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Serena Cesari 0000284193

LA TERZA PAGINA
Il salotto buono dei letterati italiani

Indice 1. E in principio fu Anticipazioni 2. Rapporti col pubblico 3. Fase di assestamento 4. La terza diffusa Corriere della Sera Stampa Resto del Carlino Altri discepoli

5. Qualche esempio concreto 6. Successori Informazione culturale: due modelli a confronto Tra infotainment e mielismo

7. Bibliografia

Nel giornalismo italiano c stato un luogo fisso in cui giornalismo e letteratura si sono incontrati: la terza pagina, il famigerato salotto buono del giornale. Punto nevralgico della storia della stampa italiana e snodo insostituibile intorno al quale giudicare i rapporti tra letteratura e informazione, la terza pagina ha rappresentato un pezzo consistente della prosa del paese. 1. E in principio fu E in principio fu il Giornale dItalia. Il debutto della terza pagina avvenne con il quotidiano diretto da Alberto Bergamini, in occasione della prima assoluta della Francesca da Rimini di Gabriele dAnnunzio interpretata da Eleonora Duse nella serata del 9 Dicembre 1901. Il giornale era nato alla met del mese precedente. Aleggiava nei suoi vertici una certa voglia di farsi notare e di fare colpo sul pubblico. Quindi perch non sfruttare un evento su cui tutto il paese informato sinfervorava? Bergamini decise di dedicargli unintera pagina centrale. La terza, appunto. La partizione, per filoni di temi, della cronaca sulla rappresentazione teatrale rispecchi gli interessi fondamentali della futura terza pagina (letteratura, musica, cronaca drammatica, mondanit ed arte). Pi di mezzo secolo dopo lo stesso Bergamini ricordava cos serata e decisione: Era la belle poque dellItalia sensibile ad ogni forma di intelligenza, di ogni campo. La tragedia di dAnnunzio, che in quel clima affrontava il giudizio del pubblico era un grande avvenimento: richiedeva una degna realizzazione che superasse i maggiori precedenti delle cronache teatrali. La novit piacque molto. Secondo il suo inventore fu pi osannata della stessa rappresentazione. Il buon debutto gli sugger lidea di unire sempre, da quel giorno, la materia letteraria, artistica e affine, in una sola pagina distinta se non proprio avulsa dalle altre: come unoasi fra larida politica e la cronaca nera (Alberto Bergamini, Nascita della terza pagina, in Nuova Antologia, Novembre 1955). E finalmente terza fu. Anticipazioni La primogenitura bergamiana stata non di rado contestata e messa in dubbio. Da pi parti si tentato di farne risalire linvenzione a Eugenio Torelli-Viollier, con gli articoli detti risvolti. Oppure, si sono cercati precursori e teorici fra le maglie di certe esperienze limite di alcuni fogli e periodici di fine Ottocento. Va ricordato il precedente famoso del Secolo, che il 10-11 Febbraio 1893 riserv lintero giornale alla prima milanese del Falstaff di Giuseppe Verdi. 3

