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ELEGIA DELLO SPORT IN TELEVISIONE Uno dei traumi delladolescenza difficile di Nick Hornby fu il non poter vedere la finale

della
coppa dInghilterra 1971, Arsenal-Liverpool. Come sanno i lettori del romanziere inglese il calcio era divenuto per lui progressivamente una ragione di vita, soprattutto dopo la separazione dei genitori. Hornby stava incominciando a sperimentare la sua divorante passione per lArsenal, vissuta soprattutto, anzi esclusivamente, frequentando il cantuccio dei piccoli nello stadio di Highbury che per noi italiani ricorda soprattutto un epico e traumatico Italia-Inghilterra perso per tre a due nel 1934. Quel pomeriggio lo scrittore inglese, pur essendo a Londra, non pot andare o farsi accompagnare a Wembley. Quindi nellanno mirabile della squadra visceralmente adorata, lArsenal aveva vinto anche il meno importante campionato, anche qui senza il suo piccolo tifoso, Hornby rimase tagliato fuori, senza nemmeno unimmagine di questa gloria. Infatti in Inghilterra, allora, il calcio in televisione praticamente non cera. Quello stesso pomeriggio dellotto maggio 1971 chi scrive si avvicin svagatamene al video, prov ad accendere e vide con piacevole sorpresa formarsi sullo schermo i contorni del campo di calcio. La passione divorante stava prendendo anche me, quindi rimasi incantato dalle immagini di un gioco, di un mondo, lontanissimi allora dal nostro. Vidi per intero e con gioia ci che allora al povero Hornby tanto pi direttamente coinvolto di me, doveva restare crudelmente negato. Ricordo come se fosse ora i tre gol nei tempi supplementari e il trionfo finale dei Gunners. Questo episodio emblematico del fatto che la nostra televisione in quegli anni era davvero una finestra sul mondo. Non solo grazie ad Andrea Barbato e alle sue corrispondenze dallAmerica, alle interviste ad Adorno, ai primi reportage di Gianni Min. Questo valeva per gli adulti, ma noi giovinetti collocati tra le ultime elementari e le medie non ci sentivamo affatto trascurati. I ragazzini inglesi conoscevano Pel quasi solo di nome, noi lo seguivamo nelle partite essenziali, tra cui quella in cui lasci la nazionale nello stesso 1971, il che ci dava unidea precisa di noi e degli altri, degli stili e delle tradizioni diverse. A quellet lo sport una ragione di vita, quasi unica e dal vivo potevamo vederne poco. In partenza non ne sapevamo niente. Lentamente la mia generazione venne educata allatletica e al pugilato da Rosi, allequitazione da Giubilo, al ciclismo da De Zan. Imparavamo molto sulla tecnica dei vari sport, ci divertivamo moltissimo, soffrivamo per lo strapotere di Eddie Merckx, per le false partenze e le squalifiche di Fiasconaro. Intanto inavvertitamente ci rendevamo conto che si potevano raccontare storie di uomini, di imprese certo, ma anche di debolezze, di dolori pi o meno dissimulati, di angosce, anche. Sul video apparivano degli esseri umani, che si raccontavano con ironia tagliente, con arguzia o con mestizia. La sede principale di questi ritratti era la Domenica sportiva di Alfredo Pigna, un grande giornalista napoletano forse non abbastanza ricordato. Oggi pu sembrare incredibile. Pigna si trasferiva per intere giornate presso i luoghi allenamento, conviveva con i campioni, chiacchierava con loro a ruota libera davanti ala telecamera. Certo, perch queste lunghe chiacchierate andassero per il verso giusto era indispensabile, riconosceva lui stesso, ingranare umanamente con i protagonisti dello sport. Queste due parole, infinito pi avverbio mi sono affiorate giorni fa dolorosamente alla memoria come la testimonianza di un mondo e di un modo di comunicare che mi sembra completamente scomparso. Nellet dei reality show surrettiziamente programmati, delle banalit infarcite di aggressioni pubblicitarie, di programmi costruiti sugli ascolti e falsamente stucchevolmente commentati i tempi in cui la nostra educazione ci aveva illuso ci appaiono irrimediabilmente

perduti.

Renato Calapso

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