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(CONTINUO DELLA LEZIONE SUL 9 Q)

Esistono dei blocchi alla creatività, che la limitano, sono blocchi di differente matrice:
Di natura culturale:
● desiderio di conformarsi a modelli sociali,
● usare sempre il “no” di fronte alle nuove idee
● la tendenza al tutto o niente
● eccessiva fiducia nelle statistiche e nelle esperienze passate
● convinzione che sogno e immaginazione siano attività infantili (ma è falso)
● disagio nel giocare (aspetto che dimostra un blocco alla creatività)
● precedenza ai fattori pratici ed economici immediati
● scarsa capacità di trasformare e modificare le proprie idee
● convinzione che il dubbio sia socialmente sconveniente
● eccessiva fede nella logica della ragione
● esaltazione dello spirito di gruppo che porta al conformismo (eccessiva adesione
all’idea del gruppo non porta all’interazione e scambio di idee ma al conformismo,
forma di appiattimento

Blocchi di tipo emotivo:


● paura di sbagliare o di passare per stravaganti
● paura di sentirsi isolati dagli altri
● arresto del pensiero per insicurezza all’apparire di un’idea originale
● incapacità di andare oltre la prima idea trovata
● diffidenza di fronte ai superiori, ai colleghi, ai collaboratori
● incapacità di rilassarsi o di lasciarsi andare
● desiderio patologico verso il conosciuto e la sicurezza
● difficoltà a cambiare il modello di pensiero
● dipendenza eccessiva dall’opinione altrui
● mancanza di risorse per passare dall’idea alla sua realizzazione
● scarsa opinione di sé

Di tipo percettivo:
● incapacità di interrogarsi oltre l’evidenza
● incapacità di distinguere tra causa ed effetto
● difficoltà a definire il problema e a scomporlo in elementi di base
● difficoltà a distinguere tra fatti e problemi
● incapacità di utilizzare tutti i sensi nel processo creativo
● difficoltà a percepire relazioni insolite tra idee e oggetti (es: capire che gusto ha un
cd, usare un senso lontano da quelli comunemente utilizzati per l’idea creativa su un
ogg)
● punti di vista troppo stretti
● il ritenersi non creativi

Caratteristiche di un ambiente creativo:


promuove il senso di sfida, autonomia, dinamismo, fiducia e apertura, un contesto che
promuove il tempo per le idee (es google), favorisce divertimento e umorismo (problem
solver), supporto alle idee (le facilita), stimola dialogo e discussione, favorisce l’assunzione
del rischio, la capacità di governare i conflitti e l’apprezzamento del gioco.
(i bambini nel gioco inventano, fanno le cose seriamente, si sfidano, fanno domande, si
divertono e competono, cose che anche nell’impresa sono necessarie pk possa generare
benessere per tutti gli stakeholder
il gioco elimina tristezza, odio, il tedio in quello che si fa, fa divertire creando la condizione di
“volgere lo sguardo altrove)
L’osservare mette in cantiere un pensiero di cui non siamo consapevoli e che uscirà nel
momento opportuno.

Alcune tecniche creative:


● Il paradosso = pensare di accostare due cose che sono diametralmente opposte (il
ghiaccio caldo, un esempio di paradosso è unire la matita con la gomma sopra per
cancellare);
● I 6 cappelli (di De Bono, studioso imp in materia di creatività), questa tecnica ci aiuta
a cambiare prospettiva, in un’organizzazione si simula di indossare di volta in volta
un cappello diverso:
cappello bianco rappresenta razionalità e neutralità,
cappello rosso: passionale, mosso dalle emozioni
cappello nero: negatività, trova problemi anche in situa perfette
cappello giallo: ottimismo
cappello verde: soggetto creativo per eccellenza, propone idee
cappello blu: sogg che deve organizzare, manager della situa, deve mantenere
ordinata la gestione;
● Ricorrere al pensiero laterale: ricorrere al pensiero non razionale ma quello
stimolante, fantasioso che si alimenta di associazioni mentali ed è contrapposto alla
razionalità, alla logica sequenziale, al ragionamento per deduzione, dimostrazione e
approfondimento.

FIDUCIA
(In cosa consiste, quali tipi ci sono e come può essere mantenuta nel tempo)
Definizione di fiducia: senso di affidamento e sicurezza che viene da speranza o da stima
fondata su qualcosa o qualcuno.
La fiducia si può formare a due livelli:

Speranza→fiducia per via emozionale (quando è frutto del primo incontro: es utilizzo per la
prima volta un servizio e mi ha ispirato fiducia, non ho info concrete in merito
all’attrezzatura /bene/persona, in questo caso la fiducia è l’effetto della comunicazione
verbale e paraverbale, quindi quello che una persona dice ma anche il suo atteggiamento)

Stima fondata→fiducia per via cognitiva: risente della reputazione dell’individuo,


dell’organizzazione.
Reputazione= immagine che quell’individuo/ organizzazione sviluppa nel tempo agli occhi
degli altri.
A volte la via emozionale si trasforma in cognitiva, altre volte c’è solo la via emotiva, altre
volte c’è diffidenza iniziale e poi si matura fiducia.
Effetti della fiducia nell’agire aziendale:
● Permette l’avvio e lo sviluppo dell’impresa consentendo di trovare terzi che credono
nell’idea
● Facilita la circolazione di conoscenza e di conseguenza la produzione di conoscenza
perché sgombra il campo per paura di poter perdere nella cessione della propria
conoscenza, cioè quando c’è fiducia non si teme di dire quello che si sa agli altri che
lavorano nell’impresa pk non si ha paura che il proprio sapere vada disperso o
sfruttato in modi non consoni
● Diffonde l’autonomia e la responsabilità, nonché la partecipazione creativa ai
processi decisionali
● Riduce la necessità di controlli
● Si accelerano i processi decisionali
● Soccorre alla razionalità nelle decisioni in un modo complesso
● semplifica la comunicazione
● riduce la possibilità di fraintendimenti
● aiuta la soluzione dei conflitti
● genera un clima positivo e senso di appartenenza
● rafforza la capacità di gestire le crisi
● sostiene l’immagine aziendale, quindi alimenta la reputazione
● agevola il controllo delle “voci di corridoio” che minano la stabilità delle relazioni
● consente di esprimere e lasciar fluire le relazioni

Come mantenere ed alimentare la fiducia ottenuta:


Non è una dotazione strutturale, è uno stato che va accudito continuamente, si può perdere
se il comportamento dei soggetti appartenenti all’impresa non è in linea con le attese degli
stakeholder.
E necessario non fare errori? No, dagli errori e dalle difficoltà , la fiducia può essere
rafforzata. Quello che non devo fare è ingannare.

Cosa occorre fare?


-occorre escludere l’opportunismo e la menzogna dall’azione delle persone che
appartengono all’impresa;
- essere sé stessi anche nei momenti di ansia e paura;
-praticare la sincerità;
-ascoltare le emozioni racchiuse nelle relazioni;

L’IMPRENDITORE E LA NASCITA DELL’IMPRESA: cap 3


(guarda film tucker: un uomo e il suo sogno→vedi trama)

7.03.22 LEZ 10
chi è l’imprenditore? quali sono i connotati tipici dell’imprenditore? quali sono le fasi della
nascita di un’impresa? +le dimensioni dell’agire imprenditoriale.

Art. 2082: “È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata


al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”
imprenditore è chi imprendere, che significa cominciare
impresa: organizzazione che cooordina

Connotati tipici dell’imprenditore:


intraprende nuove iniziative, sognatore, tenace, creativo, innamorato della propria attività, è
dotato di un livello di conoscenza tecnica riguardo all’attività che intende sviluppare,
soggetto innovatore, visionario. ottimista e dotato di intuito, ha fiducia nei propri collaboratori
e ispira fiducia, è una persona tipicamente ambiziosa, è un ascoltatore, è time-oriented
(risente della gestione del tempo e del momento in cui è opportuno compiere det azioni)
è osservatore, anticipatore non adeguatore rispetto all’evoluzione del mercato, è aperto al
cambiamento, ed è lui che porta il cambiamento, perciò è anche propenso al rischio, è
entusiasta, capace di credere in sé stesso e (caratteristica non comune a tutti) è capace di
credere in sé stesso, ma non ha un ego smisurato, rimane comunque umile.
Tante caratteristiche che si bilanciano per creare una figura equilibrata, sa gestire i momenti
di crisi ed è dotato di fantasia e del sogno.
Altra caratteristica importante è la curiosità.

L’imprenditore si caratterizza per: umiltà, sa ascoltare il contesto che lo circonda, si lascia


incuriosire, ha fantasia che serve per alimentare la creatività e il sogno, la creatività alimenta
anche la capacità di proporre cambiamenti, di sviluppare una propensione al cambiamento,
ha compassione, tenacia, fiducia (a doppio senso), ottimismo che genera l’atteggiamento
con cui l’imprenditore può garantire un supporto finanziario per il proprio business. Inoltre si
caratterizza per la propria propensione al rischio.

Come nasce un’impresa:


percorso in 5 step
1. fase del sogno: l’imprenditore sogna, cioè intravede un proprio ruolo nella società,
indipendentemente da quello che la realtà sembra suggerire, qualcosa che va aldilà
del reale, quando un imprenditore inizia a definire il suo sogno, inizia la sua missione
nella società e nel mondo dell’economia. Senza la carica di idealità che è implicita
nel sogno, non riuscirebbe a decollare perché ci sono tante difficoltà ad avviare
un’attività d'impresa. Quindi la capacità di sognare è la condizione necessaria per
essere imprenditore.
Il sogno non deve riguardare cose attinenti al mondo reale, è solo sognando cose
apparentemente impossibili che si possono proporre nel mercato prodotti innovativi.
Le innovazioni radicali sono dei prodotti totalmente nuovi (es: invenzione della
lavastoviglie ma anche la digitalizzazione). Risorsa necessaria: fantasia, ma anche
conoscenze tecniche e curiosità.

(problema attuale: dipendenza da risorse primarie dal petrolio e gas metano dalla russia che
comportano un rimbalzo della situa russa a liv di economia nazionale che ne sta risentendo)

2. fase dell’idea: consiste nella trasformazione del sogno in qualcosa di realizzabile, la


risorsa necessaria è la creatività associata alla tenacia.
Il processo creativo si sviluppa in quattro fasi:
-preparazione: raccolta di materiale ed info relative al problema che si sta valutando (pk è
necessario conoscere tutto riguardo al problema)
-incubazione: fase caratterizzata da confusione e non ha una durata prestabilita nel tempo,
può essere corta, lunga (a volte talmente lunga che genera demotivazione, pk il sogg teme
di non trovare soluzione al suo problema), accade a liv inconscio che tutte le info vengono
concatenate in modo logico, viene classificato quello che si è raccolto e organizzato in modo
logico. Occorre anche tenacia.
- illuminazione: attimo in cui all’improvviso arriva l’idea che consente di dare una veste al
sogno.
-verifica: valutare che l’idea sia realmente fattibile, a questo punto abbiamo trasformato il
sogno in qualcosa di concreto (film: beautiful mind).

3. fase del progetto: qui si compie un’attività importante, ossia si formula una
valutazione di fattibilità dell’idea in termini economico-tecnici, in questa fase si deve
predisporre il business plan, che è un documento composto da una serie di parti
necessario per valutare la fattibilità economico- tecnica di un determinato progetto.
Per comporre un business plan sono necessarie conoscenze specifiche
/professionali, che sono: competenze di marketing, finanziarie, di comunicazione,
manageriali, perché a partire dagli obiettivi, strategie è necessario sviluppare tutto
quello che si intende fare attraverso il nuovo progetto d’impresa, non solo in termini
astratti ma numerici, quantitativi (analisi della convenienza economica: parte che si
sviluppa nel business plan, ma anche durante la vita dell’impresa per valutare
l’avanzamento dei lavori).

4. fase delle relazioni: una volta che abbiamo definito il progetto, esso servirà da
supporto nell’attivazione delle relazioni, fase in cui l’imprenditore presenta la propria
idea nella società, affinché venga accettata e la società (=collettività) esprima la sua
fiducia nei confronti del sogg, ciò dipende dall’impegno dell’imprenditore nel
realizzare un business plan chiaro e che non veicoli aspettative eccessive, che
trasmetta entusiasmo e ottimismo, quanto più ci riesce, tanto più sarà la risposta in
termini di fiducia. Questa è la fase più critica soprattutto per i nuovi imprenditori,
perché non hanno capitali disponibili a sostegno dell’investimento quindi devono
appoggiarsi ad altri. Qualunque sia la via della fiducia che l’imprenditore genera, in
ogni caso deve generarla per poter essere finanziato.

5. implementazione del progetto: momento in cui si completa l’allestimento della


struttura e si avvia il processo produttivo con il gruppo di persone che sono state
scelte. In questa fase è importante da parte dell’imprenditore scegliere
adeguatamente i collaboratori e di programmare le attività e trasformare il gruppo di
collaborazione in una squadra.
Passare dal gruppo alla squadra: nella squadra si collabora per il comune obiettivo
da perseguire, nel gruppo si lavora individualmente. (quando si fa squadra ci si
sostiene a vicenda, mutua collaborazione per il conseguimento di un certo risultato).

(VEDI riassunto schema pp)

BUSINESS PLAN:
Cos’è? A cosa serve? (funzioni e condizioni di efficacia) Come è fatto?
è un imp strumento di valutazione economico-finanziaria (cap 11, paragrafo 11.5 pag 348), è
il documento col quale l’imprenditore può valutare in modo approfondito la fattibilità
economico-tecnica della propria idea di business, mostrandolo anche ai terzi finanziatori
dell’idea, al fine che possano convincersi della solidità finanziaria della proposta e la
convenienza economica.
Si concretizza in uno studio che include l’analisi del mercato, del settore, e della
concorrenza.
Dall’altra parte si concentra sull’azienda, su come essa può presentarsi (cioè con quali
obiettivi), con quali prodotti, strategie e forma organizzativa.
Questa visione/indagine sia dal lato dell’analisi di mercato che internamente all’impresa,
deve avere un orizzonte temporale di breve periodo che misura il grado di attrattività
economica e fattibilità finanziaria dell’iniziativa nel breve termine. Ma occorre anche proporre
la stessa analisi nel lungo periodo per far capire qual è la visione imprenditoriale di lungo
termine in modo chiaro e coerente. (al di là di quello che l’imprenditore vuole fare nel breve
termine per entrare nel mercato, e poi come intende muoversi una volta che è entrato nel
mercato.
Il business plan è il racconto del futuro di un’idea e per scrivere sto racconto sono
necessarie 3 cose:
- presenza dell’idea
- scansione del tempo
- buona capacità espressiva (la capacità di veicolare una buona idea dipende anche
dal livello espressivo del testo che si è scritto)

A cosa serve?
Ha due funzioni: internamente:
- serve come strumento di gestione e pianificazione dell’impresa
- mezzo di diffusione e condivisione dei valori e delle informazioni all’interno
dell’impresa
(una volta che l’impresa mette a disposizione dei propri collaboratori il business plan, vuol dire che
intende coinvolgerli nel perseguimento delle scelte strategiche che sono state programmate) ↓
Condizione di efficacia: costante opera di verifica e di aggiornamento del business plan al
fine di misurare eventuali scostamenti tra i risultati attesi e quelli effettivamente raggiunti
dall’azienda.
(Se voglio che il BP sia efficace non basta consegnarlo a tutti i dipendenti, devo fargli capire
quanto è importante)

In ottica esterna assolve altre due funzioni:


- consente di illustrare i progetti imprenditoriali ai terzi
- consente di generare fiducia in questi interlocutori
Condizioni di efficacia: formulazione di proiezioni il più possibile realistiche per non creare
nei possibili finanziatori false aspettative che possano venire disattese. Inoltre è necessario
fare ricorso a individui che siano professionisti e siano in grado di redigere un business plan
che sia coerente con la business idea, anche dal punto di vista della forma.

Come è fatto il business plan? Si compone di una serie di elementi, non c’è una struttura
obbligatoria. Deve contenere: (poi come vengano organizzati dipende dall’inventiva
dell’imprenditore e del professionista che lo redigono)
- idea imprenditoriale
- struttura organizzativa dell’azienda
- analisi del mercato di riferimento e più in generale del contesto in cui si inserisce
l’idea imprenditoriale
- il piano delle vendite del prodotto (cioè per ciascun anno quanti prodotti stimo
possano essere venduti)
- piano di produzione (quanti prodotti stimo posso produrre per ciascun anno)
- piano degli investimenti (dove e in che misura penso di dover investire nel corso
degli anni)
- piano economico-finanziario
- la valutazione del possibile impatto del progetto sul mercato economico-finanziario e
occupazionale
- la valutazione della sostenibilità dell’iniziativa
(sostenibilità: economica, ambientale e sociale, 3 ambiti nei quali viene valutata la
sostenibilità, per capire cosa sia possiamo pensare che abbiamo ricevuto questo mondo in
prestito dai nostri figli e non in eredità dai nostri genitori, cioè dovremmo trattarlo in modo
tale che i nostri figli possano beneficiarne come abbiamo fatto noi)

→Possibile struttura del business plan sulla pagina moodle (tabella 4 pag 353)

Analisi SWOT= strength, weakness, opportunities and threats.


I punti di forza sono sviluppati guardando l’impresa al suo interno (l’idea imprenditoriale e
l’organizzazione che penso di dare all’idea), i punti di debolezza sono le negatività collegate
all’idea imprenditoriale, quello che siamo in difficoltà nel risolvere.
Le opportunità sono gli aspetti positivi che provengono dal mercato o dal contesto
ambientale, le minacce sono gli aspetti negativi.
Dopo aver compilato le 4 caselle della swot analysis è possibile analizzare gli elementi
congiuntamente per tirare le conclusioni riguardo la situazione generale dell’impresa e
tradurre quello che abbiamo capito in iniziative a livello strategico.
Quindi se metto insieme i punti di forza con le opportunità, trovo come sviluppare i miei punti
di forza nel contesto favorevole al mercato, oppure mettendo insieme i punti di debolezza
con le opportunità cercare di superare le debolezze.
Se metto insieme i punti di forza con le minacce che vengono dal mercato posso capire
come difendermi dalle minacce grazie ai miei punti di forza.
Mettendo insieme punti di debolezza interni e minacce esterne posso identificare le strategie
di difesa per non soccombere.

