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Discussioni

a cura di Barbara Quacquarelli e Francesco Paoletti

Storytelling
Qual il contributo dello storytelling allinterno della vita delle organizzazioni e delle loro attivit?
Sugli Autori:

Andrea Fontana (plessus@tin.it) esperto di sistemi di formazione manageriale, sviluppo organizzativo, comunicazione dimpresa e storytelling management. Insegna Metodologia della formazione nelle organizzazioni allUniversit degli Studi di MilanoBicocca e Storytelling e narrazione dimpresa allUniversit di Pavia. autore di testi sulle nuove modalit di training evoluto e comunicazione intergrata con approccio narrativo. business partner di Corus, societ di consulenza Hr del Gruppo Assist. Simone Involti (simone.involti@hotmail.com) ha organizzato e gestito eventi, attivit commerciali, marketing relazionale, formazione presso strutture territoriali. Ha inoltre collaborato con il Centro di Ricerca Fatebenefratelli di Brescia in qualit di docente. Attualmente responsabile della formazione e della gestione di processi di risorse umane di una multinazionale. Matteo Verdoni (matteo.verdoni@hotmail.it) stato giornalista presso un settimanale e si occupato di vendita e acquisti presso una multinazionale del settore musica e dischi. Ha collaborato con il Conservatorio di Bergamo in qualit di docente. Attualmente responsabile comunicazione interna, relazioni esterne, gestione azionariato sociale, employer branding di una multinazionale. Francesco Varanini (fvaranini@iol.it) formatore e consulente, direttore di Persone & Conoscenze, docente a contratto presso il corso di laurea in Informatica Umanistica, Universit di Pisa.
Sviluppo & Organizzazione N.220 Marzo/Aprile 2007

Le storie e la narrazione sono una parte centrale della vita organizzativa. Il riconoscimento delle funzioni della narrazione e della retorica allinterno delle aziende stata dapprima analizzata da diversi punti di vista: dalla fenomenologia, dalla sociologia e dalla psicologia cognitiva. A queste discipline si sono aggiunti negli ultimi anni gli studi manageriali sulla creazione di significati e sul sensemaking. Tradizionalmente ci si riferiti allo storytelling come uno strumento per formare la cultura aziendale e influenzare il comportamento delle persone al lavoro. Ultimamente per si riconosciuto che lo storytelling pu assolvere anche ad altre funzioni: guidare nella risoluzione dei problemi e nellassunzione di decisioni, generare commitment al cambiamento e infine pu diventare il mezzo per condividere la conoscenza. In relazione a questo ultimo punto emerge sempre di pi come i processi di socializzazione e di narrazione possano, infatti, facilitare lacquisizione della conoscenza tacita e contribuire allapprendimento organizzativo. Le storie aiutano le persone ad appropriarsi della conoscenza e a integrarla da differenti prospettive. Il proposito di questo numero delle Discussioni di comprendere come questa pratica pu essere utile per il management, a fronte della constatazione che comunque lo storytelling uno strumento molto antico ma incredibilmente efficace per comprendere meglio le organizzazioni e aprire le nostre riflessioni sul lavoro a nuove interpretazioni. Andrea Fontana, nel suo articolo, presenta una panoramica sia dei riferimenti accademici sia delle applicazioni, al fine di mettere in luce tanto la teoria quanto lefficacia dello storytelling e soprattutto la sua rilevanza pratica nella vita organizzativa. Simone Involti e Matteo Verdoni ci propongono unesperienza concreta in cui lo storytelling stato utilizzato in pi occasioni sia per facilitare la comunicazione organizzativa, sia per risolvere alcuni problemi interni, traendone una serie di conclusioni sulla validit delle applicazioni sperimentate. Infine, Francesco Varanini traccia la tradizione dello storytelling a partire dai cantastorie, per poi proseguire il viaggio della tradizione orale nelle organizzazioni, viste come reti di storie. Questo percorso gli utile per riflettere sulla pratica di consulenti e formatori che utilizzano lo storytelling, che a suo avviso espropriano, in un tentativo di forzosa normalizzazione, le narrazioni delle persone in azienda.
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Storytelling management
Narratologia, organizzazioni e economie del simbolico
di Andrea Fontana
Cosa la narrazione? Quando dico narrazione intendo da Omero a Susanna Tamaro, per dire tutti coloro che narrano una storia. La narrazione comunicazione desperienza che allo stesso tempo anche comunicazione di senso. Ma di quale senso? Il senso della nostra stessa vita. G. DAmbrosio Angelillo, Filosofia del racconto Tutti i giorni, ogni nostro gesto di consumo (culturale, fisico, emotivo) - allinterno di queste dinamiche - dipende da trame di desiderio non razionali che sono una sintesi decisionale multisensoriale, che guarda caso di natura narrativa con format discorsivi. Non forse vero che lincitazione al consumo contemporaneo passa dallespressione di s, che in fondo una incitazione (un po coattiva) a raccontarsi? Come ha detto un profondo conoscitore di queste dinamiche: Essere se stessi non basta pi. Bisogna diventare la propria storia(1). Lo storytelling, dicevamo, molto di pi del semplice raccontare storie. una disciplina, ormai anche organizzativa, che - in questo accerchiamento narrativo - diventa strumento indispensabile con cui essere ascoltati e scelti. Un mezzo per sedurre e convincere, influenzare pubblici di riferimento (elettori e clienti), espandere le conoscenze, condividere esperienze e prassi di lavoro. Un dispositivo esistenziale e socio-professionale per costruire e governare il proprio set di riferimento nel mondo. Esiste quindi un connubio profondo tra narrazione, business e organizzazioni(2). Nelle prossime pagine lo prenderemo in considerazione.

1 - Preamboli Dovete portare a buon fine un negoziato commerciale o far firmare un trattato di pace? Avete il compito di lanciare un nuovo prodotto o peggio persuadere un gruppo di lavoro della bont di un cambiamento? Qualcuno vi ha dato il mandato di convincere un collettivo della positivit di una nuova policy organizzativa? Siete in procinto di progettare un nuovo videogioco? Siete immersi nel consolidare la democrazia in uno Stato a bassa densit libertaria e civile? Oppure pi banalmente avete bisogno di convincere gli amici della scelta comune di andare al cinema? Per ognuna di questa attivit vi ritroverete a usare materiali simbolici e a raccontare storie: convincenti, altamente evocative, decisamente motivanti. Dallautomobile alla camera da letto, dai cellulari ai reality televisivi la nostra vita quotidiana costantemente avvolta da una rete narrativa che filtra le nostre percezioni, stimola i nostri pensieri, evoca le nostre emozioni, eccita i nostri sensi, determinando risposte multisensoriali. Lo storytelling ormai pervasivo della vita umana, sia la nostra vita personale sia quella di lavoro, perch la nostra realt ha una struttura discorsiva. Ma lo storytelling non solo un semplice raccontare storie. molto di pi. Viviamo in un periodo di assedio testuale allinterno di uneconomia del simbolico. Ogni sette anni linsieme delle nostre conoscenze viene stravolto. Ogni diciotto mesi il potere elaborativo delle nostre macchine raddoppia.

(1) Cfr. C. Salmon, Verbicide. Du bon usage des cerveaux humains disponibles, Climats, Parigi, 2005. (2) In un bellarticolo apparso sul Corriere della Sera il 16 febbraio 2003, Pier Luigi Celli scrive: ...non ci sono pi storie di impresa memorabili... Cos siamo di fronte a un panorama di imprese culturalmente grigie, che esprimono differenze sempre meno percepibili....
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2 - Allinizio era la narrazione La narrazione ci piace. in noi e siamo noi. In ogni epoca e in ogni tempo si sono raccontate storie. Prima erano orali. Nelle culture antiche la narrazione includeva sia il narratore sia le diverse audience. Lui creava lesperienza di ascolto; gli altri recepivano i messaggi e elaboravano immagini personali dalle parole ascoltate e dai gesti visti. Poi le storie divennero scritte. La narrazione sotto forma di scrittura si fece mezzo per definire il mondo e comparve il testo come dispositivo di conservazione della meSviluppo & Organizzazione N.220 Marzo/Aprile 2007

moria e organizzazione del pensiero. Oggi le storie sono multimedia. Ovunque ci giriamo qualcuno ci consegna narrazioni visive, musicali, ipertestuali e nello stesso istante ci chiede di raccontarci. Filosofi antichi e scienziati moderni si sono dovuti confrontare con il problema e lo studio della narrazione, non solo in qualit di problema epistemologico ma anche come questione ontologica. Da questo punto di vista, tutta la storia umana una storia di storie. Discorsi che sono stati narrati e tramandati e che a loro volta hanno generato altri discorsi orientando le identit del genere umano e le vicende storiche. La narrazione ha questa duplice anima. contemporaneamente soggetto e oggetto di se stessa, (Bal 1997). Allo stesso tempo produzione e consumo. Da una parte, infatti, la narrazione un particolare modo di organizzare il pensiero, differente da quello logico matematico, potremmo dire il pensiero quotidiano che funziona su microstorie pi o meno articolate. Dallaltra, la narrazione anche il prodotto finale di quel tipo di pensiero che - se organizzato - genera fiction, ognuna con un suo format e un suo storyboard, che nella nostra societ massmediale si concretizzano in una serie di strumenti multicanale: cartacei, elettronici, relazionali. E sempre in questa societ la narrazione diventa parte cospicua della creazione dei prodotti di consumo, parte del processo di generazione del valore. La nostra merce, infatti, cristallizza sempre di pi una variet di scelte legate ai desideri narrativi dei clienti-fruitori-consumatori(3) (Carmagnola, 2006). Narrazione, quindi, sia un particolare modo di pensiero, sia un particolare modo di produrre oggetti finali derivanti da quel pensiero (Smorti 1994). In questo senso, la narrazione appartiene alla storia dellumanit, sia quando gli uomini e le donne possedevano una cultura orale, sia quando questi hanno posseduto una cultura prettamente scritta, sia nella nostra cultura di convergenza mediatica tra oralit, scrittura, narrazione (Ong, 1982). Lo storytelling quindi la scienza che traduce e promuove le cose (reali o immaginarie che siano) in parole, immagini, suoni. E traducendole le rende vere: pregne di significati e legittimate a esistere.

