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Direttive EU Habitat e Uccelli

Selvatici
TRATTATO CHE ISTITUISCE LA
CE
La protezione e il miglioramento
della qualità dell’ambiente
OBIETTIVO rientrano tra gli obiettivi
individuati dall’articolo 2 del
Trattato che istituisce la CE

Lo strumento pertinente è
fornito dalla politica della
Comunità nel settore
STRUMENTO
dell’ambiente prevista
dall’articolo 3 del Trattato che
istituisce CE
DIRETTIVA 92/43/CEE
“HABITAT”
SCOPO
Contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la
conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e
della fauna selvatiche nel territorio europeo

MEZZI
Istituzione di zone speciali di conservazione (ZSC)
individuate come siti di importanza comunitaria (SIC) per
la tutela degli habitat naturali di interesse comunitario e
degli habitat delle specie animali e vegetali di interesse
comunitario

Regime di tutela per le specie animali e vegetali di


interesse comunitario che necessitano di una protezione
rigorosa
Direttiva «Uccelli» 79/409/CEE
SCOPO
Contribuire alla conservazione di tutte le specie di
uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel
territorio europeo

MEZZI
Istituzione di zone di protezione speciale (ZPS) per
la tutela delle specie soggette a speciali misure di
conservazione

Regime generale di protezione di tutte le specie di


uccelli selvatici
Allegati della Direttiva “UCCELLI”
ALLEGATO I: SPECIE SOGGETTE A SPECIALI MISURE DI CONSERVAZIONE

ALLEGATO II: SPECIE DI CUI PUÒ ESSERE AUTORIZZATA LA CACCIA IN TUTTA


L’UNIONE O IN ALCUNI STATI

ALLEGATO III: SPECIE DI CUI PUÒ ESSERE AUTORIZZATO IL COMMERCIO IN


TUTTA L’UNIONE O IN ALCUNI STATI

ALLEGATO IV: MEZZI DI CATTURA VIETATI

ALLEGATO V: AREE PRIORITARIE PER LA RICERCA


Gli Allegati della Direttiva “HABITAT”
ALLEGATO I: TIPI DI HABITAT NATURALI D’INTERESSE COMUNITARIO LA CUI
CONSERVAZIONE RICHIEDE LA DESIGNAZIONE DI AREE SPECIALI DI
CONSERVAZIONE

ALLEGATO II: SPECIE ANIMALI E VEGETALI D'INTERESSE COMUNITARIO LA CUI


CONSERVAZIONE RICHIEDE LA DESIGNAZIONE DI ZONE SPECIALI DI
CONSERVAZIONE

ALLEGATO III: CRITERI DI SELEZIONE DEI SITI ATTI AD ESSERE INDIVIDUATI


QUALI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA E DESIGNATI QUALI ZONE SPECIALI DI
CONSERVAZIONE

ALLEGATO IV: SPECIE ANIMALI E VEGETALI DI INTERESSE COMUNITARIO CHE


RICHIEDONO UNA PROTEZIONE RIGOROSA

ALLEGATO V:
V SPECIE ANIMALI E VEGETALI DI INTERESSE COMUNITARIO IL CUI
PRELIEVO NELLA NATURA E IL CUI SFRUTTAMENTO POTREBBERO FORMARE
OGGETTO DI MISURE DI GESTIONE

ALLEGATO VI: METODI E MEZZI DI CATTURA E DI UCCISIONE NONCHÉ


MODALITÀ DI TRASPORTO VIETATI
Cos’è Natura 2000?
E’ una rete a livello comunitario di zone naturali
protette istituite nel quadro della direttiva “Habitat”, che
comprende anche le zone designate nell’ambito della
direttiva “Uccelli”.

Quale è lo scopo?
Garantire la sopravvivenza a lungo termine delle specie
e degli habitat più vulnerabili.
LA RETE NATURA 2000
DEFINIZIONE
La Rete NATURA 2000 è una rete ecologica europea coerente
di zone naturali protette istituita nel quadro della direttiva
92/43/CEE (Habitat)
SCOPO
Garantire la conservazione della diversità biologica e la
sopravvivenza a lungo termine delle specie e degli habitat

COMPOSIZIONE
Comprende Zone Speciali di Conservazione (ZSC) designate ai
sensi della direttiva 92/43/CEE (HABITAT) e Zone di
protezione speciale designate ai sensi della direttiva
79/409/CEE (UCCELLI)
LE BASI GIURIDICHE DELLA RETE

ZSC - Direttiva ZPS - Direttiva


“HABITAT” “UCCELLI”
92/43/CEE 79/409/CEE

RETE NATURA 2000


pSIC – SIC - ZSC
Regioni Stati membri

Definiscono

Habitat naturali Specie

pSIC

Commissione Europea

SIC

Stati membri
designano

ZSC
ZPS

Regioni
individuano le ZPS

Ministero dell’Ambiente
designa le ZPS

Commissione Europea
viene informata
Important Bird Areas - IBA

La Commissione Europea negli anni ‘80 ha commissionato all’ICPB (oggi


BirdLife International) un’analisi della distribuzione dei siti importanti per
la tutela delle specie di uccelli in tutti gli Stati dell’Unione (Important
Bird Areas, IBA).
Questo elenco è il riferimento tecnico scientifico per la Commissione
rispetto alle aree che ogni Stato è tenuto a designare come ZPS.
ZPS
In Italia l’individuazione delle aree Zone di Protezione Speciale (ZPS)
viene svolta dalle Regioni, che ne richiedono successivamente la
designazione al Ministero dell’Ambiente, Servizio Conservazione
della Natura presentando un formulario Natura 2000 e la cartografia dei
siti proposti.

Dopo la verifica della completezza e congruenza delle informazioni


trasmesse il Servizio Conservazione della Natura passa la
documentazione al Ministro dell’ambiente che, con proprio atto,
trasmette la lettera di designazione, le schede e le cartografie alla
Commissione Europea, tramite la Rappresentanza Permanente
Italiana.

