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Capitolo primo

La prospettiva teorica delle rappresentazioni sociali

1.1

Le origini delle rappresentazioni sociali

1.1.1 Rappresentazioni sociali tra sociologia e psicologia


Si deve a Serge Moscovici lelaborazione della nozione di rappresentazione sociale, illustrata nel suo lavoro pi celebre sulla diffusione della psicanalisi alla fine degli anni 50 nella societ francese (Moscovici, 1961). Tale nozione era stata usata in precedenza da molti sociologi, che la impiegarono soprattutto come termine descrittivo per riferirsi a qualche fenomeno collettivo. Moscovici avverte che la psicologia sociale deve considerare le rappresentazioni sociali da una prospettiva diversa rispetto a quella adottata dalla sociologia, che le ha interpretate come date, come entit esplicative irriducibili attraverso qualsiasi ulteriore analisi. Si sapeva che le rappresentazioni sociali ricorrevano nella societ, ma nessuno si preoccupava della loro struttura o delle loro dinamiche interne. La psicologia sociale, daltra parte, e deve essere preoccupata esclusivamente della struttura e delle dinamiche delle rappresentazioni (Moscovici, 1984). Moscovici riconosce che il primo ad occuparsi delle rappresentazioni sociali indagandone struttura e dinamiche fu Piaget, nel suo studio sulla rappresentazione del mondo del bambino, che rimane un modello ancora oggi. Procedendo in questa direzione, Moscovici intende considerare le rappresentazioni sociali non pi come un concetto, bens come un fenomeno. Lo studio delle rappresentazioni sociali costituisce uno degli oggetti privilegiati di cui si occupa la psicologia sociale, in quanto esso non intende

aggiungere un nuovo argomento a quelli tradizionali, ma finalizzato ad analizzare ci che vi di comune in diversi ambiti - allapparenza separati e giustapposti - di questa disciplina, per giungere ad una visione unitaria e complessiva (si veda oltre). Moscovici (1992) nota che dopo essere stata il fenomeno pi caratterizzante della scienza sociale in Francia, la nozione di rappresentazione collettiva, da cui deriva poi quella di rappresentazione sociale, ha subito uneclissi che durata quasi cinquantanni, terminando solo verso gli inizi degli anni 60. Oggi si assiste ad una nuova diffusione della nozione di rappresentazione un po in tutte le scienze psicologiche e sociali; tra il momento della sua nascita e quello della sua ricomparsa, il concetto di rappresentazione collettiva ha subito notevoli trasformazioni. Per Moscovici linventore del concetto di rappresentazione Durkheim (si veda il paragrafo 1.1.2), che ne ha fissato i contorni e ne ha riconosciuto il diritto a spiegare i fenomeni pi vari nella societ. Dopo Durkheim ci fu Levy-Bruhl che affront questa tematica: egli sosteneva che lindividuo subisce la costrizione delle rappresentazioni dominanti nella societ ed nel loro quadro di riferimento che luomo esprime o pensa i suoi sentimenti. Queste rappresentazioni differiscono a seconda della societ in cui nascono e si sviluppano, perci ogni tipo di mentalit corrisponde ad un tipo di societ, alle istituzioni e alle pratiche che le sono proprie. In tal modo possibile classificare le societ umane in due tipi principali: le primitive e le civilizzate. Esse sono contraddistinte da due modi di pensiero opposti che permettono di parlare di una mentalit primitiva e di una mentalit civilizzata, la prima rivolta verso il soprannaturale, la seconda fondata su secoli di esercizio rigoroso dellintelligenza e della riflessione. Per Moscovici queste analisi meritano grande attenzione in quanto iniziano a liberare le strutture intellettuali e affettive delle rappresentazioni in generale. Nella seconda fase dello studio della nozione di rappresentazione collettiva, laccento si sposta dal carattere collettivo della rappresentazione alla sua dinamica ed in tale fase che si collocano gli studi di Piaget e di Freud.