volto perch ci rammentiamo delle sue sembianze, ovvero del suo formato. La narrazione fa uso dei nostri sensi perch a loro volta questi producono memorie grazie alle quali cumuliamo conoscenza, patrimonializziamo esperienze, generiamo le nostre identit personali e professionali. Non vi sarebbe nessuna narrazione senza ricordo e non vi sarebbe nessun ricordo senza la narrazione. Per questo motivo la narrazione costitutiva delle specie umane, perch da corpo e peso alla memoria umana (e organizzativa) che si cristallizza in identit: individuali e collettive. E sempre per questo scienziati, filosofi, poeti, artisti di tutte le epoche, ognuno dal proprio scorcio culturale, hanno cercato di occuparsene e di sfruttarne i poteri. Trovare lorigine dellinteresse verso la narrazione e degli studi su di essa quindi molto difficile. Come accennato precedentemente, chiunque si sia confrontato con la scienza e con larte ha dovuto affrontare il problema della narrazione. Senza dubbio un grandissimo debito lo dobbiamo alla cultura greca. Pensiamo solo ai retori e al loro potere di incantamento-persuasione. Che dire di Omero, il padre di tutta la narrazione occidentale(4)? Ma daltronde come dimenticare altre forme di filosofia che hanno riflettuto sulla narrazione, per esempio le culture indiane e cinesi? Non certo questo il luogo per dilungarsi in dibattiti storici. Lascio ad altri lingrato compito. Quello che mi interessa sottolineare qui - per mostrare la lunga riflessione ormai sulla narrazione e il suo potere - che linteresse per la narrazione negli ultimi duecento anni stato portato avanti in modo diretto e dichiarato da molte correnti di studio tra cui: Il formalismo russo, con autori e studiosi come: M. Bakthin, T. Todorov, V. Propp (come dimenticare il famoso Morfologia della fiaba di questultimo?); Il Neocriticismo statunitense, grazie ad autori e studiosi del calibro di: N. Frye, R. Scholes, N. Chomsky, A. Mac Intyre; Lo strutturalismo francese, grazie ai lavori di: R. Barthes, C. Lvi-Strauss, P. Ricoeur; Lermeneutica tedesca grazie alle riflessioni di filosofi come: H-G. Gadamer, E. Husserl, per citarne solo alcuni. Queste correnti e questi autori hanno evidenziato che

3 - Gli studi sulla narrazione La narrazione permea la vita sociale umana, permettendo il riconoscimento culturale, socio-simbolico, sensoriale. Asseconda tutti i nostri sensi, perch parla a ognuno di questi. Vista, udito, tatto, olfatto, gusto hanno tutti una struttura narrativa e sfruttano la memoria che funziona psichicamente su vettori narrativi (Bruner, 1993, 2002). Possiamo infatti riconoscere un gusto perch ci ricordiamo del suo sapore, riusciamo a riconoscere un
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(3) Come fa notare F. Carmagnola, nel suo Il consumo delle immagini, gli oggetti di consumo moderni perdono la loro consistenza forte e diventano oggettili: oggetti come funzioni e non come essenza. (4) Omero ha innescato il destino narrativo delloccidente configurando e definendo il ciclo narrativo delleroica del potere. Tutta la storia occidentale da Omero in poi, narrativamente parlando, basata sulleroe che va alla ricerca di se stesso, vive esperienze avventurose anche drammatiche, incontrando mostri e pericoli, viene aiutato, si perde, e in tutto questo deve tornare alla patria natia. Dove atteso dagli affetti famigliari pi profondi.
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ogni cultura umana ha strutture narrative profonde, quasi - verrebbe da dire - archetipiche. Tuttavia sicuramente con gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso che il problema-tema della narrazione si diffonde in modo trasversale a molte altre discipline scientifiche: Nelle scienze politiche: dove per esempio R. Fischer pone il tema della narrazione come elemento cruciale del dibattuto politico e del suo potere persuasivo; Nelle scienze psicologiche: dove psicoterapeuti come J. Bruner mettendo in luce il problema narrazione-identit giungono a evidenziare come la nostra personalit uno script, il prodotto meta-storico delle narrazioni che abbiamo incontrato e che abbiamo fatto nostre (teorie del S come testo) Nelle scienze economiche: dove con lirrompere degli elementi simbolici e irrazionali nel consumo si apre lera delle economie delle esperienze, del desiderio e dei lifestyle che suscitano tutta una serie di dibattiti e studi sulle componenti immaginarie e finzionali-narrative (nei prodotti) come parti integrate dei processi produttivi. Qualcuno ha recentemente iniziato a parlare di acquistosfera come insieme di luoghi fisici, virtuali e psicologici di consumo (Hine, 2002). Oggi - con la pervasione della comunicazione (mediata e narrata) in tutti gli aspetti della nostra esistenza (Di Fraia, 2004) e con lintroduzione sui mercati mondiali di merci-esperienze-racconti (economia del simbolico), gli studi sulla narrazione si moltiplicano e trovano applicazioni in vari ambiti, anche lontani dalla loro origine iniziale. Uno di questi ambiti si chiama impresa.

4 - Narrazione e organizzazioni Tutte le organizzazioni parlano. Sono comunit umane basate su discorsi umani che parlano di problemi umani (Levine, Locke, Searls, 2001). Tutte le organizzazioni generano discorsi verso differenti interlocutori, interni o esterni. Parlano dentro e fuori i propri confini per diversi e validi motivi. Ma fondamentalmente comunicano per unantica esigenza retorica: convincere laltro a fare quello che noi desideriamo. In sostanza, producono discorsi per orientare i comportamenti delle persone. Se queste persone sono clienti interni (dipendenti) i discorsi tendono a:
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Informare, di solito su politiche e prassi di lavoro; Motivare, tendenzialmente per accettare nuovi cambiamenti; Orientare, generalmente verso lassunzione di certe modalit di comportamento; Persuadere, abitualmente a assumere certi atteggiamenti interni; Promuovere, molto spesso servizi interni (ritroviamo qui la logica del vecchio e caro marketing che, da strumento esterno, si ritrova a essere usato come dispositivo di motivazione interna); Se le persone sono clienti esterni, le cose si modificano, ma non pi di tanto. I discorsi infatti tenderanno a: Convincere a comprare i propri prodotti e servizi facendo leva su la razionalit e la logica; Enfatizzare le componenti emozionali dei prodotti e servizi (per manipolare limpulso irrazionale di acquisto compulsivo); Persuadere nella legittimazione dei propri valori ideali (qui si compra un set di idee guida). Diciamoci la verit. Tutte le organizzazioni hanno un estremo bisogno di comunicare per poter sopravvivere e svilupparsi sui nostri mercati turbolenti, soprattutto in questo momento storico - dominato dalleconomia immateriale - dove pare vincere o resistere chi in grado di governare e raggiungere una supremazia nel mondo simbolico-discorsivo. Quel mondo da cui partirebbero gli impulsi allacquisto. Tuttavia, se ci diciamo questa verit dobbiamo anche ammettere che le organizzazioni pubbliche o private, profit e non profit, quando comunicano e generano discorsi lo fanno attraverso delle storie e dei precisi processi narratologici. E, esattamente come per gli individui, anche per le organizzazioni che si raccontano, e raccontano i loro prodotti e servizi, richiamano sensazioni, tracce emotive, traiettorie affettive, che suggestionano la memoria individuale e di gruppo (Fog, Budtz, Yakaboylu, 2005). In questo senso la narrazione pervasiva dellesperienza organizzativa. Addirittura, la narrazione - processo apparentemente aleatorio - legittima e sostanzia, attraverso i diversi tipi di codici e linguaggi, le componenti pi oggettive del proprio essere (Bloch, 1994), dove desiderio, esperienza e fiction vengono a costituire la dinamica del consumo e della economia contemporanea: il consumo che partecipa alla rielaborazione delle icone narrative mediali dellimmaginario (Carmagnola, 2006). Come non vedere nei processi di produzione dei budget, dei prodotti, dei servizi, dei report, e di tutto quel palesare attivo e oggettivo, la creazione di realt narrative: versioni, copioni, script, messe in scena verosimiglianti che circondano ogni nostro ciclo di esperienza organizzativa?
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Osservazioni

Aneddoti

Storie

Saghe

NARRAZIONE FRAMMENTARIA

NARRAZIONE OMNICOMPRENSIVA

5 - Il valore della narrazione organizzativa Lorganizzazione pu essere interpretata come un set multiplo di narrazioni, un serie di racconti (pi o meno mirati e efficaci), una vasta gamma di gadget oggettivi-simbolici che - a seconda dei differenti periodi storico-culturali - si esprimono attraverso i diversi mezzi di comunicazione interna o esterna, di formazione, di sviluppo organizzativo(5). Il raccontare storie quindi parte della condizione organizzativa. Come sottolineato da molti autori, siamo animali narranti che vivono in contesti organizzati su narrazioni perch le narrazioni caratterizzano il nostro stare al mondo, sono un media che ci permette di capire lesistenza dando senso a ci che ci accade(6). Per, nel setting organizzativo, non tutte le narrazioni sono storie. Qualche breve scambio di battute alla macchinetta del caff non un racconto organico e riflessivo. Per capire cos una storia bisogna infatti distinguere tra narrazioni frammentarie e onnicomprensive: (si vedano le tipologie di narrazione riportate in figura 1). Fatta questa distinzione, che mette in evidenza il carattere di organicit di una storia, possiamo chiederci allora cosa intendiamo esattamente con il termine storia in una organizzazione. La letteratura di riferimento su questo ancora sfumata. Il termine storie in unorganizzazione oggi ha infatti una serie di modi molto differenziati. Personalmente assumo la posizione pi ampia per cui storie diventano e sono tutte quelle forme narrative che generano prodotti oggettivi e simbolici e poi parlano di loro (allinterno e allesterno). Storie sono quindi le parole e i discorsi con cui i pubblici interni definiscono e fanno vivere la cultura di unimpresa, da una narrazione frammentaria a una narrazione pi organica. Storie sono i comunicati stampa con cui i vertici aziendali cercano di orientare lopinione e il sociale dimpresa. Storie sono anche i company logo, la superficie levigata di unautomobile, un buon romanzo di Thomas Harris, il sapore amaro di un buon whisky. Tutte forme che attraverso processi narrativi accompagnano e definiscono lesperienza di consumo. Per questo, possiamo dire che le storie organizzative sono:
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Figura 1 - Alcune tipologie di narrazione.