Si tratta per, anche nei casi pi interessanti, di semplici avvisaglie o di situazioni episodiche, magari in anticipo su certe caratteristiche future, che non hanno molto a che fare con la sistematicit della terza canonica. 2. Rapporti col pubblico Orbene, torniamo per a Bergamini. Larticolo del direttore del Giornale dItalia conteneva nel bene e nel male la futura evoluzione: lidea di attirare un lite di lettori colti col registro alto di unopera del pi celebrato poeta del momento, lutilizzo proprio dei nomi di DAnnunzio e di Eleonora Duse, superstar del teatro e protagonista della tragedia, per allettare un pubblico maggiore; infine lo sguardo mondano per compiacere anche chi non fosse stato interessato allarte, ma in generale e soltanto al pettegolezzo. Dopo quel big bang sfavillante, la Terza si regol su binari sempre pi prevedibili, diventando la pagina colta del quotidiano: emblema lelzeviro, articolo nato per esaltare le doti del letterato in quanto letterato e composto nellelegante carattere commissionato dai tipografi olandesi Elzevier a Cristoforo van Dyck: un carattere tipografico in cui, a detta dei sapienti, si concilia lariosa chiarezza con la pi austera economia. Secondo molti critici, fu questa la cifra tipica di un giornalismo come quello italiano che si rivolgeva a un pubblico di lettori esiguo cui una tardiva legge sullobbligatoriet scolastica aveva negato fino a quel momento la possibilit di ampliarsi; un giornalismo che era nelle mani di una ristretta cerchia politica e imprenditoriale, il cui fine non era tanto vendere copie ma convincere potenziali elettori; un giornalismo che nella cultura trovava un naturale sbocco. Certo, con tutti i vizi del caso, specie quello di assumere, quando si trattava di quotidiani minori, quello stantio sentore di accademia di provincia, con la sua funzione pedagogizzante. Eppure, leggendo il rovescio della medaglia, proprio la sempre pi austera dimensione della Terza Pagina, pur con tutti i tentativi di innovazione e di slanci inventivi, ne decret via via lautorevolezza, spesso perfino al di sopra della propria reale incidenza. In questo luogo, presto diventato sacro anche per il lettore medio, si misurava dunque una cultura come quella italiana circoscritta e autoreferenziale che se da un lato faticava a valicare i confini patri, dallaltro nei propri recinti si imponeva come imprescindibile, battagliava, polemizzava, e contribuiva, per sempre, alla crescita dellopinione pubblica. Non fantasiosa lidea di numerosi terzapaginisti che raccontano la propria esperienza in termini aulici. E non nemmeno un errore di sopravvalutazione del proprio ruolo. Mancando riviste culturali specializzate e istituzioni di prestigio, con un ambiente universitario marginalizzato, con una platea attenta ai fatti culturali comunque ristretta, il quotidiano attraverso la Terza si assumeva 4

un compito non istituzionale ma di fondamentale importanza: oltre che informare e dilettare, far circolare idee e opinioni. Proprio a ci va ricondotta la gi accennata funzione politica della terza pagina. Catturare elettori, fare propaganda, partecipare alla creazione dellidentit dei lettori in quanto cittadini chiamati a votare. Lelemento unificatore pi forte delle pagine culturali dei vari quotidiani fu quella di una comune funzione di divulgazione a livello di massa dellideologia dei gruppi dirigenti. In questo senso ciascun quotidiano modell la propria terza pagina secondo le esigenze della formula politica o del partito di cui era portavoce. 3. Fase di assestamento Prima di virare verso i piani alti del sapere, la terza pagina bergamiana attravers un periodo, non brevissimo, di incertezza. Per circa un biennio il suo futuro non fu per nulla pacifico. E che fosse destinata a durare non era affatto scontato. Risultato: alla cultura capit di essere relegata in altre pagine del giornale. La materia letteraria e di variet continu ad oscillare per anni fra prima, seconda e terza pagina, n si estese oltre la misura dellarticolo di due colonne, fatta eccezione per poche circostanze particolari, quali ad esempio la scomparsa di grandi nomi del mondo culturale. La terza, in poche parole, pat il suo momento gestatorio. Tant che lidea di riunire in una sola pagina lintera materia letteraria della giornata sembr a taluni dettata da esigenze tecnicografiche dimpaginazione pi che da una consapevole scelta redazionale. Lo ricorda in un suo studio Roberta Risotti. Lautrice de La nascita della terza pagina coglie bene gli aspetti qualitativi della novit imposta dal direttore del giovane quotidiano capitolino. A Bergamini va riconosciuto il merito di aver intuito il futuro della formula inventata in occasione della memorabile paginata dannunziana. E soprattutto di aver sperimentato per primo nei modi, divenuti poi nella consuetudine istituzionale, della terza pagina, la possibilit di registrare il fatto culturale a fini politici; di ridurre la materia letteraria nei termini ideologici del giornale; di passare lidea dominante sotto forma di dibattito intellettuale; di formare lopinione pubblica con articoli pi influenti, quanto pi siglati da autorevoli firme. 4. La terza diffusa Quando il modello della terza pagina prende piede, si allarga e si trasforma in fenomeno della stampa italiana. Corriere della Sera

