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Fabio Giovannini

SERIAL KILLER! I grandi assassini seriali del cinema

Macabro Show E-book

Serial Killer Igrandi assassini seriali del cinema Copyright 1994/2001 di Fabio Giovannini 2001 Macabro Show E-book I Edizione Elettronica - dicembre 2001 Copertina Emiliano Ardolino

MACABRO SHOW Il Sito delle Storie dellOrrore www.macabroshow.com

Prefazione
I mostri della cronaca nera sollecitano sempre un interesse morboso, accanto alla paura sorge la curiosit. In Italia successo con il mostro di Firenze, ma ricordo che gi molti anni orsono in America era avvenuta una vicenda simile, quella di Son of Sam. In realt si chiamava David Berkowitz, e ag tra il 1976 e il 1977 soprattutto nel Bronx, fino a che non venne catturato e condannato a 365 anni di carcere. Come Jack lo Squartatore, anche Berkowitz si divertiva a mandare lettere alla polizia, firmandosi Sam. Ero a New York in quel periodo, e mi ricordo che in citt cresceva ogni giorno la paura. Si diceva che il maniaco prediligesse vittime femminili con i capelli neri e lunghi, e cos molte ragazze si affrettarono a tagliarsi i capelli al pi presto. Non si usciva pi da soli, ma sempre in gruppo. Ecco, questa la paura del serial killer, una figura che pu essere annidata ovunque nella giungla dasfalto delle nostre citt. Ma personalmente la cronaca nera, con i suoi veri delitti e i suoi massacri reali, non mi ispira. Se alcune mie storie somigliano a vicende raccontate dalla cronaca si tratta solo di coincidenze. Non sono nemmeno particolarmente attratto dalla lettura degli articoli giornalistici su omicidi e assassinii. Per certo che oggi i confini tra linvenzione e la realt sono indefinibili. I veri serial killer cominciano a sollecitare trasposizioni cinematografiche efficaci, e questi personaggi diventano persino simpatici, o possono commuovere come nel film Henry Pioggia di sangue. In questo libro di Fabio Giovannini, attraverso molti materiali interessanti e analisi acute, scoprirete che per portare sullo schermo le imprese di assassini e serial killer non basta mostrarne le azioni raccapriccianti o le biografie violente. necessaria una grande arte cinematografica. Dario Argento

Premessa
Una nuova paura investe da qualche anno il nostro tempo. una paura senza volto, perch pu scaturire dai gesti omicidi della persona pi insospettabile. Ed una paura egualitaria, perch pu coinvolgere chiunque, anche se i deboli e gli emarginati sono come sempre pi esposti. la paura del serial killer. Una volta lo chiamavano mass murderer (omicida di massa), oggi si trasformato ed diventato seriale: uccide a ripetizione, in delitti unificati dal risultato finale la morte ma sempre differenti nelle modalit di esecuzione. Il serial killer soprattutto colui che uccide senza motivo. Questo tipo particolare di assassino ammazza vittime che non conosce, verso le quali non pu avere nessun rancore o odio individualizzato. Le sue vittime sono anonime, come anonimo lui stesso, lassassino. Pu essere ricco o proletario, apparentemente sano oppure chiaramente pazzo, indifferentemente di alto o di basso quoziente intellettuale. Chiunque pu cadere nella rete del serial killer, e chiunque pu essere un serial killer. difficile catturare un serial killer proprio per limproponibilit di modelli ben definiti per la sua personalit. E anche perch il serial killer in genere mantiene una perfetta lucidit nel crimine, che gli consente di lasciare pochissime tracce e di eclissarsi nel magma umano della metropoli senza essere identificato. Il serial killer quasi sempre un uomo, anche se esistono assassine seriali, che infieriscono soprattutto su anziani o malati (linfermiera assassina del Misery di Stephen King, pur non essendo una killer seriale, ne potrebbe essere un esempio emblematico, con numerosi riferimenti nella cronaca nera). E questi uomini nascondono una miscela di voyeurismo e misoginia: non si accontentano di fare del male alle donne (o a vittime del proprio stesso sesso, quando agiscono in direzione omosessuale), ma vogliono anche contemplare le agonie e le sofferenze, tanto che spesso si dotano di telecamera per riprendere i propri delitti.

Nascosti nelle ombre della metropoli, sfuggenti e inconoscibili, diventano assassini molto loquaci, dopo larresto. Anzi, tendono ad attribuirsi molti pi delitti di quanti ne abbiano effettivamente commessi. Come ogni mito, anche il mito contemporaneo del serial killer corredato da suoi specifici riti. Il rito del delitto pu avere caratteristiche variabili: pu essere accompagnato, preceduto o seguito da violenze sessuali, cos come pu escludere ogni vessazione di questo genere verso la vittima. E a volte il rito si pu concludere con lo squartamento e la cannibalizzazione. Sempre attento a fagocitare i miti e i riti, il cinema si appropriato rapidamente della figura del serial killer. Agli spettatori piace vedere uccidere sullo schermo, il rito antico del supplizio e delle esecuzioni in pubblico permane, incruento, nella realt simulata del cinematografo. O sulle pagine di carta della letteratura di consumo. [Rimando, per tutti gli aspetti letterari, ai capitoli sullo splatterpunk nel mio libro Cyberpunk e Splatterpunk, Datanews, Roma 1992 e 2001] Tra laltro, le vicende imperniate sugli assassini seriali funzionano bene dal punto di vista narrativo: Lindagine sulle gesta di un serial killer permette di coniugare la violenza e il thrilling del giallo hard-boiled con la razionalit del giallo scientifico allinglese: tanto pi efferate le uccisioni, anzi, tanto pi legante sar il disegno che le scandisce, tanto pi disastrata la psiche dellomicida tanto pi alessandrino o barocco il suo sistema di segni. [Michele Mari, Nel silenzio degli innocenti, in Corriere della sera, 9 febbraio 1992] La premessa dei serial killer cinematografici pi recenti era stata anticipata dal rovescio della medaglia del serial killer: il giustiziere metropolitano. Che sia il giustiziere della notte di Charles Bronson o lispettore Callaghan di Clint Eastwood, il cinema aveva gi offerto le imprese seriali di moderni cavalieri del Bene, impegnati a fare piazza pulita di coloro che ritengono nemici dello status quo, i delinquenti, i criminali. Senza rispetto per nessuna legge (come il serial killer), senza conoscere chi uccidono (come il serial killer), ammazzando in quantit sempre crescente (come il serial killer). Si tratta di assassini seriali che sono convinti di stare dalla parte giusta, spesso sono addirittura stipendiati dallo stato che concede loro la bondiana licenza di uccidere ( il caso dellispettore Callaghan, ma ancora di pi della Nikita di Luc Besson).

Per i giustizieri della notte e della metropoli le platee cinematografiche hanno dimostrato nei decenni passati una indulgenza e persino una accondiscendenza a tratti discutibile. Allo stesso modo, i serial killer ripugnano e spaventano, ma spesso suscitano una simpatia complice. In questo fascino del serial killer sta anche lambiguit della metafora dellomicida seriale. vero che il serial killer rompe tutti i codici, e quindi un trasgressore che piace, ma anche vero che c qualcosa di terribilmente inquietante in questa simpatia. Al contrario dei vecchi mostri della letteratura e del cinema gotico, questi assassini non hanno nessuna motivazione esplicita per i loro delitti. I mostri classici, invece, ammazzavano sempre per qualche motivo: per vendicarsi della propria bruttezza, per saldare un conto con la societ che li aveva respinti o feriti, oppure per effetto di una irresistibile maledizione, e cos via. Il serial killer contemporaneo, invece, ammazza senza ragione, anche al cinema. Uccide degli sconosciuti. Tanti sconosciuti. E del resto anche loro stessi, i serial killer del cinema, sono tanti, davvero tanti. I veri eroi di questo filone abbiamo imparato a conoscerli per nome, ed gi un segno preoccupante di confidenza: da Jack (lo squartatore, naturalmente) a Norman, Jason, Leatherface (un soprannome, questa volta), Michael, Freddy, Henry e Hannibal. Ma questi sono solo i pi celebri, quelli che hanno avuto pi fortuna. Accanto a loro il cinema ha regalato decine di altri personaggi negativi intenti alle uccisioni seriali. Il primo stato il Peter Lorre di M (M, il mostro di Duesseldorf, di Fritz Lang), che trovava ispirazione nella cronaca nera. Poi, nel 1968, era stata la volta di un altro vero assassino reclutato dal cinema, con il volto di Tony Curtis, per The Boston Strangler (Lo strangolatore di Boston, di Richard Fleischer). E altrettanto lunga stata la schiera degli assassini inventati direttamente dal cinema. Gi Psycho aveva dato origine da solo a una progenie quasi infinita di maniaci omicidi (indimenticabili quelli della trilogia Hammer: Maniac, Paranoiac, Fanatic). Ma prima ancora, nel 1959, si era gi fatto conoscere il pazzo con la cinepresa interpretato da Carl Boehm in Peeping Tom (Locchio che uccide, di Michael Powell). Tra il giallo e il fantastico sempre esistita una zona di confine, in cui lassassino, tipico personaggio del giallo, diventa sempre pi centrale e in cui la paura e lorrore sono i primi ingredienti. Il cuore del film, cos, non riguarda tanto chi lassassino, ma cosa fa lassassino, come uccide e perseguita le sue vit-

time. Questo cinema alla lama di coltello alla base di un nuovo genere di film dazione, che deve molto al giallo e al mystery tradizionali, ma che parente del fantastico e del gotico, e privilegia lomicidio e gli effetti speciali sanguinari, talvolta a scapito dellintreccio. Il cinema alla lama di coltello, che ha visto tra i suoi frequentatori pi illustri registi come Brian De Palma, John Carpenter o da noi Dario Argento, ha le sue origini alla fine degli anni Cinquanta, con lavvento del colore, una maggiore elasticit della censura e laffermarsi di nuove tendenze nel cinema fantastico e del terrore. Lo psycho-thriller degli anni Ottanta ha raccolto leredit di questo lungo percorso. I suoi antenati risalgono a due decenni prima, ai tentativi indimenticabili di un cinema spesso di serie B, privo di grandi mezzi finanziari, precedente alla introduzione del make-up tecnologico e dei vari fx. [Su questo sotto-genere si rinvia a F. Giovannini A. Tentori, Pioggia di sangue. Il cinema psycho-thriller americano, Falsopiano, Alessandria 1997] Tutti gli artefici dello psycho-thriller recente si ispirano o trovano suggestione nelle vecchie pellicole di maestri spesso conosciuti solo ai cultori del genere. Si pensi allimportanza di William Castle e Herschell Gordon Lewis, quasi ignoti al grande pubblico europeo, e di Mario Bava, oggetto di culto per cinefili amanti del maudit. Castle, Lewis e Bava anticipano alcuni dei luoghi comuni principali del genere, portando alle estreme conseguenze le allusioni presenti nei film di Alfred Hitchcock. Dove la macchina da presa di Hitchcock si fermava, Lewis e Bava continuavano. Il troppo sobrio Hitchcock non consente allo spettatore di vedere il coltello che affonda nelle carni di Janet Leigh: Castle, Lewis e Bava invece concedono allo sguardo della cinepresa tutto il possibile (per il loro tempo). E un intero periodo e uno stile del cinema del terrore degli anni Sessanta e Settanta, quello incarnato dallhorror inglese e dalla Hammer, ha passato il testimone a Pete Walker, che ha inserito il moderno maniaco omicida dentro atmosfere gotiche in film come La casa del peccato mortale (1975) e Chi vive in quella casa? (1977). Gli anni Ottanta offrono cos molti assassini inediti, ma radicati nei percorsi del cinema horror e thriller del passato. La prima novit a caratterizzare il nuovo filone che attraversa il decennio proprio il ricorso crescente e indispensabile a-

gli effetti speciali, ai tecnici e agli artisti del make-up, di cui Tom Savini stato il rappresentante pi tipico. Dopo un predominio della fantascienza come sede per la sperimentazione e lutilizzo degli effetti speciali, durato per tutti gli anni Settanta, il decennio successivo si invece delineato come fase per lappropriazione di queste tecniche da parte del genere horror e del cinema alla lama di coltello. Accanto a licantropi, fantasmi e mutanti, sui quali inventare ogni uso del lattice e delle nuove tecnologie elettroniche, riappaiono i maniaci omicidi, grandi protagonisti di un filone pi realistico, fatto di delitti concreti commessi da uomini concreti. Lo stesso Dario Argento nel corso degli anni Ottanta torna, dopo alcune precedenti incursioni nel paranormale con Suspiria e Inferno, ad occuparsi di assassini terreni, concreti. un maniaco omicida, e non una presenza irreale o mostruosa, ad uccidere in Tenebre (1982) e poi in Opera (1987), Trauma (1993), La sindrome di Stendhal (1996) e Nonhosonno (2000). Nel rito del delitto di questa nuova fase dello psycho-thriller si innestano i giochi e gli effetti creati dagli esperti di trucchi e di make-up. Ci che fino agli anni Settanta era impensabile diventa possibile: ogni pi terribile mutilazione e offesa alla carne pu essere vista, grazie a latex e protesi animabili elettronicamente. Eppure anche nelle possibilit tecnologiche per il cinema alla lama di coltello ci sono ancora dei campi inesplorati e dei potenziali (imprevedibili) sviluppi futuri, legati soprattutto alle innovazioni nelle tecniche cinematografiche di ripresa e nellintreccio crescente con le possibilit infinite del digitale. Lo stesso Dario Argento, agli inizi degli anni Ottanta, si lamentava di non riuscire ancora a trovare nella tecnica un supporto sufficiente alla propria fantasia: Gli effetti speciali sono una componente essenziale del mio cinema. Non sacrifico ad essi la mia idea della paura (un intreccio tutto mentale di paranoie e di oscure fantasie), ma li curo, li discuto con i tecnici, li invento, perch voglio che producano il massimo dellimpatto visivo. Il sangue conta poco, limportante che il trucco saggiunga alla suspense senza sopraffarla. Qui, naturalmente, entra in gioco lestro del regista, la capacit di mettere in scena il terrore sfruttando le risorse dellincubo pi di quelle del realismo. Purtroppo la mia immaginazione va spesso oltre le possibilit tecniche del cinema. La cinepresa, non dimentichiamolo,

quasi la stessa di sessantanni fa. Che frustrazione. [Dario Argento, Sono bellissimi giochi, in lUnit, 1 maggio 1982] Ma al di l delluso di effetti speciali e tecniche nuove, il cinema psychothriller degli anni Ottanta evidenziava anche moderne e articolate scelte di contenuto e nuovi modelli. Uno dei destinatari fondamentali di questo cinema stato rappresentato per oltre un decennio dai teen-ager, come gi in altre fasi del cinema fantastico e dellorrore. E molti protagonisti principali diventano quindi ragazzi e ragazzini, possibilmente sotto i ventanni e talvolta sotto i sedici. La scelta di un target con et di questo tipo costringe a non eccedere nei fotogrammi erotici e nel nudo (pur sempre presenti parzialmente e in allusioni). Ragioni di marketing inducono ad evitare, semplificando, per gli americani il certificato X e per gli italiani il divieto ai minori di diciotto anni. Gli ambienti preferiti per i delitti del maniaco omicida diventano allora le scuole e le familiari case borghesi dove gli studenti si illudono di trovare protezione: in questo tipo di psycho-thriller sono molto importanti le ragazzevittime-eroine, in cui far identificare un settore di pubblico emergente, quello femminile (Jamie Lee Curtis stata agli inizi degli anni Ottanta il prototipo della ragazza perseguitata dallomicida, ma capace di rivalsa). Per chi non pi minorenne, o sta superando ladolescenza, il luogo privilegiato del crimine diventa la vacanza estiva o la gita scolastica, immancabilmente turbata dai colpi di accetta e dalle coltellate di un assassino misterioso. E dopo il risorgere recente del filone con Scream, ecco alzarsi let dei protagonisti per rivolgersi a studenti universitari e neo-laureati (come insegna il film Valentine), in nome del fenomeno sociologico che vede, nelle societ industrializzate, un notevole prolungamento dei comportamenti adolescenziali. Questo riferimento a un pubblico giovane o giovanissimo induce il cinema psycho-thriller a concentrarsi su paure e minacce dellinfanzia e delladolescenza: lesempio pi macroscopico insito negli stessi titoli di moltissimi film, a carattere proibitivo (da Non aprite quella porta a Non entrate in quella casa). Scrive Pietro Piemontese che questi film sintetizzano personaggi della tradizione fantastica e ripetono i messaggi dei divieti parentali agli adolescenti: non bisogna uscire di sera, non si deve disubbidire ai genitori, non bisogna frequentare i luoghi proibiti, bisogna stare attenti a chi si frequenta e soprat-

tutto tenersi lontano dal sesso. Per chi disubbidisce lincubo. Per le donne che cedono al desiderio la morte, invariabilmente, fin dalle novelle di Perrault. [Pietro Piemontese, Remake. Il cinema e la via dellEterno Ritorno, Castelvecchi, Roma 2000, p.270] I limiti di questo cinema dedicato a una fascia generazionale cos caratterizzata si sono riflessi anche sulla qualit. Talvolta proprio quando il genere fuoriesce da questo immediato riferimento adolescenziale che riesce a dare qualche prova pi impegnativa. Quando si sono cimentati nelle strade del cinema alla lama di coltello registi come Brian De Palma stato per infrangere ogni gabbia precostituita a misura di spettatore minorenne o eminentemente giovane. De Palma si rivolge a un pubblico adulto, giocando su infinite variazioni dei temi hitchcockiani e indicando alcune strade per uno psychothriller non costretto al puro susseguirsi di delitti. La linea hitchcockiana quella che guarda a uno spettatore maturo, anche per il gioco dellidentificazione. Anthony Perkins rappresentava sullo schermo le angosce di un pubblico che cresciuto con lui, che invecchiato insieme a Norman Bates e non ha perso i propri tratti psicotici e folli. Cos come altri itinerari dello psycho-thriller ripropongono lidentificazione con il poliziotto o linvestigatore (vedi Manhunter e per altri versi Vivere e morire a Los Angeles), lasciando il killer in una dimensione oscura, orrida e repellente. Ma mentre alcuni cineasti hanno guardato al filone poliziesco tradizionale per innovarlo (luomo in difficolt contro un assassino che fa parte di un piano cospirativo: Blow Out o Omicidio a luci rosse), altri hanno ripensato soprattutto alla figura dellassassino. Lo squartatore (memore di quel personaggio presente a intermittenza per tutta la storia del cinema che Jack the Ripper) dilaga e compie massacri sempre pi espliciti nella formula di identificazione che propongono. Negli anni si sono moltiplicati gli assassini cinematografici che diventano eroi popolari. La forza di questa popolarit moltiplicata dalla scelta seriale: un assassino che ha successo non mancher di tornare sul luogo del delitto (la sala cinematografica) pi e pi volte, in una quasi interminabile catena di remake. Molti di questi assassini seriali affondano le loro origini nel bianco e nero di Psycho (Norman Bates, lo psicopatico assassino interpretato da Anthony Perkins, risorge a colori nelle sequele Psycho II e Psycho III, nel televisivo Psycho

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IV e nel remake del 1998) o nei fotogrammi artigianali e quasi dilettanteschi di Non aprite quella porta (Leatherface, faccia di cuoio, interpretato nel film capostipite da Gunnar Hansen, colpisce ancora in tre film successivi). E Michael Myers, lassassino di Halloween la notte delle streghe, ritorna pi volte dopo il suo esordio nel 1978. Ma gli anni Ottanta si aprono con il primo capitolo di una delle serie pi lunghe nella storia del cinema: Venerd 13. I film di questa saga erano caratterizzati dalla perdita di senso del delitto, e dalla sostanziale inessenzialit dellassassino (poich tutto si concentra nellatto, nel rito dellaccoltellamento e del massacro). Nonostante liniziale successo di pubblico del filone Venerd 13, il cinema si trovato rapidamente nella necessit di trovare una via di uscita. Per evitare che la fortuna del genere si arenasse di fronte allesaurimento di invenzioni per latto omicida, era necessario ripartire dallassassino pi che dalle sue gesta. in questo modo che nasce la vera rivelazione degli anni Ottanta, lunico astro nuovo in un museo di criminali che ripetevano se stessi allinfinito: Freddy Krueger. La genialit dellideazione di Krueger sta nel rimettere lo spettatore dalla parte dellassassino. Troppo bombardato da fotogrammi di sangue, incapace di provare pi brividi nelle vesti soggettive della vittima, allo spettatore degli anni Ottanta viene consegnato un personaggio ambiguo come il decennio in cui nato: luomo cattivo dei sogni infantili, che quindi fa paura, ma anche il trasgressivo e simpatico villain che tutti vorrebbero essere. Grazie a Krueger si preparava la strada a un altro serial killer cinematografico, forse il pi suggestivo che finora abbia attraversato gli schermi. Si tratta di Hannibal Lecter, lo psichiatra cannibale del film pluripremiato Il silenzio degli innocenti e poi del sequel Hannibal, con il quale la saga si affaccia al Duemila. Lecter non ha bisogno di trucchi sul viso per apparire orribile, gli basta fissare la cinepresa con gli occhi celesti e sbarrati dellattore Anthony Hopkins. E anche i macabri rituali del delitto non vengono mostrati allo spettatore, ma quasi sempre suggeriti, evocati. Nel nuovo millennio non serve rendere visibile la paura nel cinema, i nostri terrori sono gi tanto, troppo visibili nella cronaca di ogni giorno, nei telegiornali e nella vita quotidiana.

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Nelle pagine che seguono non ci occuperemo di tutti i maniaci omicidi che hanno solcato gli schermi, per i quali occorrerebbe una intera enciclopedia, ma solo dei veri serial killer del cinema, cio quegli assassini che sono ritornati pi volte a colpire in diverse pellicole. Personaggi seriali, dunque, per omicidi seriali. Ma per capire i meccanismi cinematografici attraverso cui stato possibile trasformare gli assassini seriali in immaginario, la galleria di ritratti dei grandi assassini di celluloide (Jack, Norman, Leatherface, Michael, Jason, Freddy, Henry, Hannibal e la loro recente progenie) preceduta dai profili di sei maestri del cinema alla lama di coltello, e cio Alfred Hitchcock, William Castle, Herschell Gordon Lewis, Mario Bava, Pete Walker e Dario Argento.

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I PADRI DEL GENERE

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Alfred Hitchcock: il maestro


Una analisi del serial killer cinematografico non pu che aprirsi con un breve omaggio ad Alfred Hitchcock. Sul regista inglese si sono ormai scritti innumerevoli volumi e a lui sono stati dedicati saggi approfonditi. Non certo questa la sede per aggiungere qualcosa alla bibliografia su Hitchcock, ma solo la necessaria opportunit per ricordare il debito verso questo regista da parte di quanti hanno portato sullo schermo gli assassini seriali dei nostri anni. Hitchcock non ha mai girato un film veramente imperniato sul serial killer secondo laccezione odierna, se si esclude The Lodger, del 1926, dedicato a Jack lo Squartatore ma che ruota attorno al classico tema hitchcockiano dellinnocente accusato ingiustamente (e per altro lo stesso Jack qui soprannominato Il Vendicatore e non Lo Squartatore). Eppure nella produzione cinematografica di Hitchcock (e anche negli episodi televisivi da lui diretti nella serie Alfred Hitchcock Presents) si trovano tutti gli ingredienti e gli schemi che riappaiono nei lavori di altri registi sul serial killer. Innanzitutto Hitchcock apre la strada agli sviluppi successivi del cinema dedicato al serial killer perch mette in scena la pazzia. I suoi assassini svelano spesso un lato bestiale, di predatori, che non si collega a possessioni demoniache ma a pi concreti tormenti psicologici. Il doppio volto di tanti suoi assassini, secondo il modello vittoriano del dottor Jekyll e mister Hyde, finisce sempre per avere una spiegazione psichiatrica. Il prototipo di tutti i film su un assassino che viene presentato come caso psichiatrico proprio il suo Psycho (1960), e va detto che la diagnosi proposta alla fine del film sembrava davvero giustapposta e poco convincente. Ma una spiegazione, una razionalizzazione del delitto appariva a Hitchcock indispensabile. In secondo luogo Hitchcock insegna le tecniche della paura cinematografica, nella sua originale versione fatta di ambiguit e di confusione dello spettatore: la suspense hitchcockiana serve da impianto per innumerevoli film thrilling, anche quei thrilling che prendono le mosse dagli atti brutali ed efferati di un assassino

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seriale. Questa tecnica della paura cinematografica aveva delle basi molto precise. Come non ricordare, in Blackmail del 1929, il terrore indotto da una semplice parola (knife, coltello), ascoltata ossessivamente da una ragazza che la sente ripetere in una conversazione? o la scoperta improvvisa e inaspettata di un pugnale piantato nella schiena di una donna in Il club dei trentanove (1935)? In questa tecnica della paura cera anche una attenzione particolare al ruolo dello spettatore, alla sua identificazione nei personaggi che agiscono sullo schermo. Era, in sintonia con i tempi, un ruolo ancora di identificazione assoluta con la vittima. Se il protagonista dellepisodio pauroso era un uomo, si trattava di identificarsi nella sua ricerca di riscatto da una accusa infamante e falsa. Se viceversa il protagonista era una donna, allora il ruolo era quasi sempre di eroina in pericolo, che finisce spesso per essere uccisa o minacciata di morte (per quanto non manchino alcune rare femmine minacciose, come la governante indimenticabile di Rebecca la prima moglie, del 1940). Anche molte delle sequenze hitchcockiane in cui appaiono dei delitti hanno fatto scuola. Non si tratta solo delle sequenze di Psycho, ma di piccoli gioielli sanguinari annidati nelle altre pellicole del regista. E Hitchcock non esit nemmeno davanti agli espedienti tecnologici pi spettacolari, come il tridimensionale, quando gir nel 1954 Il delitto perfetto in tre dimensioni, anticipando, con la famosa scena delle forbici, il futuro uso del 3D per spaventare le platee con pugnali e forconi che sembrano fuoriuscire dallo schermo. Ma Hitchcock resta il regista del suggerire pi che mostrare. Il suo cinema, essendo al confine tra mainstream e film di genere, non poteva osare troppo. Alfred Hitchcock luomo delle pulsioni represse, dellorrore che c, ma non vuole farsi vedere. Tutti i suoi film sono attraversati da un sottile filo di erotismo, evidenziato soprattutto nelle algide attrici bionde che il regista sceglieva con cura per essere perseguitate ed offese. Ma la visione dellomicidio era sempre pulita, senza squarci sanguinolenti, senza visione esplicita del momento truculento del delitto. La famosa scena della doccia in Psycho va ricordata proprio perch il coltello che si abbatte sulla ragazza nuda non si vede mai affondare nella carne, anche se molti spettatori testimoniano di aver visto la perforazione della vittima.

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Troppo gentiluomo e troppo legato al suo perbenismo inglese, Hitchcock non si poteva spingere pi in l. Ci penseranno i suoi imitatori a varcare le soglie che lui non aveva voluto e potuto oltrepassare. Cos William Castle offrir molta pi macelleria (laghi di sangue, teste mozze, colpi di accetta, pugnalate...), e dar pi soddisfazione al voyeurismo dello spettatore. Sar a sua volta sorpassato solo dallincontenibile Herschell Gordon Lewis, che con i suoi banchetti di sangue toccher pi da vicino il modello e le caratteristiche del cinema pornografico. In Italia gli imitatori di Hitchcock sceglieranno subito la strada del sesso intrecciato allorrore, una strada battuta soprattutto da Mario Bava, ma anche da Riccardo Freda che arriver a inventare un dr. Hichcock necrofilo come estremo omaggio/strumentalizzazione del mito di Alfred Hitchcock. A questi suoi epigoni Hitchcock ha lasciato il compito di mostrare il delitto nei suoi dettagli macabri e sanguinosi, anche se lui stesso non si era sottratto a immagini forti: basterebbe ricordare il bambino scaraventato su un cancello in Io ti salver, gi nel lontano 1945, o il rasoio pronto ad uccidere il vecchio psichiatra in Marnie. Nemmeno quando, con la maggiore rilassatezza censoria degli anni Settanta, lorrore poteva sposarsi direttamente con la sessualit e con il nudo, Hitchcock volle sottomettersi a questa moda, per quanto una delle sue ultime pellicole, Frenzy del 1971, sia superiore a tutti i suoi film precedenti per violenza ed erotismo esplicito, avvicinandosi pi di ogni altra opera hitchcockiana al tema del serial killer. In Frenzy, infatti, il voyeurismo dello spettatore ottiene pi soddisfazione, e lo stesso assassino uccide in serie con violenza esibita e con caratteristiche affini a quelle degli omicidi pi sanguinari della cronaca nera e quindi del serial killer cinematografico posteriore. Ma Hitchcock si allontanava dai percorsi successivi del serial killer cinematografico proprio perch cercava comunque una spiegazione al delitto. Spesso la vendetta a muovere la mano dei suoi assassini (come in Rebecca), oppure una pazzia che mantiene una logica per quanto demenziale. Il serial killer vero e proprio, invece, sfugge ad ogni motivazione e a ogni spiegazione. Per Hitchcock solo gli animali potevano essere cos pericolosi e insidiosi. E infatti gli unici veri assassini seriali del suo cinema sono gli uccelli del film omonimo. In Gli uccelli del 1963, infatti, la minaccia dei feroci pennuti senza motivo, colpisce chiunque, secondo ragioni assolutamente inconoscibili.