8.03.22
SWOT consente di evidenziare, fare un’analisi interna ed esterna all’impresa e consente di
mettere a punto i punti di forza e debolezza dell’impresa e minacce e opportunità che
provengono dall’ambiente in cui l’impresa opera.

Punti di forza:
conoscenze, competenze, know how, brevetti e licenze, tecnologie innovative che sono di
proprietà, rete di distribuzione forte (rapporti di collaborazione con fornitori e distributori),
una forte brand image (immagine legata al brand) e alleanze competitive.

Punti di debolezza:
risorse finanziarie non adeguate, immagine di brand debole, carenze gestionali, rete di
fornitori/ rivenditori debole, tecnologie/ strutture obsolete, quindi costi unitari elevati.

Dal lato della domanda, in un'ottica esterna, possiamo avere come opportunità di sviluppo:
aumento della domanda, espansione in nuovi mercati, strategia di integrazione verticale
(implica che si svolgano più fasi del processo produttivo, dall’acquisto delle materie prime al
contatto col cliente finale, es di azienda totalmente integrata: ikea), altra opportunità:
acquisizione di tecnologie innovative protette da brevetto

Minacce:
nuovi entranti, potenziali concorrenti, il fatto che il consumatore possa cambiare il proprio
gusto e orientarsi verso altre tipologie di prodotti e produttori, presenza di nuovi fenomeni
sociali (guerre, ecologia), riforme normative.
(Le dinamiche esterne possono fungere da rivoluzione a una posizione strategica ben
organizzata).

Caratteristiche importanti per la nascita dell’impresa e per l’imprenditore:


Tutte le caratteristiche che abbiamo visto si traducono in 3 dimensioni che caratterizzano
l’azione dell’imprenditore:
- la dimensione dell'imprenditorialità: dimensione mentale, essere imprenditoriali, è la
capacità di innamorarsi di un sogno da perseguire con tenacia e con tutta l’energia
possibile. Ha a che fare con innovazione e sogno. Comporta la capacità di cogliere le
opportunità nei cambiamenti di scenario. Valutare le esigenze dei clienti-utenti.
(L’utente è specificatamente il destinatario dei servizi pubblici perché a differenza del
cliente ha un solo servizio del quale può servirsi per soddisfare la sua necessità. (es
di sanità pubblica ce n’è una). Determinare validi tempi d’azione, scegliere e
perseguire una missione.

- dimensione della leadership: capacità dell’imprenditore di guidare l’impresa verso il


cambiamento e motivare le persone che collaborano con lui. Dimensione relazionale.
Gestire i rapporti con gli stakeholder e abilità negoziali. Motivare le risorse umane
disponibili.

- dimensione della managerialità: ha a che fare con la capacità di gestire l’impresa


nella complessità dell’ambiente e di reperire le risorse, dimensione organizzativa.
Progettare e produrre economicamente beni e servizi. Reperire risorse tecnologiche,
reperire risorse finanziarie, reperire risorse di lavoro, perfezionare e far applicare
sistemi di controllo dei risultati.

Sono presenti nell'imprenditore ma non nello stesso modo, (di solito spiccano
imprenditorialità e leadership).

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COM’è FATTA L’IMPRESA?


L’impresa si compone di 4 parti: assetto istituzionale, substrato valoriale, apparato
produttivo e configurazione organizzativa
1. un assetto istituzionale: è la veste dell’impresa, cioè tutte quelle caratteristiche di tipo
giuridico ed economico che stabiliscono il ruolo della proprietà e del governo
nell’impresa. Mi dice qual è la forma giuridica e il ruolo della proprietà nella
condizione dell’impresa. Determinato da:
Forma giuridica= definisce a chi fanno capo i diritti e i doveri in capo all’impresa e/o
ai suoi proprietari. Ci sono diverse forme giuridiche, ognuna presenta caratteristiche
specifiche. Ai soci spettano diversi diritti e doveri.
Ruolo della proprietà: la proprietà e il soggetto economico,
Quando proprietà e governo sono a capo di persone distinte, chi si occupa del
governo sono i manager, e questi costituiscono la tecnostruttura (caso
dell'imprenditore manageriale). Sulla base della coincidenza o meno tra proprietà e
governo abbiamo 3 tipi diversi di capitalismo in Italia:
- capitalismo familiare in senso stretto, cioè composta, gestita e governata
unicamente da membri della famiglia di piccole / medie dimensioni. Non ci sono
manager professionisti;
- capitalismo familiare in senso lato nel quale ci sono familiari in azienda, la
proprietà e governo non coincidono del tutto, la proprietà è tutta in mano della
famiglia ma non tutta la famiglia ricopre la funzione di governo, ci sono attività svolte
da manager esterni;
- capitalismo manageriale: proprietà e governo non coincidono, qui non ci sono
familiari in azienda, gestione interamente affidata ai manager.

L’aumento delle dimensioni dell’impresa comporta un aumento della complessità gestionale


e un aumento delle risorse finanziarie di cui l'impresa ha bisogno, perciò si tende a orientarsi
verso una gestione manageriale, quindi dall’impresa familiare in senso stretto, all’impresa
familiare in senso lato per poi arrivare all’impresa manageriale.

Ci sono anche grandi imprese familiari in senso lato tipo Barilla, ma nel contesto ita non
sono molte, quando si raggiunge una certa dimensione aziendale e produttiva si tende ad
orientarsi verso una gestione prevalentemente manageriale.
I manager tendono a soddisfare le esigenze della proprietà quindi degli shareholder che
vogliono vedere massimizzata la propria quota azionaria (=imprese quotate in cui bisogna
produrre una rendicontazione trimestrale)

Le imprese manageriali quando sono quotate coincidono con le fabric companies (piu
presenti nel tessuto territoriale statunitense, dove il capitalismo in senso manageriale è
molto più forte e le grandi multinazionali sono svincolate dall’essenza della famiglia)

2. un substrato valoriale: insieme di valori sui quali si fonda l'attività d’impresa


Alla base dell’impresa si trovano idee, convincimenti, principi che plasmano il suo modo di
essere e di comportarsi ed essi si chiamano cultura o orientamento strategico di fondo
dell’impresa.→ Capire la cultura, l’orientamento di fondo è fondamentale per capire
l’impresa.
“Substrato valoriale” richiama i valori che sono i principi guida che ispirano l’agire
imprenditoriale, sostanzialmente sono relativi.
Onestà, coerenza, umiltà, rispetto, fedeltà, integrità→ questi sono meta-valori pk
dovrebbero essere condivisi a livello globale, quindi sono indipendenti dal popolo che li
osserva. A volte i valori sono un punto di contatto con quello che è lecito o meno, ma non
coincidono con quello che è legge, posso rispettare la legge senza rispettare i valori.
Es: sostenibilità ambientale come valore, il valore sta a monte delle norme.
I valori sono principi guida che ispirano l’agire umano, i metavalori sono
universalmente riconosciuti, altri valori sono relativi e dipendono dalla cultura del
singolo popolo/ nazione, es: valore del decoro personale/ decenza, se lo stato
interviene con una norma sull’abbigliamento nelle città turistiche significa che il
decoro della persona non è un valore assoluto.
Un valore assoluto può essere la non violenza, un valore relativo può essere
indossare il velo come segno di rispetto.
Legato al mondo dell’impresa, un valore assoluto è l'onestà che connota l’agire di
tutti, mentre un valore relativo può essere la sostenibilità sociale, perché non tutte le
realtà imprenditoriali sono orientate per garantirla, quanto meno si limitano al rispetto
delle regole. La cultura influenza la lettura dei valori.

3. apparato produttivo: processo di trasformazione nell’impresa. L’attività produttiva nel


corso del tempo si è evoluta, passando attraverso:
- autoproduzione e autoconsumo (al massimo nelle prime forme di scambio si
produceva un po’ di più per scambiarlo con il vicino)
- botteghe artigiane (i mastri artigiani lavoravano per mestiere)
- sistema di fabbrica (processo di industrializzazione)
Nozione di produzione: concetto che si può intendere
- in modo ristretto: come processo fisico di trasformazione di risorse in beni materiali;
- nozione allargata: processo di creazione di beni e servizi per il soddisfacimento dei
bisogni umani (quindi il cuore dell’attività d’impresa);
Anche questa differente interpretazione del concetto di produzione è frutto di uno sviluppo
temporale, prima esistevano prevalentemente beni poi si sono sviluppati i servizi ed è
cambiata l’idea della produzione.
Ci sono diversi tipi di produzione in funzione del fattore produttivo prevalente:
- produzioni capital intensive, tipiche delle fabbriche, dove ci sono tante attrezzature,
tanta tecnologia e pochi addetti
- produzioni labor intensive: alta intensità del lavoro umano (soprattutto artigiane)
- produzioni high tech: innovazione tecnologica per la digitalizzazione, più avanzate
per processi e servizi
Ruolo della funzione di produzione nell’attività complessiva dell’impresa: è il cuore
dell’impresa, è importante il suo collegamento con le altre funzioni aziendali come marketing
ma anche approvvigionamento, finanziamento.

Le decisioni di produzione sono critiche perché vincolano l’impresa per lunghi periodi di
tempo (pluriennale), una volta questa funzione era riservata agli ingegneri, ora riguarda
anche il management pk le decisioni influenzano la competitività dell’impresa,
L’impresa è competitiva quando è efficiente (+ ricavi per - costi), efficace, mejo qualità dei prodotti,
capacità di rendere unico il prodotto nella mente del cliente→strategia, ottenere un particolare livello
di qualità e garantirlo anche di fronte a una riduzione dei costi, poi
● l’elasticità= l’impresa è in grado di rispondere a variazioni quantitative della
domanda senza incorrere in un eccessivo aggravio di costi, cioè con la mia
dotazione di strumenti e attrezzature sono capace di rispondere a un incremento
della domanda senza dover sostenere più costi. La domanda può subire un
incremento congiunturale o strutturale.
● flessibilità= fa riferimento alla capacità dell’impresa di far fronte a variazioni
qualitative della domanda senza incorrere a un eccessivo aggravio di costi, tali
variazioni possono essere ad es la richiesta di un cliente per un prodotto
personalizzato, per soddisfarlo è necessario avere una dotazione tecnica flessibile, a
questo proposito si utilizzano diversi tipi di software per consentire una gestione dei
macchinari che permetta di modificare il processo produttivo per adattarlo a una
domanda personalizzata: automazione flessibile (l’automazione flessibile è un nuovo
sistema produttivo che si basa sull’uso di robot industriali capaci di flessibilità tale da
cambiare rapidamente il tipo di produzione.), posso essere flessibile incrementando i
costi oppure con la standardizzazione.
● Time to order (o lead time di produzione)= tempo che intercorre dal momento in cui
il cliente effettua l’ordine al momento della consegna del prodotto, più questo tempo
è ridotto, maggiore è la competitività dell’impresa.
ex post: si valuta la qualità del processo produttivo dopo che si è già prodotto
ex-ante:Total quality management: prima che si avvii il processo produttivo, si valuta la
qualità ad ogni fase del processo produttivo.
Produrre non è una cosa semplice, esempio: la fiat tipo: 12 versioni, 7 motori, 3
allestimenti…
In teoria 385.560 combinazioni.

Obiettivi della produzione: riprendere gli aspetti nei quali i fattori della produzione possono
contribuire a migliorare la competitività dell’impresa.
● efficienza, flessibilità, elasticità, qualità, tempi, lavoro non troppo ripetitivo,
sicurezza/salute, controllo inquinamento(=rispetto dell’ambiente).
La funzione di produzione non deve comportare un lavoro troppo ripetitivo per i dipendenti e
prestare attenzione alla sicurezza del cliente finale.

Quanto dobbiamo produrre? Dove produciamo? Chi produce?


Quanto produrre? per rispondere dobbiamo introdurre il concetto della capacità
produttiva, è la produzione massima ottenibile da un impianto o da un insieme di
impianti, date certe condizioni di funzionamento. Può essere di due tipi:
- nominale: produzione massima ottenibile (stime, valori potenziali misurati prima di
avviare il processo produttivo, non è un dato certo) in un tempo base (=unità di
misura del tempo) durante il quale non si verificano interruzioni, rallentamenti ma ci
siano le condizioni ideali di funzionamento, durante il quale si produce un quantitativo
massimo di prodotti. Quando si parla di un impianto, macchinario, viene definita da
chi lo produce, cioè chi lo realizza ci dice che in condizioni reali di funzionamento,
tale impianto è in grado di dare tot prodotti all’ora.
- effettiva: massima produzione ottenibile da impianti e/o macchinari sempre in un
tempo base (arco temporale definito) tenendo conto delle reali/ probabili condizioni di
funzionamento, stima fatta dall’imprenditore che sa quali sono le reali condizioni di
utilizzo dell’impianto. Non coincide con la produzione ottenuta, non è il numero di
pezzi ottenuti ma è il potenziale massimo di pezzi ottenibili considerando le probabili
condizioni di funzionamento ed è anch’essa stimata ex ante dall’imprenditore.

Quindi la differenza tra le due è che l’imprenditore conoscendo la propria realtà produttiva
tiene conto di una serie di fattori.
I fattori che consentono di passare dalla capacità prod nominale a quella effettiva sono:
● qualità delle materie prime,
● professionalità degli addetti,
● tempi di fermata (=derivanti da guasti ad esempio, che si possono prevedere fino a
un certo punto, si possono eliminare con un’attività di manutenzione preventiva, o
ordinaria o straordinaria, o momenti nei quali la produzione del servizio va sospesa
per fattori contingenti, es per fattori atmosferici. minori sono i tempi di fermata
maggiore sarà la coincidenza tra capacità produttiva effettiva e nominale),
● organizzazione del lavoro (turnazione del lavoro per quei lavori che devono essere
continuativi, che se vengono interrotti sono enormi i costi per riavviarli). Migliore è
l’organizzazione del lavoro, maggiore sarà la possibilità che la capacità produttiva
effettiva eguagli quella nominale.

Capacità produttiva: è una potenzialità produttiva (stima, ex ante)


produzione: si misura ex post, quantità di output effettivamente ottenuta
produttività: efficienza tecnica, capacità di utilizzare al meglio una certa risorsa

Economie da sfruttamento:
Sono il fenomeno per cui i costi totali unitari di produzione diminuiscono al crescere della
quantità prodotta per effetto di una ripartizione dei costi fissi su un maggiore volume di
produzione. I costi fissi sono quelli che l’impresa sostiene sempre indipendentemente dalla
quantità prodotta (es affitto), ci sono anche costi variabili che dipendono strettamente dalla
quantità che io produco, (materie prime).
Il costo totale di un prodotto diminuisce al crescere della quantità prodotta per effetto della
ripartizione dei costi fissi su un numero maggiore di prodotti realizzati.

(riguarda spiegazione piano cartesiano)


Condizioni necessarie per analizzare le economie da sfruttamento: che la capacità
produttiva sia costante.

economie di scala:
Fenomeno per cui i costi tot unitari di produzione diminuiscono per effetto di una dimensione
produttiva maggiore, cioè se la mia dimensione produttiva= capacità produttiva, aumenta nel
lungo periodo, allora avrò una riduzione dei costi tot unitari quindi avrò lo stesso fenomeno
che accade per le economie da sfruttamento ma mentre queste ultime fanno riferimento a un
orizzonte tempo breve e una quantità produttiva data, le economie di scala invece fanno
riferimento all’aumentare della scala produttiva.
Quando la capacità produttiva aumenta, il costo totale unitario si abbassa.
I risparmi dovuti alla scala di produzione dipendono da:
- relazione area-volume: deriva da una legge di non proporzionalità tra i costi di
realizzazione dei grandi manufatti (=fabbricati industriali, raffinerie, cisterne) e la
capacità produttiva che in essi si può generare. Nella realizzazione di questi grandi
manufatti si è osservato che i costi per realizzarli sono strettamente collegati all’area.
Il costo tipicamente si misura in metro quadro, mentre la capacità produttiva è
direttamente proporzionale al volume del manufatto, quindi il costo di realizzazione di
un nuovo investimento è pari alla superficie ,ma la capacità produttiva è pari al
volume e il costo. Quindi la capacità produttiva aumenta di molto rispetto al costo
totale unitario.
- legge dei grandi numeri che deriva dalla statistica, afferma che più un fenomeno
diventa grande più è prevedibile/regolare (se lancio la monetina, all’aumentare delle
volte che la lancio, il fenomeno tende a stabilizzarsi quindi ci sarà un’ampia
possibilità di avere testa o croce), all’aumentare della domanda e quindi della
dimensione produttiva per soddisfare questa domanda, la domanda stessa diventa
più regolare riducendo la necessità di scorte, le scorte per poterle mantenere in
magazzino rappresentano un costo fisso. Ecco perché all’aumento della domanda
che tende a diventare stabile, è meno necessario tenere scorte in magazzino quindi i
costi hanno un andamento meno che proporzionale rispetto all’aumento del volume
produttivo e la conseguenza è la riduzione del costo totale unitario.
- costi di progettazione e installazione: costi che devo sostenere per acquistare e
installare un nuovo impianto, questi costi si sostengono una tantum cioè una sola
volta prima di iniziare la produzione, dopodiché non vengono più sostenuti. Il loro
ammontare è indipendente dal numero di impianti che inserisco nella catena
produttiva, quindi al numero di prodotti che vado a realizzare. Se ho una dimensione
produttiva maggiore, quel costo inciderà sempre meno.
- specializzazione del lavoro: ognuno può fare in modo più attento un compito
specifico e questo consente una migliore divisione dei compiti, maggiore velocità
nell’esecuzione dei compiti e una maggiore efficienza generale e di conseguenza
risparmi dal lato dei costi.
- imperfetta divisibilità di alcuni fattori: ci sono alcuni fattori prod che non possono
essere inseriti nel processo produttivo in misura inferiore rispetto ad una quota
minima per cui non vengono adeguatamente sfruttati fintanto che l’impresa non ha
certe dimensioni, rimangono parzialmente sfruttati finché l’impresa non diventa
sufficientemente grande. Questi fattori sono ad esempio il compenso spettante al
dipendente che svolge attività amministrativa (posso avere un dipendente o 2, ma il
costo di 2 è doppio rispetto a 1 dipendente, ma se io ho un’impresa di piccole
dimensione può essere sufficiente che faccia ricorso a terzi con un servizio
professionale per coprire le mie necessità contabili, amministrative, se comincio a
crescere ho bisogno di un addetto che svolga queste attività, se le dimensioni
diventano maggiori, da 1 dipendente può essere necessario averne un altro, quando
ho bisogno di più di una persona, la seconda persona per un po’ sarà un costo non
sfruttato in modo efficiente = imperfetta divisibilità.