Dal Gennaio 1905 la terza pagina adottata dal Corriere della Sera. Affidata alle cure di Alberto Albertini, diverr da subito una sorta di Scala delle patrie lettere. Il giornale milanese infatti proponeva inediti e anticipazioni di vaglia ma imponeva ai suoi collaboratori regole piuttosto rigide, a cominciare da quella ferrea dellesclusiva. La terza di via Solferino aveva un carattere di scelta accurata, di prezioso almanacco delle variet colte di giornata. Pagina pensata, evitava le avanguardie, ma si teneva lontana dagli eccessi di accademismo. Proponeva un vasto campionario del meglio in circolazione, da Verga a Pirandello, da Deledda a Capuana. Pi in l nel tempo al gruppo si aggregher dAnnunzio. Precisamente quando lImmaginifico decide di riproporsi come giornalista militante e vate nazionale. Raffaele Calzini, per anni habitu del Corriere, ricordava cos il periodo del debutto della terza di via Solferino: La terza pagina [] fu una creazione degli Albertini perch se la direzione fu di Luigi, la scelta dei collaboratori e lespressione tipografica furono dovute ad Alberto Albertini, che per le sue tendenze letterarie era pi vicino al mondo delle muse. Luigi Albertini, scostandosi in questo dagli esemplari giornali anglosassoni, cap che i mezzi finanziari e le autorit del suo giornale dovevano servire da veicolo allelevazione intellettuale e artistica del pubblico italiano. La sua terza pagina fu nazionale nel senso che non vi figuravano firme straniere e fu tuttaltro che un provinciale privilegio degli scrittori milanesi. E, a differenza di quella del Giornale dItalia, austeramente cattedratica secondo le direttive di Bergamini, quella del Corriere fu sempre pi vivace, a tendenza narrativa e libera da ogni scuola e consorteria. Cos vi poterono apparire le pi contrastanti firme. Un quadro certamente in rosa, ma non privo di sfumature. La capacit di direzione del quotidiano andava incontro alle inclinazioni dei lettori meno sofisticati, magari facendo un po storcere il naso ai collaboratori pi la page. Non erano escluse dal giornale rubriche e scrittori genialmente pi popolari. Altre volte, per aggiungere un po di mistero attorno allautore dellarticolo, si optava per degli pseudonimi. Nacquero cos Tantalo per Ometti, dottor Ry per Clerici e Franka per Fraccaroli. In sintesi, accadeva che gli argomenti della terza pagina si impreziosissero della pura letteratura o si estendessero sino alla cronaca leggera e alla medicina. Senza contare che il piatto forte spesso era costituito da una pagina di colore degli inviati speciali. Questultimo poi il settore nel quale la terza del giornale milanese rapidamente svett sulla concorrenza. E perci, se non aveva creato il genere (pensiamo al caso di Edmondo De Amicis che era stato incaricato dalla Nazione, nel 1870, del servizio sulla presa di Roma) lo aveva portato al successo grazie alla figura di Luigi Barbini, primo vero scrittoreviaggiatore, spedito subito a farsi le ossa come corrispondente da Londra e poi in Cina a raccontare la rivolta dei Boxers.

Ben presto altri nomi si affiancarono a quello di Barbini. Le firme celebrate diventarono una delle principali attrattive del quotidiano ambrosiano. Si trattava sempre di giornalisti di buona penna, spesso versati alla letteratura. Un gruppo vario e variamente composto nel corso degli anni, che per trov nel Corriere la passerella di lusso, il proscenio scintillante dal quale spiccare il volo verso la notoriet letteraria. Stampa Altrettanto accurata la cultura della Stampa e in certi momenti ancora pi accurata. Almeno per spregiudicatezza, fantasia e gusto della novit. Politicamente pi aperta e democratica rispetto al concorrente di via Solferino, visto che il quotidiano torinese fungeva un po da organo ufficioso del giolittismo. Alla Stampa prebellica si afferma come critico letterario (dopo un precedente passaggio al Mattino) Giuseppe Antonio Borghese che poi emigrer al Corriere, ma sulle pagine del giornale di Alfredo Frassati non mancano neppure le firme di scienziati sociali del livello di Gaetano Mosca e Francesco Saverio Nitti. Resta come caratteristica di fondo del quotidiano (indipendentemente dalle differenti stagioni della politica) una certa propensione al rischio ponderato che lo distingue dalla maggiore assennatezza e misura delleterno avversario milanese. Resto del Carlino A uno spirito segnatamente antisistema ma soprattutto quale foglio degli emergenti riconducibile lesperienza del Resto del Carlino. In particolare durante la direzione di Mario Missiroli. Il giornale bolognese si trasform in una serie di dpandance degli scrittori delle riviste fiorentine, diventando la vetrina degli ingegni pi promettenti. Attraverso quella terza, ricorda un vecchio cronista, Aldo Valori, si rivelarono al grande pubblico o vi furono primieramente segnalati. Basti pensare alla collaborazione dei vari Prezzolino, Saba, Alvaro. Insomma, come la terza pagina del Corriere consacrava definitivamente la rinomanza di autori arrivati, cos quella del Resto del Carlino era palestra e affermazione di energie nuove. Altri discepoli Nella capitale, accanto alla Tribuna che punta, finch pu permetterselo, alla maniera del Corriere, sulle star, la terza si fa largo fra i giornali di nuova fondazione, mentre i quotidiani gi affermati (Capitale, Mezzogiorno e Popolo Romano) preferiscono per molto tempo parlare di cultura nel vecchio articolo di risvolto. Intorno al 1908 anche i giornali raccolti nel trust della stampa cattolica (Corriere dItalia di Roma, l Avvenire dItalia di Bologna, il Messaggero 7