Dalla data di designazione con lettera del Ministro le Zone di


Protezione Speciale entrano automaticamente a far parte della rete
Natura 2000 e su di esse si applicano pienamente le indicazioni della
direttiva Habitat in termini di tutela e gestione.
Osservazioni
La direttiva Habitat non stabilisce norme sulla procedura di
consultazione pubblica per la selezione dei siti.
Le Zone di Protezione Speciale (ZPS) fanno già parte di
Natura 2000 dal momento della loro designazione mentre per i
Siti di Importanza Comunitaria (SIC) si dovrà aspettare la
definizione delle liste ufficiali e la designazione dei siti da
parte del Ministro dell’Ambiente (ZSC).
Fino alla redazione delle liste ufficiali, pur non essendo i pSIC
definitivamente inseriti nella rete essi devono comunque
essere tutelati.
Il regime di protezione si applica ai Siti di Importanza
Comunitaria proposti (pSIC) e alle Zone di Protezione
Speciale (ZPS) dal momento della loro individuazione da parte
della regione o della provincia autonoma
Normativa nazionale di recepimento
D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357
Il recepimento della direttiva habitat è avvenuto in Italia con il D.P.R. 8
settembre 1997, n. 357, «Regolamento recante attuazione della direttiva
92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonché della flora e della fauna selvatiche.» (G.U. serie generale n. 248 del
23 ottobre 1997).

D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120


«Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente
della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della
direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche.» (GU n. 124 del
30-5-2003)

D. M. 3 settembre 2002
Linee guida per la gestione dei siti della Rete Natura 2000 (G.U. n. 224 del
24-9-2002).
Recepimento e attuazione a livello
nazionale della direttiva "Habitat"

• Decreto del Ministro dell'Ambiente 20 gennaio 1999 - Modificazioni


degli allegati A e B del decreto del Presidente della Repubblica 8
settembre 1997, n. 357, in attuazione della direttiva 97/62/CE del
Consiglio, recante adeguamento al progresso tecnico e scientifico
della direttiva 92/43/CEE. GU, serie generale, n. 23 del 9 febbraio
1999. (Riporta gli elenchi di habitat e specie aggiornati dopo
l'accesso nell'Unione di alcuni nuovi Stati).

• Decreto 25 marzo 2004


Elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione
biogeografica alpina in Italia, ai sensi della Direttiva 92/43/CEE
(G.U. n. 167 del 19 luglio 2004)
Le misure di conservazione