Riguardo le economie di scala: questo andamento decrescente non va all’infinito, anzi, si


arriva a un punto in cui questa tendenza cambia. Nelle imprese di produzione si hanno le
economie di scala ma anche nelle imprese di distribuzione.
Il fatto che i costi tendano a diminuire all’aumentare della capacità produttiva, non è un
fenomeno che tende all’infinito, arriva al punto minimo che si chiama DIMENSIONE
EFFICIENTE MINIMA (DEM), oltre la dem i costi si stabilizzano, per cui rimangono allo
stesso liv basso ma stabili, fino al punto di DIMENSIONE OTTIMA MASSIMA (DOM)
superato il dom, la tendenza dei costi tot unitari a diminuire si inverte, generando il
fenomeno delle diseconomie di scala.
Questo accade per tre problematiche:
- quando la dimensione aziendale diventa particolarmente grande si incontrano
problemi di coordinamento che implicano dei maggiori costi a livello manageriale
- limitata disponibilità di alcuni fattori produttivi: ci sono fattori produttivi per i quali non
è così facile averne in quantità illimitata e quando la risorsa è scarsa, il suo costo di
approvvigionamento cresce.
- limitata possibilità di assorbimento da parte del mercato. la domanda arriva fino ad
un certo punto nel richiedere un determinato prodotto, se voglio accrescere la
produzione la devo sostenere con un'adeguata politica di comunicazione e di
marketing,che però comportano costi aggiuntivi.
- quando la dimensione aumenta, è difficile controllare tutto il processo produttivo, per
cui si verificheranno maggiori sprechi e rimarranno tali perché di questi sprechi è
difficile rendersi conto rapidamente

ECONOMIE DI APPRENDIMENTO:
Fenomeno che presenta lo stesso andamento delle economie di scala e da sfruttamento
(sull’asse y costo totale unitario, sull’asse delle x, che è il valore che varia, c’è il valore della
produzione cumulata).
Economie di apprendimento: fenomeno per cui ripetendo la stessa attività per un numero
elevato di volte, si acquisiscono competenze che consentono di velocizzare e migliorare il
processo produttivo, quindi i costi associati alla realizzazione del singolo prodotto
diminuiscono. Questa rappresentazione rispetto alle altre tiene conto della variabile tempo.
Posso beneficiare delle economie di apprendimento a seguito del passaggio del tempo,
attraverso il quale miglioro il mio apprendimento e sono più efficiente ed efficace nel
realizzare un certo tipo di attività produttiva (si diventa più rapidi ed esperti).

ECONOMIE DI SCOPO (AMPIEZZA/ INTERRELAZIONE):


Questa forma di relazione tra costi e capacità produttiva non ha un grafico, unica forma di
economia gestionale che non ha un grafico. In questo caso il risparmio di costi è connesso
al fatto di svolgere in comune una o più attività.
I costi derivanti dallo svolgere singolarmente attività distinte sono maggiori rispetto al caso in
cui queste attività vengano realizzate in modo combinato. Questo fenomeno è conosciuto
col nome di sinergia: quando in positivo lo svolgimento combinato di due azioni non dà
come risultato la somma delle due ma dà una somma maggiore, e quando lo svolgimento di
due azioni o attività non comporta un costo che è pari alla somma dei costi delle singole
attività ma è un costo inferiore. es. unico pianale utilizzato per due/tre tipi di punto.

Primo grande problema in ambito di produzione: PROBLEMA DI DIMENSIONAMENTO


DELLA CAPACITÀ PRODUTTIVA: → cioè quanta capacità produttiva è conveniente che
l’impresa abbia. per rispondere a questa domanda è necessario capire qual è l’obiettivo che vogliamo
conseguire con la capacità produttiva di cui ci vogliamo dotare. Questo obiettivo è duplice:
- minimizzazione del costo unitario di produzione
- minimizzazione del rischio (il rischio che i prodotti non trovano accoglienza sul
mercato, ma anche il rischio puro: es un incendio in magazzino)

Posso osservare l’andamento di alcune variabili come:


● i volumi di vendita previsti e la relativa forma della curva di domanda: a seconda del
tipo di produzione che sto realizzando posso avere una curva di domanda che ha
molteplici forme, può essere instabile, stagionale (incremento durante una stagione e
brusco calo: domanda a picchi), o domanda ciclica (perché ha una crescita e una
decrescita e quest’ultima è meno rapida), in base alla forma della mia curva di
domanda posso decidere il dimensionamento e le decisioni che posso prendere sono
due:
- puntare al valore di punta della domanda
- dimensionarla a un valore medio della domanda
Non c’è una dimensione migliore dell’altra, eccetto per le imprese di servizi pubblici,
sono obbligate a posizionarsi alla punta della domanda (per garantire la fruibilità del
servizio), ma anche i servizi in generale tendono a focalizzarsi al massimo livello
della domanda, cioè essere in grado di soddisfare sempre gli eventuali incrementi
della domanda ma anche sostenere costi di scorta sostenuti nel momento in cui la
domanda si abbassa notevolmente.
Quindi volendo vedere svantaggi e vantaggi di un posizionamento e dell’altro:
- I vantaggi di posizionarsi al picco della domanda sono: riesco a soddisfare la
domanda anche se è particolarmente alta (questo mi rende competitivo), lo
svantaggio è: costi da sostenere se la domanda non è pari al picco (quindi
avrò impianti non utilizzati);
- Vantaggi del posizionamento medio: ho meno costi di magazzinaggio e
stoccaggio perché produco meno, posso rendere più efficiente il processo
produttivo. Posso anche sfruttare al meglio le risorse aziendali; es posso
decidere di lavorare a turni per non dover affrontare la spesa dello stoccaggio
a magazzino, lo stesso è per le materie prime e per le scorte di prodotti finiti.
Quando dimensiono al valore medio posso fare riferimento a contratti di collaborazione con
terzi, per acquisire la capacità produttiva che mi manca, quindi ipotizzare di attivare relazioni
con terzi quando non riesco ad arrangiarmi per la copertura di richiesta di prodotti (logica di
flessibilità).

● la natura e le modalità di approvvigionamento delle materie prime (se ho a che fare


con materie prime stagionali devo stoccarle per garantire la loro produzione tutto
l’anno), in funzione delle caratteristiche della materia prima devo gestire il processo
produttivo.

● eventuali strategie di occupazione del mercato: es se voglio adottare una strategia di


penetrazione del mercato dovrò mantenere basso il prezzo del prodotto perchè la
domanda possa essere stimolata ad acquisire il mio prodotto, ma se la domanda del
mio prodotto aumenta devo avere la capacità produttiva necessaria alla
soddisfazione della domanda.

Per affrontare le variazioni qualitative della domanda si fa ricorso all’innovazione


tecnologica: quindi unire i vantaggi del processo produttivo standardizzato che consente di
realizzare tanti prodotti identici a un costo contenuto, unire questo aspetto alla flessibilità che
consente di realizzare prodotti personalizzati. Da questa unione deriverà l’automazione
flessibile, che si ottiene applicando le tecnologie informatiche ai macchinari e questo
consente di ridurre la divergenza tra varietà e costo. Per poter avvicinare queste due
dimensioni, devo applicare la tecnologia informatica al processo produttivo.
Programmi adoperati per la realizzazione dell’automazione flessibile:
FMS (=flexible manufacturing system), CAD (=computer aided design) e CAM (= computer
aided manufacturing).

Vantaggi dell’automazione flessibile:


- posso garantire la varietà della mia offerta
- beneficiare delle economie di ampiezza o di scopo
- riduzione immobilizzi in scorte: perchè sono in grado di cambiare le impostazioni nel
processo produzione nel momento in cui vi fosse un cambiamento nella domanda
- velocità del ciclo di trasformazione (ossia di produzione in senso stretto)

● Dove produrre?
problema che riguarda due ambiti, significa: come disporre internamente le
attrezzature, impianti e macchinari per garantire la max efficienza del processo
produttivo. Per capire dove produrre devo fare una distinzione tra ottica interna e
ottica esterna. In ottica interna il problema del dove produrre si chiama:

LAYOUT di produzione→ consiste nella disposizione fisica delle strutture edilizie, degli
impianti, delle macchine, delle attrezzature e dei posti di lavoro all’interno della fabbrica.
(dove ho la mia sede produttiva come sono disposti gli edifici?, come dispongo le macchine
in un edificio. Qual è la successione migliore dei posti di lavoro?) (Alternativamente possono
esserci processi produttivi che beneficiano maggiormente di isole di lavoro distinte)
Obiettivi del layout:
- ottimizzare uso e spazio
- creare migliori condizioni di lavoro

● E dove localizzare i miei impianti produttivi a livello geografico?


scelte di localizzazione basate su fattori:
● naturali (fanno riferimento alla presenza di risorse naturali caratteristiche
fisiche e ambientali dove approvvigionarsi per l’acquisizione delle materie
prime o luoghi adatti al mercato di sbocco)
● agglomerativi,( ragioni che hanno portato alla nascita dei distretti industriali,
nascita dell’atmosfera industriale)
● correttivi:( interventi effettuati dallo stato per orientare la localizzazione delle
produzioni nelle aree che ritiene più idonee perché necessitano di politiche di
sviluppo)

● Chi produce?
Correlata all’organizzazione del processo produttivo. Per poter rispondere bisogna
tenere conto dei vincoli di ordine tecnologico, ogni impresa può organizzare in modo
diverso il proprio processo produttivo.
Le alternative sono due:
- decidere di produrre prevalentemente all’interno della nostra azienda,
perseguendo una strategia di tipo MAKE/ integrazione
- perseguire una strategia di tipo BUY/ decentramento, facendo produrre tutto
all’esterno e acquisendo il prodotto finito da vendere al consumatore
→Sono due scelte che fanno riferimento al processo produttivo:
La strategia di integrazione può essere di due tipi:
- orizzontale→ (L'integrazione orizzontale è l'espansione dell'attività dell'impresa a prodotti,
processi e know-how affini alla filiera tecnologico-produttiva già esistente.) ci riferiamo alla
capacità produttiva, per dire che l’impresa sta cercando di accrescere la propria capacità
produttiva attraverso investimenti industriali. Questa si svolge quando svolgo al mio interno
una fase produttiva nuova o svolgo completamente al mio interno una fase che prima era in
parte esternalizzata, perché se la domanda accresce il valore medio non è più adeguato e per
accrescere la mia capacità produttiva posso acquisire nuovi investimenti, quindi
un’integrazione orizzontale per via interna. Oppure integrazione orizzontale per via
esterna cioè procedo ad acquisire unità operative già esistenti.
(Questa è la strategia che adotto nell’ipotesi in cui si prefiguri un incremento della
domanda e ho bisogno di accrescere la mia capacità produttiva)
- verticale→ strategia di integrare le fasi precedenti o successive a quella che io svolgo
internamente. Utile il concetto di filiera di produzione dove ci sono tutte le imprese che
rientrano nella realizzazione di un determinato prodotto (dalla materia prima al prodotto
finito). Quando abbiamo l’integrazione verticale discendente cioè verso il mercato di
sbocco, se è un’integrazione verticale ascendente, va a monte, anche in questo
caso l’integrazione delle fasi a monte o a valle può avvenire per via interna,
acquisendo gli impianti e i macchinari ex novo, o per via esterna acquisendo imprese
che lavorano nelle fasi precedenti o successive rispetto a quelle che l’impresa svolge
al suo interno.

Le imprese che tipicamente ricorrono alla strategia di integrazione sono quelle che
appartengono al settore siderurgico, le cui fasi possono essere integrate facilmente, mentre
nel settore del mobile o tessile si ricorre prevalentemente all’esternalizzazione delle fasi
della produzione e quindi alla strategia di decentramento.
Due casi di imprese che sono particolarmente integrate sono: Ikea (eccezione pk fa parte
del settore del mobile dove solitamente prevale il decentramento), e Zara (anche questo fa
eccezione pk è settore tessile).

● Strategia di decentramento:
Si entra nel mondo dei rapporti tra imprese, dove il prodotto finale è frutto di interazione tra
l’attività di diverse imprese, spesso si tratta di piccole imprese. Questa collaborazione può
essere di diversi tipi, a seconda del grado di autonomia dei soggetti, del grado di specificità
delle competenze possedute e di continuità del rapporto.
Possiamo identificare tre categorie:
- relazione basata sulla gerarchia: esiste un rapporto di lungo periodo (continuità del
rapporto), la gerarchia è comandata da un’impresa (quindi non c’è autonomia dei
soggetti), c’è un soggetto che governa e gli altri sono sottoposti ad esso. C’è
specificità delle competenze in quanto ogni soggetto svolge una propria attività;

- modello del mercato: dove c’è un gruppo di imprese che si relazionano per un
periodo di tempo breve, non c’è continuità nei rapporti, c’è autonomia dei soggetti
perché ciascun soggetto ha la propria autonomia e la mantiene e ci sono anche le
competenze specifiche, manca solo la continuità dei rapporti. Le imprese si
relazionano con soggetti in base alla convenienza economica;

- rete o network: in questo modello ci sono tutte e tre le caratteristiche


precedentemente identificate. i soggetti (=chiamati nodo della rete) hanno
competenze specifiche, sono autonomi e hanno un rapporto di lungo periodo. Non
c’è un soggetto che domina sugli altri, e le competenze specifiche sono un valore
aggiunto del partner col quale si relazionano. Questo modello si sta sviluppando
sempre più. Nel modello di rete c’è un’impresa guida ma non governa le altre,
mantiene al proprio interno le proprie attività strategiche.
Benetton ha esternalizzato la maggior parte del processo produttivo e al proprio
interno realizza solo le fasi che ritiene essere più strategiche: progettazione, tintura e
controllo di qualità.
Un’estremizzazione dell’impresa a rete è l’impresa virtuale dove all’interno
dell’impresa c’è solo chi definisce le strategie e tutto viene svolto/ decentrato
esternamente.

In base all’oggetto del decentramento possiamo parlare di:


- capacità: utile per far fronte ad incrementi strutturali della domanda (es quando ho
una domanda con picchi stagionali e non ritengo conveniente dotarmi della capacità
produttiva interna capace di soddisfare tutta la mia domanda allora stabilisco
relazioni di lungo periodo basate sulla fiducia con altri produttori ai quali affido lo
svolgimento di parte dell’attività produttiva in modo che quando ho necessità posso
ricorrere a loro per colmare la capacità produttiva che mi manca) questo tipo di
decentramento segue la logica gerarchica. Il decentramento di capacità è un
concetto di lungo periodo in cui si sviluppano rapporti di fiducia.
- elasticità: capacità di far fronte a variazioni quantitative della domanda senza
accorrere a un eccessivo aggravio di costi. Se parliamo di decentramento di elasticità
vuol dire che ho una lacuna di elasticità che non riesco a colmare con la mia capacità
produttiva, devo ricorrere a collaboratori esterni, devo instaurare un rapporto di
decentramento di elasticità, che è occasionale ed è legato a un aumento
congiunturale della domanda cioè la domanda non ha variazioni che si ripetono in
modo strutturale ma sono variazioni che avvengono una tantum.
Quando si tratta di un incremento non previsto l’impresa non ritiene conveniente
effettuare investimenti per accrescere la propria capacità prod quindi si rivolge a
terzi, a costi contenuti per cui il rapporto si fonderà sulla convenienza economica
(scelgo chi mi offre la capacità produttiva di cui ho bisogno al miglior prezzo) quindi
abbiamo un decentramento che rispecchia il modello del mercato.
- specialità: decentramento che risponde a necessità qualitative, l'impresa in questo
caso è priva delle competenze necessarie per svolgere una determinata attività
produttiva, strettamente collegata a quella di sua pertinenza, e ricerca all’esterno
questa competenza di cui è sprovvista. In questo caso la relazione che si instaura è
di carattere continuativo, ognuno mantiene la propria autonomia, ognuno ha le sue
competenze quindi siamo nel caso del modello a rete.
Le prime due sono rivolte a colmare carenze quantitative legate ai volumi produttivi. Il terzo
caso ha una connotazione maggiormente qualitativa.
Quando siamo di fronte a scelte di make o buy, i rapporti vengono valutati sotto molteplici
punti di vista.
La scelta tra integrazione e decentramento viene condotta sulla base di criteri:
- economici: costi della produzione interna vs costi di transazione (=contempla tutti
quei costi necessari per acquisire le info sull’impresa partner per instaurare, definire
e tutelare un rapporto di scambio, più è alta la fiducia nei confronti del terzo, minori
saranno i costi di transazione)
- non economici: qualità, conoscenza, tempestività, potere.

● Decentramento= ricerca all’esterno di capacità produttiva o competenze per colmare


un deficit strutturale (se si tratta di competenze) o congiunturale (se si tratta di
capacità produttiva) che l’azienda presenta al proprio interno.
● Delocalizzazione= benché si riferisca alla produzione fa riferimento alla prospettiva
geografica, delocalizzare significa trasferire la produzione altrove,
indipendentemente da chi fa il processo produttivo.
● Outsourcing= concetto che parzialmente si avvicina a quello di decentramento, cioè
vengono esternalizzate delle attività, ma vanno oltre la produzione. Es: attività che
richiedono specifiche professionalità come la pubblicità, la creazione del brand o la
gestione del sistema informativo, l’attività di pulizia dei locali aziendali. Quindi attività
di diversa natura che possono essere sia di tipo strategico che operative ma vanno
oltre l’attività produttiva.

