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Dal 2004, sono 15 i nuovi OGM autorizzati nella UE per l'importazione mentre nessun
OGM è stato autorizzato per la coltivazione. Anche se la Commissione non si è ancora
pronunciata sull'approvazione o meno della coltivazione della “superpatata” biotech
prodotta dalla Basf. L'eventuale sì alla coltivazione della patata Basf “Amflora”
rappresenterebbe davvero una vera rivoluzione nei confronti della politica europea nei
confronti degli OGM. Su questa varietà di patata infatti gravano ancora seri dubbi sulla sua
sicurezza in quanto potrebbe causare una resistenza dell'organismo agli antibiotici.
Attualmente, l'UE non si è ancora data delle regole contro la contaminazione accidentale
delle culture biologiche da parte di quelle geneticamente modificate. Il commissario UE
alla Salute, Stavros Dimas, con il sostegno di molte capitali, Roma e Parigi in testa, sta
bloccando la decisione con una serie di richieste di accertamenti sui rischi per i
consumatori. Mario Capanna, presidente della Fondazione Diritti Genetici, ha affermato:
“Ancora una volta la Commissione Europea decide di autorizzare la commercializzazione
di un prodotto OGM nonostante la maggioranza dei Paesi membri abbia espresso la
propria contrarietà. È un fatto molto grave. Questa decisione dimostra in modo evidente
come alcuni tecnocrati si sostituiscano nella decisione alla volontà dei popoli europei».
Il ministro italiano delle Politiche Agricole, Paolo De Castro, ha sottolineato che insieme ad
un numero crescente di colleghi farà di tutto per spingere la Commissione a tornare sui
suoi passi. Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell'Ambiente, sostiene che il via libera della
UE dimostra ancora una volta “l'urgenza di riformare profondamente il sistema di
autorizzazione degli OGM”. Secondo Ludger Fischer, responsabile del tavolo
agroalimentare della UE, vi sono altri alimenti OGM che possono entrare nella nostra
alimentazione, magari attraverso una pizza. Spiega l'esperto che non basta affidarsi
all'etichetta: “La farina di granturco non ha OGM approvati in Europa e quindi ha pochi
obblighi di etichettatura. Il lievito è quasi tutto OGM, per aumentarne il potere di
lievitazione e anche in questo caso non vi sono obblighi di etichettatura. Per quanto
riguarda il formaggio, potrebbe contenere enzimi OGM ma, siccome sono distrutti nel
processo produttivo, non c'è l'obbligo di dichiararlo in etichetta. Per quanto riguarda invece
additivi del gusto, enzimi e acidi di soia, sono stati approvati dall'UE e il produttore ha
l'obbligo di riportarlo nell'etichettatura. L'olio – conclude Fischer – è un punto delicato. Gli
olii di colza e di soia hanno una grande produzione OGM a livello mondiale, mentre in
Europa non vengono prodotti ma è consentita importazione ed esportazione”.
Tutto questo avviene nonostante il “Protocollo di Cartagena”, entrato in vigore nel 2003,
che si rifà direttamente all'Articolo 19 della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) e
al Principio di precauzione così come definito all'Articolo 15 della Dichiarazione di Rio
sull'ambiente e lo sviluppo, riconosca la necessità di indagare a fondo i potenziali rischi
associati agli organismi geneticamente modificati, al fine di garantire un elevato livello di
protezione - con particolare riferimento alla diversità biologica - e assegni alle Parti della
Convenzione il compito di assumere le necessarie misure legali, amministrative e politiche
al fine di prevenire eventuali rischi.
E così, nonostante tutti i divieti, le contrarietà, gli allarmi e il diffuso scetticismo, secondo
EuropaBio, l'associazione delle industrie europee di biotecnologia, «in Europa negli ultimi
12 mesi abbiamo assistito ad un incremento massiccio del 77% della superficie coltivata a
colture geneticamente modificate. Il raccolto di mais GM ha raggiunto gli oltre 1.000
chilometri quadrati».