Come per Levy-Bruhl a proposito dei primitivi, per Piaget il bambino non pi sciocco o inferiore rispetto al bambino pi grande, piuttosto pensa le cose in modo differente. Le rappresentazioni servono per differenziare il mondo del bambino da quello delladulto: la loro partecipazione alla societ diversa e si traduce attraverso le forme del pensiero, mentre il contenuto rimane individuale. Per Piaget il bambino e il primitivo manifestano nel loro pensiero lanimismo, lartificialismo, il realismo e altre fusioni non logiche tra gli aspetti dellambiente e i propri processi di pensiero. Per Moscovici Piaget, grazie alle sue ricerche, svela unanalisi che stabilisce la specificit delle rappresentazioni in termini psichici. Lo psicologo svizzero si distingue da Durkheim e da Levy-Bruhl in quanto nega lomogeneit delle rappresentazioni trasmesse nel corso delle generazioni in seno ad una collettivit. Differenziando la paralisi vera che ritrova le proprie cause nellanatomia scientifica dalla paralisi isterica che invece segue le vie di unanatomia basata sul sapere popolare, Freud evidenzia la forza delle rappresentazioni. A tal proposito, ancora pi pertinenti sono i suoi studi sulle teorie sessuali dei bambini, che raccolgono materiali dalla cultura circostante, tra i racconti e le leggende, per rispondere alle proprie urgenti domande sulla vita sessuale. In tal modo le teorie sessuali dei bambini risultano essere rappresentazioni condivise a carattere sociale: esse nascono dallinterazione tra le domande dei bambini, le loro osservazioni e gli orientamenti forniti dai genitori. Segnate dai conflitti psichici e dagli scambi sociali, le teorie sessuali rendono familiare ci che resta per il bambino misterioso e senza spiegazione. Allepoca in cui Moscovici pubblic il suo noto studio sulla diffusione della psicanalisi (1961), in psicologia sociale predominava linteresse per la cognizione sociale, che veniva generalmente studiata tramite i concetti di atteggiamento, comportamento. Tali nozioni caratterizzavano lapproccio statunitense della social cognition, che si differenzia - pur essendo ad esso complementare - da quello europeo delle rappresentazioni sociali in quanto questultimo concepisce la societ come sistema organizzato, assunto nella sua
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opinione,

