“Il giorno della civetta” è un romanzo giallo pubblicato nel
1961 dalla casa editrice Einaudi, è lo strumento che Leonardo Sciascia utilizza per sfogare la sua insoddisfazione verso il genere umano. Il romanzo inizia con un omicidio, mentre Salvatore Colasberna sta per salire su un autobus questo viene sparato e, sul colpo muore. In seguito agli spari la folla sul bus scappa velocemente ma due uomini rimangono sul bus, l’autista e il bigliettaio che impauriti rispondono difficilmente alle domande dei carabinieri arrivati subito sul posto. Il capitano Bellodi, viene incaricato di svolgere l’indagine, ma si scontra con la dura omertà dell’epoca. Dopo una serie di indizi Bellodi capisce che l'omicidio era dovuto al fatto che Salvatore Colasberna avesse deciso di non adattarsi al sistema di protezione mafioso. Nel frattempo si presenta una donna, questa denuncia la scomparsa di suo marito Paolo Nicolosi e, riferisce al capitano Bellodi il nome del probabile assassino del marito “Diego Marchica” riconosciuto col soprannome di Zecchinetta. Zecchinetta era già noto ai carabinieri, che lo consideravano un sicario, ma che non avevano mai potuto arrestare a causa di mancanza di prove. Bellodi nel frattempo interroga anche il noto Parrinieddu cioè Calogero Dibella, da cui riesce a ottenere un nominativo:”Rosario Pizzuco”. Calogero però viene presto ucciso e così il capitano Bellodi decise di far arrestare Pizzuco e Mariano Arena, secondo nominativo che era riuscito ad ottenere. Tuttavia a causa di insufficienza di prove è costretto a rilasciarli. Una volta spostatosi per un breve periodo a Parma, Bellodi scopre che tutto ciò che aveva fatto era stato praticamente cancellato. La parte che mi è piaciuta di più o meglio quella che mi ha fatto più riflettere è stata quella subito dopo l’omicidio perché dimostra come la paura e la codardia faccia ritirare indietro gli uomini persino facendogli perdere ciò che resta del concetto di umanità, tutti infatti cercano di fuggire come animali in fuga da cacciatori non preoccupandosi del pover uomo ucciso. Il tema principale del libro è ovviamente il modo libero di agire della mafia, il contenuto del romanzo ha un forte collegamento col titolo poiché la civetta è un animale notturno e attacca sempre silenziosamente come la mafia di quell’epoca, il principale messaggio di questo libro è che fino a quando gli uomini continueranno a nascondersi, la mafia continuerà ad agire indisturbata, ma detto in questo modo sembra facile metterci la faccia, beh, non lo è, perché a frenare gli uomini è la paura della morte, la paura di rimetterci la vita, ma come disse anche Paolo Borsellino, uomo che si è distinto proprio per questo, “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.”Tuttavia devo ammettere che anche io come loro avrei paura di morire. I fatti vengono narrati seguendo un intreccio e, il punto di vista del narratore è esterno, infatti il narratore non prende parte alla storia e narra le varie vicende con un'aria misteriosa.
I personaggi principali sono il commissario Bellodi, Mariano
Arena e Diego Marchica. Mariano Arena è un temuto boss mafioso e si avvale proprio della paura del popolo per farsi forza; Diego Marchica è invece un vero e proprio sicario che grazie alla protezione mafiosa per molti anni è riuscito a non essere preso dalla polizia. Il protagonista cioè il commissario ha vari aspetti fondamentali come il coraggio e la voglia di giustizia, senza questi elementi infatti non sarebbe neanche riuscito a fronteggiare la mafia, io lo definisco un uomo pronto a tutto. Alcuni personaggi secondari che a mio parere sono interessanti sono i fratelli Colasberna che nonostante soffrano per la morte di Salvatore Colasberna dicono di non sapere alcuna possibile causa della sua morte, in seguito consegnano un biglietto anonimo contenente le possibili cause della morte di Salvatore, chiaramente scritto da uno dei due. La storia si svolge in luoghi reali, principalmente in Sicilia ma non si sa precisamente dove perché i nomi dei paesi e delle città sono indicati solo con la lettera iniziale. La storia dura circa un anno, è ambientato nell’epoca contemporanea alla pubblicazione del romanzo, si può capire dal fatto che effettivamente questo racconto serva a denunciare una problematica e la mafia era una grossa problematica per l’epoca, inoltre costumi e oggetti ricordano molto quell’epoca. La narrazione è in terza persona, e nel testo sono frequenti i dialoghi e i discorsi diretti. Una delle frasi più belle che ho letto è stata: “Ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a direumanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini... E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre.” Quando mi chiedono il perché questa frase mi abbia colpito non so cosa rispondere poiché queste cinque categorie di uomini possiamo incontrarle tutti nella nostra vita, insomma è una cosa risaputa, ma fino a questo momento non mi era mai capitato di avere un’immagine così chiara dell’umanità, di leggere così tanta verità tra le righe di un testo. Durante la lettura del brano ho trovato alcune parole di cui non ho appreso subito il significato cioè: tresche, sciop (di birra) e disfunzione epatica. Cercando i loro significati ho imparato che la parola “tresca” può avere vari significati, infatti è sia un ballo contadinesco sia un modo per indicare un ammasso di gente o un imbroglio; cercando la parola sciop (di birra) ho invece scoperto che questo è un bicchiere progettato per la birra; infine ricercando disfunzione epatica ho trovato che l’insufficienza epatica è una qualsiasi situazione patologica causata da malattie croniche del fegato e che ciò comporta una compromissione delle funzioni epatiche.
In conclusione questo romanzo è una vera opera d’arte, le
tecniche utilizzate da Leonardo Sciascia mi hanno permesso di immergermi all’interno del racconto immaginando proprio i colori delle scene; i modi di fare e di comportarsi dei personaggi evidenziano il loro ruolo nella società, purtroppo si tratta di un ruolo diverso, un ruolo corrotto in cui in cima c’è l’uomo più spietato e meno umano. Inoltre sono presenti moltissime frasi significative e leggerlo apre davvero gli occhi. Nella vita leggere anche solo una volta “Il giorno della civetta” si rivela sempre utile. -Flavio Cannella.
Pasolini, La Pista Del Petrolio. Le Tesi Sulla Morte Dello Scrittore Nel Libro Di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti - Corriere Della Sera 06.02.2013
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