Da un punto di vista individuale: tutte quelle narrazioni - insieme di produzioni letterarie, verbali o scritte - con cui gli attori esprimono la propria esperienza di lavoro nellorganizzazione (Cortese, 1999); Da un punto di vista strategico (vedendo la cosa dalla parte organizzativa): il set di storie strategico - linsieme di produzioni narrative mirate - per promuovere attivit, iniziative, progetti interni, set adoperato secondo una logica multicanale (carta, relazione, digitalit, eventi); Da un punto di vista del consumo: la gamma di narrazioni (visual design, musica, arredo, ecc.) che promuove e orienta le esperienze di shopping contemporaneo (sia di acquisto che di vendita). Il valore della narrazione organizzativa allora triplice perch trasferisce, trasforma e guida i saperi e i prodotti di unimpresa: da una parte ci permette di conoscere di pi lambiente che abitiamo, sentirlo cos pi nostro, dallaltra ci consente di conoscerci meglio, infine - grazie a questo - di produrre qualcosa che per i nostri pubblici di riferimento sia altamente significativo. Vale a dire che permetta loro di conoscersi di pi grazie a una maggiore libert di espressione. Un iPod non ha forse un tipo di potere simbolico cos grande? Fare storytelling significa allora per unimpresa saper gestire meglio il cambiamento culturale e organizzativo, raccontarlo con nuovi codici e stili linguistici (Gabriel, 2001; Boje, 2001). Vuol dire anche dare vita a prodotti che siano significativi in mercati ad alto assedio testuale. In particolare, equivale a raccontarsi con

(5) La letteratura su questi temi oggi vastissima. Secondo alcuni autori i modi per permettere a una organizzazione di comunicare con i pubblici interni e esterni sono per esempio: il brand management, il marketing sociale, la comunicazione integrata, e in parte la formazione (intesa come leva di socializzazione interna). (6) Sul tema dellindividuo che racconta (homo narrans) e raccontando si comprende meglio rimando a W. Fisher, Narration as a Human Communication Paradigm: the case of Pubblic Moral Argument, Communication Monographs, 51-1984.
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PRINCIPI STRATEGICI COMUNICAZIONE INTERNA BRAND MANAGEMENT

Storytelling
(narrazione)

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PRODUCT DESIGN FORMAZIONE E PEOPLE CARE

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COMUNICAZIONE ESTERNA

Figura 2 - Cosa fare con lo storytelling.

nuova forza persuasiva alle persone che ormai sono abituate ai codici della comunicazione pubblicitaria e mass-mediologica - che da tempo funziona secondo parametri della fiction: La televisione e i giornali [] assumono alcune delle funzioni socializzanti tradizionali del mito e del rituale: integrare gli individui nellordine sociale, celebrare i valori prevalenti, offrire modelli di ruolo(7).

6 - I molti usi dello storytelling management Cosa si pu fare con lo storytelling in una impresa? Lattuale letteratura di riferimento rispetto alla dimensione organizzativa (Boje 1991; Gabriel 2001; Czarniawska 1999; Denning 2001; Fog, Budtz, Yakaboylu, 2005) colloca lo storytelling allinterno di unampia possibilit applicativa che va dallelaborazione strategica al product design, passando per le discipline delleducation management e della comunicazione integrata. Attraverso la narrazione infatti possibile: Condividere obiettivi specifici; Dare senso alle azioni della realt organizzativa quotidiana, che altrimenti sarebbe vuota e priva di spinta motivazionale; Creare unidentit (individuale o di gruppo), che permette di riconoscersi sul lavoro e nella vita; Mantenere la memoria (individuale o collettiva), garantendo cos una continuit dei saperi e un orientamento dei comportamenti; Orientare lopinione del sociale dimpresa, con sto60

rie che fanno ridere, portano a piangere, suscitano paura, generano speranza e molti altri sentimenti, attraverso lidentificazione e la proiezione; Costruire e presidiare una cultura, fatta di valori e atteggiamenti che poi si riverberano nei fatti quotidiani; Sostenere nella progettazione del futuro, che per essere realizzato deve anche essere ripetuto, ri-raccontato, venduto, pi e pi volte, sia a noi stessi che agli altri. Le storie organizzano, ordinano, sistemano, modellano e plasmano. Lo storytelling pu essere applicato in tante aree-funzioni delle organizzazioni: Vedere lorganizzazione sotto questa lente di ingrandimento porta a ripensare i ruoli: Dei vertici aziendali e di chi declina le linee guida valoriali in strategic statement (che dovrebbero contenere unalta densit epica); Della comunicazione interna e le sue capacit di orientare e sensibilizzare i pubblici interni (che dovrebbe suscitare un interesse favoloso); Del training e dello sviluppo organizzativo (che oggi pi che mai ha lesigenza di formare comportamenti e indicare atteggiamenti di lavoro a estesa endurance eroica); Del brand management e della possibilit di creare una personalit dimpresa capace di parlare allanimo delle per-

(7) Czarniawska B., Narrare lorganizzazione. La costruzione dellidentit istituzionale, Edizioni di Comunit, Milano 2000, p. 251.
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sone (il cosiddetto animadvertising); Della comunicazione esterna con lopportunit di fidelizzare i diversi stakeholder esterni (generando unidentificazione); Della creazione di prodotti (che necessitano sempre di pi un nuovo ordine narrativo che sappia generare distintivit di scelta). In questo senso, la comunicazione interna ed esterna, la formazione, lenvisioning, il brand management, il marketing e il product design, non sono pi semplicemente funzioni che favoriscono il passaggio di informazioni, la divulgazione delle conoscenze, lapprofondimento tematico-istituzionale, lapprendimento, la vendita di prodotti e servizi, ma diventano garanti delle storie che accadono allinterno di una impresa e che vanno raccontate per generare un accesso profondo nella memoria individuale e collettiva dei cicli di consumo.

7 - Storytelling management tool La flessibilit dello storytelling - in qualit di disciplina e approccio - permette una sua declinazione molto ampia in una serie di strumenti diversificata a seconda degli obiettivi e delle funzioni che scelgono di usare un approccio story-driven. Ma, prima del parlare di, lorganizzazione si deve predisporre nellottica di parlare a e, dunque, devessere in grado di esprimersi attraverso un ampio ventaglio di codici linguistici e simbolici, sapendo anche trasgredire questi stessi codici, transitando cio da un registro discorsivo a un altro. Per questo lesito finale, il prodotto concreto, di unoperazione di storytelling essenzialmente un oggetto (o serie di oggetti) fisico o virtuale che la sintesi di una elaborazione che pu essere essenzialmente di tre tipi, cos suddivisi: 1 - Oggetti letterari/cartacei: in cui la narrazione diviene elaborazione letteraria sotto forma di racconti brevi cartacei (novelle) destinati alla lettura autonoma. Pubblicati mensilmente, possono essere distribuite in allegato a newsletter e house organ aziendali. Questo tipo di oggetti possono concretizzarsi anche in bookSviluppo & Organizzazione N.220 Marzo/Aprile 2007

let o in collane semestrali o annuali in cui raccogliere e descrivere tematiche organizzative distribuite come prodotto editoriale a se stante. 2 - Situazioni relazionali: in cui la narrazione viene usata soprattutto come struttura e processo di lavoro, per esempio in percorsi di training, o in situazioni sociali tipici della comunicazione interna come una convention. 3 - Elaborazioni digitali (basic & advance): in cui la narrazione diventa copione digitalizzato che permette la condivisione di esperienze e conoscenze professionali, per esempio sotto forma di blog interni, enterprise portal narrativi, wiki di miglioramento. A titolo puramente esemplificativo e non certo esaustivo, inserisco la tabella seguente per mostrare alcune potenzialit del set di strumenti che si possono attivare in una logica story-driven. Come si vede dalla tabella 1 le storie possono essere utilizzate per creare o rivitalizzare lidentit profonda di unorganizzazione, generare limmagine intrinseca di unimpresa, dare vita allo stile intimo di management, pensare e/o ripensare oggetti di consumo (prodotti) con le storie pi coerenti per promuoverli. Per questo, le storie vanno conosciute, interpretate e gestite. Ma cosa occorre tenere presente per inserire una sensibilit narrativa alla diverse funzioni di una impresa? In modo sintetico possiamo dire che i passi per attivare unesperienza organizzativa di storytelling sono questi: 1 - Individuare la funzione narrativa portante, le motivazioni profonde su cui tutte le storie saranno orientate, anche quelle di controcultura; 2 - Ricercare, raccogliere e analizzare le storie formali e informali presenti in una impresa, compreso il gossip intrinseco di unorganizzazione (quindi andando dalla semplice anedottistica alla vera e propria saga); 3 - Restituire le storie dando vita a un mix di strumenti cartacei e/o virtuali narrativizzati, coerenti con i fondamenti strategici di impresa, ma congruenti con i parametri della fiction. I migliori risultati si ottengono quando, su un certo tema o problema organizzativo, si riesce ad attivare un mix di strumenti narrativi. Facciamo un esempio per capirci. Immaginiamo una classica funzione training con la sua esigenza costante di far conoscere ai pubblici interni il proprio catalogo di formazione. Immaginiamo anche - come spesso accade - che il catalogo interno, gi in uso, sia percepito dai diversi pubblici in modo poco efficace (non accattivante, freddo, semplicemente informativo, ecc.). A questo punto, i responsabili della formazione possono semplicemente rifa61

PRINCIPI STRATEGICI Strumenti cartacei


Autobiografie aziendali di figure simboliche Memoriali dimpresa (tratti dalle figure mitiche) Calepini dimpresa (i racconti fondatori)

BRAND MANAGEMENT
Narrative Claim design Brand claim recognition Purchase intension

COMUNICAZIONE INTERNA
Collane tematiche dedicate allepica aziendale Leaflet testimonial Booklet mirati in logica narrativa House organ

COMUNICAZIONE ESTERNA
Rassegna stampa storica Campagne mirate di consumoo narrativo (costruire intorno al prodotto/servizio una narrazione efficace

TRAINING

PRODUCT DESIGN
Racconti sulla storia dei prodotti Cronache sulle famiglie passate e future di un certo prodotto Resoconti sullesperienze narrative legate al prodotto Workshop creativi per la costruzione del set di storie da legare al prodotto Loyalty testimoniale dei dipendenti (che raccontano il prodotto) Percoprsi di analisi di come nascono i prodotti interni e le nuoive idee (cosa si racconta su ...) Community di brand (on & off line) Sistemi di co-design con i consumatori finali

Diari di bordo a tracciabilit periodici (anche digitalizzati) Agende riflessive Memoriabili biografici professionali

Strumenti relazionali

Road show mirati drammatizzati (per es. teatro dimpresa per raccontare i nuovi principi strategici)

Concorsi interni/esterni sulla storia pi vicina al prodotto/servizio Testimonial aziendali Punti vendita come experience providers Quasi-experiencial design

Convention narrative sotto forma di talk show Sistemi di riunuoni che partono dallanalisi di episodi specifici Management meeting che partono dal project storytelling

Fiction road show (per promuovere il prodotto/servizio) Deminari di orientamento mirati Community dedicata alla raccolta di racconti sul prodotto/servizio

Percorsi che a partire dalle narrazioni individuali ricostruiscono temi, processi, soluzioni formative Corsi da inserire nel catalogo aziendale (narrative, presentation skills, ecc.)

