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Annibale e la sua audace impresa

Un vento secco e logorante spira dal Sud, come lultimo soffio vitale di un uomo, solleva larida sabbia e riporta in luce arcani dolori. Immersa tra polvere e oblio, riaffiora una solida stele, inafferrabile, indistruttibile, estremo baluardo di una gloria passata. Il suo nome lass inciso e le sue imprese rimarranno per sempre vive e fervide nellanimo degli esseri umani. E nella pi totale desolazione, nella pi eterna rovina, cadr la sua patria, cadranno le genti che lo hanno prima amato e poi odiato e di lui non rester altro che una misera tavola di pietra, unica nel deserto ma ancora viva. Viva come la sua gloria. Il suo nome Annibale e proprio come il suo stesso nome anche le sue gesta sono leggenda. Ed io parler riguardo alla sua vita e la sua audace impresa poich io lo conobbi in prima persona. Io fui testimone del suo ingegno e della sua straordinaria abilit, io che ebbi linvana possibilit di sottrarlo al suo fatale destino e non lo feci. Ma non avevo ancora appreso in realt quale fosse il suo vero genio. Egli visse con me per sette anni, protetto allinterno del mio palazzo reale in Bitinia, e si mostr per colui che era veramente, raccontandomi la sua storia e rivelandomi la visione di un mondo nuovo Annibale fu e sar e con lui non sparita solo una civilt, ma terminata unera intera. Io posso dire, dunque, di aver conosciuto uno dei pi illustri e geniali uomini di tutti i tempi. Annibale. La sua vita fu piena di tribolazioni e di avversit, ma egli visse allo stesso modo pienamente, dedicando la sua intera esistenza al raggiungimento di un unico sogno: la libert. Molti scriveranno su di lui, molti lo celebreranno, molti lo invidieranno e invidiandolo lo odieranno, poich egli fu lunico, il solo a perseguire, pur ostacolato, gli ideali di tutti gli uomini. E ci che accaduto, ci che le sorti umane hanno attraversato in quegli anni, dovuto tutto alla forza e allaudacia di un solo essere umano: lui. Raccont di essere nato a Cartagine, allincirca intorno al 247 a.C., figlio di un uomo ambizioso ed estremamente eroico, che aveva infuso nel giovane Annibale, fin dallinfanzia, il profondo astio verso una civilt in crescente espansione e che era convinto del fatto che non bastasse la sua sola vita a compiere lardito progetto. Credo di aver appreso molte storie su Annibale, ascoltando saggi e oratori, ma mai cos realistiche e profonde come quelle che io udii da egli stesso. Si dice che il suo nome derivi dallespressione fenicia Hanibaal, grazia del dio Baal, e persino il soprannome, di cui si fregi la sua famiglia, Barca ( da baruk ), significherebbe il lampo o la folgore. E nota la grande influenza che la sua famiglia esercitava e quanto fosse potente a Cartagine, la fenicia Quart Adasht, luogo di miti e misteri radicati nelle profonde viscere della terra, in cui si racconta che i Barcidi fossero giunti al seguito di Elissa. Annibale stesso mi narr che quando era al nono anno di et, la notte prima della partenza con il padre per la Spagna, lo stesso Amilcare gli fece giurare odio eterno verso i Romani. E questo giuramento sarebbe alla base dunque di tutta la storia futura di Annibale e della furia con cui si precipit su Roma. Fin dallet di dodici anni, assistendo alle campagne militari di suo padre in Spagna, fu affidato ad un precettore spartano, Sosilo, e venne allevato

