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Eleganza della lingua poetica, naturale ribellione all'a ssuefazione

Testo pubblicato in La prospettiva antropologica nel pensiero e nella poesia di Giacomo Leopardi, Atti del XII Convegno internazionale di studi leopardiani (Recanati, sett. 2008), Olschki editore, Firenze 2010.

La ricerca leopardiana sulla lingua un tentativo di trovare un modo di fuggire, mediante larte poetica, luniformit crescente di un mondo sempre pi impoetico e disumano; solo l, nellirregolarit e nel contrasto della lingua, esiste il sentimento della vita. Quando, dallassuefazione allassuefabilit, linvestigazione antropologica giunge alla visione di una societ umana in cui abolita ogni sensazione e dove non vi pi posto per luomo sensibile, forse la questione delleleganza della lingua poetica, che Leopardi non smette mai di approfondire, ad aprire uno spiraglio, se si intende leleganza come una ribellione naturale delluomo a quellassuefazione che soffoca la vita. Alle origini, la lingua lingua poetica, per luomo il mezzo per percepire e concepire il mondo con la parola, voce della Natura, ma pure arte umana. Poich tormentato da un desiderio infinito del piacere [e] il piacere non consiste se non che nelle sensazioni, [ ] luomo non desidera di conoscere, ma di sentire infinitamente (Zib. 384) [1]. Il sentire il fondamento della filosofia di Leopardi, un sentire che riallaccia luomo al principio, allo stato di natura, e viene sia ad opporsi, sia a controbilanciare il conoscere quale logico, arido ragionamento dei filosofi moderni, che segue una linea strettamente spirituale [2], rifiutando ogni interferenza della parte sensibile e sensitiva delluomo [3]. La conoscenza avvenne, dice Leopardi, attraverso il sentire dei poeti: E infatti i primi sapienti furono i poeti [ ] e le prime verit furono annunziate in versi (Zib. 2940). Linguaggio e mente, lingua e vita umana vanno avanti di pari passo, su un cammino strutturato dallimmaginazione, quel fingere che fin dallinizio associa nelle parole sensazione e immagine mentale, reale e ideale, materia e spirito, creando il mondo propriamente umano. Limmaginazione il modo per la natura di sopperire alla continua tensione delluomo verso il piacere, alla costante tendenza ingenita o congenita collesistenza, [che] perci [ ] termina colla vita (Zib. 165). Ma anche, limmaginazione, lo spazio di respiro della mente, la dimensione in cui luomo si fa lartefice e lartista delluniverso suo. Luomo suddito e soggetto, perch un inscindibile legame unisce natura e arte, societ umana e creazione poetica, tramite la lingua:
Chiunque potesse attentamente osservare e scoprire le origini ultime delle parole in qualsivoglia lingua, vedrebbe che non v' azione o idea umana, o cosa veruna la quale non cada precisamente sotto i sensi, che sia stata espressa con parola originariamente applicata a lei stessa, e ideata per lei. Tutte simili cose [ ] non hanno ricevuto il nome se non mediante metafore, similitudini ec. (Zib. 1388)

Poetica poietica la lingua, perch crea, consente di concepire e al tempo stesso rende sensibili le concezioni, le ricongiunge di continuo ad un originario nesso con la materia e ad una sensitivit umana che tramite cuore e mente si fatta sensibilit. Anche tenue, remotissimo, il legame esiste nelle parole e nelle espressioni, ad infondere vitalit nello spirito delluomo. La lingua si modifica poich cambia lambiente materiale; luomo dice il mondo qual , alterandolo al tempo stesso con la sua parola. Non sono altro le metafore, le similitudini, i traslati e gli slittamenti di senso, che lattuazione di una perpetua mutazione. Luomo e il linguaggio vivono una storia comune, in una costante interazione che li precipita insieme nel tempo, distaccandoli sempre di pi dal primitivo stato di natura e sottraendoli sia per un bene o per un male allunico volere della Natura:

Appena gli uomini incominciarono a stringere una societ, essi cominciarono a balbettare un linguaggio. La natura linsegnasino a un certo punto. [ ] Stringendosi maggiormente la societ e, crescendo lo scambievole usare degli uomini, fino a passare i termini voluti e prescritti dalla natura; crebbe necessariamente il linguaggio, e divenne pi potente che la natura non voleva. [ ] il genere umano non si sarebbe diffuso, se la societ non fosse stata gi bene stretta e cresciuta e adulta, n questo poteva essere senza un sufficiente linguaggio, e senza un tal linguaggio il genere umano non si sarebbe diffuso. (Zib. 3669-70) [4]

ineluttabile allora il costante allontanarsi dallorigine, e inevitabile laffiochirsi delle pi antiche fra le molteplici fila che in una parola fanno balenare immagini accessorie come vive sensazioni. anzi perch si va avanti, perch si progredisce sullasse del tempo, che sono comparse nuove connessioni nelle parole, per dire un presente che va continuamente trasformandosi. Avanzando, simpara, si memorizza e pure si dimentica, nella lingua come nella vita quotidiana, si perde il senso della durata del tempo trascorso; si deve dimenticare per vivere al mondo presente, e assuefarsi. Assuefattosi, luomo prova un sentimento di piacevole contrasto dinanzi ad una cosa nuova, ma ben presto ogni novit diventa abitudine, abito. Istante dopo istante, egli abita il mondo in un modo diverso, leggermente diverso ma sempreleggermente diverso:
L'assuefazione una seconda natura, e s'introduce quasi insensibilmente, e porta o distrugge delle qualit innumerabili, che acquistate o perdute, ci persuadiamo ben presto di non potere avere, o di non poter non avere. (Zib. 208)

Lassuefazione un continuo cambiare. questa lincongruenza e insieme lassoluta logica naturale della sorte umana: cambiamento significa novit ma continuo implica regolarit, uniformit, logoro. Il presente non ha gusto in quanto presente assoluto, il sapore deriva dal contrasto con il ricordo di quello che fu, dal sorgere di un passato come fosse presente, un presente remoto, riposto nella memoria. Per sentirsi vivi, non importa la conoscenza in quanto informazione registrata, bens lo scaturire della sensazione originaria nel cuore delloggi. La vita un perpetuo camminare verso la morte, durante il quale luomo non pu altro se non provare a fuggire la consapevolezza di questunica certezza, evadere dalla noia che il puro sentimento del vuoto, il puro nulla (Zib. 1989):
La variet tanto nemica della noia che anche la stessa variet della noia un rimedio o un alleviamento di essa [ ]. All'opposto la continuit cos amica della noia che anche la continuit della stessa variet annoia sommamente. (Zib. 51)

Luniformit annulla il desiderio e quindi la vita. Lanima umana chiede di essere colpita, toccata, o semplicemente stuzzicata, purch si senta viva, attiva. Non va convinta n confortata, ma mossa. Occorrono variet, sorpresa, irregolarit, per provare un sentimento che si chiamer grazia, o eleganza, o pi semplicemente bello. Dallo stesso bisogno di irregolarit, nata la duplicit nella lingua: naturalmente e da sempre, diventa propriamente poetica quella lingua che, grazie alla distanza dal linguaggio quotidiano, conserva il potere di suscitare i moti dellanima. Dalla memoria di un essere-stato racchiusa nelle parole o nei modi di dire che non appartengono pi alla lingua volgare, pu nascere il contrasto; o da voci che, perch sono usuali ma inusitate nelle scritture, dicono il sapore della cosa vera mentre luso letterario, col passar del tempo, aveva attribuito loro un senso pi lontano dalla materia. questa leleganza, che contraddistingue la lingua della poesia, un gioco fra oblio e rimembranza, fra il presente e un presente remoto, una piacevole sensazione di frizione in un contatto inconsueto:

Se osserveremo bene in che cosa consiste leleganza delle scritture, leleganza di una parola, di un modo ec., vedremo chella sempre consiste in un piccolo irregolare, o in un piccolo straordinario o nuovo, che non distrugge punto il regolare e il conveniente dello stile o della lingua, anzi gli d risalto, e risalta esso stesso; e ci sorprende che risaltando, ed essendo non ordinario, o fuor della regola, non disconvenga; e questa sorpresa cagiona il piacere e il senso delleleganza e della grazia delle scritture. (Zib. 1323)