Come produrre?
Legato alla modalità di processo produttivo identificato. Possiamo decidere di produrre
seguendo il processo produttivo artigianale o industriale.

4. configurazione organizzativa: come sono gestiti i rapporti interni all’impresa

COME OPERA L’IMPRESA?

Prima cosa da fare è rispondere a una domanda: perché esiste? Perché il mondo sarebbe
peggio se la mia impresa non esistesse?
Le risposte servono per definire la mission dell’impresa, cioè la parte più profonda e
invariante della personalità dell’impresa, risponde alle due domande precedentemente
nominate.
Come definire la mission? Partiamo dalle nostre competenze e valori, basandosi su esse
l’imprenditore dice qual è la ragione per cui esiste la sua impresa, da essi deriva la mission.

Mission e vision sono due concetti differenti:


La vision è un sogno a lungo termine. è bene definire sempre obiettivi audaci e ambiziosi,
sempre leggermente fuori portata
La vision si costruisce calando la mission nel reale contesto in cui operiamo.
Le caratteristiche di una buona mission sono quelle di essere un enunciato breve, di impatto
emotivo, visivo, facilmente ricordabile.
Esempio: coca cola company’s mission statement: “to refresh the world in body, mind and
spirit”, poi coca cola propone la sua vision che è quella di guidare in ogni aspetto l'attività
descrivendo cosa vogliono raggiungere per poter continuare a crescere sostenibilmente.

Come si forma la decisione strategica:


definiamo la mission, calata nel contesto ambientale e tenendo conto delle forze di mercato,
consente di definire la vision, da essa si passa a definire obiettivi di carattere generale che
non sono ancora espressi in termini quantitativi.
A seguito degli obiettivi di carattere generale definiremo le strategie necessarie per definire
questi obiettivi ed entreremo poi nella definizione di obiettivi più specifici, meno ampli e più
targettizzati, non ancora quantitativi, e a questo punto definiremo le tattiche, dette politiche
che sono quelle linee di azione che consentono di agire nei singoli ambiti di attività.
Strategia e tattica derivano dal linguaggio militare e la prima è “vincere la guerra”,
paragonata al complesso dell’attività aziendale, le tattiche sono legate alle singole battaglie,
cioè come competere nella specifica battaglia.

17.03.22

CONCETTO DI STRATEGIA:
“comportamento imprenditoriale di lungo termine volto al raggiungimento degli obiettivi
primari di gestione definiti in funzione dell’evoluzione ambientale.”

Quando si usa l’aggettivo strategico si fa riferimento a qualcosa di importante


● Comportamento= richiama un’azione o un insieme di azioni con cui l’individuo
esterna la propria personalità nelle relazioni con gli altri all’interno dell’ambiente
(relazione e ambiente). Si tratta di un comportamento imprenditoriale, cioè attinente
all’imprenditorialità, che consiste nella propensione al cambiamento, e processi
innovativi, tipici dell’imprenditore.
● imprenditoriale di lungo termine= orizzonte temporale di riferimento, ci consente di
distinguere la strategia dalla tattica, la quale si pone in posizione strumentale rispetto
alla strategia, ma non si distinguono solo per la questione temporale, ma anche per
una limitazione legata allo spazio: la strategia ha una visione più ampia, la tattica è
maggiormente focalizzata, sviluppa un grado di dettaglio maggiore del piano
d’azione, ha maggiori margini di modificabilità ed è formulata a livello di middle
management, non top management come la strategia. es: se la strategia è la
differenziazione del prodotto, la tattica è la specifica campagna pubblicitaria da porre
in essere per raggiungere l'obiettivo strategico;
● indicazione degli obiettivi primari di gestione: rimarcano il concetto di lungo periodo e
rimandano alla definizione di strategia a livello di alta direzione (top management),
oltre al fatto che la strategia è difficilmente modificabile, una volta che ne ho scelta
una è difficile cambiarla perchè vuol dire trasformare l’identità dell’impresa, la
strategia deriva dalla mission, quindi dai valori di fondo che ha la mission.
Inoltre il cambio di strategia, se avviene, deve condurre l'impresa ad essere migliore,
in ogni campo.
Questi obiettivi primari sono obiettivi di carattere generale che definiscono a valle
degli obiettivi più specifici, delle tattiche misurabili e quantificabili. Gli obiettivi primari
discendono dalla mission e a valle si definiscono in termini di obiettivi specifici
misurabili e quantificabili attraverso azioni tattiche. Quindi li collochiamo tra la
mission e gli obiettivi specifici.
Missione e obiettivi generali costituiscono l’orientamento strategico di fondo che
risponde all’identità profonda dell’impresa, la parte più nascosta che poi si traduce
nel profilo strategico visibile.
Gli obiettivi primari discendono dalla mission e conseguono gli obiettivi più specifici e le
azioni tattiche.Gli obiettivi primari hanno carattere generale, quelli specifici sono legati a
contesti di azione circoscritti. Obiettivi primari e mission insieme rispondono a quelle
domande filosofiche (chi sono? dove vado? da dove vengo?) dell’impresa, quindi mettono a
fuoco l’identità profonda dell'impresa che non è visibile, quello che è visibile è il profilo
strategico.
Non può esistere una decisione strategica senza obiettivi da realizzare e questi non si
possono individuare senza avere ben chiara la missione che si vuole compiere.
Quindi ogni decisione strategica è influenzata dall’orientamento strategico di fondo.
La strategia è frutto di una decisione consapevole e intenzionale.

● definiti in funzione dell’evoluzione ambientale: la strategia è una cerniera tra


l’impresa e il suo ambiente di riferimento per cui la formulazione della strategia
richiede una conoscenza approfondita del contesto nel quale l’impresa opera, per
valutare se adattarsi, anticipare gli eventi o cambiare l’orientamento presente nel
contesto ambientale, quindi introdurre cambiamenti nell’ambiente.
Una strategia è di successo quando è coerente con l’ambiente e con i valori della missione,
risorse e competenze disponibili.
Dal punto di vista esterno la strategia è di successo quando è coerente con l’ambiente nel
quale l’impresa opera.

La strategia è
● un pensiero che si traduce in un insieme di azioni;
● orientamento al cambiamento
● proiezione di lungo periodo
● persegue obiettivi generali in coerenza con la mission aziendale
● formulata a livello di alta direzione (top management= colui che definisce e applica la
strategia, CEO, amministratore delegato, colui che sta al vertice e governa tutta la
gerarchia manageriale e operativa)
● relativamente vincolante: la strategia è vincolante nel breve periodo
● caratterizzata dall’intenzionalità: la mia scelta è frutto di un percorso di analisi delle
variabili in gioco e di definizione della mia decisione, quindi razionalmente decido
dove voglio andare. La strategia non sempre è frutto di una strategia intenzionale
perché ci sono sempre variabili che non si sono previste

Quella che il top management percepisce è la strategia deliberata, a questa si affianca la


strategia realizzata che è quella effettivamente implementata, che può divergere dalla prima,
magari per aspetti marginali; e poi abbiamo la strategia emergente: insieme di decisioni
prese dai manager che recepiscono la strategia deliberata ma che poi la devono adattare ai
cambiamenti dell’ambiente esterno (in funzione dell’evoluzione ambientale).
→APPROCCIO DI MINTZBERG

Quindi ogni strategia è frutto di una progettazione razionale che avviene in modo
centralizzato e di adattamento decentralizzato.
Tra l’altro gli individui hanno un livello di razionalità limitata perché non possediamo tutto lo
scibile possibile, non possiamo prevedere tutto, quindi la strategia razionale non è frutto di
una decisione razionale assoluta ma frutto di un percorso logico limitato da alcuni vincoli.

Oltre tutto ci sono una serie di fenomeni esterni che possono determinare uno scollamento tra la
strategia deliberata e quella emergente, la strategia emergente a sua volta può essere differente dalla
strategia effettivamente realizzata perché quest’ultima dovrebbe essere la concreta applicazione di
quello che si è definito a livello di top management, ma in realtà emergono elementi che necessitano
una presa di posizione da parte del management, elementi quali mutamenti nel contesto ambientale,
sociale (es.eventi bellici attuali stanno determinando una situazione emergente imprevista, per la
quale non sono in grado le aziende di prevedere la situazione futura, anche le persone che hanno un
certo bagaglio di conoscenze, ognuno vede il futuro da un diverso punto di vista, non c’è una
direzione sicura→ COMPLESSITÀ AMBIENTALE : l’emergere di questo fenomeno, di fronte alla
chiusura di possibili attività o rapporti commerciali, ci sono situazioni che comportano l’emergere di
strategie che non sono più il frutto di una strategia razionale ma sono l’adattamento della decisione
pianificata a quelli che sono i mutamenti del contesto, per cui se io opero in un settore e attingo a
risorse provenienti dalla russia, bisogna rivedere l’orientamento strategico.
Qui nasce la strategia emergente, che è frutto di intuito, fiuto imprenditoriale, di necessità
per uscire da condizioni critiche.

Non esiste una strategia, esistono diversi livelli di decisione strategica, non tutte le strategie
sono dello stesso tipo, ci sono sostanzialmente ⅔ livelli strategici:
● strategie complessive, o a livello corporate strategy: si va a definire il campo di
azione dell’impresa, scegliendo i settori e le aree strategiche d’affari (strategic
business unit) nelle quali l’impresa intende operare e competere.
● strategie competitive: definite a livello di singola area strategica d’affari (sbu) e
definiscono il comportamento competitivo dell’impresa a livello della singola area
strategica d’affari, cioè mi dicono come l’impresa ha deciso di fronteggiare la
concorrenza nella specifica area strategica d’affari.
Richiamo:
-Mercato =insieme degli atti di scambio che si manifestano attorno ad un prodotto e in uno
specifico ambito territoriale, il mercato contempla il concetto di relazione tra domanda e
offerta
-Settore: sinonimo di industria, non contempla l’idea della relazione, per cui parliamo di tutte
le imprese che sono produttrici di un determinato prodotto e che sono tra loro in
competizione. (facciamo riferimento solo al lato dell’offerta), per definire il settore si fa
riferimento alle categorie merceologiche proposte dall'ISTAT nel codice ateco, che riguarda
tutte le attività produttive, a ciascuna attività viene affiancato un codice che viene utilizzato
dalle imprese per iscriversi nella camera di commercio, serve per capire quali imprese sono
in competizione diretta tra loro.
-ASA o SBU: strategic business unit, è l’insieme dei produttori con prodotti in concorrenza
tra loro. Differenza tra ASA e settore: nell’ASA non si tratta di prodotti identici, sono solo
prodotti in concorrenza tra loro e la concorrenza può essere attuale, potenziale, dei prodotti
sostitutivi. Per capire l’asa dobbiamo ricorrere al modello tridimensionale proposto da:

● ABELL= fa un grafico cartesiano tridimensionale e dice che sono 3 gli elementi


principali che consentono di definire l’area strategica d’affari: i gruppi di consumatori
ai quali l’impresa intende rivolgersi con uno specifico prodotto, le funzioni d’uso che
l’impresa intende soddisfare con quel prodotto e le tecnologie utilizzate per realizzare
questo prodotto.
Quindi un’impresa può servire con lo stesso prodotto diversi gruppi di clienti con differenti
funzioni d’uso dello stesso prodotto venduto e con l'applicazione di diverse tipologie
produttive. es. impresa che produce vino, può destinarlo al canale delle enoteche, alla
grande distribuzione, o per il servizio al bar.. i target sono diversi ma il prodotto è lo stesso.

21.03.22

LA STRATEGIA COMPLESSIVA:
● Strategia che ci dice in quali strategic business unit l’impresa intende operare, in
questo modo la strategia complessiva contribuisce a definire il percorso di sviluppo
futuro dell’impresa.
● Strategie complessive principalmente orientate allo sviluppo dell’impresa; ma non ci
sono solo le strategie di sviluppo in un’impresa, ci sono anche ad esempio strategie
che riguardano l’uscita dal mercato: strategia di disinvestimento, anche la scelta di
uscire da un’asa specifica è una scelta strategica complessiva.
● è importante capire qual è il momento giusto per uscire da un mercato perché questo
non determini pesanti conseguenze per l’impresa. Se un’impresa opera in più aree
strategiche d’affari allora opererà in un’asa in meno. Se sono un’impresa focalizzata
in un’unica asa e decido di disinvestire, allora sto decidendo di chiudere la mia
attività.
● Ma anche le strategie di disinvestimento sono complessive.

Attualmente accanto alle strategie di sviluppo dimensionale e di disinvestimento, rientrano


nelle strategie complessive anche quelle di definizione di relazioni partnership, network di
imprese, le cosiddette alleanze strategiche= sono le possibili forme che rispondono al
network di imprese, modalità operativa particolarmente ricercata nel contesto odierno.

Per analizzare le strategie di sviluppo complessivo facciamo riferimento alla MATRICE DI


SVILUPPO DI ANSOFF (matrice mercato-prodotto). Ansoff è uno stratega studioso di
management che nel 1965 ha elaborato questa matrice, che è molto nota negli studi di
management, e offre una rappresentazione dei percorsi di crescita che le imprese possono
intraprendere.
La matrice si compone incrociando due dimensioni: quella dei prodotti e quella dei mercati,
per entrambe le alternative possibili sono l’esistente oppure il nuovo.

PRODOTTI:

MERCATI↓ esistenti nuovi

esistenti penetrazione mercato sviluppo nuovo prodotto

nuovi sviluppo mercato diversificazione

● Primo quadrante in alto a sx con l’incrocio tra prodotti esistenti e mercati esistenti:
quando l’impresa persegue la strategia di penetrazione del mercato: strategia di
sviluppo monosettoriale. L'impresa decide di continuare ad operare nella stessa area
di attività nella quale già opera con gli stessi prodotti. Si tratta di un mantenimento o
aumento della quota di mercato all’interno dello stesso mercato con gli stessi
prodotti. Per aumentare la propria quota di mercato e quindi realizzare una strategia
di penetrazione del mercato ci sono 3 alternative:
- convincere i propri clienti ad acquistare una maggiore quantità di prodotti creando ad
esempio nuove occasioni o funzioni d’uso. (es: le notti bianche che coincidono con
l'apertura di negozi in orario avanzato, generano una nuova occasione d’uso, altro
esempio: il vino che prima era vino da tavola, poi viene utilizzato per lo spritz).
- sottrarre clienti alla concorrenza
- acquisire nuovi clienti
La penetrazione del mercato può essere ottenuta attraverso uno o una combinazione di
questi strumenti competitivi: la differenziazione del proprio prodotto (il consumatore lo
percepisce migliore rispetto a quelli della concorrenza, perché il prodotto ha una miglior
qualità o ha servizi aggiuntivi);
Altro modo per incrementare la quota di mercato è quella di operare sulla leva del prezzo,
quindi ridurre il prezzo di vendita. Se parliamo di un’impresa che sul mercato è leader di
costo, agire sulla leva del prezzo non è problematico, anzi sarà una scelta efficace, sarà
anche efficace se per esempio abbiamo di fronte un cliente con una domanda
particolarmente elastica (cioè il cliente è sensibile a piccole variazioni di prezzo).

● Secondo quadrante: prodotti nuovi e mercati esistenti: sviluppo di nuovi prodotti:


strategia monosettoriale. Lo sviluppo del prodotto consiste nella scelta di continuare
ad operare nella stessa area di attività ma introduce nuove varianti di prodotto
attraverso ad esempio un’innovazione di tipo incrementale, quindi piccole modifiche
ma che possono portare un gran risultato in termini di benefici per il cliente.
Possiamo offrire nuovi prodotti modernizzando i prodotti già offerti oppure
accrescendo la profondità della linea dei prodotti con nuove versioni o nuovi modelli.

● Quando incrociamo prodotti esistenti con nuovi mercati avremo lo sviluppo del
mercato e l’ingresso in nuovi mercati: strategia monosettoriale e potenzialmente
internazionale. Continua a svolgere la stessa attività ma offre i suoi prodotti a diversi
mercati. Per metterla in pratica:
- sviluppo del mercato in senso geografico (nuovi mercati geografici) (nuovi
rischi ma anche diversificazione dei rischi);
- nuove tipologie di clienti/ funzioni d’uso (creare nuove funzioni per lo stesso
prodotto) (es: brioski/ bicarbonato, o anche la camomilla per impacchi lenitivi).

● Incrocio tra prodotti nuovi e mercati nuovi: diversificazione: unica strategia che parla
di sviluppo polisettoriale. Quando si parla di diversificazione ci può essere una novità
che è totale o che non è così radicale tra la produzione vecchia e quella nuova, (alla
vecchia viene affiancata quella nuova).
Esistono due tipi di diversificazione:
- Laterale: la situazione nella quale le aree strategiche d’affari nuove e
vecchie presentano relazioni, connessioni di carattere tecnico-produttivo
oppure di marketing, di distribuzione, di vendita. Carattere tecnico-produttivo=
ho la possibilità di utilizzare le stesse tecnologie di prodotto o processo, stessi
mercati di approvvigionamento, stesse materie prime per realizzare due
prodotti differenti. Connessioni di marketing si hanno quando si ha la
possibilità di usufruire dello stesso canale distributivo o della stessa
campagna pubblicitaria, così si consegue la cosiddetta economia di
scopo/ampiezza/interrelazione.
- Conglomerale: quando non ci sono connessioni di tipo tecnico-produttivo ne
di marketing o di distribuzione e vendita tra le asa vecchie e nuove, il che
significa che l’impresa decide di operare in asa totalmente differenti, così
ottiene una maggiore diversificazione del rischio. Es: un’impresa che opera
nel settore (michelin fa gomme e stelle per i ristoranti).
22.03.22
La diversificazione come tipo di strategia porta una serie di benefici: consente di ridurre il
livello di rischio, o meglio ripartire il rischio imprenditoriale su diverse attività.