per il resto della sua giovinezza nel campo dellarmata paterna. Il suo sviluppo fu, dunque, allinterno di un contesto fortemente dinamico e incise profondamente sulla sua personalit. Io lo conobbi e mi resi conto che non esisteva uomo pi saggio di lui su tutto lorbe terrestre. Nessuna persona fu pi ambigua nellesser capace di far cose molto diverse fra loro, come lubbidire e il comandare. Audace nellaffrontare ogni sorta di pericolo, Annibale era molto prudente e le fatiche fisiche, il caldo o il freddo, la fame o la sete non gli fiaccavano il corpo. Era moderato e chi vissuto giorno per giorno in stretto contatto con lui ha potuto capire quanto potesse essere semplice e allo stesso tempo ossessionato dal suo dovere. Dormiva poco e nei momenti di riposo, che riusciva a sottrarre ai suoi impegni, restava sdraiato sulla terra nuda, avvolto solo da un mantello militare. Amava i suoi soldati e al contempo era lodato e apprezzato da questi ultimi per il suo spirito di sacrificio e per la sua voglia di libert. Una libert sempre sperata, sempre ricercata, anche a costo della propria vita, una sete di libert che difficilmente si conciliava con la sua irrefrenabile brama di gloria e potere. E accanto a grandi virt morali e a profondi meriti, molti gli attribuirono i peggiori vizi e difetti che un uomo potesse avere. I Romani lo definirono crudele, spinto da una perfidia tutta punica, sacrilego e irrispettoso verso vincoli e giuramenti, tentando in ogni modo di ottenebrare la sua gloria e il suo valore. Occultarono la sua grande abilit di stratega, evidenziando solamente i suoi lati peggiori, e attuarono una vera e propria campagna di demonizzazione (ad esempio, il nome del suo dio Baal, corrispondente al greco Zeus, venne indicato come sinonimo di Satana, da cui deriva il nome Belzeb) verso colui che rivel esser il loro peggior nemico, che fu in grado per la prima volta nella storia di porre Roma sullorlo di una catastrofe. Costui era Annibale, uomo sorretto dallintimo desiderio di ridar vita ad una civilt che rischiava di morir per sempre dopo la collisione con il predominio romano: ovvero quella cartaginese. E dietro un essere umano strettamente rigoroso ed irreversibilmente irremovibile si celava un animo sensibile e ingegnoso, mai tranquillo, capace di studiare ogni mossa del proprio avversario, e sempre versatile, in grado di creare e di distruggere. Fu lui, Annibale, il distruttore indistruttibile. Vers molto sangue, ma non prov mai piacere nelluccidere. Era tuttavia consapevole della sua grandezza tanto da definirsi egli stesso uno dei pi brillanti capitani di tutti i tempi, inferiore solo a Pirro e a Scipione. Io lo vidi, cercai di scrutare le profondit del suo animo ma rimasi sempre ancorato al pregiudizio nei confronti del suo ardore e di quella che mi pareva una superba arroganza. Non mi fidai di lui, ed ebbi timore del suo sogno, della sua pressante cupidigia di arginare limperialismo romano. Quanto corrotta e perversa possa essere la mente umana e difficile a dirsi e Annibale, sfortunatamente, se ne rese conto in molte situazioni. Nessuno pot comprendere la sua opera ad eccezione di coloro che condivisero con lui paure e sofferenze e che poterono intendere che cosa significasse per lui la parola vita. Per Annibale la vita di ogni essere umano doveva essere finalizzata a raggiungere giusti obiettivi e a compiere imprese che potessero giovare alla salvezza e al benessere dellumanit. Ed egli senza dubbio ci riusc. Io riconobbi troppo tardi la grandezza di questuomo. E mi resi conto che la sua moderazione e la sua audacia non furono gli unici aspetti che fecero di lui un

gran condottiero. La sua scuola militare fu ottima e la sua arte tattica e strategica trova origine nella tradizione ellenica. Annibale studi a fondo sia le campagne militari di Alessandro Magno, che divenne il suo modello, che quelle dello spartano Santippo, il quale alla guida di un esercito cartaginese aveva vinto Attilio Regolo. E fu proprio per la sua educazione, per la sua intelligenza e per la sua notevole perspicacia che egli apport importanti innovazioni nellambito militare, ben studiate dal suo rivale Scipione. Annibale si rese subito conto che per trasformare unaccozzaglia di mercenari provenienti da tutte le parti in una forza efficiente era necessario sfruttare al massimo i diversi caratteri delle varie etnie, combinandone lazione in battaglia. Cos lesercito divenne ununica materia finalizzata alla vittoria. Una potente macchina da guerra. Egli non attu una vera