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LALLEVAMENTO
DEL SUINO ALLAPERTO
Gal n. 6
Altopiano di Asiago 7 Comuni
dallAstico al Brenta
CP
Osservatorio
Innovazione
INDICE
pag.
Presentazioni
INTRODUZIONE
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PROGETTAZIONE DELLALLEVAMENTO
Scelta e preparazione del terreno
Suddivisione delle aree di allevamento e recinzioni
Ricoveri per i riproduttori, i lattoni e lingrasso
Attrezzature per lalimentazione e labbeveraggio
Scelta del tipo genetico
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13
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32
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ALLATTAMENTO E SVEZZAMENTO
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ACCRESCIMENTO E INGRASSO
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GESTIONE SANITARIA
Malattie infettive di natura batterica
Malattie infettive di natura virale
Parassitosi
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49
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53
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PER APPROFONDIRE
Ringraziamenti
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PRESENTAZIONE GAL 6
Uno degli obiettivi del programma Comunitario Leader II era quello di promuovere azioni che rappresentassero modelli di riferimento per le realt produttive del comparto interessato, e che potessero essere a queste trasferite, innestando processi economici rinnovabili nel tempo.
Il progetto relativo alla valutazione dellallevamento del suino allo stato
brado si inserisce a pieno titolo in questottica: un plauso va perci allo staff
tecnico-scientifico di Veneto Agricoltura, che, anche attraverso il presente
manuale, ha saputo fornire interessanti spunti di riflessione e utili indicazioni
operative agli operatori del settore.
IL PRESIDENTE DEL GAL N. 6
ALTOPIANO DI ASIAGO 7 COMUNI
DALLASTICO AL BRENTA
Agostino Bonomo
INTRODUZIONE
Bisogna per notare come in Italia, nonostante le favorevoli condizioni climatiche, lallevamento del suino allaperto sia quasi inesistente, fatta eccezione per
alcune recenti esperienze (in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria,
Calabria e Sicilia) in parte collegate allaffermarsi di produzioni tipiche di nicchia
e allattivit di agriturismo. questo il caso del recupero di razze rustiche tradizionali - come ad esempio la Cinta Senese, la Mora Romagnola e il suino nero
delle Madonie e di Calabria, mai considerate dallallevamento intensivo.
Tra le esperienze pi interessanti e continuative si ricorda quella condotta da
Veneto Agricoltura da oltre 5 anni, in diversi terreni della pianura e collina veneta, grazie anche al supporto ricevuto dal progetto comunitario Leader II (Gal 6
Asiago - 7 Comuni, dallAstico al Brenta e Gal 10 - 11 Patavino) e dalla Regione
Veneto (Programma Interregionale Agricoltura e Qualit).
La sperimentazione ha certamente superato lo stadio di semplice studio di
fattibilit e adattamento allo specifico ambiente pedoclimatico, e ora guarda alla
diffusione di questo sistema di allevamento, anche in considerazione della cresciuta attenzione degli allevatori e dei consumatori per le produzioni animali con
metodo biologico.
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Lallevamento intensivo dei suini in Italia, sia esso a ciclo chiuso - riproduzione e
ingrasso - o limitato alle sole fasi di accrescimento e ingrasso, viene praticato in strutture porcilaie la cui tipologia si sempre pi standardizzata nel corso degli ultimi venti
anni. Nelle varie fasi dellallevamento gli animali sono alloggiati in gabbie o box (singole o di gruppo) su pavimenti pieni o fessurati, senza uso di lettiera. Le deiezioni-liquami
sono raccolte in apposite vasche di stoccaggio per un periodo di maturazione, prima
dellutilizzo come fertilizzante organico sui terreni.
La concentrazione di animali per unit di superficie e cubatura delledificio molto
elevata e ci comporta il ricorso a sistemi meccanici (ventilatori, aspiratori ecc.) per la
ventilazione e il controllo termico, soprattutto nelle sale parto e svezzamento. Inoltre, si
assiste ad una maggiore incidenza delle patologie infettive, soprattutto quelle respiratorie e quelle legate allapparato genitale delle scrofe, e conseguenti interventi terapeutici di massa, dovute sia all'elevata concentrazione di gas e polveri, sia alla presenza
continua di deiezioni sui pavimenti.
Il costo di costruzione del singolo posto stalla/capo risulta sempre molto elevato e
solo parzialmente compensato dalla possibilit di abbattere, grazie alle alte densit di
allevamento, i costi di ammortamento della struttura.
Da queste considerazioni nata la necessit di unanalisi critica del sistema, che a
sua volta ha dato il via a sperimentazioni volte a verificare la possibilit di ridurre queste
voci di costo. Positive, ma limitate, risultano le esperienze di gestione in gruppi dinamici su lettiera delle scrofe gestanti e dei suinetti in post-svezzamento, mentre nella fase
di ingrasso la lettiera trova scarsa applicazione per gli elevati costi di gestione. La
necessit di reimpostare pi o meno drasticamente il modello di allevamento dei suini
si fatta inoltre pi urgente sotto la spinta dell'opinione pubblica e del legislatore in
materia di impatto ambientale (spargimento dei liquami, odori ecc.), di benessere degli
animali in allevamento e di qualit dei prodotti di origine zootecnica. In questottica, l'allevamento dei suini all'aperto pu rispondere positivamente alle problematiche sopra
ricordate, anche se il primo ostacolo che lallevatore deve superare nellaffrontare questa nuova modalit di allevamento, senza dubbio di ordine culturale.
Lallevamento allaperto dei suini pu rappresentare una valida opportunit di integrazione al reddito aziendale sia per coloro che non hanno alcuna esperienza nel settore sia per quanti conducono gi un piccolo allevamento e sono intenzionati ad
ampliarlo, avendo a disposizione terreni nelle vicinanze del centro aziendale, ma senza
voler affrontare ingenti investimenti di capitali.
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PROGETTAZIONE DELLALLEVAMENTO
Una approfondita fase progettuale dovrebbe sempre precedere linizio di una attivit di allevamento, soprattutto quando non si possiede una adeguata esperienza relativamente ai comportamenti e alle esigenze degli animali. Poich gli eventuali errori in
fase di impostazione della struttura possono compromettere anche pesantemente la
redditivit dellallevamento, si consiglia di visitare lAzienda Pilota e Dimostrativa Sasse-Rami (Ceregnano, Ro) di Veneto Agricoltura o di incontrare altri allevatori che gi
utilizzino questo sistema. Se non si possiede alcuna esperienza di allevamento dei
suini, inoltre, consigliabile iniziare con un gruppo di 10-15 scrofe, in modo da esporsi con un modesto impiego di capitali.
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I terreni sabbiosi - dotati di maggiore permeabilit - si prestano quindi meglio allallevamento, anche se possono provocare col tempo, negli animali pi vecchi, abrasioni alle unghie. Anche un terreno eccessivamente ricco di scheletro pu provocare
delle lesioni traumatiche ai piedi dei riproduttori pi vecchi, sulle quali si sviluppano poi
infezioni secondarie. In questi casi bisogner prevedere delle vasche di disinfezione,
contenenti soluzioni di acqua e formalina al 10% o solfato di rame al 5% (trattando 3
volte al giorno per 7-10 giorni) poste lungo i corridoi di movimentazione degli animali.
