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Premessa
Questo quaderno è aperto ai contributi di tutti coloro (genitori, figli, nonni,
educatori, psicologi, ecc.) che siano d'accordo con le sue linee generali e ne
condividano gli obiettivi.
E' diviso in due parti: una prima teorica e una seconda che raccoglie esperienze di
educazione nonviolenta.
Ci ispiriamo alle idee del Nuovo Umanesimo, così sintetizzate:
Introduzione
Cerchiamo di definire cosa intendiamo per nonviolenza, è una parola dal significato
ancora poco chiaro.
Può essere l'intenzione di non nuocere all'altro e in più un determinato sistema di
concetti morali che negano la violenza.
Il Nuovo Umanesimo si sforza di ridurre la violenza ai minimi termini, nella
prospettiva di superarla completamente e di avviare tutti i metodi e le forme per
risolvere contrapposizioni e conflitti lungo i binari della nonviolenza creativa.
E' una tattica di lotta applicata a situazioni definite in cui si verifica qualunque tipo
di discriminazione.
La scriviamo senza trattino per non ritenerla semplicemente il rifiuto della violenza
ma un nuovo valore.
Per noi l'educazione non è l'insieme degli interventi volti a formare la personalità di
un individuo, come se fosse una statua d'argilla da modellare.
Consideriamo l'Essere Umano (perciò anche un bambino), non un contenitore
vuoto da riempire, ma un Essere con una coscienza attiva, in grado, con la propria
azione, di trasformare il mondo.
La funzione dell'educatore è abilitare le nuove generazioni nell’esercizio di una
visione plurale e trasformatrice della realtà, che promuova l’ampliamento e lo
sviluppo delle migliori qualità di ognuno.
Un’educazione elementare deve mirare allo sviluppo di un modo di pensare basato
sulla coerenza tra ciò che si pensa, si sente e si fa.
Questo significa anche che la gente dovrebbe fare ciò che predica uscendo dalla
retorica ipocrita che avvelena le nuove generazioni.
Nel contesto infantile la pratica nonviolenta dovrebbe iniziare primariamente dalla
relazione tra gli adulti, per trasmettere un modello, altrimenti il resto che diciamo o
facciamo perde di valore.
L'educazione dovrà stimolare inoltre la sensibilità e facilitare lo sviluppo emotivo
poiché è attraverso l’emotività che l’essere umano ha percezione di se stesso in
termini di felicità.
Infine dovrà insegnare a prendere contatto con il proprio corpo e a governarlo con
scioltezza perché è lo strumento di espressione dell’intenzionalità umana.
La risposta violenta
La risposta nonviolenta
Fonti: Wikipedia, Dizionario del Nuovo Umanesimo (Silo), Pedagogia della diversità
(Aguilar- Bize), Io voglio, tu non vuoi (Patfoort), Umanizzare la Terra (Silo), Sintesi
Area Educazione Forum Umanista Toscano (Nov-2007), Discorsi di Silo Punta de
Vacas 2004 e 2005
Esperienze
Titolo: La fretta
Luogo: Bresso (MI) Italy
Periodo: 2007
Protagonisti: Stefania 26 anni (mamma), Ruben 3 anni, Kesia 1 e mezzo (figli)
Riferimento: stefylimbiate@tiscali.it
Descrizione:
Quando ho fretta e devo uscire con i bimbi tutto diventa difficile e teso. Sembra
che facciano apposta a rallentare le cose: Ruben non vuole fare pipì, Kesia non
vuole vestirsi, Ruben non vuole uscire ma giocare…
Se mi fermo un attimo e riesco a prendere distanza dalla situazione capisco che
non è in gioco solo la mia volontà e mi chiedo se tutte e tre le persone vogliono
uscire.
Posso anche dirmi che le mie necessità sono le più importanti e imporre misure
drastiche per obbligare i figli a seguirmi ma alla fine perdo molte energie, mi
rimane una brutta sensazione e mi immagino che alla prossima occasione tutto si
ripeterà allo stesso modo.
Oppure posso decidere di prendere in considerazione quello che desiderano i
bambini e comportarmi in un altro modo.
Loro non amano i cambiamenti dei programmi abituali, soprattutto se repentini e
non motivati; gli piace giocare e sperimentare tutto sotto forma di gioco e in modo
allegro. Accettano le spiegazioni ma hanno bisogno di tempo per integrarle e per
dare una risposta. Spesso quello che interpretiamo come rifiuto è semplicemente
un tempo “tecnico” per elaborare quello che devono fare.
Quando riesco, cerco di prepararmi per tempo e avere un margine per relazionarmi
con loro, spiegargli dove andiamo e cosa faremo; ripeto più volte durante la
giornata o la sera prima il programma; cerco di coinvolgerli, gli lascio tempo di
abituarsi all’idea e, al momento dell’uscita, se il muro che fanno è ancora grosso,
ho le forze e l’armonia per presentare la cosa in modo ludico.
In particolare, in questi giorni in cui ho cambiato lavoro e devo prendere il treno più
presto di prima, mi è capitato una volta che veramente eravamo in ritardo oltre
ogni limite. Mentre scendevamo con l’ascensore ho spiegato a Ruben (che di solito
accompagno all’asilo) come mi sentivo, che ero nervosa perché avevo paura di
perdere il treno e di arrivare al lavoro in ritardo e non era il caso visto che avevo
appena cominciato ad andare in questo posto nuovo, e il signore con cui lavoro
poteva arrabbiarsi. Così gli ho chiesto un aiuto, e ho proposto di giocare a Speedy-
mamma e Speedy-Ruben, che consisteva nel fare le cose più velocemente
possibile. Può sembrare banale ma ha funzionato alla perfezione, non solo il gioco,
ma proprio aver cercato di trasmettergli cosa mi stava succedendo. Come mai
successo, Ruben, arrivato all’asilo con una corsa da record, mi ha dato un bacio ed
è filato in classe con una velocità incredibile… e io non ho perso il treno… Anche
nei giorni successivi ho cercato di spiegargli meglio questa mia tensione la mattina
e lui ha fatto delle domande per capire meglio. Diciamo che mi sono sentita più
alla pari con questo meraviglioso esserino.