immagine,

pregiudizio,

stereotipo

complessit e non pi come semplice aggregato di atomi sociali. In secondo luogo, lapproccio delle rappresentazioni sociali intende lindividuo come attore della vita quotidiana e agente di cambiamenti, contrastando cos ogni visione deterministica e meccanicistica. Infine, per questa prospettiva teorica europea fondamentale larticolazione tra individuale e sociale, che si evince dalla strutturazione, trasmissione e trasformazione di rappresentazioni inerenti contenuti implicati con dimensioni normative, ideologiche e valoriali: le rappresentazioni sociali sono la realt, non un filtro tra questa e il soggetto, e il sociale un prodotto collettivo e individuale, non uno scenario inerte (de Rosa, 1994a). La maggiore novit introdotta dallapproccio delle rappresentazioni sociali che esso punta a cogliere insieme la struttura e i contenuti delle cognizioni sociali, mettendo in rapporto i sistemi sociali complessi con gli individui, i rapporti simbolici con gli attori sociali (Doise, 1988). Integrando la prospettiva interazionista con quella costruttivistica, tale paradigma focalizza lattenzione sui processi sia sociogenetici che psicogenetici di attivazione, rielaborazione e ricostruzione delle rappresentazioni, e non solo sulla loro trasmissione sociale. Invece, lapproccio della social cognition privilegia la dimensione individuale, trascurando il contenuto e le origini sociali delle organizzazioni cognitive, come se esse fossero collocate in una sorta di vuoto sociale. Una spiacevole conseguenza dello sviluppo della social cognition che ha fatto s che molto spesso si trascurasse il contenuto della conoscenza sociale (Hewstone, 1992). Farr (1984) riferisce della disputa tra McDougall (1920), che parlava di mente di gruppo per dar conto dei fenomeni collettivi, e Allport (1924), che lo critic duramente sostenendo che lunica vera realt il comportamento che soltanto gli individui possono mettere in atto, mentre Mc Dougall attribuiva capacit di agire ad entit sovra-individuali come i gruppi. Almeno nello sviluppo della psicologia sociale sperimentale in America, furono le concezioni di Allport che alla fine prevalsero, a scapito di quelle di Mc Dougall. Per Farr questo spiega, almeno in parte, lethos non-sociale di molta psicologia sociale contemporanea americana e inglese; inoltre lo stesso fatto contribuisce ad evidenziare la prospettiva
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fondamentalmente diversa dellapproccio delle rappresentazioni sociali, che si interessano anche al principio organizzatore sociale, mentre la social cognition focalizza la propria attenzione sui meccanismi individuali interni. Perci le rappresentazioni sociali sono intese non come il prodotto di un processo di ricostruzione fondamentalmente stabile del mondo, ma come un principio organizzatore della conoscenza che mobile e che varia in rapporto alle situazioni contestuali (Amerio, 1995). Moscovici (1963) sostiene che le nozioni di atteggiamento, opinione, immagine, stereotipo, ecc., sono concetti relativamente statici e descrittivi che, pretendendo di analizzare separatamente le singole componenti, rischiano di frammentare e ostacolare una visione unitaria del fenomeno studiato. Al contrario, le rappresentazioni sociali sono in grado di integrare e superare le nozioni di atteggiamento, opinione, stereotipo, pregiudizio, in quanto esse costituiscono un concetto molare e multidimensionale, irriducibile alle singole componenti sopra citate. Infatti la peculiarit delle rappresentazioni sociali data proprio dallinterconnessione di questi elementi in un tutto organico che diverso dalla somma delle parti. Per Leyens (1986) la rappresentazione sociale simultaneamente una meta-percezione, una struttura dopinione, un super-atteggiamento, un immaginario collettivo individualmente balbettato, uno schema di pensiero, la ragione di una teoria implicita e il riflesso di unideologia. Senza dubbio, non un concetto in senso stretto, ma una nozione euristica. Tuttavia, pu essere utile analizzare le ricerche volte ad esplorare atteggiamenti, opinioni, immagini, pregiudizi, stereotipi e comportamenti, allo scopo di approfondire gli antecedenti culturali e di esaminare alcuni aspetti costitutivi delle rappresentazioni sociali (si veda il paragrafo 2.1, in riferimento alla tematica della malattia mentale). Ad esempio, per quanto riguarda lapproccio basato sul concetto di prototipo, Semin (1992) fa notare che anchesso, come quello delle rappresentazioni sociali, sinteressa alla tematica della categorizzazione sociale, intesa come la spiegazione e la comprensione delle persone, cio il modo in cui le categorizzazioni modellano le nostre azioni e reazioni e ci permettono di attribuire un significato alle azioni altrui. Tuttavia, mentre per la teoria delle rappresentazioni sociali la componente sociale fondamentale