I terreni destinati allallevamento devono comunque entrare in un sistema di rotazione poich, per ragioni sanitarie - insorgenza di parassitosi - non consigliabile
mantenere ininterrottamente gli animali sulla stessa area per pi di 2 anni. Il branco
dovrebbe quindi essere dimensionato in base alla disponibilit di terreno per la rotazione, iniziando lattivit su un prato al secondo anno di produzione: la presenza del
cotico erboso si presta infatti meglio al calpestamento e pascolamento degli animali,
rispetto a un terreno arato di recente, oltre a permettere un migliore utilizzo degli elementi fertilizzanti presenti nelle deiezioni, evitandone il dilavamento.
Nella pianificazione delle rotazioni, considerata la fertilit residua dovuta alle deiezioni animali, sicuramente da preferire la coltivazione di cereali, seguita da un prato
polifita per la ricostituzione del cotico erboso, nellobiettivo di un ritorno dei suini lanno successivo.
Indipendentemente dalla rotazione scelta occorre sempre ricordare che:
preferibile effettuare le semine con la tecnica delle minime lavorazioni (estirpatura
o fresatura del terreno) o semina diretta su sodo;
si consigliano ripuntature profonde per aumentare il drenaggio dei terreni ricchi di
argilla;
in presenza di prati polifiti permanenti, bene adeguare il carico di suini in modo da
non danneggiare il cotico erboso ed eventualmente spostare gli animali anche pi
volte nello stesso anno.
Se nelle aree destinate allallevamento sono presenti prati polifiti o vegetazione
spontanea, necessario verificare lesistenza di specie tossiche per i suini.
Sebbene il livello di tossicit sia variabile e dipenda dallo stato vegetativo della
pianta, dalla quantit ingerita e dallo stato fisiologico degli animali (i suinetti e le scrofe gestanti risultano i pi sensibili), tra le piante pi pericolose - quando presenti in elevata quantit - si ricordano le felci, la veccia (Vecia spp.), la cicerchia (Lathyrus sativus L.), il ramolaccio (Raphanus raphanistrum niger), il senecio o senecione
(Senecio vulgaris L.), il lupino giallo (Lupinus luteus) e lelleboro (Helleborus
niger L.). Per quanto riguarda il carico di animali per unit di superficie, si deve
tener conto dei limiti imposti dalla legislazione nazionale e regionale in materia
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Figura 1
Tabella 1
Anni
Rotazione A
Rotazione B
Rotazione C
primo
prato polifita
(terreno ripuntato e
semina su sodo)
orzo +
prato polifita in
semina primaverile
orzo +
prato polifita
(semina primaverile)
suini
suini
(da aprile a ottobre,
accresc.-ingrasso)
prato (nov.-apr.)
secondo
suini
terzo
suini
suini
suini dopo 1
sfalcio del prato
(da aprile a ottobre,
accresc.-ingrasso),
prato (nov.-apr.)
quarto
mais/frumento
orzo +
prato polifita
(semina primaverile)
suini dopo 1
sfalcio del prato
(da aprile a ottobre,
accresc.-ingrasso)
quinto
prato
(semina autunnale)
suini dopo il 1
sfalcio primaverile
suini
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Una volta individuata larea da destinare allallevamento e accertato che le caratteristiche del terreno siano idonee allo scopo, necessario tracciare i recinti e le aree
da destinare alle diverse fasi del ciclo produttivo.
Questo aspetto assume particolare importanza soprattutto se si intende sviluppare lintero ciclo - riproduzione e ingrasso - mentre risulter pi semplice se si punta solo
alla fase di ingrasso.
La suddivisione delle aree in un allevamento a ciclo chiuso pu seguire due diverse tipologie: a settori squadrati e a raggiera. La scelta dipende essenzialmente dalla
disponibilit di terreno, dal sistema di rotazione adottato, dalla viabilit interna allazienda, nonch dalla distanza dal centro aziendale, in cui vengono stoccati gli ali-
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menti, le attrezzature e sono localizzati gli edifici per la fase di ingrasso (porcilaie
tradizionali o tettoie semiaperte).
Il sistema a settori squadrati-rettangolari si presta bene per corpi aziendali e
branchi di piccole dimensioni. In ogni caso dovr essere assicurata, attraverso la
presenza di adeguati corridoi di movimentazione, una buona viabilit per lo spostamento degli animali e tutte le operazioni gestionali.
corsie di servizio
parto-allattamento
controllo
scrofette
inseminazione
inseminazione
verri
verri
corsie di servizio
parto-allattamento
post-svezzamento
gestazione
abbeveratoi
gestazione
gestazione
recinzioni interne
recinzione esterna
Figura 2
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Figura 3
Nonostante queste caratteristiche, grazie alla sua funzionalit, questo sistema molto diffuso nella realt inglese, in centri aziendali di dimensioni mediograndi (18-20 ha), ma caratterizzati da terreni di scarsa fertilit, dove sono stati
creati allevamenti di 200-250 scrofe (solo riproduzione e post svezzamento)
gestiti con manodopera familiare (circa 2 unit lavorative).
Indipendentemente dalla tipologia di allevamento adottata, bene prevedere:
1-2 aree di controllo e addestramento dei giovani animali alla recinzione elettrica (fili
ben visibili intervallati da nastri colorati, o fili elettrici posti internamente e opportunamente distanziati da una recinzione di rete metallica);
due o pi aree di stimolazione, individuazione dei calori e copertura;
almeno 3-4 aree per la gestazione;
alcuni parchetti per i verri a riposo;
diverse aree di parto in base al numero di scrofe, in modo da formare gruppi parto di
almeno 6-8 scrofe;
un'area separata dove sistemare i cassoni-hangar o le capannine con relativi parchetti, per i lattoni nella fase di post svezzamento.
Il contenimento degli animali allinterno delle aree di allevamento avviene tramite
perimetrazione delle stesse con paletti e fili metallici che conducono elettricit a basso
voltaggio derivata da una batteria o un trasformatore connesso alla rete aziendale.
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Area di servizio
e movimentazione
Area per
le capannine
di post-svezzamento
Recinti di
inseminazione
(4 capannine )
Figura 4
Corridoi di accesso
Recinti di
gestazione
(30 capannine)
Recinti per
laddestramento e il
controllo delle
scrofette e
verri a riposo
(4 capannine )
Area per
le capannine
di post-svezzamento
Recinti
parto
allattamento
(60 capannine)
Abbeveratoi
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Figura 5
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Figura 7 Capannina per parto allattamento con barriere esterne per impedire
luscita dei suinetti nei primi giorni post parto (modello prodotto da ditte
del settore)
21
Figura 8
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saggio della scrofa e limitare nel contempo l'entrata di correnti fredde (figura 10).
Tutte le capanne devono essere orientate in modo che lentrata si trovi sottovento
rispetto alla direzione dei venti dominanti. Una piccola barriera a forma di ferro di cavallo, alta 30-35 cm e lunga 1,1-1,2 m, posta di fronte allentrata della capannina, per
impedire lallontanamento dei piccoli suinetti.
Le capannine non hanno pavimentazione e di norma sono appoggiate direttamente sul terreno, sul quale viene steso uno strato di lettiera (almeno 25-30 cm) di paglia,
segatura o altri residui vegetali.
buona norma prevedere lancoraggio delle capannine al terreno mediante picchetti removibili di 40-50 cm. Senza questo accorgimento, infatti, le capanne possono
essere spostate dalle scrofe, col grugno quando non presente lanello al naso, che
quindi consigliabile apporre (salvo specifico divieto dell'Organismo di Controllo in caso
di allevamento secondo il metodo biologico).