Perch luso sia volgare o letterario logoro, leleganza va sempre ricreata. Trovare o ritrovare il senso vivo delle parole per dire il mondo compito del poeta, da sempre. Nessuna scrittura esiste se non con questo scopo, poich il poeta partecipe del mondo umano nellepoca in cui vive, e sceglie le parole che aprano lo spazio dellimmaginativa sensibile. La poesia ci dee sommamente muovere e agitare e non gi lasciar l'animo nostro in riposo e in calma (Zib. 3139). Fin dallinizio della sua riflessione sullarte poetica, ben chiaro a Leopardi che il sentimento del bello, quello che dalla lettura dei poeti greci ha fatto nascere in lui la smania violentissima di comporre [5], risiede nello straordinario, nel contrasto. Il favoloso potere dellarte quello di farci sfuggire alla noia, imitando per il vero, rendendo verosimili le sensazioni ed i sentimenti della finzione:
Non il Bello ma il Vero o sia limitazione della Natura qualunque, si loggetto delle Belle arti. [ ] E che non sia il solo bello naturale lo scopo delle Belle Arti vedesi in tutti i poeti specialmente in Omero, perch se questo fosse, avrebbe dovuto ogni gran poeta cercare il pi gran bello naturale che si potesse, dove Omero ha fatto Achille infinitamente men bello di quello che potea farlo, e cos gli Dei ec. [ ] Passioni morti tempeste ec. piacciono egregiamente bench sian brutte per questo solo che son bene imitate, [ ] perch l'uomo niente tanto odia quanto la noia, e per gli piace di veder qualche novit ancorch brutta. (Zib. 2)

Con le sue parole e larte che alla sua lingua lo lega, il poeta deve creare il passaggio fra il vero - ossia ci che - e il reale finto nella poesia. Ma larte ormai corrotta. Anzi, questa la convinzione iniziale che apre lo Zibaldone nellestate 1817:
Dal niente in letteratura si passa al mezzo e al vero, quindi al raffinamento: da questo non c' esempio che si sia tornato al vero. Greci e latini italiani. Lo squisito gusto del volgo de' letterati non pu essere se non quando ei non ancora corrotto. (Zib. 1)

Unarte vera, ecco quello che Leopardi tenta di ritrovare, cio portatrice di vitalit perch in connessione con la realt del mondo. triste il risultato della corruzione constatata da Leopardi, monotonia la poesia del suo tempo: tutte le produzioni poetiche sono diventate mediocri, [ ] cio lavorate, studiate, pulitissime, armonia espressiva, bel verso, bella lingua, Classici ottimamente imitati, belle imagini, belle similitudini, somma propriet di parole, [...] insomma il Parini il Monti sono bellissimi ma non hanno nessun difetto [6] (Zib. 10). Per sottrarsi alla corruzione, afferma Leopardi nella stessa pagina, bisogna osare, rischiare, scostarsi dalle regole, da quelle regole (ottime e Classiche ma sempre regole) che ci siamo formate in mente [7]. Uniformit e regolarit sono fondamentalmente contrarie allessenza della lingua poetica. corrotta larte perch non dice pi il mondo qual , diventata raffinata ma non pi vera; si sono perse le vie fra il lettore e il testo perch la lingua ha fallito nel suo compito di ridare vita alla vita. Colpa dellartista o colpa di ununiversale corrosione che rende luomo incapace di sentire ancora? Quando affida queste riflessioni al suo taccuino, Leopardi convinto dellimmutabilit del cuore umano; i ferri dellartefice si sono corrosi, invece il cuor nostro non cangiato ma la mente sola (Zib. 17). Tuttavia, il pensiero sullassuefazione, che spunta gi nelle righe dello Zibaldone nel 1817 e si dispiegher

poi lungo il voluminoso scartafaccio, condurr Leopardi in un vicolo cieco dove non resta alluomo nessunaltra possibilit se non linsensibilit, per sopportare la consapevolezza del deserto esistenziale. In un primo tempo, una riflessione del 1 luglio 1821 sembra palesare lesistenza di una specie di autoprotezione nel processo stesso di assuefazione: pi attiva la mente (qualit ed effetto de grandi ingegni), pi brevi sono le abitudini, pi numerose quindi le novit, pi fitta la variet:
La facilit di contrarre abitudine, qualit ed effetto essenziale de grandi ingegni, porta seco per naturale conseguenza ed effetto la facilit di disfare le abitudini gi contratte, mediante nuove abitudini opposte che facilmente si contraggono; e quindi la potenza s della durevolezza, come della brevit delle abitudini. (Zib. 1254, 1 luglio 1821)