● Le strategie di sviluppo monosettoriale: penetrazione, sviluppo prodotto, sviluppo


mercato, sono tutte di sviluppo intensivo che sono orientate ad ampliare la quota
della domanda (pag 278)
● sviluppo intensivo anche dal lato dell’offerta quando l’impresa acquisisce nuove
imprese già operanti (strategia orizzontale), cioè si dota di nuova capacità produttiva
● Accanto allo sviluppo intensivo, c’è anche lo sviluppo monosettoriale integrato che
consiste nell’estendere l'attività in fasi adiacenti rispetto a quella nella quale già
opera. Questa strategia si attua attraverso l’integrazione verticale, che consiste in
una integrazione nell’impresa della filiera produttiva e sarà un’integrazione a monte e
ci avviciniamo ai fornitori o a valle se ci avviciniamo al cliente finale.

● Sviluppo polisettoriale: l’unico possibile riguarda la strategia di diversificazione, la


quale riguarda sempre la produzione. Può essere conglomerale quando non c'è
correlazione tra aree strategiche vecchie e nuove, può essere naturale o correlata
quando ci sono connessioni correlate alla tecnologia del prodotto, assemblaggio,
quindi connessioni di tipo tecnologico o di marketing e distribuzione. La
diversificazione laterale può prevedere diversi tipi di collegamento tra aree
strategiche vecchie e nuove.

● Sviluppo internazionale. diversificazione geografica. Anche la scelta di svilupparsi su


nuovi mercati internazionale può consentire all'azienda di essere più bilanciata per
quanto riguarda il rischio (è la strategia che consente meglio di ridurre il rischio).
Lo sviluppo internazionale avviene per fasi successive: partendo dalla semplice
esportazione dei prodotti per arrivare a livelli di investimento nei mercati esteri più
impegnativi e rischiosi.
Le tappe sono:
1. esportazione di prodotti fabbricati nel paese d’origine (non sempre è la prima
fase)
2. stipulazione di accordi con produttori esteri per concessione (a loro) di licenze
di produzione.
3. vendita diretta delle proprie produzioni all’estero mediante creazione di
proprie strutture distributive. (implica che non solo si produce all’estero, ma
vende all’estero)
4. produzione e vendita diretta all’estero
5. costituzione all’estero di una o più imprese consociate o affiliate, dotate di
centri direzionali e di ricerca (c’è un rapporto di proprietà con l’impresa
d’origine)
6. organizzazione di unità aziendali integrate e si sviluppa una gestione di tipo
multinazionale dell’impresa.

Vantaggi di strategie complessive:


● aumento del fatturato perché possiamo applicare prezzi di vendita più elevati a
seconda del tipo di prodotto che offriamo o a seconda del paese in cui offriamo il
prodotto.
● maggiore efficienza dal lato dei costi, minori costi: economie di scala, da
sfruttamento
● maggiore efficienza in termini di gestione di alcune risorse indivisibili
(amministrazione, marketing, produzione, finanza)

Svantaggi:
● crescenza eccessiva: diseconomie di scala
● burocratizzazione, irrigidimento perché la struttura è eccessivamente grande
● connessa perdita di controllo sulla gestione e le imp difficoltà di coordinamento delle
varie attività aziendali
● quando siamo più grandi abbiamo maggiore possibilità di attirare concorrenza
● possiamo non avere personale adeguatamente formato, o possibilità finanziarie

Quando scegliamo una strategia di sviluppo a livello corporate dovremmo essere pronti a
stabilire le strategie competitive per essere certi di avere vantaggio competitivo.

Quando un’impresa ha definito in quali asa vuole operare, deve decidere come vuole
competere in ciascuna asa, tenendo conto delle risorse e competenze disponibili
nell’impresa.
Importante è considerare l’analisi swot, per capire come competere devo avere
consapevolezza di quali sono i miei punti di forza, debolezza, minacce e opportunità che
provengono dal contesto.
Le strategie competitive sono: la decisione presa a livello di singola area strategica d’affari
su come l’impresa decide di competere, qual è l’elemento sul quale l’impresa decide di
competere all’interno di ogni singola asa, in questa è necessario conoscere la concorrenza
presente nel mercato, quali sono i concorrenti che possono entrare nel mercato, cioè qual è
la concorrenza potenziale diretta (= possibili entranti nel nuovo mercato) e quali sono le
minacce provenienti dai prodotti sostitutivi (concorrenza potenziale indiretta).
Così posso arrivare a rilevare qual è l'aspetto sul quale voglio fondare il vantaggio
competitivo.

Prima fonte del vantaggio competitivo:


● leadership di costo: essere leader di costo significa essere l’impresa che offre il
prodotto al prezzo più conveniente, quindi riesco a sfruttare al meglio le risorse,
rapporto qualità-prezzo più conveniente. Funziona se il mio prodotto viene percepito
come paragonabile alle altre aziende e non inferiore. La diminuzione del costo
all’interno dell’impresa dipende dal fatto che io per esempio possa puntare
all’acquisizione di economie di scala, si basa sulle possibili economie di scopo,
dipende dal fatto che la mia capacità produttiva sia completamente sfruttata, dipende
dall’impiego di tecnologie nel processo produttivo, che consentono di realizzare
prodotti simili ma in modo molto più economico, dipende dai livelli di
standardizzazione che inserisco nel prodotto, e la standardizzazione consente di
ridurre i costi del prodotto pk viene replicato in modo identico senza dover
riprogrammare il processo produttivo. Anche la localizzazione del processo
produttivo influisce sul costo. Sono leader di costo nella misura in cui ho una forza
contrattuale che mi consente di esprimere la mia leadership (riesco a contrattare con
fornitori e acquirenti), altro aspetto sono le relazioni che io ho con i distributori.
La leadership di costo può essere conseguita nella misura in cui è maggiore
l’efficienza complessiva aziendale.
Domanda: quali sono i fattori che incidono sulla diminuzione del costo di produzione
nel caso in cui si valuti una strategia di leadership di costo?
Le vie per raggiungere la leadership di costo:
- Efficienza= a tutti i livelli, in particolare cercare di portare la capacità
produttiva effettiva vicino al valore di quella nominale, aumentare l’efficienza
di tutti i fattori produttivi considerati, promuovere l’innovazione di processo o
di prodotto (consente di migliorare l’efficienza ma anche la propensione a
generare valore), provvedere alla riorganizzazione geografica delle attività
produttive qualora queste non siano adeguatamente localizzate, identificare
nella propria catena del valore.
- Economie di scala e sfruttamento
- Analisi del valore: concetto introdotto da porter che ha studiato la catena del
valore, la quale serve a identificare tutte le attività che svolgo dal momento
del approvvigionamento alla vendita e una volta definito le attività presenti
nella catena del valore, metto in rilievo quelle che sono più critiche da un lato
e dall’altro quelle che mi generano più valore. La catena del valore serve per
valorizzare le attività che mi danno maggior valore e migliorare quelle che
hanno bisogno di essere incrementate perché sono un mio punto debole.

● differenziazione: consiste nell'offrire un prodotto percepito dal consumatore come


significativamente differente (migliore) rispetto agli altri prodotti presenti sul mercato
e ad esso paragonabili. La differenziazione di prodotto è una strategia competitiva. Di
per sé non significa che il prodotto è tangibilmente diverso, può capitare che ci sia
una differenziazione anche in senso fisico ma non è la regola, si tratta di una
differenziazione che coinvolge aspetti estetici, psicologici che influiscono sulla
percezione del cliente, il cliente percepisce tale prodotto come preferibile rispetto ai
prodotti della concorrenza. Quando l’offerta è particolarmente differenziata vuol dire
che esistono tanti piccoli sub segmenti all’interno del settore che funzionano come
piccoli monopoli nei quali ogni produttore ha il suo gruppo di clienti affezionati,
disposti ad acquistare unicamente il suo prodotto.
Più la differenziazione è accentuata più all’interno dei singoli mercati, ciascun
operatore può beneficiare della posizione di monopolista, cioè stabilisce il prezzo che
vuole e il cliente, riconoscendo che quel prodotto è preferibile a quelli della
concorrenza, è disposto a pagare il premium price, cioè quel prezzo aggiuntivo che il
produttore richiede.
Le vie per raggiungere la differenziazione:
- maggiore qualità intrinseca del prodotto;
- servizi aggiuntivi che posso offrire accanto al prodotto, e che lo rendono
preferibile rispetto a quello dei competitor
- arricchimento simbolico: esempio tutti quei prodotti che sono sinonimo di
status symbol (se ho le converse sono in un certo status symbol, se le ho
tarocche no).

● focalizzazione: si tratta di scegliere di concentrarsi in in un asa per operarci meglio.


Leadership di costo e differenziazione si possono adottare entrambe perché posso puntare
a mantenere basso il prezzo del mio prodotto ma fare comunque in modo che il mio prodotto
sia un simbolo (ikea e zara realizzano politiche che contengono sia l’arricchimento simbolico
del prodotto ma oltre a ciò non è un prodotto particolarmente costoso).

24.03.22
Differenziazione di prodotto (un prodotto e la sua asa) e diversificazione della
produzione (differenti asa). Sono due livelli strategici distinti, la prima è competitiva,
modificabile, la seconda di top management relativa all’azienda nel suo complesso,
difficilmente modificabile nel breve termine.
Dopo aver definito le strategie competitive, l’impresa subentra il sistema d’offerta
dell’impresa, sistema di offerta dato dall’insieme di variabili che definiscono il sistema
complessivo dell'impresa
4 p del marketing:
- product: per ciascun prodotto si va a definire il prezzo;
- price: se vendo un prodotto di lusso, non posso che collocarlo in una fascia alta di
prezzo, altrimenti non viene percepito il lusso collegato al prodotto;
- place (=distribuzione): scelta della distribuzione, capire se vendo il prodotto in ipermercati,
centri commerciali, negozi monomarca (o col nome dell’azienda), negozi individuati, non
catene di negozi come nei centri commerciali→ distribuzione selettiva o elettiva.
- promotion (=comunicazione) può essere di natura elettiva, destinata a particolari
categorie di persone in modo che raggiunga un potenziale cliente.

Questa 4 p rappresentano il marketing mix, decisioni che riguardano le varie politiche da


adottare per quello che riguarda il livello di prezzo, il tipo di prodotto, canali distributivi,
qualità comunicativa.
Deve esserci coerenza per quanto riguarda le scelte di prodotto, prezzo, distribuzione e
comunicazione, devono essere tra loro coerenti e tale coerenza consente di posizionare
correttamente nella mente del cliente il prodotto.
(mappe di posizionamento mettono ad esempio insieme prezzo e qualità).

I CALCOLI DI CONVENIENZA ECONOMICA:


Insieme di metodi e procedure di valutazione delle informazioni, attuati con lo scopo di
fornire al decisore aziendale (imprenditore o manager) una base per prendere decisioni
razionali sia in occasione di una nuova attività produttiva sia durante lo svolgersi dell’attività
stessa.

● Metodi e procedure per valutare (=dare un giudizio razionale) le informazioni (che


sono sempre numerose e che l’impresa deve selezionare) una base per prendere
decisioni razionali (una base di dati riorganizzati in modo razionale per prendere una
decisione razionale, può essere che siano i dati sui quali l’imprenditore decide in
modo intuitivo), i calcoli di convenienza vengono usati sia quando si vuole iniziare
un’attività d’impresa che durante.
● Non troviamo nella definizione i soggetti che svolgono il calcolo perché non ci
interessa, conta sapere qual è il sistema di valutazione adottato dal soggetto
economico, il quale prende decisioni sulla base di efficienza ed efficacia, che sono
due condizioni per la redditività aziendale, quest’ultima è il criterio di fondo sul quale
si innesta la decisione di convenienza economica.
● Un’operazione è conveniente quando è in grado di massimizzare la remunerazione
possibile ottenibile dal capitale che si è investito, quindi non solo è positiva ma tende
ad essere una redditività di buon livello.
● Quindi il criterio base di soluzione dipende dal fine stesso dell’impresa:
REDDITIVITÀ.

Esistono quelli che intervenendo sul capitale investito determinano un certo livello di
redditività, e si tratta di calcoli che hanno un orizzonte temporale medio-lungo e si chiamano
ANALISI DEGLI INVESTIMENTI.
Quando invece ragiono sui ricavi e i costi, quindi vado a considerare scelte che modificano
la combinazione tra ricavi e costi presenti nell’impresa, avremo un orizzonte temporale di
breve periodo e avremo i problemi di CONFRONTO OPERATIVO.

Analisi degli investimenti:


Cosa vuol dire investimento? è un impiego durevole di capitale (mezzi finanziari) diretto alla
produzione di un reddito.
Durevole = di lungo periodo, tempo fa significava dai 5 ai 10 anni, ora il lungo periodo è già
quello dei 3 anni. (ricorda dai 4 ai ⅞ anni).

Nell’impresa esistono diversi tipi di investimenti:


- industriali: fanno riferimento alle spese per l'acquisizione di fattori strumentali alla
produzione MATERIALE(attrezzature, impianti..).
Sono IMMATERIALI (intangibili) quando acquistiamo competenze di marketing,
pubblicitarie, di formazione del personale e in termini di brevettazione
- finanziari: spese effettuate per acquistare prodotti finanziari (obbligazioni,
partecipazioni in altre aziende, azioni).

investimenti industriali materiali: la decisione di effettuare un investimento si può configurare


come uno scambio tra un esborso iniziale certo e una serie di ricavi ed esborsi (=costi)
futuri, incerti. Trade of un esborso iniziale certo e cospicuo al quale fanno da contropartita
una serie di entrate ed uscite (introiti ed esborsi / ricavi e costi) che sono futuri e incerti,
incerti perché non so quando si manifesteranno e non so nemmeno la loro entità specifica,
posso solo effettuare delle stime.

Oggi si verifica un esborso iniziale cospicuo e certo, nel futuro avremo una serie (un
susseguirsi) di introiti ed esborsi che sono incerti sia per ammontare che per momento di
manifestazione I ricavi sono dati dalla vendita dei prodotti che realizzo con gli impianti che
ho acquistato, i costi sono dati dall’acquisto delle materie prime e dei fattori produttivi.
La durata temporale tra oggi e il futuro è pluriennale.
Caratteristiche dell’investimento industriale:
● ingente esborso monetario iniziale certo
● benefici futuri incerti, prodotti dall’investimento che produce un flusso reddituale
(differenza tra ricavi e costi che dovrebbe essere positivo, ma per questi costi non
sappiamo quando si verificano né l'entità, proponiamo unicamente delle stime)
● durata pluriennale
● recupero indiretto: recupero del valore dell’investimento (l’esborso iniziale certo), tale
recupero non avviene attraverso la cessione sul mercato dello stesso investimento,
bensì il recupero è indiretto, normalmente non avviene tramite la vendita del cespite
(immobilizzazione immateriale) ma attraverso la vendita degli output prodotti dal
cespite. (es: compro un macchinario per fare biscotti, poi ho il recupero indiretto
attraverso la vendita dei biscotti che produco, non del macchinario stesso).

I primi tre aspetti determinano il livello di rischio dell’investimento, maggiore è l'incertezza, la


durata, più alto è l’esborso iniziale, più alto sarà il rischio.

Che tipi di investimento industriale materiale ci possono essere?


Capire che tipo di investimento abbiamo di fronte ci aiuta a capire come muoverci.
Possono essere:
- di primo impianto: quelli che hanno a che fare con l’allestimento della capacità
produttiva iniziale
- espansione: quando ho bisogno di ampliare la mia capacità produttiva per
rispondere adeguatamente ad uno sviluppo della domanda sia in termini quantitativi
che qualitativi (sia che la domanda aumenti in termini di quantità sia che si sia
modificata per le richieste del cliente)
- sostituzione: quando abbiamo bisogno di rimpiazzare un impianto che è diventato
obsoleto o per usura fisica o per impossibilità di utilizzarlo, perché magari il processo
produttivo è cambiato.
- ammodernamento: quando dobbiamo acquistare un nuovo impianto che riesca a
migliorare il processo produttivo, in termini economici, fisici (mi fa realizzare maggiori
quantità, o mi consente di ridurre i costi o in termini qualitativi, migliora una o più fasi
del processo produttivo, migliorando così l’intero processo).

Problematiche alle quali si risponde con un investimento industriale materiale:


- conviene l’acquisto di un certo impianto?
- quale tra due o più alternative di investimento è più conveniente?

Due classi di metodi:


● finanziari: tengono conto del fattore tempo, cioè del fatto che spostare il denaro nel
tempo ha un costo.
EVA (=eccesso di valore attualizzato),
IP(= indice di profittabilità) ,
TIR (=tasso interno di rendimento),
PBP finanziario (pay back period, periodo di recupero finanziario)

● aritmetici: non tengono conto del diverso valore del denaro nel tempo, è una
semplificazione.
PBP aritmetico, (periodo di recupero)
ROI (return on investment, redditività del capitale investito)

Per portare il denaro da un momento all’altro nella linea del tempo, per trasportarlo dal futuro
al presente è necessario applicare il principio di attualizzazione, consiste nel riportare i
diversi valori in gioco ad un tempo omogeneo tramite un'operazione di matematica
finanziaria.
28.03.22
(Recupero diretto= io acquisto un bene e per rientrare i soldi che ho speso per quel bene,
vendo lo stesso bene che ho acquistato.
Recupero indiretto= acquisto un bene strumentale e per il recupero della somma sborsata
non vendo il macchinario acquistato ma i prodotti che ottengo facendo funzionare tale
macchinario).
A determinare il valore del denaro ci sono vari fattori tra cui il livello dei prezzi, di inflazione
ecc.
Ciò che mantiene lo stesso valore sono beni fisici, il denaro ha un valore variabile.
Trasportare il denaro nel tempo ha un costo. Se un’impresa va in una banca per richiedere
uno sconto in fattura, si ottiene rinunciando a una parte del compenso incluso nella fattura
(questo succede quando voglio la fattura subito senza aspettare).
Questa anticipazione del denaro dal futuro al presente si chiama ATTUALIZZAZIONE, il
denaro ha un valore diverso a seconda del momento in cui è disponibile.
Attualizzazione è una regola mate che consente di riportare i diversi valori in esame, in
questo caso i diversi introiti ed esborsi futuri ad un tempo omogeneo, cioè tutti allo stesso
momento temporale. Tutto quello che deve avvenire in futuro, entrate e uscite, io prendo
ciascuna e la porto a un tempo zero.