Figura 9
Particolare delle barre anti-schiacciamento, poste allinterno di una
capannina parto allattamento
Figura 10
Particolare dell'entrata di una capannina
parto allattamento con i fogli di PVC posti a
protezione dei suinetti dalle correnti d'aria
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Nei mesi di maggior piovosit e in presenza di terreni con scarsa permeabilit, pu risultare utile sollevare le capannine dal terreno appoggiandole su supporti di vario tipo (pali, traversine di legno, ecc.). Tutte le capannine devono inoltre presentare 1 o 2 punti di aggancio nella parte superiore, in modo da poterle
facilmente sollevare e spostare utilizzando il braccio di sollevamento del trattore.
Le capanne di ricovero per le scrofe in gestazione necessitano di minori
accorgimenti tecnici rispetto a quelle destinate al parto. Normalmente hanno
forma a mezzaluna o hangar, con dimensioni variabili da 10 a 16 m2 o pi, in
modo da poter accogliere da 4 a 6 scrofe gestanti (almeno 2,5 m2/scrofa).
Laltezza pu variare da 1,2 a 1,7 m, a seconda della tipologia costruttiva, prevedendo sempre 1-2 aperture - prese daria - sulla tamponatura opposta allentrata, per facilitare il ricambio d'aria nella stagione calda.
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Figura 15
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per evitare che i residui di mangime sul terreno possano richiamare gli uccelli, veicolo di potenziali patologie per i suini, consigliabile proteggere larea
di alimentazione con reti ombreggianti o teli impermeabili.
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Figura 18
Particolare della cassetta porta mangime, con carico dall'esterno, nella
capanna di post-svezzamento
Nei recinti sempre consigliabile predisporre almeno due punti di abbeveraggio, per evitare che la scrofa dominante possa allontanare le altre rimanendo
nelle prossimit dellunico abbeveratoio. In ogni caso, le tubature devono essere
tenute fuori della portata degli animali che potrebbero danneggiarle con morsicature, e deve essere evitata leccessiva perdita di acqua in prossimit degli
abbeveratoi, che creerebbe unarea di permanente pantano.
Quando si utilizzano delle cisterne per alimentare gli abbeveratoi dei recinti pi
lontani dal centro aziendale, bisogna prevedere un consumo di almeno 8-10 litri
d'acqua/giorno per le scrofe in gravidanza (copertura e verri) e almeno 15-20
litri/capo/giorno per l'allattamento. Un elevato quantitativo di acqua richiesto,
inoltre, nel periodo estivo per il raffrescamento degli animali mediante docce o
per creare delle aree fangose-pozze d'acqua.
Nel periodo invernale, con temperature vicine al punto di congelamento,
risulta utile la distribuzione di acqua calda contenente un integratore salino in
soluzione, soprattutto negli abbeveratoi delle scrofe in lattazione, che necessitano di abbondanti quantit dacqua, pena una riduzione della produzione di latte.
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Landrance Belga o Tedesca. Per quanto riguarda le scrofette F1, si sono rivelati
interessanti gli incroci Landrance x Duroc e Large White x Duroc, successivamente accoppiate con:
un verro terminale Large White per ottenere un suino pesante (160-170 kg) per
prodotti tipici DOP;
oppure con un verro terminale Landrance o Hampshire per ottenere un suino
medio-leggero (120-130 kg) per carne fresca e salumeria a breve stagionatura.
Allo stato attuale non sono disponibili sufficienti informazioni sulle performance dei diversi tipi genetici nella realt di allevamento all'aperto nel nostro Paese.
L'esperienza di tecnici del settore e le informazioni reperibili nei Paesi del
Nord Europa rappresentano unutile guida per questa scelta. sempre sconsigliato utilizzare pi tipi genetici contemporaneamente o sostituirli di continuo, per
le difficolt gestionali che questo comporta, con la probabile riduzione delle
performance di allevamento.
Ulteriori elementi da considerare nella scelta di un ibrido commerciale riguardano:
la conoscenza delle linee e razze di costituzione, delle performance medie e
di qualit della carcassa;
la specificit per il sistema di allevamento all'aperto, anche se in ambienti del
Nord Europa;
la presenza di un allevamento di moltiplicazione con elevato standard sanitario per il reperimento dei riproduttori a seconda della necessit;
la qualit dell'assistenza tecnica fornita all'allevatore.
Una volta scelto il tipo genetico, in funzione della sue specifiche caratteristiche, l'allevatore dove imparare a conoscere il pi approfonditamente possibile i
punti deboli dei propri animali, in modo da adottare le migliori soluzioni correttive.
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possibile formare gruppi di 7-8 scrofe e 3 verri nello stesso recinto (o 5 scrofe e 2
verri). comunque consigliata la rotazione, ogni secondo giorno, del gruppo di verri,
con altro gruppo; questa tecnica previene un eccessivo sfruttamento e assicura una
pi alta portata al parto.
Questo sistema necessita di un basso impegno da parte dellallevatore ma, oltre
a richiede un alto numero di verri, non permette di conoscere la paternit delle nidiate, poich una scrofa pu essere coperta pi volte durante il calore da verri diversi.
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comanda una seconda inseminazione, a distanza di 8-10 ore dalla prima. Questo
sistema consente di conoscere sempre la paternit della nidiata e di mantenere un
rapporto tra scrofe e verri pi alto (8-10 a 1), poich i maschi possono essere sfruttati correttamente, ma richiede allallevatore un impegno di tempo maggiore. Nel
caso si ricorra allinseminazione artificiale, il numero di verri pu essere ulteriormente ridotto, sia effettuando il prelievo e la diluizione del seme in azienda, che acquistando le dosi di seme fresco o congelato presso un centro autorizzato.
Trascorse 2 settimane dallo svezzamento, le scrofe si presumono ingravidate
nel sistema in monta libera, cos come nella monta controllata; rimangono comunque imbrancate con un verro per le coperture degli eventuali ritorni in calore.
La diagnosi di gravidanza con accertamento ecografico tra i 30-40 giorni dopo
l'inseminazione, permette di individuare le scrofe gravide e di provvedere al loro
trasferimento nellarea di gestazione, dove rimarranno fino a 2 settimane dal parto.
Una seconda diagnosi di gravidanza pu essere effettuata a distanza di 20-25 giorni dalla prima, per evitare che alcune scrofe, non pi gravide in seguito ad aborti
non rilevati, continuino ad essere ritenute tali.
Nell'intervallo svezzamento-copertura (circa 2 settimane) le scrofe riceveranno
circa 3,5-4 kg di mangime, in una unica o 2 somministrazioni giornaliere. Questo
quantitativo permette agli animali di recuperare ulteriore peso e ha dimostrato un
benefico effetto sul tasso di ovulazione e di concepimento. Dalla terza settimana e
durante la gestazione, le scrofe possono essere alimentate una sola volta al giorno,
con circa 2,5-3 kg di mangime per capo (tabella 2), tenendo comunque conto delle
temperature esterne e quindi della quota di alimento persa per la termoregolazione
e il movimento. Sebbene sia necessario evitare che le scrofe arrivino troppo grasse
a fine gravidanza - condizione che potrebbe rendere difficoltoso il parto - nell'ultima
settimana conviene aumentare gradatamente la razione giornaliera di circa 500 g al
giorno, passando da una a due distribuzioni; ci aiuter la scrofa ad adattarsi velocemente alle maggiori razioni distribuite durante lallattamento.