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Nel celebre dialogo tra Franois Truffaut e Alfred Hitchcock c un passaggio significativo: HITCHCOK: Non avrei girato Gli uccelli se si fosse trattato di avvoltoi o di uccelli da preda; quello che mi piaciuto che si trattava di uccelli comuni, di uccelli di tutti i giorni. Capisce cosa voglio dire? TRUFFAUT: Tanto pi che questo ancora una volta riferibile al suo principio: dal pi piccolo al pi grande, tanto a livello figurativo che intellettualmente. Dopo aver fatto vedere dei graziosi uccelli che strappano gli occhi degli uomini, deve fare una storia di fiori il cui profumo avvelena la gente...! H.: No, no! Bisogna far vedere dei fiori che mangiano gli uomini. T.: Fino dal 1945, quando si parla della fine del mondo, si pensa evidentemente alla bomba atomica. Non ci si aspetta che al posto della bomba atomica ci siano migliaia di uccelli... H.: per questo che lo scetticismo verso la possibile catastrofe espresso da una donna anziana, lornitologa; una reazionaria, una conservatrice, non pu credere che una cosa grave potrebbe succedere con degli uccelli. [F. Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Pratiche Editrice, Parma 1985, pp.235-236] Ecco, Alfred Hitchcock era a sua volta troppo conservatore per applicare lo stesso schema agli uomini. Non pu credere che degli esseri umani compiano azioni aggressive senza alcuna motivazione, e in questo non coglie la portata inquietante e trasgressiva del serial killer, che uccide a caso ed nascosto nellappartamento accanto, educato e gentile, ma anche capace di improvvisa furia omicida. Saranno i successori di Hitchcock a rompere queste cautele conservatrici e a mostrare sugli schermi tutta la potenza destabilizzante e terrorizzante del serial killer. Assumendo la lezione del maestro Hitchcock, ma spesso per ribaltarla e oltrepassarla.

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Filmografia
1922 Always Tell Your Wife Woman to Woman 1923 The White Shadow 1924 The Passionate Adventure 1925 The Blackguard The Prudes Fall The Pleasure Garden 1926 The Mountain Eagle The Lodger 1927 Downhill Easy Virtue The Ring (Vinci per me!) 1928 The Farmers Wife Champagne (Tabarin di lusso) 1929 Harmonia Heaven (Cielo darmonia) The Manxman (Lisola del peccato) Blackmail 1930 Elstree Calling Juno and the Paycock Murder Mary

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1931 The Skin Game (Fiamma damore) 1932 Rich and Strange Number Seventeen Lord Cambers Ladies 1933 Waltzes from Vienna (Vienna di Strauss) 1934 The Man Who Know Too Much 1935 The Thirty-Nine Steps (Il club dei trentanove) 1936 The Secret Agent (Amore e mistero / Lagente segreto) Sabotage 1937 Young and Innocent 1938 The Lady Vanishes 1939 Jamaica Inn (La taverna della Giamaica) 1940 Rebecca (Rebecca, la prima moglie) Foreign Correspondent (Il prigioniero di Amsterdam) 1941 Mr. and Mrs. Smith (Il signore e la signora Smith) Suspicion (Il sospetto) 1942 Saboteur (Sabotatori / Danger) 1943 Shadow of a Doubt (Lombra del dubbio)

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Lifeboat (I prigionieri delloceano) 1945 Spellbound (Io ti salver) 1946 Notorius (Notorius, lamante perduta) 1947 The Paradine Case (Il caso Paradine) 1948 Rope (Il nodo alla gola) 1949 Under Capricorn (Il peccato di Lady Considine / Sotto il capricorno) 1950 Stage Fright (Paura in palcoscenico) 1951 Strangers on a Train (Laltro uomo / Delitto per delitto) 1952 I Confess (Io confesso) 1954 Dial M for Murder (Il delitto perfetto) Rear Window (La finestra sul cortile) 1955 To Catch a Thief (Caccia al ladro) 1956 The Trouble with Harry (La congiura degli innocenti) The Man Who Know Too Much (Luomo che sapeva troppo) 1957 The Wrong Man (Il ladro) 1958 Vertigo (La donna che visse due volte)

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1959 North by Northwest (Intrigo internazionale) 1960 Psycho (Psyco) 1963 The Birds (Gli uccelli) 1964 Marnie (id.) 1966 The Curtain (Il sipario strappato) 1969 Topaz (id.) 1971 Frenzy (id.) 1975 Family Plot (Complotto di famiglia)

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William Castle: il gusto per leccesso


Per William Castle la carriera di maestro del brivido inizia davanti allo specchio, quando, da bambino, passava ore e ore a fare smorfie per imitare il make-up di Lon Chaney nel Gobbo di Notre Dame. A sei anni, poi, lesperienza cruciale: un vicino di casa mangia dei funghi avvelenati, e il piccolo William assiste a tutti i momenti dellagonia, fino allarrivo dellambulanza. Questo episodio mi ha creato una ossessione per gli aspetti spaventosi dellorrore, dichiarer Castle in seguito. Con queste premesse il ragazzino americano, nato a New York il 24 aprile del 1914, non poteva che diventare uno dei pi abili artigiani dellhorror, luomo che dedicher gran parte della sua vita a terrorizzare il pubblico cinematografico di tutto il mondo. Cinque anni dopo la morte dei genitori, Castle (il cui vero cognome di origine tedesca suonava Schloss) decide di fare lattore, e riesce a entrare nel mondo dello spettacolo spacciandosi per il nipote del produttore Samuel Goldwyn. Rivela subito le suo preferenze, e a meno di ventanni dirige la versione teatrale di Dracula, con Bela Lugosi, oltre ad altri classici del terrore a teatro (da The Last Warning a The Cat and the Canary). in quel periodo che William Castle rivela il suo vero talento: quello di inventore di trovato pubblicitarie, di vulcano di idee per incuriosire gli spettatori e far parlare la stampa, anticipando di molti anni i meccanismi delluniverso massmediale pi recente. Castle non ha scrupoli, e per attrarre lattenzione su un suo lavoro teatrale escogita una incredibile macchinazione. Lattrice di un suo spettacolo era tedesca, e allora bast divulgare la falsa notizia che Hitler rivoleva in Germania a ogni costo quella donna ed imbastire una storia del tutto fittizia di attentati alla vita dellattrice per ottenere un risalto di stampa eccezionale. I pi maligni arrivano a raccontare che Castle imbratt di nascosto il teatro con delle svastiche, per rendere ancor pi credibile loperazione.

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Era il primo passo verso la sua proclamazione a Re del Gimmick (il trucco), che verr definitivamente consacrata con lapertura di una propria casa di produzione, nel 1957. Due anni prima, Castle dopo aver diretto una interminabile serie di film di serie B e di telefilm, assistendo alla proiezione dei Diabolici di Clouzot, scopre uno spazio ancora incontaminato per il cinema americano. In quegli anni negli Stati Uniti non era stato girato un suspense efficace come quel prodotto europeo, cupo e inquietante, al confine tra il film del terrore, il giallo e il dramma psicologico. Castle investe allora tutti i suoi risparmi per produrre da solo un nuovo film, tratto dal singolare libro The Marble Forest scritto da dodici autori diversi. Nasce cosi Macabre, girato in sei giorni e capostipite di una nuova vena cinematografica. A riprese ultimate, per, Castle si accorse di non essere Clouzot e che il film non era certo un capolavoro noir: un ricco signore, questa la trama, moriva di paura alla vista del cadavere mummificato di una bambina, e gli orchestratori dellevento potevano intascarne leredit. Serviva una trovata per risollevare le sorti di un film girato con abilit ma implacabilmente di serie B. Con una telefonata ai Lloyds di Londra, Castle stipul una assicurazione di 1000 dollari sulla vita degli spettatori che fossero morti di paura durante la proiezione del film, e riemp le locandine con questo avviso. Cap anche che il film doveva puntare sugli aspetti autoironici, e aggiunse alla pubblicit una serie di strip di sano umorismo nero (Abbiamo dovuto impiccare il cameraman perch non rivelasse il terrificante finale, diceva ad esempio una vignetta). Tutto il cinema di William Castle manterr questo equilibrio tra terrore e humour, giocando sullambiguit tra paura e riso. Non si andava a vedere un film di Castle per pensare, ma per divertirsi, alternando le risate ai brividi di spavento. Del resto non si trattava che di esplicitare una realt che tutti i frequentatori di sale dove si proiettano film del terrore ben conoscono: per spezzare la tensione o ridimensionare la paura si ride e si ironizza sulle vicende terrificanti che passano sullo schermo. Negli stessi anni in Inghilterra, un altro regista, Terence Fisher, studiava tutti i mezzi per non far ridere lo spettatore alla prima apparizione di Dracula nel suo Dracula il vampiro, e dallaltra parte delloceano Castle invece puntava tutto proprio sullequivoco tra spavento e umorismo.

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Con questa linea produttiva ben presente, William Castle continu a dirigere e produrre altre piccole macchine da divertimento. Prima La casa dei fantasmi (fotografata secondo limmaginario procedimento Emergo: in realt tutto si riduceva allemergere di uno scheletro dallo schermo, alle prime del 1958), poi Il mostro di sangue (girato in PerceptoVision, cio alcune sedie della sala di proiezione venivano fatte vibrare con una leggera scossa elettrica) infine Thirteen Ghosts (con il metodo Illusion-O: venivano distribuito delle lenti colorate che permettevano di vedere apparizioni di fantasmi altrimenti non percepibili). Questa prima serie di film del terrore di Castle si colloca a met strada tra giallo e soprannaturale, ma con una costante allusione a entit occulte o fantastiche. Il modello per quello delle apparenze fantastiche che nascondono una macchinazione umana, al modo di certi romanzi di John Dickson Carr. Del resto Castle si era fatto le ossa negli anni Quaranta girando moltissimi polizieschi talvolta tratti da celebri serie radiofoniche. Suo The Mark of the Whistler, basato su un racconto di Cornell Woolrich, e nel giallo castleiano vanno ricordati anche The Crime Doctors Warning e The Crime Doctors Gamble, cos come The Whistler, Voice of the Whistler e The Fat Man. I suoi fantasmi sono quasi sempre architettati da criminali per far impazzire (o morire) di paura miliardari o mogli fastidiose. Eppure Castle lascia un margine di equivoco, in cui lelemento soprannaturale fa la sua ricomparsa. Nel film Il mostro di sangue, ad esempio, si inventa il tingler, un microorganismo che provocherebbe la morte da spavento, e in Thirteen Ghosts il finale sembra confermare che i fantasmi della casa infestata esistono veramente, nonostante la storia fosse sempre imperniata (come in La casa dei fantasmi e nel successivo Il castello maledetto) su un vero assassino che si maschera dietro false apparizioni spettrali. Il realismo di William Castle aumenta dopo il successo dello Psycho di Alfred Hitchcock, che dimostrava come un buon brivido macabro pu scaturire anche da una storia di follia e non necessariamente di fantasmi. Castle si affretta ad imitare il grande Hitch, guadagnandosi il soprannome di Hitchcock junior, o pi modestamente di Hitchcock dei poveri. Ma su questa parentela con Alfred Hitchcock si potrebbe discutere, o almeno si potrebbe rimettere in discussione una semplice linea discendente di Castle da Hitchcock.

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Se tutto un nuovo genere di film del terrore, violento, con esposizioni senza pudore di accoltellamenti e cadaveri, incentrato su un maniaco omicida e su deviazioni sessuali, trova un suo antenato illustre e originario in Psycho, a ben vedere proprio William Castle potrebbe dividere questa paternit con Alfred Hitchcock. Psycho impressiona con la mummia della madre, ma Castle aveva anticipato i tempi con la bambina mummificata di Macabro. Sempre Castle con qualche anno di anticipo aveva osato indulgere con la camera sugli omicidi, aprendo una nuova estetica dellammazzamento. Ed proprio il Re del gimmick ad avere sviluppato ed estrapolato da Hitchcock soprattutto la violenza, il pugno nello stomaco dello spettatore, la centralit del delitto e del suo rito sacrificale. Il thriller sanguinario o le propaggini recenti dello splatter movie possono indubbiamente trovare lontani riferimenti nel cinema hitchcockiano, ma devono ammettere un diretto debito alle trovato e ai trucchi di Castle. Castle osa dove Hitchcock si ritrae. La Joan Crawford che brandisce unaccetta in Cinque corpi senza testa avrebbe fatto solo una fugace apparizione in un film di Hitchcock, mentre Castle si diverte a insistere sullesposizione dellarma, sulla paura non tanto derivante da situazioni, ma da oggetti e da cose. Sono cose paurose i cadaveri, spesso smembrati, che appaiono continuamente nel cinema di Castle, e sostituiscono con la loro presenza materiale le atmosfere del suspense hitchcockiano. In questo, Castle anticipatore del thriller duro degli anni Settanta e Ottanta pi di Hitchcock. Del vecchio maestro inglese, Castle si limito in realt a fare la parodia. In Homicidal, infatti, il faccione lucido di William Castle compare allinizio del film in una esplicita presa in giro dei telefilm presentati da Hitchcock, e l dove Hitch si limitava ad aprire e chiudere il breve telefilm, Castle esagera come sempre: ricompare come voce fuori campo per annunciare il Fright Break, un invito ad uscire dalla sale per gli spettatori impressionabili prima delle scene pi spaventose, e tenta poi di reiterare la scena della doccia di Psycho e il travestimento di Perkins inventandone assurde varianti. Agli americani questo gusto per leccesso piacque, e in molte citt degli States il modesto Homicidal incass pi di Psycho. Castle si accorse che attaccarsi come un parassita demitizzante alle fortune di Hitchcock era un buon affare.

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Prese, oltre che ad apparire nei propri film, a rapinare idee dal bagaglio hitchcockiano. Infine riusc a reclutare Robert Bloch, sul cui romanzo ora basato Psycho, e gli fece sceneggiare Cinque corpi senza testa e Passi nella notte. Al contrario di Hitchcock, per, che con mezzi pi imponenti poteva scegliere attori di grido o lanciare giovani promesse, Castle si doveva limitare al riciclo di vecchie star come la Crawford o Barbara Stanwyck, quando non ebbe pi nei suoi ranghi leconomico Vincent Price. Alla pancia e alle guance cadenti di Hitch, il nostro Castle prov a sostituire la propria figura imponente, il sigaro da produttore hollywoodiano, e lespressione divertita e insinuante. Limitazione riusc solo in parte, e la sua popolarit come regista sub presto un declino, che nel 1967 lo indusse a lasciare la macchina da presa. Castle divent cos solo un produttore, insediato al dodicesimo piano di un grattacielo di Beverly Hills, sempre pi astuto nellindovinare come promuovere un film anche quando non vale niente. Si volle prendere una sola rivincita sui suoi detrattori, producendo Rosemarys Baby di Roman Polanski, un ottimo risultato per le sue finanze e finalmente un prodotto che usciva dalla serie B. Gli cost caro solo in termini psicologici: terrorizzato dalla sua superstizione, convinto dellesistenza del diavolo, Castle si senti perseguitato da una oscura maledizione dopo luscita del film, e le crisi nervose cui rimase soggetto lo costrinsero a lunghe terapie psichiatriche. Ma non si ferm. Invent ancora un gimmick (lUltrasonic Sound of Terror, un suono angoscioso inserito in una serie TV del 1972) e tent di ricreare gli scherzi degli anni Cinquanta facendo sussultare il pavimento del cinema alla prima di Bug!, la sua ultima fortunata produzione del 1975. Nel 1974 aveva voluto per concludere la sua carriera di regista con un canto del cigno, girando Shanks, stranissimo film interpretato dal mimo Marcel Marceau. Un horror muto a base di morti viventi animati da un pazzo, delicato come una fiaba per bambini, ma contemporaneamente truculento. Non ebbe nessun riconoscimento per questo film anomalo, a suo modo demenziale, e torn cos alla produzione. William Castle morto il 31 maggio del 1977. La sua ricerca del brivido ad ogni costo era ormai terminata da qualche anno. Lunico rimpianto ad averlo accompagnato alla tomba quello di non essere riuscito a realizzare il gimmick

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supremo, un trucco che nei suoi sogni doveva investire contemporaneamente tutti e cinque i sensi dello spettatore. Castle immaginava un pubblico cinematografico che, vedendo e ascoltando il film, sentisse lodore delle bare scoperchiate, assaporasse la nebbia di un cimitero e percepisse la stretta di dita misteriose. Un sogno irrealizzato o un lascito per il futuro cinema del terrore?

Filmografia
1943 The Chance of a Lifetime Klondike Kate 1944 The Whistler Shes a Soldier Too When Strangers Marry The Mark of Whistler 1945 The Crime Doctors Warning Voice of the Whistler 1946 Just Before Dawn The Mysterious Intruder The Return of Rusty Crime Doctors Manhunt 1947 The Crime Doctors Gamble 1948 Texas, Brooklyn, and Heaven The Gentleman from Nowhere 1949 Johnny Stool Pigeon Undertow

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1950 Its a Small World 1951 Hollywood Story Cave of Outlaws The Fat Man 1953 Serpent of The Nile Fort Ti Conquest of Cochise Slaves of Babylon Charge of the Lancers Drums of Tahiti Jesse James vs. the Daltons 1954 The Iron Glove Battle of Rogue River The Saracen Blade The Law versus Billy the Kid Masterson of Kansas The Americano 1955 New Orleans Uncensored The Gun that Won the West Duel on the Mississippi 1956 The Houston Story Uranium Boom 1957 Macabre (Macabro) 1958 House on Haunted Hill (La casa dei fantasmi) 1959 The Tingler (Il mostro di sangue)

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1960 Thirteen Ghosts 1961 Homicidal (Homicidal) Mr Sardonicus 1962 Zotz! The Old Dark House (Il castello maledetto) 1963 13 Frightened Girls Strait-Jacket (5 corpi senza testa) 1964 The Night Walker (Passi nella notte) 1965 I Saw What You Did (Gli occhi degli altri) 1966 Lets Kill Uncle (Gioco mortale) The Busy Body The Spirit is Willing (Il fantasma ci sta) 1967 Project X (Anno 2118: Progetto X) 1974 Shanks (Shanks)

William Castle ha inoltre prodotto The Lady from Shanghai (La signora di Shanghai, 1967) di O. Welles, Rosemarys Baby (id., 1968) di R. Polanski, Riot (1969) di B. Kuhk, Bug! (Bug, linsetto di fuoco, 1975) di J. Szwarc. apparso come attore in Shampoo (id., 1975) di H. Ashby, The Day of the Locust (Il giorno della Locusta, 1975) di J. Schlesinger e nel film per la TV The Sexsymbol.

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Nel 1939 ha scritto i dialoghi per Music in My Heart di J. Stanley e nel 1942 il soggetto di North to the Klondike di E. C. Kenton. Alla sua figura dedicato il film di Joe Dante Matine (id., 1993).

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Herschell Gordon Lewis: il prestigiatore dellorrore


Una ragazza torna a casa e comincia a spogliarsi, seguita dalla macchina da presa in ogni movimento. Va in bagno, e si immerge nella vasca. Improvvisamente in controcampo appare uno strano personaggio armato di un enorme coltellaccio, che pianta nel viso della ragazza e le cava un occhio. Lassassino se ne va e il cadavere galleggia nella vasca da bagno piena di sangue. Questa raccapricciante variazione della hitchcockiana scena della doccia apre il film Blood Feast, prima dei titoli. Siamo nel 1963, e le platee non sono abituate a sequenze shock come questa. Psycho si limitato a qualche rivolo di sangue (tra laltro, in bianco e nero), e solo la Hammer inglese ha osato di pi, sin dal 1957, ma sempre basandosi su trame soprannaturali e su ammazzamenti fantastici opera di vampiri o mostri irreali. Qui, invece, ad operare un essere umano, dalla faccia banale, che uccide in modo iperrealistico. Blood Feast ha fatto storia, nel cinema dellorrore, e ha fatto da trampolino per uno strano regista, Herschell Gordon Lewis, destinato dopo questo film a tuffarsi per un decennio in un mare di sangue. Con quel film nasce ufficialmente quello che oggi viene definito splatter movie, e che a volte indicato anche con il termine gore. La serie Venerd 13, Non aprite quella porta e il ciclo di Nightmare devono tutti qualcosa al vecchio Lewis e ai suoi film sanguinolenti. Nato a Pittsburgh il 15 giugno 1926, Herschell Gordon Lewis nei primissimi anni Sessanta abbandona linsegnamento e si diverte a girare film. Acquista un po di mestiere e sceglie subito un settore specifico del cinema a bassissimo costo, quasi amatoriale: i nudies. Lewis che dirige, nel 1961, quello che la storia del cinema erotico considera il primo nudie in 35 millimetri, Lucky Pierre. Accanto a Lewis c Dave Friedman, il produttore che accompagner Lewis anche nelle sue scorribande horror. Dopo aver diretto qualche altra pellicola nei campi nudisti della Florida, Lewis si accorge che i suoi filmetti economici a base di donne nude diventano sempre pi ripetitivi e cerca di scoprire, con il partner Friedman, quale altro

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sottogenere pu essere realizzato con pochi soldi e con esiti concorrenziali nei confronti delle major. La furbizia del duo Lewis-Friedman era proprio questa: confezionare prodotti che le grandi compagnie non avrebbero mai potuto mettere in listino. Bastava qualche centinaio di dollari per coprire zone completamente franche del mercato. Con le donne nude era andata bene, ma ora occorreva qualcosa daltro. Erano gli anni in cui Roger Corman su budget limitati stava tentando di rifondare il gotico cinematografico americano, attraverso la serie di pellicole ispirate ai racconti di Edgar Allan Poe, ed erano gli anni dellinglese Christopher Lee nelle parti dei pi svariati mostri, in Inghilterra. Cosa cera, ancora sotto la serie B, nel buco nero della serie Z, che n la Hammer, n Corman e nemmeno William Castle, per non parlare di Hitchcock, avrebbero mai osato mostrare al pubblico? Cerano quelle che gli americani chiamarono le 3D, che non sono le tre dimensioni ma le iniziali di disfigurement, dismemberment e disembowelment, che in italiano potrebbero diventare le 3S (sfigurare, smembrare, sventrare). Quello che il cinema non aveva ancora osato era il realismo della macelleria, locchio voyeuristico sugli atti dellassassino. In otto giorni, a Miami, Lewis gira Blood Feast, imperniato sui delitti di un pazzo che tenta di portare in vita una divinit egiziana sacrificandole gli organi interni di alcune belle ragazze. Lesperienza nei nudies aveva messo in contatto Lewis con il giro delle conigliette di Playboy e delle Playmates, che vennero reclutate in gran numero per finire sotto le armi da taglio del pazzo di Blood Feast. Connie Mason passa cos dalle pagine del rotocalco di Hefner agli squartamene di Blood Feast, dove interpreta lunica superstite (e user ancora il suo smagliante sorriso in Two Thousand Maniacs!, il secondo gore di Lewis), mentre unaltra ragazza di Playboy dovr farsi strappare il cervello in una strada isolata. Poich non aveva cervello, ne usammo uno finto... la battuta che Lewis amava ripetere per sdrammatizzare quella sequenza: e lattricetta doveva essere veramente svampita per presentarsi sul set con i capelli pettinati da una bella permanente, pur sapendo a cosa andava incontro per girare quella scena. Alla ennesima stellina di Playboy veniva strappata la lingua, una semplice lingua di pecora, non un sofisticato trucco in lattice di futuribili specialisti del make-up. Tutta la macelleria dei film di Lewis era macelleria nel vero senso della

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parola. Solo il sangue era finto (secondo una formula inventata da Lewis e Friedman che aveva un unico difetto: era indelebile!), e tutte le altre interiora che fuoriuscivano dalle pance delle fanciulle erano semplici frattaglie animali comprate dal macellaio. In Color Me Blood Red, il terzo film della cosiddetta Gore Trilogy di H. G. Lewis, un intero frigorifero venne riempito di frattaglie, e lunico inconveniente fu un guasto al frigo, che costrinse la troupe a girare in mezzo a un terribile fetore di carne marcia. Con una testa di vacca simularono una testa umana, e per la scena in cui un uomo viene fatto a pezzi da un motoscafo buttarono in acqua chili e chili di interiora, con lo spiacevole effetto di richiamare stormi di gabbiani che resero impossibili le riprese. Questi aneddoti da voltastomaco costellano la carriera di Lewis, dal 1963 legata irreparabilmente al cinema dellorrore duro. La critica stronc ovviamente Blood Feast, ma il successo di pubblico fu enorme, e questo in America quel che conta. Il film successivo, Two Thousand Maniacs!, pi apprezzato dalla critica, ebbe in compenso unaccoglienza di pubblico leggermente inferiore di Blood Feast, pur riconfermando Lewis come una macchina eccellente per fare quattrini. Con il primo film H. G. Lewis pensava di avere gi fatto troppo, e cos in Two Thousand Maniacs! si permise qualche scrupolo moralistico, rifiutandosi di usare un vero mutilato per la scena in cui a un uomo vengono staccate braccia e gambe legate a quattro cavalli. Questo secondo gore era leggermente spostato su tematiche soprannaturali, perch vi si immagina che gli spettri di una citt sudista riappaiano per sterminare tutti i turisti nordisti che capitano loro a tiro. Ma il gruppo di assassini venuti dal passato non ha niente di soprannaturale, non sono zombi n hanno fattezze mostruose, assomigliano piuttosto ai volti reali ma impressionanti della famiglia folle di Non aprite quella porta. E cos le zoommate della cinepresa possono dilettarsi su veridici colpi di accetta che staccano membra e su dita mozzate in primissimo piano. Senza dimenticarsi di realizzare sequenze suppletive per qualche horror girato da suoi amici, Lewis nel 1966 dirige il terzo atto della trilogia, Color Me Blood Red, imperniato su un artista pazzo che usa il sangue per dipingere. Il pezzo forte del film era rappresentato dalla sepoltura di una ragazza sul cui corpo passeggiano i vermi: si trattava di soli 24 vermetti, noleggiati a caro prezzi da un allevatore americano che ne pretese la totale restituzione.

