Sei sulla pagina 1di 4

John Cale, la viola psichedelica dei Velvet Underground, avvio` negli anni '70 una carriera solista che

mise in luce la sua personalita` di intellettuale europeo, imbevuto di esistenzialismo ed espressionismo, ed educato alle avanguardie del Dopoguerra. Scettico e distaccato davanti all'oltraggio chic dei Velvet Underground, che in fondo fu un fatto adolescenziale scarsamente eversivo, indifferente all'esplodere del punk, sulla cui paternita` poteva rivendicare non pochi diritti, Cale si addentro` invece in un'arte adulta e autunnale. La contraddizione che anima tutta la sua musica, quella fra il rock decadente dei bassifondi newyorkesi e il compositore classico dei conservatori britannici, e` stata tanto la forza creativa che ne ha fatto un caso unico nella storia del rock quanto il limite delle sue opere, talvolta pretenziose e forzate. Il suo tentativo di creare una nuova forma di ballata romantica dalla sintesi fra rock e classica gli riusci` molto meglio sui dischi di Nico. A vent'anni il gallese John Cale era, con Cornelius Cardew e altri, uno degli animatori dell'avanguardia di Londra. Vinta una borsa di studio, nel 1963 si trasferi` a New York per completare gli studi e fu studente di Iannis Xenakis e John Cage. Qui entro` presto a far parte del Theatre Of Eternal Music di La Monte Young, (con Terry Riley, Tony Conrad e altri) e strinse amicizia con Lou Reed, insieme al quale suono` agli angoli delle strade nel piu` bizzarro duo folk dell'epoca (viola e chitarra). Young lo presento` ad Andy Warhol, santone dell'arte pop che a quei tempi era alla ricerca di talenti musicali per allestire uno spettacolo multi-media. L'esperienza con Warhol servi` a farlo passare dall'altra parte della barricata, quella dell'arte "bassa". Lasciati i Velvet Underground nelle mani di Reed, piu` interessato alle liriche che alla musica, Cale incise Vintage Violence (Columbia, mar 1970), un lavoro di psichedelia horror, rivelandosi chansonnier sofisticato invece che sperimentatore scellerato (Adelaide, Amsterdam, Ghost Story). Alla musica classica torno` con un'opera in coppia con Terry Riley, Church Of Anthrax (feb 1971). Riley vi suona l'organo elettronico alla maniera minimalista, o il sassofono, mentre Cale si alterna alla viola, al clavicembalo e al piano. La title-track, di nove minuti, e` una Rainbow In Curved Air accelerata a ritmo rock, farcita da un po' di dissonanze e contrappuntata dagli orientalismi del sassofono. Il suo contraltare, Ides Of March, si sviluppa lungo il duetto improvvisato fra i due pianoforti, i quali "minimalizzano" spunti tratti dal music-hall, dal boogie, dalla musica classica e dal jazz. La produzione di Cale altero` tanto profondamente i nastri originali che Riley ripudio` l'opera. Un altro esperimento di musica classica in rock fu l'album strumentale Academy In Peril (Reprise, jul 1972), una raccolta di bozzetti romantici per strumento solista, ensemble da camera e persino orchestra sinfonica. Due composizioni si ispirano al minimalismo trasfigurato di Church: il suggestivo blues per chitarra scordata The Philosopher, che si sviluppa in progressione marziale fra lunghe note alienate di tromba e dissonanze libere delle percussioni, e il samba psichedelico King Harry per xilofono, chitarra acustica, flauto, viola, marimba e organetto, una bailamme in crescendo alla In C. Il disco e` pero` popolato soprattutto dagli spettri della musica da camera dell'Ottocento: un paio di sofferte e pretenziose sonate per pianoforte (Brahms e Academy In Peril) e un angoscioso poema sinfonico in tre parti (Orchestral Pieces) creano un clima funereo che trova conferma e sublimazione nel finale, l'agghiacciante concerto per un pianoforte tragico e un'orchestra d'archi stazionaria John Milton. Presunzioni e cerebralismi inficiano il valore dell'opera, come quasi tutto il rock sinfonico dell'epoca, ma i due brani