Circa 10-12 giorni prima della data presunta del parto, le scrofe gravide vengono spostate in unarea specifica, dove sono presenti tante capannine quanti sono gli
animali del gruppo. Per ragioni sanitarie, questi ricoveri devono essere spostati su
unarea diversa dopo ogni parto; vanno quindi pulite, lasciate ad asciugare capovolte e disinfettate con una soluzione di calce viva e acqua. Dopodich si distribuisce un abbondante strato di paglia lunga e trinciata o, se disponibile, segatura (25-30 kg/capannina). Per una maggiore tranquillit degli animali, si suggerisce una distanza di almeno 20 m tra una capannina e laltra.
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Tabella 2
Gestazione
Allattamento
2900-3000
3050-3100
14-15
5-6
4-5
0,7-0,8
0,5-0,6
0,9-1
0,65-0,7
15-16
4-5
4-4,5
0,7-0,8
0,5-0,6
1-1,1
0,7-0,75
3,5-4
2,5-3
6-7
Allattamento (a volont)
Tabella 3
Gestazione
Allattamento
20-30
20-30
30-40
20-30
7-15
0-5
0-5
10-15
5-10
0-5
17-25
3-5
0-3
15-20
3-5
0-2
1,8-2
0,3-0,4
0,4
0,4
0,5
1,9-2
0,3-0,4
0,4
0,4
Altri (%)
Crusca e cruschelli
Erba medica disidratata
Polpa di bietole disidratata
0,5-0,6
Durante le ore che precedono il parto (che nella maggior parte dei casi avviene
di notte), le scrofe sono intensamente impegnate nel rimescolamento della lettiera
con il grugno, e in genere sospendono lassunzione di alimento. La scrofa si corica
e si rialza varie volte fino al momento in cui iniziano le contrazioni: lanimale quindi si
pone su un fianco e consente luscita del primo suinetto, ancora parzialmente avvolto negli invogli fetali e con il cordone ombelicale intatto. La nascita dei successivi sui-
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netti avviene normalmente nelle successive 4-5 ore, a intervalli di circa 15-20 minuti
(la frequenza si riduce per gli ultimi nati).
Le prime 48 ore che seguono linizio del parto sono molto importanti per i suinetti
e la scrofa poich in questi momenti che si instaurano i ritmi delle poppate e delle
attivit (riposo, alimentazione, allattamento, rivoltamento della lettiera); quindi cosigliabile limitare al minimo le visite alla capannina in questo periodo e rimandare il controllo dei suinetti nati, morti o schiacciati, e laggiunta di ulteriore lettiera.
Il numero dei nati morti, e dei suinetti deceduti nelle prime 48 ore post parto,
molto variabile e dipende principalmente dall'attitudine materna della scrofa, dalla
temperatura interna alla capannina e quindi dalle condizioni climatiche stagionali. I
dati delle sperimentazioni effettuate nel Nord Europa e di quelle, seppur limitate, italiane, mostrano lesistenza di una grande variabilit di questo parametro: si va infatti
da un 10% di suinetti persi per nidiata - valori ritenuti fisiologici anche negli allevamenti tradizionali (gabbia parto in porcilaie chiuse) - fino a livelli superiori al 30% in
allevamenti all'aperto durante la stagione fredda. Una grande attenzione deve essere quindi posta alla professionalit degli operatori, all'eliminazione delle scrofe con
scarsa attitudine materna e all'adozione di tutti i possibili accorgimenti che permettono di ridurre la mortalit nei primi giorni di vita.
In tabella 4 sono riportati alcuni dati relativi alle esperienze di allevamento allaperto di scrofe di un comune ibrido commerciale di costituzione inglese, condotte
presso lazienda Vallevecchia di Caorle (Ve) di Veneto Agricoltura, dal 1997 al 1999.
Anche se si riferiscono a un numero modesto di animali e a un periodo sperimentale ridotto, i dati sono sufficientemente confortanti, e dimostrano la fattibilit tecnica di questo sistema di allevamento.
Tabella 4
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245
162
32
16,4
2,25
11,4
1,5
9,6
21,1
10,2
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Tabella 5
Performance riproduttive ottenute negli allevamenti allaperto in alcuni Paesi del Nord Europa
Allevamenti controllati, n.
Totale scrofe nel campione, n.
Interparto, giorni
Parti/scrofa/anno, n.
Suinetti nati/parto, n.
Suinetti svezzati/parto, n.
Suinetti svezzati/scrofa/anno, n.
Et allo svezzamento, giorni
Peso medio degli svezzati, kg
Francia1
Regno Unito2
Danimarca3
394
23460
63
25704
165,9
2,20
11,6
9,5
21,1
24
6,3
9
1206
157,3
2,32
11,7
9,6
22,3
26,4
7,0
155,9
2,34
11,4
9,1
21,4
26,9
7,7
1: Le Denmat et al., 1995; 2: MLC Pig Yearbook, 1994; 3: Mortensen et al., 1994
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ALLATTAMENTO E SVEZZAMENTO
Nei primi due giorni dopo il parto, importante rilevare se le scrofe si alimentano normalmente: a questo scopo risulta utile unire al mangime, nei giorni che precedono il parto, un sale purgativo (un cucchiaio di solfato di magnesio/capo/giorno)
e/o garantire la presenza di erba o fieno, in modo da evitare pericolose costipazioni
intestinali post parto.
Durante lallattamento le scrofe necessitano di una elevata quantit di mangime
(tabella 2) - circa 6-7 kg/capo/giorno: questo, oltre ad assicurare una buona produzione di latte, evita un eccessivo dimagrimento dellanimale, che comunque risulta
fisiologico durante le prime 2 settimane post-parto. Alcune scrofe, soprattutto se primipare, perdono una quantit eccessiva di peso durante lallattamento e questo
influenza negativamente il successivo ritorno in calore: in questi casi, si consiglia di
prolungare di 1-2 settimane il normale periodo di svezzamento, allontanando i suinetti pi sviluppati e lasciando i 3-4 pi leggeri.
Ci consentir alla scrofa di recuperare peso e ai suinetti leggeri di avvantaggiarsi grazie ad un allattamento prolungato.
Ovviamente anche lacqua non deve mai mancare, per cui molto importante
che la scrofa durante lallattamento abbia sempre libero accesso ad un abbeveratoio. In generale, il caldo estivo, soprattutto durante il giorno, deprime lappetito degli
animali e, in particolare, rende nervose le scrofe in prossimit del parto e durante lallattamento. Limbiancatura del tetto delle capannine con una pasta di calce e
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acqua, lutilizzo di tetti coibentati o la copertura con reti ombreggianti possono limitare linnalzamento delle temperature interne, riducendo lo stress cui sono sottoposti
gli animali. La presenza di unarea ombreggiata comunque sempre opportuna in
tutti i recinti e non solo in quello per il parto.
L'utilizzo di pozze d'acqua, nelle quali gli animali possono bagnarsi (diminuisce
la temperatura superficiale e il fango protegge dalle scottature), deve per essere
ben valutato, in considerazione del danneggiamento arrecato al terreno (lavori di risistemazione necessari per la successiva messa a coltura dello stesso) e del rischio
di diffusione di microrganismi patogeni (leptospire e coccidi).
Nellallevamento allaperto, lo svezzamento pu iniziare a 25-28 giorni - come
accade negli allevamenti chiusi convenzionali - oppure essere posticipato di 1-2 settimane. Un allattamento prolungato, a 5 o 6 settimane come nel metodo di produzione biologica (minimo di 40 giorni), permette di ottenere suinetti pi vitali e scrofe
che recuperano pi peso, ma ovviamente determina un interparto pi lungo e quindi una diminuzione del numero di parti/scrofa/anno, importante indice di produttivit
dellallevamento.