Per applicare tale principio dobbiamo conoscere alcuni dati:


● qual è la vita utile dell’investimento, che corrisponde al periodo di tempo durante il
quale l’investimento è in grado di produrre risultati economici positivi,( il recupero
indiretto del bene genera risultati positivi, è un arco temporale nel quale
l’investimento produce prodotti che riesco a vendere sul mercato).
Vita utile= n, è la minore tra la durata fisica (=arco di tempo nel quale l’investimento
funziona), tecnologica (=i prodotti che realizzo con tale investimento sono
tecnologicamente all’avanguardia o comunque l’investimento non è superato dal
punto di vista tecnologico, non sono state inventate altre invenzioni che lo rendono
obsoleto dal punto di vista tecnologico, con l’invenzione di nuove tecnologie può
diventare obsoleto e inefficace) e mercatistica(= collegata alla vendibilità dei prodotti
realizzati con quell’impianto, quindi quando io).
(Cos’è la vita utile e come si determina nelle varie durate possibili? oppure esercizio con
varie durate e bisogna calcolare la vita utile (si sceglie la più breve per prudenza)
● devo conoscere a quale tasso si intende effettuare l’attualizzazione. Costo di
trasporto del denaro nel tempo cioè l’anticipazione, 1€ che ho oggi diventa domani
1.10€, ma se lo voglio oggi diventa 0.90E per il costo del trasporto del capitale nel
tempo/ tasso di attualizzazione determina quanto diminuisce il mio capitale dal futuro
ad oggi.
Gli elementi che incidono in questo 10%= i (=tasso di attualizzazione su cui incidono
il tempo (più è largo il tempo tra il momento in cui scade la fattura e il momento in cui
voglio i soldi, più elevato sarà il tasso di interesse applicato nel calcolo, questo tasso
di interesse sarebbe la remunerazione del denaro).
Se ho 1€ oggi al tasso di interesse del 5% avrò tra un anno 1.05€, se lo voglio subito
avrò 0.90€ .
Quando l’operazione è di posticipo si parla di tasso di interesse, di anticipo si
chiama tasso di attualizzazione.
Il tasso interesse/ attualizzazione dipende da diversi fattori:
● costo del capitale (=quanto devo spendere per poter avere del capitale in prestito), ci
sono 3 alternative:
- se il capitale è di terzi, è pattuito da contratto di finanziamento
- autofinanziamento= l’impresa mette da parte del capitale e quando deve
investire usa il capitale che ha da parte ma per il capitale da parte l’impresa
desidera una remunerazione particolare e questa sull’autofinanziamento si
chiama ONERE FIGURATIVO DEL CAPITALE. (quando l’impresa realizza
un utile lo mette da parte e col passare degli anni riesce ad avere la
possibilità di investire, ma per ogni investimento la banca vuole ricavare un
tasso su questo capitale ed è l’onere figurativo del capitale, questo perché
l’impresa potrebbe prendere questi soldi, investirli e ottenere un ricavo
finanziario, invece rinuncia a fare questa operazione e punta a un
investimento fruttuoso dal punto di vista finanziario)
- investimento effettuato in parte con capitale proprio in parte preso in prestito
da terzi, in questo caso sarà necessario fare una media ponderata tra il costo
del capitale proprio, quello desiderato e quello del capitale dei terzi.

● propensione al rischio dell’imprenditore = più è orientato verso investimenti rischiosi,


maggiore sarà il costo di tale investimento, minore propensione al rischio, minori
costi legati a attualizzazione.

● rendimento di investimenti alternativi

Devo sapere qual è il flusso di entrate e uscite future, che si chiama FLUSSO DI CASSA,
rappresentazione della successione di incassi ed esborsi che si verificano nel corso della
vita utile.

Dati tecnico-economici necessari per la costruzione del flusso di cassa:


- entità dell’investimento = I (che entrerà a far parte del flusso di cassa)
- vita utile dell’investimento= n (che determino come la più breve tra diverse durate)
- stima dei costi e dei ricavi→ D = R-C (Disponibilità= differenza tra Ricavi e Costi)
- costo del capitale = i

Fattore di attualizzazione è un numero contenuto nelle tavole di attualizzazione

Quando un investimento è conveniente?


Un investimento è conveniente quando il flusso reddituale futuro attualizzato è maggiore
rispetto al valore dell’investimento, cioè all’esborso iniziale certo. Cioè quando tutto il flusso
reddituale futuro attualizzato (reso confrontabile con l’investimento realizzato in tempo zero)
dà un realizzato maggiore di zero cioè un reddito.
Quando le risorse finanziarie che rientreranno in futuro sono maggiori delle risorse
monetarie che ho investito oggi. Per confrontare i due valori che si manifestano in tempi
diversi si utilizza il processo di attualizzazione.

La ricchezza prodotta dall’investimento, cioè il flusso delle disponibilità, relativa a tutti gli
anni di vita utile, è maggiore rispetto alla ricchezza assorbita dall’investimento (cioè quello
che io oggi pago per effettuare l’investimento.
Formula mate: un investimento è conveniente quando
I<∑ D att
Quando I è minore della sommatoria delle disponibilità, di ciascun anno di vita utile,
attualizzate. (La E strana si chiama sommatoria).

Un investimento è conveniente quando:


-I0 + ∑ D att > 0
Quando il valore dell’investimento è un’uscita monetaria (quindi metto il meno davanti) + il
flusso reddituale futuro (sommatoria disponibilità attualizzate) è maggiore di zero.

Questa formula (disequazione) è la formula di base per il calcolo del primo metodo
finanziario, l’EVA (= eccesso di valore attualizzato), il flusso reddituale futuro che è
attualizzato è in eccesso rispetto al valore I (costo dell’investimento) quindi mi rimane un
risultato positivo. L’EVA non mi dice quanto rende l’investimento, non dà alcuna info
riguardo la redditività ma dice qual è il livello minimo per poter accettare di effettuare un
investimento.
Se: EVA >0 → ∑ D att > I → recupero l’I (e ho anche una produzione di reddito)

Quel metodo si può applicare sempre quando conosciamo:


● investimento iniziale: I
● tempo= vita utile: n
● disponibilità: flusso dei ricavi e dei costi
● fattore di attualizzazione, quindi non solo costo del capitale (i), ma da lì arrivo al
fattore di attualizzazione.

ESERCIZIO 1:
Prima cosa da fare è dire di che tipo di problema si tratta, in questo caso problema di analisi
degli investimenti risolvibile con il metodo dell’EVA.
● passaggio numero 1: calcolo il valore dell’investimento, cioè di I. In questo caso è
dato dal costo dell’impianto + costi di installazione e collaudo, perché li sostengo una
volta sola, quindi vanno patrimonializzati cioè vanno ad aumentare il valore del costo
dell’investimento.
I= 40.000 + 2.000= 42.000
● calcolo il valore delle disponibilità, date dalla differenza tra ricavi e costi,
cioè D= R - C, i ricavi non ci sono scritti ma abbiamo il prezzo unitario, quindi

D= R-C= (P * Q) -C= (6+ 4.500)- (4.500+ 3.000+ 700+ 850+1.300+ 1.400)=


D= 27.000- 11.750 = 15.250

Dobbiamo mettere tutti i costi che sono monetari e che riguardano la gestione
caratteristica.
- Manodopera, materie prime, materiali di consumo energia, spese generali,
manutenzioni

- ammortamento NO, non è un’uscita monetaria, è un’operazione contabile,


non è un movimento di denaro, con questa operazione si prende il valore
dell’investimento e lo si riparte in parti uguali per tutti gli anni di vita utile pk un
investimento nel suo complesso fa riferimento a più anni, è un costo
pluriennale. Noi con l’ammortamento prendiamo la quota di costo di ciascun
anno e la attribuiamo all’anno di competenza, quindi è un’operazione
contabile che consente di ripartire il costo complessivo e pluriennale
dell'ammortamento in singole quote attribuibili ai diversi anni.
Ma non lo metto anche perché se io inserissi l’ammortamento è come se
inserissi il costo del capitale due volte (perchè nella formula dell’EVA ho già il
valore dell’investimento nel valore -I).
- Oneri finanziari NO perché li conteggerei doppiamente, l’onere finanziario è quello
che devo pagare per poter anticipare i soldi, e non è altro che il processo di
attualizzazione. Quindi se faccio il processo di attualizzazione non devo mettere gli
oneri finanziari.
(si mette o il meno davanti a ogni costo oppure -(...) )

● identificare la vita utile, la durata corrispondente alla vita utile è n= 5 anni, perchè
scelgo la minore tra le tre durate proposte.
● identificare costo capitale i= 18 %
● calcolo l’EVA: -I + ∑ D att > 0

Se le disponibilità sono costanti negli anni di vita utile, il fattore di attualizzazione da


utilizzare è quello che inizia con a (tav. 2).
si legge: a figurato n al tasso i, dove n è la vita utile e i è il costo del capitale, quindi in
questo caso si legge: a figurato 5 al tasso del 18 %.
Dobbiamo incrociare il tasso del 18 % con la riga dei 5 anni. che è 3,1272.
Applicandolo alla formula facciamo:
-42.000+ 15.250 * 3,1272 =
-42.000+ 47.689,8 = + 5.689,8
RISPOSTA: poiché l’EVA risulta positivo, l’investimento è conveniente.
(la risposta deve essere motivata)

31.03.22
Il fattore di attualizzazione lo troviamo nella tavola 1 e 2.
Si ricava incrociando i dati relativi alla vita utile (n) col costo del capitale (i).
Sono due tavole perché:
● Tav 1 si usa quando il flusso di disponibilità cambia di anno in anno, identificando per
ciascun anno lo specifico fattore di attualizzazione. Quello nella tav 1 servono per
identificare le disponibilità di un anno di vita utile. Quando nell’arco della vita utile ci
sia anche solo un anno variabile. Fattori V alla n
● Con disponibilità costante, usiamo tav 2, e identifichiamo un solo valore per
l'attualizzazione del flusso.

Nei metodi finanziari:


Nel calcolo delle D tra i costi, non vanno inserite le voci:
● quote di ammortamento, perché
- non è un’uscita monetaria
- la conterei due volte (compreso I)
● oneri finanziari, perché
- conterei due volte (compresi nel procedimento di attualizzazione)
Elementi che rendono le D variabili negli anni di vita utile sono i fattori correttivi delle
disponibilità, che possono determinare variazioni anche nel valore dell’investimento oltre
che nelle disponibilità.
Questi fattori correttivi sono:
● capitale d’esercizio, non ha a che vedere col costo del capitale ma è una spesa
aggiuntiva iniziale sostenuta al tempo zero, necessaria per dotarsi dei mezzi di
lavoro (per garantire che l’impianto nuovo funzioni). Convenzionalmente, il recupero
di tale costo viene imputato all’ultima D della vita utile.
Sono mezzi finanziari dati da disponibilità finanziarie: crediti verso i clienti, valore
composto dato dalla somma algebrica dato da crediti verso clienti, debiti verso
lavoratori, rimanenze di magazzino relative ai prodotti finiti e ai semilavorati.
Viene anche chiamato capitale circolante netto. In alcuni casi questo valore è già
contemplato nell’investimento e non viene espresso, in altri casi si deve fare
attenzione a un capitale d’esercizio pari al 5 % o 5.000€.
Capitale dell’esercizio può essere espresso in € o %,
se %: va calcolato sul valore dell’investimento
Questo capitale che devo sborsare in più all’inizio della vita utile di un investimento
viene recuperato col funzionamento dell’investimento, un po’ alla volta durante la vita
utile, ma convenzionalmente si è deciso che il capitale d’investimento venga
recuperato tutto alla fine della vita utile.
Quindi a livello operativo, quando ho un capitale d’esercizio, al tempo t0 avrò un’
uscita che va ad accrescere il valore dell’investimento mentre all’ultima disponibilità
di vita utile avrò un’entrata che va ad accrescere i miei ricavi.
Come va trattata nei calcoli:
- aumenta il valore di I: I+ C. d’Es o -I - C. d’Es (=C.d’Es significa capitale
d’esercizio)
- aumenta il valore di Dn: Dn + C. d’Es (=n è la vita utile)

(sempre al tempo zero perché è riferito a uno specifico investimento)


Errori più comuni: considerare solo uno dei due aspetti nei quali il capitale d'esercizio
interviene. (bisogna ricordarsi di metterlo in aumento dei costi dell’investimento ma anche
come capitale recuperato all’ultima disponibilità).

● Valore residuo dell’investimento (VRNI= valore residuo del nuovo impianto) che si
effettua al tempo 0, corrisponde al valore che si presume di realizzare quando al
termine della vita utile si rivenderà l’impianto in un mercato secondario.
Sommato all’ultima disponibilità della vita utile.
Dn + VRNI (dn= disp dell'ultimo anno)
Quando acquisto un impianto immagino che alla fine della vita utile potrà valere
qualcosa, valore residuo/ valore di realizzo.

● valore residuo dell'investimento che si sostituisce (VRVI)quando si effettua un


investimento di sostituzione e valore che presumo di realizzare quando rivendo
l’impianto vecchio all’inizio della vita utile del nuovo impianto.
Riduce il valore dell’I: + I- VRVI o -I+ VRVI
● fiscalizzazione degli oneri sociali (FOS), io impresa ricevo da parte dello stato un
contributo perché lo stato si fa carico di una parte degli oneri relativi al costo della
manodopera, manovra statale per incentivare certi tipi di produzione o la produzione
in determinati luoghi. Lo stato si fa carico di questi oneri sociali per ogni anno di vita
utile, quindi non è proprio un fattore correttivo tale da modificare la disponibilità
negli anni, perchè le modifica tutte.
(L’impresa paga il doppio di quello che il dipendente percepisce e sono oneri sociali)
D (1→n)

● contributo a fondo perduto (CFP): somma di denaro elargita dallo stato o ente
pubblico per sostenere gli investimenti, per questa somma di denaro ricevuta dallo
stato, l’impresa non deve pagare interessi e non ha vincolo di rimborso nel tempo.
(non va restituito). Va trattato in modo diverso a seconda del momento in cui si
presenta nell’impresa, generalmente avviene quando si effettua l’investimento, ma
non è detto che sto contributo sia disponibile immediatamente (entro 2 anni
dobbiamo averlo).
Se è disponibile a liv monetario al tempo zero, lo porterò in riduzione del valore
dell’investimento, facendo attenzione ai segni.
- Se disp in tempo 0: riduce il valore di 1 ; I- CFP o - I + CFP
- Se disp durante la vita utile: aumenta il valore delle disponibilità dell’anno in
cui viene erogato. Dn + CFP

● Contributo in conto interessi (Cci): somma di denaro erogata dallo stato a


copertura degli oneri finanziari sostenuti dall’impresa (che l’impresa deve pagare).
Questi contributo va considerato per ogni anno della vita utile
- Espresso in termini percentuali: andrò a ridurre l’unico valore che ho in
termini percentuali, cioè il costo del capitale, i- CcI
- termini monetari devo aumentare il valore delle disponibilità per ogni anno di
vita utile D(1→n) + Cc1
Contributo privo di interessi e non deve essere restituito.

SECONDO METODO DI ANALISI DEGLI INVESTIMENTI: IP

Indice di profittabilità che mi dice quale tra 2 o più progetti di investimento alternativo risulta
essere più conveniente.
Quando ci troviamo di fronte a 2 o più alternative di investimento con diverso valore di I,
perché quando il valore di I è uguale basta confrontare l’EVA, e sceglierò il progetto che ha
un EVA più elevato.
Quando ci troviamo progetti con investimento diverso, per confrontarli dobbiamo
relativizzare il valore dell’EVA, che è assoluto, non è confrontabile tra alternative di
investimento a meno che non ci sia una comune base che è quella del valore I.

● Primo passaggio: Calcolare l’eva di ogni progetto;


● Secondo passaggio: verificare che l’EVA calcolato per ciascun progetto sia positivo,
se è negativo il singolo progetto di per sé non è conveniente quindi non ha senso
confrontarlo con altri.
Se è rispettata la condizione per cui l’eva è maggiore di zero allora li confrontiamo,
calcolando l’IP, rapportando l’eva al valore dell’investimento, moltiplicandolo per 100 per
avere una percentuale.

ESERCIZIO 2:
Di che problema si tratta e come intendiamo risolverlo?
Si tratta di un problema di analisi degli investimenti risolvibile con il metodo dell’indice di
profittabilità, procedo col calcolo dell’eva per ciascuna alternativa e successivamente col
calcolo dell’IP.

Alternativa A:
1. calcolo il valore dell’investimento I= 150.000
2. calcolo il valore delle D= R-C =200.000 - (50.000 + 90.000+ 10.000+ 8.000+
13.000)= 200.000 - 171.000 = 29.000
3. vita utile n= 10
4. costo capitale i= 8%
5. calcolo eva di a -I + ∑ D att > 0
-150.000+ 29.000 * 6,7101 >0 (tav 2 pk disponib costante)
RISULTATO: 44.592,9 >0

Lavorazione presso terzi= sono un costo, non confondere con lavorazione per conto di terzi
(lavorazioni c/ terzi) queste le faccio io a favore di terzi, quindi i terzi pagano me e per me
sono un ricavo).