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Gli attori continuavano ad essere completamente incapaci, scelti quasi sempre tra gli amici del regista. Lewis diceva che i suoi attori avevano talento quanto una scarpa vecchia, ma non se ne rammaricava perch nel suo cinema saper recitare inessenziale. Limportante avere attori con lo stomaco sufficientemente forte da sottoporsi senza esitazioni alle sequenze gore. Il peggior risultato dal punto di vista degli attori venne con A Taste of Blood, una incursione nel filone dei vampiri, dove anche lunico attore professionista, Sid Reeth, recit talmente male che H. G. Lewis dovette tagliare quasi tutti i suoi dialoghi. E lo stesso Lewis si trov nella necessit di apparire dallaltra parte della macchina da presa, nel ruolo di un marinaio, al posto di un attore che non si present in scena. Ormai H. G. Lewis era diventato uno specialista, e anche le sue permanenti divagazioni nel genere sexy o nel film di azione e di violenza risentivano delle sue inclinazioni allorrore. Anche se con meno dettagli, e scegliendo spesso il fuori campo, film come The Stuffll Kill Ya non esitano a trattare di lapidazioni, crocifissioni e teste che scoppiano. E i giovani teppisti di Just for the Hell of It (un film molto amato da Lewis) costringevano la pubblicit a promuovere la pellicola con lo slogan Violence and Vandalism, preannunciando a ragione i sanguinosi avvenimenti di cui il film era costellato. Incidentalmente si pu sempre mettere un po di redditizio gore, anche quando le vicende trattano di bande rock o di sette di fanatici religiosi. Ma le incursioni in altri generi non allontanarono mai a lungo Lewis dal cinema horror. Qualcosa di hitchcockiano aveva il rapporto madre-figlio di The Gruesome Twosome, dove una vecchietta affitta camere a belle ragazze per farle poi scotennare dal figlio demente. Quando mammina regala al suo pargoletto un coltello elettrico lui non si limita pi a staccare il cuoio capelluto alle sue vittime, ma le sgozza direttamente. Dopo il successo di She Devils on Wheels, un film sulle violenze di criminali in motocicletta, e dopo le avventure macabre di un uomo sfigurato da un cavo dellalta tensione che gli fornisce poteri extrasensoriali in Something Weird, H. G. Lewis si dedic a quello che forse il suo capolavoro: Wizard of Gore. Definito da Daniel Krogh e John McCarthy, nel loro The Amazing Herschell Gordon Lewis, and His World of Exploitation (Fantaco, Albany, NY 1983) una variazione pirandelliana sul tema dellIllusione contro la Realt, Wizard of

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Gore la storia di un mago-prestigiatore che dopo i trucchi sul palcoscenico si diverte a tagliare veramente in due le ragazze per le strade della citt. Quando il prestigiatore lascia il teatro, fa a pezzi le donne nello stesso modo in cui simulava trafitture o squartamenti per il suo pubblico. Il gioco dello splatter movie proprio di muoversi al confine tra verit e trucco: le interiora palpitanti di un film di Lewis devono sembrare talmente vere da far pensare a un delitto concreto e non a un make-up. E luso di frattaglie animali spinge ancora oltre lequivoco, al modo di successivi epigoni come il Ruggero Deodato di Cannibal Holocaust. Lo spettatore deve restare stupito proprio come di fronte a un prestigiatore, che pianta la spada nella sua assistente, pur non uccidendola veramente. Il mago Montag di Wizard of Gore mette in atto ci che sulla scena solo finzione: trafigge, schiaccia sotto una pressa, sega in due le ragazze. Nel film tutto finto, eppure appare incredibilmente realistico. Persino linterprete principale, il giovane Ray Sager pi volte utilizzato da Lewis, ha meno di trentanni pur impersonando un uomo cinquantacinquenne, grazie a capelli e baffi grigi. E altrettanto posticce sono le budella che fuoriescono dalle vittime, un semplice amalgama di organi animali, cera e profilattici pieni di sangue finto. Eppure lambiguit permane. Nessuna scena venne girata in studio, e quindi sono veri i cimiteri e soprattutto vera la camera mortuaria in cui si svolge una sequenza di Wizard of Gore, con veri cadaveri. Per complicare il dilemma tra realt e finzione, Lewis si divertito a far precipitare il finale del film nella pi totale assurdit. Montag, invitato in Tv, ipnotizza tutti eccetto Jack, un giornalista che non lo stava guardando durante lesperimento. Jack uccide il mago, ma quando torna a casa dalla sua fidanzata si trasforma in Montag, e sventra la ragazza a mani nude. La fanciulla in realt una strega, e Montag viene condannato a ripetere in eterno i suoi delitti... Ormai il lato demenziale del gore di H. G. Lewis stava emergendo sempre di pi. E lultimo film di Lewis, The Gore-Gore Girls (facile gioco di parola su Go-Go Girls), rappresenta lapice del genere e il pi grande sconfinamento nellauto-ironia. Girato in tre settimane come il precedente Wizard of Gore, questo film ha pi di una sequenza in comune con il cinema di Dario Argento. La scena iniziale, ad esempio, potrebbe stare a pieno titolo in un film del regista italiano: una ballerina viene sbattuta con il viso contro uno specchio, poi ac-

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coltellata e colpita in viso da una accetta. Lassassino, inoltre, una donna sfigurata, che alla fine del film si getta da una finestra e unautomobile le schiaccia la testa, come nella morte di Gabriele Lavia in Profondo rosso. The Gore-Gore Girls segue lo sterminio di un gruppo di spogliarelliste, uccise a una a una nei modi pi incredibili. Una di loro presa a martellate in testa mentre mastica un chewing gum, e dalla bocca le esce una bolla di gomma da masticare piena di sangue (Lewis us un profilattico, perch la vera gomma non reggeva il peso del sangue finto). Una fanciulla ha il volto arrostito da un ferro da stiro, unaltra ha la testa fritta nellolio bollente, e infine a una delle vittime vengono strappati i capezzoli, dai quali sprizza latte in un bicchiere da champagne... H. G. Lewis non poteva inventare niente di pi eccessivo, e si ritir. Intorno al 1980 si parl addirittura di un suo disastro economico e di un tentativo di suicidio. In realt sembra che Lewis abbia vissuto vicende meno drammatiche, e oggi un affermato pubblicitario che scrive libri sulle vendite via Internet. Non ha perso, per altro, il desiderio di tornare al cinema (si sono ventilati titoli come Galaxy Girls o Gore Feast e di recente stato annunciato Blood Feast 2). Ma la sua carriera cinematografica si fermata di fatto nel 1972, quando ormai rischiava di essere confinato nelle sale a luci rosse, bollato dai certificati X della censura americana. In Europa, comunque, i suoi film hanno avuto una sorte molto contrastata, in Italia e in Francia ad esempio non mai riuscito a farsi distribuire. E per il suo pionieristico cinema splatter ha fatto scuola, Cronenberg e Romero hanno preso lezione anche da lui. Lewis, che girava gli ammazzamenti dei suoi film in tempo reale, spesso utilizzando tre cineprese contemporaneamente per non dover ripetere una scena di squartamento, ha saputo utilizzare fino alle estreme conseguenze le possibilit dellocchio cinematografico, facendolo scivolare sulla lama delle accette, portando il guardonismo sin dentro le viscere dei corpi umani. Su trame che imitavano le tradizioni del giallo o del classico film del terrore, Lewis collocava festini di sangue senza eguali, per far strillare le coppiette ai drive-in e i maniaci del rosso sangue nel buio della sale di periferia. Come un prestigiatore dellorrore lasciava al suo pubblico la sensazione di essere testimone integrale dellomicidio.

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Filmografia
1963 Blood Feast 1964 Two Thousand Maniacs! 1966 Color Me Blood Red The Gruesome Twosome 1967 A Taste of Blood 1968 Something Weird Just for the Hell of It She Devils on Wheels 1970 Wizard of Gore 1971 The Stuffll Kill Ya 1972 The Gore-Gore Girls (Blood Orgy)

Moltissimi sono i film non-horror di Lewis, tra i quali vanno ricordati i numerosi nudies, spesso firmati con pseudonimi (come Sheldon Seymour o Seymour Sheldon): The Prime Time; Living Venus; Lucky Pierre; Natures Playmates; B-O-I-N-N-N-G!; Daughters of the Sun; Goldilocks and the Three Bares; Suburban Roulette; Year of the Yahoo; Miss Nymphets Zap-In; A Girl, A Boy & The Pill; Bayou - Poor White Trash.

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Mario Bava: la centralit dellomicidio


Gli autori del cinema thrilling, anche nelle sue varianti pi dure e violente, hanno sempre avuto in sorte di venire prima o poi paragonati ad Alfred Hitchcock. Mario Bava non sfuggito a questo destino, diventando nel linguaggio dei giornalisti lHitchcock di Cinecitt. Ma per Bava anche il caso ha voluto rimarcare la parentela artistica con Hitchcock. Il 26 aprile 1980 un attacco di cuore interrompe la vita e la carriera cinematografica di Mario Bava: tre giorni dopo anche Alfred Hitchcock muore. In realt, le similitudini tra il cinema di Bava e quello di Hitchcock sono sottili. Bava era un regista un po misantropo, restio alle interviste e alle fotografie, e solo una volta volle davvero imitare Hitchcock, o meglio labitudine di Hitchcock a fugaci comparsate nelle proprie pellicole con una apparizionecammeo molto ironica in Le spie vengono dal semifreddo. Per il resto il cinema di Bava del tutto altro e autonomo. Mario Bava era nato a San Remo il 13 luglio 1914, figlio di un bravo fotografo cinematografico, Eugenio Bava, molto dotato anche come scultore. Sar proprio il padre Eugenio a scolpire il cadavere di cera dellepisodio La goccia dacqua nel film I tre volti della paura. Anche Mario dimostr precocemente una passione artistica, un vero amore per i colori e le immagini. Vorrebbe fare il pittore, ma presto attratto dal cinema. Nel 1939 dirige la fotografia per alcuni cortometraggi di Roberto Rossellini, poi collabora sempre come capo operatore con Camerini, Soldati, Monicelli, Risi. Infine un breve sodalizio con Riccardo Freda lo orienta contemporaneamente verso la regia e verso i territori del cinema dazione, con sfumature chiaramente gotiche e fantastiche. cos che si specializza nei luoghi di confine tra lorrore e il giallo, pur non rinunciando a incursioni in tutti i generi di cui Cinecitt diventa il paradiso fin dai primi anni Sessanta, dal western al peplum, dalla fantascienza alle prime av-

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visaglie del sexy ( suo il censuratissimo Quante volte... quella notte tratto dal Rashomon di Kurosawa). Mario Bava lunico regista italiano ad avere lavorato con le principali star del cinema horror inglese e americano: gira film con Christopher Lee, Boris Karloff, Vincent Price, Barbara Steele e lex divo nero Joseph Cotten. Di Barbara Steele, in realt, proprio Bava il padrino che la lancia come vamp insostituibile del gotico anni Sessanta. Dopo la sua apparizione nella Maschera del demonio, il capolavoro di Bava del 1960, il viso della Steele passer al servizio di Roger Cornan e rapidamente diventer una presenza ricorrente nel cinema del terrore di quegli anni. E non si tratta dellunica scoperta di Bava. Nel 1972 con Gli orrori del castello di Norimberga lancia Nicoletta Elmi, una bambina dai capelli rossi e dal viso inquietante che riapparir di l a poco in Il medaglione insanguinato di Massimo Dallamano, poi in Profondo rosso di Dario Argento, per diventare infine la misteriosa (e ormai adulta) bigliettaia del cinema maledetto in Demoni di Lamberto Bava. I film pi celebrati di Bava, soprattutto allestero e in Francia in particolare, restano quelli molto magici e fantastici come La maschera del demonio (1960) e 1 tre volti della paura (1964). Il primo imitava i film inglesi di vampiri alla Terence Fisher, ma con un gusto tutto italiano e con la trasgressione del ritorno al bianco e nero. Tratto dal Vij di Gogol, una storia russa di streghe che Bava leggeva ai figli terrorizzandoli, La maschera del demonio aveva una carica talmente violenta, pur nella cornice totalmente fantastica, che ne blocc per motivi censori la distribuzione in Inghilterra per ben otto anni. E questa tendenza allintreccio tra erotismo e brutalit veniva confermata da I tre volti della paura, film a episodi (montati in successioni diverse dai distributori, tanto allestero quanto in Italia) che mischia fantastico e mistery grazie allottima sceneggiatura a cui collabor anche Alberto Bevilacqua. Oltre a una storia di vampiri, tratta da un racconto di Aleksej Tolstoi, e a una terribile vicenda di revenant, il film ospita Il telefono, piccolo capolavoro del brivido a base di coltellate e strangolamenti in una stanza da letto claustrofobica. Nonostante loriginalit da autore che Bava imponeva a tutte le sue incursioni nei generi, i suoi film sembravano destinati a seguire le mode e i successi altrui. Non c exploit doltreoceano che Bava non abbia tentato di ripetere in salsa italiana. Imitazioni erano i primi peplum o i film di ispirazione nordica. Bava

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gir una pellicola sui vichinghi dopo il successo di I vichinghi di Richard Fleischer. Ercole al centro della Terra si intitol cos per seguire le fortune del contemporaneo Viaggio al centro della Terra. E La ragazza che sapeva troppo cercava di importare il rinnovato successo di Alfred Hitchcock dei primissimi anni Sessanta alludendo senza inibizioni al celebre Uomo che sapeva troppo. Persino Diabolik viene proposto solo dopo il successo del Barbarella di Roger Vadim, che aveva dimostrato la possibilit di trasporre profittevolmente sul grande schermo i cosiddetti fumetti per adulti. E la lista potrebbe continuare con La maschera del demonio, che arrivava sulla scia dei film inglesi di marca Hammer, o con uno dei suoi primi film come Caltiki, il mostro immortale che sempre della Hammer aveva imitato il fantascientifico Lastronave atomica del dottor Quatermass. Talora questa subordinazione ai film di cassetta angloamericani poteva portare a crisi drammatiche tra il regista e i produttori. il caso del penultimo lungometraggio di Bava giunto nelle sale, La casa dellesorcismo. Questa volta il titolo venne realmente imposto dalla produzione, per seguire a ruota il record di incassi dellEsorcista di William Friedkin. Ma Bava non accett di buon grado in questa occasione, lui che aveva anticipato la moda delle ragazzine indemoniate con la bambina posseduta di Operazione paura del 1966 (imitata persino da Fellini nel suo episodio per Tre passi nel delirio). Su Lisa e il diavolo, come originariamente si intitolava il futuro La casa dellesorcismo, Bava riponeva in realt grandi aspettative. Aveva curato il film meticolosamente, per la prima volta un produttore gli aveva dato carta bianca per girare un film interamente a sua discrezione e senza limiti di nessun tipo. Insieme al figlio Lamberto si era divertito a riempire il film di citazioni colte (alcuni dialoghi sono costruiti con frasi di Dostoevskji), di raffinate necrofilie e di allusioni familiari e autobiografiche (sono presenti riferimenti al padre Eugenio, alla sorella e alla figlia Elena). Il film venne presentato al Festival di Cannes del 1973 ed ebbe in sala una buona accoglienza, ma venne ritenuto troppo sofisticato per il pubblico tradizionale del cinema dorrore. Cos il film non venne distribuito. Si chiese a Bava di riprendere alcuno scene aggiuntive e di cambiare il finale, proprio per adeguarsi meglio al filone demoniaco allora in voga. Mario Bava si rifiut di girare le nuove scene, frenato anche, si dice, da una certa vena di superstizione che gli impediva di assistere tranquillamente a rituali satanici e a invocazioni blasfeme. Il film fu massacrato, e quello che nelle intenzioni del re-

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gista doveva essere il risultato migliore di una lunga carriera cinematografica fin per trasformarsi in uno dei tanti film di possessioni diaboliche della prima met degli anni Settanta. Paradossalmente anche lultimo film di Bava, Shock, doveva apparire come una imitazione. Il paradosso stava nel fatto che ad essere imitato in questo caso era proprio il principale discepolo di Bava, il giovane Dario Argento che aveva appena riempito le sale con Profondo rosso. Bava riutilizza persino la protagonista preferita di Argento, Daria Nicolodi (che appare anche nel film di Bava per la tv La Venere dIlle), e non esita a intermezzare il film con un motivo musicale infantile molto simile a quello di Profondo rosso. Ma pi che di imitazione, a questo punto, si poteva parlare di omaggio e di esplicito passaggio delle consegne. Ormai anziano, Bava capiva che la sua scuola aveva gi dato i natali a una nuova leva di registi per il thrilling allitaliana, e che Argento era il suo continuatore pi dotato. Ma tra tante rincorse dei successi di altri, Bava pu vantare almeno una grande anticipazione. Nel fantascientifico Terrore nello spazio del 1965 aveva infatti diretto una lunga sequenza ambientata dentro una astronave abbandonata che ricorda in tutto e per tutto lidea-base del futuro Alien. Lunica differenza era la palese mancanza di mezzi per gli effetti speciali, realizzati con specchietti e modellini artigianali, in tutta economia. Del resto Bava era un mago del risparmio. Grazie alla sua competenza in trucchi fotografici ed effetti speciali, riusciva a trasformare 20 comparse di un qualsiasi film mitologico in ben 240 soldati di una apparente scena di massa. Per girare Diabolik, poi, spese talmente poco che De Laurentiis volle subito utilizzare i capitali avanzati per produrre un seguito del film, e solo lostinato rifiuto di Bava (che contro la volont del produttore voleva inserire almeno qualche goccia di sangue in un film dedicato al capostipite dei fumetti neri) imped di arrivare a un probabile Diabolik colpisce ancora. E la ossessione del risparmio portava talvolta ai confini della disorganizzazione e allimprovvisazione: Vincent Price rimase scandalizzato dalla facilit con cui durante le riprese delle Spie vengono dal semifreddo and perduto il nastro delle voci e si dovette ricostruire il testo dal movimento delle labbra. Confortati da questa sua attitudine alleconomia, con Bava i produttori si accorgono che anche un film italiano del terrore pu vendere. Non tutta la car-

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riera di Bava stata per coronata da successi economici. Diabolik and molto bene, ma Shock nel 1977 deluse il box office, tanto che dopo questo fallimento Bava voleva spostarsi sulla fantascienza, per imitare per lennesima volta i successi delle majors e seguire il filone spaziale aperto da Guerre stellari (ma inserendo nella trama un bel numero di delitti...). E per cause economiche uno dei suoi film rimasto inedito. Si tratta di Cani arrabbiati, una variazione intelligente sul tema dei film sui sequestri di persona e sul cittadino che si fa giustizia da s dei primi anni Settanta. Tratto da una storia di Ellery Queen, il film raccontava di tre banditi (uno dei quali era interpretato da Don Backy) che per sfuggire alla polizia prendono in ostaggio un uomo e una bambina su unauto di passaggio. Luomo (un tipico cittadino medio con il volto tranquillo di Riccardo Cucciolla) per reagisce e uccide i banditi. Ma ecco il colpo di scena: dopo aver sgominato i banditi, luomo fa una telefonata e chiede un riscatto alla famiglia della bambina che si trovava con lui sullautomobile. Non un onesto cittadino vittima della violenza urbana, ma un rapitore. Purtroppo il film non mai arrivato sugli schermi, a causa del fallimento del produttore, e una complicata storia di diritti ne impedisce tuttora la distribuzione. Cani arrabbiati usava in modo tradizionale un paesaggio italiano, come terreno dazione della delinquenza comune, ma la grande abilit di Bava stata di riuscire a rendere adatti a vicende dorrore anche i consueti scenari italiani, che non hanno la spontanea utilizzabilit di contesti pi spettacolari come quelli americani o inglesi. Roma e i suoi dintorni sono il teatro prescelto per le storie pi efferate: come nei successivi film di Argento, appena la capitale deserta pu fare veramente paura. La provincia romana di Cinque bambole per la luna dagosto o le ville del Circeo di Reazione a catena, la casa di Enrico Maria Salerno utilizzata per Shock (dove tra laltro recita il figlio di Salerno, Nicola): sono tutte rielaborazioni del tentativo avviato da La ragazza che sapeva troppo, dove la scalinata di Trinit dei Monti o le architetture mussoliniane della capitale riuscivano ad adattarsi egregiamente al clima di incubo del film. Non pi indispensabile uno scenario gotico per il terrore cinematografico. Riprese notturne e un sapiente uso dei colori (anche attraverso una peculiarit di Bava: luso di luci colorate per le riprese in interni) possono sostituire i panorami inquietanti degli Stati Uniti o della Gran Bretagna. Un ambiente mediterraneo si adatta alle esigenze dellorrore, come dimostra anche Il rosso segno della follia, girato in Francia e in Spagna, in parti-

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colare presso la villa del Generalissimo Franco (dove venne concesso alla troupe di effettuare riprese a condizione di non sporcare di sangue la scalinata...). Un critico italiano oggi insospettabile di simpatie per Bava, e soprattutto per i generi cinematografici di cui Bava era maestro, dimostr invece nel lontano 1963 una non comune percezione delle qualit del regista, mettendo in luce proprio la capacit di rendere impressionante anche una scenografia urbana apparentemente tranquilla. Goffredo Fofi a scrivere per la rivista francese Midi-Minuit Fantastique un lusinghiero apprezzamento per i primi passi cinematografici di Bava: La lezione di Hitchcock assimilata perfettamente: i luoghi pi impensati diventano il teatro di omicidi drammatici e misteriosi; come il palazzo dellO.N.U. di North By Northwest o le piccole chiese barocche di Vertigo, la Roma dei turisti e delle cartoline diventa un luogo per sparatorie e sgozzamenti in La ragazza che sapeva troppo... Labilit di Bava nel creare delle atmosfere di tensione, da cui ci si attende il terrore, ma impregnate comunque di paura silenziosa, abbonda in questo film, ma fermandosi per l dove Bava dovrebbe cominciare, cio al momento del fantastico puro. [G. Fofi, Terreur en Italie, in Midi-Minuit Fantastique n. 7, settembre 1963, pp.8283] Non solo le terre di Edgar Allan Poe o di Arthur Conan Doyle, dunque, possono creare incubi e paure. Anche la cultura mediterranea ha le sue chance. Lo stesso Bava diede di s una definizione che, anche se lo allontana dalla matrice italiana, lo colloca pienamente nella tradizione mediterranea. Nellintervista al quotidiano francese Libration, apparsa postuma il 7 maggio 1980 e diventata giustamente celebre, il regista affermava: I miei film rimandano alla mitologia greca, dalla frigidit di La ragazza che sapeva troppo allincesto di La maschera del demonio, fino al masochismo di La frusta e il corpo. Io sono troppo greco per un italiano, sono pi eretico che cattolico. Gli scenari italianissimi di La ragazza che sapeva troppo diventano la base di partenza per il successivo impegno di Bava ai confini del giallo e del film del terrore, Sei donne per lassassino. il 1964 e una ventata di violenza attraversa i veicoli della comunicazione popolare in Italia. Dopo il fortunato exploit del fumetto Diabolik, escono in quellanno altre due testate, Kriminal e Satanik, che seminano il panico tra i benpensanti per la miscela di sesso e violenza che le caratterizza. In questo clima, grazie a Bava, nasce il thrilling allitaliana (ammesso che questa defini-

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zione bilingue sia soddisfacente). Sei donne per lassassino la grande eccezione nella produzione di Bava. Non imita alcun precedente, e viceversa innova e inventa un sottogenere destinato in futuro a diventare autonomo e a contaminare anche i cineasti americani. Dellinsegnamento di Hitchcock trattiene solo il gusto per il terrore, ed elimina tutti i fronzoli, i dialoghi, le storie damore. un susseguirsi di immagini destinate unicamente a fare paura, anzi a terrorizzare. E non si tratta solo di una paura intellettuale, ma fisica, condita con lesposizione di una violenza che difficilmente in precedenza aveva attraversato gli schermi italiani. Come in molto cinema di un decennio dopo, in Sei donne per lassassino si assiste a una serie di omicidi a catena senza un motivo apparente. A uccidere un assassino mascherato, di cui lo spettatore impara a riconoscere soprattutto i guanti di pelle nera (unaltra costante che un regista come Dario Argento, ad esempio, non ha pi abbandonato). Lassassinio diventa un balletto, di cui quindi importante la coreografia, e Bava con scrupolo si serve dellilluminazione e degli ambienti per creare i luoghi necessari al rito del delitto. Il momento dellomicidio non pi un accessorio relativo, come nel giallo classico che inizia proprio dopo che latto delittuoso avvenuto o si limita a prevenirlo. Lomicidio, quindi la violenza, diventa centrale. E questo richiede anche un iperrealismo nella descrizione del crimine e della conseguente agonia della vittima che mai il cinema si era permesso di mostrare. Ai fumetti neri si lascia il bianco e nero della tradizione gotica e il cinema si impadronisce del colore, per evidenziare il sangue (che, va detto, in Sei donne per lassassino ancora scarsissimo rispetto a successivi lavori anche dello stesso Bava) e seguire le orme della scuola Hammer, la casa produttrice inglese i cui film vennero definiti da incidente stradale per linsistenza nelle immagini colorate di mostruosit, ferite, sofferenze fisiche. Ha scritto Pascal Martinet nella sua pionieristica monografia su Mario Bava, proprio a proposito di Sei donne per lassassino: Bava crea unestetica della morte e del crimine. Al diavolo la logica. Importa solo la descrizione grafica della violenza: carni torturate, graffiate, bruciate, catturate dalla crudelt della macchina da presa che si diverte a precedere lattimo in cui lassassino colpisce. Assassino senza volto, primo di una lunga tradizione, e la cui assenza di fisionomia rimanda ai nostri incubi archetipici. [Pascal Martinet, Mario Bava, Filmo n. 6, Edilig, Paris 1984, p. 72]

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Con La ragazza che sapeva troppo e Sei donne per lassassino il coltello diventa il feticcio di Mario Bava. Tra tutti gli oggetti capaci di uccidere, Bava trova che larma bianca la pi cinematografica. Se non il coltello, limportante che si tratti di oggetti taglienti, unascia, un paio di forbici. Ma il vero culto comunque per il pugnale, per la lama su cui si pu riflettere un volto come nel Rosso segno della follia. Bava non limiter al cinema del terrore questa sua predilezione per le lame. Anche quando evade dal genere resta sempre affascinato dalle possibilit della cinepresa di fronte a un coltello. Nel 1966, ad esempio, dirige con il nome di John M. Old un film di vichinghi, I coltelli del vendicatore, nel quale Cameron Mitchell interpreta Rurik, un uomo specializzato nelluccidere i nemici lanciando coltelli a ripetizione (a raffica, come suggerisce un altro titolo del medesimo film). E nella Frusta e il corpo il pugnale sporco di sangue conservato come una reliquia, secondo il giusto trattamento da riservare a un feticcio. Il sadismo insuperabile di Sei donne per lassassino permette a Bava di trasformare anche le unghie in un sostitutivo del coltello, rendendole micidiali fino a diventare artigli, un altro metodo per gli ammazzamenti che la serie Nightmare negli anni Ottanta recupera e dilata oltre ogni immaginazione. Come La ragazza che sapeva troppo prepara il capolavoro di Sei donne per lassassino, cos Cinque bambole per la luna dagosto precorre linteressante Reazione a catena (Ecologia del delitto), anticipatore delle tendenze americane verso un cinema del terrore sempre pi violento e distinto dal giallo o dal gotico. Cinque bambole prepara il terreno a un nuovo passo avanti nel cinema thrilling. I delitti sono sempre pi centrali nella storia, la cui congruenza perde definitivamente di senso. Per quanto vagamente ispirato alla concatenazione di omicidi di Dieci piccoli indiani, il film di Bava non si basa sulla scoperta dellassassino, ma sullinventiva macabra nel delitto stesso (da citare almeno lepisodio di Edwige Fenech infilzata in un albero). Gli omicidi si susseguono intorno alla solita vicenda di eredit, ma con la preminenza del gusto necrofilo su quello giallistico. Si inaugura la stagione del cinema-macelleria, e nel modo pi esplicito e chiarificatore: le vittime vengono chiuse in sacchi di plastica e appese come animali in una cella frigorifera, senza lasciare niente di allusivo nel riferimento alla macelleria.

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Con Reazione a catena i primi passi nello splatter allitaliana si sviluppano ulteriormente. I delitti aumentano fino a una dozzina, sul filo dellennesima storia di eredit che per diventa qui un mero pretesto per mostrare un susseguirsi di omicidi con lance, cesoie, ganci, mannaie. Lo stile del film riassunto dalla figura dellentomologo che infilza insetti proprio come vengono trafitti gli essere umani nelle altre scene del film (se si esclude Laura Betti, che finisce invece decapitata...). Negli Stati Uniti si sono accorti subito che il film si caratterizzava come una innovativa incursione nello splatter e lo hanno ribattezzato Last House on the Left Part 2, spacciandolo per il seguito di uno dei primi successi dello splatter movie statunitense. Qualche parentela, anche in questo caso anticipatrice, con il cinema ultraviolento e sanguinario a stelle e strisce il nostro Bava la cominci a dimostrare fin da Caltiki, quando utilizz intestini di animali per il suo mostro, proprio come il suo collega Herschell Gordon Lewis far di l a qualche anno nei suoi innumerevoli gore a base di orge sanguinolente. A conferma di questo intreccio tra i film di Bava e le strade pi dure del cinema del terrore americano scrive Tim Lucas: Reazione a catena pu essere definito una tragedia elisabettiana... Vista oggi, la violenza di questo film risulta potente ed esplicita quanto un moderno splatter. In America le copie di Reazione a catena, distribuito anche sotto il titolo Twitch of the Death Nerve, furono progressivamente accorciate nel corso degli anni per esaudire le richieste della censura. [Tim Lucas, Bavas Terrors, in Fangoria nn. 42/43, 1985] Lo splatter cera veramente, al punto da proporre il duplice ammazzamento di una coppia nellidentico modo truculento che verr mostrato qualche anno dopo in uno degli episodi della serie Venerd 13. Questa capacit di colloquio e di anticipazione con le tendenze statunitensi del genere ha permesso alla lezione di Bava di essere assunta da innumerevoli adepti. Persino il suo gusto per lautocitazione (in Il rosso segno della follia, ad esempio, su un televisore passano le immagini di I tre volti della paura) oggi unabitudine per i nuovi maestri del film del terrore. Joe Dante, uno dei pi dotati registi americani delle ultime generazioni, ha un vero e proprio culto per Bava, dei cui film colleziona poster e fotografie. Oggi Bava uno dei pochissimi nomi di registi italiani che negli Stati Uniti, almeno tra gli appassionati del genere, significano qualcosa. Negli ultimi anni della sua attivit Bava aveva ottenuto

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popolarit tra il pubblico americano appassionato di cinema fantastico con il suo vero nome, ma per lungo tempo le regole non scritte della distribuzione italiana e delle esigenze estere gli avevano imposto pseudonimi americaneggianti. Dopo essersi firmato John Foam (foam la traduzione approssimativa di bava in inglese) e persino Marie Foam (per gli effetti speciali di Caltiki), preferir ricorrere pi volte allo pseudonimo John M. Old, con il quale fra laltro firmer il celebre La frusta e il corpo, uno dei film pi perseguitati dalla censura di tutti i paesi allalba degli anni Sessanta. Il gioco degli pseudonimi continuato a lungo, persino il figlio Lamberto ha ereditato dal padre questo alias, celandosi sotto un pi che esplicito John Old Jr. E con lo pseudonimo, Lamberto Bava ha ereditato anche la passione per un cinema efferato e violento, fantastico e misterioso, come dimostrano i suoi film Macabro, La casa con le scale nel buio o la fortunata serie Demoni. La terribile dinastia dei Bava continua.