• In primo luogo, per le aree inserite nella rete Natura 2000


devono essere previste adeguate misure di conservazione
che implicano all’occorrenza, appropriati piani di gestione
specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le
opportune misure regolamentari, amministrative o
contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche
dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie
di cui all’allegato II presenti nei siti.
Le misure di conservazione
• Come affermato dalla Commissione Europea in
sede d’interpretazione della norma sopra citata
(COMMISSIONE EUROPEA, La gestione dei siti
della Rete Natura 2000, Guida all’interpretazione
dell’Art. 6 della Direttiva Habitat, Bruxelles,
Aprile 2000) “l’art. 6 paragrafo 1 stabilisce un
regime generale di conservazione che deve
essere istituito dagli stati membri per le zone
speciali di conservazione”. Tale regime si applica
anche alle zone di protezione speciale.
Le misure di conservazione
• In generale, per tutte le misure di conservazione e,
dunque, anche per i piani di gestione, lo scopo
fondamentale è quello di permettere la realizzazione
della finalità della direttiva, che è quella “di contribuire a
salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione
degli habitat naturali nonché della flora e della fauna
selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al
quale si applica il Trattato”.
• Più specificamente, per “misure di conservazione” si
deve intendere “quel complesso di misure necessarie per
mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le
popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche in uno
stato di conservazione soddisfacente”.
Le misure di conservazione
• Lo stato di conservazione di un habitat naturale (art. 1
lett. e della direttiva 92/43/CEE) è “effetto della somma
dei fattori che influiscono sull’habitat naturale in causa,
nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che
possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione
naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la
sopravvivenza delle specie tipiche”. Lo stato di
conservazione di una specie è, invece, “la somma dei
fattori che, influendo sulla specie in causa, possono
alterare a lungo termine la ripartizione e l’importanza
delle sue popolazioni”.
Le misure di conservazione
Lo stato di conservazione è soddisfacente quando
per un habitat naturale
• la sua area di ripartizione naturale e le superfici
che comprende sono stabili o in estensione;
• la struttura e le funzioni specifiche necessarie al
suo mantenimento a lungo termine esistono e
possono continuare ad esistere in un futuro
prevedibile;
• lo stato di conservazione delle specie tipiche è
soddisfacente.
Le misure di conservazione
Per una specie
• i dati relativi all’andamento delle popolazioni della specie
in causa indicano che tale specie continua e può
continuare a lungo termine ad essere un elemento vitale
degli habitat naturali cui appartiene;
• l’area di ripartizione naturale di tale specie non è in
declino né rischia il declino in un futuro prevedibile;
• esiste e continuerà probabilmente ad esistere un habitat
sufficiente affinché le sue popolazioni si mantengano a
lungo termine.
Le misure di conservazione
• Le misure di conservazione dovranno assicurare
il mantenimento o il ripristino in una stato di
conservazione soddisfacente degli habitat
naturali e degli habitat di specie presenti nel sito
garantendo la coerenza di rete.
La direttiva, inoltre, riferisce le misure di
conservazione “alle esigenze ecologiche dei tipi
di habitat naturali di cui all’allegato I e delle
specie di cui all’allegato II presenti nei siti”.
Le “esigenze ecologiche”
• Una definizione del termine “esigenze ecologiche” è
fornito dal citato documento tecnico della Commissione
Europea
“La gestione dei siti della rete Natura 2000 – Guida all’int
erpretazione dell’art. 6 della direttiva Habitat”
.
• Sono da considerare “tutte le esigenze ecologiche dei
fattori abiotici e biotici necessari per garantire lo stato di
conservazione soddisfacente dei tipi di habitat e delle
specie, comprese le loro relazioni con l’ambiente (aria,
acqua, suolo, vegetazione, ecc.)”.
Le “esigenze ecologiche”
• Le conoscenze relative alle “esigenze ecologiche”, così
definite, sono essenziali per l’elaborazione di misure di
conservazione adattate caso per caso. Infatti, “le
esigenze ecologiche possono variare da una specie
all’altra, ma anche per la stessa specie, da un sito
all’altro”.
• Ciò è particolarmente importante per la flora e la
vegetazione, dato che una stessa specie può vivere in
comunità diverse e una stessa comunità può trovarsi in
diverse unità di paesaggio o in diverse regioni
biogeografiche.
La gestione dei siti
• Agli Stati membri viene lasciata la massima
libertà di decidere quali norme applicare nella
gestione dei siti, fatto salvo il principio generale
della necessità di conservare in uno stato
soddisfacente habitat e specie. Ciò permette di
adattare la gestione dei singoli siti (o di sistemi
di essi caratterizzati per la loro uniformità
ecologica, territoriale, biologica, produttiva o
altro) alle realtà locali, alle esigenze delle
popolazioni e alle esigenze di specie ed habitat.
La gestione dei siti
• Le attività, ad esempio, che vengono condotte
all'interno dei siti individuati non vengono
ristrette in alcun modo esplicito. Anzi, è bene
sottolinearlo, molte attività produttive, spesso
legate all'agricoltura o all'allevamento, devono
essere attivamente sostenute anche
contrastando la tendenza all'abbandono delle
terre, proprio perché dalla loro esistenza
dipende spesso la presenza di quei valori
naturalistici per i quali il sito è stato individuato e
ritenuto di importanza comunitaria.
La gestione dei siti
• La direttiva dunque non prevede in modo esplicito
alcuna norma o vincolo, come la costruzione di nuove
strade o edifici, il divieto di caccia, il divieto di accesso a
mezzi motorizzati o a piedi o altro, come invece avviene
nei parchi nazionali o nelle altre aree protette di livello
statale o regionale. L'eventuale utilizzo di tali vincoli
potrà essere deciso, se ritenuto opportuno, caso per
caso sulla base delle condizioni, delle caratteristiche del
sito e delle esigenze locali.
• Uno degli aspetti innovativi della direttiva è invece il
fatto che obbliga a ragionare sulla gestione dei siti
mettendo insieme le diverse esigenze, di conservazione,
di fruizione e di sviluppo economico.
Misure regolamentari,
amministrative e contrattuali
• In base alla direttiva 92/43/CEE, per
ciascun Sito di Importanza Comunitaria
(SIC) devono essere adottate, entro sei
anni, anche al fine della sua designazione
come Zona Speciale di Conservazione
(ZSC), le necessarie misure di
conservazione, che sono definite come
“opportune misure regolamentari,
amministrative o contrattuali”.
Misure regolamentari,
amministrative e contrattuali
• La scelta di quali siano le misure opportune e,
quindi, della o delle loro tipologie, spetta allo
Stato membro. Riguardo alle tipologie, la
direttiva Habitat si limita a qualificarle come
“opportune”, cioè volte ad assicurare la
conservazione dei valori naturali che hanno
determinato l’individuazione del sito e la
funzionalità complessiva della rete.
La corrente giurisprudenza e l’esperienza
giuridica in materia di conservazione della
natura, consentono di proporre la distinzione che
segue.
Misure regolamentari
• Sono misure regolamentari gli interventi di tipo
normativo o regolativo riguardanti lo stato di
conservazione degli habitat e delle specie per i
quali sono stati individuati i siti. Essi consistono
in disposizioni generali e astratte riferite alle
attività ammesse o vietate all’interno dei siti di
importanza comunitaria.
• Il termine non deve essere inteso in senso
stretto, cioè limitato alle fonti regolamentari,
quali i “regolamenti” governativi, regionali,
provinciali, comunali, degli enti parco o di altri
enti di gestione di aree protette.
Misure regolamentari
• Rientrano in questa categoria anche gli
interventi di natura legislativa, quali le leggi
statali (decreti legislativi o decreti legge) e leggi
regionali (o provinciali, per le Province
autonome), e gli interventi di natura secondaria
non regolamentare (ad esempio fonti statutarie,
circolari interpretative, atti d’indirizzo e
coordinamento).
• Sono misure regolamentari, inoltre, gli interventi
di natura pianificatoria o programmatoria a
contenuto generale.
Misure amministrative
• Sono misure amministrative gli interventi provenienti da
autorità amministrative e gli interventi a contenuto
provvedimentale (cioè concreto e puntuale) riguardanti
lo stato di conservazione degli habitat e delle specie per
i quali sono stati individuati i siti.
• Esse comprendono ordini, autorizzazioni, divieti e
prescrizioni riferite, non in termini generali ma puntuali,
a singole aree o a singoli elementi interni alle aree. Le
misure amministrative possono provenire da qualsiasi
autorità pubblica che abbia poteri amministrativi riferiti
all’area (Enti gestori delle aree protette, Comuni,
Comunità Montane, Province, Regioni e Stato).
Misure contrattuali
• Sono misure contrattuali gli interventi previsti in accordi
tra più soggetti, riguardanti lo stato di conservazione
degli habitat e delle specie per i quali sono stati
individuati i siti.
• Tali accordi possono essere stipulati tra soggetti privati o
tra autorità pubbliche e soggetti privati, al fine di
conservare gli habitat o le specie in questione. Ad
esempio, convenzioni e contratti tra enti pubblici e
soggetti privati – spesso organizzazioni private no profit
– per la gestione delle aree o per il loro uso.
• Tra le misure contrattuali possono essere compresi
anche gli strumenti della cosiddetta “programmazione
negoziata”, come gli Accordi di programma, i Contratti
d’area e i Patti territoriali.
Misure di salvaguardia
• L’art. 6, par. 2 della direttiva Habitat afferma che, “gli
Stati membri adottano le opportune misure per evitare
nelle zone speciali di conservazione il degrado degli
habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie
per cui le zone sono state designate nella misura in cui
tale perturbazione potrebbe avere conseguenze
significative per quanto riguarda gli obiettivi della
presente Direttiva”.
• Queste misure sono da considerarsi distinte dalle misure
di conservazione sin qui prese in considerazione.
Le parole “evitare” e “potrebbe avere conseguenze
negative” sottolineano la natura anticipatoria di tali
misure.
Misure di salvaguardia
• In base al principio giuridico internazionale noto
come “precautionary approach” non è, infatti,
accettabile aspettare che si verifichi un degrado
o una perturbazione per varare le misure di
conservazione.
Questo articolo va interpretato nel senso che
impone agli Stati membri di prendere tutte le
misure opportune per garantire che non si
verifichino un degrado o una perturbazione
significativi.
Si applica in permanenza nelle Zone Speciali di
Conservazione e può riferirsi ad attività o eventi
passati, presenti o futuri.
Misure di conservazione per i pSIC