Prova a calcolare l’eva dell’alternativa B e l’IP facendo eva fratto investimento e prova a dire
qual è l’alternativa + conveniente

Alternativa B:
1. I= 200.000
2. D= R- C= 210.000 - (47.000 + 90.000+ 7.000+ 9.000+ 15.000)= 210.000- 168.000=
42.000
3. n=10
4. i= 8%
5. -I + ∑ D att > 0 -200.000 + 42.000 * 6,7101= 81.824,2 >0

CALCOLO IP:

EVA DI a: 44.592,9
EVA di b: 81.824,2

a. eva/ I = 0,297286 29,7286%


b. eva/ I = 0,409121 40,9121%
Risposta: l’alternativa b è la più conveniente perchè dal calcolo dell’ip risulta una
percentuale più alta rispetto all’alternativa a.

poiché l’ip di b è maggiore dell’ip di a, consigliamo l’alternativa b perche è più conveniente


dell’alternativa a.
● Contributo a fondo perduto: fattore correttivo delle disponibilità, dobbiamo tenerlo in
considerazione quando calcoliamo le disponibilità.
● disponibilità del secondo anno: 29.000 + 8.000 (del contributo a fondo perduto)
vedi pp

1. Calcolo I=150.000
2. Calcolo D: D= 29.000
D1= 29.000
D2: 29.000 + 8.000 = 37.000
Da D3 a D10= 29.000
3. Calcolo n n=10aa
4. Calcolo i i=8%
5. calcolo eva

Possiamo procedere con 2 modalità:


● 1: quando le disponibilità non sono costanti per tutti gli anni di vita utile bisogna
utilizzare il fattore di attualizzazione della prima tabella e attualizzare ogni
disponibilità.

eva= -150.000 + 29.0000x v1 + 37.000 x v2+ 29.000 x v3 + 29.000 x v4 + 29.000 x v5 +


29.000x v6 + 29.000 x v7 + 29.000 x v8 + 29.000 x v9 + 29.000 x v10 = -150.000 + 29.000
x 0,9259…. = -150.000+ 201.448,4 = +51.448,4

guarda tav 1 colonna dell 8% dall’uno al 10 e riportiamo quei valori al posto di v, poi fai 10
moltiplicazioni e la somma algebrica dei valori
(V è il fattore di attualizzazione e il numero è l’anno di vita utile)

OPPURE (operazione migliore)


● possiamo procedere indicando qual è il valore corretto delle disponibilità da 1 a 10
D1= 29.000
D2: 29.000 + 8.000 = 37.000
Da D3 a D10= 29.000

attualizziamo con a figurato n al tasso i la quota di disponibilità variabile che è presente in


tutte le disponibilità da 1 a 10, in questo caso 29.000. Poi attualizziamo separatamente
(nella stessa formula ma con un’operazione separata) il fattore correttivo con vn
-150.000 + 29.000 x a10 - 8% + 8.000 x v2= - 150.000 + 29.000 x 6,7101 + 8.000 x 0,8573 =
+51.451,4
(ho aggiunto solo il valore del fattore correttivo pari a 8.000)
(il risultato cambia pk 6,7101 è un fattore di attualizzazione per una rendita, si perdono
alcuni decimali per ogni anno ma non importa)
Ora calcolo IP di a:
IP= (EVA/I) x100 = (51.451,4 / 150.000) x 100 =34,30 %

● RISPOSTA: Nonostante il contributo a fondo perduto a favore del progetto A,


IPb> IPa e l'alternativa più conveniente è data dal progetto B.
L’alternativa B rimane preferibile rispetto all’alternativa a pk presenta un IP di b
maggiore rispetto all’IP di a.

● Terzo metodo di analisi degli investimenti:


TASSO INTERNO DI REDDITIVITÀ (TIR)
Questo metodo di per sé non ci dice nulla in termini di convenienza dell’investimento, ma ci
dice solo quanto è redditizio quindi si usa per calcolare la redditività intrinseca di un
investimento.
tir: tasso che annulla il valore dell’eva, livello di redditività dell’investimento che fa sì che il
valore dell’investimento e il flusso delle disponibilità attualizzate coincidono pk la loro somma
algebrica da zero. eva=0
1. si imposta la formula dell’EVA
2. Se si verifica che: -I + ∑ D att =0

D costanti : + facile in sto caso pk avremo una incognita nella formula dell’eva che è la i
dove di solito mettiamo il costo del capitale, la lasciamo incognita e troveremo un a figurato
ad n al tasso i come incognita uguale ad un numero che è dato dall’investimento /
disponibilità. Quel numero lo andremo a cercare nella tavola nella riga corrispondente a n e
probabilmente lo troveremo tra due tassi, non in una colonna perfetto. lo troveremo collocato
in un intervallo tra due tassi. Quel fattore di attualizzazione di cui non conosciamo i lo
troviamo nella tav 2 collocato tra due costi del capitale e questi due tassi saranno l’estremo
destro e sinistro, quindi avremo un tir compreso tra questi due valori (es tra 10 e 12%, basta
dire che il tir di questo investimento è compreso tra queste due percentuali).

D non costanti:si cerca l’i che annulla l’equazione per tentativi successivi.
Bisogna impostare la formula dell’eva e poi ipotizziamo un tasso e andremo a sostituirlo
dentro la formula dell’eva (quindi usare fattori correttivi che non ci vengono dati nell'esercizio
ma bisognerà procedere per tentativi (es: un tasso del 10 %, otteniamo un eva maggiore di
zero, vuol dire che abbiamo scelto un tasso troppo basso, dobbiamo scegliere un tasso che
attualizza di più pk il costo del capitale è maggiore, quindi prova con 14% fino a che non
troviamo l’intervallo in cui si colloca il tir, che da un lato è relativo al tasso di interesse che
produce un eva negativo e dall’altro lato al tasso di interesse che produce un eva positivo.

ESERCIZIO 3:
chiede di valutare prima la redditività e poi la convenienza ad ampliare l’agenzia.
Per poter esprimerci in relazione alla convenienza è necessario conoscere il tasso soglia is
(= tasso minimo accettabile dall’imprenditore) con il quale l’imprenditore aspira per
quell’investimento.
Risolvibile col metodo del tir pk nel testo chiedono la redditività e poi confronteremo il tir col
tasso soglia, se il tir> del tasso soglia allora l’investimento sarà conveniente, se è inferiore,
l’investimento non è conveniente.
1. calcolo valore investimento: I= 210.000, bisogna ridurlo di 10.000 perche li
incassiamo contestualmente all’investimento e quindi il contributo a fondo perduto lo
riduciamo quindi -210.000 + 10.000= 200.000
2. calcolo D = R-C = 150.000 - (25.000+ 13.000 + 55.000 + 9.000) = 150.000 -
102.000= 48.000
Le D sono costanti quindi usiamo la formula a figurato ad n al tasso i per calcolare il
tir a n┐i = I/D
3. n = 10 aa
4. Calcolo il tir ponendo EVA=0
-I + D x an⅂i =0
-200.000+ 48.000 x a10⅂i= 0
a10⅂i= I/D = 200.000/ 48.000= 4,1667

(ora abbiamo trovato il fattore di attualizzazione ma non il tir)


Vado nella tav 2 riga dei 10 anni e cerco 4,1667, quindi il tir è compreso tra il 20% e
22%.
20%<TIR<22%
Il TIR è redditizio pk è positivo ed è compreso tra 20 e 22%
Per poter dire se il TIR calcolato è conveniente per l’impresa, devo confrontarlo col
tasso soglia is fissato dal decisore aziendale che è pari al 16%.

Poichè il TIR> is, l’investimento è redditizio e conveniente.

● Come si procede quando le disponibilità non sono costanti?


Ipotizziamo che il CFP (contenuto a fondo perduto) non sia disponibile contestualmente
all’investimento ma il secondo anno di vita utile.
Allora il valore dell’investimento non muta
1. I=210.000
2. Calcolo valore D D= R-C= 48.000
D2= 48.000+ 10.000= 58.000
D3-D10= 48.000
3. n= 10aa
4. calcolo TIR EVA=0
-I+Dk x an ⅂i + CFP x v2 =0
210.000 + 48.000 x a10⅂i + 10.000x v2= 0

( Dk = quota costante delle D) (v2 pk è disponibile al secondo anno di vita utile ed è un


ricavo che attualizziamo da solo)
Per risolvere questa equazione procediamo per tentativi, cioè ipotizziamo un tasso i da
mettere nella formula (ipotizzare un TIR).

IPOTESI 1: TIR=16%
-210.000 + 48.000 X a10⅂ 16% + 10.000 x v2= 0
-210.000 + 48.000 x 4,8332 + 10.000 x 0,7432=
-210.000 + 231.993,6 + 7,432 = + 29.425,6
Poichè EVA >0 devo ipotizzare un TIR più elevato rispetto al 16%

IPOTESI 2: TIR =20%


-210.000 + 48.000 x a10 ⅂ 20% + 10.000 x v2=0
-210.000 + 48.000 x 4,1925 + 10.000 x 0,6944=
-210.000 + 201.240 + 6.944 = - 1.816
Poichè EVA <0 devo ipotizzare un TIR più basso rispetto al 20%
In questo caso ho scelto un TIR troppo alto, devo sceglierne uno un po’ più basso.

IPOTESI 3: TIR=18%
-210.000 + 48.000 x a10 ⅂ 18% + 10.000 x v2=0
-210.000 + 48.000 x 4,4941 + 10.000 x 0,7182 = +12.898,6
Non è basso, uguale a 0.
Non avendo nelle tavole di attualizzazione valori di i compresi tra il 18% e il 20% concludo
che il TIR è compreso tra 18% e 20% ossia:
18%< TIR< 20%
● RISPOSTA: Poiché TIR >is (is=16%) l’investimento è redditizio e conveniente.
(il TIR deve essere maggiore del is per essere conveniente, per essere redditizio basta che il
tir>0)

PAYBACK PERIOD FINANZIARIO: (PBP FIN)


Ci indica quanto tempo in termine di n anni, mesi e giorni, ci impiega l’impresa a recuperare
l’esborso iniziale =I.
● Condizione necessaria: PBP < vita utile (altrimenti l’investimento non sarebbe
conveniente).
● Condizione sufficiente. PBP < periodo soglia fissato dal decisore.
Per potermi esprimere in termini di convenienza devo sapere qual è il periodo soglia definito
dal decisore, il periodo soglia funziona come il tasso soglia, cioè è la durata massima (nel
caso del tasso soglia era il tir minimo) che il decisore è disponibile ad aspettare per poter
recuperare il valore dell’investimento. Se il PBP è superiore al periodo soglia non è
conveniente

T I D Fatt att D att I da recuperare

0 -I -I

1 D1 v1 D1 x v1 -I+ (D1 x v1)

2 D2 v2 D2x v2 -I + (D1 x v1)+ (D2


x v2)

3 D3 v3 D3 x v3 -I + (D1 xv1) + (D2


x v2) + (D3 x v3)

…n Dn vn Dn x vn -I + (D1 x v1) + (D2


x v2) + (D3 x v3) +
(Dn x Vn)

T= anni di vita utile (si parte con lo zero)


seconda colonna= valore investimento
vn lo usiamo sempre
quinta colonna= D attualizzate, moltiplicazione tra valori contenuti nella 3 e 4 colonna
Ultima colonna= investimento da recuperare, che è I al tempo zero , è tutto quello che devo
pagare al tempo zero. Al tempo 1 mi rimane da recuperare tutto l’investimento meno le D
attualizzate prodotte nell’anno 1.

L’ultima colonna in realtà non si compila tutta, pk se si compilasse tutta vorrebbe dire che
l’investimento non verrebbe recuperato durante gli anni di vita utile, si compilerà fino al punto
nel quale l’investimento da recuperare passa da un segno meno a un valore positivo.
L’ultima colonna è l’unica che possiamo non completare interamente ed è l’unica in cui si
passa da un segno negativo a positivo.

Il pbp finanziario si usa quando negli es ci chiedono di valutare un investimento e dire se è


conveniente o meno per un’impresa che ha problemi di liquidità, cioè deve recuperare
rapidamente i soldi.
Se l’esercizio ci dice che l’impresa non avverte tensioni dal lato della liquidità, si usa il
metodo dell’eva e basta.

5/04/22

ESERCIZIO 4:

T I D Vn D att. I da
recuperare

0 740.000 740.000

1 270.000 0,9091 245.457 -494.543

2 450.000 0,8264 371.880 -122.663

3 270.000 0,7513 202.851 +80.188

4 270.000 0,6830 184.410

5 270.000 0,6209 167.643

6 365.000 0,5645 206.042

1. calcolo il valore di I: I=750.000 +10.000= - 740.000


C.d’es = 750.000 x 10% =75.000
2. Calcolo il valore di D
D=+180.000 +90.000 = 270.000
D1= 270.000
D2= 270.000 + 180.000= 450.000
D3-5= 270.000
D6= 270.000 + 75.000 + 20.000 =365.000
3. n=6 aa
4. calcolo il tasso di interesse I= 12% - 2%=10 %
L’investimento si recupera al terzo anno di vita utile.
5. Calcolo mesi e giorni: Per fare il calcolo devo impostare una proporzione: se ci metto
12 mesi a recuperare 202.851(d completa del terzo anno attualizzata) quanti mesi ci
metto a realizzare 122.663 che mi portano a recuperare l’investimento?

mesi 202.851 : 12 = 122.663 : x


x=(12x 122.663)/202.851 =7,26 → 7 mesi
giorni (7,26 - 7) = 0,26 0,26 x 30= 7,8→ 8 giorni

Per poter dire se l’investimento è conveniente o meno devo avere un periodo soglia fissato.
In questo caso non è indicato, un buon valore però è rappresentato dalla metà della vita
utile.

Il PBP di I è pari a 2 anni 7 mesi e 8 giorni


Stimando un periodo soglia pari ns pari a 3 anni si consiglia all’impresa Cini di procedere
all’investimento in quanto il PBP finanziario è inferiore al periodo soglia ipotizzato.

● Nei metodi aritmetici le D vengono calcolate in modo diverso pk non si tiene conto
del diverso valore del denaro nel tempo, non si contano gli ammortamenti, ma gli
oneri finanziari vanno inseriti pk non c’è il procedimento di attualizzazione. Tra i
metodi aritmetici abbiamo il PBP aritmetico e il ROI.

TASSO MEDIO PONDERATO WACC


Questo è il caso in cui l’investimento viene finanziato in parte con capitale proprio e in parte
con capitale di terzi.
Es: L’investimento verrà finanziato per il 40% con capitale di terzi al tasso del 12% e per la
restante parte col capitale proprio (remunerazione desiderata pari a 8%).
Devo calcolare il WACC:
40% di 12 + 60% di 8 (il primo è il tasso pagato su cap di terzi, il secondo è la
remunerazione desiderata per l’utilizzo del cap proprio) = 9,6, che sulle tavole non c’è quindi
si approssima a 10%.
(Se uscisse pari a 13,1 si arrotonderebbe a 14, valore più vicino.)
Poi si utilizza questo nella formula dell’eva.

ALIQUOTA FISCALE:
Ipotesi che ci capiti l'Aliquota fiscale, la quale colpisce il reddito (differenza tra ricavi e costi),
si calcolano le D (=R-C) e queste rappresenteranno la D lorda.
● D= R-C = D lorda
● D imponibile= disponibilità lorda - ammortamenti- oneri finanziari’
(Sulla D imponibile applico l’imposta).
Sulla D imponibile calcolo il PRELIEVO FISCALE.
● Prelievo fiscale = D imponibile x aliquota fiscale
● D nette= D lorda - prelievo fiscale

LONGEVITÀ D’IMPRESA E COSTRUZIONE DEL FUTURO

Perché interessarsi di imprese longeve?


Winston Churchill: “più lontano possibile ti riesca guardare nel passato, più lontano possibile
avrai la fortuna di vedere nel futuro”.
Se si è custodi di una memoria storica importante, si ha anche la capacità di vedere quello
che ci attende,

Le imprese longeve sono un importante patrimonio conoscitivo ed esperienziale la cui


condivisione può generare effetti positivi di stimolo per il mondo imprenditoriale.

Concetto di longevità: dal punto di vista etimologico si intende il carattere di chi ha una vita
molto lunga, longevo= chi vive più della media delle persone.
Per le imprese: chi vive più della vita media delle imprese. peccato che sia diventata molto
corta, che si aggira attorno ai 5 anni.
Longevità potrebbe voler dire vivere più di 5 anni ma non è una definizione condivisa pk
dovrebbe essere almeno 50 anni a livello pratico e teorico.

Longevità sul dizionario è sinonimo di vecchiaia.


● Esiste una longevità biologica (gli esseri umani) caratterizzata da un graduale
invecchiamento
● Longevità organizzativa che non subisce questa stessa sorte, è rappresentata dalla
condizione per la quale l’impresa può invecchiare ma mantenere la vitalità, e con
essa, essere giovane.

Le imprese più longeve al mondo sono quelle giapponesi (nate nel 705 e 717)
(le italiane più longeve sono i casoli( attività vinicola), marinelli).

VITALITÀ:
● La longevità richiama l’idea dell’eterna giovinezza”
- sia nell’uomo (l’elisir di lunga vita)
- sia nelle organizzazioni (la longeva- giovinezza)
● L’impresa longeva unisce lunga età e giovinezza quindi:
- saggezza ed esuberanza(=tipica dell’età giovane)
- esperienza e desiderio di nuovo
- prudenza ed apertura (verso nuove esperienze)
Il tutto in modo armonico, che fa prevalere ora l’una, ora l’altra attitudine in funzione della
situazione da affrontare.

● Vitalità= condizione, caratteristica dell’essere vitale


● La vitalità è la capacità di vivere e sopravvivere nel tempo
● Vitalità negli studi aziendali→ continuità nell’attività d’impresa.
● L’impresa longeva e vitale, dunque, sa allearsi con il tempo e con il divenire dei fatti
che lo caratterizzano.

L’impresa di per sé non ha una durata, vive oltre la vita del suo fondatore, è un istituto fatto
per sopravvivere.
Termine di STORICITÀ:
● pertinente alla storia
● appartenente alla storia
● appartenente alle origini di un fenomeno
● fatto/realtà che si presume sia destinata a rimanere nella memoria e per questo ad
avere conseguenze importanti nel futuro.
Impresa= realtà ricca di memoria e destinata a rimanere nella memoria (imprese mirabili, es:
impresa di adriano olivetti).