Una tesi che sembra smentita non solo da numerosi esperti ed agricoltori ma anche dai
risultati del progetto europeo “Quality Low Input Food” (QLIF), secondo cui, frutta, verdure
e latte biologici «potrebbero essere più nutrienti rispetto ai cibi prodotti non biologicamente
e contenere più elevate concentrazioni di antiossidanti che si ritiene riducano il rischio di
patologie cardiache e cancro», esattamente il 40% in più dei prodotti coltivati non
biologicamente, il latte biologico conterrebbe addirittura il 60% in più di antiossidanti e di
acidi grassi dall'effetto benefico.
Si tratta del più grande progetto di ricerca mai realizzato sui vantaggi dell'agricoltura e dei
cibi biologici. Il coordinatore del progetto, Carlo Leifert, dell'università di Newcastle (Regno
Unito), ha sottolineato che «mangiare alimenti biologici è equivalente a ingerire una
porzione supplementare di frutta e verdura al giorno. Adesso ci sono sufficienti prove a
dimostrazione dei maggiori benefici presenti nel biologico. Pertanto, chiediamo all'Agenzia
per la Sicurezza Alimentare (FSA) di riconoscere e ammettere pubblicamente i vantaggi
nutrizionali del cibo biologico prodotto con sistemi agricoli biologici gestiti in modo
corretto».
Il progetto QLIF, finanziato con 18 milioni di euro nell’ambito del sesto programma quadro
dell'Ue è stato realizzato da un consorzio di 31 centri di ricerca, imprese e accademie
europee e dei Paesi vicini ed è basato sull'approccio “dal produttore al consumatore”. Per
Leifert occorre «esplorare i meccanismi sottesi grazie ai quali i metodi biologici, al
contrario di quelli non biologici, producono concentrazioni così elevate di nutrienti
benefici».
QualityLowInputFood
ECOCIDIO
La più importante agenzia statale americana per il controllo sui cibi e sui farmaci, la Food
And Drug Administration, ha approvato i cibi modificati geneticamente malgrado le morti
che avevano causato e gli avvertimenti dei suoi stessi scienziati sui gravi rischi che essi
comportano.
Durante l'amministrazione Reagan, quando l'economia degli Stati Uniti aveva seri problemi
e c'era un grosso squilibrio negli scambi commerciali, molti esperti erano alla ricerca di
aree attraverso il cui sviluppo si poteva rilanciare l'economia USA e, in particolare,
l'esportazione. All'epoca, la giovane tecnologia della bioingegneria era uno dei settori più
promettenti. È stata quindi emessa una direttiva per tutte le Agenzie federali, come l'FDA,
l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente (EPA) e il Dipartimento di Agricoltura:
promuovere al massimo l'industria biotecnologica e facilitare l'introduzione dei nuovi
prodotti sia negli USA che nei paesi esteri. Questo tipo di politica fu spinta moltissimo
anche sotto la presidenza di Bush e poi di Clinton.
Nel maggio 1998, l'Alliance for Bio-Integrity, una coalizione di scienziati, leaders religiosi e
consumatori, ha fatto causa alla Food and Drug Administration per ottenere test obbligatori
di sicurezza e l'etichettatura dei cibi geneticamente modificati, perché si riteneva che la
politica dell'FDA fosse scientificamente scorretta e moralmente irresponsabile. La Corte
Federale ha quindi obbligato l'FDA a consegnare all'avvocato dei querelanti le 44.000
pagine del suo archivio interno. L'analisi di questi documenti ha dimostrato che l'agenzia
ha violato la legge americana su cibo, medicine e cosmetici permettendo che i cibi
geneticamente modificati fossero introdotti sul mercato senza essere sottoposti a
sperimentazioni, generalmente riconosciuti sicuri da esperti pseudo-qualificati.
In seguito, l'FDA ha ammesso di aver operato sotto una direttiva volta a favorire l'industria
biotech americana sulla base del presupposto che i cibi bioingegnerizzati sono
essenzialmente uguali agli altri. Tesi oggi rivelatasi del tutto infondata poiché la
bioingegneria, alterando l'attività cellulare, può condurre alla produzione di tossine
inaspettate, allergeni e sostanze cancerogene. La Dott.ssa Linda Kahl, funzionario
dell'FDA, incaricata di sintetizzare tutte le affermazioni degli scienziati dell'agenzia, ha
affermato che l'agenzia stava “cercando di far entrare un piolo quadrato in un buco
rotondo”. Inoltre, il Dott. Jim Maryanski, Coordinatore della Biotecnologia dell'FDA, ha
riconosciuto che, nella comunità scientifica in generale, non c'è alcun consenso sulla
sicurezza dei cibi modificati geneticamente che dovrebbero essere sempre sottoposti a
speciali test, inclusi i test tossicologici.