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e ogni approccio ai processi di categorizzazione irriducibile alla dimensione individuale e soggettiva, per lapproccio dei prototipi lattenzione va focalizzata essenzialmente sullorganizzazione e sulla rappresentazione delle categorie allinterno della mente dellindividuo. Quindi, mentre la teoria delle rappresentazioni sociali focalizza lanalisi ad un livello propriamente socio-cognitivo, lapproccio dei prototipi si limita ad un livello puramente cognitivo, escludendo lanalisi dei processi sociali e simbolici, per evitare ogni rischio di soggettivit e di arbitrariet. Tuttavia, fa notare Bellelli (1994a), la nozione di prototipo pu essere utile per arricchire e completare lapproccio delle rappresentazioni sociali, in quanto essa contribuisce alla comprensione dei modi attraverso cui processi fondamentalmente sociali possono integrarsi nel sistema cognitivo dellindividuo. E indubbio che esistano rapporti anche tra il concetto di atteggiamento e quello di rappresentazioni sociali, tuttavia non facile determinare la natura di tali relazioni, anche per le posizioni discordanti assunte nella letteratura. Secondo Mc Guire (1986) la storia delle ricerche sugli atteggiamenti pu essere suddivisa in tre grandi periodi. Il primo (dal 1920 al 1930 circa) fu dedicato soprattutto alla misurazione degli atteggiamenti, nella seconda fase (tra il 1950 e il 1960 circa) furono esplorati i processi che stanno alla base del cambiamento di atteggiamenti, infine nellultimo periodo lapproccio tende ad essere pi strutturale e sistemico. Mc Guire individua poi due fasi intermedie, una collocata tra il 1935 e il 1955 circa, rivolta allo studio della dinamica di gruppo, mentre la seconda va dal 1965 al 1985 circa: nel corso di questultima fase le ricerche si concentrarono sul fenomeno della social cognition. Doise (1992a) colloca la comparsa delle ricerche sulle rappresentazioni sociali allinterno del secondo periodo illustrato da Mc Guire. Mentre il paradigma delle rappresentazioni sociali andava delineandosi ed affermandosi nel contesto della psicologia sociale europea, da un lato si schierarono quanti assimilavano tout court la nozione di rappresentazione sociale a quella di atteggiamento, accusando la ricerca che si ispirava alla prima di riciclare modelli empirici fino ad allora in uso nelle ricerche sugli atteggiamenti. Dallaltro lato furono realizzate analisi tendenti ad
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evidenziare gli elementi distintivi e quelli di interconnessione tra il concetto di atteggiamento e quello di rappresentazione sociale, riconoscendo a questultimo una pi ampia potenzialit euristica . Il concetto di atteggiamento stato oggetto di numerose interpretazioni ed stato operazionalizzato in modi diversi a seconda dellorientamento teorico degli autori. Le numerose accezioni di questa nozione spinsero Allport (1954) ad affermare che latteggiamento rappresenta il concetto pi caratteristico ed indispensabile della psicologia sociale contemporanea. La natura tridimensionale (cognitiva, affettiva e volitiva) dellatteggiamento e limpossibilit di stabilire in modo univoco articolazioni adeguate tra questo e il comportamento, hanno portato ad una insensata bipolarizzazione tra componenti cognitive, tra concettualizzazioni centrate sullo stimolo e modelli centrati sulla risposta, tra livelli esplicativi normativo-sociali e individuali (de Rosa, 1994a). Esaminando le relazioni intercorrenti fra il concetto di atteggiamento e quello di rappresentazioni sociali, Jaspars e Fraser (1984) evidenziano come lo sviluppo storico del primo abbia perso liniziale accezione in termini sociali e collettivi (prospettiva che si ritrova nella ricerca di Thomas e Znaniecki), per arrivare ad uninterpretazione sempre pi individualistica e modellata sulla natura emotiva disposizionale, pi che cognitiva (prospettiva propria di Allport). Dopo aver evidenziato che il grande impulso della letteratura verso la definizione di tecniche di misura degli atteggiamenti (il riferimento ai modelli di Likert, Thurnstone e Guttman) rinvia ad una visione strutturata dei sistemi di credenze come gerarchia di risposte valutative che presuppongono una rappresentazione condivisa, Jaspars e Fraser invitano a considerare gli atteggiamenti come risposte individuali basate su rappresentazioni collettive. Per Doise (1992a) le ricerche sulle rappresentazioni sociali offrono la possibilit di integrare gli studi dei sistemi di atteggiamenti degli individui con gli atteggiamenti basati su sistemi di rapporti sociali. Studiare come avviene lancoraggio degli atteggiamenti nel contesto dei rapporti sociali che li producono significa studiarli come delle rappresentazioni sociali.