Gi dalla terza settimana di vita pu essere messo a disposizione dei suinetti, in
apposite mangiatoie non accessibili alle scrofe, un mangime specifico per il periodo
di allattamento. Si tratta di un mangime prestarter, normalmente sotto forma di piccoli pellets sbriciolati, con un elevato contenuto energetico e proteico (circa 33003400 kcal di energia metabolizzabile per kg di mangime e un contenuto di proteine
grezze pari al 20-21%). Le materie prime utilizzate nella formulazione devono avere
una elevata digeribilit (cereali fioccati o estrusi), devono essere ricchi di energia (oli
vegetali) e di proteine con elevato valore biologico (farine di latte magro o di siero).
A causa dell'elevato costo e della difficolt di assicurare l'utilizzo esclusivo ai suinetti, limpiego di questi prodotti deve essere ponderato anche in funzione delle
dimensioni della nidiata, dello stato nutrizionale dei piccoli e della durata prevista
dell'allattamento.
Per quanto riguarda le altre pratiche da effettuare nei primi giorni di vita - in genere nellarco della prima settimana - si ricorda la castrazione, il taglio della coda e la
spuntatura dei denti: questi ultimi due interventi (scoraggiati nel metodo di produzione biologico) dovrebbero essere eseguiti solo se necessari per il benessere della
scrofa e per limitare il cannibalismo, fenomeno che si manifesta raramente negli allevamenti allaperto, quando la densit degli animali mantenuta a livelli ottimali.
Diversamente da quanto avviene per i suinetti in gabbia parto, nell'allevamento
all'aperto, di norma, non si effettua l'iniezione di ferro nei primi giorni di vita.
44
Questa dovrebbe essere prevista (circa 200 mg di ferro destrano, o altre formulazioni) solo quando i terreni di allevamento risultino particolarmente carenti di ferro,
o si abbia l'evidenza di stati anemici nelle prime settimane di vita.
Al termine dello svezzamento, i lattoni vengono raggruppati, in base allomogeneit del peso, in gruppi di 20-25 animali e inseriti in piccoli recinti ai quali annessa una capanna di riparo, con zona di riposo su abbondante lettiera. In questa fase,
agli animali che si alimentano ad libitum, viene somministrato un mangime sbriciolato (tabella 6), posto in contenitori a caduta, normalmente utilizzati negli allevamenti convenzionali. Succhiotti di abbeveraggio, almeno due per gruppo, sono posizionati nellarea esterna o nel truogolo del mangime (mangia e bevi).
I lattoni rimangono in questarea per un periodo di 45-55 giorni e comunque fino
al raggiungimento del peso di 30-35 kg, momento in cui vengono trasferiti nei recinti o nelle porcilaie di ingrasso.
Figura 28 La presenza di abbondante lettiera nella capannina isola termicamente gli animali dal terreno, li mantiene puliti e, in generale, ne
migliora il benessere
45
ACCRESCIMENTO E INGRASSO
Per le fasi di accrescimento e ingrasso, possono essere utilizzati recinti allaperto, porcilaie tradizionali o altre soluzioni con ricoveri completamente o parzialmente aperti. Il sistema di ingrasso adottato dipender poi dalla destinazione finale
del prodotto (per prodotti tipici DOP, per consumo fresco in macellerie locali, oppure metodo biologico), dalla disponibilit di edifici (porcilaie tradizionali, vecchie stalle per bovini da ristrutturare, tettoie, ecc.) e di terreno per i recinti.
In linea di massima bisogna sempre prevedere:
la distinzione dellarea di allevamento in zone specifiche (riposo su lettiera, alimentazione, movimentazione e defecazione);
la formazione di gruppi di circa 20 animali di peso uniforme;
la presenza di adeguati impianti per l'alimentazione e l'abbeveraggio;
uno spazio complessivo minimo per capo variabile da 1,5-2 m2 fino a 3,5 m2, a
seconda del peso e del sistema di produzione adottato (tradizionale o biologico).
In termini di performance (accrescimento medio/capo/giorno e indice di conversione: kg di mangime/1 kg di accrescimento), va ricordato che una bassa densit di allevamento migliora il benessere degli animali e riduce lincidenza di alcune
patologie condizionate o infettive. Per contro, la maggiore attivit motoria e la necessit di produrre una maggiore quantit di calore in caso di basse temperature esterne, aumentano la quantit di energia - e quindi di alimento - non utilizzata per l'accrescimento. La valutazione delle performance produttive pu quindi risultare molto
variabile a seconda della realt di riferimento: in generale, possibile per affermare che i possibili minori accrescimenti e il maggiore consumo di alimento che possono verificarsi in allevamenti allaperto durante la fase di ingrasso, vengono normalmente compensati da una pi bassa incidenza dei costi di ammortamento sul
costo di produzione e da un pi elevato prezzo di mercato degli animali.
Dal punto di vista nutrizionale, in presenza di una prolungata fase produttiva (da
35 a 160 kg), necessario prevedere la somministrazione di 2 o 3 tipi diversi di
miscele, distribuite in quantit variabile a seconda del momento di crescita in cui si
trova lanimale (tabella 6). A partire dai 60-70 kg, al fine di evitare un eccessivo e
troppo rapido ingrassamento degli animali, inoltre buona norma passare dalla
distribuzione ad libitum a quella razionata, cosa che per pu indurre una maggiore aggressivit tra gli animali al momento della distribuzione dellalimento, a lotte e
difformit di crescita nel gruppo. quindi necessario prevedere almeno due distribuzioni giornaliere e truogoli sufficientemente dimensionati per laccesso contemporaneo di tutti i suini.
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Tabella 6
Caratteristiche indicative dei mangimi per suini utilizzati nelle fasi di post
svezzamento, accrescimento-magronaggio e ingrasso-finissaggio
Post svezzamento
Energia metabolizzabile EM
(kcal/kg di alimento)
Proteine grezze
Estratto etereo
Fibra grezza
Lisina
Metionina + Cistina
Calcio
Fosforo
Modalit di somministrazione
Tabella 7
Accrescimento
magronaggio
Ingrasso
finissaggio
(100-160 kg)
3200-3300
3000-3050
3050-3100
18-19
6-7
<3
1,1-1,2
0,65-0,7
0,7
0,6
a volont
15-16
4-5
3-4
0,8-0,9
0,55-0,6
0,5-0,6
0,45-0,5
a volont e/o
razionata
13-14
4-5
3-4
0,7-0,8
0,45-0,5
0,45
0,4
razionata
Ingrasso
finissaggio
(100-160 kg)
30-35
0
25-30
0
30-35
0
25-30
0
10-20
5-10
0-3
0
10-15
0-5
5-10
0-5
10-13
0
5-10
0-5
8-12
0
15-20
0-2
10-15
0-2
0
0-5
0-3
0-3
0
0
0-2
0
0
1,3-1,5
1-1,2
0,1-0,15
0,4-0,5
0,8-1
1,6-1,7
0,6-0,7
0,4
0,4
0,5-0,6
1,6-1,7
0,4-0,5
0,4
0,4
Post svezzamento
Mais, farina
Mais, fiocchi
Orzo, farina
Orzo decorticato, fiocchi
30-40
0-5
15-20
0-5
Altri (%)
Crusca e cruschelli
Erba medica disidratata
Polpa di bietole disidratata
Farina di aringhe
Siero di latte acido
0,5-0,6
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GESTIONE SANITARIA
In tutte le tipologie di allevamento la gestione sanitaria rappresenta un importante aspetto produttivo in grado di condizionare pesantemente la qualit del prodotto e la redditivit dellimpresa. A questo scopo sempre consigliabile affidarsi ad
un veterinario con una specifica esperienza nella gestione sanitaria dellallevamento
suino, e con sufficienti conoscenze nelluso di prodotti fitoterapici e omeopatici, qualora si scelga di produrre secondo il metodo biologico.
