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Appunti di

Corso Corso di laurea in Giurisprudenza

a cura della Dott. Bernardina Algieri

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arzo201 Marzo -Aprile 20 11

Appunti di Politica Economica

CAPITOLO I

ELEMENTI DI POLITICA ECONOMICA

1.1 Introduzione
La politica economica una parte della scienza economica che prende in esame l'azione compiuta in economia dall'autorit pubblica, in ambito sia macroeconomico che microeconomico. In un sistema economico che presenta un livello di disoccupazione elevato, un intervento da parte dellautorit pubblica volto a sanare o quanto meno a mitigare il fenomeno mettendo in campo strategie atte a contrastarlo unazione di politica economica. Lintervento pubblico nelleconomia giustificato dalla presenza di fallimenti di mercato, quali la disoccupazione, linflazione, gli squilibri di bilancia dei pagamenti e il sottosviluppo. Storicamente l'esigenza di una politica economica si manifesta allorch appare chiaro che l'economia, lasciata in mano agli interessi egoistici dei singoli operatori, non in grado di evitare squilibri e diseguaglianze economiche, anzi spesso finisce per rendere instabile l'economia stessa, oltre che il tessuto sociale di un paese e i rapporti tra nazioni. Adam Smith, fondatore della scienza economica, riteneva che nel Mercato operasse una mano invisibile, in virt della quale l'interesse privato si trasformava in interesse collettivo. Nessuno avrebbe potuto fare meglio di quanto facesse per conto suo il mercato, capace di stabilire in modo continuo equilibri tra le forze in gioco. L'interazione della domanda e dell'offerta genererebbe di continuo prezzi di equilibrio capaci di soddisfare entrambe le parti, garantendo ad esempio condizioni di pieno impiego. Le politiche economiche liberiste, che al pensiero di Smith si ispirano, tendono quindi a promuovere la rimozione di ogni vincolo al libero dispiegarsi delle forze di mercato e a tracciare un ruolo il pi possibile ridotto per lo Stato, il cui comportamento deve essere quello di non intervenire o di intervenire il meno possibile nell'economia, dove devono prevalere gli "spiriti animali". Le posizioni liberiste di Smith sono state successivamente da molti criticate, man mano che si prendeva coscienza che esse richiedono condizioni di mercato che difficilmente si trovano nella realt. In particolare, in seguito alla grave crisi del 29, molti economisti si resero conto dellimpossibilit da parte del mercato di raggiungere da solo il pieno impiego. Infatti, la profonda crisi nei consumi, che caratterizz quel periodo, port alla fame una gran parte della popolazione e questo succedeva perch la produzione era ben lontana dal pieno impiego. In questo contesto nasce la teoria economica di John Maynard Keynes (1936), destinata ad avere molti sostenitori (sia pure con varie rielaborazioni, soprattutto ad opera dei cosiddetti post-keynesiani). I punti salienti delle osservazioni di Keynes erano i seguenti:

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linsufficienza della domanda: era, secondo Keynes, il basso livello della spesa per consumi ed investimenti (delle imprese) ad aver causato la crisi del 1929 e lallontanamento del sistema dalla piena occupazione; lintervento statale: era evidente la necessit di un intervento statale per uscire dalla crisi e per evitarla in futuro. Si imponeva una manovra pubblica di Politica economica che rialimentasse la domanda di consumo, sia quella dei consumatori, sia quella delle imprese (per i beni dinvestimento); modalit di intervento: lintervento poteva realizzarsi sia in termini di politica monetaria, sia in termini di politica fiscale. Secondo Keynes la manovra migliore risiedeva in una operazione di politica fiscale, e in particolare, la sua attenzione si concentrava sulla politica di spesa pubblica (ovvero laumento delle spese dello Stato nel sistema economico, per la costruzione di opere pubbliche, per offrire ai cittadini maggiori servizi distruzione, di difesa, di assistenza sanitaria, e cos via). Laumento della spesa pubblica in economia era per Keynes la manovra di politica economica pi efficiente, ai fini del ritorno alla piena occupazione, perch la spesa pubblica costituisce essa stessa una domanda di consumo (proveniente dallapparato pubblico, e non dai cittadini o dalle imprese). Attraverso la spesa pubblica in economia, quindi, lo Stato pu aumentare la domanda (aggregata) di beni e la conseguente ripresa dei consumi porta il sistema verso una maggiore occupazione e lontano dalla crisi da insufficienza di domanda.

In breve, secondo John Maynard Keynes poich i sistemi economici non sono sempre in grado di raggiungere l'equilibrio di pieno impiego in modo automatico, anzi possibile che essi si attestino su posizioni di disequilibrio, determinate da carenze nella domanda aggregata, la politica economica ha il ruolo di stimolare la domanda e permettere di raggiungere il pieno impiego delle risorse. In Italia, uno dei maggiori interpreti del pensiero keynesiano stato Federico Caff. Secondo leconomista scomparso nel 1987 lintervento pubblico in economia auspicabile, esplicitamente: Poich il mercato una creazione umana, lintervento pubblico ne una componente necessaria e non un elemento di per s distorsivo e vessatorio. Non si pu non prendere atto di un recente riflusso neoliberista, ma difficile individuarvi un apporto intellettuale innovatore. ...i limiti intrinseci alloperare delleconomia di mercato, anche nellipotesi eroica che essa funzioni in condizioni perfettamente concorrenziali. molto frequente nelle discussioni correnti rilevare uninsistenza metodica sui vantaggi operativi del sistema mercato, e magari su tutto ci che ne intralci lo spontaneo meccanismo, senza alcuna contestuale avvertenza sui connaturali difetti del meccanismo stesso. DEFINIZIONE TECNICA di Politica Economica Vi sono due definizioni di Politica Economica che possono ricondursi una ad una visione classica e una relativamente moderna. 1) Visione classica dovuta alleconomista Lionel Robbins che nel 1935 riprese lidea di Jeremy Bentham secondo cui La politica economica il corpo di principi dellazione o dellinazione del Governo rispetto allattivit economica. 3

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Laddove lazione qualunque intervento da parte di unautorit pubblica diretto a influire sui comportamenti degli agenti allo scopo di ottenere determinati risultati economici. Lazione la cosiddetta AGENDA di Governo Linazione la NON AGENDA 2) Visione relativamente moderna stata proposta da Federico Caff nel 1978, secondo cui La politica economica quella disciplina che ricerca le regole di condotta tendenti a influire sui fenomeni economici in vista di orientarli in un senso desiderato. La politica economica quella parte della scienza economica che usa le conoscenze dellanalisi teorica come guida per lazione pratica.

Le due definizioni sono similari in quanto fanno entrambe riferimento a PROGRAMMI DI INTERVENTO che sono definiti

Principi dellazione

Regole di condotta

La definizione di Caff risulta pi completa in quanto indica esplicitamente che i programmi dipendono dagli obiettivi che si desiderano raggiungere. Le due definizioni sono differenti in quanto a) Nella definizione di Robbins, rientrano nella politica economica anche le decisioni di non intervento, la suddetta non agenda, e quindi risultano scelte programmate non solo le azioni che si devono fare, ma anche quelle che si sceglie di non fare. In questi termini, allora, la politica del lasciare fare al mercato non la negazione della politica economica, ma solo un modo suo di essere. Nella definizione di Caff si considerano invece solo le azioni di intervento. b) Nella definizione di Caff rientrano nella politica economica sia le decisioni del Governo sia quelle di altri soggetti economici singoli quali consumatori, imprese, sia quelle di altri soggetti economici aggregati come sindacati, confederazioni di produttori che si pongano un problema di strategia. Nella definizione di Robbins invece si parla propriamente di esclusive azioni di Governo. In termini riassuntivi La politica economica studia lazione economica compiuta dallautorit pubblica, in ambito sia macroeconomico che microeconomico.

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Differenza fra la Politica Economica e lEconomia Politica

La politica economica differisce dalleconomia politica perch mentre questultima mira allo studio di ci che , la politica economica mira allo studio di ci che dovrebbe essere, o ci che si desidererebbe fosse. Mentre leconomia politica tratta fenomeni nel loro contenuto positivo (ossia riguarda la costruzione di schemi e modelli per spiegare i fenomeni, come ad esempio la disoccupazione), la politica economica analizza fenomeni economici nel loro contenuto NORMATIVO, ovvero individua ed esplicita norme di comportamento per trattare i fenomeni (ad esempio interventi atti a ridurre la disoccupazione). Un esempio di lettura dati per discipline distinte. Nella media del decennio 1994-2003, il PIL degli USA cresciuto del3.3% lanno. Nello stesso periodo nellArea Euro la crescita stata in media del 2% e in Italia dell1.7%. Vi sono tre modi di guardare questi dati: - La Statistica economica si chiede come si costruiscono questi numeri. - LEconomia Politica si domanda perch si arriva a questi numeri. -La Politica Economica si interroga su cosa si pu fare per cambiare questi numeri.

1.2 Gli attori della Politica Economica


Gli attori coinvolti nei processi decisionali di natura politica sono: il decisore pubblico (o teoricamente il Comitato), il policy maker, e il policy advisor. Essi per affrontare un problema di politica economica definiscono e predispongono modelli economici di riferimento, che vengono identificati nella fase iniziale dal Decisore. I soggetti che propriamente pongono in essere la politica economica sono i:

Policy Makers

Essi non sono altro che i responsabili della politica economica che perseguono determinati obiettivi sulla scorta dellideologia del Decisore Pubblico (che pu essere il partito di Governo, un capo politico come Mao Zedong, Lenin, un capo religioso come layatollah Khomeini, ma anche opinioni di esperti come Bill Gates). Lideologia del Decisore detta ideologia interna. I policy maker possono essere coadiuvati da Policy advisor, esperti di analisi e calcolo con elevate capacit tecniche. In altri termini, essi sono tecnocrati e consulenti di cui le amministrazioni pubbliche e politiche spesso si dotano per risolvere modelli di politica economica.

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Per essere pi schematici Il Decisore Pubblico (Partito di Governo) detta gli obiettivi e il modello economico di riferimento sulla base della propria ideologia

Il Policy maker responsabile della messa in atto delle azioni di politica sulla base delle linee di Governo

Il Policy Advisor, tecnico di strategie e fattibilit, risolve i modelli

Il policy maker, lautorit di politica economica, pu essere vista come un unicum o come un insieme di enti differenti fra loro con compiti specifici. Leconomista Musgrave (1959) suggerisce di rappresentare il policy maker come linsieme di tre uffici: allocation, stabilization e distribution buerau, che verranno analizzati successivamente.

1.3 Il programma e le azioni di Politica Economica

Per fare politica economica bisogna programmare. Un programma include gli OBIETTIVI, GLI STRUMENTI e un MODELLO DI ANALISI.

Gli Obiettivi

Gli obiettivi sono i traguardi che la politica economica vuole raggiungere. Esempio: portare la disoccupazione ad un livello pi basso dellanno precedente, ridurre levasione fiscale, aumentare il reddito nazionale. Gli obiettivi definiti dal Decisore pubblico e trasmessi al policy maker possono essere FISSI e FLESSIBILI. Sono FISSI gli obiettivi il cui valore stabilito numericamente. E il caso in cui il governo mirasse a un livello di pieno impiego del 6%, oppure la Banca Centrale mirasse ad un tasso di inflazione del 2%. Sono FLESSIBILI gli obiettivi espressi in modo non strettamente definiti, cio viene stabilito dal decisore, ad esempio, il raggiungimento di un livello massimo di reddito o un livello minimo di disoccupazione senza identificare numericamente il livello massimo o minimo, viene indicata una funzione obiettivo e un ordinamento delle preferenze sui possibili risultati

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Naturalmente gli obiettivi possono esprimere: Ideologie conservatrici; Ideologie riformiste; Ideologie rivoluzionarie, sulla base dei programmi di Governo e delle diverse visioni del Mondo. Di conseguenza chiaro che un problema di politica economica pu essere affrontata secondo modelli diversi. Ci fa s che alcuni obiettivi politici possono essere in conflitto. Definiti gli obiettivi si predispongono gli strumenti per raggiungere tali obiettivi.

Gli Strumenti

Gli strumenti sono una LEVA di cui dispongono i policy maker per raggiungere dati obiettivi, in altri termini si tratta di grandezze che possono essere manovrate dai responsabili in grado di influenzare la variabile-obiettivo. Gli strumenti possono essere DIRETTAMENTE MANOVRATI (ad esempio un intervento sulla spesa pubblica G, oppure sulla tassazione T). Per diminuire la disoccupazione, il policy maker pu pensare alla realizzazione di grandi opere, aumentando la spesa pubblica e impiegando un numero pi elevato di persone. Oppure INDIRETTAMENTE MANOVRATI (ad esempio incentivando gli Investimenti con politiche ad hoc). Riduzione della pressione fiscale per le imprese in modo da stimolare gli investimenti e quindi loccupazione.

Modelli di analisi

Per poter raggiungere gli obiettivi attraverso luso di strumenti appropriati il responsabile di politica si serve di modelli di analisi. Il modello non altro che una rappresentazione semplificata della realt generalmente espresso in termini matematici. Allinterno del modello vi sono delle variabili, o meglio delle equazioni che esprimono relazioni fra variabili. I policy makers quindi devono avere un modello dell'economia che metta in relazione gli strumenti e gli obiettivi per poter scegliere i valori ottimali degli strumenti. Ad esempio considerando un modello semplice a cui applicata lequazione fondamentale della macroeconomia Y=C+I+G 7

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Se il policy maker ha lobiettivo di raggiungere un determinato reddito, conoscendo C e I deve agire sulla spesa pubblica....In questo caso G lo strumento, Y lobiettivo.

la regola di Tinbergen Il teorema di Tinbergen afferma che in caso di obiettivi fissi se le autorit di politica economica si propongono di raggiungere n obiettivi, devono poter disporre di almeno n strumenti.

Naturalmente le ricette di politica economica sono fortemente condizionate dalle ideologie interne tipiche del Decisore/policy maker e quelle incorporate nel modello di riferimento ossia le ideologie esterne. UN PROBLEMA DI POLITICA ECONOMICA E MODELLI ECONOMICI DI RIFERIMENTO Si ipotizzi che lobiettivo del policy maker sia quello di ridurre la disoccupazione giovanile tramite laumento delloccupazione in proprio, cio divenire imprenditori. Che fare? Il policy maker dovr adottare una teoria/modello di riferimento, ossia si potr rifare ad una delle seguenti visioni: 1) Modello di Walras. Prevede che l imprenditore abbia capacit di coordinare lattivit produttiva, e quindi gli uomini e i mezzi necessari allattivit produttiva. In questo senso la strategia adottabile dal policy maker di ispirazione walrasiana quella di promuovere la formazione professionale, e attuare quindi interventi in questa direzione. WALRAS => PROMOZIONE DI INTERVENTI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE 2) Modello di Knight. Limprenditore colui che ha una alta propensione al rischio, per cui il policy maker di ispirazione knightiana ha il compito di facilitare linformazione affinch i soggetti propensi non si sentano bloccati da una difficoltosa e non corretta valutazione dei rischi dellattivit. La strategia di politica economica quindi quella di programmare interventi a livello del sistema informativo. KNIGHT => PROMOZIONE DI INTERVENTI SUL SISTEMA INFORMATIVO 3) Modello di Schumpeter. Limprenditore colui che ha la capacit di creare. In questo senso il policy maker di ispirazione schumpeteriana dovrebbe agire per stimolare le vocazioni allinnovazione. SCHUMPETER => PROMOZIONE DI INTERVENTI SULLAMBIENTE SOCIALE 4) Modello di Kalecki. Limprenditore diviene tale grazie alla disponibilit di capitali propri. In questottica il policy maker dovrebbe allentare il vincolo al capitale proprio, per cui la sua strategia potrebbe essere quella di organizzare interventi al livello del settore del credito. KALECKI=> PROMOZIONE DI INTERVENTI A LIVELLO DI CREDITO

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AZIONI DI POLITICA ECONOMICA Le azioni di politica economica si distinguono in 1) Azioni di breve periodo verso azioni di lungo periodo; 2) Azioni di natura qualitativa verso azioni quantitative. Il criterio alla base della prima distinzione fa riferimento alla prospettiva temporale in cui si colloca lazione del policy maker e questa dettata - dagli obiettivi che si pone; -dai tempi di efficacia degli strumenti che usa. La distinzione fra la politica economica qualitativa e quantitativa fa riferimento: -alla natura degli interventi attuati -alla rilevanza delle modificazioni strutturali prodotte. La politica delle riforme lespressione pi compiuta di politica economica qualitativa, essa include scelte di privatizzazioni di unindustria, devolution federalismo ecc. che determina ripercussioni profonde nel sistema economico, modificando a volte gli stessi modelli di comportamento degli agenti economici e il quadro istituzionale. I Governi generalmente utilizzano con pi frequenza provvedimenti di politica economica quantitativa, che consistono nella modificazione dei valori degli strumenti normalmente in funzione nel sistema economico per raggiungere determinati obiettivi. 1.4 Tipologie di Politica Economica Gli interventi di politica economica possono essere di natura microeconomica e macroeconomica. In ambito macroeconomico si individua: POLITICA FISCALE POLITICA MONETARIA POLITICA COMMERCIALE In ambito microeconomico si individuano: POLITICHE REDISTRIBUTIVE POLITICHE INDUSTRIALI POLITICHE REGIONALI POLITICHE ANTITRUST

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POLITICA FISCALE POLITICA FISCALE ossia linsieme delle misure concernenti le entrate e le spese del settore pubblico. In termini pi specifici la politica fiscale la linea di azione adottata dal governo riguardo l'entit della spesa pubblica per beni e servizi, l'ammontare dei trasferimenti e il sistema fiscale. Le variabili manovrabili dallo Stato sono:

G = spesa pubblica TR = trasferimenti (quota di denaro che lo Stato eroga gratuitamente a vario titolo alle famiglie) t*Y = T = imposte riscosse (dato da una aliquota t calcolata sul reddito Y)

Con queste tre variabili si pu, inoltre, evidenziare la composizione del bilancio di uno Stato (BS): BS = T (G + TR) e come si pu agire. In generale possiamo affermare che le manovre attuabili dallo Stato sono di due tipi: manovre espansive e manovre restrittive. Una manovra espansiva consiste nell'aumento della spesa pubblica o dei trasferimenti, oppure in una riduzione delle imposte. Tale manovra, come risulta evidente, pu generare un disavanzo nel bilancio dello Stato. Una manovra restrittiva invece, consiste nella riduzione della spesa pubblica o dei trasferimenti, oppure in un aumento delle imposte.

POLITICA MONETARIA La politica monetaria l'insieme degli strumenti, degli obiettivi e degli interventi, adottati dalla Banca Centrale per modificare e orientare la moneta, il credito e la finanza, al fine di raggiungere obiettivi prefissati di politica economica, di cui la politica monetaria fa parte. La politica monetaria assume il compito di garantire la stabilit dei prezzi interni ed esterni. Tale obiettivo non pu essere raggiunto attraverso il controllo diretto dei prezzi, ma con operazioni che, influendo sulla domanda e l'offerta di beni e servizi, spinga i prezzi nella direzione desiderata. In particolare se, come spesso accade, il problema da affrontare l'eccessivo aumento dei prezzi, il compito della politica monetaria di rallentare le dinamiche della domanda in modo da contenere l'aumento dei prezzi nei limiti desiderati. Poich le autorit monetarie non possono influenzare direttamente gli obiettivi finali (crescita del PIL, inflazione, tassi di cambio) devono puntare a raggiungere obiettivi intermedi (tassi di interesse, circolazione monetaria espressa attraverso gli aggregati monetari) che a loro volta influenzano gli obiettivi finali. Per raggiungere tali obiettivi, le banche centrali, cui viene affidata solitamente la politica monetaria, compiono operazioni di mercato aperto che, attraverso la compravendita di titoli, modificano i tassi di interesse. A loro volta le modifiche dei tassi influiscono sulla domanda e l'offerta di moneta e credito e per questa via, sulla domanda e l'offerta di beni e servizi. 10

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Le banche centrali possono poi influire sulla riserva obbligatoria e sul tasso di sconto che, attraverso il meccanismo del rifinanziamento delle banche, serve a regolare il credito concesso dalle banche alla clientela. Si definisce espansiva una politica monetaria che, attraverso la riduzione dei tassi di interesse, voglia stimolare l'offerta di moneta delle banche alle imprese, e quindi gli investimenti e la produzione di beni e servizi. Al contrario si definisce restrittiva una politica monetaria che, attraverso l'aumento dei tassi di interesse, riduca l'offerta di moneta e quindi renda meno conveniente investire e produrre. Le politiche monetarie restrittive hanno l'obiettivo di ridurre l'inflazione, o far calare il disavanzo pubblico, facendo rallentare la crescita dell'economia.

POLITICA COMMERCIALE Le politiche commerciali sono realizzate per intervenire e influenzare il commercio internazionale e generalmente agiscono nelle relazioni commerciali fra Paesi. Esse possono essere poste in essere o da singoli Governi dei Paesi o da gruppi di Paesi in concerto. Per esempio, a livello europeo vi ununica politica commerciale, mentre la Cina, Stati Uniti, Canada gestiscono singolarmente la propria politica. Fra gli strumenti di politica commerciale vi sono: Accordi bilaterali/multilaterali per stimolare il commercio Dazi Sussidi Quote Standard sanitari e fitosanitari. A livello europeo la politica commerciale comune costituisce uno dei principali strumenti delle relazioni esterne dell'Unione europea. Tale politica rientra nella sfera di competenza esclusiva della Comunit (articolo 133 del trattato che istituisce la Comunit europea). Essa costituisce la contropartita dell'Unione doganale fra gli Stati membri. La politica commerciale comune implica una gestione uniforme delle relazioni commerciali con i paesi terzi, segnatamente tramite una tariffa doganale comune e tramite regimi comuni che regolano le importazioni e le esportazioni. La Comunit persegue l'eliminazione delle restrizioni agli scambi, nonch delle barriere doganali. Per proteggere il mercato comunitario, la Comunit dispone di strumenti quali le misure antidumping e antisovvenzioni, il regolamento sugli ostacoli al commercio e le misure di salvaguardia. La Commissione negozia e conclude accordi internazionali a nome della Comunit nel quadro delle sue relazioni bilaterali e multilaterali. Essa partecipa attivamente all'Organizzazione mondiale del commercio. L'Unione europea sostiene un commercio liberalizzato, equilibrato e favorevole agli interessi di tutti gli operatori internazionali e in particolare dei paesi meno favoriti. In tal senso, le misure preferenziali generali e specifiche in favore di questi ultimi costituiscono un aspetto importante della politica commerciale comune. In ambito microeconomico si individuano: POLITICHE REGIONALI POLITICHE INDUSTRIALI 11

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POLITICHE ANTITRUST POLITICHE REGIONALI Sono politiche che hanno come obiettivo la redistribuzione geografica del reddito fra le aree territoriali di una economia. Esse quindi mirano a ridurre gli squilibri di quelle economie cosiddette duali, quali lItalia che si caratterizza per il forte divario in termini economici, di occupazione, produzione e reddito fra il Nord e il Mezzogiorno, divario che si andato sviluppando gi con lUnit dItalia. Altri esempi di economie duali sono la Germania con i Lnder dellEst e dellOvest, il Regno Unito con la questione del Nord (povero) e Sud (ricco). Le politiche regionali possono essere stabilite a livello nazionale e locale.

