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IL NOVECENTO,

L’ITALIA GIOLITTIANA E
LA GRANDE GUERRA
LA LOTTA PER IL PREDOMINIO MONDIALE
All’inizio del Novecento gli equilibri politici internazionali entrarono in crisi. La Gran Bretagna era
ancora la principale potenza del pianeta. Eppure, il suo predominio iniziò a mostrare i primi segni di crisi
e alcune parti dell’Impero, come il Canada e il Sudafrica ottennero lo status di dominions, divenendo
indipendenti. Ma a mettere in crisi il Regno Unito fu soprattutto l’emergere di nuove potenze
economiche e politiche, come la Germania.
LE STRATEGIE DEL NEUER KURS TEDESCO
In Germania, durante gli anni del suo cancellierato Bismarck cercò di tenere il suo Impero lontano dalla
competizione coloniale per paura di perdere il posto che la Germania aveva ottenuto all’interno
dell’Europa. Ma nel 1890 il nuovo imperatore tedesco Guglielmo II ottenne le dimissioni di Bismarck ed
avviò una nuova politica (Neuer Kurs), aggressiva nei confronti delle colonie in Africa e Asia. L’aggressività
della politica tedesca favorì la nascita di un’alleanza tra Inghilterra, Francia e Russia (Triplice Intesa),
contrapposta alla Triplice Alleanza tra Germania, Austria-Ungheria e Italia. Si iniziano a formare le
alleanze che daranno vita alla Prima guerra Mondiale.
STATI UNITI E GIAPPONE
Al di fuori dell’Europa, nacquero gli Stati Uniti, che durante la presidenza di Roosevelt, favorirono la
nascita della Repubblica di Panama, ottenendo in cambio la striscia di terra dove fu realizzato il canale
che collega l’oceano Pacifico all’Atlantico. La Cina e il Giappone istituirono una politica di espansione
militare, conquistando la Corea e sconfiggendo la Russia nei primi anni del Novecento.
LE TRASFORMAZIONI SOCIALI E CULTURALI:
LA «BELLE EPOQUE»
Il Novecento si aprì in un clima di generale ottimismo. L’elettricità illuminava le nuove metropoli e i mezzi
di trasporto, alimentati dai nuovi motori a scoppio, resero più veloci i trasporti in tutto il mondo. Anche
l’arte subì un periodo di trasformazione, infatti grazie al fondatore della psicanalisi Sigmund Freud
nacque una visione dell’uomo molto più soggettiva, attraverso la teoria dei quanti e della relatività. Tale
periodo venne definito «Belle Époque», ma in realtà fu un periodo caratterizzato non solo dal progresso,
ma anche da profonde contraddizioni. Infatti buona parte della popolazione mondiale rimaneva al di sotto
della soglia di sviluppo, facendo scaturire conflitti sociali tra i ceti borghesi e gli operai.
TAYLORFORDISMO