Filmografa
1956 1 vampiri (diretto in collaborazione con Riccardo Freda) 1957 Le fatiche di Ercole (diretto in collaborazione con Pietro Francisci) 1958 Ercole e la regina di Lidia (diretto in collaborazione con Pietro Francisci) 1959 Caltiki, il mostro immortale (diretto in collaborazione con Robert Hampton Riccardo Freda) La battaglia di Maratona (diretto in collaborazione con Jacques Tourneur e Bruno Vailati) 1960 La maschera del demonio 1961 Ercole al centro della Terra Gli invasori Le meraviglie di Aladino (diretto in collaborazione con Henry Levin)

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La ragazza che sapeva troppo La frusta e il corpo 1963 I tre volti della paura 1964 Sei donne per lassassino (ex Latelier della morte) 1965 La strada per Fort Alamo Terrore nello spazio 1966 Operazione paura 1966 I coltelli del vendicatore (ex Raffica di coltelli) Le spie vengono dal semifreddo (ex I due mafiosi dellFBI) 1968 Diabolik 1968-1969 LOdissea (episodio Polifemo) 1969 Il rosso segno della follia (ex Unaccetta per la luna di miele) Roy Colt e Winchester Jack 1969-1973 Quante volte... quella notte (ex Una notte fatta di bugie) 1970 Cinque bambole per la luna dagosto 1971 Ecologia del delitto (ex Lantefatto /Reazione a catena) 1972-1975 La casa dellesorcismo (ex Lisa e il diavolo / Il diavolo e i morti) 1972

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Gli orrori del castello di Norimberga 1974 Cani arrabbiati (ex Luomo e il bambino) 1977 Shock (ex Al 33 di via dellOrologio fa sempre freddo) 1978 La Venere dIlle (tv)

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Pete Walker: sociologia dellassassino


Proprio quando la casa produttrice Hammer vedeva vacillare le proprie fortune basate sulla specializzazione nel cinema gotico, gli schermi inglesi salutarono lapparizione degli strani film di Pete Walker. Era il 1974, e i vecchi vampiri della Hammer stavano per essere definitivamente rinchiusi nelle loro bare, dopo quasi ventanni di successi. Un giovane regista, produttore indipendente, si affacciava sulla scena per raccogliere leredit britannica della gloriosa stagione Hammer. Ma il contesto doveva essere del tutto nuovo, e il background dellantico orrore cinematografico andava rifondato. Innanzitutto, niente mostri soprannaturali e vecchi miti riesumati. Molta violenza, molto sesso, molto sangue rosso, nella perfetta tradizione Hammer, ma tutto calato nella realt quotidiana nei nostri giorni, nelle strade normali e comuni dellInghilterra contemporanea. A partire dal 1974 Walker rappresenta la migliore promessa del cinema del terrore inglese (promessa in gran parte non mantenuta), tanto da vedersi attribuita subito la solita definizione di Hitchcock britannico. Con Hitchcock condivide in realt solo il narcisismo, che lo porta a fare brevi apparizioni nei propri film: un portiere in Greta in 3D, uno degli interpreti di The Flesh and Blood Show, un ciclista in House of Whipcord, e d la sua voce al personaggio di mister Brunskill in Frightmare. Le pellicole di Walker diventano in breve piccoli cult-movie per intenditori, che apprezzano la sua inventiva nelle reiterate morti violente e le geniali trovate capaci di rinnovare un genere in apparente declino. Si inaugurava una nuova tendenza del cinema gotico degli anni Settanta: il filone degli assassini, al posto dei mostri fantastici. Frankenstein, Dracula e luomo lupo avevano fatto il loro tempo, e le loro potenzialit terribili erano state spremute fino allultima goccia. Bisognava voltare pagina. Pete Walker si assunse lonere di anticipare i tempi, proponendo coraggiosamente un nuovo stile per la paura. La sua formazione di cinemaniaco lo aiuta-

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va. Da ragazzino arrivava a vedere cinque film alla settimana, e a dieci anni si compr un proiettore 8mm per proseguire in casa le visioni preferite. Figlio di un noto attore comico specializzato in monologhi (Syd Walker) e di una ballerina di fila, presto gli si aprirono le porte dello spettacolo e a quattordici anni inizi a lavorare nel music hall, al Window Theatre. Poi le prime particine cinematografiche, in particolare in Exodus (1960) di Otto Preminger e Behave Yourself (1962) di Michael Winner. proprio Preminger che lo aiuta a contattare le agenzie di Hollywood dove a soli diciannove anni si trasferisce. Fa lattore, il distributore, infine gira una interminabile serie di cortometraggi di trenta minuti per la Heritage. Sono tutti girlie, filmetti erotici per proiezioni private pieni di ragazze nude: Walker sostiene di averne girato quasi quattrocento. Nel 1966 tenta di uscire dal sottobosco del cortometraggio e dirige una pellicola di cinquanta minuti, I Like Birds, commedia sexy realizzata in soli sei giorni e con un budget di 6.000 sterline. La Rank apprezza il breve film di Walker e lo distribuisce: il successo immediato, anche negli Stati Uniti. Finalmente il giovane regista pu dedicarsi al suo primo vero film, senza fuoriuscire dal genere delle commedie erotiche in cui ormai specialista. Nasce cos Strip Poker, storia di gangster e spogliarelli girata in due settimane, e subito dopo altre pellicole analoghe (tra cui Cool It Carol, che viene considerato dagli appassionati uno dei migliori film sexy inglesi). Il genere erotico comincia per ad andare stretto a Pete Walker, che si distrae con un film dazione (Man of Violence) e poi con un primo ingenuo thriller, Die Screaming Marianne, con riprese in esterni girate in Portogallo e la partecipazione di Susan George, la stellina di Straw Dogs (Cane di paglia) e di molti violenti film britannici. Per vivacizzare il genere sexy, intanto, riutilizza una vecchia cinepresa tridimensionale e realizza in meno di un mese Greta in 3D, che avr un ottimo successo commerciale. Le tre dimensioni vengono usate anche per lultimo quarto dora di The Flesh and Blood Show, un horror erotico che rappresenta la prima vera incursione di Walker nel cinema alla lama di coltello. Dopo lennesima commedia su ordinazione della Hemdale, Tiffany Jones, Walker capisce che il cinema erotico sta virando verso lhard core. Per sfuggire alla radicalizzazione del genere stringe allora una collaborazione con luomo che

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gli consentir di dirigere i suoi capolavori. lo sceneggiatore David Mc Gillivray, critico tra laltro per il Monthly Film Bullettin. Sulla base di soggetti originali di Walker, labile Mc Gillivray costruisce una serie di quattro film del terrore che segnano lultimo sussulto di vitalit di questo genere nellInghilterra degli anni Settanta e contemporaneamente anticipano le novit in procinto di affermarsi oltreoceano. Il primo film della quadrilogia House of the Whipcord del 1974, seguito rapidamente da Frightmare e poi da House of the Mortal Sin e Schizo. Si tratta di quattro film omogenei per ispirazione e taglio narrativo. La grande innovazione del duo Walker-Mc Gillivray consiste nel superare il vecchio impianto psicologico dei film imperniati su un maniaco assassino, per scegliere apertamente una lettura sociologica. Non sono tanto oscure pazzie a scatenare gli omicidi, ma motivazioni sociali, fanatismi religiosi, errori e storture delle istituzioni totali. In House of the Whipcord un vecchio giudice cieco, con laiuto di una exdirettrice carceraria, imprigiona arbitrariamente nel suo castello seicentesco alcune ragazze colpevoli a suo parere di delitti che la societ permissiva non considera pi come tali. Nel castello, sotto la copertura di una clinica privata, le ragazze vengono torturate, lasciate senza cibo, frustate e infine giustiziate. La cecit del giudice gi di per s una allusione alle storture di una interpretazione deformata della giustizia, mentre tutto il film tende a rendere visualmente (ed emozionalmente) gli orrori prodotti da chi ritiene di infliggere punizioni atroci a fin di bene. In Spagna, al Festival di Sitges del 1975, il pubblico dedic scroscianti applausi al film, interpretandolo come una allegoria della situazione spagnola e identificando il generalissimo Franco nel vecchio giudice. Grazie al successo di House of the Whipcord, sia dal punto di vista economico (era costato solo 60.000 sterline) sia critico (nonostante si tratti di una produzione indipendente e di genere il film riceve gli apprezzamenti del prestigioso British Film Institute), Walker pu continuare la sua macabra critica sociale. Nel successivo Frightmare la psichiatria ad essere messa sotto accusa. Incapaci di curare una coppia di assassini che si erano dedicati al cannibalismo, i dirigenti di una clinica psichiatrica liberano i due sanguinari pazienti. Naturalmente, una volta in libert, simulando una vita normale i due vecchi uccidono ancora, trascinando anche la figlia in una spirale di delitti ripugnanti.

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Ma probabilmente House of the Mortal Sin il vero capolavoro di Walker. Deciso a fare i conti con la propria educazione cattolica, il regista ha costruito una vicenda ai confini della satira anticlericale. Il grifagno padre Meldrum, succube di una madre paralitica e arteriosclerotica, si diverte morbosamente a chiedere in confessione i particolari pi intimi della vita sessuale dei suoi fedeli. Una giovane peccatrice, poi, diventa oggetto di ricatti e di minacce, fino a scatenare una lunga serie di omicidi, tutti eseguiti con laiuto di oggetti-simbolo del cattolicesimo. Si assiste cos a strangolamenti per mezzo di un rosario, a teste fracassate da un bruciatore dincenso, a ostie avvelenate che uccidono durante la comunione... Convinto che la vita dei preti sia contro natura, Pete Walker ne evidenzia le estreme conseguenze e aggiunge alla precedente orribile casa della legge una casa della religione. Scrive Gerard Biard: Difficilmente dissociabili, House of Whipcord e House of Mortal Sin fanno il processo a due forme di giustizia che la nostra societ ha creduto bene di normativizzare: la giustizia legale e la giustizia divina; sotto la copertura di questi due poteri sono commessi i crimini pi atroci. [G. Biard, Pete Walker: Lhorreur est humaine, in Nostalgia n.5, 1983] In Schizo, del 1976, il ragionamento di Walker si fa pi ambiguo. Il punto di partenza il pregiudizio: un uomo uscito di prigione ritenuto dallo spettatore un pericoloso assassino, fino alla soluzione finale. Tutti gli omicidi che il film presenta inducono a credere che lartefice dei delitti sia lo strano ex-carcerato dalla faccia equivoca (si tratta di Jack Watson, che da giovane apparve in brevi caratterizzazioni di furbo e sordido popolano in film come La vendetta di Frankenstein, dove interpretava un losco uomo delle pulizie, e Il sangue del vampiro, dove era un ghignante galeotto), e solo in conclusione verr rivelato che la vittima designata in realt la vera e schizofrenica assassina. lei che ha ucciso da bambina la propria madre (in un flashback direttamente ispirato a Profondo rosso di Dario Argento) e ha fatto incarcerare un innocente, ed lei che ha continuato a uccidere. In questo caso, la critica di Walker si incentra sullingiustizia della legge e sul meccanismo facile con cui si pu condannare chi risponda alle caratteristiche pi banali del potenziale delinquente. Walker ha dichiarato che i suoi film erano segnali dallarme, servivano davvertimento, avrebbero dovuto far riflettere la gente. Si trov invece stretto tra lindifferenza dei critici e gli attacchi dei benpensanti. E non riusc a riabili-

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tarsi nemmeno con la sua successiva conversione moderata (tentando di reinterpretare i propri film come antagonisti del lassismo e del socialismo liberale che in quegli anni, a suo dire, stava paralizzando lInghilterra: vedi lintervista di Walker a LEcran Fantastique n.39, novembre 1983). Eppure il regista era stato addirittura vicino alla sensibilit punk, se vero (come rivela Steve Chibnall, Making Mischief: The Cult Films of Pete Walker, FAB Press, Guildford 1998) che Walker doveva dirigere lultimo film dei Sex Pistols, A Star is Dead, mai realizzato per la dissoluzione del gruppo. Le trasgressioni di Walker, comunque, erano troppo crude per consentire una accoglienza indolore. I suoi criminali restano quasi sempre liberi alla fine del film, pronti a continuare le proprie imprese, in una societ impossibilitata a difendersi dagli stessi mostri che ha creato. Non si salva nessuno dalle stoccate di Pete Walker. Luomo che il pubblico ritiene senza dubbio un assassino in Schizo un vecchio, e vecchi sono il giudice e la direttrice di House of Whipcord, il prete e la sua famiglia malsana di House of Mortal Sin, la coppia cannibale di Frightmare. Walker respinge la consueta identificazione del pericolo sociale con il giovane, e utilizza come assassini gli anziani, coloro cui la societ ancora attribuisce maggiore autorevolezza. Ecco perch lattrice preferita di Walker Sheila Keith, che appare nei primi tre film della quadrilogia e ritorna in altre due pellicole successive (The Comeback e House of the Long Shadows). La Keith, nota in Inghilterra per aver preso parte alla serie televisiva comica Moody and Pegg, la sadica che comanda le guardie in House of the Whipcord, la guercia miss Barbazan, amante e governante del prete assassino di House of the Mortal Sin, e la donna cannibale di Frightmare (dove interpreta di fatto il ruolo principale). E padre Meldrum da parte sua era impersonato da Anthony Sharp (gi apparso in Die Screming Marianne), un viso da vecchio avvoltoio che sostituiva degnamente Peter Cushing e Lee J. Cobb ai quali Walker aveva inizialmente proposto la parte. Conclusa la sua quadrilogia ed esaurita la collaborazione con Mc Gillivray, Walker torna a dirigere film routinari. Inoltre, si ostina a ripetere per ben tre volte lo stesso film. In The Flesh and Blood Show aveva gi tentato una rilettura di Dieci piccoli indiani della Christie, mettendo un gruppo di attori nel teatro di una cittadina balneare deserta, dinverno, e facendoli morire ad uno ad uno. Lo stesso tema dellisolamento e delle morti misteriose in un luogo chiuso ritorna in

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The Comeback del 1977: un cantante pop si isola in una villa per comporre in tranquillit e viene invece turbato da apparizioni e delitti apparentemente opera di un mostro soprannaturale, in realt orditi per vendetta da due vecchietti terribili (in particolare dalla satanica Sheila Keith). Dopo una breve pausa con il ritorno allerotismo di Home Before Midnight del 1978, Walker si dedica a una storia ancora simile alle precedenti: questa volta una scommessa che porta un giovane a farsi ospitare in una sinistra villa di campagna e ad assistere a tragici avvenimenti. Il film House of the Long Shadows, tratto da Seven Keys to Baldpate, un giallo del 1917 di Earl Derr Biggers, ricco di colpi di scena e di ribaltamenti, da cui George M. Cohen trasse unopera teatrale e che il cinema aveva gi utilizzato nel 1930, nel 35 e nel 47. Ma la grande particolarit di House of the Long Shadows non stava tanto nella storia, quanto nei suoi protagonisti. Pete Walker si assumeva infatti il merito di riunire per questa pellicola le grandi star dellhorror cinematografico del passato: John Carradine, Vincent Price, Peter Cushing e Christopher Lee (oltre alla immancabile walkeriana Sheila Keith). Se non avesse avuto seri problemi di salute anche la mitica Elsa Lanchester di The Bride of Frankenstein sarebbe stata della partita. Un manipolo di mostri sacri calati purtroppo in un film che ha subito molte manipolazioni nel montaggio e una sfortunata distribuzione. Lidea era nata da un colloquio tra Walker e Menahem Golan della Cannon, con il quale il regista intendeva realizzare Deliver Us From Evil per la sceneggiatura di Michael Armstrong. Invece Golan propose a Walker di affiancare le quattro stelle dellhorror ancora in vita, su una storia che assomigliasse il pi possibile a The Old Dark House (di cui era impossibile ottenere i diritti). Proprio Walker che si era affermato come reazione al gotico tradizionale del cinema anglosassone aveva in destino di celebrare lolimpo dei grandi interpreti di quellepoca indimenticabile: lallora attivissimo e venerando Carradine di centinaia di horror commerciali, Price attore prediletto di Roger Corman, Cushing e Lee coppia fissa della scuderia Hammer. Ma fermandosi a met strada tra lomaggio cinefilo e la commedia nera, House of the Long Shadows dimostra i limiti di Walker, dopo la separazione da Mc Gillivray. Il regista resta un inconsueto esempio di cineasta indipendente, che ha quasi sempre prodotto i propri film e ha saputo precorrere le strade del

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nuovo cinema del terrore duro e violento. Per quanto poco incline a mostrare bagni di sangue, Walker ha aggiunto deliranti tasselli al mosaico del cinema alla lama di coltello (da non dimenticare gli omicidi con un ferro da calza in Schizo e con una falce in The Comeback...), senza restare chiuso nel rituale riferimento ad assassini psicopatici privi di motivazioni. Il suo un cinema di confine, in equilibrio tra il gore e i classici del brivido (Walker un grande ammiratore delle vecchie pellicole in bianco e nero della Universal e della Rko). lesito attualizzante e cinico delle antiche favole di marca Hammer, quindi la porta di passaggio tra il gotico e lo splatter. I mostri mitici come Frankenstein e Dracula passano il testimone ai serial killer metropolitani.

Filmografia
1967 I Like Birds 1968 Strip Poker School of Sex 1970 Man of Violence Cool It Carol Die Screaming, Marianne (Marianna, fuga dalla morte) 1972 The Four Dimension of Greta (Greta in 3D) The Flesh and Blood Show 1973 Tiffany Jones 1974 House of Whipcord (...e sul corpo tracce di violenza) Frightmare (Nero criminale) 1975 House of Mortal Sin (La casa del peccato mortale) 1976 Schizo (La terza mano)

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1977 The Comeback (Chi vive in quella casa?) 1978 Home Before Midnight 1982 House of the Long Shadows (La casa delle ombre lunghe)

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Dario Argento ovvero la donna-cinepresa-killer


Dario Argento, come Alfred Hitchcock, non si mai dedicato al vero e proprio serial killer, allassassino che uccide casualmente e senza alcun motivo vittime sconosciute. Ma come Hitchcock anche Argento ha lasciato un segno indelebile nel cinema che si dedicato agli omicidi seriali. Del resto, fin dal suo primo film Argento stato definito lHitchcock italiano, per la crudezza violenta di certe situazioni delle prime pellicole argentiane, e nello stesso tempo per lattenzione a una dimensione esistenziale/psicologica. Ma Argento, grande ammiratore del regista inglese, non si sente lerede di Hitchcock: Forse ho ereditato il suo pubblico, dice Argento ma non certo le sue tematiche. Tra me e Hitchcock ci sono anche differenze di morale e di nevrosi. Hitchcock puritano mentre io sono libertario fino ai limiti dello sberleffo. [dichiarazione apparsa in F. Giovannini, Dario Argento. Il brivido il sangue il thrilling, Dedalo, Bari 1986, p.164] Comunque, agli inizi della carriera di Argento, quando le lodi del suo cinema erano confinate nelle pubblicazioni di genere, la rivista di fumetti Horror (nellagosto 1971) rintracciava un altro riferimento cinematografico del nostro regista: Roman Polanski. Scriveva Francesco Metrangolo in un articolo dal titolo Il regista timido: Polanski aveva iniziato a turbare i sonni tranquilli dello spettatore con la sua risata macabra e graffiante. Argento ne accetta la lezione per parlare della morte, a met strada tra il delirio onirico ed il senso cosciente di essa, le ossessioni angosciose, linquietudine e il raccapriccio. Il dramma della morte viene dilatato a dimensioni che possono sembrare illogiche a prima vista, come assurdo ed illogico in fondo si presenta il morire, per luomo abituato a vivere. Per lItalia, invece, tra i maestri di Argento c indubbiamente un altro cantore del serial killer, Mario Bava, che come abbiamo visto aveva anticipato molte atmosfere e situazioni utilizzate poi da Argento, e ha manifestato lo stesso amore per la cura tecnica delle riprese. Ma il vero riferimento artistico per Ar-

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gento va rintracciato in America. Al serial killer cinematografico americano Argento ha regalato intuizioni e modelli originali, tutti europei e mediterranei, ma negli Stati Uniti ha anche trovato continua ispirazione. Del resto lo stesso Alfred Hitchcock, cui il nome di Argento viene spesso apparentato, era regista britannico, ma trapiantato in America, dove ha girato tutti i suoi film pi famosi. Argento si collegato esplicitamente a unonda horror che ha attraversato gli Stati Uniti negli anni Settanta: londa di George Romero, Tobe Hooper e John Carpenter. Con questi autori cos iniziato uno scambio di riferimenti, citazioni incrociate, collaborazioni. Sono emerse anche nuove leve che fin dallinizio hanno manifestato un debito chiaro verso il cinema di Argento ( il caso, ad esempio, di Sam Raimi). Argento pu rallegrarsi di essere uno dei pochi nomi italiani che il pubblico cinematografico americano conosce, anche al di fuori della ristretta lite dei cinefili. La prima firma autorevole ad apprezzare Dario Argento in America stata non a caso quella di Stephen King, che nel suo libro Danse Macabre lodava i deliri cinematografici del regista italiano, soprattutto per il film Suspiria. Ma anche la critica specializzata ha capito le qualit di Argento. Valga per tutti il libro Nightmare Movies del critico e scrittore inglese Kim Newman (Harmony, New York 1988), che nel capitolo dedicato agli Autori del cinema fantahorror contemporaneo citava solo quattro nomi: il primo quello di Dario Argento, accanto a Larry Cohen, David Cronenberg e Brian De Palma. Lo stesso Newman riconosce lesistenza di un preciso stile argentiano, tanto che accosta ai film di Argento le pellicole di Peter Greenaway, definite una sorta di terribile mutazione di un giallo di Dario Argento. Nonostante questi avvicinamenti progressivi alla dimensione internazionale, che hanno portato Dario Argento a realizzare il suo dodicesimo film come regista, Trauma, proprio negli Stati Uniti, il suo modo di fare cinema resta fortemente installato nella tradizione italiana. Anche tra Argento e Romero permane un diverso modo di intendere il cinema, nonostante la pluriennale collaborazione tra i due. Ognuno di loro affronta il lavoro cinematografico alla propria maniera. E Argento difficilmente riesce ad accettare unimpostazione americana che santifica la produttivit: il suo posto nello stile dei registi europei, che tendenzialmente mette al primo posto non il profitto, ma il valore complessivo dellopera.

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Per questo suo spirito indipendente Argento ha sempre rifiutato le proposte americane di dirigere film sceneggiati da altri, n ha accettato di sottoporsi alle varie regole consuete del modello produttivo tradizionale nel cinema statunitense. Agli inizi degli anni Novanta, per, Dario Argento ha deciso di tentare un maggior accostamento alle caratteristiche della costruzione dei film in America. La scommessa era alta: mantenere lautonomia, e la capacit di trasgressione, consentita dagli spazi produttivi che sono stati a lungo peculiari del cinema italiano, e unirla alla altissima competenza tecnica, ad esempio, degli sceneggiatori americani. nato cos il film Trauma, con la collaborazione di uno sceneggiatore statunitense (lo scrittore di horror T. E. D. Klein) e con luso di tutte le sofisticate novit tecnologiche disponibili negli Usa soprattutto per il montaggio. Trauma il risultato proprio di questo incontro e questa contaminazione di intelligenze. Da parte sua Argento ha portato in America la propria precisa concezione dellassassino, che una concezione profondamente mediterranea ed europea. Pu essere utile soffermarsi su Trauma, per capire il debito dei serial killer cinematografici americani verso Argento, dato che si tratti di una sorta di summa di tutto il cinema precedente del regista romano. Come Brian De Palma aveva celebrato se stesso in Doppia personalit, cos Dario Argento sembra divertirsi al gusto dellautocitazione in Trauma. Il film si apre significativamente con un primissimo piano su una ghigliottina di carta, sulle note di una canzone della Rivoluzione francese, con una indiretta citazione di quel film anomalo nella carriera di Argento che fu Le cinque giornate. Poco dopo assistiamo a una seduta spiritica, allo stesso modo di Profondo rosso, che il film della filmografia argentiana qui pi citato. A Profondo rosso alludono le reiterate apparizioni di piccoli rettili, cos come la morte conclusiva provocata da una catenina, o il delitto con lausilio di un ascensore. Viceversa la pioggia, che costella i delitti di Trauma, ci rimanda a Suspiria e Inferno. Gli stessi luoghi di Trauma evocano le precedenti fatiche di Argento. La casa sul lago ci riporta a Phenomena, gli scenari americani (Minneaoplis) a Due occhi diabolici, e le piazze affollate a Tenebre. E in perfetto stile argentiano sfilano sullo schermo due star recuperate dalla storia del cinema americano. Innanzitutto Piper Laurie, biondina di tante pellicole degli anni Sessanta, passata trion-

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falmente allhorror con Carrie, il film di De Palma tratto da Stephen King, e qui di nuovo in un ruolo di madre minacciosa e traumatizzante. Poi Brad Dourif, indimenticabile nevrotico di Qualcuno vol sul nido del cuculo, qui in una breve apparizione cui conferisce gli sguardi allucinati di Anthony Perkins. Ma Trauma un omaggio a se stesso da parte di Argento anche perch si avvicina al modello impossibile di film che il regista ha auspicato in una intervista: Se fosse per me il film lo farei tutto da me. Interpreterei tutto, farei le parti di uomo e di donna, di bambino e di vecchio... Se avessi tempo, denaro e possibilit di sbagliare, i film li farei completamente io, travestendomi io stesso e interpretando tutti i ruoli. [in Dario Argento: Il brivido il sangue il thrilling, cit., p.154] Ecco, con Trauma Dario Argento quasi riuscito a coronare il suo sogno, mettendo davanti alla cinepresa sua figlia Asia, nella parte dellanoressica diciassettenne Aura Petrescu, una ragazza che rivela negli sguardi e nel corpo la parentela con il regista e che torner a interpretare altre due pellicole del padre, La sindrome di Stendhal e Il fantasma dellopera. Ma Trauma soprattutto un catalogo dei luoghi comuni del serial killer argentiano. Innanzitutto proprio lassassino si presenta come uno psychokiller, continuando dunque la linea del delitto in serie, ma non totalmente gratuito: lassassino di Trauma decapita con il suo cappio meccanico non casualmente, ma seguendo una precisa lista di vittime predestinate. Infermiere e medici coinvolti nellepisodio da cui scaturisce tutto lincubo di Trauma sono gli obiettivi scelti dal killer: qualcosa di diverso, va ripetuto, dal tipico serial killer che invece ammazza senza ragione. Tutti gli assassini di Argento, compresi i due giovani pazzi in La sindrome di Stendhal e Nonhosonno, seguono questo metodo delittuoso, riconducendo le sceneggiature argentiane, anche le pi irrazionali, nei confini del giallo, che prevede comunque unindagine in grado di dedurre lidentit del criminale, fino alla scoperta finale. Lassassino del resto il vero protagonista di tutti i film di Argento. Argento vuole farci paura, e quindi in alcuni casi ci mette dalla parte della vittima, terrorizzati dallavvicinarsi di un omicida inafferrabile (emblematica, in questo senso, la sequenza sul treno che apre Nonhosonno). Ma sempre pi spesso siamo noi a vedere con gli occhi dellassassino, a immedesimarci nellignoto personaggio che ammazza e ferisce. Dario ha capito che i tempi cambiano, anche a questo

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proposito: Una volta il pubblico odiava lassassino, oggi si fa il tifo per lassassino. Sono cambiate le storie raccontate dal cinema o cambiata la gente? e quando il pubblico spera che lassassino non venga catturato lo fa per simpatia verso un criminale o solo perch desidera che il film non finisca? In realt lo spettatore stesso che diventa lassassino, nei film di Argento. E la paura si fa pi forte perch siamo noi a commettere quegli atti proibiti e violenti che vediamo nel buio della sala cinematografica. I delitti nei film di Argento sono compiuti dalle armi pi diverse: chiodi, oggetti contundenti, vetri, corde... Ma lo strumento privilegiato resta larma da taglio, il coltello o quel rasoio che in Tenebre strappa una maglietta bianca e colpisce allinterno il corpo svelato come da un sipario. Infine la cinepresa-boia: Argento ci fa vedere limpossibile, ci fa guardare dal punto di vista del coltello, come se un occhio immaginario fosse incastonato nella lama. La cinepresa, ad esempio, diventa locchio del pendolo che taglia in due una donna nellepisodio Il gatto nero di Due occhi diabolici. E sempre pi la cinepresa si spinge dentro ai corpi, nelle gole, negli squarci. la cinepresa che uccide. Eppure c anche una carnalit e materialit dellassassino nel cinema di Argento. importante anche lidentit dellomicida. E soprattutto il sesso dellomicida. I film di Argento, infatti, hanno emancipato le donne del cinema fantastico. Da vittime perseguitate e indifese sono state trasformate in carnefici. Argento ha detto basta con il ruolo obbligato delle donne gementi e urlanti di paura di tante pellicole del terrore. Se lassassino cinematografico, e il recente tipo del serial killer, quasi sempre un uomo, per altro vero che non mai mancata seppure in una sorta di emarginazione e collateralit la donna assassina, o meglio la dark lady, la femmina seduttiva che porta distruzione e morte. Questa figura femminile sembra in crescita quantitativa nelle odierne produzioni cinematografiche. Non si tratta pi delle grandi stelle del cinema anni Trenta, riprese in un cupo bianco e nero, con lo sguardo fatale e magari una peccaminosa sigaretta tra le labbra, ma di attrici sfolgoranti nella bellezza luminosa del colore e degli schermi panoramici, valorizzate inoltre dalla maggior disponibilit della censura contemporanea.