• Sulla base di sentenze della Corte di Giustizia


europea contro alcuni Stati membri (Spagna,
Francia e Regno Unito), i pSIC devono essere
tutelati anche prima della loro designazione
come ZSC, almeno impedendone il degrado.
Infatti, secondo i principi del Trattato
dell’Unione, non è possibile che uno Stato
proponga da una parte dei siti per l’inclusione in
Natura 2000 e dall’altra attività che danneggiano
i valori naturalistici per i quali i siti sono stati
identificati.
Misure di conservazione per i pSIC

• L’art. 10 del Trattato afferma che ogni Stato membro è


tenuto ad adottare tutte le misure di carattere generale
e particolare volte ad assicurare l’esecuzione degli
obblighi determinati dagli atti delle istituzioni della
Comunità. Anche in assenza di misure di trasposizione o
di applicazione di specifici obblighi posti da una direttiva,
le autorità nazionali devono adottare tutte le misure
possibili per raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla
direttiva.
• Essi devono astenersi dal prendere misure suscettibili di
compromettere gravemente la realizzazione del risultato
che la direttiva prescrive, pena l’apertura di procedure
d’infrazione a carico degli Stati membri e, per il principio
della sussidiarietà, delle singole Amministrazioni
regionali.
Applicazione regionale
• Il D.P.R. 357/97, così come modificato e integrato dal
DPR 120/2003, affida alle regioni e province autonome il
compito di adottare le misure necessarie a salvaguardare
e tutelare i siti di interesse comunitario. Infatti, l'articolo
4 specifica che esse debbano sia individuare le misure
più opportune per evitare l'alterazione dei proposti siti di
importanza comunitaria (art. 4, comma 1) sia attivare le
necessarie misure di conservazione nelle zone speciali di
conservazione (art. 4, comma 2).
• L'articolo 7, inoltre, stabilisce che le regioni e le province
autonome adottino idonee misure per garantire il
monitoraggio sullo stato di conservazione delle specie e
degli habitat dandone comunicazione al Ministero
dell'Ambiente.
Applicazione regionale
• Nel recepimento della D.P.R. 357/97 e della Direttiva
92/43/CEE le regioni e province autonome si sono per lo più
attivate in modo settoriale, agendo sulla base di necessità
contingenti, prima tra tutte l'imperativo di adottare la
valutazione di incidenza. Ciò è reso ancor più evidente dalla
constatazione che la maggior parte dei provvedimenti è
costituita da atti amministrativi, come le deliberazioni di
giunta, e non da leggi regionali o provinciali.
• Fa eccezione la Toscana con la legge regionale 6 aprile 2000,
n. 56 Norme per la conservazione e la tutela degli habitat
naturali e seminaturali, della flora e dalla fauna selvatiche -
Modifiche alla legge regionale 23 gennaio 1998, n. 7 -
Modifiche alla legge regionale 11 aprile 1995, n. 49, che con
questa legge di ampio respiro si è dotata di un solido
strumento normativo per la gestione complessiva del territorio
ai fini della conservazione della natura.
Applicazione regionale

• La gran parte delle regioni e province autonome


ha comunque emanato proprie deliberazioni in
applicazione della direttiva 92/43/CEE e del
D.P.R. 357/97, ad eccezione di Molise,
Campania, Basilicata e Calabria. Tuttavia, anche
le regioni che non hanno specifici atti
amministrativi a questo riguardo stanno
predisponendo una revisione dei perimetri e un
approfondimento delle informazioni necessarie
per la loro definizione con la raccolta di nuovi
dati su specie e habitat.
Applicazione regionale