Se da un lato il sistema di allevamento allaperto aumenta la resistenza degli animali verso alcune forme patologiche croniche, in particolare per quelle respiratorie e
riproduttive condizionate, tra laltro, dallalta densit degli animali per unit di superficie nelle porcillaie tradizionali, dallaltro il potenziale contatto con agenti portatori di
infezioni (roditori, uccelli, animali selvatici, e non ultimo luomo) rappresenta un elemento di rischio per la gestione sanitaria di questi allevamenti.
Ne consegue che il primo livello di difesa passiva deve essere incentrato sulla
riduzione di questo rischio, anche se di non facile realizzazione negli allevamenti
allaperto.
Alcuni virus altamente patogeni per il suino possono essere trasportati per via
aerea anche a distanze di qualche chilometro: ne consegue che sempre sconsigliata la presenza di allevamenti allaperto in prossimit di allevamenti chiusi di grandi dimensioni. In alcuni casi pu inoltre risultare necessario predisporre una recinzione dellintera area di allevamento con rete metallica per evitare lintrusione di animali selvatici che rappresentano un pericoloso veicolo di infezioni. Nei casi in cui tale
rischio minore, risulta sufficiente una recinzione elettrica perimetrale a 3 fili, dove il
primo viene posto a 10-15 cm dal suolo; necessario per tenere ben pulita larea
sottostante per evitare dispersioni di corrente a terra.
Interventi programmati di derattizzazione sono sempre consigliati, sia nei depositi di mangime sia lungo il perimetro delle aree pi a rischio, come quella di partoallattamento e post svezzamento.
Un altro veicolo potenziale di infezioni rappresentato dagli uccelli che vengono attratti dai residui di mangime lasciati dai maiali a terra o nei truogoli; coprire le
aree di alimentazione, anche con reti ombreggianti, ed evitare, ove possibile, lalimentazione a terra, sono le normali precauzioni consigliate, ma quando non sufficienti possono essere impiegati dei segnalatori acustici a tempo o sagome di rapaci opportunamente disposte nellarea di allevamento.
Anche luomo, stato detto, rappresenta un pericoloso veicolo di infezioni; bisogna quindi limitare il pi possibile il contatto degli animali con estranei, soprattutto se
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Leptospirosi
Le principali leptospire patogene per il suino sono la L. bratislava, L. pomona e
L. icterohemorrhagiae. Negli allevamenti allaperto, merita di essere segnalata anche
la presenza della L. hardjo, tipica dei bovini.
Questi batteri, diffusi soprattutto dalle urine di suini portatori o di altri animali-serbatoio (soprattutto ratti e ricci), sopravvivono male nellambiente esterno, tranne che
in zone umide e a temperature miti, meglio se al riparo dei raggi solari. Le pozzanghere dellallevamento allaperto potrebbero quindi rappresentare luoghi ideali per
perpetuare il ciclo infettivo di questi patogeni, soprattutto durante la stagione estiva.
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Questa infezione si manifesta in modo variabile: le forme croniche si presentano con scarsi sintomi clinici, mentre quelle acute possono indurre laborto nelle scrofe entro due-tre settimane dallinfezione. Poich la placenta
pi permeabile alle leptospire verso fine gestazione, proprio questo il periodo pi a rischio per gli aborti.
La strategia di lotta si basa sia sulla vaccinazione (vaccini polivalenti,
che contengono i sierotipi pi frequenti) che sulla medicazione di massa.
Dovendo proteggere la fase di gestazione, viene effettuata una vaccinazione di base nelle scrofette con un doppio intervento prima dellentrata in produzione, seguita da richiami costanti durante la carriera riproduttiva, eseguiti di solito due volte allanno nel periodo di lattazione-svezzamento.
Poich limmunit che si instaura non molto solida, in allevamenti a rischio
si rende a volte necessario affiancare trattamenti periodici a base di tetracicline nellalimento, soprattutto nel periodo estivo, pi favorevole alla
sopravvivenza di questi batteri nellambiente.
La leptospirosi un infezione particolarmente pericolosa per la sua trasmissibilit alluomo (zoonosi).
Mal rosso
Malattia causata dallErysipelothrix rhusiopathiae, diffuso praticamente in
tutte le popolazioni suine. Normalmente il suino resta infetto per tutta la vita, come
portatore sano a livello di tonsille e altri distretti linfatici. Si ammala solo in particolari situazioni, generalmente legate ad un abbassamento delle difese immunitarie (parto, trasporto, ecc.) o a bruschi cambiamenti climatici (gli allevatori dicono che dopo i temporali, il cavallo manifesta la colica ed il suino il mal rosso!).
Nel quadro della malattia si distinguono forme iperacute (morte in poche ore per
setticemia), forme acute (classiche lesioni arrossate e sopraelevate di forma geometrica sulla pelle e febbre elevata) e forme croniche (causano lesioni alle valvole cardiache e alle articolazioni, e sono responsabili della riforma dei riproduttori, particolarmente nei verri).
Il controllo della malattia affidato alla vaccinazione, da eseguire - come nel
caso della leptospirosi - con doppio intervento distanziato di tre settimane sulle
scrofette prima della fecondazione, seguita da richiami circa due volte/anno, nel
periodo di lattazione/svezzamento. possibile anche vaccinare a tappeto il branco scrofe (e i verri) 2 o 3 volte/anno, secondo le indicazioni del medico veterinario che segue lallevamento. I casi singoli di mal rosso in forma acuta rispondono bene alla terapia antibiotica con penicilline e derivati.
50
interessante notare che laborto da mal rosso, non dovuto allinfezione dei
feti, ma semplicemente alla febbre molto elevata (fino a 42 C), per cui un intervento terapeutico precoce spesso scongiura la perdita della gravidanza.
Anche il mal rosso pu essere trasmesso alluomo (zoonosi).
Complesso cistite-pielonefrite-endometrite
Con questo termine si indicano le infezioni delle vie urinarie della scrofa, che
possono trasmettersi alle vie genitali, con la comparsa di scoli vulvari muco-purulenti. una patologia rara nellallevamento allaperto, dove lanimale non soggetto a tutta una serie di fattori di rischio presenti invece nelle porcilaie tradizionali, primi tra tutti la pavimentazione inadeguata ed il ristagno di materiale urofecale. Limportante che non scarseggi lacqua di abbeverata, che svolge un
ruolo di lavaggio fisiologico delle vie urinarie.
Essendo forme sostenute da germi ubiquitari non esistono vaccini specifici,
e nei soggetti colpiti si ricorre a trattamenti terapeutici con antibiotici.
Clostridiosi
Le spore dei clostridi possono sopravvivere per anni nel terreno e infettare gli
animali in presenza di ferite. In particolare il Cl. perfringens, sierotipi B e C, causa
enterite emorragica necrotizzante neonatale iperacuta nei suinetti, mentre il sierotipo A provoca solo una leggera enterite, in genere dopo la prima settimana di
vita. Mentre in caso di necessit per i sierotipi B e C possibile vaccinare le scrofe (immunit indiretta ai suinetti), per il sierotipo A non esistono vaccini, e quindi
andranno aumentate le precauzioni igieniche nelle capanne di parto-allattamento.