L'FDA dunque, per promuovere l'industria biotech, non solo ha ignorato gli avvertimenti dei
suoi stessi scienziati sui rischi specifici dei cibi manipolati geneticamente, ma ha nascosto
le prove della pericolosità di tali cibi, mentendo spudoratamente in una dichiarazione
ufficiale: “L'agenzia non è a conoscenza di alcuna informazione che dimostra che i cibi
derivanti da questi metodi nuovi differiscono dagli altri cibi in alcun modo significativo o
uniforme...”.
L'avvocato Druker ha affermato che, se fosse stata detta la verità, nessun cibo manipolato
geneticamente sarebbe potuto entrare negli anni 92/95 nel mercato americano che poi li
ha esportati in Europa e in tutto il mondo e la popolazione mondiale non sarebbe stata
esposta a questo grave rischio.
(articolo tratto dal libro “DOSSIER OGM - Pericoli e danni causati da semi e cibi
transgenici” edito a cura dell'Associazione S.U.M. -
Stati Uniti del Mondo).
Anche L'EFSA (European Food Safety Authority) sapeva dei pericoli per la salute causati
dal mais Mon 863 della Monsanto. Ma decise di liquidare la questione con un'alzata di
spalle: «non hanno rilevanza biologica». E questo anche se erano proprio gli studi eseguiti
dalla stessa Monsanto a provare che il Mon863 causava malformazioni nei topi usati come
cavie.
Nel 2002, insieme alla richiesta di autorizzazione per l'entrata del Mon863 nel mercato UE,
«tutta la documentazione scientifica - si legge nella nota firmata Monsanto - è stata
prodotta integralmente alle autorità competenti inclusa l'EFSA. Alcuni paesi membri hanno
chiesto approfondimenti e Monsanto ha risposto a tutte le richieste integrative tra il 2003 e
il 2004. Il 2 aprile 2004 EFSA ha dato parere favorevole».
Il caso Mon863 scoppiò in Francia già nella primavera del 2004. Fu l'organizzazione
ambientalista Comité de Recherche et d'Information Indépendentes sur le Géenie
Génétique (CRII-GEN), presieduta dall'ex ministro all'ambiente Corinne Lepage, a far
scoppiare il caso, rendendo pubbliche le conclusioni dello studio fatto dalla Monsanto che
dimostravano come il Mon863 producesse malformazione e riduzione dei reni oltre che
modificazioni della composizione del sangue nei topi da laboratorio. Già allora fu chiesto a
Monsanto di rendere noto per intero il contenuto del lungo dossier di oltre mille pagine che
descriveva l'esperimento e, proprio come oggi, Monsanto si rifiutò appellandosi al segreto
industriale.
L'agenzia francese per la sicurezza sanitaria degli alimenti, però, comandò ad una
commissione scientifica nazionale (CGB) di occuparsi della questione. Guarda caso, la
CGB, si comportò proprio come l'EFSA: prima ammise che lo studio Monsanto
evidenziava «significative differenze» tra i ratti alimentati con mais tradizionale e quelli
alimentati con il Mon863, ma un anno dopo fece marcia indietro. Sulla base un nuovo
studio, ancora di Monsanto, realizzato in un laboratorio scelto dalla Monsanto e addirittura
utilizzando un altro tipo di mais.
Clamoroso, tanto che le polemiche sulla decisione non unanime all'interno della CGB
finirono su Le Monde e il Mon863 destò perplessità persino in Germania, paese che pure
è delegato dall'UE a portare avanti la pratica di autorizzazione.
Ivan Verga di Verdi Ambiente e Società per questo ha chiesto un'indagine della
commissione UE sull'operato di EFSA e la senatrice dei Verdi Loredana de Petris ha
ribadito l'importanza di una «ricerca scientifica pubblica e indipendente». Mentre
Legambiente, Coldiretti e CIA chiedono il rispetto del principio di precauzione.