• Analizzando i temi trattati dalle deliberazioni


esaminate, si nota che la maggior parte
riguardano la valutazione di incidenza e, in
misura minore, l'elenco ufficiale dei siti di
interesse comunitario; pochi sono invece gli atti
amministrativi che si occupano di altri problemi
di gestione e si riferiscono a casi specifici e non
a provvedimenti di ordine generale quali, ad
esempio, criteri per la predisposizione dei piani
di gestione, con la sola eccezione del Lazio.
Applicazione regionale
• In base all'art. 6 comma 5, del decreto 120/2003
di modifica del DPR 357/97, le regioni e le
province autonome, per quanto di propria
competenza, devono definire le modalità di
presentazione degli studi per la valutazione di
incidenza dei piani e degli interventi, individuare
le autorità competenti alla verifica degli stessi,
da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui
all'allegato G, i tempi per l'effettuazione della
medesima verifica, nonché le modalità di
partecipazione alle procedure nel caso di piani
interregionali.
Applicazione regionale
Gli atti predisposti dalle regioni e province autono
me
possono essere analizzati secondo le seguenti
tre linee di intervento:
• recepimento del decreto ministeriale 3 aprile
2000 attraverso la pubblicazione di una
lista regionale dei SIC e delle ZPS sul Bollettino
ufficiale o con il semplice riferimento alla lista
nazionale nelle deliberazioni;
• attivazione della valutazione di incidenza
• prime indicazioni riguardanti la pianificazione e la
gestione dei siti
Lista regionale (Lazio)
• La Regione Lazio, dopo aver approvato i suoi 199 SIC e
ZPS con deliberazione (Del. G.R. 19.03.1996, n. 2146
Direttiva 92/43/CEE: approvazione della lista dei siti con
valori di importanza comunitaria del Lazio ai fini
dell’inserimento nella Rete Ecologica Europea Natura
2000), ha emanato la L.R. 6.10.1997, n. 29 Norme in
materia di aree naturali protette regionali, prevedendo,
all’articolo 6, che la Regione tuteli i siti di importanza
comunitaria individuati nel territorio regionale in base ai
criteri indicati dalla direttiva Habitat. Tali siti sono
integrati nello schema di piano regionale delle aree
protette.
Valutazione di incidenza
• Le regioni e province autonome hanno cominciato a
recepire la valutazione di incidenza nella propria
normativa e negli atti amministrativi a partire dal 1998.
Nella pratica, tuttavia, la fase di avvio sembra essere
terminata solo da poco, come testimoniano le modalità
di applicazione che variano considerevolmente da un
contesto all’altro. Si va dalla semplice applicazione della
norma nazionale alle situazioni locali, all’inserimento
della valutazione di incidenza nelle leggi regionali
relative alle VIA o alla conservazione della natura,
all’emissione di deliberazioni specifiche più o meno
articolate con indicazione di apposite linee guida.
Valutazione di incidenza
• Con la pubblicazione del DPR 120/2003, le regioni e province
autonome dovranno adeguare la propria normativa alle
modifiche apportate all’art.5 del DPR 357/97; in particolare,
dovranno prevedere l’applicazione della procedura, oltre che ai
piani, a tutti gli interventi suscettibili di avere incidenze
significative sui siti Natura 2000 e non solo alle tipologie di
progetto previste negli elenchi delle norme sulla Valutazione di
Impatto Ambientale, così come erroneamente stabiliva il DPR
357/97.
• Inoltre, in base all’art.6, comma 5, del nuovo decreto, le
stesse Regioni e Province autonome, dovranno definire, per
quanto di propria competenza, le modalità di presentazione
degli studi necessari alla valutazione di incidenza, individuare
le autorità competenti alla verifica degli studi stessi e definirne
i tempi ed infine stabilire le modalità di partecipazione alle
procedure in caso di piani interregionali.
Valutazione di incidenza
• La prima regione a citare la valutazione di incidenza
nella propria normativa è la Toscana con la L.R.
3.11.1998 n. 79, Norme per la valutazione di
impatto ambientale. Nelle Linee guida di cui all’art.
22 "Disposizioni attuative delle procedure" (All. A), è
inclusa la definizione della valutazione di incidenza
con riferimento all’art. 5 del DPR 357/97.
• Le regioni e province autonome che applicano
direttamente l’articolo 5 e l’allegato G del D.P.R.
357/97 senza aver fino ad ora stabilito specifici atti
normativi o amministrativi di recepimento, sono la
Lombardia, l’Umbria , il Lazio, il Molise, la
Campania, la Basilicata, la Calabria e la Sicilia.
Valutazione di incidenza
• In realtà, Lombardia e Sicilia fanno riferimento
alla norma nazionale nell’inserire la valutazione
di incidenza nelle proprie procedure di VIA o in
leggi che ordinano le procedure autorizzative per
la realizzazione di opere, ma si tratta di un
riferimento molto generico. Vi è poi un altro
gruppo di regioni, rappresentato da Marche,
Sardegna, Puglia ed Emilia Romagna che hanno
inserito la valutazione di incidenza nelle leggi o
negli atti amministrativi riguardanti la VIA con
attenzione alle specificità di questa nuova
procedura e richiamando con maggior dettaglio
la norma nazionale.
Pianificazione e gestione dei siti

• Poche sono le regioni che hanno deliberato o


prodotto norme in cui viene fatto un riferimento
articolato a piani di gestione, a specifiche misure
regolamentari, amministrative o contrattuali o al
monitoraggio dei siti. In molti casi il riferimento
ad azioni di tipo più coordinato e complessivo, si
trova nell’ambito delle disposizioni riguardanti la
valutazione di incidenza.
Pianificazione e gestione dei siti
• E’ il caso, ad esempio, della Provincia di Bolzano, che nel
D.P.d.P. 26.10.2001, richiede che i confini di SIC e ZPS
siano inseriti nei piani urbanistici, nei piani di attuazione,
di recupero e nei piani settoriali.
• Altro tipo di riferimento è quello contenuto delle norme
istitutive di parchi, come nel caso della Liguria con la
L.R. 3.09.2001, n. 29 Individuazione del perimetro del
parco naturale regionale di Portofino e disposizioni
speciali per il relativo piano, in cui si stabilisce che anche
nei siti di importanza comunitaria che sono in tutto o in
parte esterni al parco, l’Ente Parco è il soggetto preposto
all’elaborazione degli indirizzi di pianificazione e di
gestione.
Pianificazione e gestione dei siti

• Fino ad oggi solo tre regioni hanno


normato con legge in modo più diretto la
gestione dei siti Natura 2000: la
Lombardia, la Toscana e il Lazio.
Pianificazione e gestione dei siti
• L’atto amministrativo più avanzato sulla conservazione
delle specie e degli habitat e sulla conseguente gestione
dei siti Natura 2000 è costituito dalla deliberazione della
Giunta Regionale del Lazio del 2.08.2002, n. 1103:
• Del G.R. 2.08.2002, n. 1103 Approvazione delle linee
guida per la redazione di piani di gestione e la
regolamentazione sostenibile dei SIC e ZPS, ai sensi
delle Direttive nn. 92/43/CEE e 79/409/CEE concernenti
la conservazione degli habitat naturali e seminaturali
della flora e della fauna selvatiche di importanza
comunitaria presenti negli Stati membri, anche per
l’attuazione della Sottomisura I.1.2 "Tutela e gestione
degli ecosistemi naturali", Docup Obiettivo 2 2000-2006.
Pianificazione e gestione dei siti
• La deliberazione recepisce con grande tempestività le
"Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000",
oggetto del decreto ministeriale del 3 settembre 2002,
ma già approvate dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra le Regioni e Province autonome nella seduta
del 9.05. 2002. L’obiettivo della delibera regionale è di
approvare le linee guida per la redazione di piani di
gestione e la regolamentazione sostenibile dei siti Natura
2000, in applicazione della direttiva Habitat e fornire
criteri metodologici per l’attuazione dei programmi di
sistema previsti nei SIC e ZPS inseriti nel Documento
Unico di Programmazione 2000-2006.
Pianificazione e gestione dei siti