toscano di Pisa, il Corriere di Sicilia di Palermo, l Unione che poi diverr l Italia di Milano, e il Momento di Torino) adottano con una certa continuit, sebbene con esiti alterni, la terza culturale. Nel Corriere dItalia le scelte in materia erano strettamente legate alla linea politica del giornale. Secondo Alessandra Briganti (Intellettuali e cultura tra Ottocento e Novecento. Nascita e storia della terza pagina, Liviana, 1972, pp. 92-3) la loro caratteristica era data da uno spiritualismo conformista aridamente confessionale che finiva per convergere, nella insistente polemica contro il positivismo ed il pragmatismo, con lideale crociano. Identica chiave accentuatamente spiritualista guidava il giudizio su arte e letteratura, improntati a pessimismo davanti alle esperienze novecentesche riecheggianti lodiato verismo e il non meno osteggiato dannunzianesimo. Un po vecchiotta anche la terza della repubblicana Ragione, adottata in via definitiva del 1909 e che dur fino alla chiusura del 1912. Fra i collaboratori lo scapigliato e futurista Lucini. Il suo avvenirismo rimase per un momento isolato rispetto allimpostazione eclettica e risorgimentale del resto del giornale. Niente di particolarmente eccitante e vivace neppure all Avanti. Lorgano ufficiale del socialismo italiano rifletteva piuttosto bene i ritardi culturali dellinterno movimento operaio. Insisteva nel riproporre un modello di cultura impegnata fortemente intrisa di moralismo. Solo allinizio del secondo decennio del secolo il quotidiano fondato da Leonida Bissolati cominci a occuparsi di contemporanei, giudicati per, quasi sempre indistintamente, in maniera negativa. Di grana assai migliore, pi spregiudicato ed attuale, latteggiamento dei nuovi giornali della destra estrema, dall Idea Nazionale al Tempo. Il foglio dei nazionalisti adotta subito la terza. Grazie ai collaboratori di livello come Oliva e de Frenzi (fra le firme anche del Giornale dItalia) la pagina di cultura dell Idea Nazionale si fece portavoce di una cultura impegnata allestremo, senza incertezze e fratture, quali erano presenti invece, data la minore omogeneit ideologica della redazione, in quotidiani di opinione come ad esempio il Giornale dItalia. Capita cos che l Idea Nazionale fosse lunico quotidiano riuscito a conservare la pagina culturale per quasi tutta la durata del conflitto, affiancando allarticolo di variet sulla guerra un pezzo di divagazione, una fantasia di viaggio, una novella ecc. La vera curiosit della terza dellorgano nazionalista fu per la presenza dellelzeviro, abbastanza frequente durante il 1915, pi raro negli anni che seguirono. Su una linea non molto diversa Il Tempo. Nato nel Dicembre 1917 e diretto dallex responsabile del Resto del Carlino, Filippo Nardi. Anche in questo caso lelzeviro svolge un compito abbastanza speciale. E pu avvalersi di alcuni dei nomi pi gettonati del genere, da Bacchelli a Baldini, a Cardarelli. 8