Strumenti digitali

Video clip narrativi istituzionali Blog degli A.D. che commentano fatti e esperienze di business Documentari e inchieste mirate Video monografie dedicate a temi/ progetti di envisioning

Concorsi interni/esterni sulla storia pi vicina al prodotto/servizio Video-co-biografie (due marche/prodotti che si raccontano insieme rafforzandosi)

Video-gallery Blog informativi Corporate gossip Portal

Blog di commento sul consumo del prodotto Community di E-pinion

DVD tematici a ampia ricaduta interna (attraverso i racconti) Video-mentoring Blog interni di commento sulle attivit di training Vlog Forum dedicati SelfBroadcasting

Tabella 1 - Storytelling tool (esemplificazione).

re in modo pi attraente e aggiornato il catalogo stesso, oppure cercare di attivare delle storytelling line sul catalogo, per esempio affiancare al catalogo classico un Vlog (video-diario) posizionato sulla intranet interna o concretizzato in un dvd, costruito secondo una logica narrativa. Un Vlog, dove in questo caso, i diversi corsi di formazioni interni non sono semplicemente descritti, ma narrati da alcuni partecipanti precedenti, scelti come testimonial interni, che raccon62

tano cosa hanno fatto e i risultati ottenuti. Ci richiede una regia completa e una convergenza mediatica e organizzativa ampia: audio-video-testo, ma leffetto molto potente per la promozione interna.

8 - Business narrative e governance dimpresa Le storie sono il timone della governance culturale di una organizzazione. Permettono di affrontare il mutamento (oggi) imprevedibile, e consentono agli individui di dare forma allincertezza e di capire e sfruttare meglio
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lambiguit della vita organizzativa. La narrazione scandisce il tempo del nostro consumo mediale, governa le nostre relazioni organizzative, la moneta circolante delle culture dimpresa, organizzate in: valori atteggiamenti comportamenti che devono essere raccontati e narrati, cio fatti conoscere e promossi attraverso narrazioni pi o meno mirate (Zizek, 2005). Tutte le interazioni sociali che hanno una dimensione narrativa (soprattutto nelle realt di lavoro!), possiedono: soggetti, scopi e linee di azioni, e sono organizzate secondo copioni e formati che a loro volta danno vita a costrutti narrativi: miti, ideali, credenze, che poi si traducono in iniziative di azione concreta. Raccontare il cambiamento, attraverso parole, segni, simboli e pratiche, generare prodotti che tengano conto della narratologia, occuparsi di people care e di formazione attraverso lo storytelling management una nuova frontiera strategica, non solo per vincere le naturali resistenze al cambiamento organizzativo, ma anche e soprattutto per favorire relazioni interpersonali e per far fronte alla complessit compiuta della realt del business, sempre pi esigente e aggressivo.

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Parlando tra le righe del colloquio annuale


Un caso di storytelling applicato alla formazione
di Simone Involti e Matteo Verdoni Il contesto organizzativo LAzienda una multinazionale metalmeccanica, con una importante presenza commerciale in Italia e una struttura industriale di lunga data, risultato di progressive acquisizioni. La survey di clima mostra un alto senso di appartenenza allazienda, la centralit del cliente nellorizzonte di valori comuni, e la coscienza del valore sociale dellimpresa nei confronti del territorio e della comunit. Fattori di insoddisfazione sono dovuti alla forte tensione al risultato, che porta allirrigidimento delle relazioni capo-collaboratore, al mancato conferimento di una contropartita - in termini di crescita professionale e riconoscimento individuale - e alla maggiore richiesta in termini di performance di squadra e individuale. Il clima organizzativo, inoltre, influenzato da un direttore generale che guida lazienda con forza e rigore, anche durezza, e un management che fa fatica a favorire la generazione del cambiamento nei collaboratori. Un altro fattore di clima da segnalare la presenza, accanto a gruppi di persone a maggior potenziale che si lasciano coinvolgere pi facilmente nei progetti organizzativi, di un altro gruppo, a maggiore anzianit aziendale e proveniente da una delle societ acquisite di pi lunga data, che rimpiange i fasti passati. Lepoca eroica risale a 10-15 anni fa: quando i prodotti si vendevano con poco a tanto, non era necessario offrire al mercato un servizio di qualit e la differenziazione competitiva non compariva come un obiettivo imprescindibile nellorizzonte organizzativo. Il Piano di Progresso e il progresso del Piano LAzienda agisce funzionalmente secondo le solite dinamiche gerarchiche, legate alle logiche meccaniche obiettivo assegnato - risultato agito. A tale modalit si sovrappone una funzionalit di tipo generativo, che mira a coordinare le operazioni su scala allargata in base a obiettivi globali. I protagonisti sono gruppi di lavoro estemporanei, definiti sulla basse della necessit di disporre di competenze complementari. Le modalit di lavoro sono generative in quanto, sulla base di un obiettivo assegnato, il gruppo di lavoro ha la facolt di trovare da s mezzi e strumenti per operare il cambiamento. La logica complessiva non ottieni un cambiamento duraturo e che abbia un impatto allargato se non comprendi nella generazione del cambiamento tutte le funzioni in gioco.(1) la natura del problema che richiede di essere affrontato in una logica pluri-specialistica; in pi questo approccio offre il vantaggio che la generazione del cambiamento nasce allinterno di pi gruppi funzionali, permettendo una sua assimilazione in tempi pi rapidi.(2) Tutto ci il Piano di Progresso dellAzienda. Il Piano di Progresso ha un orizzonte di medio periodo (2-3 anni), una modalit permanente (finito un piano se ne lancia un altro) e funziona, nel senso che stato una delle condizioni che hanno permesso allAzienda di realizzare importati traguardi di crescita negli ultimi anni. Piano di Progresso e obiettivi della comunicazione organizzativa(3). Le responsabilit dei progetti nati nel Piano di Progresso sono definite dalla direzione, come pure gli obiettivi; sta al gruppo di lavoro trovare collaboratori nellorganizzazione, che si uniscono rispondendo a un invito della direzione stessa. quindi laggregazione progressiva che fa crescere il gruppo e vi aggiunge nuove competenze. La comunicazione entra in gioco per chiarificare le priorit, accompagnare il cambiamento generato, dare evidenza al legame tra gli sforzi prodotti ai risultati ottenuti, generare motivazione alla collaborazione entro i gruppi di lavoro, agevolare lo scambio di idee necessario per la generazione dellinnovazione. Il controllo delle performance stringente: ogni mese nel diario di bordo aziendale viene segnata con faccine rosse, gialle, verdi la realizzazione dei 60 e pi piani
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(1) Facendo un esempio: il cambiamento del servizio logistico ottenuto affrontando la problematica con un gruppo di lavoro formato da persone che provengono dalla logistica, dal Commerciale, dal marketing, dalle risorse umane, dagli acquisti. (2) Per fare un altro esempio, se il gruppo di lavoro offerta logistica ha generato nuove modalit di consegna della merce, nuovi contratti, nuove procedure interne, nuovi servizi da offrire ai clienti, lorganizzazione si adatta pi facilmente a tali novit perch sin dallinizio sono sviluppate in tutti i gruppi funzionali che sono impattati dal cambiamento stesso. (3) NellAzienda la comunicazione strutturata: un piano di comunicazione integrato vuole garantire la coerenza tra obiettivi strategici dellazienda e obiettivi di comunicazione, messaggi e target; riunisce in una sola pianificazione i piani dazione di marketing, della comunicazione esterna e di quella interna per garantire coerenza anche a livello operativo.
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dazione sviluppati nel Piano di Progresso. La comunicazione sulle performance ottenute grazie al Piano di Progresso sistematica e diffusa in tutta lorganizzazione dal management tramite riunioni di funzione. In tale scenario, ad alto grado di complessit, essenziale linformazione sui progressi ottenuti, tenere viva lattenzione al contesto in cui i gruppi di lavoro operano, mantenere la tensione al risultato facendo fronte allinevitabile inerzia organizzativa. In una parola, essenziale coinvolgere le persone dando loro visione del Piano di Progresso dal suo interno. In questo scenario nasce nellAzienda unapplicazione dello storytelling.

Storytelling come soluzione organizzativa. Lesempio di un videoracconto Al fine di coinvolgere le persone, trasmettere emozioni e condividere buone prassi e risultati, la direzione si fatta promotrice della realizzazione di un video(4) da utilizzarsi tramite proiezione durante le riunioni di comunicazione sui risultati annuali del piano di sviluppo aziendale. Il messaggio del video molteplice: il coinvolgimento delle persone come fattore di successo del Piano di Progresso; le buone pratiche sviluppate dai gruppi di lavoro; i risultati e le persone grazie alle quali sono stati ottenuti; il processo che ha portato ai risultati; il coinvolgimento dei colleghi nello sviluppo dellazienda; i gruppi di lavoro; lapproccio trasversale come fattore di crescita delle competenze. Il video rivolto a tutti i dipendenti, in particolare a chi non ha partecipato al piano. Infatti lobiettivo di comunicazione s creare attenzione sui risultati ottenuti, ma anche indurre le persone che non partecipano al piano a unirsi spontaneamente a esso. Il meccanismo semplice: favorire laggregazione creando identificazione con i colleghi che hanno fatto bene. La modalit di comunicazione narrativa: ogni persona intervistata racconta la sua esperienza, i risultati ottenuti, la sua valutazione del vissuto organizzativo legato al progetto sviluppato. Ne emerge un ritratto corale, che, integrato nella narrazione degli obiettivi aziendali e sfruttando la leva empatica della narrazione, favorisce lidentificazione con il collega che racconta e la situazione raccontata e, da ultimo, la visualizzazione della finalit collettiva del lavoro nellorganizzazione: il progresso dellorganizzazione stessa.
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Valutazioni dellutilit dello storytelling Crediamo che la modalit narrativa sia un buon veicolo per creare identificazione e muovere allazione, suscitando una leva di automotivazione. In questo senso differente dalla formazione, in quanto spesso la formazione istruttiva e prescrittiva e non riesce a creare unidentificazione immediata. Il processo della formazione pi lungo, in quanto essa muove allazione solo tramite la maturazione nella persona formata di una differente intenzionalit, coerente con il momento organizzativo su cui il formatore ha posto laccento. Le medesime dinamiche si trovano nellaltro esempio che vorremmo qui riportare, che un esempio di azione di formazione veicolata attraverso un medium tipicamente comunicazionale: laudio-cd. Anche per questo strumento di comunicazione, che nasce per finalit differenti, stata utilizzata la leva dello storytelling per far passare pi facilmente messaggi ostici e favorire un corretto comportamento delle persone nello svolgimento del colloquio di valutazione annuale. In particolare, in questo strumento lo storytelling ha permesso di utilizzare il parlar daltro per parlare di noi, facendo esempi lontani ma che fossero facilmente ricollegabili alla realt aziendale. Lo storytelling, in questo caso, ha favorito il meccanismo psicologico di abbassare le difese su un argomento carico di pregiudizi e interpretazioni fuorvianti. Seconda necessit organizzativa: il colloquio annuale come imbuto dellorganizzazione Il colloquio annuale un momento topico e ostico. Attraverso di esso, per cos dire, passa tutto: la coerenza organizzativa, la relazione personale capo-collaboratore, la realizzazione concreta dello sviluppo professionale, le frustrazioni di chi pensa di meritare di pi e non ottiene mai, le ansie da prestazione del capo, la capacit di rendere chiara la catena degli obiettivi, le competenze possedute e quelle richieste, la volont di dedicare del tempo dedicato a staccare la spina, sedersi e parlare. Si capisce come questo momento di gestione diretta delle persone - che dobbligo per tutta la popolazione impiegatizia dellAzienda in questione - sia realizzato con difficolt, o in ritardo o sen-