"folk-minimalisti" sono spunti geniali. Paris 1919 (mar 1973) e` invece l'opera di uno spirito piu` disimpegnato, di un fine chansonnier/dandy, un po' nevrotico ma sempre dignitoso, che ama sporcarsi le mani con certo kitsch di Tin Pan Alley (Andalucia, Half Past France). A vette altissime Cale torno` con il sound cupo e abrasivo di Fear (oct 1974), album forte e duro che sembra un requiem dell'olocausto nucleare. Fear Is Man's Best Friend e` un'epica trascinante, che capovolge il rapporto fra vita e morte stabilito da Jim Morrison in un'orgia di cinismo ed umanita`, di umano cinismo e di cinica umanita'. Altre solenni odi imperlano il disco (il country trascendente Buffalo Ballet) a testimoniare le mai abbandonate ambizioni "serie", ma l'opera vanta soprattutto ballate oblique alla Brian Eno, come Barracuda e Monamma Scuba, impreziosite dal chitarrismo atonale e surreale di Manzanera, e un doo-wop ironico a ritmo vaudeville come The Man Who Couldn't Afford To Orgy, nei quali il suo humour tenebroso ha modo di emergere. Cori nostalgici e violini struggenti (Emily), oppure organo minimalista, piano liturgico e batteria marziale (Ship Of Fools), forniscono spunti per ridefinire la canzone rock secondo standard piu` "classici". La maestosa e ipnotica Gun riesce a fondere i due modi in un boogie sferzante e claustrofobico che a tratti ricorda l'incedere martellante e distorto di Sister Ray. Il suo canto tenorile, come quello di Jim Morrison, sa oscillare con maschio vigore fra i registri estremi della malinconia e della rabbia, infondendo alla ballata decadente una forza straniante e sinistra, quasi metafisica, cha manca a Lou Reed. I due album dell'anno seguente, Slow Dazzle (mar 1975), arrangiato con limpidezza e compattezza alla Phil Spector (Mr Wilson), e Helen Of Troy (nov 1975), cupo e depresso epitaffio dei tempi (Leaving It Up To You, I Keep A Close Watch), completano la trilogia aperta da Fear. Sono anche album in cui si avvertono avvisaglie del punk-rock da venire (Cale aveva appena prodotto il disco dei Modern Lovers). Nei sei anni successivi Cale realizzo` molto poco, per quanto l'epica Hedda Gabler, sull'EP Animal Justice (Illegal, 1977), Sabotage, Mercenaries e Doctor Mudd, 1979), sul live Sabotage (Spy, 1979), Dead Or Alive e Riverbank, su Honi Soit (A&M, mar 1981), vanno aggiunti a quello che e` uno dei piu` intensi canzonieri dell'epoca, sempre in bilico fra la splendida desolazione di Syd Barrett, la metafora soprannaturale di Jim Morrison, l'elegia nevrotica di Neil Young e lo spleen fiabesco di Kevin Ayers. Il Cale della mezza eta` celebro` nel modo piu` paranoico la sua angoscia dell'incomunicabilita` con il plumbeo sound alienato di Music For A New Society (Island, aug 1982), in particolare nello psicodramma nonsense di Damn Life e nella visione classicheggiante di Chinese Envoy, esempi austeri di quella forma di musica da camera che Cale aveva perseguito fin dai primi giorni. Nelle solenni romanze di questo album, arrangiate in maniera spettrale e cacofonica (Taking Your Life In Your Hands), reminescenti del song rinascimentale (Close Watch) e della ballata marziale (Broken Bird), talvolta permeate di imponenza e maestosita` degne di un requiem (If You Were Still Around), si scarnifica il concetto di canzone rock, fino al limite del branoconversazione free-form (Santies) e del delirio allucinogeno (Thoughtless Kind). pur conferendo loro un senso di Cale si erge piu` che mai nero messia della solitudine metropolitana. Il suo sound triste, lugubre, criptico, grigio e claustrofobico, con le liriche che fluttuano sfocate in un caos di associazioni mentali ossessive e dolorose e con il declamato alto, quasi epico, da teatro

espressionista, assomiglia sempre piu` a una forma moderna e vernacolare di meditazione trascendente. Come spesso capita nella carriera di Cale, l'album successivo e` uno scherzo fra amici, Caribbean Sunset (Ze, 1984). Artificial Intelligence (Beggars Banquet, 1985) e` piu` serio, ma e` di nuovo deludente (Dying On The Vine). Words For The Dying (sep 1989) lo riporta alle romanze sinfoniche dell'Academy, con persino una suite orchestrale su testi di Dylan Thomas, Falklands Suite. Songs For 'Drella (Sire, 1990), con Lou Reed alla voce e alla chitarra, e` un insolito requiem rock per Andy Warhol. Wrong Way Up (Opal, 1990) is a collaboration with Brian Eno, but the songs are mostly John Cale's, from the suave and lazy melancholy of In The Backroom to the solemn ballad of Footsteps and the sprightly boogie of Crime In The Desert. The pop format of Lay My Love, Spinning Away and Been There Done That is unpretentious and unambitious. Sull'erudita collaborazione con Bob Newirth, Last Day On Earth (MCA, 1995), un ciclo di lieder elettronici commissionato da un'istituto d'arte, Cale sperimenta un'orchestrazione per piccolo ensemble ed elettronica. La fusione fra classico e pop origina alcune delle ballate piu' solenni e cupi della sua carriera (Who's In Charge, Angel Of Death) che continuano tutto sommato il programma tetrissimo di "Drella": questo e' il Cale della maturita', un dotto sciamano che aspetta la morte come una forma di liberazione dai fantasmi che lo ossessionano. Lo spirito del disco e' piu' di Newirth che di Cale: il tema apocalittico viene esaminato dal punto di vista dei personaggi che si aggirano in un fantomatico "Cafe Shabu" di un altro spaziotempo. Il folk di Paradise Nevada e l'epos di The High And Mighty Road, all'incrocio fra Jackson Browne e Warren Zevon, sono la quintessenza del suo magico meta-stile. La storia, come tutte quelle di Newirth, e' affascinante in quanto profonda e allegorica: nell'omerico (o "calviniano") viaggio dal caffe' alla cittadina di Paradise, in Nevada (lo stato di Las Vegas), il protagonista continua a chiedere la strada alle persone che incontra (pittori, filosofi, filantropi, banchieri e cosi' via), ma invano. A un certo punto si sente rispondere che tutte le carte geografiche del mondo sono obsolete. Si incammina allora sulla strada che lo riportera' al punto da cui era partito. Applausi.