5. Qualche esempio concreto Ecco qualche esempio, di commenti ad articoli di terze pagine italiane degli anni Sessanta, estratti da La terza pagina italiana (Boneschi, F. editoriale IDEA, Roma, 1966), tesi a sottolineare quella commistione di argomenti che si svilupperanno poi, nei quotidiani moderni, come critica letteraria (informazione culturale), notizie di costume ecc.
COMPAGNONE L. I compagnoni della Camorra. Roma (Il Tempo 11 feb. 1960) Recensione al bel libro di Alberto Consiglio. Camorra (Del Duca, Milano). LA. condivide lopinione dello scrittore: la Camorra un fenomeno latino, un modo di reagire dei latini alla miseria e allingiustizia; finir quando la societ, operando realisticamente, avr trasformato gli arrangiatori in lavoratori. PIERONI A. Col nodo alla cravatta ha fatto una rivoluzione. Milano (Corriere dinformazione 9 mag. 1960) Il vero e il falso dandy; lord Brummel era quello che oggi si dice un arrampicatore sociale di formidabile tempra, e diede la scalata ai ceti pi alti realizzando gli ideali aristocratici meglio degli autentici lords. DURSI M. I giovani nella giungla. Bologna (Il Resto del Carlino 3 feb. 1960) I padri si confessano, si accorgono che i figli non hanno pi ideali. Ma quali ideali volete che abbiano questi giovani cresciuti nel clima di una guerra inutile e bestiale? Quali sogni sono ancora possibili in una societ che ha fatto del denaro la pi alta, se non addirittura la sola forma di onorabilit? FASOLU F. Per i pranzi delle feste i consigli dello specialista. Torino (Stampa sera 23 dic. 1960) Eccovi i lumi dellAccademia italiana della cucina: dalle cotolette alla valdostana al sanato nel barolo; i segreti dei ravioli alla genovese; un diplomatico buongustaio detta la ricetta del gallo al vino; per chi cerca un piatto semplice, la tortilla e la espanola, denominata recentemente Fabiola, in onore della nuova regina del Belgio.

6. Successori Le prime vere difficolt della terza pagina nascono verso gli anni Sessanta, che comprendono pi il versante teorico (di legittimit) che quello concreto. Le terze infatti continuano a uscire, unico spazio esplicitamente riservato ai temi culturali. Nello stesso tempo serpeggia fra gli addetti ai lavori la necessit di voltar pagina. Si avverte una forma di stanchezza, provocata pi dallusura del tempo che dallindividuazione di un modello positivo alternativo alla terza storica.

Nel 1956 Il Giorno nasce senza la terza pagina, distribuendo le informazioni culturali nelle varie sezioni del giornale, secondo gli argomenti. Primo atto di graduale rivoluzione, che si conclude con la morte della terza pagina alla fine degli anni Ottanta. Nel 1976 anche La Repubblica nasce senza la terza pagina, sostituita da una sezione cultura, nelle due pagine centrali. A quellepoca il Corriere della Sera e La Stampa mantenevano ancora la terza pagina, bench modernizzata con articoli sullattualit politica, sociale e culturale: il quotidiano di Torino la abolisce nel 1989, quando crea la sezione Societ & Cultura; via Solferino nel 1992, con la direzione di Paolo Mieli, ultima a cedere fra le grandi testate. Informazione culturale: due modelli a confronto La terza pagina finita? Da che cosa stata sostituita? Come spiega Alberto Papuzzi (Professione giornalista. Tecniche e regole di un mestiere, Donzelli, 2003, p. 200-1), la novit la nascita di redazioni che si occupano esclusivamente di cultura e di giornalisti specializzati nellinformazione culturale. Questa innovazione si sviluppata sulla base di due modelli: quello della Repubblica e quello della Stampa, detti rispettivamente illuministico e cronachistico, sulla base del pubblico che tendono a privilegiare (pi elitario nel primo caso, pi popolare nellaltro). Il modello illuministico privilegia la continuit con la terza pagina classica. La sezione Cultura del giornale di Scalfari rinnova lantico compromesso fra letterati e giornali senza abolirlo, e offre alla societ degli intellettuali di professione letterati, critici, storici - uno spazio di autorappresentazione, sia diretta (articoli, dibattiti, anteprime di opere), sia indiretta (interviste, recensioni, inchieste culturali). In questo senso si evidenziano due caratteristiche: la maggior parte degli articoli riguarda novit editoriali e la maggior parte delle firme sono di collaboratori, non di giornalisti. Questo tipo di informazione culturale tende ad adottare i codici della societ intellettuale: prende atto di ci che gli intellettuali ambiscono essere e del ruolo che svolgono, piuttosto che rendere conto di ci che materialmente sono. Il giornalista si domandava come il mondo intellettuale reagiva ai problemi che travagliavano la societ civile. Non si invitavano gli intellettuali a uscire dalle loro torri davorio, chiedendo che cosa avessero da dire sui fatti del giorno, ma si entrava nei loro domini, e le notizie avevano tendenzialmente per oggetto londa lunga dei fenomeni, piuttosto che i piccoli avvenimenti quotidiani. Il modello cronachistico di informazione culturale, messo a punto alla Stampa, con la direzione di Paolo Mieli, rappresenta invece una rottura con la tradizione della terza pagina e un rovesciamento di prospettiva. Mentre il ruolo istituzionale degli intellettuali passa in secondo piano, lattenzione del giornale si trasferisce sulle condizioni in cui gli intellettuali vivono e operano: dissensi scientifici, conflitti ideologici, contrasti politici, rapporti col potere Gli intellettuali, non 10