e propria trasformazione bens miglior i precedenti tipi di strategia e tattica militare: quella oplitica e quella ellenistica. Sostitu la picca, lunga asta dalla punta di ferro, derivata dalla sarissa macedone, con le spade, dando maggiore libert ai libici, che componevano lintero settore di fanteria pesante. Divise i suoi contingenti in piccole unit (), dando pi elasticit, pi duttilit e libert di manovra al suo esercito. Appunto il suo esercito esaltava la capacit combattiva individuale e allo stesso tempo costituiva una enorme macchina centrifuga che contribuiva notevolmente alla amalgama di diverse culture. E fu proprio con questa armata anomala per i suoi tempi, formata da popolazioni che venivano via via inglobate ad ogni vittoria e che erano desiderose di prender parte alla sua guerra, che Annibale super i limiti dellimpossibile, intraprendendo unimpresa quasi divina che lo spinse ad attraversare met Europa, tanto da essere paragonato allo stesso Eracle, il fenicio Melqart. Ed allet di venticinque anni che inizia la sua odissea, un evento che ha segnato le sorti dellumanit e che quasi ha rivelato la grandezza dellessere umano. Una volta morto il padre Amilcare e il cognato Asdrubale, Annibale assunse il comando delle truppe di Cartagine stanziate in Spagna e ben tre anni pi tardi sarebbe partito alla volta dellItalia. Cominciava la seconda guerra punica. Lassedio della cittadina spagnola di Sagunto, alleata di Roma, e la sua definitiva conquista dopo otto mesi segn il casus belli che diede inizio al nuovo conflitto contro Roma. Una volta istigata la potenza romana, Annibale si preparava a portare scompiglio e a sconvolgere totalmente lo scenario della guerra con una mossa a sorpresa del tutto inaspettata: linvasione dellItalia. Quella rappresentava loccasione per conquistare Roma e per dare sostanza al giuramento prestato al padre molti anni prima. Superato lEbro e valicati i Pirenei tra mille difficolt, Annibale allest un esercito di 50.000 fanti, 90.000 cavalieri e 37 elefanti per penetrare in Italia, superando le Alpi. Egli cerc di creare stabili relazioni con le popolazioni insediate nel Nord dellItalia, i Galli, in modo da favorire una solida e compatta alleanza di popoli contro Roma. Ed in ci che evidente lentusiasmo, lardore e labilit di questuomo, tale era il fascino che emanava il suo comportamento e la sua persona da essere stato sempre desiderato come comandante fin da giovane, ma soprattutto fu con la sua fermezza e con la sua maturit che seppe mantenere unito e disciplinato un esercito formato da elementi diversissimi. La sua scaltrezza inventiva, la sua capacit di valersi di stratagemmi e di tendere inganni mai praticati prima, lo portarono ad essere il protagonista di una delle pi grandi imprese belliche di tutta lantichit. Si mostr portatore di pace e liberatore dalloppressore verso

tutti coloro che avevano gi tentato invano di contrastare il dispotico predominio romano. Mosso dal ricordo di suo padre combattente, figura per lui fondamentale, non si tir mai indietro e diede tutto se stesso nella lotta contro Roma. Dopo aver oltrepassato il Rodano, ultimo ostacolo delle Alpi, nel Settembre del 218 a.C. Annibale giunse al passo del Monginevro e, nonostante le gravose perdite subite nel corso del percorso, egli era fermamente deciso ad andare avanti. Per evitare lo scontro diretto con i Romani, ormai coscienti del suo piano e pronti ad intercettarlo, prosegu sempre seguendo il corso del Rodano. Ebbe cos inizio la sua leggendaria traversata delle Alpi. Appena giunto in Italia, si preoccup di far riposare i suoi soldati presso il territorio dei Taurini per poi recarsi verso il Po. Nel frattempo si preparavano a fronteggiare limminente avanzata dellarmata Annibalica i Consoli Publio Cornelio Scipione e Tiberio Sempronio Longo. La mossa di Annibale serv quindi ad impedire ai Romani di condurre la guerra a modo loro. Dopo il primo scontro, vittorioso grazie alla formidabile cavalleria