(4) Il video ha coinvolto una trentina di persone che hanno lavorato a 18 progetti. Dura circa 15 minuti. Le modalit di ripresa sono studiate per dare il massimo risalto al racconto: le persone sono riprese mentre raccontano la loro esperienza, su un fondo neutro. Il racconto intervallato da immagini dei colleghi che lavorano insieme allintervistato, degli spazi aziendali dove si svolge il quotidiano dei gruppi di lavoro, delle funzioni impattate dai cambiamenti logistica, amministrazione, produzione, montaggio prodotti, ecc.
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za un ritorno effettivo in termini di coerenza organizzativa complessiva. Una formazione specifica per i valutatori in azienda era gi stata realizzata, senza ottenere unaccelerazione del processo; mancava invece quella per i valutati.

Le storie e la storia di storie. Secondo esempio Nellaudio-cd qualche musica qua e l, ma soprattutto storie, storie aziendali o meno, che diano stimoli per la riflessione, lappropriazione e il cambiamento dei comportamenti: Esopo, lo zen, la Bibbia, il testo di una canzone dei Pink Floyd, la filosofia di Salvatore Natoli, la storia girata dal collega, la storia del giaguaro raccontata da un altro collega... E la nostra storia aziendale del capo che ci chiede di realizzare una formazione a tempo di record, con un mezzo facilmente e rapidamente utilizzabile, per un alto numero di utenti e su un tema ostico. Per cui anche una meta-storia: la storia dello stesso farsi del racconto, storia tra le storie, o storia delle storie. Abbiamo fatto la scelta di prendere tutto di fronte, senza fare sconti a nessuno, dando anche un nome al disagio (che un modo per affrontarlo e risolverlo). Le storie e la forma dellaudio-cd ci hanno permesso di alleggerire e liberare il canale di comunicazione. Per esempio, la favola del chiodo che risponde al muro che gli chiede perch lo percuotesse un pretesto per parlare della pressione sulla catena degli obiettivi organizzativi. Gli obiettivi delloperazione erano, in sintesi, di migliorare le pratiche di svolgimento del colloquio annuale e sensibilizzare responsabili e collaboratori, tramite la diffusione del cd prima dellinizio del ciclo di colloquio annuale. I messaggi veicolati sono: la coerenza di comportamento di valutati e valutatori durante il colloquio di valutazione annuale, la necessit di avere obiettivi comuni, limportanza di dedicare tempo alla loro definizione. Il target: tutti i valutati, tutti i valutatori. Di seguito riportiamo alcuni brani del testo dellaudiocd, esemplificativi di come i temi sono stati affrontati in una logica aziendale, ovvero in modo coerente con le necessit e lo stile organizzativo dellAzienda.
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Il gioco delle parti M.: () il colloquio annuale qualcosa che un ostacolo: il momento peggiore per chiedere le ferie, un momento che il capo continua a rimandare, un momento che ci mette sempre un po a disagio () S.: Il mio capo di qua, il mio capo di l non ha mai tempo per me, ci sono delle urgenze, le capisco ma io non sono mai una di quelle! M.: Si tratta sempre di priorit. Se lo mettessero in cima alla scaletta lo farebbero prima delle altre cose S.: Esatto! E poi loro responsabilit, loro compito fare i colloqui con i collaboratori. M.: Dovrebbero pensare che priorit qualcosa che se non viene fatta, fa perdere tempo. S.: Ma come? Mi stai dicendo che se uno ha 20 collaboratori da intervistare ogni anno, risparmia tempo se fa il colloquio con tutti i collaboratori? M.: Certo, perch se il colloquio annuale fatto bene, noi collaboratori lavoriamo meglio, siamo pi motivati, abbiamo pi chiara la situazione. () (Dopo la lettura della favola di Esopo, Il leone e il topolino) S.: Certo che il vocabolario non certo dei pi politicamente corretti: i potenti, i deboli mi sembra di essere tornato nel medioevo, anzi prima! M.: logico che la favola va contestualizzata, ma non troppo: si tratta di una metafora, ovvero di un linguaggio figurato che illustra una situazione reale. S.: Mi stai dicendo che c ancora il potente e ancora il debole? M.: S, te lo sto dicendo: inutile che ci giriamo attorno, solo se riconosciamo la situazione e agiamo di conseguenza possiamo ottenere benefici, da entrambe le parti. E poi comincio a non sopportare pi il vocabolario politicamente corretto che spesso non fa che nascondere ipocrisie S.: Questo un colpo di piccone! Non esageriamo comunque vero che il potere relativo a un ruolo parte reale e fondante di una organizzazione. Non si pu far certo finta che non esista! M.: quello che volevo dire. Di conseguenza al potere segue la responsabilit, non dimentichiamolo. Questo da dire, da tenere in conto. Non posso comportarmi da compagno, da amico se sono un capo, tanto meno in sede di colloquio annuale. Perderei lefficacia del mio ruolo. S.: Per se c un rapporto ben coltivato, ci posso andare vicino: se c reciproca stima e fiducia, se c una visione comune del risultato da raggiungere, posso pensare che prima o poi il mio capo si fidi di me e non usi sempre e solo il potere per farmi arrivare al risultato. Ben conscio che ogni collaboratore ha bisogno di un capo, ma anche che ogni capo ha bisogno di un collaboratore. Solo i cretini non cambiano mai idea (Dopo la lettura della favola di Esopo, La volpe e luva) S.: chiaro: la volpe racconta a se stessa che luva acerba per mascherare la sua inadeguatezza. Mente a se stessa pur di non far lo sforzo di cambiare.
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M.: I meccanismi di difesa svolgono comunque un ruolo importante nellequilibrio complessivo dellindividuo; ognuno di noi ha sviluppato i suoi e li utilizza per difendersi da situazioni troppo frustranti. Sono funzionali e utili e non solo patologici. Il problema la quantit. Se diventano la modalit prevalente o lunico meccanismo di reazione di fronte a informazioni negative, allora diventano patologici. S.: Quel che da dire che di fatto, non provocano in noi alcun cambiamento. () M.: Unaltra modalit di reagire quella che definiamo di gestione attiva della crisi. Questo processo parte dal prestare attenzione ai segnali di critica che riceviamo, per poi approfondire i feedback negativi, chiedere ulteriori informazioni, verificare se succede altrove o con altri. S.: Fare un test di realt. M.: Esatto. Questo ci pu portare ad elaborare alcuni modelli alternativi di comportamento e cio un modo diverso, pi completo, migliore del precedente di fare le cose. S.: Il risultato , in questo caso, anche un diverso esercizio del nostro ruolo, ma soprattutto un arricchimento della nostra identit che ha potuto confrontarsi con un altro completamente diverso da s. M.: Va quindi profondamente rivalutata la funzione dei feedback negativi: da intralcio, ostacolo, disturbo a unica possibilit di apprendere e cambiare. S.: Impari perch fai un lavoro su te stesso e di verifica con gli altri. M.: Perch laccettazione profonda del feedback implica una adozione di comportamenti alternativi.
(Una storia)

mani sera! Smetti di segare, e affila questa dannata lama! Ma luomo, senza smettere, gli risponde: Non posso smettere per affilare la sega! Sono troppo occupato a segare questo maledetto albero!

Parole chiave e gadget per stimolare linterattivit Misurare lefficacia di ogni azione di comunicazione o di formazione sempre difficile, perch non riesci a definire indicatori di misura del cambiamento dei comportamenti che un po lo scopo di ogni azione sia di comunicazione interna che di formazione in azienda. Ci siamo limitati a creare un piccolo gioco di interattivit per misurare il tasso di utilizzo dello strumento a seguito dellinvio. Abbiamo inserito nelle sigle di chiusura di ogni puntata del cd delle parole chiave che abbiamo chiesto di inviare per posta elettronica, promettendo ai pi rapidi un premio utile per il lavoro e la famiglia (una chiavetta Usb da 1 giga). Abbiamo ricevuto nel primo mese circa un centinaio di messaggi, quinti un tasso di risposta di quasi il 10%. Ne riportiamo alcuni di seguito, a mo di conclusione. Ovviamente le parole-chiave avevano un senso sia relativamente alla puntata che chiudevano sia a quella che precedevano, sia nella loro sequenza: davano in sintesi il senso del colloquio annuale. Relazione, ascoltare, storia, motivazione, autoironia.