1.1.2 Dalle rappresentazioni collettive alle rappresentazioni sociali


Moscovici mutu il concetto di rappresentazione sociale dal sociologo francese Durkheim, il quale alla fine del secolo scorso (1898) pubblic un articolo in cui distingueva le rappresentazioni individuali da quelle collettive, sostenendo che delle prime dovevano occuparsi gli psicologi, mentre le seconde erano di competenza dei sociologi. Tale distinzione era motivata dallidea (gi sostenuta da Durkheim nel suo studio sul suicidio del 1897) che i fatti sociali, cui si riferiscono appunto le rappresentazioni collettive, non possono essere spiegati in termini psicologici, ma necessitano di nozioni diverse e specifiche in quanto si trovano in una situazione di relativa indipendenza dalle nature individuali. Infatti per Durkheim le rappresentazioni collettive sono esterne alle coscienze individuali, poich non derivano dagli individui presi isolatamente, bens dalla loro associazione. Essendo un sociologo, Durkheim si occup quindi delle rappresentazioni collettive, precisando che esse sono collettive almeno in tre sensi: per le origini in quanto sono generate socialmente, per loggetto in quanto si riferiscono alla societ e per il fatto di essere comuni a tutti i membri di una societ o di un gruppo. Le rappresentazioni collettive costituiscono una realt sociale sui generis che comprende numerose forme intellettuali, quali la religione, la morale, la scienza, il mito, il diritto. Farr (1984) sottolinea che Durkheim, distinguendo fra loro le rappresentazioni individuali da quelle collettive, non fece altro che riproporre lidea di Wundt secondo la quale la psicologia sociale (Volkerpsychologie) doveva essere distinta dalla sola psicologia intesa come scienza individuale e sperimentale, in quanto la prima si occupa dei prodotti delle esperienze collettive, quali il linguaggio, il mito, la religione, il magico e altri fenomeni affini, che non possono essere spiegati nei termini della coscienza individuale, oggetto legittimo della sola psicologia intesa come scienza di laboratorio.