All’inizi del Novecento nelle fabbriche venne introdotto il metodo fordista o taylorfordista (dell’ingegnere americano
Frederick Winslow Taylor), che voleva eliminare movimenti e pause inutili. In questo modo, gli operai ripetevano per
tutta la giornata gli stessi gesti, finendo per essere un ingranaggio all’interno della catena di montaggio. Il metodo
fordista, portò all’abbattimento dei costi di produzione con effetti positivi sul tenore di vita dei ceti medi ed inoltre portò
anche alla diminuzione dei costi dei prodotti industriali.
L’ALLARGAMENTO DEL DIRITTO AL VOTO:
ASSOCIAZIONALISMO E NAZIONALISMO
Il miglioramento delle condizioni di vita e l’aumento dell’alfabetizzazione portarono a un progressivo
allargamento del diritto di voto. In tutti i Paesi occidentali venne introdotto il suffragio universale maschile
e, nei Paesi più socialmente avanzati, il diritto di partecipare alla vita politica venne riconosciuto anche
alle donne. Nel 1891, in seguito all’enciclica di papa Leone XIII Rerum novarum, anche le associazioni
cattoliche iniziarono ad intervenire in aiuto dei ceti operai. A inizio Novecento nacquero anche dei
movimenti nazionalisti, favorevoli a una politica aggressiva chiamata «dittatura del numero», secondo
loro sarebbe imposta dalla democrazia.
L’ITALIA GIOLITTIANA: L’ASSASINIO DI
UMBERTO I E LA POLITICA DI GIOLITTI
L’Italia di fine Ottocento attraversava un momento di grave crisi, quando il governo fece sparare sulla folla
per rispondere alle proteste operaie per il cibo. Due anni dopo, per vendicare le vittime della repressione,
l’anarchico Gaetano Bresci assassinò il re Umberto I il 29 luglio 1900. Nel 1903 divenne primo ministro
Giovanni Giolitti, un uomo in grado di imprimere una svolta nella questione sociale italiana. Adesso gli
scioperi erano tollerati ( con obbiettivi salariali e non politici), e il governo assunse il ruolo di arbitro nelle lotte
sindacali. Pur con qualche intervallo, Giolitti governò l’Italia per una decina di anni, cercando di avvicinare al
governo i socialisti riformisti di Turati, ma questo non funzionò in quanto il partito continuò ad essere
contrario a ogni collaborazione con lo Stato, impedendo a Turati di entrare a far parte del governo.
LE DUE CRISI MAROCCHINE E LE DUE GUERRE
BALCANICHE
Nel 1905 e poi nel 1911 scoppiarono le due cosiddette «crisi marocchine», in quanto la Germania si
oppose al tentativo francese di conquistare il Marocco, ma fortunatamente in entrambi i casi la guerra
venne scongiurata dall’azione diplomatica. I Balcani erano una delle zone più critiche d’Europa e la
Russia e l’Austria-Ungheria cercarono di trarne vantaggio espandendo i propri confini. Nel 1912, una
coalizione composta da Grecia, Bulgaria e Serbia dichiarò guerra alla Turchia e la sconfisse (prima
guerra balcanica) ed in seguito ci fu anche la seconda guerra balcanica, tra i vincitori su come dividere
i territori conquistati.
LA GRANDE GUERRA: UNA GUERRA DI TRINCEA
Le principali cause che hanno portato alla nascita della grande guerra furono varie:
 L’Italia voleva di nuovo in suo possesso i territori ceduti all’Austria. Per prima appoggiò
l’Alleanza mentre dopo si schierò con l’Intesa;
 La rivalità tra la Germania e l’Austria;
 La rivalità tra l’Austria e la Russia per il dominio dei Balcani;
 La liberazione delle popolazioni austro-ungariche;
Le prime fasi del conflitto furono favorevoli alla Triplice alleanza, ma la guerra di movimento si trasformò in
guerra di trincea, dove decine di migliaia di soldati morirono cercando di spostare il fronte.
L’ITALIA, TRA NEUTRALISMO ED
INTERVENTISMO
L’Italia non entrò subito in guerra a fianco di Germania e Austria-Ungheria, motivando il neutralismo col
fatto che l’Italia svolgeva la funzione di carattere difensivo all’interno dell’Alleanza. Il Paese si divise fra
interventisti e neutralisti, mentre il governo, in segreto, stipulò il patto di Londra, dove l’Italia si
impegnava ad entrare in guerra in cambio di Trento e Trieste. Nel 1915, l’Italia entrò in guerra con un
esercito mal equipaggiato e inadeguato a sostenere un conflitto di lunga durata. Il 15 maggio del 1916 gli
austriaci lanciarono la cosiddetta «spedizione punitiva» (Strafexpedition) contro gli italiani, ottenendo
però risultati deludenti.
LA «QUESTIONE MERIDIONALE» E LA
CONQUISTA DELLA LIBIA
Il periodo giolittiano fu contrassegnato dalla cosiddetta «questione meridionale», in quanto il governo
cercò di favorire lo sviluppo economico del sud, ma di fatto rinunciò ad affrontare i grandi latifondisti. In
questi anni infatti proseguì l’emigrazione dei contadini dal Meridione. Questo periodo fu caratterizzato dalla
conquista della Libia, che però forni risultati deludenti perché il paese risultò molto più povero di quanto si
era pensato. Giolitti stipulò un alleanza con i cattolici («patto Gentiloni»), un accordo elettorale in base al
quale i cattolici votarono i candidati giolittiani in cambio di leggi a favore della chiesa Nel 1914 Giolitti si
dimette.
IL 1917: L’ANNO CRUCIALE

I primi anni di guerra si conclusero in modo molto statico. La svolta si ebbe nel 1917, in quanto la Russia
si ritirò dal conflitto e in Italia, un’offensiva austriaca sfondò il fronte italiano a Caporetto nella quale perse
quasi tutta l’artiglieria e 400 000 uomini fra morti e prigionieri. L’avanzata austriaca venne fermata sulla
linea del Piave e il comando dell’esercito, tolto al generale Cadorna, venne affidato ad Armando Diaz.
Sempre nel 1917 gli Stati Uniti entrarono in guerra a fianco dell’Intesa. Il presidente Wilson chiarì la
partecipazione al conflitto con i «Quattordici punti», cioè l’insieme di norme che andranno a presiedere il
nuovo ordine mondiale.

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