Boschi del Canada, freddo e nebbia. Sullo sfondo, le Montagne Rocciose innevate. pomeriggio. Cammino per un sentiero, quando vedo questa scena. Un uomo sta segando, da solo, un albero, una quercia abbastanza grossa. Suda da matti, una fatica tremenda. abbastanza avanti nel taglio, ma deve essere l da ore. A un certo punto, passa un vecchietto arzillo, anche lui a spasso per i boschi come me. Il vecchietto si ferma, osserva attentamente luomo che sega, il quale continua imperterrito a segare come un forsennato. Si sta facendo buio. Il vecchietto alla fine dice alluomo che sta segando: Ragazzo, ti sei accorto che stai segando con una sega con la lama smussata? Cos andando, non finirai neppure do-

I messaggi (dal sito intranet dedicato al cd di audio-formazione(5))


21 dicembre. Messaggio da un venditore

(5) Note tecniche. Il cd stato distribuito tra il 19 e il 20 dicembre a tutta la popolazione aziendale coinvolta nel colloquio annuale, ovvero pi di 1.100 persone in una dozzina di sedi. Dotato di una semplice copertina, con un messaggio del Direttore risorse umane che accennava al contesto aziendale in cui loperazione si collocava: il Piano di Formazione, lAsse del Piano di Progresso aziendale, lobiettivo dellasse di crescere con le persone valorizzandone i talenti e le diversit, il titolo del cd.
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Curioso come sono, ho ascoltato subito questo cd in macchina con tutta la mia famiglia mentre ci recavamo a cena, mia moglie e i miei due bambini di 13 e 10 anni. Premetto che abbiamo da subito riso della forma artigianale e narrativa di questo racconto. Sicuramente alcuni aspetti e terminologie prettamente lavorative non erano per loro direttamente comprensibili ed ecco laspetto pi interessante che emerge nello spiegare il senso di alcuni racconti abbiamo parlato e fatto molte riflessioni utili a tutti, proprio a tutti, a me come persona che opera in un contesto di grande multinazionale e a loro nel conte67

sto di classe e a tutti insieme come famiglia. Ogni occasione buona, per riflettere e migliorarsi. Ma il vero motivo di questa nostre e-mail (mia e dei miei bimbi) VINCERE IL PREMIO, perci ecco le parole nascoste. () Ah, dimenticavo Auguri di un sereno Natale e di un fantastico 2007.
21 dicembre. Messaggio da un product-manager

27 dicembre. Messaggio di un gestore commesse

Vorrei fare i complimenti per il cd realizzato, sia come strumento di comunicazione e soprattutto come esposizione. A mio parere mi ha toccato profondamente e mi ha trasmesso tanti messaggi, che a volte sono scontati ma alla fine mi hanno dato la possibilit di soffermarmi e riflettere nella mia persona e forse anche nei comportamenti dei miei colleghi (anche amici). Inoltre mi ha coinvolto molto al punto di promettermi di riascoltarlo unaltra volta (magari nei prossimi giorni).
22 dicembre. Messaggio di uno specialista di comunicazione

Simone, Matteo, solo poche righe per complimentarmi della splendida realizzazione artigianale. Ricevuto il cd con molta curiosit e, ammetto, anche un po di sospetto, fin dai primi minuti di dialogo, si apprezza lapproccio insolito ma estremamente facile a concetti molto ostici, giusto per continuare sulla linea Un particolare apprezzamento per la scelta della colonna sonora!
22 dicembre. Messaggio di un progettista

Innanzitutto desidero porgere i complimenti a Simone e Matteo per la lodevole iniziativa. Devo dire che, superato un primo momento di scetticismo, la curiosit ha avuto il sopravvento ed ho ascoltato il cd, anche se in modo discontinuo. Devo anche confessare che i contenuti, seppur resi piacevoli allascolto da storielle e pause musicali, mi sono risultati un po ostici in quanto lo ho trovati a volte un po prolissi, dispersivi e poco attinenti con le conclusioni della parte finale. Vorr dire che dovr riascoltarlo altre volte per una migliore assimilazione A livello generale, nel contesto in cui lavoro, liniziativa non piaciuta per nulla a quei collaboratori che da uno o due anni non effettuano il colloquio annuale, a causa per esempio di cambi organizzativi; cos come ha trovato scetticismo e delusione in quei collaboratori che non hanno ricevuto i promessi ritorni dai colloqui o che si aspettavano i decantati colloqui di valutazione intermedi. Da considerare anche il fatto che, negli stessi giorni, sono state rese note alcune importanti evoluzioni organizzative decorrenti dal 1 gennaio, cosa che certo non giova alla relazione/comunicazione e alla motivazione delle risorse umane, che vede e vive il distacco tra la teoria di quanto viene promesso e decantato con la realt di ogni giorno. Con i migliori auguri di buon anno

Bello, ma potresti mettere a disposizione i testi (magari anche con i titoli delle canzoni, alcuni dei quali mi sfuggono)? Sono interessanti, ma li ho trovati un po difficili (parli come un libro stampato). Per una completa comprensione, ci vogliono sicuramente pi ascolti, e il tempo non sempre c, forse leggendo Ci sono spunti di riflessione e idee da valutare ma, alcune volte, siete stati un po fuori dalla realt di tutti i giorni (il file con le cose fatte da sottoporre al capo per esempio) dove, soprattutto adesso dove le strutture sono ridotte allosso e la velocit con la quale si lavora frenetica, si fa fatica a tenere tutto sotto controllo come, magari, si vorrebbe.

Conclusione. Per valutare loperazione Abbiamo contribuito allo sviluppo organizzativo? Abbiamo reso il colloquio annuale un momento effettivo di ri-allineamento delle operazioni e di confronto su performance e obiettivi individuali? Per ora non possiamo dirlo: verificheremo al termine del periodo dedicato in azienda. Possiamo dire con pi certezza che abbiamo contribuito alla creazione dellidentit aziendale, in quanto abbiamo dato voce a ci che succede, a ci che le persone vivono dal loro punto di vista, agli obiettivi che la direzione pone sul colloquio di valutazione annuale. Abbiamo esplicitato il non-detto in un momento preciso della storia dellorganizzazione.

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Lorganizzazione come rete di storie e lo storytelling come furto


di Francesco Varanini Appropriazione indebita Lagire comunicativo cos come lo abbiamo definito a partire dalla riflessione di Jrgen Habermas (Habermas, 1981; Lyytinen, 1999); lagire formativo, intendendo come formazione un approccio attivo che deriva dalle metodologie dellattivismo pedagogico (Dewey, 1932) e del costruttivismo sociale (Brunner, 1990, Papert, 1980, 1993, 1999, Gardner, 1983); lagire organizzativo, inteso come forma ristretta dellagire comunicativo che pu essere applicata allinterno dei contesti aziendali... ammetto che anchio anni fa scrivevo cos, bisognoso di legittimazioni e teso allimitazione dello stile di autori che apprezzavo. Ma ora non riesco pi a leggere pagine siffatte. Farcire di citazioni e riferimenti uno scritto, avendo a disposizione il web, diventato un gioco da ragazzi. Spero che non vi appaiano farcite di citazioni queste pagine che state per leggere: che senso ha parlare di quotidianit, di vita spesa lavorando, degli affetti e delle sofferenze che costellano le nostre giornate, che senso ha parlarne da lontano, con austero e giudicante sguardo professorale? Meglio, molto meglio il caldo, emotivo racconto di chi quelle vicende le vive quotidianamente. Meglio, molto meglio lo storytelling. Ma impossibile non notare la contraddizione. Da un lato sosteniamo limportanza delle storie, delle narrazione, dei racconti. Da quellaltro imbalsamiamo questi caldi testi - barzellette, storielle, lettere, autobiografie. Li imbalsamiamo incapsulandoli in un contesto accademico, e sussumendoli a una definizione tecnica, espressa in inglese. Notate come impongono differenti contesti percettivi il termine inglese storyteller e il termine italiano cantastorie. Lo storytelling, forse perch ci viene dallAmerica, attraverso accreditati saggi e articoli pubblicati sulle riviste giuste, ci pare un serissimo approccio, degno di trovare posto nel quadro di quella disciplina che ci piace chiamare management. Il cantastorie ci pare appartenere a tuttaltro contesto. Eppure solo se pensiamo a qualcosa di apparentemente remoto, ma vivo, come il cantastorie, possiamo avvicinarci in modo concreto e sensato allo storytelling (prometto di usare qui per lultima volta storyteller e storytelling).
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Brevi tracce di letteratura, o apologia del cantastorie Il fatto che si prenda per buono un approccio, e si stia qui a discuterne, perch cos hanno gi fatto studiosi stranieri considerati autorevoli esponenti di quella pseudodisciplina che il management, mi appare umiliante. Che ci siano arrivati anche questi esperti, buon per loro, ma io penso che valga la pena di guardare a fonti pi serie. Pensiamo alla narrazione orale, alla tradizione popolare, al folklore, al passaggio attraversato dalla letteratura, in ogni contesto linguistico e geografico. Il narratore un bardo, un rapsodo (colui che cuce il canto). Non il proprietario della conoscenza contenuta nella narrazione. Lui, di fronte a una conoscenza comune, nella quale la collettivit si riconosce, non fa altro che rielaborarla, aggiungendo il contributo della sua soggettivit, e organizzarla in funzione di un contesto, di un pubblico, di una situazione. Ho visto allopera cantastorie in America Latina, ma non consideratela una cosa esotica: anche da noi centanni fa i cantastorie erano ancora fondamentali fonti di intrattenimento e di informazione. Non pensate nemmeno che si tratti di una manifestazione legata al contesto marginale e minore dellarte popolare. Omero era un cantastorie. Dai bardi, dai trovatori e dai giullari discendono i moderni poeti e romanzieri: Ariosto e Cervantes non fanno altro che rielaborare materiali tradizionali. Comunque, restando alloggi, interessante vedere come levoluzione dal cantastorie al poeta e al romanziere visibile oggi sotto i nostri occhi, nelle letterature del cosiddetto Terzo Mondo. L convivono cantastorie e romanzieri, e si danno la mano, anzi, si passano di mano in mano i loro testi. Gabriel Garca Mrquez un caso esemplare. Non ha fatto altro che ripresentare con la moderna etichetta di romanzo - prodotto offerto al pubblico attraverso quel nobile supporto che il libro - i contenuti erano quotidiano oggetto di esibizione dei cantastorie colombiani. Dettaglio non trascurabile, sempre ricordato dallo stesso Garca Mrquez, non si trattava di cantastorie qualsiasi: le storie che lui ci
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narra non sono altro che i racconti che ascoltava narrare da sua nonna.(1)