La distinzione di Wundt fra psicologia individuale e sperimentale e psicologia sociale venne trasformata da Durkheim in una suddivisione fra la psicologia, intesa come studio dellindividuo, e la sociologia che invece si occupa della societ e quindi delle rappresentazioni collettive. Pi tardi Durkheim aggiunse la necessit che dovesse crearsi una sottobranca della sociologia specificamente dedita allo studio delle rappresentazioni collettive: il riferimento era alla psicologia sociale. Con la sua ricerca del 1961 Moscovici pare raccogliere linvito di Durkheim a rendere le rappresentazioni collettive oggetto legittimo e specifico di questa disciplina. Per Moscovici (1984) le rappresentazioni sono tutto ci di cui disponiamo, sono ci cui il nostro sistema percettivo, cos come quello cognitivo, sono adattati. Il mondo con cui abbiamo a che fare sociale da ogni punto di vista, perci non ci arrivano mai delle informazioni che non siano state distorte da rappresentazioni sovraimposte circa oggetti e persone. Quando contempliamo qualsiasi oggetto o fenomeno la nostra predisposizione genetica ereditaria, le immagini e le abitudini apprese, le memorie preservate e le categorie culturali che usiamo, si combinano tra loro per rendere quegli oggetti e quei fenomeni cos come li vediamo. Le rappresentazioni svolgono due ruoli: in primo luogo, esse convenzionalizzano oggetti, persone, eventi, attribuendo loro una forma precisa, assegnandoli ad una certa categoria e definendoli in modo graduale quale modello di un certo tipo, distinto e condiviso da un gruppo di persone. Tutti i nuovi elementi aderiscono a questo modello e si integrano con esso. In tal modo sinserisce ogni esperienza in una realt predefinita dalle convenzioni, le quali permettono di sapere cosa sta per cosa, di riuscire ad interpretare un messaggio come significativo o invece come fortuito e trascurabile. Se si dimenticano lorigine e la natura convenzionale della rappresentazione, essa si fossilizza, ossia ci di cui essa lideale gradualmente si materializza, da effimero, mutevole e mortale diviene durevole, permanente e immortale. In secondo luogo, occorre ricordare la natura prescrittiva delle rappresentazioni, le quali simpongono agli individui e ai gruppi con unenorme forza, data dalla combinazione di una struttura che presente
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prima che si inizi a pensare e di una tradizione che stabilisce cosa dobbiamo pensare. Quindi, si tratta di rappresentazioni trasmesse ed elaborate nel corso del tempo, che vengono condivise da molti, influenzano la vita di individui e gruppi e vengono sempre ri-pensate da ognuno di noi. In tal modo le rappresentazioni controllano la realt di oggi tramite quella di ieri, grazie ad una sorta di continuit. Da qui emerge limmagine delle rappresentazioni come entit sociali dotate di una vita propria, in comunicazione fra loro e che cambiano nel tempo (si veda oltre). Moscovici (1988) sostituisce la nozione di rappresentazioni collettive con quella di rappresentazioni sociali per denotare un reale cambiamento di prospettiva, distinguendosi da Durkheim su due punti fondamentali. Il primo di essi dato dalla specificit della nozione di rappresentazione sociale. Durkheim ha considerato le rappresentazioni collettive in modo analogico con le categorie puramente logiche ed invarianti dello spirito in cui, nella sua prospettiva, sono inclusi tutti i modi di conoscenza (Palmonari, 1980). La nozione di rappresentazioni collettive comprende un insieme troppo vasto e differenziato di fenomeni sociali prodotti dalla comunit: tra di essi non c omogeneit, non possibile definirli in base a qualche carattere generale, inoltre esistono specifiche discipline che si occupano di ognuno di essi, quindi la psicologia sociale non pu pretendere di affrontarli tutti, per non rischiare di ostacolare una visione articolata del reale. Invece, le rappresentazioni sociali illustrate da Moscovici (1984) costituiscono un oggetto di studio unitario e qualificante della psicologia sociale. Esse rappresentano un modo specifico di esprimere la conoscenza in una societ e nei gruppi che la compongono. La specificit delle rappresentazioni sociali illustrata da Moscovici (1988) nel contesto della polemica con Jahoda, per il quale occorre fornire una definizione precisa delle rappresentazioni, adottare metodi di ricerca pi rigorosi e ritornare alle strutture e ai costrutti ben definiti della social cognition. Per rispondere alle critiche di Jahoda, Moscovici illustra la specificit delle rappresentazioni sociali: essa consiste nel fatto che tali strutture sono elaborate da un gruppo che si confronta ad un livello di realt molto intenso con un problema per esso molto saliente. Il prodotto di tale
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elaborazione assume le caratteristiche di una conoscenza condivisa da tutti i membri del gruppo sotto forma di una teoria del senso comune (si veda oltre). Le rappresentazioni sociali occupano cos una posizione particolare tra i concetti finalizzati ad astrarre il significato del mondo per ordinarlo e le immagini che riproducono il reale in un modo comprensibile (Palmonari, 1995). Le rappresentazioni sociali hanno sempre due facce tra loro interdipendenti: in una indicato il valore, nellaltra espresso con un simbolo il riferimento alla comunit nazionale, quindi esse fanno corrispondere ad un significato (o ad unidea) unimmagine e viceversa. Per Moscovici (1988) vi sono tre modi in cui le rappresentazioni possono divenire sociali, a seconda delle relazioni che intercorrono tra i membri del gruppo. In primo luogo, vi sono le rappresentazioni condivise da tutti i membri di un gruppo fortemente strutturato, come per esempio una nazione, una classe sociale o un partito, anche se non sono state elaborate dal gruppo stesso. Queste rappresentazioni egemoniche prevalgono implicitamente in tutte le pratiche simboliche o affettive e paiono essere uniformi e coercitive, riflettendo cos lomogeneit e la stabilit che i sociologi francesi avevano in mente quando le denominarono rappresentazioni collettive. Vi sono poi altre rappresentazioni che sono il prodotto della circolazione della conoscenza e delle idee che appartengono a sottogruppi in contatto pi o meno stretto entro un dato contesto sociale; ogni sottogruppo crea la propria versione e la condivide coi suoi membri. Queste sono rappresentazioni emancipate dotate di un certo grado di autonomia rispetto ai segmenti interagenti della societ. Esse hanno una funzione complementare tra loro in quanto risultano dallo scambio e dalla condivisione tra i sottogruppi di un insieme di interpretazioni e di simboli. Infine, vi sono le rappresentazioni generate nel corso del conflitto sociale che la societ nel suo complesso non condivide. Esse sono determinate dalle relazioni antagonistiche tra gruppi diversi e intendono essere mutualmente esclusive. Queste rappresentazioni polemiche devono essere viste nel contesto di unopposizione o di una lotta tra gruppi e sono spesso espresse nei termini di un dialogo con un interlocutore immaginario.
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Tali distinzioni enfatizzano la transizione dal concetto di rappresentazioni collettive, che forniscono una visione uniforme, alla visione differenziata delle rappresentazioni sociali, che sono pi vicine alla nostra realt. I contrasti tra i diversi tipi di rapporti sociali sono pi significativi di quello tra lelemento sociale e lelemento individuale. Le rappresentazioni sociali nascono dallelaborazione che ogni gruppo sociale attiva nei confronti di fenomeni singolari o di conoscenze acquisite nellesperienza diretta oppure tramite la comunicazione sociale, permettendo ai membri del gruppo di comportarsi e di comunicare in modo comprensibile (Moscovici, 1963). Tali fenomeni contengono riferimenti a sistemi di valore, alla morale, al diritto, alla religione, alla scienza, allideologia. I prodotti dellelaborazione sociale sono condivisi da tutti i membri del gruppo sociale tramite le cui interazioni avviene lelaborazione stessa. Pi in specifico, le rappresentazioni sociali sono sistemi cognitivi con un linguaggio e una logica propri, teorie o branche di conoscenza che consentono la scoperta e lorganizzazione della realt. Quando studiamo le rappresentazioni sociali, studiamo esseri umani che si pongono domande e cercano risposte, esseri umani che pensano, e che non solo manipolano informazioni o agiscono in un certo modo (); questa lessenza della cognizione sociale (Moscovici, 1981; traduzione mia). Jaspars e Fraser (1984) ritengono che le rappresentazioni sociali siano sociali almeno in tre sensi: i) riguardano la realt sociale nel senso strutturale e culturale del sociale; ii) sono sociali in origine e iii) sono ampiamente condivise, il che fa s che diventino parte della realt sociale stessa. Dal momento che si occupano di eventi singolari o di materiale simbolico gi esistente, le rappresentazioni sociali sono anzitutto dei nodi di ricostruzione sociale della realt (Palmonari, 1995). Si tratta di ricostruzione, e non di costruzione della realt sociale, come invece sostengono Berger e Luckmann (1966), anzitutto perch per elaborare una rappresentazione sociale si parte sempre da un fenomeno percepito come saliente o da una struttura materiale o intellettuale gi elaborata e non da un dato grezzo, poi