MALATTIE INFETTIVE DI NATURA VIRALE
Parvovirosi
Anche il Parvovirus molto diffuso nella popolazione suina: la continua circolazione del virus tra le scrofe, soprattutto se c contatto oro-fecale, per bilanciata
da una sorta di auto-vaccinazione che protegge gli animali dalla malattia.
Il pericolo di avere uninfezione uterina in animali gravidi non ancora immuni, con
conseguente morte degli embrioni-feti, a carico soprattutto delle scrofette alla prima
gestazione. Queste devono quindi essere protette mediante una doppia vaccinazione da eseguire intorno al 7 mese di vita, poco prima dellinseminazione, facendo
attenzione a non vaccinare troppo presto per linterferenza con limmunit passiva
materna molto duratura. Se il virus raggiunge lutero nelle prime settimane di
51
Influenza
Il virus influenzale un nemico pericoloso e ben noto sia per luomo che per
i suini negli allevamenti tradizionali, ad ogni stagione fredda. In entrambi, provoca febbre, affezioni alle vie respiratorie e si diffonde molto rapidamente, anche in
periodi non invernali.
A differenza dei virus che colpiscono luomo, quello del suino non cambia necessariamente ogni anno, cos che limmunit acquisita rimane protettiva nel tempo.
Per questo motivo i vaccini non devono essere modificati ogni anno, ma vengono aggiornati solo in caso di necessit.
La vaccinazione del branco scrofe pu essere eseguita, se il medico veterinario lo ritiene necessario, con due interventi distanziati di tre settimane, a tappeto sia nelle scrofette prima della fecondazione, sia nelle scrofe dellintero branco, indipendentemente dal loro stato fisiologico. Gli eventuali richiami vanno eseguiti ad ogni gravidanza, 3-4 settimane prima del parto, per conferire anche
unimmunit passiva alle figliate, via colostro materno.
52
53
Ectoparassitosi
Sono infestazioni sostenute da Artropodi Aracnidi (acari) come il Sarcoptes
scabiei var. suis principale responsabile della rogna dei suini, o Esapodi
(pidocchi) come lHaematopinus suis.
Gli acari scavano piccole gallerie sottocutanee nella regione della testa,
orecchie, collo e spalle, causando infiammazioni cutanee anche estese; gli animali sono nervosi e si grattano in continuazione.
I pidocchi si localizzano nelle pieghe del collo, sulla faccia interna degli arti
posteriori, oltre che sulladdome; causano prurito e gli animali tendono a grattarsi fino
a ferirsi.
54
55
56
Parametri tecnici
Ingrasso
allaperto
Ingrasso
confinato
Ingrasso
Suini in prova, n.
Durata dellingrasso, giorni
Et alla macellazione, giorni
Peso vivo iniziale, kg
Peso vivo finale, kg
accrescimento medio/giorno, kg
indice di conversione stimato, kg
33
136
218
31,3
153,0
0,894
4,72
41
136
218
30,9
163,9
0,976
3,47
*
*
15,7
11,4
9,5
4,4
6,6
15,3
11,0
9,7
4,4
7,8
Come atteso, gli animali confinati hanno mostrato un migliore incremento ponderale giornaliero e indice di conversione dellalimento. Infatti, gli animali allevati
in recinto allaperto hanno consumato circa 170 kg di mangime in pi/capo nel
periodo di prova e hanno riportato, nel contempo, un peso vivo medio inferiore di
circa 10 kg. Questi due elementi rappresentano un maggior costo di produzione
per gli animali allevati in recinto, sopportabile solo se il prezzo di vendita risulta
opportunamente maggiorato.
Va ricordato comunque che per gli animali allevati in recinto i costi di ammortamento delle strutture, della lettiera e per la pulizia periodica (nel caso dei box
nel sistema confinato) sono di marginale importanza.
Positivi sono risultati i rilievi alla macellazione, che hanno evidenziato una
sostanziale similitudine di valori dei principali tagli di sezionamento tra le carcasse prodotte nei due sistemi di ingrasso.
importante notare che il minor accrescimento giornaliero dei suini allevati
all'aperto non rappresenta un grosso problema nella realt italiana, quando le
57
Figura 30
Cosce fresche refrigerate e rifilate,
pronte per la salagione
carcasse sono destinate alla produzione di prodotti tipici DOP, ossia quando, in base allo specifico disciplinare di produzione, gli animali non devono
essere macellati ad una et inferiore ai 9 mesi. In effetti le potenzialit genetiche dei suini attualmente allevati permettono di superare il peso tipico di
macellazione (160-165 kg) con animali di et inferiore; quindi una diminuzione dell'accrescimento giornaliero non va considerata in modo completamente negativo.
Le attuali limitate esperienze disponibili nella realt italiana, se si escludono
le prove di ingrasso estensivo con incroci di razze locali (Cinta Senese, Mora
Romagnola, ecc.), non suggeriscono conclusioni univoche, ma necessitano di
ulteriori dati per i numerosi aspetti ancora poco chiari.
Nella realt nord europea le esperienze di ingrasso outdoor (ricoveri aperti
con recinto esterno) con alimentazione a volont e un peso di macellazione vicino ai 100 kg, hanno evidenziato:
un modesto minor accrescimento giornaliero e un peggioramento dellindice di
conversione;
leggero aumento dello spessore del lardo dorsale, comunque accettabile;
58
miglioramento della resistenza allo stress dei suini durante le operazioni di trasporto e macellazione;
diminuzione dellanomalia delle carni pallide e riduzione delle perdite di liquido;
miglioramento della compattezza dei tagli durante le lavorazioni;
Di conseguenza, il sistema di ingrasso prescelto, soprattutto per gli ultimi
mesi di finissaggio, in recinti allaperto o in box confinati, va attentamente valutato tenendo conto della disponibilit di strutture, del tipo genetico, del livello di
razionamento e anche sulla base del peso di macellazione e destinazione finale
del prodotto.
59
60
Tabella 9
Numero di suini mediamente presenti, allevabili per ha di SAU, considerando un apporto massimo di 170 kg/ha di azoto dalle deiezioni
(allegato VII al Reg. 99/1804)
Categoria
Scrofe
Suinetti, fino a 30 kg
Suini da ingrasso
Altri suini
61
no essere preventivamente autorizzate dallOrganismo di Controllo, nel rispetto delle indicazioni della Regione.
Particolare attenzione viene riservata alle caratteristiche degli alloggiamenti
degli animali, alle strutture e allo spazio minimo per capo, incoraggiando l'allevamento all'aperto dei suini:
in tutti gli edifici-porcilaie deve essere assicurata una buona cubatura e coibentazione, ottima ventilazione e illuminazione naturale; i pavimenti pieni devono essere
antiscivolo, non abrasivi e quelli fessurati privi di spigolature o bordi taglienti;
di norma non consentita la stabulazione fissa in gabbia; i suini devono
essere normalmente tenuti in gruppo, salvo particolari esigenze, e devono
disporre di una superficie minima coperta e scoperta, alle quali accedere
liberamente (tabella 10);
le scrofe possono essere tenute in box singoli nellultima parte della gravidanza e durante il periodo di allattamento, ferma restando la possibilit di poter
accedere liberamente a box esterni o ad aree di pascolo quando le condizioni pedoclimatiche lo consentano;
i suinetti non possono essere tenuti in gabbie di svezzamento con pavimento
completamente fessurato, ma devono essere alloggiati in box coperti con presenza di lettiera (sono accettate anche aree limitate con pavimento pieno e/o
fessurato) e aree esterne accessibili liberamente;
incoraggiato lallevamento allaperto dei suini sia per la riproduzione che per
lingrasso; necessario prevedere, in base alle condizioni climatiche, ricoveri
di protezione per la stagione fredda, specialmente per i lattonzoli;
nellultima fase di ingrasso - circa 2 mesi per i suini pesanti macellati a 160-170
kg - non obbligatorio laccesso ad aree esterne o pascoli (mai comunque per
un tempo superiore a 1/5 della vita dellanimale).
