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Petrarca, RVF LXII

Padre del ciel, dopo i perduti giorni,


dopo le notti vaneggiando spese,
con quel fero desio1 ch’al cor s’accese,
mirando gli atti per mio mal sì adorni2,

piacciati omai col Tuo lume ch’io torni 5


ad altra vita et a più belle imprese,
sì ch’avendo le reti indarno3 tese,
il mio duro adversario4 se ne scorni.

Or volge, Signor mio, l’undecimo anno


ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo5 10
che sopra i più soggetti è più feroce.

Miserere6 del mio non degno affanno;


reduci7 i pensier’ vaghi a miglior luogo;
ramenta lor come oggi8 fusti in croce.

Scrivi lo schema metrico del sonetto; fa’ la parafrasi; considera come in


Petrarca, in questo sonetto, sia forte il sentimento religioso contrario a quello
d’amore per Laura.
Petrarca era infatti anche l’uomo delle contraddizioni e del tormento
interiore, sempre combattuto tra le passioni terrene (l’amore, la gloria
poetica, gli onori) e l’aspirazione a una vita di buon cristiano e intellettuale
che studia per passione (e perché la sapienza è una delle virtù del buon
cristiano, favorita dal pianeta Sole come vuole l’astronomia medievale alla
quale si ispira Dante nel costruire il suo Paradiso).

1 fero desio: feroce desiderio


2 sì adorni: così ben appropriati (gli atti, cioè le azioni di Laura)
3 indarno: invano
4 il mio duro adversario: il diavolo
5 dispietato giogo: feroce oppressione
6 Miserere: abbi pietà
7 reduci: riconduci, riporta
8 oggi: è Venerdì Santo. Petrarca infatti conobbe Laura il Venerdì Santo del 1327, e nel 1338 il Venerdì

Santo cadde nello stesso giorno di 11 anni prima.

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