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perch tale rappresentare consiste nel ripetere o riordinare ci che gi stato ordinato altrove o da qualcun altro. Moscovici (1961) afferma che le rappresentazioni sociali sono collocate allincrocio di una serie di concetti sociologici e di concetti psicologici, in quanto per comprenderle occorre considerare da un lato il funzionamento cognitivo e dellapparato psichico, dallaltro il funzionamento del sistema sociale, dei gruppi e delle loro interazioni, in quanto essi sono coinvolti dalla genesi, dalla struttura e dallevoluzione delle rappresentazioni sociali. Anche per Chombart de Lauwe (1984) le rappresentazioni sociali si trovano nellinterfaccia tra i concetti psicologici e quelli sociologici, dal momento che esse costituiscono sia un meccanismo psichico, in quanto espressione della mente umana, che un meccanismo sociale, in quanto prodotto culturale. E fondamentale considerare entrambe le componenti delle rappresentazioni sociali, senza privilegiarne una a scapito dellaltra; pertanto possibile condividere le critiche rivolte a Piaget, il quale trascura la dimensione sociale delle rappresentazioni intendendole come processi indipendenti da ogni influsso ambientale. Anche per Jodelet (1984a) le rappresentazioni sociali si basano sul funzionamento cognitivo e psichico e su quello del sistema sociale. Lautrice, nel suo studio sulle rappresentazioni del corpo, afferma che esso si pone come oggetto privilegiato per la ricerca sulle rappresentazioni sociali in quanto permette di ritrovare il sociale in seno allindividuale, poi perch presenta delle affinit con gli oggetti che vengono tradizionalmente considerati quando si cerca di delimitare i sistemi cognitivi il cui contenuto e la cui organizzazione variano in gruppi sociali diversi. Il corpo, infatti, gode di uno status pubblico, sociale, e di uno status privato, soggettivo e quindi, per quanto lesperienza e la conoscenza del corpo possano essere condizionate socialmente, nella rappresentazione esse non possono fare a meno di articolarsi in un universo del discorso propriamente soggettivo, che modificher il senso e il contenuto delle acquisizioni sociali. Jodelet (1984b) individua poi sei diversi approcci allo studio delle rappresentazioni sociali: - Una prima ottica si collega allattivit puramente cognitiva in base alla quale il soggetto costruisce la propria rappresentazione
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- un secondo approccio pone laccento sugli aspetti significanti dellattivit rappresentativa - una terza corrente tratta la rappresentazione come una forma di discorso e fa derivare le sue caratteristiche dalla pratica di soggetti socialmente situati - Nella quarta ottica la pratica sociale del soggetto che presa in considerazione - per il quinto punto di vista il gioco delle relazioni tra gruppi determina la dinamica delle rappresentazioni sociali - infine unultima prospettiva, pi sociologizzante basa lattivit rappresentativa sulla riproduzione di schemi di pensiero socialmente costituiti, di visioni strutturate dalle ideologie dominanti Codol (1984) - in accordo con molti altri tra cui Farr (1984) - sostiene che lo studio sperimentale delle rappresentazioni sociali particolarmente problematico, in quanto esse costituiscono un concetto molto complesso, quindi difficilmente analizzabile in modo soddisfacente in situazioni di laboratorio. Per Codol questa difficolt ha condotto molti psicologi, in particolare sociali, a studiare le rappresentazioni in unottica cognitiva, la quale per riduttiva per questo concetto, che richiede invece un orientamento interdisciplinare. Tuttavia, lo studio delle rappresentazioni sociali non deve escludere lapproccio cognitivo, perch esso nel suo significato originario non riguarda solo le operazioni intellettuali, bens tutte le attivit in base alle quali lapparato mentale classifica linformazione in tipi di conoscenza, integrando cos le operazioni formali e lesperienza psicosociale. Infatti, tutte le informazioni circolanti nella societ sono strettamente connesse allesperienza sociale, che mette gli individui in rapporto tra loro. Per Codol allora le rappresentazioni sociali possono essere definite come sociali soprattutto perch sono costruite durante i processi di scambio e di interazione. Riflettendo sulle forme del pensiero naturale e sullattivit rappresentativa che di frequente lo sostanzia, Moscovici (1961) si chiede se il sistema cognitivo della rappresentazione sociale possegga determinate caratteristiche perch la mente umana conserva delle organizzazioni intellettuali proprie di un'et pi precoce o perch tali caratteristiche sono le
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pi adeguate per certe situazioni di interazione collettiva. Lautore conclude la sua riflessione affermando che, sia nel pensiero adulto che in quello infantile, sono operanti due sistemi cognitivi in grado di spiegare certi caratteri propri di entrambe le forme di pensiero: uno che attiva associazioni, induzioni, discriminazioni, deduzioni e un altro che controlla, verifica, seleziona con laiuto di regole; questultimo costituisce una sorta di metasistema (cognitivo) che rielabora la materia prodotta dal primo. Il metasistema costituito da regolazioni sociali che controllano, verificano, dirigono le operazioni cognitive. I principi organizzativi del metasistema variano nei diversi domini del pensiero adulto: essi possono esigere unapplicazione rigorosa dei principi logici, come nel dominio scientifico, o mirare soprattutto ad una coerenza di natura sociale, come nel caso di controversie di diversa natura. La social cognition coi suoi costrutti si interessata solo al sistema cognitivo, trascurando il metasistema, mentre lapproccio delle rappresentazioni sociali li considera entrambi, mettendo a fuoco le regolazioni attivate dal metasistema sociale sul sistema cognitivo. Perci, lo studio delle rappresentazioni sociali consiste anzitutto nellanalisi di tali regolazioni, nelle situazioni in cui sia esplicito il rapporto tra esso e le posizioni specifiche occupate dagli attori sociali che le esprimono. Da ci emerge chiaramente limportanza attribuita dallapproccio delle rappresentazioni sociali al significato (contenuto) delloggetto esaminato e al contesto in cui esso posto. Quindi, il compito primario della psicologia sociale per Moscovici quello di indagare i rapporti tra le regolazioni sociali e il funzionamento cognitivo. Per Doise (1992b) sia nei bambini che negli adulti il funzionamento cognitivo e le regolazioni sociali sono strettamente legati, in quanto le seconde originano organizzazioni cognitive che consentono nuove forme di partecipazione alle regolazioni sociali, che risultano in nuove competenze cognitive individuali, le quali a loro volta potranno svilupparsi ancora a partire da nuove interazioni sociali. Tuttavia, ci non implica che le dinamiche del metasistema sociale modifichino continuamente il funzionamento cognitivo individuale: gli interventi del sociale nel cognitivo

