alle anime Cristo ed il suo Sacro
Cuore.
In ciò saremo veri servitori di Maria, come lo siamo di Cristo, “servi inutili”, ma
servi amantissimi, che non hanno altra brama se non la gloria di Dio179.

133

L'ufficio della Vergine nella vita del Sacerdote fluisce da quello che ha presso
nostro Signore. Alla contemplazione di tale verità sono state consacrate le pagine che
178
Jo., II, 1-11.
179
LUDOVICUS GRIGNION DE MONTFORT, S., Trattato…, nn. 55-59 e pp. 54-59 (ed. Francese).
precedono.
Maria è Madre nostra perchè è la Madre del Cristo. Questo dono del
Sacerdozio di Cristo, che ci fa Sacerdoti, si compie dietro sua preghiera e sotto il suo
sguardo. E' lei che ci forma alle virtù di Cristo Sacerdote e che ci svela l'Amore Infinito
di cui siamo oggetto, come fu lei a formare gli Apostoli nel Cenacolo, con una
discrezione squisita e l'irradiazione della sua presenza.
Ma la Santissima Vergine vuole essere amata dai Sacerdoti come lo fu da
Gesù e vuole unirsi ad essi con una unione simile a quella che ebbe con Gesù, e che
perpetua e moltiplica quella che Gesù stesso ha consacrato fra S. Giovanni e lei.
Così, più il nostro cuore sarà infiammato d'amore per Cristo, più si porterà con
delicatezza e soavità verso Maria, come alla grande confidente e dolce Compagna
della nostra vita sacerdotale.
Il nostro stesso ministero sarà tutto pervaso dal profumo di questa presenza
e di questa assistenza. Nella misura in cui saremo Sacerdoti, “dispensatori dell'Amore
Infinito”, saremo aiutati da Maria nel nostro apostolato e diverremo i suoi veri servitori,
i Sacerdoti del suo regno, gli strumenti della sua azione sulle anime.
Nel discorso su San Giovanni, il Bossuet dice che nostro Signore diede
all'Apostolo vergine le tre cose cui an—

137

netteva più valore: il suo Cuore, facendolo riposare sul suo petto, la sua Passione,
chiamandolo —solo fra gli Apostoli— ad assistere alla tragedia del Golgota, ed infine,
la sua propria Madre, affinchè, da quel momento “la prendesse con se”180.
Il Cuore di Gesù, la Croce, Maria: ecco il triplice dono dell'Amore
Infinito ai suoi Sacerdoti.

180
BOSSUET, B., Panégyrique de S. Jean l’Evangéliste, Paris, Ed. Lebarcq, 1891;t. II, pp. 526-545.

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