Lassuefazione sinserisce in una coerenza globale del sistema della natura [8]; lincessante rinnovamento delle abitudini evita il rischio di cadere nelluniformit che porta alla fine del desiderio. Ma linarrestabile meccanismo assuefattivo, che va cos accelerandosi, genera da s sempre pi assuefazione, che cresce sempre in proporzione chella cresciuta, appunto come il moto de gravi (Zib. 1767, 22 sett. 1821). Leopardi aggiunge, con sobria seppur amara lucidit: Ecco tutto il progresso e dell'individuo e dello spirito umano. Poco prima, sapendo di avviarsi verso unaltra evidenza, traeva dalla propria esperienza questosservazione: Pare assurdo, ma vero che l'uomo forse il pi soggetto a cadere nell'indifferenza e nell'insensibilit [ ], si l'uomo sensibile, pieno di entusiasmo e di attivit interiore, e ci in proporzione appunto della sua sensibilit ec. (Zib. 1648, 7 sett. 1821). Quel fenomeno di assuefabilit, che induce maggiore vivacit spirituale nei grandi ingegni, porta allora lo stesso uomo che sappiamo essere di genio perch sensibile verso uninsensibilizzazione mortifera:
Laddove alluomo di sentimento lo stesso esser poco capace di distrazione, lo stesso attender vivamente alle sensazioni, facilita lassuefazione, e lacquisto della insensibilit, e incapacit di pi attendervi. (Zib. 2210, 1 dicembre 1821)

Gli argini, che sembravano mantenere la meccanica dentro il letto naturale del processo vitale, non reggono pi. Il ritratto di un mondo che, pur essendo regolato dalla seconda natura, ubbidisca ad una logica primordiale e funzioni in modo che alle perdite rispondano alcuni compensi secondo un fenomeno di azione/reazione, slitta a poco a poco verso la visione di una societ umana presa in un ingranaggio fuori controllo e lanciata senza freni verso il nulla. Eppure certo che, meno degli altri, luomo sensibile pu rinunciare a sentirsi vivo, e meno degli altri lo scrittore, il poeta, pu accettare tal destino. Leopardi, come sappiamo, non cerca di elaborare il suo sistema intorno alle cose ed agli uomini secondo uno schema prestabilito, ma conducendo una vera e propria esplorazione senza a priori. Nel settembre 1821, mentre si moltiplicano i vari spunti di riflessione sullassuefazione, sottolinea egli stesso linsostenibile contraddizione delle sue conclusioni, conformi per alle verit del mondo:
ad un medesimo individuo che soglia pensare, le stessissime verit si presentano in vari tempi sotto s diversi aspetti [ ] che egli stesso se non ha pi che buona memoria e penetrazione e attenzione, appena le riconosce per quelle verit che ha gi vedute (o anche scoperte) e considerate ec. Cos che il filosofo (siccome il poeta) pu in una stessa verit diversificarsi ed essere originale, non che rispetto agli altri, anche a se stesso. (Zib. 1766-67)

Nella sua investigazione dellumano, in cui egli stesso il primo terreno dindagine, il filosofo-poeta spazia da lintiero [a] lintimo delle cose secondo il libero andare e il libero sentire della sua ultrafilosofia [9]:

le nostre idee non dipendono da altro che dal modo in cui le cose realmente sono, che non hanno alcuna ragione indipendente n fuori di esso, e quindi potevano esser tutt'altre, e contrarie; ch'elle derivano in tutto e per tutto dalle nostre sensazioni, dalle assuefazioni ec. (Zib 1617, 3 settembre 1821)

Le assuefazioni alterano il nostro essere-al-mondo, ma sono le sensazioni a rimanere il nostro unico contatto con questo mondo, per pensare questo mondo. E infatti Leopardi, pur ragionando sullinsensibilit e provando in certi periodi della sua vita ad adottare una morale stoica, cerca senza tregua di ritrovare unarte piena, di forzare insomma le serrature della mente moderna per giungere al cuore, alla parte sensibile che alla ragione sempre resiste. Pi forte di ogni altra certezza quella di un possibile agire umano, mediante ci che fin dal principio alluomo pi proprio: la lingua, che la costante attuazione dellinsanabile pulsione vitale. ingenito il potere poetico, cio creativo, della lingua. La lingua, come luomo e pure lartista, vive nel tempo, nel tempo che scorre, nel vero che ad ogni momento varia. Per cui nella lingua, familiarit ed eleganza sono unite in una costante e consapevole distanza:
noi bene spesso sentendo negli antichi nostri, come nel Petrarca o nel Boccaccio questa medesima eleganza, vi sentiamo quello che non vi sentivano n gli stessi autori n i loro contemporanei, in quanto quelle voci o modi sono oggi divenuti eleganti col rimoversi, stante landar del tempo, dalluso quotidiano, ma allora non lo erano. (Zib. 1810)