Annibalica, avvenuto sulle rive del Ticino nella pianura Padana, alla fine del dicembre del 218 ebbe luogo la prima grave sconfitta per i Romani presso il fiume Trebbia. Solo 10.000 dei 40.000 legionari Romani riuscirono a fuggire a Piacenza, mentre un numero sempre maggiore di popolazioni galliche si alleava ad Annibale. Trascorso un breve periodo di riposo durante i momenti peggiori dellinverno, leroe Cartaginese si diresse verso lEtruria, scegliendo la via pi diretta ma anche quella pi pericolosa tanto che egli stesso mi rifer di essere stato colpito da uninfiammazione allocchio nellattraversare i terreni paludosi. Utilizzando sempre larma della sorpresa e rivelando non solo genialit strategica, ma anche grandi qualit politiche, si diresse sempre pi a Sud, procedendo con il suo progetto di attraversare lintera penisola Italiana solo per sconfiggere la potenza Romana. Infine sferr un nuovo attacco improvviso contro i Romani presso la riva settentrionale del lago Trasimeno, tanto da provocare la stessa morte del nuovo console Romano Caio Flaminio. I Romani si resero conto della pesante sconfitta subita e stabilirono di nominare un dittatore: Quinto Fabio Massimo, detto in seguito Cunctator, ovvero il temporeggiatore, cos definito per esseri limitato ad osservare le mosse di Annibale, senza intervenire per contrastare definitivamente la sua progressiva avanzata. Annibale stesso, che fin dallinizio aveva confidato nellappoggio delle popolazioni italiche e galliche, dopo il primo successo ottenuto con Insubri e Boi, cominci a ricevere la prime delusioni, accorgendosi dellostilit adoperata nei suoi confronti da citt come Assisi e Perugia che si rifiutarono di aiutarlo. E lavventura Annibalica, iniziata come una sorta di epopea cavalleresca, segnata da vittorie e allo stesso tempo da un incredibile numero di perdite, perde i connotati dellimpresa eroica, mostrando i primi segni di cedimento. Cos molte citt del Centro Italia rimasero fedeli a Roma, nonostante lesito delle recenti battaglie, e si opposero vivamente . E mentre a Roma, in seguito alla trappola sul fiume Trebbia e sul lago Trasimeno tesa da Annibale e alle pesanti sconfitte, si cominciava a temere uninvasione simile a quella di Brenno, tra i soldati Cartaginesi si diffondeva il malcontento e lipotesi di un fallimento del piano Annibalico. Egli distrusse molte citt che gli si rivelarono nemiche, compiendo stragi e brutali torture, assetato di gloria e di vendetta. Pass persino in Abruzzo, alla ricerca di nuovi consensi e di nuove alleanze, tanto che la stessa citt di Sulmona sub la sua onda devastatrice, dato che loppidum non aveva alcuna intenzione di tradire Roma. Tuttavia, molto probabilmente si

pensa che la distruzione di Sulmona non sia dovuta alla sua furia bens ad un drammatico terremoto che rase la citta al suolo (216 a.C.).Egli mi raccont che per curare i suoi cavalli dalla scabbia e per ristorare i suoi soldati, stremati dallimmane cammino, si serv del vino Preturziano (cio dellattuale Teramo), di cui facevano largo uso i Marsi e i Sanniti. Annibale decise comunque di cambiare direzione, scendendo ancora pi a sud e abbandonando momentaneamente lidea di dirigersi a Roma. Tuttavia lallontanamento dalla meta cruciale suscit le prime rivolte e i primi dissidi allinterno dellesercito Cartaginese. Una volta ingannato lesercito di Fabio Massimo, contro il quale Annibale rifer di aver scagliato fuoco ed una mandria di buoi, si diresse in Puglia dove il 2 Agosto del 216 a.C. si sarebbero scontrati fatalmente i due eserciti, le due potenze egemoni del Mediterraneo, Roma e Cartagine, in uno degli eventi bellici pi disastrosi dellantichit: la battaglia di Cannae. I Romani, con otto legioni composte da 90.000 uomini, e Annibale con il suo esercito di appena 40.000 uomini, per di pi senza laiuto degli elefanti morti tutti durante la traversata delle Alpi, si affrontarono nella pianura posta in prossimit delle rive del fiume Anfido (oggi