Monsanto's GM corn MON863 shows kidney, liver toxicity in animal studies 10 aprile
2007
Risulta sempre più evidente come la globalizzazione portata avanti da Stati e società
multinazionali favorevoli alla produzione di OGM, del tutto estranea agli interessi dei
cittadini, sia in grado di condizionare con efficacia e tempestività, tramite corruzione,
concussione, controllo dei mass-media, le scelte della Comunità Europea ad ogni livello.
Il risultato è che, nonostante la contrarietà diffusa presso l'opinione pubblica, sono state
introdotte sul territorio coltivazioni di OGM che producono un inquinamento irreversibile,
una volta introdotti nell'ambiente, di tutte le aree agricole. Di questo inquinamento
irreversibile parla anche la Direttiva 2001/18/CE, del Parlamento Europeo e del Consiglio,
del 12 marzo 2001: “gli organismi viventi immessi nell'ambiente in grandi o piccole
quantità per scopi sperimentali o come prodotti commerciali possono riprodursi e
diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così altri Stati membri; gli effetti di tali
emissioni possono essere irreversibili”.
In concreto, ciò significa che gli Stati, produttori degli OGM, debbono inquinare con gli
OGM stessi tutto il mondo per non restare fuori dai mercati e dai Paesi che rifiutano gli
OGM. Ma ciò significa anche che, inquinato irreversibilmente l'ambiente con gli OGM, il
produttore agricolo sarà per sempre privato del diritto millenario di coltivare vegetali
convenzionali (privi, cioè, di OGM) e, dunque, della libertà di produrli.
Di fronte alla gravità di ciò, e alla impossibilità di fare affidamento sulle istituzioni preposte,
appare quanto mai urgente chiamare in causa l'intera collettività, alla quale, almeno sulla
carta, appartiene la sovranità (di cui all'art. 1 della Costituzione) e il diritto-dovere di
scegliere, in prima persona, cosa coltivare e cosa mangiare per gli anni futuri. Tanto più
che la stessa Direttiva comunitaria sopra indicata, prevede la consultazione del popolo
prima di legalizzare l'introduzione di OGM in agricoltura e nell'ambiente.
Anche il protocollo di Cartagena, entrato nel nostro ordinamento con la legge 15 gennaio
2004, n. 27, impone una rigida valutazione dei rischi connessi all'utilizzazione, alla
manipolazione ed ai movimenti transfrontalieri degli OGM. L'art. 23, comma 2, di tale
legge (n. 27/04) più specificamente prevede che: 2Le Parti, conformemente alle loro
rispettive leggi e regolamenti, consultano il pubblico nel momento dell'adozione di
decisioni relative agli organismi viventi modificati che permettono.
Il quesito referendario sarà: "Volete che gli organismi geneticamente modificati, detti
OGM, sotto ogni forma o derivato, siano introdotti nell'ambiente, nell'alimentazione umana
ed animale, coltivati, prodotti, in Italia, sì o no". L'informazione del pubblico sull'argomento,
nei due mesi precedenti la consultazione, dovrà essere fornita dai mezzi radiotelevisivi
pubblici e privati secondo le regole previste per le consultazioni elettorali generali,
provvedendo, in ogni caso, a che gli spazi informativi, riservati ai favorevoli e ai contrari
all'introduzione degli OGM sul territorio, siano ripartiti in forma paritaria.
Il Dr. John Fagan si dedica da oltre 24 anni alle tecniche genetiche all'avanguardia nelle
ricerche sul cancro. Secondo Fagan, l'incapacità dei biologi di controllare e di prevedere
completamente le conseguenze delle alterazioni genetiche sugli organismi per
l'alimentazione è dovuta a tre fattori: la complessità dell'organismo ricevente; la tendenza
delle manipolazioni ricombinate del DNA a indurre mutazioni in punti casuali all'interno del
genoma dell'organismo ricevente; l'ambiguità e la specificità del tipo di cellula
dell'informazione genetica regolatoria.
La seconda fonte di incertezza riguardo agli effetti delle manipolazioni del DNA
ricombinato deriva dall'attuale tecnica, estremamente rozza, del trasferimento dei geni.