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In realt il modello dellassassina al femminile nasce proprio in Italia, con il nostro Dario Argento. Con Luccello dalle piume di cristallo la donna si conquistata il ruolo di assassina, fino ad allora riservato agli uomini. Ma tutti i deboli e i diversi ottengono la stessa curiosa emancipazione nel cinema argentiano. Le certezze si incrinano, le consuetudini si lacerano. Anche una moglie tranquilla e fedele pu rivelarsi una spietata criminale, capace dei pi efferati omicidi in serie. Argento ha inventato anche una triade di donne ferali, le Tre Madri, Mater Tenebrarum, Mater Lachrimarum e Mater Suspiriorum, la cui storia descritta nellantico e immaginario Libro delle Tre Madri. Nel film Inferno apprendiamo che larchitetto Varelli costru le dimore delle tre madri a New York, Roma e Friburgo. La terra dove le case sono costruite diviene mortifera e pestilenziale cos che gli edifici intorno e a volte lintero quartiere ne maleodora. Questa la prima chiave per aprire il loro segreto... La seconda chiave occultata nei sotterranei delle loro dimore... La terza sotto la suola delle tue scarpe. Le Tre Madri dovevano costituire il filo conduttore di un ciclo di film argentiani. Forse il ciclo stato composto da Suspiria (nella figura della Regina Nera), Inferno e Tenebre (dove il riferimento pi sfumato), ma in alcune occasioni Argento ha detto che attende ancora di concludere la storia. Intanto, tornato sulle donne assassine oltre che assassinate anche in Trauma, dove il catalogo femminile dei personaggi argentiani si complica e si arricchisce ulteriormente. Dario Argento mette in scena donne assassine dagli inizi degli anni Settanta, con il suo primo capolavoro, Luccello dalle piume di cristallo. Si pu affermare che la Sharon Stone di Basic Instinct non che una delle tante donne pericolose e micidiali del cinema pi recente, queste figure femminili armate di coltello o di pistola che hanno le loro sorelle maggiori proprio nelle assassine del cinema argentiano. Argento ha anticipato un vero ribaltamento nel ruolo tradizionale della donna nei gialli e nei thriller. Fino agli anni Ottanta le figure femminili mostravano soprattutto una grande debolezza di fondo, che doveva porle in situazioni paurose e inevitabilmente dalla parte della vittima. Dalla ragazzina perseguitata da mostri e assassini, la tipica protagonista femminile del cinema thrilling poi diventata una donna con la pistola. I due volti femminili pi caratteristici di questa evoluzione della donna cinematografica sono senza dubbio Kathleen Turner e

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Anne Parillaud. La prima stata vera dark lady in Brivido caldo (1981), e poi diventata a sua volta donna-poliziotto in Detective coi tacchi a spillo (1991), mentre la Parillaud apparsa in Nikita (1990) nella parte di una ex-teppista reclutata dai corpi segreti dello stato per commettere delitti con licenza di uccidere e subito dopo ha fatto il salto decisivo, diventando vampira sanguinaria nel 1992 per John Landis nel film Innocent Blood (Amore allultimo morso). Probabilmente non solo sugli schermi cinematografici che si assiste a queste trasformazioni, di cui Argento si limitato ad essere primo anticipatore. Si moltiplicano infatti anche le assassine letterarie (come in Mary Terror di Robert McCammon, edito in Italia da Interno Giallo), e la stessa cronaca nera arriva ad affiancare ai serial killer tipicamente maschili anche alcune eccezioni di sesso femminile: soprattutto in Florida e nel sud degli Stati Uniti si sono segnalate da qualche anno numerose apparizioni di donne assassine seriali. Ma nel Terzo Millennio si potrebbe addirittura sostenere che lassassino cinematografico per eccellenza androgino, non n maschio n femmina. Lidentit anagrafica (maschile o femminile) di chi commette il delitto non importa pi. E il maestro di questa relativizzazione dellidentit sessuale del criminale stato proprio Dario Argento. Certo, abbiamo detto che la sua innovazione nel cinema thrilling stata quella di utilizzare quasi sempre donneassassine, fin dal suo primo film. Ma in realt lo spettatore scopre chi lassassino, e quindi se si tratta di un uomo o di una donna, solo alla fine del film. Gli omicidi sono mostrati in abbondanza, ma solo attraverso una mano guantata e gli strumenti del delitto. Non si pu che concordare con quanto scrivono Antonio Bruschini e Antonio Tentori a proposito del cinema di Argento: Con la sostituzione della macchina da presa alla visuale dellomicida lo spettatore si trova, violentemente e senza preavviso, catapultato nelluniverso delirante dello psicopatico. (...) Ma, pi di ogni altra cosa, si trova costretto a identificarsi con un personaggio di cui, paradossalmente, non sa assolutamente nulla, neppure il sesso... Per questo dellassassino, ora, Argento comincia a mostrarci sempre di meno. Non pi una silhouette nera da spaventapasseri, ma semplicemente il dettaglio ingigantito di un occhio sbarrato, dilatato sulla propria follia. [A. Bruschini, A. Tentori, Profonde tenebre, I Libri di Profondo Rosso, Roma 2000, pp. 31-32]

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Dallandroginia facile passare allevaporazione di ogni identit autonoma dellassassino. facile passare allassassino cibernetico, alla cinepresa-coltello, alla inessenzialit della personalit dellomicida e alla sua totale identificazione con locchio dello spettatore e quindi con lobiettivo della macchina da presa. Il cerchio si chiude, e il killer dallo schermo passa automaticamente in platea.

Filmografia
1970 Luccello dalle piume di cristallo 1971 Il gatto a nove code 1972 Quattro mosche di velluto grigio 1973 Le cinque giornate 1975 Profondo rosso 1977 Suspiria 1980 Inferno 1982 Tenebre 1985 Phenomena 1987 Opera

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1990 Due occhi diabolici (episodio Il gatto nero) 1992 Trauma 1996 La sindrome di Stendhal 1998 Il fantasma dellopera 2000 Nonhosonno

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GLI ASSASSINI

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Jack
Tra i grandi protagonisti del cinema alla lama di coltello il pi imprendibile e leggendario degli assassini senza dubbio Jack lo Squartatore. Mito proveniente dalla realt, Jack lo Squartatore il capostipite e lantenato di tutte le figure di pluriomicida senza motivazioni apparenti che hanno attraversato gli schermi. Le sue imprese a Whitechapel hanno festeggiato ormai il secolo e moltissimi nipotini di Jack hanno continuato le sue imprese, allungando la scia di sangue e frattaglie inaugurata dal mostro di Londra. Non che la storia del crimine avesse aspettato Jack per trovare delitti efferati e immotivati, ma lepoca vittoriana, apice del capitalismo ottocentesco e dellindustrializzazione, era lo scenario indispensabile per rendere mitologica una immagine del Male assoluto come quella di Jack. Nello stesso clima in cui nascono Sherlock Holmes, Dracula e il dottor Jekyll, la cronaca nera si impegnava a dare vita a un personaggio senza volto, crudele e malvagio oltre ogni limite, annidato nelle strade di Londra e pronto a colpire l dove il vizio e la miseria imperversavano, tra bordelli e osterie malfamate. Laltra faccia del moralismo vittoriano si presentava in tutto il suo pericoloso orrore. Jack si insediato tanto profondamente nellimmaginario proprio perch rimasto senza volto. Forse un paio di manette ai polsi di un insignificante maniaco avrebbero fatto perdere il ricordo di quella serie di delitti iniziati il 31 agosto del 1888. Jack lo Squartatore non stato catturato eppure non scomparso. Jack immortale, come ci ricorda il celebre racconto di Robert Bloch Yours Truly, Jack the Ripper, apparso su Weird Tales nel 1943 (che ebbe la fortuna di uno sceneggiato radiofonico, poco dopo la sua uscita sulla popolare rivista di racconti del terrore): il figlio di una delle vittime di Jack continua per anni a cercare lassassino, fino a incontrarlo ai nostri giorni ancora vivo e vegeto. Ha privato della vita altre centinaia di persone, per prolungare lesistenza del suo essere infernale. Come un vampiro egli si rinvigorisce con il sangue. Come un demone, il suo nutrimento la morte. Egli si aggira furtivo, come uno spirito malefico, in tutto il mondo per uccidere. E astuto, diabolicamente astuto.

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Ma chi era Jack per il cinema? Qual era il vero volto del massacratore di prostitute? Alle varie risposte romanzesche o della ripperologia (disciplina molto praticata da saggisti e criminologi inglesi) vanno aggiunte le spiegazioni suggerite dai vari sceneggiatori cinematografici. Alle due ipotesi principali (il duca di Clarence, nipote della regina Vittoria, o lavvocato John Montague Druitt) il cinema affianca molte tesi fantasiose. La serie pi lunga di film ispirati dalla vicenda di Jack lo Squartatore senza dubbio quella del pensionante, che prende origine da un romanzo di Marie Adelaide BellocLowndes, trasformato anche in opera teatrale. Circa lidentit dello Squartatore la serie oscilla tra innocenza e colpevolezza nei confronti del misterioso ospite della stanza in affitto, che i vicini sospettano di essere lassassino. A inaugurare il cielo sul pensionante pens proprio Alfred Hitchcock nel 1926, con quello che lo stesso regista ha definito il primo, vero film di Hitchcock (in F. Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Pratiche Editrice, Parma 1985, p. 38). Per non rovinare la carriera del protagonista Ivor Novello, specializzato in ruoli di buono, Hitchcock dovette dimostrare linnocenza dellinquilino (sospettato di essere Il Vendicatore, allusione chiara allo Squartatore). Linquilino sospetto torn in un remake del 1932 John Brahm e poi nel 1943 sotto la direzione di Hugo Fregonese: lo Squartatore del film di Brahm finisce annegato nelle acque del Tamigi, mentre sfugge a un inseguimento della polizia. Analogo il destino del signor Slade di Una mano nellombra di Fregonese, con laggiunta di un innamoramento dello Squartatore per la bella Lily (ma senza riscatto possibile per lassassino). Per il film Jack the Ripper di Monty Berman e Stanley Baker del 1959, Jack senza dubbio un chirurgo, e ce ne viene svelata anche la sanguinosa fine, schiacciato da un ascensore. Jack the Ripper utilizza ancora il bianco e nero dei vecchi film del terrore, ma concedendo un breve omaggio al nascente stile Hammer che richiedeva tinte calde su cui far schizzare il rosso del sangue: la sequenza finale, infatti, nelle copie originali a colori. Prodotto e diretto dal duo Baker-Berman, il film si inseriva nel filone in costume, e preferibilmente di epoca vittoriana, che il cinema inglese sfrutt a lungo tra gli anni Cinquanta e Sessanta per ambientarvi storie sottilmente erotiche e violente. La stessa coppia BakerBerman ne diede di l a poco un altro saggio con Hellfire Club (1961). il primo

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film, comunque, che abbraccia la tesi di Jack medico, abile con bisturi e dissezioni. Sulla stessa linea, in Barbara il mostro di Londra i delitti dello Squartatore vengono attribuiti al bifronte Jekyll-Hyde, in questo caso di sesso femminile e alla ricerca di ghiandole per le sue trasformazioni. Un medico con laboratorio scientifico anche il Jack di Erotico profondo interpretato da Klaus Kinski, vittima della sua doppia personalit che lo spinge ad uccidere. In Luomo venuto dallimpossibile lo Squartatore Stevenson, un amico dello scrittore Herbert George Wells che non si accontenta dei massacri nella sua epoca e fugge nel futuro con la macchina del tempo per continuare ad ammazzare, prima di essere scaraventato nellinfinito dal prode Wells. Pi legati alla ripperologia scientifica i due incontri cinematografici tra Jack lo Squartatore e Sherlock Holmes, in A Study in Terror e Murder By Decree. Nel primo film Holmes scopre il nesso tra i delitti di Jack e laristocratica famiglia Osborne, ma da vero gentiluomo linvestigatore rifiuta di rivelare pubblicamente la sua scoperta: Jack/Osborne muore, ma nessuno sapr mai che tutti gli omicidi erano legati al turpe passato della signora Osborne, che prima di sposarsi era stata prostituta. Nel secondo duello tra il detective di Baker Street e lassassino di Whitechapel viene invece sposata la vecchia tesi di molti ripperologi secondo cui il nome dellassassino non venne mai scoperto perch faceva parte della famiglia reale. Il film non risolve il quesito, ma mostra il prevalere della ragione di Stato sullaccertamento della verit. Nuove spiegazioni si ebbero grazie a Michael Caine, protagonista della serie Tv di quattro episodi di unora ciascuno Jack the Ripper. Intanto con Gli artigli dello Squartatore gi sapevamo che Jack ha una figlia, pronta a continuare la carriera del padre, dopo averlo visto uccidere la moglie sotto i suoi occhi. La figlia di Jack dimostra che lo Squartatore non finisce di terrorizzare con la conclusione dei suoi delitti londinesi. Resta nei nostri incubi, come in Tre amori fantastici dove lo Squartatore accostato a Harun el Rascid, personaggio da Mille e una notte, e Ivan il Terribile, come conseguenza onirica di una visita al Museo delle cere. Werner Krauss era il Jack che perseguita una coppia, nel sogno del protagonista. Si tratta di un episodio dal montaggio velocissimo, tra sce-

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nografie espressioniste alla Caligari, e che il grande critico Siegfried Kracauer considera un capolavoro dellarte cinematografica. Jack fa morire anche attraverso il semplice feticcio della sua lama, custodita in un altro museo delle cere e utilizzata da nuovi criminali in Il manichino assassino. La catena di delitti non si conclude mai, e il bisturi insanguinato passa a nuove mani, grazie a un cinema che si concede sempre maggiori indulgenze al macabro e al sanguinoso. E inoltre Jack unicona talmente popolare da poter apparire persino in serie tv di fantascienza come Star Trek (nellepisodio Wolf in the Fold, scritto da Robert Bloch) o Babylon 5 (nellepisodio Comes the Inquisitor) Jack lo Squartatore un simbolo di crudelt, e come tale non pu essere adeguatamente rappresentato e visto. Ogni concretizzazione della sua identit ignota fa perdere senso alla leggenda. Per questo il miglior Jack del cinema resta quello della Lulu di Pabst, che arriva a conclusione del film per uccidere la donna fatale per eccellenza e poi scomparire nel nulla, sconosciuto e oscuro come prima della sua apparizione, archetipo inspiegabile della violenza sessuale maschile. Forse proprio lindeterminatezza di Jack, che nessuno pu credibilmente descrivere o delineare, ha portato ad attribuirgli il volto di ottimi interpreti, ma senza scomodare gli attori pi amati del genere. Il cinema ha preferito scegliere secondo un catalogo lombrosiano i suoi Squartatori: un assassino, secondo le regole pi ovvie del luogo comune deve avere una brutta faccia, deve essere ripugnante nel fisico cos come lo nel morale, con fattezze che insospettiscano al solo sguardo. Registi e produttori hanno allora cercato i visi meno rassicuranti negli elenchi dei professionisti del genere. Le star devono avere dei corpi e dei volti efficaci per il terrore e soprattutto la faccia da delinquente. Jack deve avere un ceffo da criminale, anche se magari fa il dottore o un cittadino apparentemente irreprensibile. Il cinema ha assunto pienamente per Jack le vetuste tesi fisiognomiche di Lombroso e ha deciso che un deviante tanto brutale deve per forza rivelare la sua abiezione gi stampata sui lineamenti. Lo Squartatore stato impersonato al cinema da alcune delle facce pi terribili che il grande schermo abbia mai veicolato. Allappello mancano certamente le grandi star del cinema fantastico (non sono stati mai Jack n Karloff o Lugosi, n Price o Carradine, e nemmeno Christopher Lee o Peter Cushing). Per una

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buona schiera di attori inquietanti hanno indossato gli abiti vittoriani dellignoto assassino. Tra i tanti Jack dello schermo almeno quattro meritano un ricordo. Innanzitutto Jack Palance in Una mano nellombra, che da villain del cinema western stato spesso arruolato nel cinema thriller o horror (i pi esperti lo ricordano anche nei panni di Dracula e persino in un ruolo sadiano contro la povera Romina Power in Justine). Se c una faccia cinematografica che non rassicura, questa la faccia di Palance, nonostante i tentativi di trasformarlo, in vecchiaia, addirittura in buon poliziotto (ma solo in anni in cui anche il bene e la legge possono godere di un po di ambiguit). Chi non poteva sfuggire al ruolo di Jack era il cattivo per eccellenza degli anni Sessanta e Settanta: Klaus Kinski. Lo specialista della serie Z Jesus Franco lo volle per Erotico profondo, permettendo a Kinski di sezionare fanciulle svestite e contemporaneamente di coltivare piantine rare nel tempo libero dalla sua attivit di bravo medico. Con il suo bisturi Kinski/Jack si avvicina ai seni nudi delle sue vittime e poi ci fa assistere ad alcune fasi degli squartamenti, che quasi mai il cinema si era permesso di mostrare. Il film ha avuto una tormentata vicenda produttiva, girato dallo spagnolo Franco in una trasferta svizzero-tedesca (ne hanno tratto vantaggio le riprese in esterni, per una volta meno mediterranee del solito) e con alcune apparizioni, del tutto immotivate e svincolate dallo svolgimento della vicenda, di una delle figlie di Chaplin, Josephine. Allelenco dei Jack dello schermo non manca Udo Kier, arruolato da Walerian Borowczyk per Lul. Anche Kier non scherza in quanto a faccia patibolare, e il cinema lo ha ben utilizzato in ruoli di pazzo e di mostro. Per ricordare solo alcune delle apparizioni dellattore, Kier stato per Andy Warhol un sanguinoso dottor Frankenstein e poi un isterico Dracula, nella coppia di sexy-gore girati in Italia nel 1974. Da parte sua Just Jaeckin lo ha messo accanto a Corinne Clery in Histoire dO, nella parte del depravato che cede la propria compagna alle torture e agli amplessi di una strana setta sadica. Ottimo pendaglio da forca, allora, anche per impersonare il nostro Jack. Infine, va doverosamente citato David Warner, un cattivo che ha attraversato tante pellicole degli ultimi decenni lasciando sempre una scia di nefandezze.

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Warner forse il Jack pi moderno perch non suscita solo orrore, ma anche simpatia. Il suo faccione delinquenziale ha qualcosa di accattivante (mai termine fu pi adatto...) e quando gli viene messo alle calcagna un altro grugno cinematografico come Malcolm McDowell in Luomo venuto dallimpossibile non si sa proprio per chi fare il tifo. Tra le malvagit commesse da David sullo schermo nessuno dimentica almeno i delitti elettronici in Tron. Solo di recente la storia di Jack ha potuto esplicitare i contenuti erotici, senza sottrarre allo spettatore le implicazioni sessuali dei suoi delitti. Patricia Highsmith ci ha ricordato che Jack nasce da una societ che considera in modo abnorme il ruolo delle donne: La sindrome dello Squartatore come la malattia di Parkinson o la sclerosi multipla, pu colpire un laureato come un manovale, e rivela sintomi imprevedibili. Gli squartatori hanno una doppia vita e vengono scoperti dopo molto tempo perch credono di essere nel giusto e sembrano persone normali. [P. Highsmith, Problemi sessuali? Ecco la ricetta dello Squartatore, in Corriere della sera, 10 gennaio 1988] Il cinema ha introiettato il lato maschilista dello Squartatore, mettendolo a confronto con donne ridotto a cosa da smontare, da fare a pezzi. E ha aggiunto una buona dose di voyeurismo. Non dimentichiamoci che la saga di Jack lo Squartatore contro Lulu ha permesso anche di assistere a uno dei primi nudi integrata di Stefania Sandrelli e probabilmente il primo in assoluto della televisione pubblica italiana. Le ultimissime sequenze dello sceneggiato televisivo Lul (diretto da Mario Missiroli e programmato da Rai Due nel marzo 1980) mostrano una Sandrelli che corre nuda verso la macchina da presa, per sfuggire alle grinfie di Jack. Meno problemi ebbe Walerian Borowczyk, che nella sua versione di Lul non ebbe bisogno di Jack per spogliare Ann Bennent, biondina che le critiche ricordano soprattutto per i baffetti chiari e che si agita senza vestiti ben prima dellarrivo dello Squartatore. Se per il nudo diventato lecito accanto a Jack, qualcosa ancora impedito alla visione nella saga cinematografica dello Squartatore. In teoria Jack loccasione per scatenare al cinema lestetica del delitto gratuito, e per alcune variazioni sul tema della violenza sanguinaria su vittime femminili che lhorror cinematografico ha abbondantemente sperimentato. Con i progressivi ampliamenti degli spazi consentiti dalla censura il delitto solo suggerito di Jack tende

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ad essere mostrato, ma quasi mai il cinema si soffermato sui dettagli delle dissezioni dello Squartatore. Non che il cinema del terrore, soprattutto nelle sue varianti gore e splatter, abbia lesinato particolari raccapriccianti e spettacoli sanguinosi o mutilazioni in pieno schermo (come vedremo nelle prossime pagine, i villain della serie Venerd 13 o Freddy della serie Nightmare hanno mostrato al pubblico ogni efferatezza). Ma nei confronti di Jack anche il cinema si ritrae, non osa ricostruire completamente i misfatti di un mostro realmente esistito, ignoto, senza volto, occulto. Forse il realismo della vicenda di Jack, il suo riproporsi in altre figure della cronaca nera del secolo successivo, il suo essere ormai simbolo di una riduzione definitiva della donna a cosa, impediscono anche al cinema di essere distaccato e tranquillo di fronte alle gesta dello Squartatore. Su Jack sono stati scritti innumerevoli libri (solo per il centenario ne circol quasi una decina), sui suoi omicidi si sa molto, eppure il cinema ha preferito affidare ad altri assassini immaginari il compito di presentare sullo schermo lesorcismo dello squartamento a sfondo sessuale. Le dissezioni di corpi femminili, anche laccanimento sugli attributi sessuali, quasi un luogo comune dellhorror e del thriller cinematografico. Ma quando non c Jack. Se appare in prima persona una delle tante possibili incarnazioni del vero Jack tutto finisce per svolgersi fuori campo, o comunque la macchina da presa a un certo punto smetter di spiare. Una porzione di mistero, una zona dombra, deve essere sempre mantenuta, lorrore troppo vero e reale di Jack non pu essere reso visibile.

Filmografia
1924 Das Wachsfigurenkabinett (Tre amori fantastici) di Paul Leni con Werner Krauss 1927 The Lodger (Il pensionante) di Alfred Hitchcock con Ivor Novello 1928 Lulu, Die Buchse der Pandora (Lulu) di G. W. Pabst con Gustav Diessl

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1932 The Lodger (noto anche come The Phantom Fiend) di Maurice Elvey con Ivor Novello 1943 The Lodger (Il pensionante) di John Brahm con Laird Cregar 1950 Room to Let di Godfrey Grayson con Valentine Dyall 1953 Man in the Attic (Una mano nellombra) di Hugo Fregonese con Jack Palance 1959 Jack the Ripper (Jack lo squartatore) di Robert S. Baker e Monty Berman con Ewen Solon 1962 Lulu (Lul, lamore primitivo) di Rolf Thiele con Georges Rgnier 1964 Das Ungeheuer von London City (Chiamate Scotland Yard 00.75) di Edwin Zbonek con Dietmar Schoennherr 1965 A Study in Terror (Sherlock Holmes: notti di terrore) di James Hill con John Fraser 1971 DrJekyll and Sister Hyde (Barbara il mostro di Londra) di Roy Ward Baker con Ralph Bates e Martine Beswick 1971 Hands of The Ripper (Gli artigli dello squartatore) di Peter Sasdy con Angharad Rees 1971 Jack, el Destripador de Londres (Sette cadaveri per Scotland Yard) di Jos Luis Madrid con Paul Naschy 1972 Terror in the Wax Museum (Il manichino assassino) di George Fenady 1976 Jack the Ripper Der Dirnenmoerder von London (Erotico profondo) di Jess Franco con Klaus Kinski 1978 Murder by Decree (Assassinio su commissione) di Bob Clark con Donald Sutherland, David Hemmings

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1979 Time After Time (Luomo venuto dallimpossibile) di Nicholas Meyer con David Warner 1980 Lul (id.) di Walerian Borowczyk con Udo Kier 1985 Bridge Across Time (Terrore sul ponte di Londra) di E. W. Swackhamer con Paul Rossilli 1988 Jacks Back (Delitti perfetti) di Rowdy Herrington con James Spader 1988 Jack the Ripper (Jack lo squartatore) di David Wickes con Ray McAnally 1989 Edge of Sanity (Dr.Jekyll e Mr.Hyde) di Gerard Kikoine con Anthony Perkins 1997 The Ripper di Janet Meyers con Michael York 2001 Ripper: Letter From Hell di John Eyres 2001 From Hell (From Hell - La vera storia di Jack lo Squartatore) di Albert e Allen Hughes Sito Internet www.casebook.org

Norman
Lantenato di tutti i serial killer cinematografici pi recenti ha un nome: Norman Bates. E un volto: quello dellattore Anthony Perkins. Un volto vero, di carne e di ossa, senza truccature repellenti in lattice, senza maschere nasconditrici. Inventato da Robert Bloch in un suo romanzo, poi adattato per lo schermo da Joseph Stefano, il giovane assassino Norman deve il suo successo immortale ad Alfred Hitchcock, che lo port alla fama con il film Psycho, nellormai lontano 1960.

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Alto, magro, allampanato, Bates fa tenerezza. La sua semplicit lo rende simile davvero al vicino di casa. Ha un sorriso incerto, segno di timidezza, e in apparenza buono, persino affettuoso verso chi gli si avvicina nel motel isolato che gestisce. E in fondo il successo del personaggio deriva dal fatto di apparire come vittima, un giovane trasformato in pazzo dalle circostanze. il ragazzo per bene che obbedisce alla madre a qualsiasi costo, tanto scrupoloso da pulire come un fanciullo ben allevato il sangue delle sue vittime quando gli sporca il bagno o i tappeti di casa. E il suo amor filiale lo rende protettivo verso il cadavere della madre, e ubbidiente oltre la vita e la morte ai suoi ordini. Norman conserva il corpo mummificato della mamma, ne indossa gli abiti e parla con la sua voce, rimproverando se stesso quando commette qualche errore o si lascia tentare dal fascino femminile. Grazie a Hitchcock il personaggio di Norman Bates diventato immediatamente un mito, accanto ad almeno due immagini rimaste storiche: la ragazza assassinata sotto la doccia (Janet Leigh interpretava Marion Crane, la prima vittima di Norman), e la casa gotica sulla collina, dallarchitettura vittoriana, che sovrasta il Motel Bates (tuttora unattrattiva agli studi Universal di Los Angeles). La popolarit di questo serial killer immaginario stata tale che una inchiesta svolta negli Usa dimostr che 90 americani su 100, sopra i dodici anni di et, conoscevano la storia di Psycho. Da allora a Hollywood cominci a circolare un progetto scritto da due autori per far tornare Norman sullo schermo, ma gli intraprendenti sceneggiatori non avevano la titolarit dei diritti, Cos solo nel 1982 si pot mettere mano, grazie alla casa produttrice Universal che aveva finanziato il film di Hitchcock, a una seconda puntata della saga di Norman. Si trattava di un film totalmente imperniato sulla figura di Norman Bates, e molto diverso dal romanzo Psycho 2 scritto nel frattempo da Robert Bloch. Il secondo capitolo cinematografico della saga di Norman Bates inizia con la scarcerazione del giovanotto dal manicomio in cui era stato rinchiuso, mentre il bianco e nero della prima pellicola si muta lentamente sullo schermo nei colori degli anni Ottanta. Sono passati ventanni e il suo reinserimento difficile, per le diffidenze sia degli abitanti del villaggio vicino al Bates Motel, sia della polizia locale. Eppure trova anche quanti lo prendono a ben volere, anche perch gli psichiatri lo ritengono guarito.