Specifici vincoli vengono posti anche per l'alimentazione:
i suinetti devono essere alimentati con latte naturale, preferibilmente materno,
almeno fino allet di 40 giorni (di conseguenza non sono consentiti gli svezzamenti precoci);
gli animali adulti devono essere alimentati con alimenti biologici, preferibilmente prodotti nellazienda o in altre aziende del comprensorio (possono essere utilizzati alimenti prodotti da terreni in conversione al metodo biologico fino
ad un massimo del 60%, se provenienti dalla propria azienda, o a un massimo
del 30%, se provenienti da altre aziende del comprensorio);
quando non hanno accesso al pascolo, agli animali deve essere distribuito
foraggio fresco, affienato o insilato;
62
Tabella 10 Superficie minima necessaria per lallevamento delle diverse categorie di suini, secondo il metodo di produzione biologico (allegato VIII
al Reg. 99/1804)
Scrofe in gestazione
Scrofe in allattamento
Verri
Suini fino a 30 kg
da 31 a 50 kg
da 51 a 85 kg
da 81 a 110 kg
oltre i 110 kg
m2 coperti/capo
m2 scoperti/capo
2,5
7,5
6
0,6
0,8
1,1
1,3
1,6
1,9
2,5
8
0,4
0,6
0,8
1
2
se lallevatore non riesce a procurarsi, allinterno del proprio comprensorio, alimenti prodotti con metodo biologico per lallevamento dei propri animali, potr utilizzare alimenti convenzionali fino a un massimo del 20% della sostanza secca
annuale (per ogni lotto o partita di alimenti convenzionali, il venditore dovr rilasciare allallevatore una certificazione/attestazione che sulla base di analisi effettuate, indichi che lalimento non contiene organismi geneticamente modificati);
non possono in ogni caso essere utilizzate materie prime di origine vegetale
nella cui lavorazione siano stati inseriti solventi chimici (es. farine di estrazione
di semi oleosi);
possono essere utilizzate tutte le materie prime vegetali, minerali e di integrazione vitaminica elencate nellallegato II, parte C e D del Reg. CE 99/1804 (per
le vitamine e altre sostanze del punto 1.2, la deroga concessa solo per i prossimi 3 anni).
Nel metodo biologico, vengono introdotte limitazioni ad alcuni dei pi diffusi
interventi di gestione zootecnica e di terapia veterinaria:
gli interventi mutilanti - come il taglio della coda e la spuntatura dei denti, o lanello al naso per le scrofe - non devono essere considerati prassi comune, ma
possono essere praticati solo in casi specifici autorizzati dellOdC, al solo
scopo di aumentare la sicurezza e il benessere degli animali;
sono consentite alcune comuni tecniche produttive come l'inseminazione artificiale e la castrazione dei giovani suini maschi, quest'ultima sotto diretto controllo veterinario, per mantenere la qualit dei prodotti tipici;
consentita lidentificazione degli animali attraverso marche auricolari alfanumeriche,
tatuaggi su entrambe le cosce - come previsto dai disciplinari di produzione di prodotti DOP - e luso di collari con annessi microchip per lidentificazione elettronica;
63
particolare cura deve essere posta alla movimentazione degli animali, caricoscarico da automezzi, e in nessun caso consentito luso di punzoni elettrici;
la profilassi sanitaria si basa su tre principi:
- scelta di razze rustiche;
- applicazione di tecniche che stimolano la resistenza alle malattie (movimento fisico, accesso ad aree esterne, assenza di sovraffollamento);
- utilizzo di alimenti e di piani di razionamento atti a evitare le dismetabolie alimentari e conseguenti stati patologici;
gli animali feriti o ammalati devono essere alloggiati in specifici box per le
necessarie cure veterinarie;
per la terapia dovranno essere utilizzati, ove possibile, prodotti fitoterapici e omeopatici; in ultima istanza si pu ricorrere ai prodotti allopatici (di sintesi chimica), ma
in questo caso il tempo di sospensione prima della commercializzazione dovr
essere doppio rispetto a quello indicato dalla casa farmaceutica produttrice;
non sono ammessi trattamenti preventivi e ormonali per la sincronizzazione degli
estri (trattamenti ormonali terapeutici sono per consentiti su singoli animali);
sono consentite tutte le vaccinazioni volontarie o obbligatorie e un massimo di 2 trattamenti antiparassitari per anno (o pi di 2 se si utilizzano prodotti naturali);
gli animali (e i loro prodotti) che per ragioni sanitarie sono sottoposti a pi di
3 trattamenti in un anno con farmaci veterinari allopatici, non possono essere
considerati prodotti con metodo biologico, e pertanto saranno venduti come
convenzionali.
Il sistema di produzione biologico pu sembrare eccessivamente restrittivo e
vincolante per lallevatore. In effetti, questo metodo richiede il coinvolgimento di
tutti i fattori produttivi dellazienda al servizio dellallevamento, in un rapporto di
sostenibilit tra produzione vegetale e zootecnica, aspetto questo da tempo
abbandonato nellallevamento suino convenzionale.
Le interessanti esperienze di altri Paesi europei, come Austria, Svezia e
Germania, che hanno regolamentato e sostenuto lallevamento con il metodo biologico antecedentemente allentrata in vigore della normativa comunitaria, inducono a guardare con un certo ottimismo alla diffusione di questa produzione
anche nella nostra realt.
Uno dei punti di forza per lo sviluppo di questo metodo nelle realt italiana
certamente rappresentato dalla possibilit di unire la produzione biologica alla
trasformazione in prodotti tipici DOP.
In questa prima fase comunque, la velocit di diffusione del metodo di produzione biologico nella nostra suinicoltura, oltre che dallaumento della domanda di
64
mercato, dipender anche dalla capacit dellEnte Pubblico di sostenere incisivamente gli investimenti e la conversione degli allevamenti dal metodo convenzionale
al biologico, e, non ultimo, dalla capacit dei produttori di concentrare lofferta.
65
66
PER APPROFONDIRE
AZIENDE COINVOLTE NEL PROGETTO LEADER II
Leoni Edoardo
Poletto Francesco
Rodeghiero Duilio
Ronzani Giuliano
Scandian Luca
Lora Lorenzo
Oliviero Ennio
Traverso Matteo
Azienda Pilota e Dimostrativa Sasse Rami Via Verdi, 867 - 45010 Ceregnano (Ro)
67
BIBLIOGRAFIA
68
Enfalt A.C., Lundstrom K., Hansson I., Lundeheim N., Nystrom P.E., (1997). Effect
of outdoor rearing and sire breed (Duroc or Yorkshire) on carcass composition
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RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia:
il dr. Mario Gherpelli e il dr. Luigi Pavan, medici veterinari liberi professionisti,
per le utili indicazioni relative agli aspetti sanitari legati allallevamento del suino
allaperto.
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