POLITICHE INDUSTRIALI La Politica Industriale intesa come un complesso di interventi pi o meno coerenti nel settore secondario. LObiettivo della politica industriale quello di creare le condizioni affinch la produzione possa essere realizzata con costi competitivi in modo da soddisfare la domanda sia interna sia estera. Le forme di intervento sono di tipo settoriale, possono incidere sulle forme dei mercati, sulle relazioni con i sindacati, sulle componenti dei costi, e della domanda pubblica, con nuove tecnologie per assicurare una maggiore competitivit dei prodotti. In Italia la politica industriale si attua mediante le agevolazioni creditizie destinate alle produzioni nel settore industriale o in particolari aree geografiche del Paese; ci sono anche altre forme di sostegno della produzione, come le commesse pubbliche e le agevolazioni fiscali. Lindustria include i sottosettori: 1) Manifatturiero; 2) delle Costruzioni; 3) Energia (nucleare, eolica, gas) Le politiche realizzate nel settore industriale spesso mirano a rafforzare determinati settori, ad esempio in Italia sono state sostenute le industrie automobilistiche. Possiamo distinguere 3 fasi distinte del comportamento dei governi riguardo alla Politica industriale, dovute al mutamento delle regole del commercio tra i singoli paesi e della progressiva globalizzazione delleconomia. Fase 1) La politica industriale nazionale (tradizionale) dal dopoguerra ai primi anni Ottanta. Gli stati nazionali intervenivano in sostituzione o opposizione al mercato favorendo specifici settori produttivi attraverso politiche interventiste attive. Lobiettivo principale era laumento della competitivit internazionale attraverso i campioni nazionali. Con le crisi degli anni Settanta gli scopi diventarono soprattutto difensivi. Nella fase 1 gli strumenti di politica economica variarono a seconda del paese: gli Stati Uniti ad esempio usarono la domanda pubblica protezionistica; il Giappone adott la pratica del piano settoriale; lEuropa si serv soprattutto di sussidi alle imprese.

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Fase 2) La politica industriale come politica di aggiustamento strutturale (dallinizio degli anni 80 allinizio dei 90) lo Stato interviene assecondando il mercato senza sostituirlo. Si mantengono gli scopi difensivi con lattuazione di politiche per i settori in declino. In Italia si punta alla politica per la concorrenza. In Inghilterra cominciano processi di deregolamentazione e privatizzazioni. Fase 3) La Politica Industriale come garanzia di condizioni-quadro - Inizia con lavvio del Mercato Unico Europeo e la trasformazione della Comunit in Unione Europea, e la nascita del World Trade Organization. La UE resta la sola organizzazione dotata di poteri di intervento sia nella politica per la concorrenza sia nella politica industriale. La Commissione europea presenta una politica industriale al fine di realizzare un quadro pi adeguato per l'industria europea. La realizzazione di una base industriale solida e dinamica favorisce la crescita dell'Unione europea e sostiene la sua leadership tecnologica ed economica in un contesto di globalizzazione crescente. POLITICHE ANTITRUST Le politiche antitrust sono quelle politiche economiche volte a combattere accordi e intese fra imprese finalizzati a limitare la concorrenza; contrastare gli abusi di posizioni dominanti; impedire acquisizioni e fusioni di imprese che determinerebbero minore concorrenza. Le prime politiche antitrust vennero attuate negli USA, con il noto Sherman Antitrust Act del 1890. Successivamente, la normativa antitrust si diffuse in Europa e precisamente nel 1957 in Germania, nel 1968 nel Regno Unito, nel 1977 in Francia e nel 1990 in Italia con listituzione dellAutorit Garante per la Concorrenza e il Mercato. Perch la politica antitrust in Europa nasce in ritardo rispetto agli USA? Per due motivi: A fine Ottocento, sia gli USA che i Paesi europei iniziano a sperimentare processi di industrializzazione pesante, con episodi di concentrazione industriale e con la nascita di cartelli industriali. Gli USA e i Paesi europei scelgono di seguire due strade di intervento correttivo differenti: Negli USA lo Stato ricopre un ruolo di arbitro, quindi non era direttamente presente nel mercato, ma lo sorvegliava dallesterno e lo svolgimento di tale compito si ripercosse sullattuazione delle normative antitrust. Le Autorit di politica economica europee scelsero invece di fare intervenire direttamente lo Stato nel mercato, soprattutto incidendo sullofferta, lo Stato, quindi, esercitava il ruolo di giocatore; il ruolo interventista dello Stato port alla creazione di monopoli pubblici, il cui esercizio, almeno in astratto, si ispirava pi allottimizzazione del benessere sociale, che a quella del profitto. Ci portava lAutorit di politica economica a disinteressarsi delle normative antitrust. Leconomia statunitense era chiusa e poco propensa agli scambi internazionali, mentre in Europa gli scambi con lestero erano frequenti ed avevano come conseguenza una spiccata concorrenzialit, il che escludeva fisiologicamente la necessit di norme esterne.

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CAPITOLO II

POLITICA ECONOMICA E CRESCITA

2.1 Introduzione
"Il 2011 sar un anno decisivo per leconomia. E la direzione in cui essa andr dipender in modo cruciale dalla politica. Sono un convinto liberista e so che non sono i governi che possono determinare da soli la crescita economica. Ma vi sono fasi della storia in cui i mercati aspettano segnali dalla politica e lanno che si apre non permetter alla politica di seguire il detto inglese wait and see. Questo vale sul piano globale, sul piano europeo e sul piano nazionale". Inizia cos il lungo intervento del ministro della Pubblica Amministrazione, pubblicato su Il Sole 24Ore. Con lagenda internazionale attualmente in discussione si mira a dare i segnali attesi e a conseguire i due obiettivi principali. Il primo e quello del consolidamento fiscale, e cio come assicurare la convergenza rapida di tutti paesi europei verso una politica di bilancio che consenta la sostenibilit di lungo periodo dei debiti pubblici e lequilibrio macroeconomico. In discussione vi una nuova regola europea diretta ad accelerare il processo di riduzione del debito e che prevede un obiettivo annuale di riduzione del rapporto debito/pil pari al 5 per cento del divario di questo rapporto dal valore di riferimento del 60 per cento. Il secondo obiettivo e quello di poter attuare politiche di sostegno alla crescita economica non basate sulla spesa in deficit, ma evitando politiche fortemente deflattive e con gli spazi necessari ad attuare le riforme necessarie ad aumentare la competitivit dellEuropa nel suo complesso e dei singoli paesi membri. Fra gli obiettivi pi importanti di politica economica vi sono gli interventi per favorire crescita e sviluppo. Il concetto di crescita un concetto essenzialmente quantitativo: con questa parola si designa il processo di aumento del reddito nazionale di un Paese. Il concetto di sviluppo pi esteso e necessita di importanti qualificazioni relativamente ad altri aspetti del cambiamento delleconomia e della societ, quali la distribuzione del reddito; le condizioni di vita; la speranza di vita; il grado di istruzione ed altro. Pu esserci crescita senza sviluppo.

Indicatori di Crescita e di Sviluppo Il principale indicatore del livello di crescita raggiunto da uneconomia il PIL e pi specificatamente il PIL pro capite. Il ritmo di crescita misurato dal tasso annuo di variazione 14

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del PIL. Il livello dello sviluppo solitamente analizzato integrando gli indicatori precedenti con altri indicatori qualitativi. Lindicatore sintetico di sviluppo pi utilizzato e diffuso lIndice di Sviluppo Umano elaborato dallONU. Iniziamo la trattazione con lanalisi del Pil per individuare il livello di crescita e il ritmo di crescita economica di un Paese per poi individuare gli strumenti di politica economica che lo influenzano. Infine si passer in rassegna lindicatore sintetico del livello di sviluppo.

2.2 Il Prodotto Interno Lordo

Una delle variabili macroeconomiche che rende in maniera pi immediata lattivit economica di un paese il PIL, prodotto interno lordo. Il PIL interno in quanto comprende il valore dei beni e servizi prodotti all'interno in un paese, indipendentemente dalla nazionalit di chi li produce. Il PIL lordo perch include gli ammortamenti (cio la misura del deprezzamento dello stock di capitale). Se vengono esclusi gli ammortamenti cio si tiene conto del deprezzamento, si parla di prodotto interno netto (PIN). In breve PIN=PILammortamenti. Il PIL pu essere riferito allintero sistema economico, si parla di PIL complessivo, oppure pu essere riferito ai singoli individui, in questo caso si parla di PIL in termini procapite (questo calcolato dividendo il PIL per il numero di abitanti). Il PIL complessivo esprime la misura della ricchezza nazionale, il PIL pro-capite misura, invece, la ricchezza individuale e permette di quantificare il tenore di vita di un dato paese. Se il PIL complessivo cresce a un tasso superiore a quello della popolazione, il tenore di vita del paese (e quindi il PIL pro-capite) registra un miglioramento, e viceversa. Per confrontare i tenori di vita tra i diversi paesi, si pu pensare di convertire il PIL pro capite in ununica valuta, per esempio esprimere tutto in dollari statunitensi. In altri termini significherebbe utilizzare i tassi di cambio correnti per esprimere tutto in una valuta internazionale come ad esempio il dollaro americano e poi procedere alla comparazione. Questo metodo, tuttavia, non tiene conto delle differenze del costo della vita nei vari paesi, (ad esempio il prezzo di unabitazione di uguali caratteristiche non lo stesso fra i diversi paesi, cos il prezzo per un taglio di capelli in India molto differente da quelli registrati in Italia o in Ingliterra) per cui molti economisti ritengono opportuno tener conto dei prezzi interni di ciascun paese, quando ci viene fatto il PIL pro capite si dice che viene espresso in termini di parit dei poteri dacquisto, o semplicemente PIL alla PPP (purchasing power parity). I calcoli basati sulla PPP sono misure pi ragionevoli che cercano di trasformare una valuta in unaltra a un tasso che preservi il potere dacquisto medio e quindi tenga conto anche dellinflazione1. La parit dei poteri dacquisto, in altri termini, un indicatore che elimina le differenze fra Paesi nel livello generale dei prezzi permettendo confronti in volume del Prodotto interno lordo. Il PIL pro capite alla PPP d quindi una valutazione del tenore di vita di un paese pi rappresentativa rispetto al semplice PIL pro capite ai tassi di cambio corrente. In base a dati relativi al 2007, il PIL pro capite italiano alla PPP di 30.365 dollari statunitensi, quello del Giappone di 35.484,30, quello statunitense di 45.725. Le significative differenze di reddito fra le economie mondiali riflettono differenze di produttivit (efficienza), questultima definita come il rapporto fra la produzione o PIL e il numero di lavoratori occupati. Nella seguente tabella riportato un confronto del reddito pro-capite lordo valutato alla parit dei poteri dacquisto per i 27 Paesi dellUnione Europea.

In termini analitici la parit dei poteri di acquisto si calcola PPP2011 = tasso di cambio2011*(indice prezzo paese A/indice prezzo paeseB)

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Fonte: ISTAT, 2009

Box 1. Esempio, parit dei poteri di acquisto PPP, chi era costui?, avrebbe detto don Abbondio. Ma ai suoi tempi le parit di potere d'acquisto non esistevano. O, per meglio dire, avevano un'esistenza virtuale, nel senso che la realt statistica esisteva, e sarebbe stato anche interessante indagarla, quando l'Italia era divisa in vari Stati con varie monete. Allora, che cos' la PPP? Il concetto semplice. Supponiamo di dover confrontare lo stipendio di due postini, uno che vive a Milano e uno che vive a Matera. Lo stipendio eguale, ma i prezzi a Milano sono pi alti che a Matera. Quindi lo stipendio del postino lucano ha pi potere d'acquisto di quello del postino milanese. Insomma, quando si confrontano due quantit monetarie bisogna tenere conto di quello che si pu comprare con quei soldi, indipendentemente dal livello nominale dei redditi. Lo stesso principio vale per il confronto fra i redditi medi Pil pro-capite di due diversi Paesi. Traducendo la moneta del Botswana in euro, si vede che i redditi medi di quel Paese povero sono, mettiamo, un ventesimo di quelli della Germania. Vuol dire che anche il potere d'acquisto degli abitanti del Botswana un ventesimo di quello dei tedeschi? No, perch in quel Paese africano la roba costa di meno. Quindi, per fare un vero confronto bisogna adottare un particolare tasso di cambio, diverso da quello di mercato: un cambio che prenda in conto la diversit del livello dei prezzi nei diversi Paesi. Per fare questo bisogna rilevare i prezzi in moneta locale nei diversi Paesi e usare poi le quattro operazioni per calcolare questi particolari tassi di cambio: appunto, le parit di potere d'acquisto. Glossario Sole24ore

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2.3 Definizioni e metodi di misurazione del PIL


In economia per analizzare lo stato di salute di un Paese, il primo passo da fare misurare il prodotto interno lordo. Esistono quattro modi equivalenti di definire e misurare il Pil di una economia: 1. Secondo il metodo del prodotto, il PIL il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali nuovi prodotti in un paese in un dato periodo di tempo, generalmente lanno o il trimestre 2. Sulla base del metodo del valore aggiunto, il PIL la somma del valore aggiunto in una economia in un dato periodo di tempo 3. Secondo il metodo del reddito, il PIL la somma dei redditi delleconomia in un dato periodo di tempo 4. Usando il metodo della spesa, il PIL la somma della spesa aggregata delleconomia in un dato periodo di tempo ().

Il metodo del prodotto

Si analizzi la prima definizione: Il PIL il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali nuovi prodotti in un paese in un dato periodo di tempo. Per valore di mercato si intende il valore dei beni e i servizi misurato ai prezzi di mercato, cio ai prezzi a cui i prodotti vengono venduti sui mercati. Il vantaggio di utilizzare il valore di mercato che esso permette di sommare beni e servizi eterogenei. Si immagini di voler misurare il prodotto di una economia che produce 3.000 scooter e 10.000 panini, i cui prezzi medi sono 2.000 euro per ogni scooter e 1 euro a panino, il valore del PIL ammonta a: 3.000*2.000 + 10.000*1=6.010.000 euro Ossia il PIL il risultato della somma del prodotto fra il prezzo dei beni e servizi (P), e la quantit di essi scambiata (Q). Il PIL include beni e servizi nuovi, vale a dire prodotti nel periodo considerato, e finali, ossia quelli ottenuti nella fase terminale del processo produttivo. Le brioches vendute da un bar sono beni finali, e vengono contabilizzati nel PIL, la farina, il lievito e il burro impiegati per fare le brioches sono beni intermedi e per questo non inclusi nel calcolo del PIL. Box 2. Esempio, beni finali & beni intermedi Si supponga che un allevatore di bovini venda una mozzarella a Pizza Hut per 1 euro e che questa venda una pizza a 4 euro. Il computo del PIL dovrebbe includere sia la mozzarella che la pizza per un totale di 5 euro o solo la pizza per 4 euro? Nel calcolo del PIL secondo il metodo del prodotto vengono inclusi solo i beni e servizi finali, quindi viene considerata esclusivamente la pizza e non la mozzarella: il PIL aumenta di 4 euro e non di 5 euro, perch il valore del bene intermedio gi compreso nel prezzo di mercato del bene finale che ha concorso a produrre. Aggiungere il valore del bene intermedio a quello finale significherebbe effettuare una doppia contabilizzazione, cio calcolare due volte il valore della mozzarella. I beni e servizi devono essere prodotti allinterno del paese per essere contabilizzati nel PIL di quel paese. Il PIL italiano misura tutto ci che prodotto in Italia, sia da italiani che da 17

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soggetti stranieri. Dal PIL italiano viene invece, escluso quello che prodotto da soggetti italiani all estero. Ad esempio mentre il valore di mercato dei servizi venduti dal Club Med (multinazionale francese) in Italia rientra nel calcolo del PIL italiano, il valore di mercato dei beni prodotti da un italiano che ha una pasticceria in Francia, viene contabilizzato nel PIL francese. Accanto al PIL esiste unaltra variabile che permette di misurare la ricchezza nazionale e che viene adottata dal sistema di contabilit nazionale dei paesi dellONU, il Prodotto Nazionale Lordo (PNL). Il PNL valuta la ricchezza di un Paese (ad esempio lItalia) prendendo in considerazione la produzione realizzata dai cittadini di quel Paese (gli italiani), indipendentemente dal fatto che essi si trovino nel Paese o allestero (nel caso dellItalia quindi il valore della produzione degli italiani). Nellesempio precedente, il valore di mercato dei beni del produttore italiano che ha una pasticceria in Francia viene contabilizzato sia nel PNL italiano che nel PIL francese. Si ribadisce che, bisogna valutare il PIL in un determinato arco temporale. Il metodo del valore aggiunto Secondo il metodo del valore aggiunto, il PIL la somma dei valori aggiunti in tutti gli stadi di produzione in una economia in un dato arco temporale. Il valore aggiunto non altro che il valore del prodotto finale meno il valore dei beni intermedi utilizzati per produrlo. Si riprenda lesempio dellallevatore di bovini che vende una mozzarella a Pizza Hut per 1 euro e che questultima venda la pizza prodotta a 4 euro. Nel caso della mozzarella il valore aggiunto dellallevatore di 1 euro, supponendo che non abbia acquistato alcun bene intermedio per produrla. Il valore aggiunto di Pizza Hut di 3 euro (4 euro-1 euro). Il valore aggiunto totale pari a 4 euro (ossia 1 euro + 3 euro).

Il metodo del reddito Il PIL dato dalla sommatoria di tutti i redditi generati nelleconomia in un anno, esso include: i redditi da lavoro i redditi da capitale o profitto le imposte indirette

I redditi da lavoro sono i salari pagati ai lavoratori dipendenti; i redditi da capitale o profitto sono quelli che rimangono alle imprese dopo avere pagato i lavoratori; le imposte indirette sono quelle pagate al governo sotto forma di imposte sulle vendite.

Il metodo della spesa Secondo il metodo della spesa il PIL (Y) o prodotto o reddito o offerta aggregata, si compone di cinque elementi: Y = C+I+G+E-X (1)

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dove C=consumi, I=investimenti, G=spesa pubblica, E=esportazioni X=importazioni. Lespressione (1) rappresenta lequazione fondamentale delleconomia. La differenza fra esportazioni ed importazioni costituisce le esportazioni nette, NX, per cui la (1) si pu anche formalizzare come Y = C+I+G+NX (1.1)

La sommatoria, C+I+G+NX rappresenta la spesa aggregata. Quando uneconomia chiusa, ossia di tipo autarchico, le esportazioni nette sono nulle (NX=0) perci vale la relazione: Y = C+I+G offerta domanda aggregata aggregata (1.2)

La produzione o PIL, indicata con Y, rappresenta lofferta aggregata del sistema economico, il secondo membro indica la domanda aggregata. Lequazione 1.2 esprime quindi lequilibrio nel mercato dei beni e servizi poich la domanda aggregata pari allofferta aggregata. Si analizzi nel dettaglio ciascuna delle componenti della spesa aggregata. I Consumi I consumi delle famiglie (C), rappresentano la spesa in beni e servizi finali, dallabbigliamento alle lezioni di tennis, effettuata sul territorio italiano. I beni e servizi consumati possono essere stati prodotti nel paese o importati. Nei consumi italiani sono inclusi anche i consumi dei turisti stranieri in Italia, mentre sono escluse le spese per turismo allestero degli italiani. Il consumo la componente pi rilevante del PIL e in Italia contribuisce con pi del 60% alla sua formazione. Si possono individuare quattro tipologie di consumo: 1) beni durevoli, destinati ad un uso prolungato nel tempo, come ad esempio automobili, mobili, televisioni; beni semidurevoli, aventi di solito una durata media superiore allanno, ma di gran lunga inferiore a quella dei beni durevoli. Appartengono a questo gruppo il vestiario e le calzature, la biancheria e gli pneumatici; beni non durevoli, acquistati e consumati nel periodo di riferimento, come generi alimentari, medicinali; servizi come ad esempio i servizi finanziari, le spese per alberghi e ristoranti.

2)

3)

4)

Il reddito disponibile (che si indica con YD) il fattore principale da cui dipendono le decisioni di consumo degli individui. Esso il reddito al netto delle imposte, ossia dopo avere pagato le imposte T, per cui risulta in termini analitici, YD=Y-T. possibile assumere che la forma funzionale della relazione tra il consumo e il reddito disponibile sia lineare:

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C = C + c YD con C > 0

0 < c < 1 (2)

dove C il consumo, C la componente autonoma dei consumi2, YD il reddito disponibile e c la propensione marginale al consumo, ossia evidenzia di quanto varia il consumo in seguito ad una variazione unitaria di reddito3. c rappresenta graficamente linclinazione della funzione di consumo. La propensione marginale al consumo compresa fra 0 e 1, in quanto gli individui tendono ad aumentare i propri consumi allaumentare del reddito, ma non nella stessa misura in cui il reddito aumenta. Se un soggetto guadagna un euro in pi, normalmente ne consuma una parte e ne risparmia la parte restante. Lequazione (2) la funzione consumo di matrice keynesiana, ed evidenzia la relazione positiva che sussiste fra consumo e reddito disponibile, ossia al crescere di questultimo i consumi aumentano, e viceversa. In un piano cartesiano la funzione di consumo pu essere rappresentata nel modo che segue:

Figura 1 La funzione consumo keynesiana


C

Funzione consumo, C = C + c Y

Yd reddito disponibile

Nel piano cartesiano sullasse delle ascisse riportato il reddito disponibile, su quello delle ordinate i consumi. Data lipotesi di linearit, la funzione rappresentata da una retta che ha inclinazione positiva; il segmento intercettato dalla retta sullasse delle ordinate rappresenta la componente autonoma dei consumi, inoltre la pendenza della retta d la propensione marginale al consumo.