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Una ragazza che lavora con lui in un ristorante accetta persino di accompagnarlo nel vecchio Bates Motel, dove ancora aleggia lo spettro incombente della madre di Norman. Il film pieno di citazioni dalla pellicola capostipite, con omaggi continui persino alle scenografie e agli oggetti che apparivano in Psycho. Il Motel venne in parte ricostruito, e il direttore artistico si mise a caccia di tutti i reperti del primo film ancora disponibili nei magazzini di Hollywood. E dal primo film viene recuperata anche lattrice Vera Miles, che interpreta di nuovo la sorella di una delle vittime di Norman. Il successo di Psycho 2 fu buono, ma non enorme. La distanza qualitativa dal primo film diretto da Hitchcock si faceva troppo sentire. Eppure nel giro di tre anni il produttore Hilton Green (che era stato assistente alla regia per il primo Psycho e aveva poi prodotto lui stesso Psycho 2) mise in cantiere la terza puntata della serie. Questa volta la regia venne affidata proprio ad Anthony Perkins, che dimostr delle capacit davvero rare nel rendere omaggio a Hitchcock accogliendone lo stile e larte. Il film prosegue nella trama le indicazioni di Psycho 2, che pure erano molto macchinose e inventavano una bizzarra sostituzione di persona per la madre di Norman. Nel terzo capitolo il segaligno assassino ormai accettato dalla comunit in cui vive, dove tutti o quasi lo considerano riabilitato. dallesterno di questa piccola comunit solidale che viene il pericolo per Norman, oltre che dallinterno della sua psiche sempre ossessionata dal ricordo del passato. Un malvivente che si fa assumere alla reception del Motel Bates e una ex-suora tormentata irrompono nella vita di Norman. E provocano lo scatenarsi di nuove violenze. Psycho 3 resta senza dubbio uno dei migliori esempi di sequel capace di innovare e avvicinarsi al valore della pellicola madre. Perkins si dimostra un ottimo regista fin dai primi minuti del film. Nel corso di un colloquio con lattoreregista, quando lo incontrai durante il festival del cinema fantastico di Sitges, nel 1986, Perkins aveva detto: In un certo senso Psycho 3 stato diretto da Norman Bates. un film girato dal punto di vista di Norman Bates. Avevo il problema di saltare continuamente di fronte alla macchina da presa e poi dietro. Sarebbe stato snervante se Norman non avesse pensato a dirigere il film mentre io recitavo la sua parte. difficile recitare in un film e contemporaneamente dirige-

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re gli attori, curare i movimenti della camera e fare le altre mille cose che il film richiede. La presenza di Norman stata preziosa, tutti i giorni delle riprese. Non da poco, per i reaganiani anni Ottanta in cui Psycho 3 venne girato, assistere a una proiezione che inizia con lo schermo buio, e una voce di donna che urla: Dio non esiste!. E subito dopo vediamo una suora precipitare da un campanile e schiantarsi, in un prezioso gioiello che cita con garbo La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock. Nel terzo episodio Norman ancora pi complice dello spettatore, che ormai lo vede con simpatia esplicita. E Norman sempre assassino, non ha affatto perso la sua carica omicida. Ed sempre prigioniero della madre, tanto che nellultima sequenza del film lo vediamo accarezzare una mano mummificata della sua genitrice, una reliquia tenuta nascosta tra gli abiti e sfuggita anche ai poliziotti che lo stanno scortando verso una nuova reclusione. In Psycho 3 il nostro Norman si innamora, ha una relazione con lex-suora Maureen, fuggita dal convento. Sono due anime sofferenti, che si illudono di trovare conforto reciproco. Andr a finire male. Ma evidentemente gli sceneggiatori hollywoodiani volevano dare una compagna al mostro, e ci riuscirono nel quarto episodio della saga. Con Psycho IV vediamo Norman uscito dal manicomio per lennesima volta, e sposato con la sua psichiatra. Il film ci porta indietro, ad esplorare linfanzia e ladolescenza di Norman, i suoi rapporti con la madre. Proprio Norma Bates, la madre del nostro serial killer della quale avevamo conosciuto solo la mummia in sedia a dondolo, al centro del quarto episodio, interpretata significativamente da Olivia Hussey, che sullo schermo aveva gi impersonato la Vergine Maria. In perfetta imitazione della casa gotica originale stato ricostruito in Florida presso gli Universal Studios un nuovo Bates Motel, ma questa stata lunica, vera continuit con la serie. Per il resto il film sembra saccheggiare brutalmente un mito. Nei flashback lattore Henry Thomas, gi interprete ragazzino di E. T., appare nel ruolo di Norman giovane, con un viso rotondo e per bene altamente improbabile. Tutta lambiguit degli sguardi e dei sorrisi nervosi di Perkins perduta. Il film davvero il capitolo finale, e toglie tra laltro ogni mistero (e quindi ogni fascino) alla figura di Norman Bates. Tutto spiegato, evidenziato, mostrato.

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Il cinema, insomma, ha macinato un suo mito fino alle estreme conseguenze. Eppure il mito di Norman Bates non scomparir facilmente, anche perch associato a quella che si potrebbe definire la maledizione di Psycho: Anthony Perkins stato perseguitato dallidentificazione con il suo personaggio, e per anni gli sono state offerte solo partecipazioni a film in cui doveva imitare il giovanotto folle della pellicola di Hitchcock. il caso pi evidente di serial killer che si impadronisce del suo interprete, costringendolo a ripetere in innumerevoli film le sue imprese assassine. Cos Perkins ha continuato a uccidere in tanti film, sia che incarnasse il diabolico Mr. Hyde/Jack lo Squartatore (in Edge of Sanity, del 1987), sia che si trasformasse nel prete omicida di China Blue. E lui stesso, Perkins, ha popolato le cronache dei giornali con le sue personali ossessioni, con i suoi comportamenti inquietanti, fino alle voci del 1990 che lo davano malato di Aids, subito smentite, ma poi drammaticamente confermate dalla morte dellattore nel settembre 1992. Questa impossibilit di separare Norman da Anthony ha pesato anche sul remake del 1998 del film capostipite, Psycho diretto da Gus Van Sant e prodotto dalla Universal nellestremo tentativo di rinnovare un mito. Lattore Vince Vaughn purtroppo non ha niente del fascino malsano di Perkins, non ne possiede gli sguardi e tanto meno il physique du rle. Ma tutta loperazione del remake che non regge il confronto con il vero Psycho. Persino la scena della doccia, riproposta con scrupolo certosino, perde di impatto, se non per luso del colore e di una maggiore esposizione di pelle nuda. Eppure lattrice Anne Heche era adatta a incarnare una moderna Marion Crane/Janet Leigh, come vittima predestinata dei tormenti di Norman. Il fatto che Psycho non pu davvero essere separato dal Norman Bates di Anthony Perkins. Allinizio Perkins reagiva con irritazione a chi lo identificava in Norman Bates, e sottolineava la differenza tra vita e film. Poi ha cominciato a giocare su questa identificazione, tanto da accettare per altre tre volte, dopo il 1960, di incarnare il personaggio e da apparire persino nel programma televisivo Saturday Night Live in una spassosa parodia. Nel colloquio con Perkins gi citato era lui stesso a teorizzare questa identificazione con Norman: Il personaggio di Norman Bates tanto interessante che mi sono accorto subito, fin dal primo film, del fatto che la mia carriera ne sarebbe stata condizionata. La mia somiglianza con Norman Bates stata per me

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sempre pi dolorosa, pi esplicita e pi stretta fino a che non mi sono sposato e sono diventato padre di due bambini. Sposarsi e fare figli era qualcosa che Norman, nella sua tragica situazione, probabilmente non avrebbe mai avuto. Appena la mia vita cambiata anche Norman si allontanato da me. In realt sfuggire a Norman Bates non era cos facile, e la maledizione di Psycho avrebbe perseguitato Perkins fino alla fine, fino a quella morte disturbante che lepidemia pi terribile del secolo scorso ha imposto allattore.

Filmografia
1960 Psycho (Psyco) di Alfred Hitchcock con Anthony Perkins 1983 Psycho II (Psycho 2) di Richard Franklin con Anthony Perkins 1986 Psycho III (Psycho 3) di Anthony Perkins con Anthony Perkins 1990 Psycho IV (id.) di Mick Garris con Anthony Perkins 1998 Psycho (id.) di Gus Van Sant con Vince Vaughn Sito Internet psycho-movies.8m.com

Leatherface
Se Norman Bates aveva una identit molto marcata, un viso ben evidente, inseparabile dallinterpretazione di Anthony Perkins, negli anni Settanta il serial killer diventa senza volto. Il caso pi eclatante quello di Leatherface, il gigan-

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tesco assassino con la sega a motore del film culto Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre) diretto nel 1974 da un giovanissimo Tobe Hooper. Era un film nato per scommessa. Hooper, appena premiato per il lungometraggio amatoriale Eggshells, si era messo alla ricerca di quattrini insieme allo sceneggiatore Kim Henkel. Grazie a un commerciante texano che invest 60.000 dollari, Hooper e Henkel crearono una piccola compagnia, la Vortex, e iniziarono le riprese di Texas Chainsaw Massacre. In sole sei settimane e con un cast di attori reclutati in loco nacque un cult per il cinema del terrore, un film diventato padre indiscusso delle pellicole a base di terribili violenze, sangue e sequenze da macelleria, che alla fine degli anni Settanta avrebbero dato vita al nuovo filone gore e splatter. Una causa intentata da alcuni membri della troupe contro Hooper e la Vortex costrinse il film a circolare in copie pirata nei cineclub degli States. Nonostante fosse soprattutto un film dellorrore, e non un film esplicitamente politico, The Texas Chainsaw Massacre sub molte traversie censorie, dovute solo in parte alla violenza inusitata delle sue immagini, costringendo i cultori a visioni quasi clandestine in 16 mm. In realt il film rifletteva la realt sociale dellepoca, la guerra del Vietnam in primo luogo, ma anche lo scandalo del Watergate, e questo fece di Saw, come questo film veniva chiamato spesso in America, un cultmovie non solo per la ristretta cerchia degli appassionati di horror degli anni Settanta. La famiglia di macellai texani cannibali nascondeva pi di un significato, e in particolare suscitava interesse la geniale invenzione del pi demenziale dei serial killer, Leatherface. Leatherface, cio Faccia di cuoio, non ha un volto. Si appropriato della faccia di un altro, strappandogliela dal cranio, e lha cucita come una maschera da indossare. muto, si limita a grugniti, e il suo solo modo di esprimersi uccidere, fare a fette il primo venuto con la sega a motore. Leatherface ha le sue motivazioni familiari, pi di ogni altro serial killer cinematografico. Viene da una famiglia di assassini e di pazzi, da una casa incredibile per orrore e immersione nel sangue, una casa di cui meglio non aprire la porta. Insieme a lui agiscono nel delitto i suoi fratelli Chop-Top, demente dopo aver partecipato alla guerra del Vietnam, e Cook, tutti impegnati nella gestione di una rosticceria poco raccomandabile, The Last Roundup Rolling Grill,

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in un parco-giochi abbandonato. La famiglia assassina vince persino dei premi culinari per le ottime salsicce che produce (a base di carne umana, naturalmente). Lassenza di volto rende Leatherface precursore indubbio degli altri due serial killer del cinema americano successivo, lassassino Myers di Halloween e il Jason di Venerd 13. Tra tutti i pazzi criminali della sua famiglia era quindi destinato a diventare la vera star. Non a caso quando nel 1980 la New Line ha distribuito nuovamente The Texas Chainsaw Massacre (diventato per i cultori semplicemente TTCM) ha incentrato la pubblicit proprio sulla figura di Leatherface. sulla scorta del successo reiterato del primo film che nel 1986 la Cannon ha riproposto la famiglia assassina di Faccia di cuoio con The Texas Chainsaw Massacre Part 2. Il film metteva a confronto un parente delle vittime ammazzate nel primo film con la famiglia texana della sega a motore. Il mitico Dennis Hopper, con cappello da cow-boy, si incaricava di eliminare lanomala e nociva famigliola: impugna due seghe a motore al posto delle colt, e qualcuno vi ha visto una parodia dellallora presidente americano Ronald Reagan. Lo sceneggiatore era L. M. Kit Carson, sofisticato uomo di cinema e critico radicale della societ americana degli anni Ottanta, noto per aver scritto Paris-Texas di Wim Wenders. Ha dichiarato Carson quando usc il film: Sono passati pi di dieci anni dalla prima versione, eppure credo che la famiglia primitiva del primo TTCM sia ancora molto attuale. La societ ha continuato a produrre violenza, a distruggere lambiente, a creare gente come gli yuppies che faccio morire orribilmente allinizio del film. [LAmerica della sega elettrica, intervista a Kit Carson di F. Giovannini, in Il manifesto, 7 novembre 1986] Questa volta Faccia di cuoio era interpretato da Bill Johnson, e la sua maschera di pelle umana era curata dallo specialista di effetti speciali Tom Savini. Il personaggio acquisisce maggiore spessore, e si fa protagonista anche di una sequenza commovente, quando cerca di conquistare la simpatia e lamore di una sua vittima, la bella Stretch (interpretata dallattrice Caroline Williams). Quasi una citazione dal mito della Bella e la Bestia, ma immersa in un contesto sanguinario senza precedenti, una scena per stomaci forti, che meriterebbe un posto donore nella storia del cinema alla lama di coltello: il terribile Leatherface regala alla sua amata prigioniera la pelle che ha appena strappato dal viso di

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un amico di lei. Il peggio viene quando il ragazzo scuoiato si risveglia e vede di fronte a s Stretch che porta sul volto la sua faccia insanguinata... Proprio Stretch riesce a confondere e sgominare il pazzo criminale Leatherface facendo leva sullattrazione sessuale, ma questo non le eviter di finire legata in una stanza della macelleria, tra penzolanti cadaveri di yuppie. La buona accoglienza del pubblico per questa seconda avventura di Leatherface, dove il rumore della sua sega elettrica copriva ogni altra colonna sonora, convinse i produttori a puntare di nuovo su di lui. Era inevitabile quindi che il terzo capitolo della saga di Texas Chainsaw Massacre venisse intitolato proprio al pi dotato dei pazzi criminali che popolano la famiglia texana. Nasce cos il film Leatherface, diretto dal regista Jeff Burr nel 1989. Burr aveva appena terminato le riprese di Stepfather 2, dedicato a un altro leggendario serial killer del cinema (il bravo padre di famiglia, purtroppo pazzo, impersonato da Terry OQuinn), quando veniva reclutato per portare sullo schermo le gesta di Leatherface. Lo sceneggiatore del nuovo film era quel David J. Schow considerato uno dei capiscuola dello splatterpunk, e lo script ne dimostra le doti. Pieno di umorismo macabro, il film accetta tutti gli schemi del gore, ma infondendovi una originalit e una capacit immaginativa in pi. Come ha dichiarato il regista Burr, Leatherface un film dellorrore piuttosto brutale, ma credo che lattenzione prestata alla scenografia, alla psicologia dei personaggi e lironia onnipresente ne facciano un film comunque molto lontano dalla produzione corrente del gore. [in LEcran Fantastique n.122, juin 1991] I pochi mezzi a disposizione della casa produttrice New Line per realizzare Leatherface hanno impedito di assoldare linterprete originale di Leatherface, Gunnar Lansen: dietro la faccia strappata c questa volta R. A. Mihailoff. Ma nonostante il cambio di attore la carta di identit di Leatherface resta la stessa, ed tutto un programma. Secondo la pubblicit per il terzo episodio delle sue avventure, Faccia di cuoio alto due metri e due centimetri, pesa 120 chili. Segni particolari: sar il vostro boia. Ma la saga non era finita. Se gli spettatori italiani nel 1990 hanno trovato nelle sale lapocrifo Non aprite quella porta 3 di Claudio Fragasso (Clyde Anderson), conosciuto anche con il titolo Night Killer e che niente ha a che fare con la celebre serie, nel 1996 ecco arrivare The Return of the Texas Chainsaw Mas-

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sacre. Questa volta Leatherface, interpretato da Robert Jacks, rivela anche tendenze al travestitismo, apparendo spesso in abiti femminili (ma con limmancabile faccia di pelle): un dato che indica il vero intento del film, cio demitizzare la serie. Il compito di tradurre la saga di TTCM in una commedia demenziale stato assunto da Kim Henkel, lautore del primo episodio. Purtroppo il risultato era fallimentare. La nuova famiglia assassina non mantiene le promesse, nonostante laiuto di una presenza femminile, la sadica e depravata Darla (Toni Perenski). N risollevava le sorti del film la vittima principale, incarnanta dalla gi promettente Renee Zellweger. Ridotto a pupazzo, Leatherface si limita a piangere, urlare e roteare la solita motosega. Triste epilogo per un nobile serial killer.

Filmografia
1974 The Texas Chainsaw Massacre (Non aprite quella porta) di Tobe Hooper con Gunnar Hansen 1986 The Texas Chainsaw Massacre Part 2 (Non aprite quella porta 2) di Tobe Hooper con Bill Johnson 1989 Leatherface (in videocassetta: Non aprite quella porta 3) di Jeff Burr con R. A. Mihailoff 1996 The Return of the Texas Chainsaw Massacre (Non aprite quella porta 4) di Kim Henkel con Robert Jacks Sito Internet www.geocities.com/SunsetStrip/Palms/6923/TCM.html

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Michael
Se Leatherface copriva il suo vero volto con una maschera di pelle umana, i serial killer del cinema non hanno disdegnato maschere pi comuni. Un altro famoso assassino di celluloide si accontentato infatti di una maschera da carnevale, anzi una maschera per la notte di Halloween, quando i ragazzini americani si travestono da mostri e fantasmi per spaventare i vicini di casa e gli amichetti. Lassassino che ha indossato questa maschera bianca e inespressiva, fin dal 1978, Michael Myers, creato da John Carpenter per il suo film Halloween, e poi tornato a colpire sotto altre regie. Michael Myers ha cos poca identit che pu essere interpretato ogni volta da un attore differente. E la differenza tra gli interpreti sotto la maschera pu essere molto marcata, per et, aspetto e persino statura. Il pubblico non interessato alla dimensione umana di Myers, ma solo ai suoi atti. La maschera che porta giustamente inespressiva, come un manichino. Solo nel primo film c qualche elemento individuale nel personaggio, quando ad esempio annuisce con soddisfazione di fronte al suo ennesimo delitto. Ma niente di pi. Myers solo una macchina per uccidere. Come il Jason della serie Venerd 13 e come Leatherface, anche Michael Myers non parla. Eppure John Carpenter nel primo film della serie aveva ricostruito lepisodio cruciale che determiner la carriera omicida di Myers, per dare qualche spessore psicologico al personaggio. Michael aveva solo sei anni, eppure gi maneggiava un lungo coltello: di fronte a una sorta di scena primaria, cio a un rapporto sessuale della sorella, non esita a uccidere. In questa sequenza Carpenter pone il pubblico dal punto di vista di Myers, utilizzando la soggettiva, ma presto il personaggio sfugge a ogni complicit dello spettatore, che torna viceversa a palpitare per le possibili vittime del maniaco. Il film di Carpenter era congegnato proprio come uno scherzo terribile per la notte di Ognissanti, lamericanissimo appuntamento di Halloween. La stessa fortuna del film connessa con quella ricorrenza, come ci ricorda la fanzine patinata che i fan di Carpenter hanno fondato a Edgerton: Portato nelle sale

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allinizio dellestate del 1978, Halloween sorprendentemente fece solo alzare qualche sopracciglio. Lunico punto importante che gli artefici del film non avevano calcolato era proprio la data di uscita. Lestate diede un risultato ovviamente povero per Halloween. Non troppo preoccupati, misero subito in cantiere una nuova uscita, questa volta basandosi su una loro ricerca di mercato. Lunica opportunit che rimaneva era di presentare il film qualche giorno prima della notte di Halloween: cos fecero, e la formula funzion. A migliaia si precipitarono nelle sale, ci si passava la voce e si correva immediatamente nel pi vicino cinema. Il film fece sensazione e vinse. [The Night He First Came Home!, in The John Carpenter File! n.8, july 1989] Il contesto ideale per una terribile notte di Halloween sembrava proprio la cittadina tranquilla e benestante di Haddonfield, che cambia aspetto violentemente per fare da teatro alle imprese criminali di Myers. Poco pi che ventenne, Myers scappa dal manicomio statale dellIllinois, e torna ad uccidere proprio per la notte di Halloween, la notte di Ognissanti, il 31 ottobre 1978. Anche lui mascherato, come tutti i ragazzini americani in quella notte magica, Myers d una interminabile caccia soprattutto alla giovane Laurie (Jamie Lee Curtis), mentre a sua volta cacciato dallo psichiatra Sam Loomis (il polanskiano Donald Pleasence), che lo ha avuto in cura per quindici anni. Viene apparentemente ucciso, pi volte resuscita, sembra non poter morire. Immancabilmente Myers viene riportato in vita per un secondo episodio, a due anni dal primo. Ma nella dimensione temporale cinematografica il tempo si fermato, e la notte di Halloween prosegue. Myers ancora deciso a uccidere Laurie (che tra laltro la sua sorellastra), finch non muore carbonizzato in un ospedale. I produttori dovettero pensare che le sue gesta erano difficili da reiterare, e distribuirono un Halloween 3 che non ha nessun rapporto n con la serie iniziata da Carpenter n con il tema del serial killer. Ma nel 1988, a festeggiare il decennale dal primo film, con Halloween 4 Myers di nuovo tra noi, e risorge anche quando gli sparano, lo investono ripetutamente, lo gettano nel vuoto. Le ustioni riportate in Halloween 2 non lo hanno distrutto, e Myers si rianima proprio nellambulanza che lo sta trasportando. Dopo aver perseguitato ladolescente nella prima puntata della saga, ora tenta di uccidere una bambina dodicenne, in questa terza avventura: la sua ni-

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potina Jamie, un nome che un esplicito omaggio alla Jamie Lee Curtis che interpretava la vittima prediletta di Myers nel primo Halloween. Nonostante i tentativi dello psichiatra Loomis, il pazzo Myers torner a inseguire Jamie anche in Halloween 5, questa volta aiutato da un suo simile, il demoniaco Dr. Death. Per quanto la ragazzina percepisca il pericolo e tenti di avvertire i suoi congiunti, nessuno la ascolta, perch la ritengono traumatizzata dalle vicissitudini che ha attraversato. Il bagno di sangue, cos, prosegue e nemmeno le vere e proprie catene in cui viene imprigionato riescono a fermare i delitti di Myers. Lo scontro finale tra Michael e il dottor Loomis avviene in Halloween 6. La nipote Jamie morta, non senza aver dato alla luce il figlio concepito con il micidiale Man in Black. Ma se Loomis non riapparir pi (anche perch nel frattempo lattore Donald Pleasence veramente morto), Michael torna in H20 per festeggiare il ventennale della sua prima apparizione. E torna in questa occasione anche Laurie, la sua sorellastra, che ora ha cambiato nome e si rifatta una vita. Il film probabilmente il migliore della serie, dopo il capostipite, ed evita tutti i luoghi comuni dei sequel o delle autocitazioni. Quanto basta per consentire ai produttori di mettere in cantiere un futuro Halloween 8. Coperto dalla maschera bianca, Michael Myers nei suoi sei film ha ucciso una cinquantina di persone, e si colloca quindi tra i pi micidiali serial killer dello schermo. Tuttavia questa lunga carriera lo ha lasciato nellindeterminatezza, il suo personaggio non ha acquistato personalit. Nick Castle, il primo attore che ha recitato la parte di Michael Myers, ha ben spiegato la similitudine tra questo assassino seriale e un pupazzo: Non serviva nessuna ispirazione per interpretare Myers. E nemmeno il regista mi poteva dare grandi idee. Se fossi andato da John [Carpenter] e gli avessi chiesto: come devo recitare questo?, lui avrebbe detto cammina e basta. Persino la maschera recitava pi di me. Interpretare Michael era pi o meno una situazione in cui dovevo entrare e uscire dalla scena, e John mi diceva fai questo o fai quello. Mi ha simpaticamente usato come una marionetta per tutto il film. [Cfr. Mark Shapiro, The Shapes of Wrath, in Fangoria n.88, november 1989] Questa marionetta dellorrore, non a caso, stata interpretata da attori diversi in ogni puntata. John Carpenter mise nei panni di Myers un attore che presto sarebbe diventato un noto regista (Nick Castle ha diretto tra laltro Il ragazzo

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che sapeva volare), ma gli altri interpreti della serie sono stati meno fortunati. Tra laltro, spesso si avvicendavano agli stuntman e alle varie comparse che indossavano la maschera nelle scene dazione o nelle cadute pi pericolose. Cos, Myers davvero chiunque e nessuno, come molti serial killer. E i tentavi di umanizzazione compiuti nel quinto capitolo della saga non hanno cambiato molto a questo proposito. In Halloween 5 vediamo Myers togliersi la maschera e asciugarsi una lacrima, e assistiamo alla interpretazione accurata di Don Shanks, abile come mimo e quindi pi a suo agio dei suoi predecessori nei panni del serial killer mascherato. Ma Michael Myers rimasto un ombra, anzi the Shape come stato definito il personaggio fin dalla sua prima apparizione. Una forma indistinta.