Leleganza non assoluta, risiede invece in una continua ricerca dellinusitato, del pellegrino che risalti. Ma leleganza un equilibrio, dare un rilievo che, come gi citato, non distrugge punto il regolare e il conveniente dello stile o della lingua, un effetto di straordinario ch' fuor dell'ordine sino a un certo punto (Zib. 1327):
La novit in una lingua, o la rarit ec., insomma il pellegrino, da qualunque luogo sia tolto (o da' forestieri, o dagli antichi classici nazionali ec.), deve sempre parere una pianta, bens nuova nel paese o rara, ma nata nel terreno medesimo della lingua nazionale, e non pur della nazionale, ma della lingua di quel secolo, della lingua conveniente a quel genere a quello stile a quel luogo della scrittura. (Zib. 3408)

Nel piacere dellirregolare, la mente salta da una sensazione ad unaltra, e sono lampi che brevemente illuminano i ricordi, nostri o altrui, ma comuni nella memoria di una lingua e del mondo che essa dice. Tutto quello che risulta troppo straordinario, troppo strano, per non dire mostruoso quelleccesso che anzitutto Leopardi rimprovera alla poesia romantica non affatto elegante, perch estraneo e fuori da un possibile vero. Leleganza il poter concretare nella lingua listantaneo passaggio dal vero pure arido al verosimile che la mente si finge; persino contrario ad ogni logica, o anche perch libero dalla ragione logica, il sentimento di vita zampilla dal dire dello scrittore, dalle parole da lui, con genio, scelte:
E lo stesso conoscere l'irreparabile vanit e falsit di ogni bello e di ogni grande una certa bellezza e grandezza che riempie l'anima, quando questa conoscenza si trova nelle opere di genio. E lo stesso spettacolo della nullit, una cosa in queste opere, che par che ingrandisca l'anima del lettore, la innalzi, e la soddisfaccia di se stessa e della propria disperazione. Oltracci il sentimento del nulla, il sentimento di una cosa morta e mortifera. Ma se questo sentimento vivo, come nel caso ch'io dico, la sua vivacit prevale nell'animo del lettore alla nullit della cosa che fa sentire, e l'anima riceve vita (se non altro passeggiera) dalla stessa forza con cui sente la morte perpetua delle cose, e sua propria. (Zib. 260-261) [10]

Quando Giuseppe Ungaretti diceva, nelle sue Lezioni su Leopardi che tutto lo sforzo di Leopardi sar quello darrivare a rendere familiare la parola elegante [11], sottolineava la preoccupazione in Leopardi di ristabilire un legame fra la societ umana del suo tempo e la lingua poetica, quella con cui luomo crea, e ricrea, il mondo. Attraverso la speculazione sulla sua arte, Leopardi conduce una ricerca fondamentalmente antropologica, perch etica. Leleganza della lingua poetica leleganza di un habitus, un equilibrio fra la consapevolezza dellinsensatezza della sorte umana e la volont, ciononostante, di essere presente e partecipe del mondo. Allassuefazione non vi si pu sottrarre, ma luomo deve abitare il mondo e non solo abituarsi ad esso. Non accetta Leopardi di convenire con la filosofia ciecamente ottimista del suo secolo, come evocata con mordente ironia nella Palinodia al marchese Gino Capponi: Convienci a quel dell'anno, al qual difforme/ Fia quel dell'altro appresso, il sentir nostro/ Comparando, fuggir che mai d'un punto/ Non sien diversi! (vv. 221-24) [12]. Occorrer allora, ricordando il bellissimo e ben noto pensiero sulla poesia come filo vivificante della breve vita umana, sottolineare che precisamente alla sua epoca Leopardi allude. Evidenzia, oltre il rimpianto, quanto perenne e dunque sempre attuale e attivabile sia il favoloso, naturale e pure umano potere della lingua:
Della lettura di un pezzo di vera, contemporanea poesia, in versi o in prosa (ma pi efficace impressione quella de' versi), si pu, e forse meglio, (anche in questi s prosaici tempi) dir quello che di un sorriso diceva lo Sterne; che essa aggiunge un filo alla tela brevissima della nostra vita. Essa ci rinfresca, per cos dire; e ci accresce la vitalit. Ma rarissimi sono oggi i pezzi di questa sorta. (1. Feb. 1829.). Nessuno del Monti tale. (Zib. 4450) [13] Pascale Climent-Delteil