pi circondati da unaura illuministica, sono messi in scena come i protagonisti di uno spettacolo, secondo la lezione appresa dall Espresso e soprattutto da Panorama. Per comprendere questa secolarizzazione della figura dellintellettuale sufficiente ricordare linfluenza della televisione, con i programmi e i talk-show che omologano gli intellettuali ai personaggi dintrattenimento; visti attraverso il protagonismo degli intellettuali, i fatti culturali diventano accessibili al grande pubblico: lo spostamento dellinteresse dal testo al contesto dovrebbe mettere alla portata dei lettori, in forma popolare, conoscenze e informazioni che nella tradizione del nostro giornalismo sono state riservate alle lites colte. Tra infotainment e mielismo Nel 1976, con la sentenza della Corte costituzionale del 28 Luglio, viene liberalizzato letere. Gi nel 1980 funzionavano in Italia 972 emittenti private: da questo momento che la televisione assurge prepotentemente a medium di riferimento per la carta stampata. Cos il quotidiano diventa postmoderno, propone cio i tipici modelli frammentati e televisivi della societ delle immagini: a questo fine deve possedere caratteristiche che possano allettare un pubblico fatto di spettatori abituati al piccolo schermo e, al contrario, disabituati alla lettura. Pi in generale, si perpetua un modello di giornalismo, storicamente italiano, cosiddetto omnibus, sempre pi generalista che, pur facendo uso di stilemi del quotidiano popolare, proprio per catturare il pubblico televisivo, mischia questo tipo di informazione bassa con i preziosismi del quotidiano di qualit e letterario come nella tradizione del giornalismo d lite soprattutto applicati alla grafica e alla scrittura, anche se del quotidiano di qualit anglosassone non possiede le caratteristiche peculiari come la precisione dellinformazione, la separazione della cronaca dal commento, lo stile compassato e rigoroso. In pratica il quotidiano post-televisivo tende pi a colpire lo stomaco del lettore che non ad approfondire le sue conoscenze, a enfatizzare piuttosto che a informare. Ma appunto al Corriere della Sera, direttore Paolo Mieli, che il modello simpone anche nella terza. Il mielismo, nonostante la retromarcia successiva del suo eponimo, oggi uno dei pochi intellettuali che nella seriet ricerca lautorevolezza, condann per sempre le pagine culturali a contenitori simil televisivi. Alla terza fu preferita la cosiddetta attualit culturale. In soldoni, si traghettava verso una terza diffusa, che per essere tale, in termini espliciti, abbandona anche la sua tradizionale collocazione tipografica e scivola in unaltra zona del giornale. Diventa fascicolo, inserto, oltre a mutare naturalmente testatine. Una cultura che decide scientificamente di rinunciare a un certo suo aplomb formale e predilige la spigolatura. Lettura polifonica degli eventi (o, meglio ancora, di un singolo evento), aneddoto e, perch no, gossip. Uno spazio nuovo dove si valorizza la 11