Filmografia
1978 Halloween (Halloween, la notte delle streghe) di John Carpenter con Nick Castle 1981 Halloween II (Il signore della morte) di Rick Rosenthal con Dick Warlock 1988 Halloween 4: The Return of Michael Myers (Halloween 4) di Dwight H. Little con George Wilbur 1989 Halloween 5: The Revenge of Michael Myers (Halloween 5) di Dominique Othenin-Girard con Don Shanks 1996 Halloween: The Curse of Michael Myers (Halloween 6: La maledizione di Michael Myers) di Joe Chappelle con George Wilbur 1998 Halloween: H20 (Halloween, 20 anni dopo) di Steve Miner Sito Internet www.halloweenmovies.com

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Jason
Banale, grossolano, dedicato al pubblico minorenne dei drive in, Venerd 13 e tutta la sua progenie include in s lintero catalogo del cinema dedicato al serial killer. una sorta di dossier del crimine cinematografico, che della sua serialit fa il punto di partenza per un immenso elenco di atrocit riprese nel dettaglio. La morte messa in scena dalla serie di Venerd 13 talmente ripetitiva da far perdere ogni impatto emotivo alla trama, alla storia: quel che conta lattesa della nuova trovata degli sceneggiatori per gli omicidi compiuti dal pazzo Jason (107 vittime, secondo il conteggio effettuato dal sito web a lui dedicato). Il filo conduttore, flebile, proprio lui, lassassino, ma la reiterata macelleria di cui capace gli fa perdere ogni identit, lo fa diventare solo un prolungamento umano del coltello o dellascia, o di qualsiasi altra arma utilizzi per uccidere. Jason un diverso, un ragazzo handicappato che minaccia altri ragazzi. In questo il serial killer pi reazionario, fatto per rilanciare paure conservatrici indirizzate agli adolescenti americani. Vuole nascondere la propria diversit e la propria bruttura, e per questo indossa una maschera da hockey. La sua figura storpiata viene vista quasi esclusivamente nel primo film della serie, negli ultimi fotogrammi, quando Jason riemerge dalle acque del lago per ghermire Alice, lennesima vittima. Poi la maschera caler sul viso di Jason, e le sue fattezze diventeranno irrilevanti negli episodi successivi della serie. Non la sua faccia ad essere importante, perch questo il serial killer senza identit. Solo nei primissimi episodi si sottolinea let di Jason, cio la comunanza tra le vittime (tutte teen-ager) e lassassino. Poi Jason solo un nome convenzionale, e diventa soprattutto una maschera. Per questo motivo lattore che impersona Jason cambiato nei vari film di Venerd 13: quello che importa sono le azioni compiute da Jason, non il personaggio che le compie. Dalla tradizione del serial killer Jason eredita una madre pazza e assassina. lei, ribaltando lo schema di Psycho, che commette i delitti nel primo episodio della serie, mentre il figlio Jason gi morto da ventanni, annegato nelle acque

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di Crystal Lake. Quando salta fuori dal fondo del lago, Jason poco pi che una apparizione, forse non esiste nemmeno, ma solo immaginato dalla sua vittima. Al contrario di Norman Bates, che uccideva su istigazione della madre morta, nel primo Venerd 13 il figlio Jason, defunto, che sussurra alla madre lordine di uccidere. Il suo invito Ki... Ki... Ki... Ma... Ma... Ma..., sintesi di Kill, Mommy! (uccidi, mamma!), diventata anche il leit motiv delle colonne sonore di tutta la serie, in un coretto macabro scritto dal compositore Harry Manfredini. Ma la saga Venerd 13, sulla base del successo del primo film, aveva bisogno di un serial killer in carne ed ossa, per quanto avvolto da resurrezioni soprannaturali. Cos Jason risorge in Lassassino ti siede accanto, la seconda puntata della serie. Per risolvere il problema del volto di Jason, lo si copre con un cappuccio: la maschera da hockey non ancora venuta in mente agli sceneggiatori. E Jason si avvicina ancora di pi al suo predecessore Norman Bates. Ora che la madre morta pu imitare lassassino hitchcockiano custodendo con cura la testa avvizzita della madre, tra candele votive e offerte rituali. Tuttavia le efferate imprese di Jason non hanno nessuna spiegazione psicanalitica, e del resto lui stesso una sorta di zombi, risorto non si sa per quale motivo. I suoi crimini sono totalmente gratuiti, se si esclude una certa inclinazione repressiva e sessuofobica. Appena i ragazzi che si avvicinano al suo rifugio in riva al lago trasgrediscono qualche proibizione, la mannaia di Jason e le sue innumerevoli armi bianche calano su di loro, massacrandoli. Giovanissime coppie in amore vengono trafitte, ragazzi troppo inclini agli scherzi pesanti sono dilaniati, adolescenti che non rispettano le messe in guardia degli adulti finiscono sventrati. La scelta del luogo dove Jason agisce stata una grande trovata degli sceneggiatori. Si tratta di un bosco vicino a un laghetto, dove i ragazzi vanno in gita. la tipica sede per le tensioni di un adolescente: il distacco dalla famiglia, il viaggio, i pernottamenti fuori casa, lautonomia che anche solitudine e paura dellimprevisto e del proibito. Da coetaneo impazzito, Jason diventa incarnazione dellimmaginario punitivo di adulti repressori. E allora, nel terzo episodio, cala la maschera da hockey, per nascondere definitivamente il viso e let dellassassino. Ed questa figura

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mascherata a diventare il marchio di fabbrica della serie: con la maschera da hockey anche la statuetta smontabile di Jason, prodotta per i fan pi accaniti. Come spesso accade quando un filone segna il passo e mostra elementi di crisi, i produttori girarono Venerd 13 parte III in tre dimensioni, per attrarre con questo espediente gli spettatori che gi alla seconda puntata non mostravano un interesse travolgente per Jason. Il 3D non bast, e si decise di tentare lultima carta, il capitolo finale, con un quarto episodio in cui finalmente Jason viene distrutto, grazie a un ragazzino appassionato di horror, Tommy Jarvis. Imprevedibile, il box office ricominciava a incoraggiare i produttori, e nel giro di un anno apparve nelle sale il quinto capitolo di Venerd 13. Ora let di Jason non ha davvero pi importanza: sotto la maschera da hockey questa volta si nasconde un padre di famiglia, diventato folle per la scomparsa del figlio. Con il sesto episodio, poi, la successione di delitti e di squartamenti approda allumorismo esplicito. La vena ironica che si era inoculata negli episodi precedenti diventa palese humour noir. lultimo scontro tra Jason e Tommy Jarvis, il giovanotto che nei precedenti due film aveva dato del filo da torcere allimmortale serial killer. Il film successivo, il settimo, vede una ragazza con poteri soprannaturali nella parte dellantagonista buona di Jason. Lo scenario torna ad essere quello di Crystal Lake, ma presto i produttori faranno aggirare il loro assassino di successo tra le strade di New York. Alle soglie degli anni Novanta il serial killer non pi annidato nei boschi di Crystal Lake, nel motel fuori mano gestito da Norman Bates o nel deserto del Texas della famiglia con la sega elettrica. Il serial killer in citt, e Jason si sposta a Manhattan per continuare i suoi delitti, nellottavo capitolo della serie. Lattore Kane Hodder, che riappare anche nella nona avventura Jason Goes to Hell: ormai Jason talmente cresciuto che pu essere interpretato sullo schermo da un vero e proprio gigante, un attore alto quasi due metri, ben diverso dal ragazzino macilento e con la testa deforme che emergeva dalle acque del lago nel primo episodio. La ricetta per sempre la stessa, ben sintetizzata dallo sceneggiatore Dean Lorey: Jason come personaggio principale, un mucchio di ferite e macelleria, un po di nudo: le cose che sono sempre piaciute ai fans di Venerd 13. [dichiarazione riportata da Marc Shapiro, I Wrote For A Zombie, in Fangoria n.126, september 1993]

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E la saga di Jason non sembra destinata a finire. Da tempo in cantiere Jason X e soprattutto si lavora a un futuro Jason vs. Freddy, dove i due grandi assassini della serie Friday the 13th e Nightmare dovrebbero incontrarsi.

Filmografia
1980 Friday the 13th (Venerd 13) di Sean Cunningham con Ari Lehman 1981 Friday the 13th Part 2 (Lassassino ti siede accanto) di Steve Miner con Warrington Gillette III 1982 Friday the 13th Part 3 - 3D (Week-end di terrore) di Steve Miner con Richard Brooker 1984 Friday the 13th - The Final Chapter (Venerd 13 capitolo finale) di Joseph Zito con Ted White 1985 Friday the 13th Part 5 - A New Beginning (Venerd 13: il terrore continua) di Danny Steinmann con Richard Wiand 1986 Friday the 13th Part 6: Jason Lives (Venerd 13 parte VI: Jason vive) di Tom McLoughlin con C.J. Graham 1988 Friday the 13th Part 7 - The New Blood (Venerd 13 parte VII - Il sangue scorre di nuovo) di John Carl Buechler con Kane Hodder 1989 Friday the 13th Part 8: Jason Takes Manhattan (Venerd 13 parte VIII. Incubo a Manhattan) di Robert Hedden con Kane Hodder 1993 Jason Goes to Hell: The Final Friday (Venerd 13 parte IX: Jason va allinferno) di Adam Marcus con Kane Hodder Sito Internet www.fridaythe13thfilms.com

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Freddy
Il personaggio di Freddy Krueger nasce grazie al regista Wes Craven. Sfuggito a una dura educazione calvinista, Craven giunge negli anni Settanta alla notoriet con Lultima casa a sinistra (1972), un film prodotto proprio da quello stesso Sean Cunningham che in veste di regista ha inaugurato la serie Venerd 13 (e del resto Craven e Cunningham avevano lavorato insieme anche per un vecchio documentario sexy: il nesso con il porno una costante tra gli autori di film alla lama di coltello). Lintuizione seriale di Craven ha avuto tanto successo che non solo le imprese di Freddy sono arrivate alla sesta puntata cinematografica, ma si sono installate anche sullo schermo televisivo con una serie di telefilm in cui lassassino dal volto ustionato volta a volta protagonista e ospite/presentatore. Freddy Krueger il maniaco di Elm Street, una strada di villini per bene della cittadina di Springwood, il criminale che uccideva e torturava bambini. Freddy ritorna dopo venti anni, per continuare ad uccidere impiantandosi nei sogni di adolescenti, e per continuare a spaventare i bambini che cantano filastrocche sul suo nome (sulla base di un motivetto scritto dallo stesso Wes Craven). Per colpa dellassassino che ossessiona i sogni a poco a poco Springwood si spopola, non nascono pi bambini, gli adolescenti diminuiscono. Con il suo volto ustionato, dopo che i genitori delle sue vittime gli hanno dato fuoco in una caldaia, Freddy incarna le paure dellinconscio, i terrori che riemergono nei brutti sogni, il pericolo che attraversa le menti di bambini e adolescenti, senza abbandonarli nemmeno da adulti. Freddy lorco dei primi incubi infantili, ma anche la paura concreta che si installa nella vita quotidiana: lautista di pullman impazzito che porta alla catastrofe, per esempio. Non solo ci che Freddy fa terribile, ma anche ci che Freddy , soprattutto a causa del viso sfigurato dalle bruciature, opera del mago del make up David Miller, gi curatore di Terminator. La maschera di Krueger, tra laltro, peggiorer nellorrore nel corso degli episodi successivi della serie, fino a rivelare persino un cervello semiesposto, grazie al talento congiunto di Kevin Yagher e

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Mark Shostrom, poi di David Miller. Da complicato trucco facciale, che necessitava di ore ed ore di lavorazione, la maschera di Freddy Krueger si va facendo sempre pi semplice da applicare, anche per accelerare i tempi di produzione delle innumerevoli sequele. I pi acuti appassionati della serie Nightmare in Elm Street riescono persino a riconoscere dalle fotografie di Freddy le differenze tra le varie puntate, identificando i cambiamenti occorsi nel naso, nel cranio, nelle ustioni, nel collo... Se i parenti cinematografici di Freddy necessitano in genere di una semplice maschera calata sul volto (da manichino per Myers, da hockey per Jason, di pelle cucita per Leatherface), il protagonista dei delitti in Elm Street inseparabile dal suo viso devastato dalle fiamme. Per il terzo episodio della serie, ad esempio, furono utilizzati materiali davvero particolari per il make up, la Plastilina Roma (unargilla molo costosa), una verniciatura in Alcote, varie sezioni in schiuma di lattice, ben 355 zone auto-adesive, oltre ai pi tradizionali trucchi e cerone per armonizzare il tutto. [dal dossier Freddy Krueger, compagno infernale, in Nosferatu n.3, settembre 1990] Larma prediletta da Freddy Krueger un guanto metallico con prolungamenti in lame dacciaio, inventato dallesperto di effetti speciali Jim Doyle. Con gli artigli di questo guanto a lame, che ha costruito da s, Freddy devasta le camere da letto, lacera stoffe e carne. E con i suoi poteri soprannaturali deforma orrendamente i corpi delle vittime, entra negli oggetti (celebre la sequenza in cui la sua lingua spunta nel microfono del telefono). La sua cattiveria tale che crea delle pizze con i volti delle sue vittime. Chi stato ammazzato da Freddy continua ad albergare nel suo corpo, appare imprigionato nel suo stomaco, piange e si dibatte nella gola e nel torace dellassassino. E viceversa Freddy abita i corpi di chi vuole perseguitare, pu apparire allimprovviso dallinterno di una vittima, fuoriuscendone orrendamente. Non si ferma di fronte a nulla, e arriva a infierire su un sordo, staccandogli un orecchio e torturandolo con il suo stesso apparecchio acustico. La forte personalit dellassassino della serie Nightmare in Elm Street necessitava di un interprete allaltezza del compito. Per questo buona parte del merito per il successo della serie va a Robert Englund, che ha incarnato Freddy fin dalla sua prima apparizione. Identificato completamente con il personaggio, Englund ha per giocato con la sua tipizzazione senza le preoccupazioni di tanti

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altri attori. Ma anche per Englund, arrivato ormai al settimo film della serie, sono sorte alcune complicazioni. Lattore ha dichiarato: Io padroneggio sostanzialmente il personaggio, tanto che mi sto dimenticando di recitarlo. Quando sono sotto quel trucco, mi sento come se potessi dire qualsiasi cosa a chiunque. Quando sono Freddy, posso bestemmiare davanti ai bambini e poi andarmene via. Una volta che Nightmare finito, se io bestemmio davanti ai bambini probabilmente finisco in manette. [dichiarazione raccolta da Marc Shapiro, Freddys Dead, in Fangoria n.107, October 1991] Freddy Krueger stato il primo serial killer cinematografico a diventare oggetto di culto, con i suoi fan club, la moltiplicazione di gadget e oggetti da collezionare legati alla figura dellassassino, la dedizione allattore che lo interpreta. Sono andati in commercio pupazzi montabili di Freddy, giochi da tavolo dedicati alle sue imprese omicide, maschere in lattice con le sue fattezze. La fotografia di Freddy Krueger in copertina stata una garanzia di vendite assicurate per tutte le riviste specializzate, in America come in Europa. E lattrattiva del serial killer che abita negli incubi non si ancora prosciugata, il rituale delle sue continue resurrezioni forse destinato a continuare. Di fronte a Krueger si ha paura (perch pu apparire ovunque, capace di metamorfosi come ) ma si ha anche complicit piena. In un cinema di Baltimora dove ho visto la prima di Nightmare 4, ad esempio, la platea incitava il nostro assassino, durante le sue pi terribili azioni, al grido di Fred-dy! Fred-dy!. E gli sceneggiatori hanno capito questa complicit tra lo spettatore e lomicida, facendo rivolgere Freddy direttamente al pubblico con ammiccamenti e strizzate docchio. Il Freddy di Englund destava complice simpatia gi nella prima pellicola della serie, quando si accanisce sugli amici della giovane Nancy Thompson. E Freddy un serial killer che risorge: nel secondo episodio torna a Elm Street, nelle stesse abitazioni che aveva gi sconvolto con le sue imprese precedenti, e si impadronisce dei sogni e del corpo di una ragazzina, violando lintimit di una coppietta di innamorati. In un itinerario di avvenimenti senza grande rispetto per gli spostamenti temporali, il terzo episodio vede poi una Nancy cresciuta e diventata dottoressa. Grazie alla sua esperienza sul campo si prende cura di altri ragazzi che sognano orrori. Una suora rivela a lei e al suo assistente la vera storia di Freddy Krueger, contribuendo ad accentuare lo scavo psicologico del

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personaggio. Scopriamo cos che Freddy il frutto di una violenza di gruppo su una suora da parte di alcuni internati in un manicomio... Grazie a una fanciulla dotata di poteri soprannaturali che agiscono, come quelli di Freddy, nel sogno, il mostro che abita negli incubi viene sgominato e seppellito, ma presto torner a uccidere e perseguitare gli adolescenti, risorgendo dalla terra di uno sfasciacarrozze: nel quarto episodio una ragazza con il significativo nome di Alice a ricacciare Freddy nellaldil, dopo aver introiettato le energie benefiche dei propri amici ammazzati dal serial killer. Nel quinto episodio la stessa Alice viene addirittura ingravidata da Freddy, dopo aver perso il fidanzato per mano del mostro. E in questa puntata non poteva mancare una apparizione della mamma di Freddy, in forma di spettro, dato che tutti i serial killer cinematografici prima o poi svelano uninfanzia difficile, un rapporto incestuoso con la madre. Le dita a rasoio di Freddy tornavano nel sesto episodio, minacciando sia i soliti teen-ager che alcuni adulti, tanto per allargare il target degli spettatori. Nel film, diretto da una donna (Rachel Talalay, che ha seguito la troupe della serie fin dallinizio, a fianco di Craven), come alla conclusione di una psicoterapia sar uno psichiatra a determinare la sconfitta di Freddy, aiutando una protagonista del film a ripercorrere il proprio passato e a liberarsi di ci che la ossessiona. In questo episodio, insieme alla consueta quantit di corpi smembrati si assiste a un viaggio in tre dimensioni nel cervello di Freddy: lestrema conferma di quanto la serie Nightmare sia il tipico prodotto del cinema horror degli anni Ottanta, che affidava le sue fortune soprattutto agli effetti speciali sempre pi sofisticati. Cos, a fianco degli esperti di make up per la faccia di Freddy, la serie ha avuto bisogno di un team composito di artisti degli effetti speciali, mettendo al servizio dei vari Nightmare diversi studi specializzati, quasi sempre coordinati da John Buechler. Con Freddy Krueger il cinema fantastico (fondato sullirrealt) e lo psychothriller (che ha bisogno di crudezza materiale) si incontrano e si fondono. Robert Englund, ormai celeberrimo come interprete di Freddy, ha spiegato meglio di ogni altro questa fusione, in una intervista apparsa sul periodico francese Vendredi 13 (titolo di cui inutile sottolineare la sintomaticit): Alla base del successo di Freddy credo vi sia il fatto che si tratta di un essere sovversivo

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con una certa sensibilit punk. Freddy diventato un simbolo: in camera si affiggono suoi poster. Credo che sia a causa del suo look, con il suo cappello floscio e il suo volto bruciato. Non dimentichiamo poi il suo senso dellumorismo. Tutti questi elementi si alleano allaspetto illusione/realt dei film... C una sorta di atmosfera tipo Ai confini della realt, dove non si sa pi se ci si trova in un sogno o nella dimensione reale. Arriverei a dire che questa la ragione principale del successo di Freddy. [Un succes a double tranchant, in Vendredi 13 n.6, dcembre 1988] E proprio il sovrapporsi tra realt e illusione stata al centro di Nightmare: nuovo incubo, con il ritorno di Wes Craven alla regia. Il film immagina che si stia per girare una nuova pellicola della saga di Freddy, e mette in scena unattrice apparsa nei primi episodi della serie, lo stesso Englund e il regista Craven. I preparativi del nuovo film, per, sono turbati dagli incubi dellattrice, in cui le appare la figura persecutoria di Freddy. E cos, nel gioco tra i due piani del reale e dellirreale, Freddy si prende lultima vittoria, sconvolgendo definitivamente ogni certezza sulla distinzione tra fiction e realt.

Filmografia
1984 A Nightmare on Elm Street (Nightmare, dal profondo della notte) di Wes Craven 1985 A Nightmare on Elm Street 2: Freddys Revenge (Nightmare 2, la rivincita) di Jack Sholder 1987 A Nightmare on Elm Street 3: Dream Warriors (Nightmare 3: I guerrieri del sogno) di Chuck Russell 1988 A Nightmare on Elm Street 4: The Dream Master (Nightmare 4: Il non risveglio) di Renny Harlin 1989 A Nightmare on Elm Street 5: The Dream Child (Nightmare 5: il mito) di Stephen Hopkins

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1991 Freddys Dead: The Final Nightmare (Nightmare 6 - La fine) di Rachel Talalay 1994 Wes Cravens New Nightmare (Nightmare: nuovo incubo) di Wes Craven n.b.: in tutti i film Robert Englund interpreta Freddy Sito Internet ww.nightmareonelmstreet.com

Hannibal
Con la commistione definitiva tra il thriller e lhorror, realizzata dalla serie Nightmare in Elm Street, con il connubio tra il film alla lama di coltello impiantato nella concretezza del delitto e il fantastico sfrenato, si aprivano gli anni Novanta. Ogni genere e ogni tradizione del passato sembravano in s esauriti, e trovavano linfa solo nella contaminazione reciproca e nellintreccio tra i propri temi costitutivi. Arrivati a questo punto limite, si apriva un periodo per inventare finalmente qualcosa, e non limitarsi al riciclo e alla illimitata riproposizione seriale. Con Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, e con il trionfo del re di tutti i serial killer, Hannibal Lecter, si voltava finalmente pagina. Nato dalla penna di Thomas Harris, nei due romanzi Red Dragon e The Silence of the Lambs, Hannibal Lecter uno psichiatra e un cannibale, ed confidenzialmente chiamato Hannibal the Cannibal: non a caso, il terso episodio letterario che lo vede protagonista prender il suo nome come titolo, semplice ed esplicito, Hannibal. Hannibal Lecter ha al suo attivo gi tre apparizioni cinematografiche, tra loro per incommensurabili. La prima apparizione stata in Manhunter di Michael Mann, dove si limitava a qualche consiglio da esperto della psiche umana, chiuso in una prigione di stato. Il vero serial killer protagonista di Manhunter non era Lecter, ma un gigante pelato e iperviolento. Il Lecter di Mann era interpretato

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dallattore Brian Cox, e appariva vestito di bianco, in una tuta da carcerato, imprigionato senza speranza nella propria cella. Con la regia di Jonathan Demme, invece, Lecter acquista le fattezze di Anthony Hopkins, e si dimostra superiore al suo predecessore gi per le caratteristiche della propria prigione. Lecter/Hopkins, infatti, rinchiuso in una gabbia di vetro, inventata dallo stesso Demme in collaborazione con la scenografa Kristi Za. La prigione di Lecter non poteva avere tradizionali sbarre, e i suoi colloqui con lesterno non potevano avvenire in un banale parlatorio, troppo visto nei film gialli di tutti i tempi. Per un criminale straordinario come Lecter serviva una cella speciale. Da questo confinamento totale, fuori dal mondo che si sente minacciato dalla sua diversit pericolosa, Lecter agisce e condiziona. Hannibal Lecter il primo serial killer che aiuta la cattura di un suo simile, il pluriomicida Gumb, detto Buffalo Bill, ossessionato dalla sua incerta sessualit e impegnato quindi a scuoiare donne per cucirsi una pelle di donna sulla propria. Ma Gumb lesatto opposto di Lecter. Isterico quanto Lecter tranquillo e freddo, tormentato quanto Lecter lucido e a suo agio nei panni di cannibale, rozzo e volgare quanto Lecter sopraffino ed educato. N la collaborazione che Lecter offre alla polizia per scoprire lidentit di Buffalo Bill un cedimento ai buoni sentimenti o un patteggiamento con chi lo tiene prigioniero. No, si tratta di una sfida. E verso le autorit che lo tengono in gabbia Lecter non certo tenero. I due poliziotti che lo custodiscono vengono uccisi a morsi e spellati, il suo aguzzino principale scapper per il mondo dopo levasione di Lecter, nellincubo di esserne divorato. LHannibal Lecter di Hopkins un altro serial killer disgustoso e affascinante, un mostro che attrae. Perfettamente realistico e privo di lati soprannaturali, Lecter contemporaneamente incarna il Male, il diabolico. uno scienziato, uno psichiatra, dal quale ci si attenderebbe la cura, la guarigione dei nostri mali. E invece questo dottore ha ribaltato il suo ruolo, evidenziandone forse proprio i caratteri pi veri e pi nascosti insieme. E al contrario di altri serial killer, quasi sempre giovani, Lecter un signore di mezza et. La scelta di Anthony Hopkins si rivelata perfetta, con quegli occhi chiari penetranti e vacui nello stesso tempo, con la calma glaciale, la voce educata, e poi gli scatti improvvisi di agilit e di crudelt.

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Hannibal Lecter e Anthony Hopkins sono diventati ormai inseparabili, in particolare dopo il controverso sequel Hannibal diretto da Ridley Scott, anche se sono state notate alcune fondamentali differenze con altre, passate identificazioni tra attore e ruolo. Scrive Didier Allouch: Voi non tratterrete niente di Hopkins uscendo dalla sala. Colui che ossessioner le vostre notti, colui che lascer in voi unindicibile traccia di terrore, colui il cui sguardo vi fisser nelloscurit, non Anthony Hopkins, Hannibal Lecter, Hannibal il Cannibale, il pi invitante degli incubi a occhi aperti. [D. Allouch, Hannibal le Cannibale un Killer pas Psycho, in Impact n.32, avril 1991] Perfetto cannibale, il suo rapporto con laltro estremamente violento: Lecter uccide laltro, e poi lo mangia. Nei suoi delitti, poi, sprigiona tutta la creativit del genio, limmaginazione dellintellettuale raffinato che ama lItalia, la pittura antica, il buon vino. E che si diletta a cucinare il cervello delle vittime tenendole in vita e facendole assistere alle sue prodezze gastronomiche (come accade allo sventurato Ray Liotta in Hannibal). Perfetto psichiatra, Lecter sa capire laltro da pochissimi indizi, sa catalogare e quindi manipolare dopo un solo sguardo. Lo dimostrano i dialoghi e le intese con Clarice Starling (interpretata da Jodie Foster e poi da Julianne Moore), giovanissima agente dellFbi e vera eroina dei due film. Alla fine il rapporto tra Lecter e la Starling di intimit, di complice intesa, quasi di amore, sottolineato dallo sfiorarsi delle loro mani in una delle sequenze pi belle del primo film. Lo psichiatra cannibale scopre i segreti di Clarice fin dal primo incontro, a poco a poco la sottopone a una analisi, da vero psicoterapeuta, senza nascondere in Hannibal gli effetti di un immancabile transfer. Lecter dimostra di conoscere la psicologia femminile alla perfezione, anche quando interagisce con unaltra donna del film, la madre senatrice di una delle vittime di Buffalo Bill. Disturbante, sgradevole, capace di non rifuggire dallesposizione cruda di cadaveri putrefatti e morsi cannibalici, Il silenzio degli innocenti riuscito ci nonostante a vincere una valanga di premi oscar. Eppure il film non apparteneva certo alla schiera di pellicole rassicuranti, perbeniste e banali che i giurati degli Academy Awards sembrano di solito preferire. Jonathan Demme ha da parte sua sempre privilegiato i migliori B movies, gli autori misconosciuti, tanto che ha voluto rendere omaggio al grande regista di La notte dei morti viventi, George

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Romero, facendolo apparire brevemente al fianco di Jodie Foster dopo un incontro della ragazza con Lecter. Ma la sorpresa per i riconoscimenti ufficiali ottenuti dal film ha anche altre motivazioni. Il silenzio degli innocenti uno dei rarissimi film americani del terrore in cui il serial killer non muore, ma evade e continua a uccidere. E lo stesso avviene alla fine di Hannibal, per quanto con un Lecter non pi fisicamente integro. Il finale del primo film non aveva precedenti per trasgressione alle regole del genere, con Lecter in vestito chiaro e cappello estivo, che sta per avere per cena un amico (il suo ex-carceriere), in un gioco di parole allusivo a un nuovo pasto cannibalico. Anche i serial killer cinematografici che chiedevano complicit allo spettatore dovevano sempre morire alla fine del film, magari per risorgere in una nuova puntata, ma comunque eliminati dai nostri incubi almeno fino al film successivo. Lecter invece ancora, e sempre, tra noi.

Filmografia
1986 Manhunter (id.) di Michael Mann con Brian Cox 1991 The Silence of the Lambs (Il silenzio degli innocenti) di Jonathan Demme con Anthony Hopkins 2001 Hannibal (id.) di Ridley Scott con Anthony Hopkins Sito Internet hannibal.n3.net

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Henry
Il tratto di unione tra gli assassini immaginari del cinema fantastico e la cronaca nera pi brutale offerto da Henry Portrait of a Serial Killer, un film del 1986 diretto da John McNaughton, che venne distribuito in America con quattro anni di ritardo ed stato riproposto nelle sale con discreto successo solo dopo i trionfi del Silenzio degli innocenti. Ma nei festival specializzati, e tra il popolo dei cinefili horror, Henry mieteva da pi tempo i dovuti riconoscimenti (nel 1990 ha ottenuto il premio per la migliore regia al festival di Sitges, e lanno dopo ha vinto il festival di Bruxelles). Cos, a cinque anni dalla realizzazione, Henry diventato un cult e si conquistato un posto donore tra gli assassini seriali cinematografici e non ha mancato di suscitare il ribrezzo delle anime belle: Nanni Moretti ha enfatizzato il suo disgusto per questo film inserendo una battuta contro Henry nel suo Caro diario. Costato solo 100.000 dollari, il film di McNaughton narra le imprese di un vero serial killer, Henry Lee Lucas (morto di infarto in carcere, nel marzo 2001), e del suo complice Ottis Toole. Una coppia veramente terribile, e destinata agli annali del crimine di tutti i tempi. Henry Lee Lucas si autoaccusato di 360 omicidi, e c chi arrivato ad imputare ai due assassini un totale di quasi mille vittime. Ma forse siamo gi nel terreno delle leggende metropolitane. LHenry del film ha il volto comune e banale dellattore Michael Rooker, e una cadenza dialettale nella pronuncia. uno dei tanti sbandati che popolano le nostre citt, senza nessuna caratteristica evidente, nessuna trasgressione marcata. Allinizio assomiglia a un James Dean di provincia, solitario e disincantato. Meno efficaci, invece, gli interpreti degli altri due film che hanno messo in scena le terribili imprese di Henry. Henry: Mask of Sanity si presenta come un diretto sequel del primo film. Ritroviamo Henry al lavoro, intento a commettere omicidi nonostante abbia trovato una coppia che lo ospita benevolmente senza sospettare la sua vera natura. Lattore che interpreta Henry ha una vaga somiglianza con Rooker, ma non eguaglia il predecessore. Senza legami con il

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film di McNaughton, ma direttamente ispirato alla vera storia di Henry Lee Lucas (anche se gli stato cambiato il nome in Daniel Ray Hawkins), invece Confessions of a Serial Killer, assurdamente pubblicizzato con un poster in cui appare un uomo che indossa la maschera di contenzione di Hannibal Lecter in Silence of the Lambs. Girato un anno dopo Henry, il film ha avuto a sua volta delle traversie distributive ed apparso solo nel 1993, esclusivamente in videocassetta. Attraverso la confessione del serial killer si torna indietro alla sua prima giovinezza, permettendo di comprendere le radici della sua follia omicida. Per il resto, gli omicidi assomigliano molto a quelli del film capostipite. Ma torniamo a Henry Portrait of a Serial Killer, perch questa la pellicola che ha lasciato un segno nellimmaginario. Apparentemente tranquillo, Henry svolge il suo mestiere: disinfesta le case da insetti e topi. Nel tempo libero, con la stessa imperturbabilit, uccide tanto delle malcapitate prostitute quanto intere famiglie. Tra i grandi mostri dellimmaginario, quindi, Henry assomiglia soprattutto al licantropo, che sente sorgere in s una bestialit incontenibile, e si tramuta in un essere sanguinario. Ma del licantropo Henry non ha certo i tormenti interiori, il disgusto per le sue azioni incontrollabili: tra normalit e delitto, in Henry, c perfetta continuit. Quando si guarda allo specchio, non ci sono peli che crescono sul suo volto o mutazioni orribili in bestia: la sua espressione sempre la stessa, la sua follia sempre presente, inamovibile. Henry per non perde il controllo, anche quando sente lirrefrenabile impulso alla violenza. Ha sviluppato un suo specifico metodo criminale, perch non agisce mai nello stesso luogo n con la stessa tecnica di omicidio. Ed un serial killer da manuale: uccide senza nessun motivo, preferibilmente persone del tutto sconosciute (ma in momento di confidenza ammette di avere ammazzato anche la propria madre...). I delitti di Henry iniziano nelle strade degradate di Chicago, e poi si irradiano in un viaggio mortale che attraverso lo spostamento in automobile trasporta morte: la morte data dallassassino punteggiata dalle autostrade, come la morte subita dalle vittime le cui carcasse vengono caricate in auto e poi gettate sulla strada come spazzatura, come detriti. Henry, del resto, non potrebbe che essere americano: Se la Vecchia Inghilterra stata la culla ideale dei mostri solitari e sanguinari ottocenteschi che hanno trovato nel romanzo gotico la loro aulica

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celebrazione lAmerica, nuova Terra Promessa del successo e dellindustrialismo rampante, con le sue contraddizioni e schizofrenie, rappresenta ormai da parecchio lambiente naturale dei maniaci assassini di fine millennio. [Aldo Musci, Orrori metropolitani, in Ordine pubblico n.9, settembre 1992] Questi assassini metropolitani degli States possono essere degli yuppie annoiati, come nel romanzo di Bret Easton Ellis American Psycho e nel film omonimo di Mary Harron, ma possono essere anche figure di neo-proletariato e di emarginazione come Henry. Il delitto seriale, insomma, si dimostra pienamente interclassista. Ma Henry a suo modo un genio del crimine, e contemporaneamente una vittima della sua stessa pazzia. Il percorso di sangue di Henry sembra senza fine, e arriva a sterminare anche gli ultimi partner, le uniche persone che sembravano contare qualcosa per lassassino. La solitudine torna ad essere globale, resa sempre pi tale dalle esplosioni psicotiche di violenza che Henry non pu dominare, nonostante il superficiale cinismo e la lucidit nel non lasciare tracce. Come si detto, Henry ha il volto comune di qualsiasi drop-out che si aggiri nelle metropoli, ma labilit del regista McNaughton stata nel dedicarsi con cura anche alla definizione pi avanzata del ruolo delle vittime. Nel film Henry si ribalta infatti una consuetudine del cinema horror imperniato su assassini seriali: non tanto il serial killer ad essere inessenziale nellidentit e persino nel volto, ma la vittima ad essere nulla. Se attori diversi hanno potuto recitare la parte di Jason o di Leatherface, in Henry tre vittime femminili sono tutte interpretate da una stessa attrice (da uno stesso corpo), Mary Demas. Quel che conta vedere delle membra martoriate, non un viso dotato di espressione individuale o di una identit. Il vero serial killer non sa che faccia abbia la sua vittima.