Paris SEveille" (Crepuscule, 1993) contiene esperimenti assortiti che ritornano a "Academy" come i diciassette minuti di "Paris SEveille" e i 18 di "Sanctus". "Seducing down the door" (rhino, 1994) una retrospettiva della sua carriera. "Even cowgirls get the blues" (ROIR, 1991) e "Fragments of a rainy season" (Hannibal, 1992) sono album live. Cale, inoltre, compone una manciata di colonne sonore. "Walking on locust" (Hannibal, 1996) , probabilmente, il disco peggiore di Cale, una fiacca collezione di canzoni pop. "Eat Kiss" (Rykodisc, 1997) raccoglie le colonne sonore che Cale ha composto per i film

di Andy Warhol. "Sun blindess music" (Table of the elements, 2001) raccoglie le prime composizioni di Cale: limprovvisazione minimalista dei 44 minuti di "Sun blindess music" (oscillante tra la musica ronzante di LaMonte Young e quella per percussioni di Steve Reich), la psichedelica "Summer Heath", lelettronica "Second Fortress". "Stainless Gamelan" (Table of the elements, 2001) raccoglie esibizioni di John Cale prima dei Velvet Underground, alcune delle quali con Sterling Morrison e Angus MacLise. Il pezzo centrale costituito dai 25 minuti dellipnotico muro di rumore di "At about this time" (Sterling Morrison alla chitarra). "Dream Interpretation" (Table of the elements, 2001) contiene due duetti tra Tony Conrad al violino e John Cale alla viola e organo: "Dream Interpretation" e "Ex-cathedra" (1968). (Translation by/ Tradotto da Ascanio Borga) Un rivitalizzato John Cale pubblica "Hobosapiens" (EMI, 2003), uno dei lavori pi vitali e visionari della sua carriera, una notevole manifestazione della sua arte e un confine tra pop e avanguardia. "Hobosapiens" e' il soprannome che John Cale diede a Bob Dylan, ma l'album nasconde la maggior parte dei suoi riferimenti nostalgici dietro uno strato di visioni futuristiche. Cale afferma la sua identita' in Zen (probabilmente una risposta alla sua autobiografia "What's Welsh For Zen?"), Things (un tributo sia letterale che stilistico a Warren Zevon), il ritornello dance pop Bicycle, che citano tutti quanti la sua carriera. Ma poi evita una speculazione ulteriore camuffandosi dietro la spettrale Letter From Abroad, Reading My Mind e Archimedes. A sessant'anni, Cale riesce ancora a disorientare il suo pubblico miscelando effetti sonori e metafisica in una maniera che si avvicina all'esperienza religiosa. Le sue melodie hanno la rara qualita' dell'inesistenza, della virtualita', dell'astrazione; una qualita' che muta i suoi messaggi e temi urbani disturbanti e abbattuti in incubi piuttosto che commentari o documentari. Pochi musicisti hanno capito come creare un "songwriting elettronico" come fa lui in canzoni come Magritte, Caravan (sette minuti), Look Horizon, Things X. Cale ha consistentemente trasformato la contraddizione esistenziale in una nuova forma di sintesi e coerenza, sfidando tutte le leggi della fisica e della logica. (Translation by/ Tradotto da Antonio Buono) La carriera di John Cale continua ad alternare ambiziose opere d'avanguardia a collezioni minori di pop muzak. Black Acetate (Astralwerks, 2005) appartiene a quest'ultima categoria. Insolitamente pomposo e sbilanciato, sembra il lavoro di un principiante che si sforza a trovare la sua vera voce e si strugge per imparare a produrre le sue canzoni. Fatta eccezione della melodiosa Perfect (forse l'unica che valeva la pena pubblicare) e Satisfied (che ben si adatterebbe a Hobosapiens) le canzoni sono semplicemente composizioni mediocri. E ingiustificabile che Cale a 63 anni potesse sfornare della musica veramente goffa. Lui un vero talento

Potrebbero piacerti anche