La grandezza detta autonoma in quanto non dipende dal reddito. Oltre alla propensione marginale al consumo, vi la propensione marginale al risparmio. Questultima rappresenta l'aumento del risparmio determinato da un incremento del reddito disponibile pari ad una unit di moneta (ad esempio un euro). La propensione marginale al risparmio il complemento a 1 della propensione marginale al consumo, ossia s = 1 c dove s = propensione marginale al risparmio e c = propensione marginale al consumo.
2 3

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Box 3. Risparmio privato e risparmio pubblico


Il risparmio laltra faccia della medaglia dei consumi. Per capire meglio la natura del risparmio necessario distinguere fra risparmio privato e pubblico. Il risparmio privato reddito che rimane agli individui dopo aver soddisfatto i propri bisogni di consumo e aver pagato le tasse, ossia: Sprivato= (Y C T) Il risparmio pubblico differenza tra entrate pubbliche e la spesa pubblica, in particolar se T > G avremo un avanzo pubblico (entrate maggiori delle uscite), se invece T < G avremo un deficit di bilancio (uscite maggiori delle entrate): Spubblico= (T G) Il risparmio nazionale o risparmio totale dato dalla somma del risparmio pubblico e privato. S= Sprivato + Spubblico S = (Y C T) + (T G) S = (Y C G) Modo alternativo per esprimere lequilibrio nel mercato dei beni e servizi Un modo alternativo allequazione 1.2 per descrivere lequilibrio nel mercato dei beni e servizi in uneconomia chiusa considerare gli investimenti e i risparmi di un paese. In particolare, partendo dalluguaglianza Y = C + I + G e isolando il termine investimenti, si ottiene: Y-C-G=I Sapendo che se dal reddito complessivo vengono sottratte la spesa per i consumi correnti e la spesa pubblica (spesa corrente dello stato) si ottiene il risparmio nazionale ossia S = Y C G , allora in un sistema economico in equilibrio il risparmio deve essere quindi uguale agli investimenti: S=I L equazione 1.2, ossia Y = C+I+G e luguaglianza S=I sono, pertanto, due modi equivalenti per formalizzare lequilibrio macroeconomico di un paese in condizioni di autarchia. Gli Investimenti La componente I nella precedente relazione (1) rappresenta gli investimenti, questi si distinguono in: investimenti fissi delle imprese (ad esempio impianti, attrezzature e fabbricati), investimenti residenziali (ad esempio immobili abitativi) e investimenti in scorte, ossia beni rimasti invenduti. Generalmente per acquistare beni di investimento le imprese prendono denaro in prestito. Maggiore il tasso di interesse su tali prestiti, minori sono i profitti che le imprese si aspettano di realizzare perci minori sono i capitali destinati allacquisto di nuovi macchinari e fabbricati, e quindi inferiore sar la disponibilit a prendere a prestito per fare investimenti. Viceversa, in presenza di tassi di interessi pi bassi le imprese saranno maggiormente disposte ad investire.

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Gli investimenti e il tasso di interesse La funzione della spesa per investimenti (I) pu essere espressa dalla seguente relazione:
I = I bi

b>0

(3)

dove la variabile i rappresenta il tasso di interesse, il coefficiente b misura la sensibilit degli investimenti al tasso di interesse e la variabile indica la spesa autonoma in investimenti, ossia quella che non dipende n dal livello del reddito n dal tasso di interesse. Lequazione (3) indica che quanto minore il tasso di interesse, tanto maggiore linvestimento; se il valore del coefficiente b elevato, un aumento relativamente modesto del tasso di interesse provoca una riduzione notevole della spesa in investimenti. La Figura 2, rappresentazione della curva di investimento espressa dallequazione (3), indica lammontare della spesa che le imprese programmano di destinare agli investimenti in corrispondenza di ogni livello del tasso di interesse. La curva ha pendenza negativa, a conferma dellipotesi secondo la quale una riduzione del tasso di interesse porta le imprese a investire di pi.

Figura 2 La curva di domanda per investimento


i, tasso di interesse nominale

I, investimento

Bisogna notare che il tasso di interesse pu essere nominale o reale: il tasso di interesse nominale, si indica con i , include linflazione (); il tasso di interesse reale si indica con r ed esclude linflazione, per cui in termini analitici questultimo pari a r =i-. Landamento del tasso di interesse in termini reali e nominali sui BOT a tre mesi in Italia riportato in Figura 3. Il confronto rende evidente il livello di inflazione.

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Figura 3 Andamento dei tassi di interesse sui BOT a tre mesi.

Fonte: Istat, 2008


Nella contabilit nazionale vengono inclusi esclusivamente gli investimenti in capitale fisso (macchinari e infrastrutture), investimenti residenziali e scorte, non vengono considerati gli investimenti intangibili, ossia gli investimenti in R&D (research & development), in software, in educazione, e le spese sostenute dalle imprese per riorganizzare la produzione, migliorare un prodotto, portarlo sul mercato e consolidarne la reputazione. Gli investimenti intangibili sono quella componente degli investimenti che permette di accrescere il capitale umano. Studi economici recenti per gli Stati Uniti e il Regno Unito indicano che da circa dieci anni laccumulazione di capitale intangibile ha superato o raggiunto per dimensioni gli investimenti in capitale fisso. Si stima che essi abbiano superato il 10% del PIL, per cui le statistiche ufficiali tenderebbero a sottostimare il quadro aggregato (il livello del reddito e il suo tasso di crescita). probabile che il peso degli investimenti intangibili sia cresciuto nel tempo, insieme alla terziarizzazione delle economie avanzate. Quanto sono rilevanti gli investimenti intangibili in Italia? Le stime non appaiono attendibili. Sembra tuttavia che questi siano meno significativi nel nostro Paese rispetto ad altre economie. Sommando spesa in R&D, software, istruzione avanzata in percentuale del reddito nazionale, lItalia in fondo alla classifica dei Paesi OCSE, poco davanti al Portogallo e Grecia (Tabellini, il Sole 24 ore, 6-52007).

La Spesa Pubblica G esprime la spesa pubblica o consumi collettivi, ossia lacquisto di beni e servizi da parte dello Stato e degli Enti pubblici. In questa voce rientrano, quindi, i consumi delle Amministrazioni pubbliche (dalla manutenzione delle strade agli stipendi dei dipendenti pubblici) e delle Istituzioni sociali private (es. sindacati, partiti politici, associazioni religiose). La voce principale di spesa pubblica italiana costituita dalla spesa sanitaria, seguono la spesa previdenziale e le retribuzioni ai dipendenti pubblici.

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Le Esportazioni Nette Con NX si indicano le esportazioni nette (o saldo commerciale) ossia la differenza fra esportazioni ed importazioni. Le esportazioni sono i beni e servizi prodotti in un paese e venduti allestero. Le importazioni sono i beni e servizi che un paese compra dallestero. Se si verifica che le esportazioni superano le importazioni leconomia presenta un avanzo commerciale. Viceversa se sono le importazioni a superare le esportazioni si di fronte a un disavanzo commerciale. Il PIL valutato secondo i quattro metodi Il PIL misurato secondo i quattro metodi, ossia il metodo del prodotto, il metodo del valore aggiunto, il metodo della spesa e il metodo del reddito deve coincidere. In altre parole, a meno di problemi di completezza o errori nella trascrizione dei dati, i metodi forniscono unidentica misura del livello dellattivit economica. Proprio per questo, deve essere vero che in ogni specifico periodo di tempo, prodotto totale=valore aggiunto totale=reddito totale=spesa totale (4)

dove prodotto, valore aggiunto, reddito e spesa sono misurati in termini monetari. Lequazione 4 detta identit fondamentale di contabilit nazionale. Nella seguente tabella si riportano le componenti del PIL italiano relativo al 2009.
Le componenti del PIL in Italia nel 2009, contributi %

Consumi

60,9%

Spesa delle P.A.

21,8%

Investimenti fissi lordi

19,2%

Esportazioni nette

-1,9%

PIL

100%

Fonte: Banca dItalia, 2010

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2.4 Distinzione fra PIL reale e PIL nominale

Come ogni variabile economica, il PIL pu essere misurato in termini reali o termini nominali. Il PIL nominale il valore della produzione espresso in termini di moneta, ossia la somma delle quantit di beni e servizi finali prodotti moltiplicata per il prezzo corrente. Per questo Il PIL nominale si chiama anche PIL a prezzi correnti. Il PIL nominale, varia nel tempo o perch varia la produzione o perch variano i prezzi, o entrambi. Quindi il PIL nominale descrive landamento della produzione includendo sia le variazioni delle quantit prodotte, sia le variazioni dei prezzi dei beni prodotti. Yt=qt*pt

Il PIL reale, il valore della produzione espresso in termini di beni, ossia la somma delle quantit di beni e servizi finali prodotti moltiplicata per un prezzo costante. Per questo si chiama anche PIL a prezzi costanti. Il PIL reale, varia nel tempo solo perch varia la produzione. Quindi esso esprime landamento della produzione di beni e servizi frutto solo delle variazioni delle quantit. Il PIL reale quindi depurato dagli effetti delle variazioni di prezzo (o inflazione). una grandezza pi significativa rispetto al PIL nominale, perch esso misura la produzione in termini di effettivo potere dacquisto della collettivit e valuta quindi, il benessere economico di un paese. Yt=qt*p

PIL nominale

PIL reale

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Nel seguente grafico sono messi a confronto il PIL reale e nominale in Italia dal 1987 al 2011. Si nota che il PIL nominale cresciuto di pi del PIL reale e questo si verificato soprattutto dopo il 2000.
Figura 4 Andamento del PIL nominale e reale in Italia in miliardi di euro.
1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

PIL reale PIL nominale

Fonte: Elaborazioni su Economist Intelligence Unit

Secondo i dati ISTAT, nel 2006 il PIL reale dellarea Euro4 stato pari a 13.000 miliardi di euro, i Paesi che hanno maggiormente contribuito alla sua formazione sono stati, la Germania, la Francia, lItalia e la Spagna (Figura 5).
Figura 5 Contributi % dei Paesi alla formazione del PIL dellarea Euro, 2006

Francia 16% Altri paesi 42% Germania 20% Spagna 9% Italia 13%

Fonte: ISTAT, 2008.

Quando si parla di Area dellEuro o di Eurozona o di di Eurolandia si intende larea che comprende i paesi dellUnione Europea che hanno adottato lEuro come moneta ufficiale. LArea euro dal 1 gennaio 2001 costituita da Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. Si aggiungono dal 1 gennaio 2007 la Slovenia, dal 1 gennaio 2008 Cipro e Malta, dal 1 gennaio 2009 la Slovacchia e dal gennaio 2011 lEstonia. LUnione europea costituita da 27 Paesi, i 17 dellarea euro e Bulgaria, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito,Repubblica Ceca, Romania, Svezia e Ungheria. LArea euro quindi un sottoinsieme dellUnione Europea.

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2.5 Determinazione del PIL reale e nominale


Per passare dal PIL nominale al PIL reale necessario eliminare gli effetti delle variazioni dei prezzi sulla produzione, ci si fa selezionando un anno base, ossia un anno di riferimento, e utilizzando poi i prezzi di quellanno per valutare la produzione di beni e servizi in altri periodi. A titolo di esempio, si consideri un paese che produce quattro beni: pane, latte, mele e barrette di cioccolata. Nella tabella sono riportate le quantit prodotte di ciascun bene e i relativi prezzi nellanno 1 e nellanno 2. Supponendo lanno 1 come anno base, possibile trovare il PIL nominale e reale nei due periodi.
Anno 1 quantit pane latte mele cioccolata 100 80 120 76 prezzo (euro/kg) 1,20 1,30 0,90 0,50 pane latte mele cioccolata Anno 2 quantit 108 85 130 85 prezzo (euro/kg) 1,50 1,70 1,20 1,00

Il PIL nominale nellanno 1 370 euro, ossia


100 *1,20 + 80 *1,30 + 120 * 0,90 + 76 * 0,50 = 370

Il PIL nominale nellanno 2 547,50 euro, ossia


108 *1,50 + 85 *1,70 + 130 *1,20 + 85 *1,00 = 547,50

Il PIL reale nellanno 1 uguale al PIL nominale dellanno 1, ossia


100 *1,20 + 80 *1,30 + 120 * 0,90 + 76 * 0,50 = 370

Il PIL reale nellanno 2 399,60 euro, ossia


108 *1,20 + 85 *1,30 + 130 * 0,90 + 85 * 0,50 = 399,60

Dal confronto si rileva che il PIL reale nellanno 2 minore del PIL nominale relativo allo stesso anno, questo perch il PIL reale privato dellinflazione. Si ricava inoltre che nel passaggio dallanno 1 allanno 2 il PIL reale aumentato: leconomia presenta una crescita di produzione.

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2.6 Il ritmo della crescita: il tasso di crescita del PIL


Per valutare il ritmo della crescita economica di un paese si utilizza il tasso di crescita del PIL. Quando si sente parlare ad esempio di aumenti del PIL dell 1,5% fra il 2003 e il 2004, oppure si registra fra il primo e secondo trimestre del 2010 una contrazione della produzione dello 0,6%, si sta argomentando di tassi di variazione o tassi di crescita (in positivo o negativo) del prodotto interno lordo. Lutilizzo dei tassi di crescita piuttosto efficace perch permette di confrontare, in maniera immediata, lattivit economica di un paese in momenti di tempo diversi. In termini analitici si ha:
Tasso di var iazione % = Yt Yt 1 100 Yt 1

Il tasso di variazione percentuale pu essere espresso in termini nominali e reali. Il tasso di crescita o tasso di variazione nominale indica di quanto cresciuto o diminuito in termini nominali il PIL dal periodo t-1 al periodo t. Il tasso di crescita o tasso di variazione reale denota di quanto variato in termini reali il PIL nellarco temporale t-1, t. La differenza tra i due tassi di crescita si spiega con la variazione nei prezzi intervenuta tra i periodi considerati. Qui di seguito si riporta il tasso di crescita reale del PIL italiano negli ultimi anni e le previsioni per il 2010 e 2011. Figura 6 Variazione % del PIL reale italiano.
3 2 1 0 -1 -2 -3 -4 -5 -6
Valori in %. Fonte: IMF, WEO Aprile 2010. Previsioni per il 2010-2011

2 1.5 0.7 0 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 -1 2010 2011 1.6 0.8 1.1

-5.1

Si nota che il nostro Paese stato colpito da una severa recessione fra il 2008 e la met del 2009. Nel primo semestre 2009 il prodotto interno lordo italiano ha segnato una contrazione del 5,1 per cento, la pi marcata del dopoguerra. Nel secondo semestre si avviata una moderata ripresa, soprattutto a seguito del graduale miglioramento delle esportazioni (Banca dItalia, 2010). Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale leconomia italiana il PIL reale crescer dell1.1% nel 2011 e dell1.3% nel 2012.

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2.7 Determinanti dei tassi di crescita economica fra Paesi


Il livello del PIL e la crescita economica di un paese sono strettamente correlati alla capacit produttiva del sistema economico del paese stesso. In altre parole, il tenore di vita di una economia dipende dalla sua capacit di produrre beni e servizi. Pi i paesi sono produttivi, pi sperimentano elevati tassi di sviluppo e ricchezza economica. Produttivit e crescita sono quindi strettamente legate. Per produttivit si intende la quantit di beni e servizi che un lavoratore pu produrre in ununit di tempo. La produttivit dipende dalle seguenti determinanti: capitale fisico: disponibilit di attrezzature e di strutture che vengono utilizzate per produrre beni e servizi; capitale umano: conoscenze e abilit che il lavoratore acquisisce attraverso listruzione, laddestramento e lesperienza professionale. Specificatamente si designa col termine di capitale umano' la popolazione in et lavorativa di un Paese e il complesso del "saper fare" (istruzione, abilit, formazione) incorporato nei lavoratori. A differenza del capitale fisico, il capitale umano intangibile, ma non meno reale. Le moderne teorie dello sviluppo mettono ormai l'accento sul capitale umano come fattore essenziale dello sviluppo, man mano che il sistema economico si inoltra nell'"economia della conoscenza". Risorse naturali e trasformazione grezza sono molto meno importanti di prima (malgrado i vantaggi che oggi affluiscono ai Paesi produttori di petrolio e altre materie prime) e i vantaggi comparati oggi risiedono soprattutto nella qualit e nella quantit del human capital. Sistema educativo, formazione sul luogo di lavoro, ricerca e sviluppo, e riaddestramento di quanti sono costretti a passare da settori in declino a settori in espansione sono i principali strumenti per il miglioramento del capitale umano. risorse naturali: i fattori della produzione di beni e servizi che vengono forniti dalla natura, quali terra, fiumi, giacimenti minerari; conoscenze tecnologiche: linsieme di conoscenze di cui la societ dispone sulle modalit di produzione di beni e servizi. I governi nazionali possono intervenire sulla crescita economica aumentando la produttivit del proprio sistema paese. In particolare, la politica economica pu cercare di agire sulle determinanti della produttivit attraverso: listruzione: provvedendo ad un buon sistema scolastico e incoraggiando la popolazione ad utilizzarlo proficuamente; la ricerca e lo sviluppo: promuovendo la ricerca tesa anche a favorire il progresso in campo tecnologico. laccumulazione del capitale: stimolando gli investimenti e la propensione al risparmio; laccumulazione del capitale estero: stimolando gli investimenti esteri diretti e gli investimenti esteri di portafoglio; la stabilit politica: garantendo un sistema giudiziario efficiente, stabile e non corrotto; i diritti di propriet: proteggendo la possibilit da parte degli individui di esercitare la potest sulle risorse che loro appartengono; il libero scambio: favorendo la libera commercializzazione dei beni e dei servizi;

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2.8 Critiche al PIL e la Commissione Sarkozy


Tra gli indicatori economici pi contestati vi senzaltro il Prodotto Interno Lordo. Il Pil fu lunit di misura utilizzata per uscire dalla Grande Depressione del 29, in un periodo in cui la produzione di acciaio veniva considerata un indicatore universale di buona salute economica di un Paese. Il PIL risulta tuttavia un misuratore impreciso in quanto, per esempio, mette allattivo anche gli esborsi monetari per riparare le catastrofi derivanti dal malgoverno del territorio o vede in un terremoto che distrugge una citt un arricchimento collettivo. Gi nel lontano marzo del 1968 Robert Kennedy pronunciava, presso l'Universit del Kansas, un discorso nel quale evidenziava -tra l'altro- l'inadeguatezza del PIL come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate. Tre mesi dopo veniva ucciso durante la sua campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a divenire Presidente degli Stati Uniti d'America.
Non troveremo mai un fine per la nazione n una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, n i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicit delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualit della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidit dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onest dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto n della giustizia nei nostri tribunali, n dell'equit nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura n la nostra arguzia n il nostro coraggio, n la nostra saggezza n la nostra conoscenza, n la nostra compassione n la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ci che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Pu dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.(Robert Kennedy).

Da tempo gli economisti cercano unalternativa al PIL. Il dibattito ha fruttato una ricca letteratura economica e si ampliato con il diffondersi di movimenti no e new global a cavallo del 2000. Le proposte lanciate sono state molte. Nel gennaio 2008, il presidente francese Nicolas Sarkozy incaric una commissione, composta da una trentina di economisti di rilevanza mondiale e presieduta dai premi Nobel Joe Stiglitz e Amartya Sen, di studiare e proporre alternative al Pil. Il lungo rapporto conclusivo stato presentato nel settembre 2009. Il risultato deludente per coloro che si aspettavano un nuovo indicatore sintetico che sostituisse completamente il Pil. Le attese erano forse eccessive: ci si aspettava una nuova misura semplice e diretta come il Pil ma allo stesso tempo pi complessa, per cogliere i tanti aspetti prodotti e non prodotti che influenzano il nostro benessere. La commissione ha, invece, dato dodici raccomandazioni piuttosto generali: il benessere materiale deve essere valutato al livello di nucleo familiare, tenendo in considerazione il reddito e il consumo e non tanto la produzione come accade ora con il Pil. Si deve dare una maggiore enfasi alla 30

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distribuzione del reddito, del consumo e della ricchezza: un aumento medio non corrisponde per forza a un aumento per tutti, come Trilussa gi notava a inizio Novecento. La commissione chiede, inoltre, di estendere la misura ad attivit non di mercato. Questo punto riguarda il calcolo delle attivit e servizi in famiglia, per esempio la cura degli ammalati e degli anziani, un tema sempre pi di attualit. Raccomanda, inoltre, di prendere in considerazione la multidimensionalit della misura del benessere che tocca le condizioni economiche ma anche leducazione, la salute, la qualit della democrazia, le reti sociali, lambiente, la sicurezza. Una gran parte del rapporto si occupa poi delle questioni di sostenibilit ambientale per misurare la crescita al netto della distruzione di risorse e i rischi del cambiamento climatico.

2.9 Lindice di Sviluppo Umano


Si evidenziato che il PIL un indicatore di crescita, ma non d alcuna notizia circa lo sviluppo di un paese, che pu avere crescita, ma non sviluppo. Lindicatore che permette di valutare il tenore di vita e quindi il grado di benessere lIndice di sviluppo umano (ISU), proposto per la prima volta nel 1990 dal Programma delle nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP). Lindice si costruisce considerando sia il PIL pro capite, sia parametri nuovi quali lalfabetizzazione della popolazione adulta e la durata media della vita. Secondo i dati recentemente pubblicati, nel 2010 il valore dellindice per lItalia era 0,854, minore dello 0,885 della Germania e dello 0,902 degli Stati Uniti. Rispetto a questi due paesi, un reddito pro capite da noi pi basso viene in parte compensato da una speranza di vita pi alta. La graduatoria e le distanze fra i tre paesi che si evincono dallindicatore dipendono tuttavia crucialmente dal fatto che alle sue tre componenti viene attribuito lo stesso peso. Molto spesso la difficolt di optare per un indicatore oggettivo del livello di benessere (come il PIL o lISU) ha indirizzato la ricerca verso misure soggettive, basate su questionari e quindi, sulla valutazione individuale: si chiede alle persone quanto siano soddisfatte della vita che conducono. Questo tipo di domanda appare anche nellEurobarometro, un sondaggio di opinione condotto dalla Commissione europea fin dagli anni Settanta tra i cittadini della comunit. La quota di italiani che si dichiarano abbastanza o molto soddisfatti cresce dal 58 per cento nel 1975 all80 nel 1991; da allora oscilla intorno a un trend costante. Questa dinamica allineata con quella del PIL pro capite fino alla met degli anni Novanta; dopo, lindice di soddisfazione piega verso il basso, pi della decelerazione del prodotto per abitante. Non agevole spiegare questa divergenza. Essa potrebbe riflettere il paradosso di Easterlin, secondo cui la crescita del reddito, oltre un certo livello, cessa di associarsi a un aumento del benessere soggettivo; ma la validit empirica di questa ipotesi controversa; inoltre, il fenomeno osservabile solo in Italia fra i maggiori paesi europei. Gli indicatori di percezione soggettiva della qualit della vita hanno un valore informativo autonomo rispetto alle misure quantitative di reddito e ricchezza; certamente eccessivo dire che essi soli costituiscano una misura attendibile del progresso umano. Come le preferenze nei consumi possono essere influenzate da fattori esterni, quali la pubblicit, cos le valutazioni individuali sul grado di soddisfazione possono non rivelare alienazione, frustrazione: possono essere il frutto di una rassegnata, ma errata convinzione che non possa esistere un mondo pi desiderabile, se conosciuto. La politica economica che deve rispondere alle vere aspirazioni dei cittadini non pu non tenere conto di tutti gli indicatori: soggettivi, oggettivi. Nel grafico che segue viene confrontato landamento del PIL pro-capite con la quota percentuale di persone

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soddisfatte della propria vita. Da esso si rileva che al crescere del PIL non corrisponde sempre una crescita della soddisfazione della propria vita.