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possono richiedere nuovi modi di funzionamento cognitivo, ma possono anche continuare a basarsi su quelli abituali e gi rodati. Di recente Potter e Litton (1985) hanno individuato un vizio di circolarit nella teoria elaborata da Moscovici: determinati gruppi sono detti differenziarsi in rapporto al possesso di certe rappresentazioni sociali, ma al contempo possono essere identificati come gruppi proprio in base al possesso di rappresentazioni sociali diverse. Secondo i due autori tale teoria fornisce uninsufficiente elaborazione della nozione di consenso, in quanto esso viene assunto a priori e non pi verificato. Non si possono identificare le rappresentazioni sociali come entit intrinsecamente legate ai gruppi sociali, meglio parlare invece di diversi repertori interpretativi, disponibili nel linguaggio e usati dagli individui, anche in modo non alternativo. Bellelli (1994b) sostiene che limitativo e fuorviante intendere il carattere sociale (il consenso) delle rappresentazioni in termini di non variabilit delle opinioni intragruppo, in quanto si rischia di ricadere in una rappresentazione semplicemente frequentista ed estensionale. E invece possibile che vi siano opinioni omogenee anche in gruppi sociali diversi e al contempo grosse differenze allinterno di uno stesso gruppo sociale, o addirittura in uno stesso individuo in momenti diversi o in rapporto a temi differenti. E ormai una realt quotidiana la diffusione operata dai mass media di molteplici elaborazioni e punti di vista, anche molto eterogenei tra loro, che entrano a far parte del patrimonio culturale degli individui. Diviene quindi possibile condividere temi ed opinioni di altri gruppi, tanto pi che ognuno di noi appartiene simultaneamente a pi gruppi e categorie sociali, perci le nostre opinioni vengono influenzate da molteplici appartenenze. Sar allora la situazione in cui ci si trova a far prevalere una certa appartenenza e quindi a far emergere determinate rappresentazioni a scapito di altre. Inoltre, ogni situazione sociale di tipo contrattuale, in essa perci opinioni e punti di vista vanno negoziati ed argomentati. Le opinioni invocate come proprie saranno sostenute in modo pi netto quando l'appartenenza categoriale evocata avr un forte impatto anche emozionale sulla vita degli individui e sar alimentata dalla partecipazione a gruppi sociali che richiamano in modo diretto tale appartenenza categoriale.
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