• In particolare, viene dato mandato alla


Direzione Regionale Ambiente e
Protezione Civile di notificare agli enti
interessati le linee guida, promuovere
l’adozione di piani di gestione e/o di
regolamenti nei siti Natura 2000, nonché
attuare "interventi finalizzati alla
salvaguardia e all’utilizzo sostenibile delle
risorse naturalistiche e di miglioramento
della biodiversità".
Pianificazione e gestione dei siti

• E’ inoltre costituito un "nucleo di


valutazione" composto da esperti per "la
valutazione degli interventi da sottoporre
all’approvazione della Giunta regionale" e
per monitorare l’attuazione dei progetti e
delle attività nei SIC e ZPS. Si prevede
inoltre di stipulare accordi volontari
sottoscritti con cadenza annuale.
Pianificazione e gestione dei siti

• Le Linee guida costituiscono l’Allegato A della


deliberazione e assumono "valenza di supporto
tecnico-normativo alla elaborazione di
appropriate misure di conservazione funzionale e
strutturale" per i siti Natura 2000.
• Queste misure sono rappresentate da idonee
forme di gestione quali i piani, i regolamenti per
la tutela dei valori di importanza comunitaria e
da "interventi per la salvaguardia e il recupero di
situazioni particolarmente vulnerabili e
minacciate".
Pianificazione e gestione dei siti
• Le azioni di conservazione e i piani di gestione
necessari per l’attuazione delle direttive
comunitarie saranno finanziate attraverso il
Docup. Si specifica inoltre che, "in mancanza di
un intervento regionale di carattere normativo o
regolamentare, il piano di gestione dei siti
Natura 2000, dopo essere approvato dalla
Regione in termini di coerenza con gli obiettivi
della Direttiva comunitaria, per avere efficacia
nel governo del territorio deve essere integrato
ai diversi livelli negli strumenti di
programmazione e pianificazione".
Pianificazione e gestione dei siti
• Il documento si articola in sette parti che definiscono: il
quadro normativo di riferimento, l’iter logico-decisionale
per la scelta delle modalità di gestione dei siti, gli
indirizzi per la scelta delle misure di conservazione
obbligatorie e non obbligatorie, i criteri e i metodi per la
redazione dei piani di gestione, le indicazioni per
l’integrazione negli strumenti di pianificazione esistenti,
identificazione dei soggetti gestori dei siti e attuatori
degli interventi, l‘individuazione delle tipologie dei siti sia
in base alle caratteristiche naturali sia in base alla
localizzazione territoriale in ambito Docup e Phasing out,
cui è legata l’ammissibili a finanziamento. L’ultima parte
definisce i tipi di intervento "compatibili con la
conservazione e il recupero dei valori naturali nonché
quelli per la gestione sostenibile delle risorse del sito".
Elenco ZPS

• MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA


TUTELA DEL TERRITORIO E DEL
MARE DECRETO 5 Luglio 2007
Elenco delle zone di protezione speciale
(ZPS) classificate ai sensi della direttiva
79/409/CEE.
(GU n. 170 del 24-7-2007 - Suppl.
Ordinario n.167)
Il DM Criteri minimi uniformi