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CAPITOLO III

POLITICA ECONOMICA, DEBITO & DEFICIT PUBBLICO

3.1 Introduzione
Accanto alle politiche di sostegno alla crescita economica, i governi mirano ad avere bilanci in attivo e a ridurre il debito pubblico.

3.2 Il bilancio pubblico: deficit e avanzi

Il bilancio pubblico il documento giuridico contabile previsto dall'art. 815 della Costituzione da approvare con scadenza annuale che evidenzia il bilancio (entrate verso uscite) di tutti gli enti e le amministrazioni pubbliche (Stato, Regioni, Province e Comuni). Tale documento contabile essenziale in quanto attraverso il bilancio che si attuano le scelte operate dal governo circa gli obiettivi di politica economica. Il bilancio dello Stato pu essere anche in versione pluriennale se si riferisce ad un arco temporale pi lungo (in Italia un triennio) o di previsione se riporta le entrate e le uscite previste nellarco temporale considerato. Il bilancio di consuntivo se registra le uscite e le entrate gi effettuate. Come tutti i bilanci, quello pubblico registra: Entrate Uscite Saldo

Le entrate del bilancio sono suddivise in categorie: Imposte dirette, ossia le imposte prelevate sul reddito e sul patrimonio, si applicano -sul reddito delle persone fisiche (Irpef) -sul patrimonio delle imprese (Irap6) I redditi personali soggetti al regime d'imposta Irpef sono tutte le entrate economiche derivanti da:
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Le camere approvano ogni anno i bilanci ed il rendiconto consuntivo presentati dal governo. Lesercizio provvisorio del bilancio non pu essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. 6 Imposta regionale sulle attivit produttive.

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- attivit di lavoro dipendente - attivit di lavoro autonomo e dimpresa - pensioni e assegni assimilabili - immobili (terreni, edifici, appartamenti, ...) - redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze). Al reddito complessivo (imponibile) si applicano le aliquote di imposta progressive secondo il sistema a scaglioni. Per il 2011 sono previsti cinque scaglioni di reddito con unaliquota che varia dal 23% al 43%.
Scaglioni di reddito da 0 a 15.000 euro da 15.000,01 a 28.000 euro da 28.000,01 a 55.000 euro da 55.000,01 a 75.000 euro oltre 75.000 euro Aliquota 23% 27% 38% 41% 43% 23% del reddito 3.450 + 27% sulla parte eccedente i 15.000 euro 6.960 + 38% sulla parte eccedente i 28.000 euro 17.220 + 41% sulla parte eccedente i 55.000 euro 25.420 + 43% sulla parte eccedente i 75.000 euro Irpef lordo 2011

Imposte indirette, colpiscono la ricchezza nel momento in cui viene trasferita (es. la vendita di un bene) o viene consumata (es. fruizione di un servizio o di una prestazione) o viene prodotta . Esempi di imposte indirette sono: - le imposte sul consumo (Iva) - le imposte sulla produzione (Accise) - le imposte di registro - le imposte catastali - le imposte ipotecarie - le imposte di bollo Contributi sociali (che rappresentano circa 1/3 del totale entrate) sono dei tributi pagati dai lavoratori e dai datori di lavoro per finanziare il sistema di sicurezza sociale (pensioni, sussidi di disoccupazione e assegni familiari). Altre entrate correnti (ad esempio proventi delle lotterie e dei giochi)
Figura 7 Pressione Fiscale in alcuni Paesi Europei. Anni 2003-2007, incidenza percentuale sul PIL

Fonte: ISTAT, 2009.

Nel linguaggio corrente i termini tassa e imposta vengono spesso utilizzati in modo equivalente, ma in realt, in sede giuridica, tali espressioni individuano tributi tra loro molto diversi. 34

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La tassa un tributo che il singolo soggetto tenuto a versare quale corrispettivo per la prestazione a suo favore di un servizio offerto da parte di un ente pubblico. Si basa cio sul principio della controprestazione. A titolo esemplificativo si possono menzionare la tassa per la raccolta dei rifiuti, la tassa scolastica, tasse portuali ed aeroportuali, la tassa sulle concessioni governative, la tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche ecc. L'imposta un tributo o prelievo coattivo di ricchezza non connesso ad una specifica prestazione da parte dello Stato o degli altri enti pubblici. LIVA o le imposte sul reddito ne sono un esempio. Tra le voci uscita rientrano: la spesa pubblica i trasferimenti gli interessi La spesa pubblica (G) consiste nelle spese sostenute per la produzione di servizi pubblici non destinabili alla vendita, quali listruzione, la sanit, la difesa nazionale, e la spesa per stipendi pagati ai dipendenti pubblici. In questa categoria di uscite sono inclusi anche gli investimenti pubblici (opere stradali, dighe, porti e ponti). I trasferimenti sono pagamenti effettuati dallo Stato a favore di famiglie e imprese, in cambio dei quali le pubbliche amministrazioni non ricevono alcun bene o servizio. Le principali componenti della spesa per trasferimenti sono le prestazioni sociali ossia lerogazione di pensioni, interventi di sostegno al reddito, sussidi di disoccupazione, assegni familiari. Gli interessi sono quelli che si formano sul debito pubblico, che devono essere pagati dallo Stato ai detentori di titoli di debito pubblico. La spesa per gli interessi corrisposti ai detentori dei titoli statali viene indicata come servizio del debito. Il saldo del bilancio pubblico la differenza fra entrate ed uscite. Da esso si rileva la situazione dei conti pubblici, per cui se le uscite pubbliche superano le entrate pubbliche lo Stato presenta un deficit o disavanzo; se le uscite pubbliche sono inferiori alle entrate pubbliche lo Stato presenta un avanzo o surplus. Fra le uscite non vengono contabilizzati i trasferimenti (TR) che vengono direttamente decurtati dalle tasse. In termini ufficiali si distingue fra il deficit in senso stretto dato da:
deficit = uscite entrate = spesa pubblica + interessi nominali sul debito passato - entrate = G + i Bt -1 T > 0

E il deficit primario, ossia il disavanzo che non include gli interessi nominali sul debito passato:
deficit primario = spesa pubblica - entrate = G T > 0

I due concetti di deficit forniscono informazioni differenti: il deficit primario ci dice se le amministrazioni pubbliche sono in grado di far fronte al costo dei propri programmi correnti di 35

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spesa. Il deficit in senso stretto, includendo i pagamenti per interessi, presenta sia la situazione delle spese correnti che di quelle passate finanziate con lindebitamento. Per valutare la situazione effettiva delle finanze pubbliche bisogna distinguere fra i deficit causati da andamenti sfavorevoli del ciclo economico (deficit congiunturali) e i deficit di natura strutturali vale a dire i disavanzi che leconomia registra in condizioni di pieno impiego. Mentre i primi rappresentano un problema meno grave, i secondi, se elevati, costituiscono un serio pericolo per le economie.

3.3 Differenza fra debito pubblico e deficit pubblico


Fra debito pubblico e deficit pubblico esiste una importante distinzione, il deficit pubblico (che una grandezza di flusso) la differenza fra le uscite e le entrate delle amministrazioni pubbliche in un dato anno. Il debito pubblico (che una grandezza di stock) il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o soggetti stranieri, che hanno sottoscritto obbligazioni (come BOT e CCT) destinate a coprire il fabbisogno finanziario statale. In breve, il debito rappresentato dal valore dei titoli emessi dalle amministrazioni pubbliche ed costituito dalla somma del deficit di bilancio del periodo attuale pi gli interessi che si stanno pagando per i titoli emessi nei periodi precedenti allo scopo di finanziare i precedenti disavanzi di bilancio. Leredit dei disavanzi del passato quindi consiste in un maggior debito corrente. Il debito pubblico in Italia viene contratto a livello nazionale dal Governo Centrale, a livello locale dagli organi amministrativi regionali, provinciali e comunali. Appare chiaro che, se anno dopo anno, il bilancio dello Stato chiude sempre con un deficit, ossia le uscite (spesa pubblica) superano sempre le entrate (essenzialmente gettito fiscale), alla fine viene a realizzarsi una situazione insostenibile, pari a quella di un individuo che sistematicamente spende pi di quanto guadagna ed quindi costretto ad indebitarsi con un meccanismo a spirale. In termini analitici, il deficit relativo ad un qualsiasi anno equivale alla variazione del debito registratosi in quello stesso anno rispetto allanno precedente. Se definiamo con Bt7 il debito pubblico nellanno t e con Bt-1 il debito pubblico nellanno t-1, il deficit dato dalla variazione fra il debito nei due periodi:
Deficit = Bt Bt 1 = Bt

(3.0)

per cui possiamo riscrivere lequazione del deficit come:


Bt Bt 1 = Gt Tt + 1 4 24 3 1 4 2 4 3
deficit deficit primario

i Bt 1 123
int eressi sul debito

(3.1)

Spostando il termine Bt-1 sul lato destro dellequazione otteniamo il livello del debito pubblico corrente:
Bt = Gt Tt + { 1 4 2 4 3
debito deficit primario

debito passato + int eressi sul debito

( 1 + i ) Bt 1 14 4 243 4

(3.2)

B deriva dallinglese Bond. Il bond unobbligazione, un titolo emesso da persona giuridica che contrae un prestito per un ammontare e data determinati, garantendo un rendimento a chi lo acquista e la restituzione della somma alla scadenza.

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3.4 Perch gli Stati si indebitano


Storicamente gli Stati si sono indebitati per finanziare le guerre, ad esempio nel 1800 la Francia si indebit per sostenere le spese belliche napoleoniche, in Italia il debito crebbe nella seconda met dell 800 per realizzare lunificazione del 1861, e proprio in quel periodo venne stilato il Grande Libro del Debito Pubblico in cui si riportavano le posizioni debitorie italiane. Gli Stati si sono indebitati inoltre per effettuare spese straordinarie, ossia finanziare grandi opere pubbliche. Il debito moderno causato prevalentemente da spese ordinarie, scarso rigore delle Amministrazioni Pubbliche che causa significativi sprechi, evasione fiscale, costi della politica e sostegno delle aziende in crisi (caso Alitalia). Le conseguenze del debito sono notevoli in quanto si riducono le risorse per finanziare scelte strategiche quali investimenti in ricerca, scuola, infrastrutture, aumenta la pressione fiscale, si registra un possibile calo nel rapporto quantit/qualit dei servizi erogati, peggiorano le valutazioni delle agenzie di rating, aumenta la disoccupazione (S I Y u), il debito rappresenta inoltre un onere a carico delle generazioni future.

3.5 Landamento del rapporto debito/PIL e deficit/PIL


Dal momento che i paesi caratterizzati da un reddito nazionale pi alto dispongono di maggiori risorse con cui far fronte al proprio debito pubblico e ai pagamenti per interessi su di esso, unutile misura dello stato di indebitamento di un paese il rapporto fra lo stock di debito pubblico e il prodotto interno lordo (PIL). Questo permette di rilevare in maniera pi immediata se il debito pubblico troppo elevato. Infatti se due paesi, A e B, registrano lo stesso livello di debito es. 15 milioni di euro, ma PIL differenti ad esempio PILA=300 milioni di euro e PILB=10 milioni di euro i rispettivi rapporti debito/PIL percentuali sono 5% e 150%, per cui mentre il debito del paese A contenuto quello del paese B eccessivo. Allo stesso modo pi utile valutare il rapporto deficit/PIL rispetto al solo livello del deficit. Landamento dei rapporti debito/PIL e deficit/PIL stato alla base della definizione dei criteri di Maastricht. In particolare il Trattato di Maastricht del 1992 stabiliva che per entrare a far parte dellUnione monetaria i paesi dovessero avere un rapporto debito/PIL inferiore al 60% e allo stesso tempo un rapporto deficit/PIL sotto il 3%. Successivamente col trattato di Amsterdam del 1997 e ladozione del Patto di Stabilit, i due criteri che si configuravano come condizioni di entrata sono diventati condizioni vincolanti che devono essere rispettate in maniera permanente. Ai paesi che superano il limite del 3% e non attuano rapidamente misure correttive si applicano le sanzioni previste dallEcofin8. Queste consistono in un deposito infruttifero pari allo 0,5% del PIL. Se la violazione perdura per oltre due anni il paese perde definitivamente il deposito. Le sanzioni non si applicano solo se il paese supera il limite del 3% a seguito di una recessione particolarmente grave.

Con il termine Ecofin si indica il Consiglio Economia e Finanza formato dai Ministri dell'Economia e delle Finanze dei 27 stati membri dell' Unione Europea riuniti in seno al Consiglio dell'Unione Europea. L'Ecofin si riunisce una volta al mese a Bruxelles o a Lussemburgo; e inoltre si riunisce in via informale, una volta ogni sei mesi nel paese che in quel momento detiene la presidenza del Consiglio dell'UE. L'Ecofin ha il compito di preparare e adottare ogni anno, insieme al Parlamento europeo, il bilancio dell'Unione europea e inoltre si occupa di monitorare le politiche di bilancio e le finanze pubbliche dei Paesi membri, coordinare le politiche economiche, sorvegliare la situazione economica e landamento dei mercati finanziari e, infine, si occupa delle relazioni economiche con i paesi terzi.

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Per valutare analiticamente il rapporto debito/PIL, dividiamo entrambi i lati dellequazione 3.2 per la produzione reale Yt, si ottiene:
Bt G Tt ( 1 + i ) Bt 1 = t + Yt Yt Yt

(3.3)

moltiplicando e dividendo per il PIL dellanno passato, Yt-1, lultimo termine della (3.3) si ottiene:
Bt G Tt Y ( 1 + i ) Bt 1 = t + t 1 Yt Yt Yt 1 Yt

(3.4)

Indicando con g il tasso di crescita della produzione, Inoltre, utilizzando lapprossimazione precedente come:

Yt 1 Yt

pu essere scritto come

1 1+ g

1+ i =1+ i g 1+ g

possiamo scrivere lequazione

Bt G Tt B = t + ( 1 + i g ) t 1 Yt Yt Yt 1

(3.5)

Questa equazione indica i fattori che influenzano il debito pubblico: il disavanzo primario (se G-T>0, il debito pubblico aumenta, se invece G-T<0 il debito pubblico diminuisce); il tasso di interesse (i) sul debito passato (tassi di interessi pi elevati rispetto al tasso di crescita del PIL implicano un aumento del debito corrente); il tasso di crescita della produzione (maggiore il tasso di crescita del PIL, g, rispetto ad i, minore il debito corrente).
Box 4 Il debito e deficit pubblico in Italia

LItalia ha registrato tre periodi di debito pubblico elevato. Negli ultimi decenni dell 800 il debito (in rapporto al PIL) fu alimentato dallo sforzo dellunificazione dellItalia (1861), ma in seguito, la rapida crescita economica degli anni dei governi Giolitti lo ridusse rapidamente. Il debito crebbe di nuovo a a durante la 1 guerra mondiale e poi durante la 2 e in effetti i debiti sono stati storicamente causati dai conflitti bellici, proprio per le ingenti spese di guerra e in armamenti sostenute. Negli ultimi anni 70 il rapporto debito/PIL italiano crebbe di nuovo raggiungendo anche valori del 120%, questa volta per il debito fu causato da un aumento della spesa sociale (pensioni, sanit, istruzione) non finanziato da un parallelo aumento delle imposte. necessario il trattato di Maastricht nel 1992 e la pressione esercitata dalle condizioni di ammissione allUnione economica e monetaria, perch il debito ritornasse su valori pi contenuti, dellordine del 105%. Le proiezioni attuali mostrano che la riduzione del debito/PIL italiano proseguir nei prossimi anni, anche se la velocit del rientro strettamente legata allandamento della crescita economica nazionale. Secondo i dati Eurostat, l'Italia ha chiuso il 2006 con un debito pubblico al 106,5% del PIL e un deficit al 4,4% del PIL. Nella zona euro e nei Ventisette il disavanzo sceso, rispetto al 2005: in Eurolandia passato dal 2,5% all'1,6% lo scorso anno, mentre nell'UE nel suo insieme dal 2,4% all'1,7%. Nel 2006 - scrive l'Ufficio europeo di statistica - i disavanzi maggiori rispetto al PIL sono stati registrati da Ungheria (-9,2%), Italia (-4,4%), Polonia e Portogallo (entrambi -3,9%) e Slovacchia (-3,4%). Undici paesi hanno invece concluso il 2006 in surplus, in testa Danimarca (+4,2%) e Finlandia (+3,9%). A seguire poi Estonia (+3,8%), Bulgaria (+3,3), Irlanda (+2,9%), Svezia (+2,2) Spagna (+1,8%), Paesi Bassi (+0,6%), Lettonia (+0,4%), Belgio (+0,2%) e Lussemburgo (+0,1%). In tutto - scrive ancora Eurostat - 22 paesi membri hanno registrato un miglioramento del

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Appunti di Politica Economica

deficit, rispetto al 2005, solo in 5 stati stato osservato un peggioramento. Nel 2007 il debito pubblico si attestato a 103,5% del PIL per poi tornare a salire negli anni successivi.
Debito Pubblico Anni 1998-2011, incidenza percentuale sul PIL.
120 114.9 115 115.8 118.2 118.9

110 valori % 105 105.8 106.5 103.5 106.1

100

95 1998 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Fonte: Elaborazioni su dati Commissione Europea, 2010. Stime per glianni 2010-2011

Landamento di lungo periodo del rapporto debito/PIL italiano mostrato nel seguente grafico.
Andamento del Debito/PIL italiano 1984-2007
130 120 110 100 % 90 80 70 60 50
19 84 19 85 19 86 19 87 19 88 19 89 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07

Per quanto riguarda il rapporto deficit/PIL lItalia ha superato il limite previsto dal trattato di Stabilit e Crescita.
Deficit Pubblico Anni 2006-2011, incidenza percentuale sul PIL.
6 5 4 Valori % 3 2 1 0

5.3

5.3

3.3 2.7 1.5

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Fonte: Elaborazioni su dati Commissione Europea, 2010. Stime per glianni 2010-2011

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3.6 Perch si deve ridurre il debito


L'esigenza di tenere sotto controllo l'espansione del debito pubblico ha due principali motivazioni. La prima risiede nel fatto che lindebitamento dello Stato provoca un trasferimento dellonere del rimborso sulle future generazioni di contribuenti, si parla di trasmissione intergenerazionale del debito. Le generazioni future potrebbero perci subire i contraccolpi di un elevato indebitamento pagando pi tasse e beneficiando di minori servizi. La seconda connessa al fatto che il debito e i deficit producono effetti macroeconomici negativi. Il deficit pubblico, in altri termini un risparmio pubblico negativo, provoca una contrazione degli investimenti e un aumento dei tassi di interesse. Minori investimenti, a loro volta, conducono a una minore disponibilit di capitale e, in conseguenza, una contrazione della produttivit del lavoro e della produzione di beni e servizi delleconomia.
Box 5 I PIGS

Il termine PIGS stato utilizzato a partire dagli anni novanta dagli analisti economici come acronimo dispregiativo (Pigs in inglese significa maiali) per indicare quattro paesi dell'Europa meridionale: Portogallo, Italia, Grecia e Spagna con cattive situazioni economico-finanziarie. C' anche chi inserisce nella categoria, se cos si pu definire, l' Irlanda, un tempo tigre celtica, oggi nazione dall' economia un po' malmessa, per cui il termine diventerebbe PIIGS. Fatto sta che i Pigs, nella formazione ristretta o allargata che sia, con la crisi economica stanno registrando un debito pubblico in veloce risalita e un rapporto deficit-pil in progressiva crescita. C' un parametro cui gli addetti ai lavori guardano per indagare la salute dei PIGS: lo spread, cio la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato dei paesi in questione e i bund tedeschi. Pi la forbice si apre maggiore il rischio di default dei Paesi. A marzo 2011 lo spread dei bond decennali ellenici con il bund tedesco salito a 963 punti, vicino al record di 974 punti del 7 gennaio. A ruota segue il rendimento dei titoli decennali irlandesi con 617 punti di spread, i rendimenti portoghesi con uno spread pari a 439 punti e quello dei bond spagnoli con 218 punti di spread. Pi contenuto l'impatto sui titoli italiani, con 168 punti di spread.