Notes
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[1] Per lo Zibaldone, le citazioni sono tratte da GIACOMO LEOPARDI, Zibaldone, a cura di Rolando [2] Accenniamo qui alla spiritualizzazione, indissociabile dal processo dincivilimento delluomo,

Damiani, Milano, Mondadori, 1997. Per qualsivoglia citazione, se il corsivo nostro, ci viene precisato. derivata dall'esperienza, dalla cognizione s propagata e cresciuta, dalla ragione, e dall'esilio della natura, sola madre della vita, e del fare. [ ] Dalla quale spiritualizzazione che quasi lo stesso coll'annullamento, risulta che oggi in luogo di fare, si debba computare (Zib. 1006). [3] Con acuta giustezza

complementarit nel pensiero di Leopardi: la meditazione di Leopardi si inizia con una contrapposizione del sentire al conoscere [ ]. E non per nulla comincia a determinarsi quel Leitmotiv della vitalit, o dellintensit vitale, che, a ben vedere, costituisce, talora in primo piano, talaltro implicito, il sottofondo essenziale, la spina dorsale, per cos dire, di tutto il pensiero leopardiano (SERGIO SOLMI, Il pensiero in movimento di Leopardi, in GIACOMO LEOPARDI, Zibaldone di pensieri, Milano, Mondadori (Oscar Classici), 1983, p. XIX). [4] Corsivo nostro. [5] nella lettera del 30 aprile 1817 a Pietro Giordani, che Leopardi confida il suo desiderio

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ardentissimo di tradurre e far [suo] quel che legg[e] e la smania violentissima di comporre, da che [ha] cominciato a conoscere un poco il bello (GIACOMO LEOPARDI,Epistolario, a cura di Franco Brioschi e Patrizia Landi, Torino, Bollati Boringhieri, 1998, I, p. 94). Nella missiva del 30 maggio, a proposito di un testo di Giordani riguardante la pittura, il giovane poeta esprime la diversit del suo parere sulla meta delle arti: A me parrebbe che lufficio delle belle arti sia dimitare la natura nel verisimile (Ivi, p. 110) ed espone, nella stessa

stata

sottolineata

da

Sergio

Solmi

tale

basilare

opposizione

lettera, le ragioni del suo sentimento al riguardo. Qualche mese dopo, egli prosegue per s la riflessione, nelle prime pagine dello Zibaldone. [6] Corsivo nostro. [7] Corsivo nostro. [8] Cfr. Zib. 1530, del 20 agosto 1821: gl'inconvenienti accidentali che occorrono nel sistema della

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natura [ ] talvolta, anzi spessissimo, non sono inconvenienti se non relativi, e la natura gli ha ben preveduti, ma lungi dal prevenirgli, li ha per lo contrario inclusi nel suo grand'ordine, e disposti a' suoi fini. [9] Cfr. il ben noto pensiero del giugno 1820: la nostra rigenerazione dipende da una, per cos dire,

ultrafilosofia, che conoscendo l'intiero e l'intimo delle cose, ci ravvicini alla natura. E questo dovrebb'essere il frutto dei lumi straordinari di questo secolo (Zib. 115). [10] Corsivo nostro. [11] GIUSEPPE UNGARETTI, Idee del Leopardi intorno ad usi della lingua, e prime indicazioni sulla

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metrica delle canzoni e sul rapporto col Petrarca, in Lezioni su Leopardi, in Vita dun uomo. Viaggi e Lezioni, Milano, Mondadori, 2000, p. 792. [12] GIACOMO LEOPARDI, Canti, in Poesie e prose, a cura di Mario Andrea Rigoni, Milano, Mondadori, [13] Il corsivo nostro. Riportiamo volutamente la data come scritta nello Zibaldone, prima

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1987, I, p. 119. dellaggiunta riguardante Monti.

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