Il tema della longevità d’impresa si inserisce prevalentemente nel filone degli studi sulle
imprese familiari, sia a livello nazionale che internazionale.

RICERCA:
Solo più recentemente si è proceduto a sviluppare approfondimenti sui fattori che hanno
consentito alle imprese longeve di svilupparsi e di avere successo.
Innanzitutto si cerca di capire qual è il profilo di queste imprese a livello anagrafico,
dimensionale, la mission, posizione competitiva e la governance…
Due aspetti importanti:
● qual è il pensiero dominante delle imprese longeve riguardo ai valori importanti per
affrontare le sfide manageriali future, cioè il sentire, che coincide con i valori ritenuti
fondamentali per affrontare le sfide manageriali future
● indagine sulle condotte/ comportamenti rilevanti per affrontare le sfide manageriali
future
● è stato chiesto alle imprese quali sono secondo loro i fattori che gli hanno consentito
di diventare longeve
Sono state presentate a queste imprese un elenco di 30 sfide manageriali future ed è stato
chiesto loro di esprimersi in termini di valori e azioni, queste sfide sono collegate a valori da
un lato e azioni dall’altro. Sulla base delle preferenze espresse sono stati identificati i 4
principali valori e le principali condotte collegate all’agire di queste imprese.

Profilo delle imprese intervistate:


● La forma giuridica → 89% società di capitali
● Età: 59% nasce prima dell’unità d’Italia, età media= 234 anni
● i settori di attività: si ripartiscono in modo omogeneo tra →manifattura, agricoltura, servizi
● dimensioni aziendali→ piccole medie imprese 88%
● tipologia di processo produttivo→ artigianale 82% aziende

La governance:
- elevata incidenza dell’impresa familiare
- coincidenza tra famiglia del fondatore e attuali discendenti
- sostanziale coincidenza tra proprietà e governo dell’impresa
Capitalismo familiare puro in senso stretto
Si tratta di imprese che mostrano di avere una posizione competitiva, solo il 15 % dice di
essere un follower, il restante dice di essere leader in un mercato di nicchia.
Hanno un andamento del fatturato buono.
La strategia competitiva prevalente è la differenziazione seguita dalla focalizzazione e
l’ultima è la leadership di costo.

Molte di queste imprese hanno ricorso a lavorazioni presso terzi soprattutto a livello
nazionale.

Comunicazione online:
imprese dotate di siti web e social media in cui è presente la mission.
Raccogliendo le varie mission e mettendole tutte insieme siamo riusciti a costruire la tag
cloud ossia il grafico che rappresenta le parole più ricorrenti a livello di mission di queste
aziende, ci sono parole che sono ricorrenti e molto diffuse ma poco significative, es: qualità,
eccellenza, leadership, produzione, soddisfazione dei clienti, queste parole sono termini
neutri perché non evocano nella mente nulla di specifico relativo alle imprese longeve, non
evocano alcuna immagine nella mente.
Parole caratterizzanti che connotano in modo più specifico le realtà relative alle imprese
longeve: continuità, tradizione, territorio, famiglia e marchio.
Queste parole messe insieme sembra vogliano darci una connotazione specifica della mission delle
imprese longeve, sembra che vogliano dire che di fondo le imprese longeve esistono per →continuare
una tradizione produttiva fortemente radicata in un territorio attraverso l’impegno di una famiglia e
valorizzando un marchio storico.
ESAME: quali sono i valori connessi al sentire delle imprese longeve riguardo alle sfide
manageriali future?

7.04.22
TUTTA LA PARTE DEL LIBRO SUL TURISMO VA STUDIATA

Continuità, tradizione, territorio, famiglia e marchio: mettendole vicine l’una all’altra è


possibile tirare fuori una mission sui generis che caratterizza l’operato di tutte le imprese
longeve.
Questa mission denominatore comune è: “le imprese longeve esistono per continuare una
tradizione produttiva fortemente radicata in un territorio attraverso l’impegno della famiglia e
la valorizzazione di un marchio storico”, questa mission esprime la ragione d’esistere
dell’impresa longeva.
Come si pongono sia in termini di valori di fondo che in termini di azioni nel guardare al
futuro, cioè nel relazionarsi con quelle che a loro parere sono le sfide manageriali future?
Guardando al futuro di fronte alle sfide manageriali che si presentano alle imprese ?
Il sentire fa riferimento all’orientamento valoriale di fondo
La condotta / l’agire
Per cogliere queste due dimensioni nelle imprese longeve è stato proposto loro una serie di
30 affermazioni per quel che riguarda il sentire, e per quel che riguarda la condotta sono
state proposte altrettante sfide.
Per il sentire delle affermazioni alle quali ciascuna azienda doveva rispondere indicando il
livello di accordo e disaccordo, e per la condotta trenta sfide alle quali le imprese dovevano
attribuire un livello di accordo e disaccordo che andava da 1 a 5.
I risultati sintetici finali:
● Quali sono i valori che orientano il sentire delle imprese longeve di fronte alle sfide
manageriali future?
Per identificare questi valori: calcolare la media dei voti attribuiti a ciascuna affermazione e
poi osservarle e prendere quelle che superavano il 3,9 e poi osservare quelle inferiori al 3,5.

In relazione alle affermazioni, la più condivisa è: “L’unica crisi pericolosa è la tragedia di non
voler lottare per superarla”.
La meno condivisa è “il capitale e il lavoro sono per loro natura in conflitto”.
Tutte e due vanno valutate positivamente perché, per l’ultima frase si intende che capitale e
lavoro non siano due realtà conflittuali.
Tutte le affermazioni esaminate costituiscono 4 gruppetti e ogni gruppo rappresenta un
valore:
legati al SENTIRE:
● valore del CAMBIAMENTO = vuol dire riconoscere una elevata significatività ad
alcuni aspetti importanti, se dico che “l’unica crisi pericolosa è la tragedia di non voler
lottare per superarla”, significa che l’unica crisi realmente pericolosa è che io non
abbia in me la voglia di cambiare, e questa frase conferma il cambiamento come
valore fondamentale per affrontare le sfide manageriali future.
“La consapevolezza che non si possono cambiare le cose se si continua a farle nello
stesso modo”, non si può pretendere che le cose cambino se io non decido di
cambiare il modo di farle.
Cambiamento è importante per affrontare le crisi e si innesca solo se impariamo a
cambiare le cose che facciamo, il cambiamento va vissuto nella prospettiva di
guardare al futuro.
Altro aspetto importante per il cambiamento è la passione per il viaggio. Gli
imprenditori che hanno avuto particolare successo a livello di attività imprenditoriale
sono spesso soggetti che amano viaggiare, non per affari e necessità ma amano
viaggiare perché amano imparare aspetti legati a culture diverse dalla propria, come
pure la passione per l’arte: l’arte come strumento che serve per disarticolare il
pensiero e stimolare l’innovazione.
La capacità di cambiare è anche funzione della potenza del sogno imprenditoriale.
Per l’impresa cambiare è sinonimo di evoluzione, rinnovamento.
Se metto al centro il valore del cambiamento sono consapevole che nel cammino
della mia esperienza imprenditoriale ci saranno momenti di maggiore o minore
problematicità, non mi aspetto che la mia attività d’impresa sia sempre florida, metto
in conto che ci saranno momenti problematici e di dover fare la fatica di cambiare per
far fronte alle difficoltà. Mettere al centro il cambiamento significa guardare al futuro
con la consapevolezza del passato.

● CENTRALITÀ DELLA PERSONA: è necessario che le persone nell’impresa siano


guidate da un leader, e che questo leader sia colui che riesce ad attaccare i propri
sogni agli altri. Mettere le persone al centro vuol dire ritenere che nella mia azienda è
possibile essere felici lavorando. Mettere al centro le persone significa riconoscere
che io impresa sono tanto più competitiva quanto maggiore è il benessere delle
persone che lavorano con me.
Vuol dire che sono consapevole che preoccuparmi di curare l’armonia nelle relazioni
interne ed esterne con tutti gli stakeholder è una priorità per la salute dell’impresa.
Gli interessi della proprietà vengono dopo e non stanno sopra qualsiasi tipo di
decisione manageriale ma stanno dopo. Quindi capitale e lavoro non sono in
conflitto. Chi detiene i mezzi finanziari non necessariamente deve essere in conflitto
con chi opera all’interno dell’impresa quindi non vale la legge del budget trimestrale
per il favore della proprietà. Il profitto non è un fine ma uno strumento per conseguire
altri fini che vanno nella direzione del benessere della collettività interna ed esterna.
Parole chiave. coinvolgimento, condivisione, motivazione dei dipendenti per garantire
il loro benessere e la loro felicità sul posto di lavoro.
Felicità vuol dire non solo essere adeguatamente motivati e coinvolti ma anche non
avere preoccupazioni e da questo nasce la “cultura dell’errore” che non va visto
come un aspetto negativo ma si deve favorire la cultura della tolleranza dell’errore
per il miglioramento. Un certo grado di errore è tollerabile e serve per imparare.
A questo proposito le imprese longeve ritengono che sia da premiare di più l’impegno
che il merito.

● RISPETTO: in tutte le sue forme, unanimità da parte degli intervistati nel riconoscere
che la fiducia nasce dall’ascolto. La fiducia è un fattore produttivo originario insieme
a conoscenza e creatività e in questo caso la fiducia pone le basi per l’ascolto e
l’ascolto è una forma di rispetto del cliente. Rispetto è un atteggiamento di deferenza
verso qualcuno che si ritiene degno di stima e di onore. Questo sentimento di
deferenza verso qualcuno si declina in tanti modi, il primo è l’ascolto (ascoltare
anche ciò che non è udibile), dall’ascolto discende la possibilità di realizzare prodotti
che siano utili, funzionali e piacevoli dal punto di vista estetico, anche questa è una
forma di rispetto verso il cliente. Non realizzo qualcosa che è superfluo per lui.
Rispetto vuol dire accettare che la fonte del sapere in generale possa essere
conoscenza diffusa a tutti i livelli, abbandono della presunzione di sapere a favore di
un progresso continuo graduale. Altra manifestazione di rispetto: mantenere salde
radici nel reale, essere in grado di dare risposte concrete a tutti gli stakeholder, cioè
prodotti utili, funzionali e belli.

● AMORE PER LA CONOSCENZA: nasce osservando le affermazioni meno rilevanti


e analizzandole in senso opposto, in particolare gli intervistati dicono che la
conoscenza è più importante dell’immaginazione. Amore per la conoscenza=
desiderio di comprendere, ricettività verso il nuovo, idea di movimento e non di
staticità, è un valore basilare nel quale si innesca il valore del cambiamento.

Per quanto riguarda la condotta, ossia il modo di comportarsi delle imprese longeve di fronte
alle sfide manageriali future, abbiamo identificato 4 componenti che sono allineate ai valori,
nello stesso modo col quale abbiamo identificato i valori: le sfide più importanti individuate e
rilette:

1. L’impresa deve attrezzarsi come cantiere dell’impossibile, nel senso che deve
prepararsi all’imprevisto (il contesto non è più prevedibile)
cantiere dell’impossibile= luogo fisico ma anche non fisico, nel quale si lavora nella
direzione di quello che appare irrealizzabile e a volte anche insensato.
L’imprenditore nella sua mente lavora per quello che sembra irrealizzabile.
Prepararsi all’imprevisto, sapersi confrontare con un mercato in decrescita e
diffondere la creatività e l’immaginazione umana sono delle condizioni indispensabili
perche l’impresa possa risultare un cantiere dell’impossibile, nel quale si è orientati
alla realizzazione di quello che è impossibile.

2. valorizzare la comunicazione: necessario pk siamo in un mondo nel quale siamo


travolti dalle informazioni, è necessario saperle selezionare e sintetizzarle e
accrescere la capacità d’ascolto. Quindi valorizzare la comunicazione sia nei rapporti
interni che esterni,

3. Rifiutare l’approccio short-termism: (che è quello del bilancio trimestrale), per


promuovere la sostenibilità dell'azione aziendale, allungare gli orizzonti temporali e le
prospettive dei manager, ricercare il ritmo giusto dell’organizzazione (non procedere
con fretta ma con ritmo), il ritmo prevede momenti di accelerazione e di
rallentamento

4. considerare l’organizzazione come un sistema sociale: ridurre la paura e


aumentare la fiducia (in modo che le persone non abbiano paura di sbagliare ma
abbiano fiducia di essere capiti e stimolati), favorire le comunità di interessi (se
nell’impresa ci sono interessi comuni tra le persone, vanno valorizzati), reinventare i
mezzi di controllo, perché il miglior mezzo di controllo è l’autocontrollo, i dipendenti
responsabili di sé stessi. Umanizzare il linguaggio del business e ridefinire il ruolo e
lavoro del leader che deve concentrarsi sul contagiare i propri collaboratori col
proprio sogno.
pag 177 e successivi

I fattori della longevità non sono i fattori di successo, ogni impresa ha la sua specifica realtà.
Non esistono formule del successo.

11.04.22

GESTIONE DELLE IMPRESE TURISTICHE


questioni definitorie legate al turismo:
Concetto di TURISMO secondo l’organizzazione mondiale per il turismo:
“il turismo comprende tutto l’insieme di attività svolte da persone che viaggiano per un
periodo di tempo determinato in una località diversa da quella abituale per motivi vari: svago,
lavoro o altro.”

3 condizioni per poter parlare di turismo:


● lo spostamento deve avvenire verso una destinazione diversa dalla propria residenza
● lo spostamento deve avere una durata determinata (minima di una notte e massima
di un anno)
● la destinazione deve essere visitata con obiettivi diversi dallo svolgimento di
un’attività lavorativa stabile

Per quel che riguarda il turismo, si può osservare il fenomeno sia dal lato della domanda che
dall’offerta, al momento guardiamo quello della domanda, chi sono coloro che richiedono un
servizio turistico?

Le imprese che offrono servizi turistici, distinte in due categorie:


● quelle che offrono un’intermediazione tra domanda e offerta
● quelle che offrono veri e propri servizi commerciali

Diverse categorie di viaggiatori secondo l’organizzazione mondiale per il turismo:


● VISITATORI, che comprendono:
- turisti (con pernottamento di almeno una notte)
- escursionisti (senza pernottamento, effettuano trasferimenti giornalieri)
● ALTRI VIAGGIATORI: il loro spostamento non ha il requisito della temporaneità
(lavoratori frontalieri, nomadi, rifugiati, diplomatici, forze armate, immigrati…)
Sono visitatori anche i business tourist, coloro che viaggiano per lavoro, ma anche i leisure
tourist, ossia coloro che si spostano per avventura, divertimento, educazione, pellegrinaggi,
cultura.

IMPRESA TURISTICA: esercita attività economiche organizzate per la produzione,


commercializzazione, intermediazione e gestione di prodotti e di servizi tra cui stabilimenti
balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei
sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell’offerta turistica.

Cioè tutte le attività organizzative a favore dei turisti, in cui sono comprese moltissime attività
imprenditoriali, nello specifico:

Le imprese turistiche si possono distinguere in due categorie:


- Le aziende di intermediazione tra domanda e offerta
- operatori economici che sono attivi nel settore turistico

esempio: un operatore economico attivo nel settore turistico è un albergo, un intermediario è


l’agenzia viaggi piuttosto che tutti gli intermediari online.

VEDI LIBRO

FILIERA DEL TURISMO: è la via attraverso la quale beni e servizi turistici partono dal
produttore e arrivano al cliente finale. è l'insieme di tutte le imprese turistiche.

Caratteristiche della filiera turistica: (vedi libro!)


- disponibilità a tutti i gradi della filiera ad avere rapporti col cliente finale (nel turismo è
usuale che ogni impresa venda direttamente al turista)
- complessità del sistema
- asimmetrie nella velocità di crescita dei diversi elementi
- conflittualità tra le parti
- influenza dell’ambiente esterno
- rigidità dell’offerta

Imprese che svolgono attività ricettiva: IMPRESE ALBERGHIERE (cap 3):


Si occupano dell'erogazione di un servizio, o meglio, di una molteplicità di servizi, in un
luogo e in una struttura allestita e dedicata all’accoglienza, alla sosta e al pernottamento di
persone in viaggio.

vedi libro

12.04.22
Nel caso in cui ci sia scritto valore residuo e non sia specificato nulla: leggi bene il testo, se
si tratta di un investimento di sostituzione vi devono dire che valore residuo è, se non si dice
investimento di sostituzione ma solo investimento, fa riferimento al nuovo impianto.

…libro
Caratteri distintivi del B&B in sintesi:
● è un’attività ricettiva a conduzione familiare , svolta da soggetti privati nella propria
dimora o in prossimità della stessa
● esperienza di turismo relazionale: “ospitalità in famiglia”
● il numero massimo di stanze e posti letto adibiti varia a seconda della legge
regionale (dal limite minimo di 3 stanze e 6 posti letto a 5 stanze e 20 posti letto in
sicilia o 6 stanze e 12 posti letto in puglia…)
● la colazione, salvo diverse disposizioni, deve includere cibi non manipolati.
● è obbligatorio cessare l’ospitalità per diversi giorni dell’anno trattandosi di un’attività
saltuaria.
● non sono consentiti pernottamenti per un periodo superiore alle 30 giornate.

ESERCIZI:

1. calcolo il valore di I = -(230.000+ 20.000) + 10.000 = 240.000

2. calcolo D= R-C = 190.000 - (28.000 + 3.000 + 60.000 + 2.500 + 5.000 + 11.000) =


190.000 - 109.500= 80.500 + 15.000= 95.500
3. vita utile N= 5aa
4. i= 12%
5. Calcolo EVA
EVA = - I + D > 0 = - 240.000 + D x an¬i + VRNI x vn =
= -240.000 + 80.500 x a5¬12% + 15.000 x v5 =
= -240.000 + (80.500 x 3,6048) + (15.000 x 0,5674) =
= -240.000 + 290.186,4 + 8511 = + 58.689 > 0

L’investimento è conveniente poiché l’EVA è maggiore di 0.

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