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3.7 Strumenti per ridurre il debito pubblico elevato


Se il rapporto debito/PIL raggiunge un livello troppo elevato la situazione economica pu degenerare a tal punto che si sfocia in una crisi finanziaria, come quella greca del 2010. Per quanto riguarda il nostro Paese, il debito pubblico tra i pi alti al mondo, arrivando alla gigantesca cifra di circa 1850 miliardi di euro, pari a oltre 30 mila euro per ciascun cittadino nel 2010. Le opzioni che ha un governo per ridurre o stabilizzare il rapporto debito/PIL sono: generare avanzi primari sufficientemente ampi. A questo scopo il governo pu tagliare le spese, oppure aumentare le imposte; promuove pi crescita economica; ripudiare il debito pubblico, interamente o anche parzialmente, questo significa che il governo cancella il debito in essere, oppure che introduce imposte sui titoli pubblici che non erano previste quando gli investitori avevano acquistato i titoli; attuare una politica di signoraggio, ossia stampare moneta ricorrendo al finanziamento monetario della banca centrale Generare avanzi primari la strada pi virtuosa per ridurre un elevato debito pubblico. Tuttavia anche la pi ardua. Tagliare le spese politicamente costoso, e a volte non socialmente proponibile; imporre nuove tasse una scelta impopolare ed esiste comunque un limite massimo al carico tributario, oltre il quale il costo (soprattutto politico) dellesazione di maggiori imposte diventa troppo alto. Per incamerare pi introiti soprattutto in Italia, si sono fatte una serie di proposte: il policy maker potrebbe innanzitutto condurre una dura lotta contro levasione. Il nostro Paese, infatti, al primo posto in Europa, con il 54,5 per cento del reddito imponibile evaso (in crescita del 10,1 per cento, nei primi 11 mesi del 2010). Le imposte sottratte allerario ammontano a 159 miliardi di euro lanno. E proprio dalla lotta agli evasori, con tutte le difficolt che comprende una tale operazione, potrebbe provenire una somma da destinare allabbassamento del debito. Per generare avanzi primari si poi proposto di tassare i redditi da capitale (interessi su titoli, conti correnti e dividendi su azioni) oltre la media attuale del 12,5 per cento. Tuttavia, tassando le rendite finanziarie si andrebbe a colpire anche quella forma di investimento con funzione previdenziale adottato dalle fasce medio - basse, visto che gran parte dei titoli di Stato (oltre il 40 per cento) e di azioni, fondi comuni e altri titoli (oltre il 30 per cento) in mano di famiglie che fanno capo a un impiegato e un operaio. Inoltre si proposta la patrimoniale su tutte le famiglie o sui cittadini pi ricchi. Listituzione di una imposta patrimoniale (per tutti) stata avanzata dallex premier Giuliano Amato. Secondo Amato, lo Stato dovrebbe prelevare in media a ogni italiano (a seconda del patrimonio) circa 10.000 euro (pari a un terzo del debito pubblico pro capite) e in modo graduale, al fine di abbassare il debito dal 118% all80% del Pil. Questa ipotesi, oltre che un pesante costo politico per chi la varasse, trova per una contestazione di merito: chi ci garantisce che, una volta pagata questa sovrattassa, il debito non torni a salire? Secondo Susanna Camusso, leader della Cgil occorre varare una patrimoniale sulle grandi ricchezze per mettere il Paese al riparo dalla speculazione finanziaria, accanto a una riforma fiscale che riesca a ridare fiato innanzitutto ai redditi da lavoro dipendente e alle pensioni. Ma c anche chi ha rilevato come questa proposta sia inattuabile, perch spesso i patrimoni intestati fisicamente alle persone con un reddito di fascia alta risultano minimi e occorrerebbe un preciso vaglio su tutte le societ (spesso allestero) che possono essere ricondotte ai medesimi soggetti e non solo sulle persone fisiche. Una strada alternativa pu esser quella della maggior crescita che ha il pregio di aumentare il PIL e quindi di aumentare il denominatore della frazione riducendo il debito percentuale. 41

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Infatti a parit di debito, ma a PIL crescente il debito percentuale diminuisce. Ma a parte il debito, la crescita pu influire su un altro parametro che sta a cuore ai tutti i paesi, ovvero la riduzione della disoccupazione. Unaltra via che il governo pu perseguire quella di convincere la banca centrale a stampare moneta e finanziare il disavanzo tramite signoraggio. Laumento dellofferta di moneta, tuttavia porta ad un aumento del tasso di inflazione che potrebbe risultare vorticoso. Linflazione se da un lato erode il valore della moneta posseduta dai cittadini e riduce il valore reale dei titoli di Stato da loro posseduti, dall altra favorisce la condizione del debitore e quindi quella dello Stato. Infine il governo pu adottare una soluzione pi traumatica, ripudiando totalmente o parzialmente il debito pubblico, ossia non rimborsando o rimborsando solo minimamente i titoli di Stato. Lesito di questa soluzione principalmente una rottura del rapporto di fiducia fra il governo e i cittadini, i quali potrebbero essere non pi disposti a sottoscrivere ulteriore debito pubblico. Casi di insolvenza e conseguente ripudio del debito si sono verificati, in tempi pi o meno recenti, in Spagna e Argentina. La Spagna dichiar bancarotta per 16 volte fra met ottocento e il novecento. Nel 2001 il governo argentino ha rifiutato di pagare i detentori di titoli ed ha tolto al pesos argentino corso legale. Con questo atto l'Argentina, rifiutandosi di pagare i vecchi creditori, ha azzerato il debito pubblico nella vecchia valuta. Dopo la bancarotta il Paese ha attraversato un periodo molto difficile, oggi si sta risollevando e i bond argentini hanno di nuovo un largo mercato nelle borse internazionali.

3.8 Il livello di tassazione: la curva di Laffer

Nei Paesi democratici esiste un dibattito sulle modalit di prelievo e sull'impiego delle tasse. Le tasse servono a ripagare il debito pubblico, finanziare servizi come scuole, sanit, assistenza. Alcuni Paesi hanno adottato un sistema di flat tax, ad aliquota unica o con poche aliquote per le principali imposte. Alcuni ritengono che la semplificazione fiscale, la riduzione delle aliquote riducano l'elusione e l'evasione e al limite che, in base alla curva di Laffer, un'aliquota unica, opportunamente scelta, massimizzi il gettito fiscale. Altri ritengono l'aliquota unica e la riduzione degli scaglioni profondamente iniqua verso i ceti medi e contro il principio di progressivit del prelievo fiscale, affermato in varie Costituzioni. La curva di Laffer una curva a campana che mette in relazione l'aliquota di imposta t (asse delle ascisse) con le entrate fiscali T (asse delle ordinate) (vedi figura seguente) che l'economista dell'University of Southern California impieg per convincere l'allora candidato repubblicano alle presidenziali del 1980, Ronald Reagan, a diminuire le imposte dirette. Laffer ipotizz che esiste un livello del prelievo fiscale oltre il quale l'attivit economica non pi conveniente, il gettito diminuisce fino ad azzerarsi se il prelievo raggiunge il 100% del reddito, e quindi che le due grandezze sono legate da una curva continua a forma di campana. In particolare, spostandosi verso destra, all'aumentare delle aliquote, il gettito dapprima cresce (tratto t0 Tmax), una volta raggiunto il massimo, inizia a decrescere (tratto Tmax tmax). In particolare si pu verificare che si riesce ad avere lo stesso gettito (T1) con aliquote diverse, in particolare t1 <t3. La spiegazione semplice: all'aumentare dell'aliquota, poich il debito di imposta aumenta, il beneficio di cui un soggetto gode lavorando per un'ora al netto di imposta si riduce sempre di pi. 42

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Figura 8 La curva di Laffer

In altri termini, secondo Laffer esisteva un'aliquota t* che massimizzava il gettito fiscale Tmax, oltre Tmax un aumento delle imposte avrebbe disincentivato l'attivit economica e quindi ridotto il gettito, in misura crescente, fino al punto in cui il prelievo fiscale, se raggiungesse il 100%, causerebbe l'azzeramento del gettito. noto l'andamento qualitativo della curva, mentre esiste un dibattito fra economisti riguardo al valore dell'aliquota che ottimizza le entrate pubbliche. La riduzione del gettito a sua volta interpretabile come cessazione delle attivit economiche a causa di una pressione fiscale eccessiva, o come aumento dell'evasione ed elusione fiscale. Oltrepassata laliquota ottimale t* il gettito fiscale tende a diminuire per tre fenomeni: evasione, elusione, sottrazione. Levasione consiste nel dichiarare un imponibile minore rispetto a quello reale con lo scopo di pagare meno imposte. Lelusione consiste nel truccare la natura delloperazione con lo scopo di beneficiare di minori imposte. A differenza dellevasione lelusione non si presenta come illegale; essa infatti formalmente rispetta le leggi vigenti, ma le aggira nel loro aspetto sostanziale frustrando il motivo per il quale sono state approvate. Ad esempio, se le imposte sulla vendita di un immobile sono del 35% e quelle sulla vendita di azioni del 20%, il possessore dell'immobile pu conferirlo in una societ per azioni al solo scopo di vendere poi le azioni della societ proprietaria dell'immobile con fortissimo risparmio fiscale. Qui l'elusione sta nell'utilizzazione dello strumento societ per azioni non per svolgere un'attivit d'impresa, ma solo per trasferire la propriet sostanziale dell'immobile, infatti in questo caso l'acquirente delle azioni in realt ha acquistato l'immobile, ma in questo modo il venditore ha beneficiato di un'aliquota impositiva fortemente ridotta. La sottrazione consiste nel sottrarre limponibile dalla tassazione eliminandolo o spostandolo. l'effetto di cui gli economisti della supply side economics (cio politica dellofferta) pi si preoccupavano. Lofferta composta dalla produzione delle imprese, il reddito derivante dallallocazione di tale produzione soggetto ad imposta. Per sottrarre limponibile necessario non produrre pi questo reddito, o produrlo altrove. In entrambe i casi leffetto un calo della produzione globale e cio della crescita del paese in questione.

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Alcuni fiscalisti, in base a questa curva, propongono il ritorno ad un sistema di tassazione ad aliquota unica (flat-tax), pari al valore ottimo che massimizza il gettito fiscale. Il problema, per, duplice: 1. La flat-tax, dove tutti pagano la stessa aliquota, appare ingiusta, in quanto obbliga i meno abbienti a pagare in proporzione quanto i ricchi. 2. Calcolare a priori quale sia l'optimum per un dato sistema fiscale richiede una conoscenza troppo dettagliata delle psicologie individuali, ossia quanto ognuno ritiene "giusto" pagare, e non detto che un sistema ad aliquota unica sia pi valido di uno a pi aliquote. Gli USA si trovavano nel 1980, secondo Laffer e secondo gli economisti della supply side economics, a destra del punto t*, e pertanto una riduzione delle aliquote avrebbe prodotto un aumento dell'attivit economica e quindi delle entrate fiscali. Mancava tuttavia una qualsiasi evidenza empirica di tale tesi. Quando il presidente USA Ronald Reagan ridusse le imposte, coerentemente con le previsioni, le entrate fiscali diminuirono in rapporto al Pil, e avendo contemporaneamente aumentato spropositatamente la spesa pubblica, esplose il deficit pubblico degli Stati Uniti. Va precisato tuttavia che l'esplosione della spesa pubblica non ha niente a che fare con la curva di Laffer e che, in valore assoluto, le entrate fiscali sono in effetti aumentate in quel periodo. Altri economisti sono scettici e sostengono che questa teoria non abbia avuto nessuna conferma empirica. Il premio Nobel per l'economia Joseph E. Stiglitz l'ha definita, nel suo libro I ruggenti anni Novanta, "una teoria scarabocchiata su un foglio di carta".

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CAPITOLO IV

IL RUOLO DELLO STATO NELLECONOMIA

3.1 Introduzione
Il ruolo che deve rivestire lo Stato in Economia stato soggetto ad ampi dibattiti. Generalmente si distinguono due visioni diametralmente opposte, la visiona liberista e quella interventista. Fanno parte della VISIONE LIBERISTA: la scuola classica (Adam Smith) la scuola neoclassica (Friedman, Lucas, Alesina, Giavazzi) Fanno parte della VISIONE INTERVENTISTA: la scuola Keynesiana la scuola neo-Keynesiana (Modigliani, Minky, Stigliz)

3.2 La visione liberista e il pensiero classico


Il liberismo la dottrina economica del pensiero filosofico e politico liberale. Il principio economico liberista si ispira alla cosiddetta mano invisibile di Adam Smith secondo cui i privati perseguendo i propri interessi individuali realizzano indirettamente linteresse della collettivit. In particolare, le relazioni economiche tra privati sono regolate dalla legge economica della domanda e dellofferta e il meccanismo dei prezzi di mercato garantisce che non rimangano risorse inutilizzate e permette il contemporaneo raggiungimento dellequilibrio in tutti i mercati (beni, lavoro e capitale). Ci reso possibile dalla flessibilit dei prezzi, ossia dal fatto che questi ultimi variano con una rapidit sufficiente a riportare in equilibrio i mercati in situazioni di eccesso di domanda e offerta. Si ricordi che per domanda di un bene si intende la quantit richiesta di un certo bene da parte della collettivit a un dato prezzo e in un determinato momento. Per offerta di un bene si intende la quantit di prodotto offerta dalle imprese alle famiglie a un certo prezzo in un dato momento. La domanda collettiva varia in funzione inversa del prezzo (se il prezzo aumenta la domanda diminuisce e viceversa). Lofferta varia in funzione diretta del prezzo. Da un punto di vista grafico la domanda e lofferta nel mercato dei beni si rappresenta come segue:

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Figura 9 Equilibrio fra domanda e offerta di mercato

Prezzo unitario

QS
P1 Equilibrio

P*

P2

QD

Q*

Quantit

Il meccanismo di mercato agisce in maniera tale che i prezzi tendono ad aggiustarsi finch non sia raggiunto lequilibrio. Supponiamo che il prezzo sia inizialmente superiore a quello di equilibrio, ad esempio al livello P1 rappresentato in Figura 9, nel mercato ci sarebbe eccesso di offerta, ossia i produttori offrirebbero pi di quanto i consumatori siano disposti ad acquistare. A causa dellaccumulazione di prodotto invenduto, i produttori inizierebbero allora a diminuire i prezzi con lintento di vendere leccedenza. Il processo continua fino a quando, il prezzo scende al livello di equilibrio. Se, ad esempio, in una nota localit turistica il prezzo della granita artigianale fosse al di sopra di quello di equilibrio, ci potrebbe ridurre lacquisto di granite artigianali da parte dei turisti a favore di quelle confezionate o di altri beni. In seguito allaccumulazione di scorte, e per stimolare la domanda di mercato, i venditori potrebbero decidere di ridurre progressivamente il prezzo del loro prodotto fino a portarlo a quello di equilibrio. Allo stesso modo, se il prezzo fosse al di sotto di quello di equilibrio, ad esempio ad un livello pari a P2, si genererebbe una carenza di produzione ed un eccesso di domanda poich non tutti i consumatori verrebbero soddisfatti. Il meccanismo di aggiustamento dei prezzi prodotto dal libero mercato, di conseguenza, spingerebbe i prezzi verso lalto fino al raggiungimento del livello di equilibrio. Poich il sistema dei prezzi permette di ottenere equilibri automatici, nella visione classica lo Stato non deve intervenire nelle relazioni economiche per cui non vi alcun ruolo per la politica economica. Il filosofo Norberto Bobbio evidenzia come il liberalismo sia un movimento di idee che accomuna diversi autori, i quali, dal punto di vista economico, sono fautori delleconomia di mercato e, dal punto di vista politico, di uno Stato che governi il meno possibile o, come si dice oggi, dello Stato minimo (cio ridotto al minimo necessario). Lo Stato liberale si presenta come laico e non interventista in campo economico; esso ha permesso lattuazione dei diritti civili, contro il monopolio ideologico, e la libera circolazione dei beni, contro il monopolio 46

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economico. In pratica lo Stato ridotto a puro strumento di realizzazione dei fini individuali, poich nel "non Stato" che lindividuo perfeziona la sua personalit.

LO STATO MINIMALE Nonostante i disaccordi sui fallimenti del mercato e sui fallimenti dello Stato esiste ampia convergenza fra le scuole di pensiero sul fatto che la funzione pubblica (Stato) debba assicurare: a) il diritto di propriet e in generale il quadro normativo (diritti e doveri dei soggetti e delle istituzioni) b) lamministrazione della giustizia c) la difesa del territorio e delle persone. Uno Stato che garantisce almeno queste funzioni si definisce Stato minimale.

3.3 La visione interventista e il pensiero keynesiano


In concomitanza alla Grande Crisi del 1929-39, si assistette, ad una significativa svolta nello sviluppo della teoria economica che port alla crisi dellEconomia Classica (di mercato o marshalliana) e Marginalista e contestualmente alla nascita e sviluppo della Teoria Generale Keynesiana e del Welfare State di Beveridge9. La nuova filosofia sociale collettivadi Keynes10 (1936) proponeva, in alternativa alle teorie economiche classiche, una riqualificazione dellintervento dello Stato nelleconomia, necessario per limpossibilit del meccanismo di libero mercato di raggiungere e garantire lequilibrio, la stabilit monetaria e la piena occupazione. La crisi della macroeconomia "classica", come la chiamava Keynes, fu decretata dalla sua incapacit di spiegare e trovare soluzioni alla crisi economica mondiale che inizi nella seconda met degli anni 1920, culmin con la Grande Depressione del 1929 e si protrasse fino alla met degli anni '30. Uno dei punti di attacco di Keynes riguardava il non funzionamento della flessibilit di prezzi e salari. Se c' un eccesso di produzione, una diminuzione di prezzi e salari pu ristabilire l'equilibrio tra domanda e offerta su tutti i mercati? La risposta a questa domanda la parte pi controversa della teoria di Keynes e che pi ne ha condizionato le interpretazioni successive. Keynes scettico sull'idea che la flessibilit di prezzi e salari sia la risposta giusta sia per ragioni empiriche che teoriche. Le ragioni empiriche - "di fatto" imprese e lavoratori sono restii ad accettare tagli di prezzi e salari durante una recessione - sono quelle pi largamente utilizzate per sostenere che la teoria di Keynes una teoria "basata su prezzi e salari rigidi". Per la verit, sia in Inghilterra che in America, durante la Grande Depressione, ci fu una spettacolare caduta di prezzi e salari, senza alcun effetto apprezzabile sull'economia. Quindi, Keynes dedic molte energie per argomentare il suo scetticismo teorico sull'idea che una diminuzione di prezzi e salari nel corso di una recessione riuscisse a riequilibrare il sistema. Fra le argomentazioni: a) Il mercato del
Il piano Beveridge, presentato al governo inglese nel 42 e attuato nel dopoguerra, viene considerato come atto di fondazione del moderno Welfare State. Alla sua base c il diritto sociale del cittadino di avere dei livelli minimi di sussistenza garantiti dallo Stato che quindi deve tutelare e garantire una vasta gamma di diritti (from the cradle to the grave). 10 John Maynard Keynes nacque a Cambridge nel 1883. Studi dapprima ad Eton, poi a Cambridge, dove si laure in matematica nel 1905. Divenne un importante ed influente funzionario del Ministero del Tesoro, professore deconomia a Cambridge, nel 1941 fu nominato governatore della Banca dInghilterra, consigliere della corona e nel 1944 lord.
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lavoro pu non essere in grado di determinare in ogni circostanza il salario reale di piena occupazione (per esempio per un eccesso di pressione al ribasso sul salario), b) una forte caduta del salario pu peggiorare anzich migliorare l'effetto recessivo di una caduta della domanda aggregata. Egli concludeva che le imprese avrebbero scelto di tagliare la produzione e l'occupazione per riequilibrare l'offerta rispetto alla domanda insufficiente, producendo cos un secondo meccanismo di amplificazione dell'impulso recessivo: il cosiddetto "moltiplicatore" che si trasmette attraverso il meccanismo disoccupazione, riduzione dei consumi, ulteriore riduzione della domanda. Keynes spieg che per superare la depressione e rimediare ai suoi effetti occorre sostenere la domanda, favorendo la spesa privata e, se questa fosse insufficiente espandere quella pubblica. Ma soprattutto invitava i governi ad elevare il livello degli investimenti al fine di utilizzare le risorse produttive disoccupate, anche ricorrendo ad ingenti prestiti. I mercati del lavoro e di tutti i fattori produttivi in genere non sono in grado di riequilibrarsi automaticamente, come avevano sempre sostenuto i neoclassici; quindi necessario lintervento esterno da parte dello Stato di sostenere la domanda globale. Il grande merito di Keynes fu quello di provocare un profondo rinnovamento non solo della scienza economica ma anche della politica economica. Il raggiungimento del benessere generale per Keynes doveva essere il risultato di una continua e pacifica evoluzione della societ. In sintesi, nella visione Keynesiana lo Stato assume un ruolo attivo e un compito importante, ossia quello di assicurare lo sviluppo, la stabilit e lequilibrio del sistema economico e di indirizzare a tal fine le attivit dei privati. Keynes mirava ad accrescere lintervento dello Stato al fine di correggere gli squilibri delleconomia di mercato e svolgere un'azione compensatrice sullandamento dei cicli economici, cercando di garantire la stabilit del sistema. In una situazione di recessione economica nella quale si assiste ad un ristagno e ad una diminuzione di consumi e di investimenti, lo Stato deve intervenire con una spesa pubblica aggiuntiva. In tale scenario la finanza pubblica viene ad assumere un ruolo decisivo: le manovre dellerogazione della spesa e del prelievo fiscale consentono di incentivare o scoraggiare lattivit dei privati, a seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Il ruolo attivo dellente statale porta cos ad intervenire ogni qual volta ci si trova in presenza di fallimenti macroeconomici e microeconomici del mercato.

3.4 La crisi finanziaria del 2008-2011


La crisi finanziaria in atto ha scatenato lennesimo dibattito sul rapporto tra politica ed economia. La dicotomia Stato-mercato in realt non mai passata di moda. Tuttavia, per varie ragioni, a partire dagli anni 80 in tutto lOccidente sembrava aver prevalso, in maniera pressoch indiscutibile, lopzione neoliberista del laissez-faire. Stato minimo, privatizzazioni, liberalizzazioni, deregulation, sussidiariet orizzontale sono state le parole dordine che hanno imperversato a partire dalle politiche reaganiane e thathceriane negli Usa e nellEuropa occidentale per diversi anni. La crisi in corso in grado di mettere in discussione lopzione neoliberista? A giudicare dallultimo libro di Alesina e Giavazzi (La crisi. Pu la politica salvare il mondo?), questo pericolo sussiste eccome. La tesi di fondo del libro, infatti, che lintera classe politica occidentale stia usando la crisi finanziaria come pretesto per nascondere le responsabilit politiche della stessa e per riappropriarsi di un potere di intervento nel settore economico, ad avviso degli autori fortemente deleterio. A supporto di tale tesi, Alesina e Giavazzi partono da unanalisi della crisi del 29, mettendo in evidenza tutte le responsabilit politiche che lhanno trasformata da una semplice crisi di liquidit nella grande depressione. In particolare, gli errori compiuti nel 29 furono: 1. togliere la liquidit alle banche, anzich aumentarla; 2. approvare una legge protezionistica che port al collasso le esportazioni americane; 48

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3. adottare una strategia punitiva contro gli speculatori, introducendo regole pesanti che limitavano le operazioni finanziarie, col risultato di ostacolare la stabilizzazione dei mercati; vietare alle imprese di tagliare le retribuzioni salariali, portando a numerosi fallimenti; non sfruttare il deficit pubblico per stimolare la domanda e reagire alla crisi e puntare invece ad un innalzamento delle imposte che diede il colpo di grazia alleconomia. Premesso che molti di questi errori oggi non si ripeterebbero, come dimostrano ad esempio le iniezioni di liquidit gi garantite a sostegno delle banche e le politiche in deficit spending11 gi decise da tutti i governi occidentali, e premesso altres che lerrore della Fed di togliere liquidit alle banche non fu propriamente un errore politico, quanto piuttosto una cattiva interpretazione di un fenomeno finanziario compiuto da attori economici, gli autori parlano di errori interventisti del presidente Hoover come artefici della grande depressione, senza considerare che proprio grazie ad una grande manovra pubblica, il new deal di Franklin Delano Roosvelt, gli Usa uscirono dalla crisi. Sulla scia di questa premessa, anche relativamente alla crisi attuale gli autori sostengono che le responsabilit maggiori (se non uniche) siano politiche. In particolare, gli errori commessi dal governo Usa sono stati due: 1. ladozione della legge che ha cancellato la separazione tra banche commerciali e banche di investimento e che ha sottoposto gli istituti al controllo della Sec (lomologa della nostra Consob), per definizione corrotta dai politici; 2. lapprovazione della legge che ha liberalizzato i prodotti derivati, consentendo alle banche di investire in derivati anche in assenza di capitale sufficiente per assorbire le eventuali perdite. Secondo gli autori la responsabilit della crisi di chi ha concesso di correre rischi cos elevati con un capitale tanto scarso. Negano quindi qualunque responsabilit agli attori finanziari che hanno rischiato senza capitale e attribuendo tutte le colpe ai decisori politici. Ma se la politica deve stare fuori dal mercato, limitandosi a dettare le regole, non corretto sostenere che ogni volta che c una crisi sempre e solo colpa delle regole sbagliate: ci sar almeno un concorso di colpa tra chi decide le regole e chi si comporta in maniera deontologicamente sbagliata, senza considerare le conseguenze e le responsabilit delle proprie azioni. Nessuno oggi mette in discussione il paradigma dello Stato Regolatore, ossia quel paradigma che prevede che lo Stato si limiti a dettare le regole al mercato, intervenendo poco come attore economico (Stato Interventista) ed evitando di lasciare il mercato privo di regole (Stato Minimo). I fallimenti del mercato e i fallimenti dello Stato interventista sono ben noti alla letteratura economica da tempo e proprio a partire da questi si formulata lopzione dello Stato Regolatore. Ma nessuno pu sostenere che lo Stato sia infallibile nel dettare le regole medesime, cos come nessuno pu mettere la mano sul fuoco sulla correttezza e la bont delle scelte e dei comportamenti degli attori economici. Da regole sbagliate possono derivare comportamenti virtuosi, cos come da regole apparentemente impeccabili possono discendere comportamenti negativi per leconomia e la societ.