Zolle, gomitoli e terre incognite Le narrazioni sono importanti per ogni popolazione. Sono importanti per i conterranei di Garca Mrquez, per gli abitanti di qualsiasi villaggio e di qualsiasi metropoli. Per i lavoratori di qualsiasi azienda. Per noi che viviamo nelle organizzazioni, o comunque di sforziamo di capire come e perch le organizzazioni funzionano, la necessit della narrazione particolarmente evidente. Il motivo il seguente: le metafore meccaniche - tipica metafora: un immenso orologio, sistema perfettamente regolato di ingranaggi - o organicistiche - la stessa metafora del corpo umano, fatto di organi specializzati, ci suona insufficiente - ci appaiono del tutto inadeguate a descrivere la realt che abbiamo sotto gli occhi. Non possono certo bastare procedure informatiche e disposizioni operative, descrizioni di processi, organigrammi, mansionari. Il mondo, anche il mondo in apparenza regolato da un modello organizzativo, o da leggi economiche, ci appare come un agglomerato informe. Pensiamo al latino glomus, gomitolo. Un groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo, fa dire Gadda al commissario Ingravallo. Non deve meravigliarci che da qui discenda globo, e quindi globalizzazione. Lo scenario sempre pi evidentemente complesso, mucchio, ammasso, moltitudine, a un primo sguardo informe. Glomeratus: mescolato, impastato. In origine sta lidea di una massa di terra. Come leggere questo testo - tessuto, intreccio - informe, in apparenza illeggibile? Torniamo alletimologia e seguiamo allo stesso tempo il ragionamento di Gadda. In origine gleb -, una radice attestata in Italia e nelle aree germanica, baltica e slava, che ci parla di afferrare (una zolla di terra).(2) Colgo questa metafora: ci che afferrabile solo una zolla di terra, e la speranza, il gesto sul quale si basa la conoscenza, sta nel fatto che quella zolla che - in apparenza per caso - ho preso in mano, mi racconti la storia di tutto quel terreno. Ora, questo esattamente il senso originario di plot. Plot, lespressione inglese, malamente traducibile in italiano
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con trama o intreccio, sta in origine proprio per small piece of round. Anche qui: piccolo pezzo di terra, zolla. Non mi interessa qui tirare tutte le fila del discorso. Del resto, la stessa idea di poter tirare tutte le fila del discorso fallace. La trama, il tessuto di ogni testo (anche dei testi dei grandi autori), cos come la realt delle organizzazioni che abbiamo sotto gli occhi, anche delle organizzazioni migliori) ci appaiono lontane dalla perfezione. Ci pi utile qui la metafora del gomitolo - il gomitolo viene prima del tessuto. E dietro il gomitolo, abbiamo visto, la massa informe, metafora ancestrale. Dice Gadda, parlando del metodo di indagine del commissario Ingravallo: l, in quella massa informe, caotica, si pu scoprire un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicit di cause convergenti. (3) Chi vuole, leggendo, si pu divertire a completare il quadro che ho sommariamente tracciato: stiamo parlando dellorganizzazione sottesa che Borges coglieva nella Biblioteca di Babele, stiamo parlando di ci che la teoria delle catastrofi chiama frattali - la zolla, in scala diversa, rappresenta tutto il terreno - stiamo parlando di ci che la teoria del caos chiama attrattori strani, stiamo parlando di algoritmi genetici, di automi cellulari. Stiamo parlando di quella chiave di lettura che Goethe chiamava forma formante. Ma in fondo basta qui ricordare che stiamo parlando di come, di fronte alla complessit delle organizzazioni, di fronte a questa realt non descrivibile in termini digitali, discreti, orientati allesattezza e allesaustivit, non resta che la via del racconto. Il mondo incognito pu essere descritto solo per come ci si mostra: vediamo solo labili tracce, segnali deboli. In aneddoti, barzellette, piccoli fatti quotidiani sta il plot. Quellevento in apparenza irrilevante il vortice verso il quale cospirano le cause convergenti. Ci che non pu essere descritto altrimenti pu essere narrato. C un arte condivisa da poeti, romanzieri, musicisti, e anche dalle persone che, in una pausa del lavoro, si riuniscono attorno alla macchinetta del caff. Sanno vedere nella massa informe il gomitolo, sanno quale filo tirare. Sanno cogliere il plot emergente, e attorno a questo costruire una narrazione. Sanno dare senso al vissuto quotidiano.(4)

(1) Rimando, per un pi compiuto sviluppo di questo ragionamento, e per i riferimenti bibliografici, a Varanini, 2004. Un approfondito esame di vizi e virt di Gabriel Garca Mrquez si trova in Varanini, 1998. (2) Vedi la voce Globalizzazione in Varanini, 2006. (3) Gadda, 1957. (4) Per unarticolata riflessione sullaccettazione e sulla lettura della complessi organizzativa, vedi: Varanini e Bocchi, 2004.
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Chi aggiunge e chi toglie Ho detto che c qualcosa che accomuna il poeta, il romanziere, lartista e il lavoratore che narra e ascolta storie. I testi di poeti e romanzieri costituiscono una rete che chiamiamo letteratura. Analogamente, possiamo dire che e organizzazioni sono anche - o soprattutto reti di storie. Storie scolpite in software procedure ufficiali, ma anche - o soprattutto - storie perse nel rumore nella mensa, nascoste nei cassetti, sintetizzate in barzellette e soprannomi. Storie orali e scritte, storie intrecciate, slabbrate, dai confini sfumati, fitte di rimandi. Storie non sempre facili da scoprire e da comprendere. Detto di poeta, romanziere, e di lavoratore narratore di storie, dobbiamo ora dire di altre figure sociali, il cui contributo alla rete della conoscenza assai pi dubbio. Barbara Czarniawska, meritevole autrice del testo forse pi interessante di questo filone, Narrating the Organization,(5) pone il modo chiaro la questione: visto che si tratta leggere e interpretare narrazioni, il manager, lo specialista in risorse umane, il consulente, tutti costoro dovrebbero oggi avere competenze vicine e quelle del critico letterario, o del semiologo. Per Czarniawska, Umberto Eco un punto di riferimento. Seguiamo dunque levoluzione del pensiero di questo celebrato intellettuale. In tempi ormai lontani ci aveva stupito parlandoci di Opera aperta. Andando contro il nostro conformismo ci aveva detto che lopera non dellautore, che in fondo non esiste: lautore scrive sempre rimaneggiando testi altrui. Lopera non pu essere sigillata e chiusa: sempre soggetta ad interventi, aggiunte, elaborazioni, interpretazioni. Cos, appunto, sono le storie aziendali: di tutti e di nessuno, opera mai terminata, aperta a contributi e aggiunte e rielaborazioni. Aggiungiamo che questo, se era gi vero quando Eco scriveva, negli anni sessanta, ancora pi vero oggi: la tecnologia rende pi facile ed evidente la possibilit di aggiungere, condividere. Pensiamo a come pu essere rimaneggiato ogni testo (a cominciare da quello che ora sto scrivendo) quando si disponga non solo di un testo stampato, ma della sua versione in Word. O ancora, pensiamo a come facilitano la diffusione e la condivisione di storie le-mail e il web - luogo di scrittura collaborativa. Ma Eco negli anni settanta era anche andato oltre: aveva sottolineato limportanza delle decodifiche aberranti. Ci che rispetto a una norma data a priori pu apparire aberrazione, errore, in realt nuova ricchezza emergente: il lettore sempre anche autore, leggendo, dal suo peculiare punto di vista, contribuisce
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al lavoro creativo dellautore. Il testo un luogo di incontro. Dove sta il problema? Sta nel fatto che se la mia interpretazione non vale pi della tua, cade la base materiale sulla quale si fondano lidentit professionale, il potere, il guadagno di chi fa linterprete di professione. Di Umberto Eco, come di ogni consulente autorevole interprete di narrazioni aziendali. Ecco cos che Eco, trentanni dopo anni dopo aver scritto di opere aperte e di interpretazioni aberranti, a partire dagli anni novanta viene a parlarci di limiti dellinterpretazione. Ci fa sapere che c una interpretazione semantica, che risponde alla semplice domanda: cosa vuol dire questo testo?. Bont sua, Eco concede che questa interpretazione accessibile a chiunque, anche a noi tapini, poveri mortali lettori. Ma poi, aggiunge saccente, c una interpretazione semiotica: capire e spiegare come possibile che il testo dica quello che dice. Naturalmente questo secondo, pi alto livello di interpretazione, accessibile solo agli specialisti. Che dunque sarebbero ancora e sempre di pi necessari.(6) Ecco cos legittimato il ruolo di editor di case editrici, recensori, critici letterari: figure non troppo lontane da quella di censore. Di questo potrebbe importarci poco, in questa sede. Ma Czarniawska, con ragione, vede lanalogia tra il ruolo del critico letterario, interprete di un testo scritto, e quella del consulente che interpreta quel testo che lorganizzazione. Ecco cos legittimato il comportamento di quei professori e di quei consulenti che teorizzano limportanza delle learning history e, in genere, delle narrazioni aziendali, ma poi pretendono di imporre lo stile e un rigido formato, gi scandito in paragrafi, a chi scrive le storie, la propria storia. Ecco cos legittimato latteggiamento di chi impone uno schema anche a chi scrive la propria autobiografia, e anzi fonda una scuola per raccoglitori professionali di autobiografie altrui.

(5) Czarniawska, 1997. (6) Umberto Eco, 1962: il libro, raccolta di saggi precedentemente usciti in riviste, ha vissuto vicende editoriali complesse: stato pi volte riedito in versioni via via modificate; lultima nel 1976. Eco, 1975. Eco, 1990.
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Alienazione Ma a noi, cosa ci importa di qualcuno che ci spieghi con parole complicate perch quel testo ci convince e ci commuove? Quello che vale per la mediazione dei critici letterari che pensano loro diritto/dovere dire agli altri cosa leggere, e come leggere, vale per i consulenti che ci dicono che le storie che raccontiamo sono importanti, ma contemporaneamente ci considerano incapaci di raccontarle. Lasciamo perdere i dotti e arzigogolati ragionamenti degli interpreti, lasciamo perdere libri di management che ci vengono a dire con parole difficili cose che sappiamo benissimo. Sappiamo benissimo che lorganizzazione una rete di storie, il luogo di incontro di donne e uomini che si sono incontrati e conversando mettono insieme e tengono insieme, sulla basa di un incontro vero, un loro linguaggio vero.(7) Weick ha scritto bei libri sul dare senso e sul senso comune, ma in fondo i suoi libri non servono altro che a farci tirare un sospiro di sollievo. Siccome lavorando sembra che ci si debba adeguare a modelli esterni, che spesso ci risultano insensati, e che per valgono in virt della fonte - quel manager, quella societ di consulenza, quel teorico del management - per fortuna ecco qualcuno che, pur sempre parlando dal pulpito, ci dice una cosa sensata, una cosa che appunto, nel nostro buon senso, davamo anche per scontata. Ma con questo, almeno in Italia, Weick non aggiunge nulla, e invece toglie qualcosa. Dicevamo buon senso, dicevamo parla come mangi e adesso per essere up to date, la page - sempre espressioni straniere, lontane dal senso comune - dobbiamo parlare di sensemaking. Cos il sensemaking etichettato Weick, un sensemaking divenuto astratto, modellato secondo quanto descritto in un libro, impedisce il sensemaking pratico e quotidiano che regolava spontaneamente le relazioni tra colleghi.(8) C un bel paradosso in tutto questo, anzi una contraddizione: la contraddizione esposta allinizio di questo scritto. Si d senso al mondo narrandolo. Il lavoratore lo sa bene: parlare di quello che si fa importante tanto quanto fare le cose. La narrazione ha uno scopo autoterapeutico, fonte di socializzazione. Lorganizzazione una rete di storie: se le persone al lavoro smettessero di scambiarsi informazioni al di fuori di procedure, nessuna azienda funzio-

nerebbe. Se i lavoratori smettessero di conversare tra di loro - su temi inerenti al lavoro, ma non solo - landare a lavorare perderebbe senso. Qualcuno, ora, ci viene a dire che queste narrazioni sono importanti. Lo sapevamo gi. Lo sapeva ogni lavoratore. Ma ora, essendo riconosciuta limportanza di queste narrazioni da parte di chi prima non se ne era minimamente occupato, si assiste a un tentativo di normalizzarle e di espropriarle: ed ecco lo schemino per scandire in capitoli la storia, il manuale per standardizzare le autobiografie, il libero flusso del racconto ingabbiato in un questionario. Regole di stesura del testo prive di qualsiasi originalit, oltretutto, ma presentate in libri e in articoli con tanto di nota a difesa del copyright. Non ci si preoccupa di come per la persona sia difficile e significativo accettare di condividere con un terzo estraneo il proprio narrare. E ci si preoccupa invece che quel narrare sia normalizzato, predisposto per luso che il terzo estraneo vorr farne: la sua ricerca, il suo articolo, il suo libro. Non voglio rinunciare a chiedermi come apparir agli occhi di chi ha scritto una storia, quella stessa storia compressa in una forma che le estranea, inglobata nel testo firmato da un illustre studioso. La scrittura per chi scrive una oggettivazione, ma vita che egli ha dato alloggetto - quando loggetto espropriato - gli si contrappone ostile ed estranea.