Filmografia
1986 Henry - Portrait of a Serial Killer (Henry Pioggia di sangue) di John McNaughton con Michael Rooker

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1987 Confessions of a Serial Killer (id.) di Mark Blair con Robert A. Burns 1996 Henry: Mask of Sanity di Chuck Parello con Neil Giuntoli Sito Internet www.houseofhorrors.com/henry.htm

Progenie di assassini seriali: Scream e company


Il modello del film su un serial killer che d origine a uno o pi sequel, creando una catena di episodi, seriali come gli omicidi su cui si incentra, ha avuto in anni recenti una nuova impennata. Il merito per questa rinascita del serial killer cinematografico di Kevin Williamson, giovane sceneggiatore che ha convinto la americana Dimension Films, filiale della Miramax, a riesumare il filone affidando a Wes Craven la regia di Scream. Il successo straordinario di Scream e dei suoi due seguiti ha avviato una nuova stagione di serial killer a caccia, preferibilmente, di giovani prede. Il trionfo tra il pubblico del primo episodio di Scream stato una sorpresa, anche perch il film aveva una sola star da grosso budget, Drew Barrymore (che per muore allinizio del film), la stellina emergente Neve Campbell come personaggio principale (nella parte di Sidney Prescott), e varie facce televisive, che culminavano in Henry Winkler, gi Fonzie nei telefilm della serie Happy Days, ma non pi sulla cresta dellonda. In realt Scream compiva il miracolo di rivolgersi contemporaneamente ai cinefili (solleticati dal gioco continuo di citazioni) e al pubblico adolescente (che si pu identificare nei ragazzi del college di una cittadina californiana). E per questo miracolo non servivano grandi investimenti produttivi, ma solo idee originali. Fin dalle prime sequenze incontriamo un serial killer appassionato di cinema horror, che sottopone a quiz telefonici le sue vittime. La prima a cadere una

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ragazza che non sa rispondere a una domanda su Venerd 13, poi seguiranno svariati delitti, tutti ispirati ai film pi celebri del genere. La strada scelta quella della giustapposizione di situazioni umoristiche e ironiche con classiche scene di omicidio. Ma soprattutto con un continuo gioco di citazioni e persino autocitazioni (Wes Craven fa una breve comparsata e non mancano le allusioni alla sua serie Nightmare). Si citano icone del terrore visuale (lassassino agisce coperto da una maschera ispirata a Lurlo di Edward Munch) e cinematografico (nel finale, ad esempio, i delitti di Halloween si confondono con quelli di Scream). Nella serie Scream il tratto dunione non lassassino, ma la vittima mancata. Il viso di plastica di Neve Campbell ritorna in tutta la trilogia, mentre dellassassino torna solo la maschera, indossata da altri carnefici. C in realt un ulteriore passaggio di fase nellidentificazione tra lo spettatore e lassassino. Chi guarda il film apparentemente si colloca dal punto di vista della vittima, ne condivide le paure. In realt, a ben analizzare, lo spettatore si trova nella stessa condizione dellassassino: vede la vittima senza essere visto. Noi vediamo, come lassassino nascosto, la vittima che risponde al telefono, ne seguiamo gli spostamenti, esattamente come il killer. Lo spettatore, dunque, viene posto in una situazione intermedia, tra lassassino e la vittima: non sa dove si nasconde o chi lassassino, ma osserva chi sta per morire, proprio come lassassino. Tuttavia lo sceneggiatore Kevin Williamson ha sottolineato in particolare i lati umoristici delle situazioni-tipo del filone. Uno dei protagonisti, ad esempio, urla: Non uccidermi, voglio tornare in un sequel!. La strada parodistica sar accentuata in Scream 2, dove ricompaiono alcuni degli attori del primo episodio e dove si ripresentano le citazioni (una tv trasmette Nosferatu di Murnau). Tutto comincia in una multisala cinematografica mentre si proietta Stab, un film che narra le stesse vicende del primo Scream: ed ecco che la sovrapposizione di piani, cara a Craven, compare subito, con un omicidio che avviene contemporaneamente a quello che si vede sullo schermo della multisala. Il meccanismo si moltiplica, poi, con Scream 3, sempre diretto da Craven, ma questa volta con una sceneggiatura di Ehren Kruger, basata sui personaggi creati da Kevin Williamson. Dalla sala cinematografica che proiettava Stab si passa agli studios hollywoodiani dove si sta girando Stab 3, un ulteriore film che si basa sugli orribili delitti della cittadina di Scream, perfettamente ricostruita sul set. C di

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nuovo Sidney Prescott, che ora vive solitaria tra i monti del Nord California, sempre ossessionata dalla morte della madre. E ci sono di nuovo i delitti, che coinvolgono gli attori del film in lavorazione. Scream 3 accentua gli elementi farseschi della serie, ma non rinuncia a strizzare locchio al cultore di horror. Vengono persino enunciate le tre regole dello slasher movie. Uno: lassassino ha sempre qualcosa di soprannaturale che pu impedire di ucciderlo o eliminarlo definitivamente. Due: non c personaggio che non possa morire, anche il protagonista principale. Tre: tutto deve essere spiegato da un avvenimento accaduto in precedenza, nel passato. Effettivamente, queste sono le regole che abbiamo incontrato nelle grandi saghe del serial killer cinematografico: valgono certamente per le serie Venerd 13, Halloween e Nightmare, mentre la prima delle tre regole non rispettata dalle storie di Norman, di Hannibal e di Henry, troppo realistiche per consentire virate soprannaturali. E nemmeno la serie Scream, a ben vedere, rispetta le tre regole, perch in perfetto stile craveniano si colloca piuttosto nella zona di confine tra fiction e realt. In questo senso, hanno destato scalpore le notizie secondo cui la serie Scream avrebbe anche originato dei veri delitti, confermando drammaticamente di basarsi sullintreccio tra realt e finzione. Nellaprile 2000, a Fontenay-auxroses (alla periferia di Parigi), un sedicenne appassionato di film dellorrore ha accoltellato i genitori dopo aver visto Scream 3 al cinema. Appena tornato dalla proiezione, cos almeno raccontano i giornali, il giovane Nicolas ha indossato cappa nera e maschera bianca come lassassino di Scream, poi si nascosto e ha atteso il rientro di mamma e pap. Dopo averli accoltellati e lasciati morenti in un lago di sangue, il ragazzo saltato dalla finestra della sua camera ed scappato. Ma al contrario che sullo schermo, i due genitori feriti si sono salvati e il giovane assassino stato catturato. Queste ripercussioni sulla cronaca nera non hanno per fermato la creativit di Kevin Williamson. Prima di passare dietro la macchina da presa per dirigere Killing Mrs Tingle (2001), dedicato a una sua professoressa di inglese che lo perseguitava da ragazzo, Williamson infatti ha creato un altro serial killer che torna in due episodi: Ben Willis, vestito da pescatore, con impermeabile e cappellone nero e dotato di uncino micidiale. Il suo esordio in So cosa hai fatto (I Know What You Did Last Summer), regia di Jim Gillespie,al suo primo film.

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Anche qui, come per Scream, gli interpreti sono stati scelti tra le giovani star della tv, in particolare Sarah Michelle Geller, popolare per il suo ruolo di Buffy, lammazzavampiri, o come la formosa Jennifer Love Hewitt, gi cantante. Per festeggiare la ricorrenza del 4 luglio, quattro ragazzi del North Carolina appena diplomati fanno baldoria in riva al mare, amoreggiando, bevendo e raccontandosi leggende metropolitane spaventose. Al ritorno, investono uno sconosciuto, ma decidono di non denunciare il fatto: tutti daccordo, buttano il corpo in mare. Un anno dopo, ecco arrivare ai quattro delle lettere anonime dove si dice so cosa hai fatto lestate scorsa. Ed ecco cominciare i delitti. Un buon assassino non si lascia troppo a riposo, e infatti Willis torna a colpire in Incubo finale, dove riappare Jennifer Love Hewitt nella parte della ragazza scampata alla morte, ma ora perseguitata da orribili incubi. Sullonda del successo di Scream e di So cosa hai fatto, due giovanissimi, il regista Jamie Blanks (26 anni) e lo sceneggiatore Sylvio Horta (24 anni), hanno a loro volta tentato di rilanciare il mito del killer mascherato con Urban Legend. Questa volta il massacratore nascosto dal cappuccio di una giacca a vento, che indossa anche fuori stagione. Il clich quello consueto degli studenti minacciati da un misterioso assassino. In questo caso siamo condotti in una immaginaria universit del New England dove ci sono tutti i tipi classici di queste storie giovanilistiche, la studentessa secchiona, quella sexy, il bel ragazzo, il giovanotto che fa gli scherzi, ecc. A metterli di fronte ai pericoli nascosti nellombra un docente con le fattezze evocative di Robert Freddy Englund (ma nel cast c anche Brad Dourif). lui che racconta la leggenda metropolitana del professore della Pendleton University che avrebbe ucciso sei studenti molti anni prima. Il fatto che gli omicidi cominciano ad avvenire davvero, ispirati proprio a leggende metropolitane e coinvolgendo persone vicine in qualche modo a Natalie (Alicia Witt, gi apparsa in Dune e Twin Peaks sotto la regia di David Lynch), una delle ragazze delluniversit. Nessuno le crede, quando comincia a capire che i delitti sono collegati tra loro in modo inquietante, perch tutti respingono questa ennesima leggenda metropolitana. Inutile dire che lassassino seriale armato di ascia c veramente e ha a che fare con la vita di Natalie. Tuttavia siamo di fronte a un assassino (questa volta al femminile) che agisce con un preciso intento vendicativo, e non uccide a caso come i veri serial killer.

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Che il mini-filone di Urban Legend sia lontano dalla tradizione del film sui serial killer confermato dal secondo episodio, Urban Legends: The Final Cut, di John Ottman. Non un vero e proprio seguito, ma ci si limita a imitare qualche aspetto del primo film e a richiamarlo esplicitamente nel titolo. Questa volta ci trasferiamo alla Alpine University, dove una studentessa sta scrivendo una tesi sulle leggende metropolitane, mentre altri girano film horror e thriller estremi. Presto le coltellate dei filmini studenteschi si trasformano in veri omicidi. Urban Legends: The Final Cut non mancava di momenti ironici, nello stile di tutta questa nuova ondata di assassini a puntate. Ma Hollywood si spinta pi oltre, fino alla demitizzazione del sottogenere. Il titolo originale della sceneggiatura di Williamson per Scream era Scary Movie: e proprio Scary Movie si intitola la prima parodia seriale dei killer seriali. Diretto da Keenen Ivory Wayans, coadiuvato da altri fratelli Wayans, attivi da tempo nel genere, Scary Movie mette in ridicolo lintero filone dellhorror-adolenscenziale. Cadono sotto le battute grevi del film, tra allusioni sessuali e schizzi di sangue, le serie Scream, So cosa hai fatto, Urban Legend, ma anche i film-cult The Matrix e The Blair Witch Project. Prodotto dalla Dimension Films, la stessa dei tre Scream, oltre che di Halloween H20 e The Faculty, questa farsa horror ha gi figliato a sua volta un seguito, limmancabile Scary Movie 2, questa volta ambientato in una casa infestata da fantasmi. Quando un filone scivola nella parodia, per mano dei suoi stessi creatori, vuol dire che si sta arrivando a una fase di stanchezza e di non ritorno: era accaduto cos, negli anni Quaranta, alla Universal, che lasci i suoi celebri mostri alle gag di Gianni e Pinotto. Tuttavia i serial killer cinematografici non sembrano ancora demoliti dalle risate di Scary Movie. Tra laltro, non bisogna dimenticare che di recente il serial killer diventato anche serial televisivo, grazie ai telefilm Millennium. Curati dal creatore di X-Files, Chris Carter, questi episodi dovevano illustrare le paure di fine millennio, incentrandosi soprattutto sulla paura per eccellenza che, come abbiamo visto, la paura per il serial killer. Al centro dei telefilm c unorganizzazione segreta, Millennium appunto, che aiuta gli investigatori sulle tracce degli assassini seriali.

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Frank Black, un uomo apparentemente normale, con moglie e una figlia, nasconde una incredibile capacit di rintracciare serial killer, quasi sintonizzandosi sui loro pensieri pi reconditi e terribili, intuendo le loro mosse quasi fosse dotato di poteri paranormali. Una sorta di maledizione, che Black ha scelto di mettere al servizio di Millennium, staccandosi periodicamente dalla sua famiglia appena lorganizzazione lo chiama. Lattore che impersona Black Lance Henriksen, gi visto in Terminator, Aliens e in innumerevoli B-movie a fosche tinte, e dal volto tormentato e segnato. Linterprete ideale per una serie cupa, macabra, che non risparmia allo spettatore visioni sanguinarie raramente concesse dai telefilm. Cadaveri, obitori, omicidi, strade buie e piovviginose: sono queste le immagini ricorrenti di Millennium, girato con professionalit cinematografica e superiore alla media dei serial tv. Ogni episodio si snoda in modo simile. Delitti atroci, un assassino imprendibile e minaccioso, una caccia ricca di colpi di scena e di pericoli. Ma il meccanismo di Millennium troppo ripetitivo e troppo in debito con Il silenzio degli innocenti, come sottolinea Christophe Corthouts: Nellinsieme la serie soffre dun serio problema di variet. Di questo passo, la qualit di ogni trama dipende soprattutto dalla personalit dellassassino seriale che presenta e della sua ossessione. [Christophe Corthouts, Les serial killers dans la petite lucarne. Lo choc de Millennium, in Phenix n. 47, Dossier Les serial killers, 1998] Eppure la violenza metropolitana di Millennium, per quanto ripetitiva, ha suscitato scandalo. Da noi, Italia 1 ha dovuto spostare la trasmissione dalle 21.30 alle 22.30 dopo le proteste di alcune associazioni perbeniste. X-Files forse pi estremo e violento di Millennium, ma non parla di mostri veri, e allora pu andare in prima serata. Il serial killer, invece, inquieta e spaventa proprio perch le sue imprese si mischiano con la realt, con i terrori tangibili e concreti dei nostri tempi. E per le anime belle, allora, il serial killer sempre meglio nasconderlo, chiudendo gli occhi davanti alla sua esistenza. O, almeno, confinandone la visione nel buio della notte, dove diventa pi indistinto.

Filmografia

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La serie Scream 1996 Scream (id.) di Wes Craven 1997 Scream 2 (id.) 2000 Scream 3 (id.) di Wes Craven La serie I Know What You Did 1997 I Know What You Did Last Summer (So cosa hai fatto) di Jim Gillespie 1998 I Still Know What You Did Last Summer (Incubo finale) di Danny Cannon La serie Urban Legend 1998 Urban Legend (id.) di Jamie Blanks 2000 Urban Legends: The Final Cut (Urban Legend: Final Cut) di John Ottman La serie Scary Movie 2000 Scary Movie (id.) di Keenen Ivory Wayans 2001 Scary Movie 2 di Keenen Ivory Wayans I telefilm Millennium 1996-1999 Millennium (id.) serie tv creata da Chris Carter

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APPENDICI

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Miscellanea del serial killer


Linteresse per i serial killer ormai un fenomeno di costume e di massa. Su questi personaggi si girato nel 1991 un documentario pluripremiato dallovvio titolo Serial Killers di Olivier Raffet a cura di Stephane Bourgoin e Dominique Maret-Dumas. E lassassino seriale (con il suo seguito di cronisti assetati di sangue) diventato perfino oggetto di satira a partire da una amena pellicola del 1992, Cest arriv prs de chez vous (Il cameraman & lassassino) di Rmy Belvaux, Andr Bonzel, Benot Poelvoorde. La caccia ai serial killer era anche al centro della serie tv Millennium, creata da Chris Carter. E anche il teatro si impadronito del serial killer, tra laltro con uno spettacolo del Berliner Ensemble dedicato a Wolfgang Schmidt, pluriomicida tedesco, con Der Totmacher, ispirato a Fritz Haarmann e portato in Italia da Juri Ferrini come Lammazzatore, o con American Psycho inscenato dallitaliano Teatro Cargo. Ma allesterno delle sale cinematografiche il serial killer sta invadendo soprattutto le librerie e le edicole, diventando protagonista assoluto di una tendenza editoriale molto particolare, avviata nei paesi di cultura anglosassone e dilagata anche in Europa. Si tratta di tascabili dedicati ad assassini realmente esistiti e a clamorose indagini poliziesche tratte della cronaca. Dopo essersi conquistato un posto nelle edicole grazie a numerosi periodici dedicati a casi polizieschi e varie criminologie, il filone true crime (crimine vero) ha gi ottenuto appositi scaffali nelle librerie, accanto ai settori dedicati al giallo o alle biografie di personaggi illustri. La summa di questo particolare genere editoriale resta Brian Lane, Wilfred Gregg, The Encyclopedia of Serial Killers, Headline, London 1992. In Italia, invece, apparsa nel 1993 la collana I libri neri, periodico mensile di breve durata, con traduzioni da true crime americani e opere originali. Tra i primi titoli, Henry Lee Lucas di Mike Cox. Significativo lo slogan promozionale: Nulla pi terrificante della realt. Cos come si moltiplicano gli studi sui serial killer: tra quelli di autori italiani, vanno segnalati almeno Marina Garbesi, I serial killers, Theoria, Roma-Napoli 1996, e Aa. Vv. Vivere per uccidere Anatomia del serial killer, Calusca, Padova 1997.

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Da parte sua la casa editrice inglese Headline, che ha pubblicato lenciclopedia dei serial killer, ha al suo attivo anche un grosso volume sulle donne assassine (Murderous Women di Frank Jones) e una rassegna di oltre 500 casi di omicidio avvenuti negli ultimi centocinquanta anni (lultima edizione, completamente aggiornata e riveduta si intitola The New Murderers Whos Who). E sempre a Londra nata la casa editrice Mondo (una branca della Titan Books) specializzata in storie vere di assassini e criminali, pubblicate in formato tascabile e stampate in decine di migliaia di copie. Il simbolo della Mondo tutto un programma: sotto un pianeta terra stilizzato si intrecciano due ossa, come in una bandiera dei pirati. Questo marchio anche limmagine di una maglietta (rigorosamente nera) che pu essere acquistata direttamente presso la casa editrice. La Mondo ha pubblicato tra laltro un volume su Jeffrey Dahmer, il serial killer cannibale di Milwaukee, scritto da una reporter locale che ha seguito il caso fin dallinizio; una biografia del satanista Anton La Vey; una ricostruzione dei delitti di Zodiac, omicida di massa ancora imprendibile; e la storia di Richard Chase, detto The Dracula Killer, che terrorizz la California alla fine degli anni settanta dissanguando numerose vittime. Questa particolare tendenza editoriale del true crime deve rincorrere la cronaca, e produrre libri quasi contemporaneamente alle pagine di nera veicolate dai quotidiani. Il cannibale russo Andrei Chikatilo, condannato a morte per aver massacrato circa cinquanta persone, ha avuto gi lonore di vari volumi sulla sua vita, uno dei quali dal suggestivo titolo The Red Ripper (lo squartatore rosso, alludendo alla lunga militanza di Chikatilo nelle file del Pcus). In Italia una biografia romanzata di Chikatilo stata scritta da David Grieco con il titolo Il comunista che mangiava i bambini (Bompiani, Milano 1994). Il pubblico a cui si indirizza questa tendenza libraria molto ampio. Si va dai cosiddetti detective da salotto, che amano risolvere enigmi polizieschi, e ormai stanchi dei crimini fantastici dei romanzi gialli chiedono un plus di veridicit e si rivolgono alle ricostruzioni di delitti reali. E si arriva ai lettori avidi di orrore, di splatter iperreale. Una tendenza che diventata persino mainstream, se il principale quotidiano italiano, il Corriere della sera, nellestate 2000 ha allegato dei libri tascabili definiti Collana serial thriller.

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Ai serial killer della realt sono state dedicate anche alcune videocassette della Columbia Tristar Homevideo dal titolo Grandi crimini e processi del Ventesimo secolo. I titoli sono indicativi della linea scelta: Lo strangolatore di Boston, Lo squartatore dello Yorkshire, Ted Bunty assassino gentiluomo, John Christie lassassino di Rillington Place, ecc. Si moltiplicano allo stesso modo i giochi da tavolo per adulti, come The Serial Killer Boardgame, in cui si possono interpretare quattro diversi serial killer alle prese con 25 ragazze da massacrare (un gioco ai limiti del lecito...). Serial Killer anche il titolo di un gioco interattivo della Corrosion Publishing di Aurora, Colorado. Si tratta di fascicoli che simulano dossier della polizia sui delitti di immaginari serial killer. Ogni confezione ha un numero di serie che va citato per telefono alla casa editrice, concorrendo alla vincita di vari gadget sui serial killer. Un videogioco per computer della Sierra, Police Quest. Open Season, prometteva sulla scatola che con questo gioco si pu penetrare nella mente di un serial killer. In realt si agisce nel ruolo di un poliziotto di Los Angeles che sta dando la caccia a un assassino. E in stile altrettanto poliziesco era il gioco per Pc Jack the Ripper, della GameTek. Per commercializzare la passione dei serial killer sono uscite in America anche delle riviste specializzate, come Psycho Killers: ogni numero dedicato a un diverso assassino seriale della cronaca, con documenti, notizie, foto e ricostruzioni illustrate. Da segnalare il n.8 dedicato a John Wayne Gacy, che faceva divertire i bambini vestito da clown (Pogo the Clown) e poi uccideva senza piet. La rivista ha anche una testata parallela special con storie di serial killer in pi puntate (n mancano i fumetti, come The Acid Bath Case di Stephen Walsh e Kellie Strom, su un serial killer degli anni Cinquanta che uccide dissolvendo le vittime nellacido, o Devils Bite sulle imprese del serial killer Jonathan Gabriel). E tra gli ultimi gadget messi sul mercato, si segnalano le cards (figurine) della Mother Productions, che presentano una foto dei principali assassini della storia, con la biografia sul retro. In Italia nel 1999 stata pubblicata una raccolta di dodici figurine dal titolo Mostri italiani le figurine dei serial killer italiani (Stampa Alternativa).

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Infine, non si pu non citare il commercio semi-clandestino di reperti sui veri serial killer, denunciato da un senatore californiano nel luglio 2000: sono in vendita peli del torace di Roy Norris, che ha ucciso cinque ragazzi a Redondo Beach, e capelli autentici al 100% di Charles Manson. Tutti questi prodotti sono accomunati da un dato di fondo: si tratta di unofferta dallapparenza documentaristica, per saziare il desiderio di autenticit, di dettaglio, per scrutare meticolosamente la condizione violenta in cui viviamo. un percorso diametralmente opposto a quello che allarga i confini del fantastico e immerge persino in realt virtuali, in simulazioni, in immaginari dilatati. Qui si manifesta una ricerca esasperata di realismo, di cruda verosimiglianza. La cronaca nera si prende una rivincita epocale verso la narrativa e laffabulazione.

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13 film
Oltre agli assassini presentati nelle pagine precedenti, ecco 13 serial killer che non hanno prodotto sequel, ma hanno comunque lasciato il segno. 1931 M (M, il mostro di Dusseldorf) di Fritz Lang 1947 Monsieur Verdoux (id.) di Charles Chaplin 1959 Peeping Tom (Locchio che uccide) di Michael Powell 1968 The Boston Strangler (Lo strangolatore di Boston) di Richard Fleischer 1971 Rillington Place n.10 (Lassassino di Rillington Place n.10) di Richard Fleischer 1985 Il mostro di Firenze di Cesare Ferrario 1987 The Hitcher (id.) di Robert Harmon 1993 Kalifornia (id.) di Dominique Sena 1995 Seven (id.) di David Fincher 1995 Copycat (Copycat: omicidi in serie) di Jon Amiel 1999 Summer of Sam (id.) di Spike Lee 2000 American Psycho (id.) di Mary Harron 2000 The Cell (The Cell - La cellula) di Tarsem Singh

13 libri
Oltre ai titoli citati nel corso del volume, ecco 13 testi utili sul cinema alla lama di coltello: Richard Anobile (ed.), Psycho, Avon, 1984 Chas Balun, The Deep Red Horror Handbook, Fantaco, 1989 Laurent Bouzereau, Ultraviolent Movies, Citadel Press, 1996 Mikita Brottman, Meat Is Murder!, Creation, 1998 Gian Carlo Castoldi, Gian Luca Castoldi, Guida al cinema splatter, Arnaud, 1993

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Maurizio Colombo, Antonio Tentori, Lo schermo insanguinato, Solfanelli, 1990 William K. Everson, The Bad Guys: A Pictorial History of the Movie Villain, The Citadel Press, 1964 Teresa Macr, Splatter, Stampa Alternativa, 1993 John McCarty, Movie Psychos and Madmen, Citadel, 1993 Philippe Rouyer, Le cinma gore, Cerf, 1997 William Schoell, Stay Out of the Shower. 25 Years of Shocker Films, Dembner, 1986 Demetrio Soare, Il cinema thrilling, Fanucci, 1982 Michael Weldon, The Psychotronic Encyclopedia of Film, Ballantine, 1983

Nota: Alcune parti di questo volume riprendono e sviluppano miei articoli apparsi sulle riviste Febbre gialla e Profondo rosso tra il 1987 e il 1992, sul quotidiano Il manifesto nel 1993, e sul catalogo Affari sporchi. Il film giallo negli anni 80, Club amici del cinema, Genova 1991. Una prima edizione di questo libro apparsa per le edizioni Datanews di Roma nel 1994, con il titolo Serial Killer: guida ai grandi assassini nella storia del cinema. Fabio Giovannini

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SERIAL KILLER! I grandi assassini seriali del cinema


Prefazione di Dario Argento Premessa I padri del genere Alfred Hitchcock, il maestro William Castle: il gusto per leccesso Herschell Gordon Lewis: il prestigiatore dellorrore Mario Bava: la centralit dellomicidio Pete Walker: sociologia dellassassinio Dario Argento ovvero la donna-cinepresa-killer Gli assassini Jack Norman Leatherface Michael Jason Freddy Hannibal Henry Progenie di assassini seriali: Scream e company Appendici Miscellanea del serial killer 13 film 13 libri Nota

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