Manovra finanziaria pubblica tendente a stimolare l`attivit economica attraverso la formazione di un disavanzo nel bilancio dello Stato.

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CAPITOLO V

INTERVENTO DELLO STATO ED EQUITA

5.1 Motivazioni dellintervento dello Stato Abbiamo visto che esistono visioni discordanti sul ruolo dello Stato in economia alcuni economisti sono a favore dellintervento, altri contrari, tutti comunque, se pure con qualche distinguo, sono favorevoli alla presenza di uno Stato minimale, uno Stato cio che si limiti a garantire il diritto di propriet, il diritto alla difesa, e il funzionamento della giustizia. Per leconomista classico il mercato non ha inefficienze in quanto, essendo garantito in esso il diritto di propriet ai suoi attori, questi possono effettuare accordi, privi di costi, e quindi scambi senza problemi; se pure ve ne fossero il mercato stesso ad essere in grado di superarli (INUTILITA DELLA CORREZIONE). Per leconomista neoclassico il mercato pu produrre inefficienze e quindi costi per la societ, tuttavia lintervento correttivo dello Stato comporterebbe costi persino maggiori, per cui anche in questo caso il suo ruolo deve essere minimale (INEFFICIENZA DELLA CORREZIONE). Per Milton Friedman, cos come per altri esponenti della visone liberista, leconomia naturalmente stabile e la colpa delle ampie fluttuazioni e delle inefficienze da attribuirsi a provvedimenti di politica economica errati. Per questo motivo la politica economica non dovrebbe tentare di mettere a punto leconomia12. Per leconomista keynesiano e neokeynesiano, leconomia intrinsecamente instabile, poich subisce frequenti shock della domanda e offerta aggregata. Se i responsabili della politica economica non cercassero di stabilizzare leconomia con gli strumenti della politica monetaria e fiscale, questi shock provocherebbero contrazioni di reddito, occupazione e crescita dei prezzi. In questottica le politiche attive dovrebbero contrastare il vento, stimolando leconomia quando depressa e frenandola quando si surriscalda. Secondo la scuola interventista si richiede lintervento dello Stato per 1) garantire lequit (per spiegare ci si far ricorso alla scatola di Edgeworth); 2) evitare che lindividualismo sfrenato possa arrecare danni alla collettivit (teoria dei giochi); 3) risolvere problemi di coordinamento (anche in questo caso si ricorrer alla teoria dei giochi);
Friedman nel 1963, presentando una rilettura della Grande Depressione, interpreta la crisi come il comportamento errato delle autorit di politica economica che, in quelloccasione, perseguirono politiche monetarie restrittive, facendo mancare al sistema bancario e finanziario la liquidit necessaria.
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4) tramandare alle generazioni future regole e comportamenti che creano le istituzioni (teoria dei supergiochi). In particolare, interventi dello Stato possono migliorare lefficienza delle attivit economiche nei casi di fallimenti del mercato di tipo microeconomico, vale a dire nei casi in cui il mercato non in grado di organizzare le attivit economiche nel modo pi efficiente possibile. I fallimenti di mercato di tipo microeconomico si riscontrano in presenza di monopoli (e in generale quando si registra carenza di concorrenza), di beni comuni e pubblici, di esternalit negative e di asimmetrie informative. Allo stesso modo si richiede lintervento dello Stato quando la dinamica delleconomia di mercato accompagnata dal comparire (e spesso dal permanere) di fenomeni macro che non appaiono spiegabili e/o non sono compatibili con lidea di equilibrio che deriva dalla teoria neoclassica e con lidea smithiana di mano invisibile: la disoccupazione, inflazione, squilibri di bilancia dei pagamenti e sottosviluppo. Queste sono manifestazioni dellinstabilit delle economie di mercato capitalistiche, cio non solo la mancata convergenza del sistema economico verso un determinato equilibrio, ma anche la possibilit che leconomia evolva secondo criteri non ottimali dal punto di vista dellefficienza e/o equit e permanga in tali posizioni non ottimali.

5.2 Politica economica per garantire lequit


I mercati possono condurre a una distribuzione non equa dei beni fra le diverse persone. Lo Stato tipicamente interviene per ridurre tale liniquit prelevando una parte dei redditi relativamente pi elevati (attraverso il sistema della tassazione che, per quanto stabilito dalla Costituzione italiana13, di tipo progressivo) per consentire a tutti sia la possibilit di poter utilizzare gratuitamente alcune categorie di beni, i beni pubblici14, ma anche beni economicamente privati15 come quelli connessi con listruzione e la tutela della salute, sia di ottenere un reddito minimo da spendere in modo autonomo per acquistare altri beni. Per spiegare lintervento da parte dello Stato al fine di ridistribuire le risorse fra gli individui e assicurare lequit si utilizzer la scatola di Edgeworth, un modello stilizzato che prende in considerazione uneconomia di puro scambio, in cui due soggetti devono decidere di scambiare fra loro beni sulla base delle rispettive preferenze e risorse a disposizione.

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacit contributiva. Il sistema tributario informato a criteri di progressivit.Art. 53 14 I beni pubblici sono caratterizzati da non-rivalit nel consumo e non escludibilit. Un bene nonrivale nel consumo se il consumo del bene da parte di un individuo non riduce le possibilit di consumo (della stessa unit del bene) di un altro individuo (non rivalit = assenza di congestione). Un bene non-escludibile se il possessore/produttore non in grado di escludere dal consumo i soggetti che non corrispondono un prezzo (che non contribuiscono alla produzione del bene). Esempi di beni pubblici sono la difesa nazionale e lordine pubblico, lilluminazione di una citt, le piazze ecc. 15 I beni perfettamente rivali nel consumo ed escludibili (a costi nulli) sono invece denominati beni privati puri. Da un punto di vista economico listruzione non un bene pubblico. Essa, infatti, non caratterizzata dallassenza di rivalit ed escludibilit: il bene risulta peraltro congestionabile e ci potrebbe generare inefficienza nellofferta dei servizi [Bosi 2000]. Si pu quindi affermare che listruzione universitaria un bene privato [Hansmann 1995]. Listruzione rientra, anche, nella definizione di bene di merito o meritori [Musgrave e Musgrave 1982], ossia quei beni o servizi cui la collettivit attribuisce un particolare valore sociale perch ritenuti funzionali allo sviluppo morale e sociale della collettivit stessa (istruzione, cure sanitarie, ..)

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5.3 Economia di Puro Scambio


Una economia di puro scambio il contesto pi semplice nel quale analizzare l'efficienza della distribuzione delle risorse e lo scambio e quindi valutare il ruolo dello Stato. Infatti, prescindendo da questioni che riguardano le scelte produttive, essa permette di considerare come una data quantit di risorse totali si distribuisce tra i consumatori e valutare se l'allocazione ottenuta efficiente, o meno. Un modello semplice di economia di puro scambio un sistema economico in cui non esiste produzione, che composto da due soli individui (A e B) e due soli beni (x1 e x2). Non essendoci produzione, nel sistema esiste una quantit complessiva data di ciascun bene, detta dotazione.

Dotazioni e Preferenze
Le dotazioni non sono altro che ci che possiede un soggetto. Se, prima di scambiare, un individuo ha una certa quantit di due beni, si dice che egli possiede un paniere iniziale di beni, o dotazione iniziale. Il paniere iniziale di beni del soggetto A che indichiamo con PA, composto da (x1; x2). Allo stesso modo il secondo individuo, B, ha un paniere iniziale di beni PB=(x1; x2). Nel modello considerato il paniere quindi non altro che una coppia di beni, una coppia di panieri invece detta allocazione, per cui la coppia PA e PB costituisce una allocazione iniziale.

ALLOCAZIONE (PA; PB)

Lo scambio di beni fra consumatori determina lallocazione finale. Gli individui scambiano sulla base delle proprie preferenze, o gusti. Questi ultimi variano da individuo ad individuo e sono, oltre al reddito a disposizione, un fattore che condiziona le scelte di consumo dei soggetti. Infatti, ogni individuo decide di consumare sulla base della quantit di denaro che ha a disposizione e sulle base delle sue specifiche preferenze.

Le curve di indifferenza e le funzioni utilit


Graficamente le preferenze di un soggetto si rappresentano attraverso le cosiddette curve di indifferenza, o curve della felicit. Una curva di indifferenza rappresenta tutte le combinazioni dei panieri di beni (o coppia di due beni) che garantiscono al consumatore lo stesso livello di utilit, soddisfazione o felicit. Per fare un esempio molto semplice, si potrebbe immaginare che quattro serate in pizzeria e due serate al cinema forniscano la stessa soddisfazione di tre serate in pizzeria e tre serate al cinema, oppure ancora di due serate in pizzeria e quattro al cinema e cos via. In questo esempio i tre panieri (4 sere pizzeria; 2 cinema); (3 sere pizzeria; 3 cinema); (2 sere pizzeria; 4 cinema) danno allindividuo lo stesso livello di gradimento. Analiticamente le preferenze vengono descritte da funzioni di utilit (U). Queste ultime associano un valore numerico a ciascun paniere di mercato in modo tale che ai panieri giudicati migliori venga assegnato un numero pi elevato rispetto ai panieri giudicati inferiori. In termini formali, una generica funzione di utilit del tipo: U=f(x1;x2)

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U rappresenta l'utilit e xi il generico bene i-esimo. Ad ogni livello di utilit corrisponde dunque una diversa curva di indifferenza. La rappresentazione grafica della curva di indifferenza la rappresentazione della sua funzione utilit. Il grafico che segue mostra una delle possibili curve di indifferenza associabile ad un consumatore. Sugli assi del diagramma cartesiano sono misurate le quantit dei due beni, mentre i punti rappresentativi dei panieri in grado di fornire il medesimo livello di utilit costruiscono la curva di indifferenza. Il paniere A e il paniere B nella figura danno al consumatore la medesima soddisfazione o utilit o felicit. Punti situati su una diversa curva di indifferenza esprimono un diverso livello di utilit, a curve pi alte corrispondono gradimenti pi elevati.

Le propriet delle curve di indifferenza sono tre, e precisamente:

1) Le curve di indifferenza hanno pendenza negativa e sono convesse verso lorigine

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La convessit verso lorigine della curva implica che fra i due beni vi sono prevalentemente rapporti di sostituibilit imperfetta, vale a dire che se si vuole mantenere un certo livello di benessere possibile compensare la riduzione del consumo di un bene (esempio x1) con un aumento nel consumo dellaltro bene, ma che man mano che si va avanti in questo processo, la sostituzione diventa sempre pi costosa.

2)

Le curve di indifferenza pi in alto garantiscono livelli di utilit maggiori.

Dalla seguente figura si pu chiaramente notare che pi ci si allontana dallorigine maggiori livelli di utilit si raggiungono in quanto si dispone di pi di uno o di entrambi i beni. Ad esempio dati 10 quantit del primo bene (vedi figura sull'asse delle ordinate) la terza curva di indifferenza compatibile con 15 quantit del bene 2 rispetto alle 5 quantit della prima curva e alle 10 della seconda.

Possiamo quindi affermare che: le curve di indifferenza pi esterne forniscono un maggiore livello di utilit poich sono compatibili con panieri dotati di maggiori quantit dei beni. Un insieme di curve di indifferenze chiamata mappa o famiglia di curve di indifferenza.

3)

Le curve di indifferenza non si intersecano. Per cui non si pu verificare la seguente situazione:

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Si osservi la figura. Lindividuo indifferente al consumo tra il paniere espresso da v e quello espresso da y. Inoltre indifferente tra il consumo in v e in z. Per la propriet transitiva questo consumatore dovrebbe essere indifferente anche tra y e z: ci per in contraddizione col fatto che il paniere y contiene di pi di entrambi i beni rispetto al paniere z e, che per definizione il consumatore pi soddisfatto se consuma molto piuttosto che poco.

5.4 Scatola di Edgeworth


Sulla base dei concetti precedenti si pu costruire la scatola di Edgeworth, un diagramma che consente di rappresentare contemporaneamente: la dotazione complessiva dei beni x1 e x2 nelleconomia (lunghezza assi della scatola) le preferenze degli individui, A e B, per i beni x1 e x2 (mappa delle curve dindifferenza); la dotazione iniziale dei beni x1 e x2 (punto iniziale dintersezione curve dindifferenza dei due consumatori); tutte le possibili allocazioni dei beni x1 e x2, ossia le allocazioni realizzabili di questa economia. Rappresentazione grafica Per semplicit, ipotizziamo che in uneconomia 2X2, due beni e due individui, vi siano abiti e cavalli e due individui Gio e Luca. Si supponga che Gi sia dotato di 15 cavalli e 3 abiti e Luca di 5 cavalli e 14 abiti. La scatola si costruisce riportando sugli assi cartesiani la quantit TOTALE di ciascun bene nelleconomia, ossia la somma della quantit posseduta dal primo e di quella posseduta dal secondo individuo di ciascun bene. La dotazione complessiva delleconomia di 17 abiti e di 20 cavalli, tali valori rappresentano la dimensione della scatola.

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La quantit di cavalli posseduta da Gi (15C) corrisponde alla distanza sullasse orizzontale dallorigine degli assi in basso a sinistra e la quantit posseduta di abiti (3A) corrisponde alla distanza dallorigine sullasse verticale. Il punto W (15C; 3A) rappresenta la dotazione iniziale di Gi. Per posizionare i beni di Luca si fa riferimento allorigine opposta in alto a destra. La sua quantit di cavalli la distanza sullasse orizzontale rispetto allorigine e la quantit posseduta di abiti la distanza sullasse verticale rispetto allorigine in alto a destra. Le due coordinate indicano la dotazione iniziale di Luca W (5C; 14A). Il punto W fornisce la distribuzione delle risorse prima dello scambio. I punti allinterno della scatola rappresentano le allocazioni REALIZZABILI di questa semplice economia. Allinterno della scatola sono rappresentate le preferenze dei due individui attraverso le curve di indifferenza, nella loro tipica forma. Si tenga presente che quelle di Luca sono rappresentate riferendosi allorigine posta in alto a destra. Partendo dallorigine di Gi e spostandosi verso lalto e a destra ci muoveremo verso allocazioni maggiormente preferite da Gi. Allo stesso modo e in maniera contraria, partendo dallorigine di Luca e muovendosi verso sinistra ci si avvicina alle allocazioni maggiormente preferite da Luca.

Lo scambio Ci si chiede come avvengono gli scambi? Si considerino la dotazione iniziale di beni e le curve di indifferenza di Luca e Gi che passano per la dotazione iniziale stessa. Larea in cui Gi in una situazione migliore rispetto alla sua dotazione iniziale formata dai panieri di beni al di sopra della sua curva di indifferenza passante per W. Larea in cui Luca in una situazione migliore di quella corrispondente alla sua dotazione iniziale costituita da tutte quelle allocazioni al di sopra della sua curva di indifferenza passante per W. 56

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Larea in cui entrambi realizzano una SODDISFAZIONE maggiore rappresentata dallarea lenticolare nella precedente figura, che viene detta Area del Vantaggio Reciproco. Durante le loro trattative, i due contraenti troveranno uno scambio reciprocamente vantaggioso allinterno dellarea, ad esempio il punto M. Lallocazione M non ha caratteristiche particolari, qualsiasi allocazione allinterno dellarea darebbe una soddisfazione maggiore rispetto allallocazione iniziale. Gli scambi potrebbero continuare partendo da M, e quindi tracciando nuove curve di indifferenza passanti per quel punto, si potrebbe costruire unulteriore area del vantaggio reciproco e immaginare che i contraenti si spostino verso un nuovo punto e cos via., il processo di scambio continuer fino a che non vi saranno pi scambi preferiti sia da Gi che da Luca. Allocazioni Pareto-efficienti In particolare, il processo di scambio continuer fino al punto in cui risultano tangenti le curve di indifferenza relative ai due agenti, ossia il punto E, questo punto detto Pareto efficiente. Il punto Pareto efficiente indica quella situazione per cui qualsiasi spostamento migliori la soddisfazione di uno dei due contraenti necessariamente peggiorer quella dellaltro, in altri termini spostandosi da E non vi sono in corrispondenza allocazioni con scambi reciprocamente vantaggiosi.

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Unallocazione Pareto-efficiente tale che: - Non si pu aumentare la soddisfazione di tutti i contraenti contemporaneamente; - Non si pu aumentare la soddisfazione di qualche individuo senza diminuire quella di qualcun altro; - Tutte le opportunit vantaggiose derivanti dallo scambio sono state sfruttate; - Non possibile effettuare ulteriori scambi reciprocamente vantaggiosi.

5.5 La curva dei Contratti


Da un punto di vista geometrico, possibile individuare allinterno della scatola di Edgeworth, vari punti in cui le curve di indifferenza sono tangenti e che prescindono dallallocazione iniziale. Infatti data una qualsiasi curva di indifferenza di Gi facile trovare unallocazione Pareto-efficiente, basta che essa sia tangente alla curva di Luca. Congiungendo tutti i punti di tangenza tra le curve di indifferenza dei due individui si ottiene lInsieme di Pareto o Curva dei Contratti. La Curva dei Contratti unisce i due vertici degli angoli opposti della scatola di Edgeworth, ossia va dallorigine di Gi a quella di Luca attraversando i punti Pareto-efficienti allinterno della scatola, come rappresentato nella seguente figura.

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Poich la curva dei contratti include tutti i possibili esiti di scambi reciprocamente vantaggiosi, a partire da un punto qualsiasi della scatola, essa non dipende dalla dotazione iniziale, se non nella misura in cui essa determina le dimensioni della scatola. Ci si chiede Perch si chiama curva dei contratti? Il termine deriva dal fatto che tutti i contratti finali di scambio devono trovarsi nellinsieme di Pareto, altrimenti non sarebbero finali, poich sarebbe possibile qualche miglioramento. Cosa succede negli angoli della scatola? Lorigine di Gi corrisponde ad una situazione in cui Gi non ha niente e Luca ha tutto. Tale situazione Pareto efficiente, poich la sola possibilit per Gi di aumentare la sua soddisfazione consiste nel prendere qualcosa a Luca. Spostandoci verso lalto lungo la curva dei contratti, la soddisfazione di Gi continua ad aumentare fino a che non si arriva allorigine di Luca. Che legame c tra curva dei contratti e il core? La curva dei contratti o insieme di Pareto dato da tutti i punti di tangenza nella scatola. Il core (tratto AB) un sottoinsieme dellinsieme di Pareto delimitato dalle curve di indifferenza che passano dalle dotazioni iniziali.

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Box 6 Efficienza allocativa ed efficienza produttiva

Lefficienza labilit ad utilizzare in maniera economica le risorse a propria disposizione ed distinta in efficienza allocativa (o efficienza esterna) ed efficienza produttiva (o efficienza interna) statica e dinamica delle imprese. C efficienza allocativa quando la quantit prodotta/offerta di beni e servizi viene massimizzata e i prezzi vengono minimizzati, ossia quando i prezzi sono proprio pari ai costi marginali. Una pi intensa concorrenza promuove il raggiungimento di una pi efficiente allocazione delle risorse scarse disponibili in quanto una maggiore concorrenza fra le imprese riduce il loro potere di mercato, ossia la loro capacit di fissare prezzi superiori al loro costo marginale, e permette di ottenere il massimo benessere sociale. La formalizzazione e dimostrazione di ci data dal primo teorema fondamentale delleconomia del benessere: un equilibrio concorrenziale Pareto-efficiente, nel senso che l'allocazione delle risorse tale che non possibile migliorare la condizione di un soggetto senza peggiorare la condizione di un altro. Si ha efficienza allocativa quando non possibile alcuna riorganizzazione della produzione che migliori le condizioni di almeno una persona senza diminuire quelle degli altri. In tale situazione, l'utilit di una persona pu essere aumentata soltanto da una diminuzione dell'utilit di qualcun altro; vale a dire che nessuna persona pu migliorare la propria condizione senza che qualcun altro peggiori la sua. Lefficienza produttiva statica o semplicemente efficienza produttiva, fa riferimento alla caratteristica riconosciuta ad un processo produttivo quando in grado di ottenere un output maggiore, a parit di input, rispetto ad altri processi produttivi, ovvero quando lunico ad conseguire la stessa quantit di output comparato ad altri processi produttivi impiegando meno inputs. Semplicemente, lefficienza produttiva si ottiene se non si effettuano sprechi (di materie, di lavoro, di energia, di tempi ecc.), consumando solo le risorse strettamente necessarie. Si ritiene che unimpresa dotata di potere di mercato oltre a fissare prezzi troppo alti, generando inefficienza allocativa, avr minori incentivi ad adottare tecniche produttive pi efficienti fra quelle a sua disposizione e ad organizzare il suo sistema produttivo in maniera efficace, perch non esposta alla pressione concorrenziale. Tutto ci genera inefficienza produttiva (statica). Lefficienza produttiva dinamica fa riferimento allabilit di unimpresa a mettere in atto attivit di innovazione che implicano un significativo miglioramento dei processi produttivi e/o nuovi prodotti e servizi.

