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Dopo la morte di Orgetorige, gli Elvezi decisero comunque di portare a termine il piano che prevedeva l’abbandono dei

loro territori. Quando giudicarono sufficienti i preparativi per la partenza, diedero alle fiamme tutte le loro città, in
numero di dodici, circa quattrocento villaggi e tutti gli edifici privati. Gettarono nel fuoco anche tutto il frumento che
possedevano salvo quello che si disponevano a portare con sé, in modo che, tramontata ogni prospettiva di far ritorno
a casa, fossero più solerti nell’affrontare i pericoli.Ordinarono a ciascuno diportarsi da casa farina sufficiente per tre
mesi. Persuasero inoltre alcuni popoli confinanti, i Rauraci,i Tulingi e i Latobrici, a fare altrettanto, a dare alle fiamme le
proprie città e i propri villaggi, e a migrare assieme a loro; infine,chiamarono a sé accogliendoli come alleati i Boi, che,
inizialmente stanziati al di là del Reno, erano poi passati nel Norico e stavano assediando Noreia. In tutto, vi erano solo
du estrade per le quali avrebbero potuto uscire dal loro paese: una passava per il territorio dei Sequani, stretta ed
impervia, chiusa com’era fra la catena del Giura e il fiume Rodano; era appena transitabile da un carro per volta, e
dominata da una vetta talmente alta che un pugno di uomini avrebbe potuto facilmente sbarrare loro il passo. L’altra
strada passava per la provincia Romana, ed era molto più facile e scorrevole per il fatto che, fra i territori degli Elvezi e
quelli degli Allobrogi, questi ultimi da poco sottomessi, scorre il Rodano, guadabile in più punti. L’ultima città degli
Allobrogi, e la più vicina al confine con gli Elvezi è Ginevra. Da essa parte un ponte che conduce nei territori degli
Elvezi. Questi ultimi erano certi che con la persuasione, giacché gli Allobrogi non apparivano bendisposti nei confronti
dei Romani, o con il ricorso alla forza avrebbero ottenuto dagli Allobrogi l’autorizzazione al passaggio. Terminati
dunque tutti i preparativi, fissarono il giorno del ritrovo presso le rive del Rodano.

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