• D.M. 17 ottobre 2007, n. 184 "Criteri


minimi uniformi per la definizione di
misure di conservazione relative a Zone
Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone
di Protezione Speciale (ZPS)"
Il DM Criteri minimi uniformi
• Le misure di conservazione ovvero gli eventuali piani di
gestione previsti dall'art. 4 del decreto del Presidente
della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive
modificazioni, sono adottati ovvero adeguati dalle regioni
e dalle province autonome con proprio atto entro tre
mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, sulla
base degli indirizzi espressi nel decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio 3 settembre
2002 «Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000»,
nonchè dei criteri minimi uniformi definiti col presente
decreto…
Il DM Criteri minimi uniformi
• Per le ZPS o per le loro porzioni ricadenti
all'interno di aree naturali protette o di aree
marine protette di rilievo nazionale istituite ai
sensi della legislazione vigente alla data di
entrata in vigore del presente decreto, le misure
di conservazione sono individuate ad eventuale
integrazione delle misure di salvaguardia e delle
previsioni normative definite dai rispettivi
strumenti di regolamentazione e pianificazione
esistenti.
Il DM Criteri minimi uniformi
• Le ZPS si intendono designate, ovvero istituite, dalla
data di trasmissione alla Commissione europea da parte
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, dei formulari e delle cartografie delle
medesime ZPS individuate dalle regioni e dalle province
autonome, ovvero dalla sola data di trasmissione alla
Commissione europea dei formulari e delle cartografie
delle ZPS, da parte del Ministero dell'agricoltura e delle
foreste, nel caso in cui la stessa designazione sia
avvenuta precedentemente all'entrata in vigore della
legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Il DM Criteri minimi uniformi
• Entro sei mesi dalla loro adozione, le regioni e le
province autonome comunicano al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare le misure di conservazione nonchè il
soggetto affidatario della gestione di ciascuna
ZPS. Per le ZPS o per le loro porzioni ricadenti
all'interno di aree naturali protette o di aree
marine protette di rilievo nazionale istituite ai
sensi della legislazione vigente alla data di
entrata in vigore del presente decreto, la
gestione rimane affidata all'ente gestore
dell'area protetta.
Il DM Criteri minimi uniformi
• Le regioni e le province autonome, in
collaborazione con AGEA e/o con gli
Organismi Pagatori regionali, provvedono
a individuare, e, ove necessario ad
aggiornare, i precisi riferimenti catastali
delle aree ZPS, anche al fine di una
corretta applicazione del regolamento (CE)
n. 1782/2003 e del regolamento (CE) n.
1698/05.
Il DM Criteri minimi uniformi
Tenuto conto dei criteri ornitologici indicati nella direttiva n.
79/409/CEE e delle esigenze ecologiche delle specie presenti nelle
diverse ZPS, sono individuate le tredici tipologie ambientali di
riferimento di seguito elencate:
– ambienti aperti alpini;
– ambienti forestali alpini;
– ambienti aperti delle montagne mediterranee;
– ambienti forestali delle montagne mediterranee;
– ambienti misti mediterranei;
– ambienti steppici;
– colonie di uccelli marini;
– zone umide;
– ambienti fluviali;
– ambienti agricoli;
– risaie;
– corridoi di migrazione;
– valichi montani, isole e penisole rilevanti per la migrazione dei
passeriformi
– e di altre specie ornitiche.
Il DM Criteri minimi uniformi
Per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome, con l'atto di cui
all'art. 3, comma 1, del presente decreto, provvedono a porre i
seguenti divieti:
• a) esercizio dell'attività venatoria nel mese di gennaio, con
l'eccezione della caccia da appostamento fisso e temporaneo e in
forma vagante per due giornate, prefissate dal calendario venatorio,
alla settimana, nonchè con l'eccezione della caccia agli ungulati;
• b) effettuazione della preapertura dell'attività venatoria, con
l'eccezione della caccia di selezione agli ungulati;
• c) esercizio dell'attività venatoria in deroga ai sensi dell'art. 9,
paragrafo 1, lettera c), della direttiva n. 79/409/CEE;
• d) utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all'interno delle
zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune
d'acqua dolce, salata, salmastra, nonchè nel raggio di 150 metri
dalle rive più esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/2009;
• e) attuazione della pratica dello sparo al nido nello svolgimento
dell'attività di controllo demografico delle popolazioni di corvidi. Il
controllo demografico delle popolazioni di corvidi è comunque
vietato nelle aree di presenza del lanario (Falco biarmicus);
Il DM Criteri minimi uniformi
• f) effettuazione di ripopolamenti faunistici a scopo
venatorio, ad eccezione di quelli con soggetti
appartenenti a sole specie e popolazioni autoctone
provenienti da allevamenti nazionali, o da zone di
ripopolamento e cattura, o dai centri pubblici e privati di
riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale
insistenti sul medesimo territorio;
• g) abbattimento di esemplari appartenenti alle specie
pernice bianca (Lagopus mutus), combattente
(Philomacus pugnax), moretta (Aythya fuligula);
• h) svolgimento dell'attività di addestramento di cani da
caccia prima del 1 settembre e dopo la chiusura della
stagione venatoria. …
Il DM Criteri minimi uniformi
• i) costituzione di nuove zone per l'allenamento e
l'addestramento dei cani e per le gare cinofile,
nonchè ampliamento di quelle esistenti;
• j) distruzione o danneggiamento intenzionale di
nidi e ricoveri di uccelli;
• k) realizzazione di nuove discariche o nuovi
impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e
rifiuti nonchè ampliamento di quelli esistenti in
termine di superficie, fatte salve le discariche per
inerti;
Il DM Criteri minimi uniformi
• l) realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli
impianti per i quali, alla data di emanazione del presente
atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione
mediante deposito del progetto. Gli enti competenti
dovranno valutare l'incidenza del progetto, tenuto conto
del ciclo biologico delle specie per le quali il sito è stato
designato, sentito l'INFS.
• Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione e
ammodernamento, anche tecnologico, che non
comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione
agli obiettivi di conservazione della ZPS, nonchè gli
impianti per autoproduzione con potenza complessiva
non superiore a 20 kw;
Il DM Criteri minimi uniformi
• m) realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e
nuove piste da sci, ad eccezione di quelli previsti negli
strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti
alla data di emanazione del presente atto, a condizione
che sia conseguita la positiva valutazione d'incidenza dei
singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione
generali e di settore di riferimento dell'intervento,
nonchè di quelli previsti negli strumenti adottati
preliminarmente e comprensivi di valutazione
d'incidenza; sono fatti salvi gli impianti per i quali sia
stato avviato il procedimento di autorizzazione, mediante
deposito del progetto esecutivo comprensivo di
valutazione d'incidenza, nonchè interventi di sostituzione
e ammodernamento anche tecnologico e modesti
ampliamenti del demanio sciabile che non comportino un
aumento dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di
conservazione della ZPS;
Il DM Criteri minimi uniformi
• n) apertura di nuove cave e ampliamento di quelle
esistenti, ad eccezione di quelle previste negli strumenti