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5.6 I Teoremi Fondamentali dellEconomia del Benessere


La scatola di Edgeworth e lo scambio mettono in evidenza che i due individui lasciati liberi di agire, ossia in presenza di libero mercato, raggiungono in modo spontaneo la pareto-efficienza. Tuttavia, un equilibrio efficiente pu risultare non equo, qualora le dotazioni iniziali siano distribuite in modo iniquo. Questi concetti si affermano nel primo e nel secondo teorema delleconomia del benessere che sanciscono la corrispondenza tra equilibrio economico generale di concorrenza perfetta e ottimo paretiano nonch chiariscono il ruolo del mercato e dello Stato nel raggiungimento di quel particolare equilibrio. Primo teorema Sotto certe condizioni (in particolare in assenza di esternalit) ogni equilibrio di concorrenza perfetta un ottimo paretiano. In altri termini, il primo teorema delleconomia del benessere afferma che lequilibrio di concorrenza perfetta Pareto-efficiente, perci non possono esistere ulteriori scambi tra gli agenti che siano vantaggiosi per entrambi. Il primo teorema stabilisce quindi che, date le dotazioni iniziali, se lasciamo gli agenti comportarsi secondo le regole del mercato lesito sar una allocazione pareto efficiente. Da quanto detto innanzitutto si comprende che il mercato concorrenziale sfrutta tutte le opportunit vantaggiose derivanti dallo scambio ed quindi un meccanismo non-wasteful (non spreca risorse). Si rileva inoltre che il ruolo dello Stato avrebbe carattere Minimale (di stampo neoclassico) visto che il mercato, lasciato a s stesso, in grado di raggiungere uno stato di efficienza non ulteriormente migliorabile. Infine, si intuisce che le forze di mercato portano ad un equilibrio socialmente ottimo secondo il principio di Pareto, ossia esse permettono di raggiungere lefficienza allocativa senza per garantire lequit, infatti il primo teorema non consente di prevedere in che modo saranno distribuiti i vantaggi, e quindi lequilibrio di mercato potrebbe non essere unallocazione equa. Se, ad esempio inizialmente Gi avesse tutto, continuerebbe ad avere tutto anche dopo aver effettuato gli scambi. Si deve notare che il 1 teorema di natura DESCRITTIVA e non vale in presenza di fallimenti di mercato (es: mercati non concorrenziali, esternalit e beni pubblici) Secondo teorema Il primo teorema delleconomia del benessere afferma che lequilibrio di un mercato concorrenziale Pareto efficiente. Vale anche il contrario? A tale domanda risponde il secondo teorema delleconomia del benessere che afferma: sotto certe condizioni ogni posizione di ottimo paretiano pu essere realizzata come un equilibrio di concorrenza perfetta, previa unopportuna redistribuzione delle risorse che crei un minimo di equit sociale. In altri termini, attraverso unopportuna ridistribuzione di risorse possibile conseguire qualsiasi ottimo paretiano come equilibrio competitivo. Il teorema afferma quindi che, modificando opportunamente le dotazioni iniziali con particolari strumenti di redistribuzione, imposte o sussidi in somma fissa (lump sum tax), uneconomia concorrenziale consente di raggiungere qualsivoglia stato sociale Pareto efficiente sulla frontiera massima dellutilit. Di conseguenza, qualora ci fosse efficienza , ma non equit lo Stato dovrebbe attuare delle politiche redistributive (come quelle di bilancio), usando strumenti come imposte progressive e trasferimenti, lasciando poi la funzione allocativa al mercato. 61

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Considerazioni e implicazioni: - il 2 teorema del benessere di natura prescrittiva; - possibile realizzare qualsiasi stato sociale, ottimale in senso paretiano, data una certa distribuzione iniziale delle risorse; - lo Stato pu avere un ruolo distributivo (significa re-distribuire le propriet). Un limite concretamente molto rilevante degli interventi equitativi la presenza di un tradeoff tra efficienza e equit: gli interventi volti a garantire a tutti un tenore di vita adeguato indeboliscono gli incentivi delle persone a sforzarsi per guadagnarselo mediante il meccanismo dei mercati, vale a dire contribuendo a produrre beni utili per gli altri. Da quanto espresso si intuisce che il sistema di mercato un sistema EFFICIENTE per aggregare le preferenze individuali, tuttavia linsieme delle scelte limitato dalle dotazioni iniziali e quindi alle allocazioni che sono nel CORE; se si vuole estendere la scelta allintero insieme di Pareto necessario integrare il sistema di mercato con le scelte pubbliche che permettono di individuare le allocazioni finali nellinsieme di Pareto. Il Mercato permette di trovare le allocazioni finali nel CORE. Lo Stato consente di trovare le allocazioni nellInsieme di Pareto. Il sistema di mercato rispetta le dotazioni iniziali delle risorse, il mitico Robin Hood attua trasferimenti che consentono allocazioni diverse. La giustizia distributiva rimane, quindi, uno dei grandi limiti delle economie di mercato, come affermano Cozzi e Zamagni: Le economie di mercato sono macchine straordinariamente efficienti nella produzione della ricchezza, ma assai poco capaci di distribuirla equamente tra coloro che hanno preso parte al processo della sua creazione.

5.7 Sintesi
Lequilibrio competitivo, oltre a poter generare una distribuzione non equa, potrebbe anche condurre ad una configurazione del sistema economico Pareto sub-ottimale. In altri termini, il primo teorema fondamentale potrebbe non realizzarsi in presenza di Fallimenti del Mercato. Proprio per questo, secondo leconomia del benessere, il ruolo dello Stato si esplica nel garantire la redistribuzione delle risorse, secondo quanto viene sancito dal secondo teorema; e nellallocare le risorse in caso di fallimenti di mercato (asimmetrie informative, mercati incompleti, oligopoli e monopoli, esternalit, beni pubblici) (1 teorema). Con i due teoremi delleconomia del benessere si definisce una sorta di corrispondenza biunivoca tra concorrenza perfetta e ottimo paretiano e si afferma una dicotomia funzionale tra efficienza ed equit, produzione e distribuzione in cui mercato e Stato svolgono rispettivamente: la mission allocativa (torna la metafora smithiana della mano invisibile) la mission redistributiva (attraverso trasferimenti lump-sum). Con i due teoremi pur rimanendo nellambito dellapproccio tipico del liberismo economico, si attribuisce un ruolo determinante allo Stato che integra il criterio paretiano con un criterio di giustizia distributiva, possibile proprio perch di ottimi paretiani ce ne sono infiniti. Si assiste, 62

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cos, ad una giustificazione ideologica, politica ed analitica del laissez faire e, quindi, ad una combinazione ottimale tra principi liberisti e ideali etici sociali. Leconomista Sen affermava che: Una societ o uneconomia possono essere ottimali in senso paretiano e, tuttavia essere perfettamente disgustose (Sen 1970).

Illustrazione intuitiva

L'intuizione sottostante ai due teoremi fondamentali che il normale funzionamento di un mercato perfettamente concorrenziale consente di raggiungere un equilibrio in cui le risorse dell'economia (beni di consumo, fattori di produzione) sono allocate in maniera ottimale tra tutti gli agenti che vi operano. In questo contesto, un'allocazione si considera ottimale nel senso dell'efficienza Paretiana, se a partire da tale allocazione, non possibile redistribuire le risorse in maniera tale da incrementare l'utilit di almeno un agente, senza ridurre quella di almeno un altro agente. Se da un lato, in linea teorica, lo stesso risultato potrebbe essere raggiunto da un pianificatore centrale ad esempio, lo Stato che distribuisca le risorse sulla base delle preferenze e delle produttivit dei singoli agenti economici, anche chiaro che in condizioni realistiche nessun pianificatore centrale potrebbe mai disporre di sufficienti informazioni per attuare una tale soluzione. E se anche il pianificatore sociale centrale fosse "benevolo" e "pienamente informato", non potrebbe rimpiazzare l'allocazione competitiva dei beni con un'altra capace di aumentare il benessere di ogni singolo consumatore (Tirole 1988, 6). Sarebbe dunque preferibile affidarsi a soluzioni decentralizzate, quale il meccanismo di mercato in concorrenza perfetta, che raggiungono un equilibrio in condizioni di ottimalit Paretiana senza richiedere che alcun agente disponga di una quantit non realistica di informazioni. Secondo Vilfredo Pareto, dal quale prende le mosse la Nuova Economia del Benessere e il cui criterio ha sostituito la sum-ranking utilitaristica (ordinamento per Somma), poich l'utilit non una propriet fisica dei beni, ma l'attitudine di un bene a soddisfare determinati bisogni, ossia una grandezza soggettiva e psicologica, non solo non possibile misurarla, ma non neppure necessario farlo. Tutto ci che occorre che il consumatore sia in grado di confrontare diverse alternative di consumo e di esprimere delle preferenze rispetto a queste alternative. Tale approccio, alla base della costruzione delle curve di indifferenza, risulta abbastanza singolare se consideriamo che nonostante i suoi studi ed il suo percorso, Pareto abbia rifiutato unapplicazione matematica al calcolo della felicit diventando, invece, uno degli esponenti pi convinti del liberismo (forse per gli influssi di riformismo liberale che hanno sempre caratterizzato la Svizzera dove ha passato tutta la sua vita). Il sistema di mercato concorrenziale , infatti, per Pareto, il mezzo pi idoneo in quanto perfettamente coerente con il principio soggettivista: date le risorse economiche a disposizione di ciascun individuo, il mercato consente a ciascuno di realizzare il proprio benessere personale producendo, comprando e vendendo i beni
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preferiti. Ma lottimo paretiano pu trascurare i criteri di distribuzione e i diversi stati del mondo, la libert e i diritti personali (Sen 1982). Oltre alla netta separazione tra efficienza allocativa e giudizio di equit, il principio paretiano incorpora in s alcuni limiti: E' neutrale rispetto alla distribuzione della ricchezza: uno stato di estrema disparit pu essere Pareto superiore ad uno di equit distributiva, a patto che almeno un individuo stia meglio e nessuno stia peggio in termini di utilit. Consente solamente un ordinamento parziale: non riesce ad ordinare tutti i possibili stati del mondo. Si pu stabilire solo se un soggetto sta meglio in una situazione rispetto ad unaltra, ma non di quanto sta meglio. Non preserva la sfera delle preferenze individuali, incoerente con il principio delle 'libert minime'. Non si considera la presenza dei fallimenti del mercato.

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CAPITOLO VI

LA TEORIA DEI GIOCHI E LINTERVENTO DELLO STATO

6.1 Introduzione
La Teoria dei Giochi la disciplina che analizza situazioni di conflitto e ne ricerca soluzioni competitive e cooperative. usata per lo studio delle situazioni di interazione strategica, vale a dire le situazioni in cui l'utilit di un individuo dipende non solo dalla sua azione, ma anche dalle azioni scelte dagli altri agenti. Nella teoria dei giochi si suppone che i giocatori sono tutti ugualmente razionali. Razionale significa che il giocatore ha piena coscienza dei suoi obiettivi ed capace di operare le sue scelte in modo coerente coi suoi criteri di preferenza e coi vincoli derivanti dalla presenza degli altri decisori. La nascita della Teoria dei Giochi si fa coincidere con la pubblicazione nel 1944 del saggio Theory of Games and Economic Behaviour di Oskar Morgestern e John von Neumann16, in cui i due autori esaminavano i giochi cooperativi. L'estensione della teoria ai giochi non cooperativi dovuta in gran parte al matematico John Nash, che nel 1994 vinse il premio Nobel per lEconomia. In particolare nel 1951 egli introdusse il concetto di equilibrio di Nash, che , come si vedr, la "soluzione tipica" di un gioco. Inizialmente un ampio campo di applicazione della Teoria dei Giochi stato quello militare, ad esempio si utilizzata tale teoria per effettuare lattacco di Pearl Harbour durante la Seconda Guerra Mondiale e per valutare gli effetti della corsa agli armamenti durante il periodo della Guerra fredda. A questo proposito, un tratto tipico dello sviluppo della Teoria dei Giochi nello scorso secolo stata la sua applicazione alla Crisi dei missili di Cuba (15 ottobre 1962) tra Stati Uniti e Unione Sovietica17, non solo per quanto riguardava la dotazione degli armamenti

Von Neumann (1903-1957) era un matematico presso lInstitute for Advanced Study di Princeton e Morgenstern (1902-1977) era un economista presso la Princeton University. 17 In quellanno lamministrazione Kennedy dovette prendere una decisione critica riguardo al comportamento da tenere nei confronti dellUnione Sovietica, che stava installando a Cuba missili a testata nucleare in grado di colpire in pochi minuti quasi tutto il territorio metropolitano degli Stati Uniti. Kennedy scelse la via dellescalation, cio il danneggiamento della controparte, attraverso il blocco navale di Cuba, prospettando a Kruscev la possibilit concreta del confronto nucleare che sarebbe sfociato nella distruzione reciproca. Al culmine della crisi, il tredicesimo giorno lUnione Sovietica indietreggi, accettando di ritirare i missili in cambio del ritiro dei missili statunitensi Jupiter dalla Turchia anche se quei missili erano obsoleti e gi prossimi al pensionamento.

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strategici, ma anche per quanto concerneva latteggiamento reciproco in merito alleffettiva intenzione di utilizzarli. Successivamente la Teoria dei Giochi si estesa a vari campi fra cui la politica e a quelle discipline che riguardano le scelte individuali, come la sociologia, la psicologia, linformatica e la biologia, oltre naturalmente che all'economia e alla finanza. La Teoria dei Giochi viene adoperata, per esempio, in Economia Industriale, quando le imprese hanno interessi contrastanti, oppure in Politica Economica per individuare le ragioni dellintervento dello Stato in economia. In questultimo caso, la teoria permette di spiegare lintervento dello Stato nelle situazioni in cui linteresse individualistico possa andare a scapito della collettivit, nonch per risolvere problemi di coordinamento e sovra sfruttamento dei beni comuni.

6.2 Tipologia di giochi


Le determinati chiave dei giochi sono: 1) I Giocatori, cio l'insieme dei decisori che interagiscono strategicamente; 2) Le Strategie, ossia l'insieme dei possibili piani di azione e, quindi, linsieme delle mosse che un giocatore intende compiere; 3) I Pay-off, l'insieme degli esiti del gioco per ciascun giocatore.

In breve, un GIOCO un modello stilizzato che delinea contesti di interazione strategica, in cui il risultato ottenuto di ciascun giocatore dipende dalla propria scelta strategica dalle scelte degli altri giocatori I giochi possono essere classificati A) in base alla loro natura in: Giochi cooperativi (studiati da Von Neumann) e giochi non cooperativi (studiati da Nash). Nel gioco non cooperativo ogni giocatore gioca da solo e punta a massimizzare la sua utilit. In un gioco cooperativo, invece, lutilit afferisce a una coalizione di giocatori, fra cui vengono ripartiti i guadagni, e il problema tipico quello di come si formano le coalizioni vincenti. I problemi di scelta di strategie parlamentari, per esempio, vengono spesso studiati con modelli di giochi cooperativi. Il problema della formazione delle coalizioni fa s che anche i giochi cooperativi sono in astratto riconducibili a giochi non cooperativi. Tecnicamente un gioco si dice cooperativo se ce la possibilit per i giocatori di sottoscrivere accordi vincolanti, che possono essere di vantaggio ai singoli giocatori. Invece, esso risulta essere non cooperativo quando il meccanismo delle decisioni riguarda i singoli giocatori sulla base di ragionamenti individuali, senza la presenza di accordi vincolati fra le parti. B) in base allorizzonte temporale di riferimento in: -giochi one-shot; -giochi ripetuti; 66

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-giochi evolutivi. Un gioco si definisce one-shot quando a colpo secco, ossia quando la situazione di interazione si propone una sola volta e, quindi, il gioco ha una natura atemporale. Un gioco ripetuto quando gli agenti giocano pi di una volta e la situazione di interazione si ripete nel tempo cos che il pay-off diviene una sequenza di pay-off. Questo tipo di gioco favorisce le cooperazioni. Un gioco evolutivo quando linterazione si svolge nel tempo e cambia il contesto istituzionale di gioco.

C) in base allordine con cui i giocatori prendono le proprie decisioni in Giochi simultanei e giochi sequenziali I giochi sono simultanei se i giocatori scelgono le azioni simultaneamente. Esempi: Morra cinese. Due giocatori contemporaneamente devono scegliere tra sasso, forbice e carta. Se i due giocatori scelgono lo stesso la partita pari. Sasso vince su forbice, forbice vince su carta e carta vince su sasso. Vendite allasta. In una gara dasta per un appalto le ditte fanno unofferta simultaneamente, senza conoscere le offerte fatte dagli altri concorrenti. I giochi sono sequenziali se i giocatori scelgono le azioni secondo una successione particolare. Esempi: Il Gioco degli scacchi, dama e le contrattazioni.

D) in base alle informazioni a disposizione dei giocatori in Giochi a informazione completa e incompleta; In un gioco a informazione completa ogni giocatore conosce le regole del gioco, le strategie dell'altro o degli altri, le funzioni di utilit, i corrispondenti guadagni suoi e altrui, a che punto del gioco , se il gioco ha pi mosse e infine, sa che l'altro ha le stesse informazioni; non sa necessariamente cosa l'altro sta facendo nella mossa in questione. In un gioco a informazione incompleta queste condizioni non sono tutte rispettate. Gli scacchi, per esempio, sono un gioco a informazione completa; il poker non lo . E) in base alla loro rappresentazione in Giochi in forma strategica o matriciale e giochi in forma estesa o ad albero, la prima si usa prevalentemente per giochi simultanei la seconda per giochi sequenziali. In forma strategica, il gioco si rappresenta facendo ricorso ad una matrice nel modo seguente:

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In forma estesa o albero si tratta di costruire un grafo che, partendo dalla radice, descriva il gioco mossa per mossa, fino ad arrivare a presentare tutte le situazioni finali, ciascun esito univoco di una serie di mosse ( forma introdotta da von Neumann e Morgenstern (1944) e formalizzata da Kuhn (1953)). La struttura ad albero si compone di un insieme finito di nodi e di rami che li collegano, e offre una descrizione esplicita del gioco e dellinformazione disponibile per ciascun giocatore al momento della decisione. Ciascun nodo rappresenta il turno per un giocatore e i rami rappresentano le mosse che pu effettuare. Una successione di nodi collegati corrisponde, quindi, ad una successione ordinata di mosse ed individua un sentiero che pu condurre ad un nodo finale al quale associato un guadagno (o una perdita se il guadagno in negativo). Solitamente la rappresentazione in forma estesa si utilizza nei giochi ad informazione completa e, individuata la strategia ottimale (nei nodi finali), si procede a ritroso o per backward induction.

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6.3 Le Strategie
Per quanto riguarda le strategie possibile individuare strategie dominanti e dominate. Strategia dominante Dominante la strategia strettamente migliore di ogni altra, indipendentemente dalle scelte degli altri giocatori. Se si considera un individuo A che ha a disposizione le strategie s1 e s2. La strategia s1 dominante se: U(s1)> U(s2) Dove U lutilit, il guadagno detto anche pay-off. Se risulta che U(s1) U(s2), allora s1 risulta debolmente dominante. In altri termini, una strategia debolmente dominante se conduce a vincite non minori rispetto alle altre strategie indipendentemente da cosa faccia laltro giocatore. Strategia dominata Dominata la strategia strettamente peggiore rispetto ad almeno unaltra strategia, indipendentemente dalla scelta degli altri giocatori Se si considera un individuo B che ha a disposizione le strategie s1 e s2. La strategia s1 dominata se U(s1) < U(s2) La strategia pu essere una strategia pura e una strategia mista. Un giocatore persegue una strategia pura se sceglie sempre la stessa mossa tra le azioni strategiche possibili di ogni partita. Una strategia pura specifica un piano di azione deterministico per un giocatore. Un giocatore persegue una strategia mista se sceglie una mossa tra le azioni strategiche possibili di ogni partita con una certa probabilit. Una strategia mista di un giocatore specifica che una scelta di strategia pura viene fatta casualmente dallinsieme delle strategie pure di quel giocatore, con specifiche probabilit. Una strategia mista quindi una distribuzione di probabilit assegnata ad ogni strategia pura.

6.4 La risoluzione dei giochi


La soluzione dei giochi fa riferimento al cosiddetto outcome o esito finale derivante dalle azioni dei giocatori. Leconomista che si occup di sistematizzare in modo specifico la soluzione dei giochi fu Nash, il quale individu il cos chiamato EQUILIBRIO dei GIOCO. Si ha lequilibrio di Nash quando un giocatore attua la migliore strategia dato il comportamento ottimale dellavversario, ossia la strategia di ogni giocatore la miglior risposta alle strategie giocate dagli altri. In stato di equilibrio ciascun giocatore sta giocando la strategia che risulta la migliore risposta alle strategie degli altri giocatori. Nessuno disposto a cambiare tale strategia date 69

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le scelte strategiche degli altri. Lequilibrio di Nash gode della propriet della stabilit: ciascun giocatore conferma la sua scelta, una volta osservata la mossa dellavversario. Nash mise in evidenza che sempre possibile trovare un equilibrio in un gioco con strategie miste, invece nel caso di strategie pure si pu verificare che non esista equilibrio, oppure ve ne siano due simultaneamente. Si pu anche verificare che un equilibrio di Nash non sia una situazione migliore per tutti per cui si pu verificare che un equilibrio di Nash non sia Pareto efficiente, per cui non si ha la maggiore soddisfazione per i due giocatori.

