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lo Ventesimo in Europa, in Asia, nelle Americhe attraverso fortissime contraddizioni interne e internazionali
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Le copertine dei libri di Pons e Roccucci. A sinistra, Palmiro Togliatti e lenin A destra, un rito ortodosso e, nella foto grande in basso, la piazza rossa a Mosca
el corso del periodo sovietico il patriarcato era stato in una qualche misura il garante della continuit della storia russa. La consapevolezza di essere custode di tale patrimonio storico, culturale e religioso, ha costituito un tratto caratterizzante della coscienza della Chiesa durante il periodo comunista. Larchimandrita Ilarion nel 1917 aveva ricordato di fronte allassemblea conciliare il seggio patriarcale collocato nella cattedrale della Dormizione al Cremino come il luogo dove batte a Mosca il cuore della Russia. Dal 1990 in quella cattedrale iniziarono a essere ammesse celebrazioni liturgiche e il 19 agosto 1991, mentre per le strade di Mosca entravano in azione carri armati dei golpisti, il patriarca Aleksij II (Ridiger) celebrava proprio nella chiesa della Dormizione al Cremlino la liturgia della festa della Trasgurazione. Simbolicamente nei giorni determinanti per il crollo del potere comunista e per la nascita del nuovo Stato russo il patriarca di Mosca occupava il suo antico posto, da poco recuperato, nel cuore dei palazzi del potere sovietico. La dialettica del rapporto tra carismi del potere, tra quello del patriarca e quello dello zar, tra quello del potere religioso e quello del potere politico, si trasmetteva alla Russia post-comunista per misurarsi con nuove dinamiche, dopo avere conosciuto una pagina drammatica della sua storia nel corso dellesperimento bolscevico.
Chi ha letto qui accanto il commento al libro sulla rivoluzione globale avr notato come non vi si parla dei riessi religiosi del comunismo realizzato, sulla Russia da un millennio cristiana e di forte tradizione ortodossa. Quel silenzio motivato dal fatto che lautore del libro, Silvio Pons, non dedica a quellargomento la minima attenzione. Ma siccome nulla accade per caso, ecco che presso il medesimo editore Einaudi uscito, alla ne dello scorso anno, un altro libro sulle vicende dellUnione sovietica, intitolato Stalin e il patriarca (pp. 524 pagine, euro 36,00), scritto da un altro storico italiano, Adriano Roccucci, docente di Storia contemporanea a Roma 3. In questo libro si parla solo di quei riessi religiosi, che furono molti, spesso tragici, dal 1917 al gorbaciovismo, con cifre certo non sconosciute soprattutto per quanto riguarda la persecuzione violenta della Chiesa ortodossa al tempo della Rivoluzione dottobre, che nel 1925 approd alleliminazione del Patriarcato, riemerso nel 1919 dalla cancellazione imposta nel Settecento da Pietro il Grande nel quadro della creazione di un Impero al di sopra di ogni altra organizzazione, a cominciare appunto dalla Chiesa. Ma il successore di Lenin, Josip Stalin, voleva ben altro, come dimostr no al 1939; quando, alla vigilia della guerra patriottica che avrebbe chiesto al regime sovietico (chiamato a difendere i conni della Nazione russa) un pi forte credito presso il popolo, la pressione dellateismo di Stato sulla religione si attenu progressivamente. Al punto che, nella notte fra il 3 e il 4 settembre del 1943, il dittatore convoc al Cremlino i tre vescovi metropoliti che bene o male, fra mille difcolt, con coraggio ma anche con intelligente e diplomatica prudenza, reggevano quello che restava della Chiesa ortodossa. Lesito di quellincontro straordinario fu lelezione del Patriarca Sergij (seguito, anni dopo, da Aleksij I) e un ribaltamento dellimpostazione no allora seguita dal potere bolscevico nei confronti della Chiesa ortodossa, come scrive Roccucci, che cos prosegue: Listituzione patriarcale e la gura del patriarca divennero lasse portante del sistema di relazioni cos realizzato. Un sistema che aveva spostato lattenzione dellateismo di Stato, peraltro mai rinnegato, dalla persecuzione
pura e semplice (negli anni Trenta furono almeno un milione di cittadini russi uccisi o deportati nei gulag per ragioni esclusivamente religiose) a un ordinamento giuridico impostato sulla progressiva perdita di autonomia da parte del clero, no a una sua totale estinzione. Gli anni dello stalinismo postbellico, e oltre la morte del dittatore nel 1953, no al 1958 con il potere a Kruscev, sono sintomatici di quanto il regime sovietico (come lo descrive molto bene Silvio Pons nel suo libro) fosse come sempre vittima delle sue divisioni, in tutte le questioni, interne allUrss o internazionali. Sotto Kruscev ricominci una stretta sulla Chiesa. Come ricorda Roccucci: Se nel 1958 le chiese aperte erano 13.414, nel 1965 ne erano rimaste 7.551, mentre nei 56 monasteri con 4.706 monaci e monache del 1958 nel 1965 se ne contavano solo 16 con 1.500 religiosi. Erano anche stati chiusi cinque degli otto seminari, il numero dei giovani seminaristi era stato ridotto a un quarto: Era in atto una politica sistematica volta a cambiare qualitativamente lidentit del clero e a privarlo il pi possibile di un ampio bagaglio culturale. E
questo si accompagnava a un radicale cambiamento antropologico della societ russa, che vedeva gli abitanti delle zone urbane superare per la prima volta quelli delle zone agricole, dove la tradizione religiosa ortodossa non aveva mai smesso di occupare ampi spazi dei costumi popolari e dove la grande maggioranza dei cittadini si professavano credenti. Dopo la caduta di Kruscev nellottobre del 1964, la musica cambi di nuovo, anche perch sia nel resto dellImpero sovietico, sia nella stessa Urss aveva preso piede un dissenso civile laico e anche religioso, che a sua volta aveva alimentato critiche allinterno dellortodossia nei confronti della gerarchia: con un solo terreno lasciato libero dalle polemiche interne e dalla pressioni esterne, la liturgia. Il metropolita Nikodim disse a un interlocutore occidentale: Voi pensate che facciamo troppi compromessi? Ebbene, se ci chiuderanno tutte le chiese, se ci impediranno tutti gli assembramenti, se ci smantelleranno tutte le strutture, tutto questo lo accetter. Chieder soltanto ununica cosa: che ci lascino celebrare lultima divina liturgia Perch, anche se non sussiste pi niente, sono certo che da questa unica, ultima divina liturgia, tutto potr risorgere. Per il resto non voglio oppormi e contrastare: la storia ci dir se questa debolezza o se , invece, fede no alle ultime con-