di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di
emanazione del presente atto o che verranno approvati
entro il periodo di transizione, prevedendo altresì che il
recupero finale delle aree interessate dall'attività
estrattiva sia realizzato a fini naturalistici e a condizione
che sia conseguita la positiva valutazione di incidenza dei
singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione
generali e di settore di riferimento dell'intervento; in via
transitoria, per 18 mesi dalla data di emanazione del
presente atto, in carenza di strumenti di pianificazione o
nelle more di valutazione d'incidenza dei medesimi, è
consentito l'ampliamento delle cave in atto, a condizione
che sia conseguita la positiva valutazione d'incidenza dei
singoli progetti, fermo restando l'obbligo di recupero
finale delle aree a fini naturalistici; …
Il DM Criteri minimi uniformi
• o) svolgimento di attività di circolazione motorizzata al di
fuori delle strade, fatta eccezione per i mezzi agricoli e
forestali, per i mezzi di soccorso, controllo e
sorveglianza, nonchè ai fini dell'accesso al fondo e
all'azienda da parte degli aventi diritto, in qualità di
proprietari, lavoratori e gestori;
• p) eliminazione degli elementi naturali e seminaturali
caratteristici del paesaggio agrario con alta valenza
ecologica individuati dalle regioni e dalle province
autonome con appositi provvedimenti;
• q) eliminazione dei terrazzamenti esistenti, delimitati a
valle da muretto a secco oppure da una scarpata
inerbita, sono fatti salvi i casi regolarmente
• autorizzati di rimodellamento dei terrazzamenti eseguiti
allo scopo di assicurare una gestione economicamente
sostenibile;
Il DM Criteri minimi uniformi
• r) esecuzione di livellamenti non autorizzati
dall'ente gestore; sono fatti salvi i livellamenti
ordinari per la preparazione del letto di semina e
per la sistemazione dei terreni a risaia;
• s) conversione della superficie a pascolo
permanente ai sensi dell'art. 2, punto 2 del
regolamento (CE) n. 796/2004 ad altri usi;
• t) bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonchè
della vegetazione presente al termine dei cicli
produttivi di prati naturali o seminativi …
Il DM Criteri minimi uniformi
• u) esercizio della pesca con reti da traino,
draghe, ciancioli, sciabiche da natante,
sciabiche da spiaggia e reti analoghe sulle
praterie sottomarine, in particolare sulle
praterie di posidonie (Posidonia oceanica)
o di altre fanerogame marine, di cui all'art.
4 del regolamento (CE) n. 1967/06;
Il DM Criteri minimi uniformi
• u) esercizio della pesca con reti da traino,
draghe, ciancioli, sciabiche da natante, sciabiche
da spiaggia e reti analoghe sulle praterie
sottomarine, in particolare sulle praterie di
posidonie (Posidonia oceanica) o di altre
fanerogame marine, di cui all'art. 4 del
regolamento (CE) n. 1967/06;
• v) esercizio della pesca con reti da traino,
draghe, sciabiche da spiaggia e reti analoghe su
habitat coralligeni e letti di maerl, di cui all'art. 4
del regolamento (CE) n. 1967/06.
Il DM Criteri minimi uniformi
Per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome, con l'atto di cui
all'art. 3 comma 1 del presente decreto, provvedono a porre i
seguenti obblighi:
• a) messa in sicurezza, rispetto al rischio di elettrocuzione e impatto
degli uccelli, di elettrodotti e linee aeree ad alta e media tensione di
nuova realizzazione o in manutenzione straordinaria o in
ristrutturazione;
• b) sulle superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla
produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre
superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto,
mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma
dell'art. 5 del regolamento (CE) n.1782/2003, garantire la presenza
di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno
e di attuare pratiche agronomiche consistenti esclusivamente in
operazioni di sfalcio, trinciatura della vegetazione erbacea, o
pascolamento sui terreni ritirati dalla produzione sui quali non
vengono fatti valere titoli di ritiro, ai sensi del regolamento (CE)
1782/03.
Il DM Criteri minimi uniformi
Per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome, con l'atto di cui
all'art. 3 comma 1 del presente decreto, indicano, quali attività da
promuovere e incentivare:
• a) la repressione del bracconaggio;
• b) la rimozione dei cavi sospesi di impianti di risalita, impianti a fune
ed elettrodotti dismessi;
• c) l'informazione e la sensibilizzazione della popolazione locale e dei
maggiori fruitori del territorio sulla rete Natura 2000;
• d) l'agricoltura biologica e integrata con riferimento ai Programmi di
Sviluppo Rurale;
• e) le forme di allevamento e agricoltura estensive tradizionali;
• f) il ripristino di habitat naturali quali ad esempio zone umide,
temporanee e permanenti, e prati tramite la messa a riposo dei
seminativi;
• g) il mantenimento delle stoppie e delle paglie, nonchè della
vegetazione presente al termine dei cicli produttivi dei terreni
seminati, nel periodo invernale almeno fino alla fine di febbraio.
Il DM Criteri minimi uniformi
Sono poi previste specifiche misure di
conservazione per ciascuna delle
tipologie di habitat individuate.
Seguono negli allegati le specie che
caratterizzano le diverse tipologie di
habitat (manuale LIPU).
Attuazione regionale
• La Giunta Regionale della Lombardia, nella seduta dl 20
febbraio 2008 ha approvato, con Delibera n. 6648 la
Nuova classificazione delle Zone di Protezione
Speciale (ZPS) e individuazione di relativi divieti,
obblighi e attività, in attuazione degli articoli 3, 4,
5 e 6 del d.m. 17 ottobre 2007, n. 184 "Criteri
minimi uniformi per la definizione di misure di
conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione
(ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS)".
La sentenza Corte Costituzionale
“La Corte costituzionale dà ragione alla Provincia autonoma di Trento
in merito al contenzioso con lo Stato relativamente alle Zone di
protezione speciale e alle Zone speciali di conservazione. Con una
sentenza depositata oggi la Corte dichiara infatti l'illegittimità
costituzionale dell'articolo 1, comma 1226, della legge statale 296
del 27 dicembre 2006 (Finanziaria 2007) nella parte in cui obbliga
le Province autonome di Trento e di Bolzano ad uniformarsi ai
criteri minimi definiti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare. Soddisfazione è stata espressa dal
presidente della Provincia autonoma Lorenzo Dellai e
dall’assessore Mauro Gilmozzi per questo nuovo riconoscimento
della specialità del Trentino in virtù della sua Autonomia“.

(www.uffstampa.provincia.tn.it)
La sentenza Corte Costituzionale
Sentenza 104/2008
La Corte Costituzionale (…)
• dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1226, della legge
27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), nella parte in
cui obbliga le Province autonome di Trento e di Bolzano ad uniformarsi ai
criteri minimi uniformi definiti dal decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare;
• dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del
medesimo articolo 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,
sollevata, in riferimento agli artt 3 e 97 della Costituzione, dalla Regione
Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe;
• dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del
medesimo art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,
sollevata, in riferimento agli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione, dalla
Regione Lombardia ed, in riferimento al principio di leale collaborazione,
dalle Regioni Veneto e Lombardia, con i ricorsi indicati in epigrafe.

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