(7) Vedi Giuseppe Varchetta, Introduzione a Weick, 1997. (8) Per riflettere sul dare senso al lavoro, inteso come esperienza quotidiana, pi di Weick consiglierei due libri diversissimi tra loro: Berger e Luckmann, 1966 e Varela, Thompson, Rosch, 1991.
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Pars construens Tutto, secondo me, dipende dalla hybris, dallarroganza con la quale si rielabora il materiale altrui. Ho detto di come ogni testo una rielaborazione di un testo precedente. Ma il problema qui che il teorico dello storytelling resta chiuso in un atteggiamento di superiorit: gli autori delle narrazioni non sono da lui riconosciuti come autori, ma solo come fornitori di grezza materia prima. la prosecuzione, in altro contesto, di un modo di intendere le relazioni sociali che troppo spesso si manifesta nellaula di formazione. Il formatore non riesce a fare a meno di pensare: io sono colui che insegna, tu stattene l buono nel tuo ruolo di discente.
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Quando, in incontri con altri formatori o consulenti, accenno allidea della rete di conoscenze - una rete alla quale tutti contribuiamo - incontro sempre colleghi che regiscono piccati: Ma come, faccio questo lavoro da trentanni; Non siamo tutti uguali (dove implicito Io sono migliore). Nessuno mette in dubbio le competenze, le capacit e le conoscenze di chi ha anni di professione alle spalle (anche se un po di autocritica non guasterebbe). Ma resta incontestabile un dato di fatto: tra le persone che ho di fronte, e che stavolta partecipano a un incontro che mi vede nel ruolo di docente, tra queste persone c certamente qualcuno che su un altro qualsiasi tema potrebbe dare lezione a me. E ancor pi incontestabile resta un altro dato di fatto: almeno su un tema laltro sar pi esperto: la sua vita. Credo che latteggiamento arrogante, consapevole o meno, nei confronti della produzione dellaltro, sia una discriminante fondamentale. Si pu lavorare meglio. E condividere le reciproche scritture un modo per farlo. Ma si possono condividere le reciproche scritture solo se si tiene lontana da noi lansia e lirritazione. Il rispetto per se stessi va di pari passo alla considerazione per gli altri. Un comprensivo interesse, la confidenza, la fiducia, sono requisiti necessari per lavorare rispettosamente e costruttivamente sui testi prodotti da altri. Lautore tradizionale - il bardo, il trovatore, il cantastorie - e cio lautore precedente alla fase borghese, che ha visto trasformata la scrittura in una lotta per laffermazione della propriet del testo - diritto dautore, copyright - lautore tradizionale, non si nascondeva, ma nemmeno ostentava il proprio ruolo, era orgoglioso della propria opera, ma non arrogante. Sempre consapevole di non aver fatto altro che elaborare materiali preesistenti. Per questo, pur consapevole del proprio apporto, spesso sceglieva consapevolemente lanonimato. Chi lavora su narrazioni aziendali, credo, dovrebbe mantenersi vicino a questo atteggiamento. Chiudo ricordando alcune esperienze personali. Il sito www.bloom.it, la rivista Persone & Conoscenze (edita dalla stessa casa editrice di Sviluppo & Organizzazione), la collana Virus (edita da Guerini & Associati) si propongono come luoghi destinati a dare spazio a narrazioni. Per non nascondermi dietro un dito, segnalo due titoli della collana Virus che esemplificano il mio punto di vista. LEducazione sentimentale del manager, di Lauro Venturi, scrittura autobiografica libera da vincoli. Un giovane, sulla soglia tra ladolescenza e let adulta, racconta se stesso a se stesso, in un diario. Trentanni dopo, quando riprende in mano quelle privatissime pagiSviluppo & Organizzazione N.220 Marzo/Aprile 2007

ne, diventato un manager. Giusto chiedersi cosa lega queste due persone. Giusto chiedersi come si cambia, ma anche in quali radici affondi la nostra etica del lavoro.(9) Ti sembra facile. Il Bpm e il workflow della biancheria domestica un opera collettiva, scritta da trenta persone impiegate in ruoli diversi - da dirigente a tecnico a segretaria - presso Tsf, una importante azienda di servizi informatici. Opera collettiva, perch frutto di un accurato lavoro di gruppo: selezione dei testi e revisioni incrociate, scelte condivise per titoli e organizzazione complessiva del testo. Ma anche opera dove lindividualit pienamente rispettata: ognuno sceglie il suo genere letterario, dal racconto ala poesia al fumetto. Per ognuno, e per il gruppo nel suo insieme, e per lazienda che ha scelto di vivere questo progetto, un lavoro su di s, un sofferto allontanamento dallautocensura. Lorganizzazione, di solito, ci chiude in un ruolo. Ma chiusi nel ruolo non possiamo dare allorganizzazione il contributo che saremmo in grado di dare. La censura imposta dallorganizzazione alla manifestazione delle potenzialit individuali finisce per tradursi in autocensura. Convinti che non avremo spazio, si finisce per non provarci nemmeno. Purtroppo, a ben guardare, nel proporre di raccontare storie imponiamo in realt una censura: puoi raccontare di te, ma solo nel modo che dico io. Ritengo si possa agire altrimenti: si pu lavorare con le persone stimolando la loro libert espressiva. Se si ragiona insieme attorno allatteggiamento del critico letterario, del recensore, e si mostra come in questo ruolo si annidi il tarlo della censura, si favorisce labbassamento della soglia dellautocensura. Se svelo i segreti del mio rapporto con la scrittura, aiuto laltro a dare valore al suo personale rapporto con la scrittura. Cos, vedrete, persone inattese tireranno fuori dal cassetto, prima timidamente e poi con orgoglio, le cose che hanno scritto. E attorno alla scrittura vedremo lavorare insieme persone fino ad allora divise da differenze di ruolo, o da ostilit.(10) Personalmente, credo di poter stimolare altri a scrivere, e a dare valore ai propri scritti, solo perch mi sento scrittore. Non perch sono socialmente riconosciuto come scrittore: questo non importa. Importa il rapporto tra scrittura e autobiografia. Ognuno ha unautobiografia, e ha il diritto a narrarla. Cos ho fatto, per me stesso, quando, non potendo farmi altrimenti ragione della situazione di angosciose situazioni

(9) Venturi, 2005. (10) AA.VV., 2005.


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di lavoro che stavo vivendo, mi sono trovato a esprimermi in versi.(11) Credo che ci sia una bella differenza tra il parlare di s, mettendosi in gioco, lasciandosi vedere, e il raccogliere e lincasellare con atteggiamento giudicante le parole scritte da altri.

dice a Lirresistibile ascesa del Direttore Marketing cresciuto alla scuola del largo consumo, Guerini e Associati, 2003. Varanini, Francesco e Bocchi, Gianluca, La scienza, la letteratura e la macchina analogica, sta in Daniele Boldizzoni e Raoul C.D. Nacamulli (a cura di), Oltre laula. Strategie di formazione nelleconomia della conoscenza, Apogeo, 2004 Varanini, Francesco, Un certo tipo di letteratura. Breve storia di un mondo possibile; sta in: Marco Minghetti e Fabiana Cutrano (a cura di), Le nuove frontiere della cultura dimpresa. Manifesto dello Humanistic Management, Etas, 2004. Varanini, Francesco, Globalizzazione, sta in Le parole del manager. 108 voci per capire limpresa, Guerini e Associati, 2006. Varchetta, Giuseppe, Introduzione a Kar. Varela, Francisco J.; Thompson, Evan; Rosch, Eleanor, The Embodied Mind. Cognitive Science and Human Experience, Massachusetts Institute of Technology, 1991; trad. it. La via di mezzo della conoscenza. Le scienze cognitive alla prova dellesperienza, Feltrinelli, 1992. Venturi, Lauro, Leducazione sentimentale del manager, Guerini e Associati, 2005. Weick, Karl, Sensemaking in Organizations , Sage, 1995; trad. it. Senso e significato nellorganizzazione, Cortina, 1997.

BIBLIOGRAFIA
AA.VV., Ti sembra facile. Il Bpm e il workflow della biancheria domestica, Guerini e Associati, 2005. Berger, Peter, L. e Luckmann, Thomas, The Social Construction of Reality, Doubleday and Co, 1966; trad. it. La realt come costruzione sociale, Bologna, Il Mulino, 1969. Czarniawska, Barbara, Narrating the Organization. Dramas of Institutional Identity, Chicago and London, The University of Chicago Press, 1997; trad. it. Narrare lorganizzazione. La costruzione dellidentit istituzionale, Comunit, 2000. Eco, Umberto, I limiti dellinterpretazione, Bompiani, 1990. Eco, Umberto, Opera aperta, Bompiani, 1962. Eco, Umberto, Trattato di semiotica generale, Bompiani, 1975. Gadda, Carlo Emilio, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Einaudi, 1957. Varanini, Francesco, Viaggio letterario in America Latina, Marsilio, 1998. Varanini, Francesco, La restituzione poetica, Appen-

(11) Il mio punto di vista sulla scrittura intesa come chiave di lettura etnografica delle organizzazioni esplicitato (con ampia bibliografia) in La restituzione poetica, 2003.

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