Ofanto). Schierando i suoi uomini con unoriginale struttura ad arco, con la sua famosa manovra a tenaglia riusc a fare infilare la fanteria romana in una sorta dimbuto, circondandola con lappoggio della cavalleria pesante, comandata dal fratello Asdrubale, delle fanterie Cartaginesi e libiche e della cavalleria leggera numida, comandata da Maarbale. Annibale ottenne una grande vittoria ma disastrosa fu la carneficina dellintero scontro, nel quale perirono oltre 70.000 romani. In un momento cos terribile Roma, sullorlo della catastrofe, resist e sotto la guida di Quinto Fabio Massimo cerc di lavorare per ottenere la sua rivincita. E mentre la vittoria cartaginese favor alcune importanti defezioni, tanto che molte citt aprirono le porte ad Annibale, allinterno dellesercito cartaginese la situazione si faceva sempre pi precaria: in seguito al sanguinoso esito della battaglia di Cannae, i soldati distrutti dal combattimento, sofferenti e privi di un qualsiasi aiuto, rinfacciarono al loro comandante la decisione di non essersi diretti subito a Roma, accusandolo di non sapere approfittare delle opportunit. Annibale vag in Italia per 17 anni, costretto dopo la battaglia di Cannae a rimanere entro Capua, citt consegnatasi ai Cartaginesi, subendo i gravi disagi della tattica di logoramento operata dai Romani, volta ad isolare Annibale fino alla resa. Egli tent persino una azzardata manovra per risalire verso Roma, del tutto invana dato lindebolimento dellesercito. Ma la svolta decisiva avvenne quando fu nominato nel 210 a.C. il 25enne Publio Cornelio Scipione che, dopo aver sconfitto il fratello di Annibale in Spagna, decise di attaccare direttamente il cuore della civilt Punica, colpendo Cartagine nel 204. Isolato nel Sud dellItalia, privo di rifornimenti e di aiuti dalla patria , una patria sempre pi corrotta ed invidiosa della sua crescente gloria, Annibale si rese conto che la partita da lui iniziata era stata ormai persa. Essendo stato richiamato in patria per fronteggiare linatteso nemico, fu sconfitto nei pressi della citt Naraggara da Scipione, in quella che sar la sua ultima battaglia, la battaglia di Zama avvenuta nel 202. Roma con laiuto di Massinissa, re della Numidia, il quale forn un ulteriore numero di contingenti, sbaragli lesercito punico, totalmente incapace di chiudere la sua tenaglia Una volta terminate le ostilit e conclusa la pace con Roma, il Cartaginese si ritir a vita privata. Era lanno 200 a.C. Nominato nel 196 suffeta (cio alto magistrato), questuomo non solo

riusc a risanare le dilapidanti spese di guerra della sua patria, oppressa da durissime condizioni di resa, ma fu anche unabile politico nel tentativo di fare alcune riforme per porre fine alla dilagante corruzione delloligarchia punica, ulteriormente irata per i continui successi di Annibale. Lodio contro il grande cartaginese, la grande invidia e lallarmante ingiustizia ebbero alla fine il sopravvento. Egli fu esiliato e costretto a vagare per pi di dieci anni dalla Siria alla Bitinia, fin quando giunse presso la mia corte. Tent di convincermi del fatto che fosse necessaria una potente lega mediterranea per contrastare la supremazia romana, esortandomi con straordinaria eloquenza a fornire il mio appoggio. Ed io lo vidi istruire i miei soldati, mostrare la sua passione ed il suo incredibile valore. Tuttavia non riuscii a salvarlo. I Romani mi costrinsero a consegnarlo. Ma lui fu ben pi abile nel togliersi di mezzo, uccidendosi con del veleno per non cadere nelle mani del nemico nel 183 a.C.. Cos termin lesistenza di essere umano incomparabile, genialmente incompreso e sempre mortale. Io sono stato il suo traditore. Io, Re Prusia. Ma un giorno sar fatta giustizia; io avrei meritato la sua finee lui ricever gli onori che gli sono dovuti Un giornoAffinch il suo sogno e la sua forza vivano negli animi di tutti gli esseri umani. Per sempre. Sotto il grido: Hannibal ad portas!

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