L'informazione genetica introdotta nell'organismo può essere definita precisamente in
sequenza, ma è inserita casualmente nel genoma dell'organismo ricevente. Ogni evento
d'inserzione è in realtà un evento mutageno casuale. Praticamente, trasferire dei geni
significa innestare un processo mutageno che può distruggere ognuno dei processi ai
quali partecipano il DNA e l'RNA e i luoghi dove accadranno tali mutazioni saranno
casuali, cioè incontrollabili: non c'è modo di prevedere che gene o processo di regolazione
verrà smembrato come risultato della mutagenesi indotta dal trasferimento. Inattivando o
alterando l'espressione dei geni che codificano gli enzimi, che catalizzano importanti
processi di biosintesi, gli eventi mutageni potrebbero alterare l'allergenicità del cibo o
renderlo tossico, o comunque alterare la qualità nutrizionale di un alimento.
Di fatto, le alterazioni genetiche hanno una definita probabilità di alterare le proprietà
dell'organismo, così che le proprietà del cibo da esso derivato saranno pericolose per la
salute. In molti casi, le procedure utilizzate per modificare gli organismi che producono gli
alimenti inseriscono non soltanto una ma diverse coppie di un gene nel genoma
dell'organismo ricevente; in questo modo, possono verificarsi molteplici eventi casuali
mutageni che aumenteranno fortemente la probabilità di alterare la qualità del cibo.
I rischi relativi alla manipolazione dei genomi degli organismi che producono alimenti, sono
inerenti ai meccanismi attraverso i quali le tecniche del DNA ricombinato provocano
trasformazioni genetiche. Questi rischi non possono essere sminuiti indicando il pomodoro
“FlavrSavr” (il primo ortaggio progettato geneticamente a venire commercializzato dalla
Calgene nel tardo 1991) e dicendo che con esso non vi sono stati problemi e che pertanto
altri prodotti transgenici saranno anch'essi probabilmente sicuri. Ogni organismo
transgenico che produce alimenti sarà sottoposto a differenti eventi di mutazione e
risponderà all'informazione genetica in esso introdotta in modo differente, portando ad una
serie di alterazioni inaspettate. Perciò, non vi sono giustificazioni scientificamente valide
per queste estrapolazioni.
Vi sono molti esempi nella letteratura della biologia molecolare nei quali i geni ricombinati,
caratterizzati in un tipo di cellula, sono espressi a livelli 100 volte o perfino 1.000 volte più
alti in un altro tipo di cellula dello stesso organismo. Tale differenze non possono essere
previste semplicemente conoscendo la sequenza dell'acido nucleico di un gene
ricombinato. Il solo modo per conoscerle è la raccolta di informazioni empiriche,
introducendo effettivamente il gene nel secondo tipo di cellula ed esaminando il risultato.
Se questo è il caso per differenti tipi di cellule all'interno di un singolo organismo, il livello
di imprevedibilità potrà certamente essere pari o maggiore per i trasferimenti nell'incrocio
delle specie del tipo comunemente eseguito dall'ingegneria transgenica in agricoltura: dal
momento che differenti proteine regolatorie sono espresse in differenti tipi di cellule e in
differenti specie, una data sequenza di DNA funzionerà come segnale di regolazione
soltanto in alcuni tipi di cellule e in alcune specie e non in altre. La nostra conoscenza del
“codice di regolazione” è incompleta.
Molte sostanze presenti nei cibi come risultato dell'ingegneria genetica saranno proteine
presenti soltanto in concentrazioni tracciate. Tuttavia, questi componenti aggiunti possono
sostanzialmente alterare sia le caratteristiche nutrizionali che biologiche presenti negli
alimenti. Oltre all'allergenicità, la ricombinazione delle proteine può manifestare una
varietà di altre attività biologiche: ad esempio, enzimi ricombinati possono catalizzare la
produzione di altri composti con attività biologiche normalmente assenti in un particolare
alimento, e tali sostanze possono agire come tossine, irritanti, ormoni mascherati, ecc. a
livello biochimico, cellulare, tissutale o organico per disgregare una vastità di funzioni
fisiologiche.
L' “eccellente” sicurezza registrata dalla tossina Bt applicata localmente non può dunque
garantire che gli alimenti derivati da piante trattate con l'ingegneria genetica per produrre
la tossina Bt siano del tutto sicuri.
LINKS
EFSA
Europabio
Liberi da OGM
Dichiarazione di Rio
QualityLowInputFood
http://www.associazionesum.it/
Protocollo di Cartagena
Principio di precauzione
OGM APOCALYPSE