IL DILEMMA DEL PRIGIONIERO


Il dilemma del prigioniero un gioco proposto negli anni 50 da Albert Tucker come problema di Teoria dei Giochi. Due criminali vengono accusati con prove indiziarie di aver compiuto una rapina. Gli investigatori li arrestano entrambi per il reato di favoreggiamento e li chiudono in due celle diverse impedendo loro di comunicare. Ognuno di loro si trova di fronte a due scelte: confessare l'accaduto, oppure non confessare. Viene inoltre spiegato loro che: 1. se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l'altro viene per condannato a 12 anni di carcere. 2. se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 10 anni. 3. se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno per un reato minore. Questo gioco pu essere descritto con la seguente matrice:

Prigioniero 2 Non Conf Non Conf Prigioniero 1 Confessa 0 , 12 10 , 10 1,1 Confessa 12 , 0

dove il primo numero di ciascuna cella il pay-off del prigioniero 1, mentre il secondo numero il pay-off del prigioniero 2. La soluzione del gioco si determina individuando lequilibrio di Nash, ossia una coppia di strategie per cui nessun giocatore ha incentivo a deviare unilateralmente (cio a giocare una strategia diversa) data la strategia ottimale scelta dagli avversari. Consideriamo il prigioniero 1. Se il prigioniero 2 sceglie di confessare, il prigioniero 1 preferisce confessare, in quanto se confessa ottiene 10 anni, mentre se non confessa sar condannato a 12 anni. Se invece il secondo prigioniero non confessa, la strategia di confessare d un payoff al prigioniero uno pari a 0, mentre negare d 1. Per il prigioniero uno, quindi, la strategia confessa strettamente dominante rispetto alla strategia non confessa. 70

Appunti di Politica Economica

Il ragionamento simmetrico vale anche per il prigioniero 2: confessare la sua strategia migliore sia che il prigioniero 1 confessi sia che taccia. Infatti, se il prigioniero uno sceglie di non confessare, il prigioniero 2 preferisce confessare, in quanto se confessa verr scarcerato (pay-off pari a 0), mentre se non confessa dovr scontare 1 anno di carcere. Se invece il primo prigioniero confessa, la strategia di non confessare d al prigioniero 2 un payoff pari a 12, mentre negare dar 10 anni. Anche per il prigioniero due la strategia del confessare dominante, per cui l'unico equilibrio del dilemma del prigioniero nel quarto quadrante (confessare, confessare), in cui vi lincrocio delle strategie dominanti dei due giocatori. Si noti peraltro che lequilibrio di Nash nel gioco del dilemma del prigioniero rappresenta un esito non ottimale in assoluto per entrambi i giocatori: se infatti avessero potuto comunicare e sapere cosa laltro stava facendo avrebbero scelto di non confessare, in quanto ci avrebbe comportato un pay-off maggiore per entrambi. La maggior parte dei giochi non ammette strategie dominanti: Inoltre per alcuni giochi non esiste nemmeno un equilibrio di Nash e per altri invece pi di un equilibrio di Nash. Per sintetizzare Nel Caso del Dilemma del prigioniero: l'azione confessa per entrambi i giocatori lequilibrio di Nash di questo gioco questo equilibrio per non Pareto-efficiente ad entrambi i giocatori converrebbe non confessare Questo evidenzia il problema dovuto alla interazione strategica. I giocatori si troverebbero meglio se collaborassero, ma l'incentivo a deviare fa s che non vi sia cooperazione. Molte situazioni strategiche presentano questa caratteristica.

LA BATTAGLIA DEI SESSI


Si consideri ad esempio il seguente gioco, detto la Battaglia dei Sessi.

Lui e Lei devono cenare insieme. Lui incaricato della scelta del vino, mentre Lei del piatto principale. Lui pu scegliere tra Bianco e Rosso, mentre Lei tra Carne e Pesce. Si ipotizza che i due non possano comunicare prima della scelta e della cena. Entrambi preferiscono la combinazioni (Rosso, Carne) e (Bianco, Pesce) alle due rimanenti combinazioni, ma Lui preferisce in assoluto (Rosso, Carne), mentre Lei preferisce in assoluto (Bianco, Pesce). Quali sono le strategie ottimali per Lui? Supponiamo prima che Lei scelga carne: data questa scelta di Lei, per Lui sar ottimale scegliere Rosso; sottolineiamo allora il pay-off 2 per lui nella cella (Rosso, Carne). Se invece Lei sceglie Pesce, la scelta ottima di Lui Bianco; sottolineiamo 71

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quindi il pay-off 1 per Lui nella cella (Bianco, Pesce). Attraverso la sottolineatura, abbiamo cos evidenziato la risposta ottima di Lui, cio le strategie migliori per lui data la strategia scelta da Lei. Ripetiamo ora lo stesso procedimento per Lei, individuando la risposta ottima di Lei: la strategia ottimale per Lei carne, se Lui sceglie Rosso (1>0), mentre Pesce se lui sceglie Bianco (2>0). Sottolineiamo allora il pay-off 1 per Lei nella cella (Rosso, Carne) e il pay-off 2 per lei nella cella (Bianco, Pesce). Quando entrambi i pay-off di una cella sono sottolineati, ciascun giocatore sta scegliendo la sua strategia ottimale data la scelta dell'avversario: il che la condizione perch si abbia un equilibrio di Nash. Vi sono dunque due equilibri di Nash in una Battaglia dei Sessi (Rosso, Carne) e (Bianco, Pesce). La Battaglia dei Sessi ci illustra che un gioco pu ammettere pi di un equilibrio di Nash. Questo gioco, inoltre, interessante sotto laspetto del coordinamento. Infatti, se il telefono non funzionasse e quindi Lui e Lei dovessero scegliere senza conoscere le scelte dellaltro (cio se fossimo nel contesto di un gioco simultaneo a informazione imperfetta), le probabilit che fosse raggiunto uno qualsiasi dei due equilibri di Nash sarebbero pari al 50%. Perch rischiare con probabilit del 50% di arrivare a una delle due combinazioni peggiori per entrambi (Carne, Bianco o Pesce, Rosso)? E meglio cercare di contattarsi a tutti i costi, anche se resta aperto il problema di quale delle due soluzioni sar scelta. In altre parole un gioco di questo tipo incentiva al coordinamento. Si noti che in questo caso, a differenza che nel dilemma del prigioniero, chi dichiara apertamente la propria scelta, se riesce a farla accettare dallaltro, non corre comunque il rischio di defezione. Se Lui sa che Lei sceglie Pesce, perch questo laccordo, non gli conviene poi tradire scegliendo Rosso (e viceversa).

INDUZIONE A RITROSO
In maniera intuitiva, per risolvere un gioco in forma estesa lidea la seguente: Si osservano gli ultimi nodi nei quali un giocatore chiamato a giocare (nodi finali) e si suppone (coerentemente con lipotesi di razionalit) che in questi nodi il giocatore scelga la strategia che gli offre la vincita maggiore. Nei nodi precedenti, il giocatore che chiamato a giocare sa cosa far lultimo giocatore in quanto egli conosce il gioco e sa che lultimo giocatore razionale. Cos si comporta come se fosse lultimo a giocare in quanto la vincita che ottiene da ciascuna strategia gli nota perch sa quali saranno le conseguenze della sua scelta. In questo modo si procede passo dopo passo

In conclusione, il giocatore che chiamato a scegliere nel primo nodo sa gi cosa succeder in corrispondenza di ogni sua scelta.

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La strategia dominante per il giocatore 2 R sia al secondo che terzo nodo poich 6>5 e 4>3. Per il giocatore 1 la scelta ottimale sar B, poich conduce ad un pay-off di 4 invece che 3. Lequilibrio di Nash perci la combinazione B-R.

6.5 Teoria dei giochi e politica economica


Si pu estendere lapplicazione della teoria dei giochi alla politica economica. Si considerino, due individui Gi e Luca posseggono rispettivamente due panieri di beni composti da 15 cavalli e 3 abiti e 5 cavalli e 14 abiti: GIO (15C; 3A) LUCA (5C;14A) La dotazione totale delleconomia DT(20C;17A) Essi devono decidere se effettuare o meno scambi. Nelleventualit di scambi i due individui si accordano di dare un cavallo in cambio di due abiti. In particolare, Gi cede un cavallo ricevendo due abiti da Luca, per cui i panieri finali saranno: GIO (14C; 5A) LUCA (6C;12A) DT (20C; 17A) Si supponga che GIO abbia preferenze descritte dalla funzione utilit: U=C*A Mentre Luca abbia unutilit espressa da: U=2C*A Per rappresentare il gioco in forma matriciale si devono considerare le strategie messe in campo dai due giocatori, ossia scambiare o non scambiare, e si devono calcolare i pay-off da inserire nelle caselle della matrice considerando le funzioni utilit dei due soggetti. Per cui i pay-off valutati in termini di utilit in assenza di scambi risultano: 73

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Gio U=C*A=15*3=45 Luca U=2C*A=2*5*14=70 Dopo lo scambio saranno pari a: Gio U=C*A=14*5=70 Luca U=2C*A=2*6*12=144 La matrice quindi si pu esplicitare come segue:

Luca Scambia Non Scambia

Scambia Gio Non Scambia

70 , 144 45 , 70

45 , 70 45 , 70

Per la soluzione di questo gioco sufficiente fare riferimento allequilibrio della risposta migliore, definito dalla combinazione delle strategie dominanti in senso forte o come in questo caso in senso debole. Per cui per effetto della dominanza debole, ad entrambi conviene sempre accettare lo scambio.

Gioco di Scambiare e Rubare


Se si complica il gioco e si considera la possibilit di rubare gli esiti del gioco si modificheranno. Si ipotizzi che A) Gio prima scambi e poi rubi 6 abiti a Luca. I nuovi panieri dei due soggetti e le loro utilit diventeranno:

GIO (14C; 11A) LUCA (6C;6A) DT 20C; 17A Gi U=C*A=14*11=154 Luca U=2C*A=2*6*6=72

B) Luca prima scambi e poi rubi 4 cavalli a Gi. I nuovi panieri dei due soggetti e le loro utilit, nel caso in cui vi solo Luca a rubare saranno pari a : GIO (10C; 5A) 74

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LUCA (10C;12A) Gio U=C*A=10*5=50 Luca U=2C*A=2*10*12=240 La dotazione complessiva DT 20C; 17A rimane immutata.

C) Entrambi rubino le precedenti quantit, e in aggiunta si supponga che nella fuga ciascuno perda un cavallo e un abito. In questo caso se entrambi rubano avranno un paniere cos composto: GIO (14C; 5A) LUCA (6C;12A) Poich sia Gi che Luca rimangono senza un cavallo e un abito, i loro panieri si modificheranno nel seguente modo: GIO (13C; 4A) LUCA (5C;11A) E le loro rispettive utilit saranno pari a: Gio U=C*A=13*4=52 Luca U=2C*A=2*5*11=110 La dotazione complessiva risulter ridotta e uguale a DT (18C; 15A).

La matrice del gioco si pu esplicitare come segue:

Luca

Scambia e NN ruba Scambia & Ruba Scambia e NN ruba Gio Scambia & Ruba 154 , 72 52 , 110 70 , 144 50 , 240

Lequilibrio di Nash si raggiunge con il pay-off (52,110) e risulta essere non Pareto efficiente. Il comportamento opportunistico non ha determinato la situazione migliore. Applicando il principio della dominanza strategica cos come nel gioco del dilemma del prigioniero il risultato appare piuttosto paradossale: se ciascun giocatore adottasse la strategia dominata otterrebbe un risultato in termini di pay-off superiore a quanto realizzato da ciascuno di essi adottando la strategia dominante.

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In termini diversi, se gli individui agiscono in maniera autonoma finiscono per cadere in un equilibrio in cui i soggetti non si comportano in modo etico e dove i pay-off sono inferiori alla situazione eticamente giusta, da ci deriva che lequilibrio di Nash non Pareto efficiente. Da quanto espresso si evince che lindividuo che agisce in base ai propri interessi causa una perdita per tutti e che quindi quando si lede linteresse collettivo attraverso azioni individuali c bisogno dellintervento dello Stato, che spinge verso comportamenti eticamente giusti ed efficienti. Adam Smith afferma che se un individuo persegue il suo interesse personale apporta un vantaggio alla collettivit; quindi lottimo individuale porta allottimo sociale. Qui, invece, lottimo individuale porta ad un valore sub-ottimale e non allottimo sociale. Lintervento dello Stato si giustifica per evitare che i comportamenti dannosi riducano le dotazioni complessive. Tale conclusione economica, coincide sul piano filosofico con la tesi alla quale giunse Thomas Hobbes nel 1651, il quale, partendo dallipotesi della natura malvagia delluomo, homo homini lupus, sostenne che lunica possibilit di convivenza civile fosse la nascita del Leviatano, un essere immaginario, descritto come un mostro marino, che avesse la forza di imporre la legge e un sistema di punizioni per i trasgressori.

Lazione dello Stato pu estrinsecarsi in tre modalit: 1) Porre in essere leggi che eliminino le soluzioni asimmetriche. In modo tecnico significa eliminare i pay-off equivalenti della matrice, come nel seguente caso:

Luca

Scambia e NN ruba Scambia & Ruba Scambia e NN ruba Gio Scambia & Ruba 52 , 110 70 , 144 -

2) Imporre delle sanzioni per condannare il comportamento non etico, penalizzando i giocatori devianti, ad esempio, si potrebbe spogliare chi ruba dei propri beni:

Luca

Scambia e NN ruba Scambia & Ruba Scambia e NN ruba Gio Scambia & Ruba 0, 72 0,0 70 , 144 50 , 0

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3) Dare premi per favorire e promuovere comportamenti virtuosi. Ad esempio si potrebbe erogare una ricompensa di 100 per comportamenti eticamente corretti, in modo da modificare la matrice nella seguente maniera:

Luca

Scambia e NN ruba Scambia & Ruba Scambia e NN ruba Gio Scambia & Ruba 154 , 172 52 , 110 170 , 244 150 , 240

Con gli interventi, nei tre casi, gli equilibri di Nash diverranno Pareto-efficienti.

6.6 Intervento dello Stato per coordinamento


Lintervento dello Stato importante anche per garantire il coordinamento fra azioni. Per rendere immediato il concetto si fa riferimento alla situazione gi definita come Battaglia dei sessi, in cui due soggetti hanno preferenze discordi, ma volont analoghe. In relazione a Gi e Luca entrambi vogliono attuare uno scambio, ma ciascuno desidera realizzarlo in un luogo differente, e non vuole assolutamente perdere lopportunit di scambiare. Gi preferisce scambiare al maneggio e Luca al mercato. Si ipotizza che i due non possano comunicare il luogo degli incontri, per cui si consideri un gioco con i seguenti pay-off:

Luca

Maneggio Maneggio Gio MKT 0, 0 80 , 40

MKT 0,0 40 , 80

Consideriamo Luca: Se Gi al maneggio; a Luca conviene andare al maneggio. Se Gi al mercato; a Luca conviene andare al mercato. Consideriamo Gi: Se Luca al maneggio; a Gi conviene andare al maneggio. Se Luca al mercato; a Gi conviene andare al mercato.

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Luca preferisce scambiare al mercato dove vi sono maggiori opportunit di compravendita (80) rispetto al maneggio (40); laltro preferisce scambiare al maneggio dove vi sono migliori possibilit di scambiare (80) rispetto al mercato (40). Se, per, non dovessero incontrarsi i payoff di entrambi saranno pari a (0). Si evidenzia che in questa situazione vi sono due equilibri, ma quale dei due prevale non possibile saperlo. Agendo individualmente e razionalmente si presenter il rischio di perdere lopportunit di scambio. Si presenta cos un problema di coordinamento. Si eviter la soluzione indesiderabile del mancato scambio solo se interverr unautorit esterna che fissi una priorit sociale. Anche se la priorit in tal caso indeterminata poich finir per avvantaggiare luno o laltro soggetto, essi preferiscono che venga dettata pur di evitare situazioni peggiori. Tale gioco conferma che unulteriore ragione di intervento dello Stato attraverso strumenti di politica economica quella di risolvere un problema di coordinamento. In particolare, lintervento dello Stato si estrinseca nella definizione di PRIORITA in modo tale da creare delle convenzioni. Prime conclusioni: Questo esempio e quello della Battaglia dei Sessi dimostrano che 1) l'equilibrio di Nash potrebbe non essere unico 2) potrebbe non esistere.

6.7 Il ruolo dello Stato con azioni ripetute

In molte situazioni strategiche lelemento temporale ha un ruolo rilevante, nel senso che le scelte vengono ripetute nel tempo. Tale ripetizione pu avvenire un numero finito di volte (si parla di gioco ripetuto con orizzonte temporale finito) oppure infinite volte (si parla di supergioco). I supergiochi comprendono una sequenza di mosse e una sequenza di pay-off, per cui i giocatori non scelgono una strategia semplice, ma una strategia intertemporale, ossia un modello di comportamento che governa la loro condotta durante tutta linterazione. La scelta viene cos a dipendere non solo dalla razionalit individuale, ma anche dalla storia pregressa del gioco e dalle diverse aspettative sui suoi possibili esiti. Una variabile fondamentale nei giochi ripetuti rappresentata dal fattore di sconto (1/1+i), definito come variabile che attualizza i valori monetari futuri, ossia permette di calcolare il valore attuale di una somma monetaria percepita in futuro. Se fra un anno, ad esempio il mio deposito in conto corrente mi frutter 1000 euro, per sapere quanto vale quella somma X oggi ed eventualmente ritirala immediatamente dovr attualizzarla utilizzando il tasso di sconto ci significa che X = 1.000/1+ i. Ad esempio, se i = 0.05 (quindi il 5%), allora andando oggi in banca otterr 1.000/1,05 ossia 952,38. In un gioco ripetuto la presenza del fattore di sconto fondamentale dato che rende in valore attuale le vincite future.

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Nei giochi con orizzonte temporale infinito il risultato principale il cosiddetto TEOREMA DEL FOLK18 (Teorema Popolare), che postula che i comportamenti ottimali ovvero virtuosi, leali o cooperativi si possono verificare, spontaneamente ogni qual volta il tasso di sconto sufficientemente piccolo, inferiore cio ad una soglia data, il cui valore dipende dai pay-off del gioco. In questi giochi possibile che la situazione ottimale possa sorgere endogenamente senza lintervento dello Stato, in quanto pu emergere un fenomeno di apprendimento dei soggetti economici che li conduce ad apprezzare certi tipi di comportamento socialmente desiderabili. Ci significa che se vi sono due individui che scambiano e un individuo ruba, in un gioco semplice si raggiunge un equilibrio inefficiente; mentre, in un gioco ripetuto possibile che il soggetto che ruba pu decidere di cambiare il suo comportamento, quindi agire in modo corretto perch sa che verr a contatto con il derubato tante volte. Il soggetto confronta lutilit del comportarsi male oggi con lutilit derivante dal comportamento virtuoso per lungo tempo. Se lutilit che gli deriva dal comportamento virtuoso maggiore dellutilit derivante dal comportamento non virtuoso il soggetto adotter il comportamento virtuoso. Per chiarire ci supponiamo che vi siano due individui che debbano decidere se pagare le tasse o evadere il fisco.

B NE E

NE

150 ;18

60 ;24

A E 200 ;12 70 ; 16
(EQUILIBRIO DI NASH SECONDO IL GIOCO ONE SHOT).

Il gioco con soluzione one-shot cade nell equilibrio 70;16 (quarto quadrante). Si finisce dunque, in un equilibrio che non Pareto efficiente e quindi si richiede lintervento dello Stato con lemanazione di leggi sanzionatorie o con erogazioni di premi. Nei giochi ripetuti ad infinitum un soggetto deve valutare se conviene evadere o non evadere per illimitati rounds. Ipotizziamo che lindividuo B si comporta in maniera virtuosa, e quindi non evade, mentre lindividuo A tende allevasione. In questo caso, il soggetto A deve tener conto e deve confrontare i guadagni presenti e futuri dellevasione con quelli della non evasione. A si comporter spontaneamente in modo corretto quando capisce che il guadagno di oggi e quello futuro attualizzato ad oggi di evadere inferiore al pay-off di oggi pi quello futuro attualizzato ad oggi di non evadere.
Generalmente, si associa a Friedman (1971) la prima dimostrazione di tale teorema. Tuttavia, il teorema noto come Folk Theorem, proprio perch la sua argomentazione stata avanzata da una moltitudine di studiosi, ed dunque arduo attribuirne la prima paternit in modo certo.
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A deve considerare che, dato il comportamento corretto di B, se dovesse evadere ha immediatamente dei vantaggi (200>150), ma poich il gioco si ripete nel futuro lindividuo B vedendo il precedente comportamento di A, cambier strategia e tender ad evadere anche lui (essendo 16>12). Per cui A avr un pay-off futuro pari a 70.

A se non ruba oggi il suo pay-off 150, nel futuro lindividuo A guadagner di nuovo 150, ma deve attualizzare il valore futuro ad oggi, quindi bisogna scontare il valore 150/i19. Si deve notare che il soggetto B corretto non devia strategia. In termini analitici, sulla base del teorema del FOLK, lindividuo A si comporter spontaneamente in modo corretto quando risulta che:

Se lindividuo A si comporta male oggi e in futuro.

200 + 70/i < 150 + 150/i

Se lindividuo A si comporta bene

Se il pay-off di sinistra minore del comportarsi bene oggi e domani, allora il soggetto A decider di comportarsi spontaneamente in maniera virtuosa.

Ossia quando il guadagno di oggi ottenuto non evadendo pi il pay-off futuro attualizzato ad oggi risulta essere maggiore del comportarsi male oggi e in futuro attualizzato ad oggi.

Risolvendo per i 200 + 70/i < 150 + 150/i 200 150 < 150/i 70/i 50 < 80/i 50 i < 80 i < 80/50 i < 1,6
La strategia del comportarsi bene nasce spontanea quando il tasso dinteresse inferiore a 1,6

Il soggetto decide di rubare ripetutamente per valori maggiori di 1,6, ossia quando la strategia 150 + 150/i minore di 200 + 70/i.

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Per approssimazione usiamo il fattore di attualizzazione 1/i invece che 1/1+i

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Nei giochi ripetuti allinfinito lo Stato non deve mai intervenire visto che di solito lequilibrio si raggiunge spontaneamente? Lo Stato nei supergiochi pu intervenire qualora il tasso dinteresse non basso e quindi c spazio per esso, oppure lo Stato interviene per consentire la gestione dellalternanza (nel caso di situazioni del tipo Battaglia dei Sessi) e per tramandare le regole del gioco da generazione a generazione (tramanda il sistema istituzionale). Le Istituzioni, in unaccezione pi ristretta, sono linsieme delle regole, delle norme, leggi e convenzioni aventi carattere durevole che regolano la vita di ogni individuo allinterno di uno Stato. Le Istituzioni possono nascere in modo spontaneo, tramite consuetudini, codici morali e comportamenti automatici e in questo caso si parla di Istituzioni informali oppure possono nascere perch introdotte da unautorit pubblica e in questo caso si parla di Istituzioni formali. In unaccezione pi ampia per Istituzione si intendono non solo il complesso di norme che durano nel tempo, ma anche le persone che pongono in essere leggi, gestiscono e amministrano la vita di uno Stato. In questo contesto lIstituzione fa riferimento allintera organizzazione burocratica dello Stato che include i Partiti politici, le Universit, i Sindacati. Le Istituzioni possono essere pubbliche o private. ISTITUZIONI PUBBLICHE: perseguono un interesse collettivo, hanno potere dimperio (dettano i comportamenti da seguire) Regioni, Province e Comuni. ISTITUZIONI PRIVATE : perseguono interessi del singolo o di un gruppo ristretto, Imprese Mercato in generale.

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