polemica e si punta sullacchiappo. Su una certa disposizione alla litigiosit che comunque alberga sotto le pose composte e i modi garbati degli ambienti culturali e delle loro star. Siamo, nel caso dellopzione siglata Mieli, allepilogo di un lungo percorso. Apparentemente in piena svolta. In realt, si tratta piuttosto del trasferimento sul piano delle idee di quella sorta di giornalismo un po sbarazzino, che aveva gi dato buona prova di s in altri ambiti del giornale, in particolare nelle pagine politico-parlamentari. Questo tipo di giornalismo, fondato sul gi citato modello cronachistico, si baserebbe su due tecniche, tra loro combinate: a) la commistione di argomenti colti e popolari; b) una lettura degli avvenimenti in chiave conflittuale. Per ci che riguarda il primo punto, in una intervista di Chiara Beria dArgentine, Eccovi lascensore, dall Espresso del 25 Ottobre 1992, Mieli afferma: Credo che qualsiasi giornalista debba avere la capacit di oscillare in continuazione dallalto verso il basso e viceversa. Io, per esempio, vivo come se fossi sempre su un ascensore []. Il giornalismo che pi mi piace quello che non si ferma mai, che sa scendere al piano terra cimentandosi con le cose pi buffe e anche facete per poi tornare in alto. Riguardo al secondo punto invece, sempre Mieli afferma: Sono convinto che il modo moderno di trattare la cultura di affrontarla per conflitti. Ci stiamo accorgendo che i conflitti culturali rendono un argomento molto meglio di una generica esposizione. Se noi riusciamo a creare il polo A e il polo B attraverso i quali scocca una scintilla, il lettore, dovendo scegliere se ha ragione il polo A o il polo B, capisce meglio ci di cui si sta parlando. Il conflitto una cosa che delimita i campi, che focalizza lattenzione. Si potrebbe affermare che il mielismo stata la trasposizione casereccia dell infotainment: un neologismo composto dai termini information ed entertainment, coniato per sintetizzare la tendenza dilagante nei media a dare la precedenza a fatti e notizie che abbiano un contenuto facile da intendere, di poco peso, sorprendenti e, se possibile, piacevoli e spettacolari. E ci per attrarre una maggiore quantit di pubblico, in particolare quello televisivo, assuefatto, come si diceva, a un modello giornalistico popolare. La diminuita qualit dellinformazione, che fa privilegiare i fatti che si adattano a essere raccontati in forma di storie, comprime e tende progressivamente a eliminare lanalisi in profondit sulle origini e le ragioni degli eventi di cui si tratta, riconducendo ai minimi termini la tesi, per dare sempre pi spazio al pettegolezzo, alla notizia di spettacolo. Ovvero: il contrario della cultura. Questa gara allinseguimento del modello televisivo ha provocato un abbassamento del livello qualitativo generale che si sostanzia in uno svilimento anche del linguaggio giornalistico 12

sulla scorta di quello televisivo. Le regole auree del giornalismo scritto sono state cos vanificate dal volere e tutti i costi rincorrere lindifferenziato divenire del piccolo schermo. Linformazioneintrattenimento, modulo fondamentale di ogni palinsesto tiv, insegna che anche i giornali devono essere accattivanti, la notizia ha bisogno di una confezione. Spettacolarizzazione dunque. Spettacolarizzazione che ha fatto s che ogni notizia, per diventare tale, debba avere un risvolto in qualche modo piacevole e divertente. Divertire: imperativo presto accolto anche dalla carta stampata, diventando la solerte sostenitrice di questo delirio comunicativo che nel nome dello spettacolo parifica ogni cosa. 7. Bibliografia Briganti, A. (1972). Intellettuali e cultura tra Ottocento e Novecento. Nascita e storia della terza pagina. Padova: Liviana Editrice. Crespi, A. L. (2004). Contro la Terza Pagina. Milano: Biblioteca di via Senato Edizioni. Benvenuto, B. (2002). Elzeviro. Palermo: Sellerio. Papuzzi, A. (2003). Professione giornalista. Roma: Donzelli editore. Papuzzi, A. (1998). Letteratura e giornalismo. Bari: Editori Laterza. Marabini, C. (1995). Letteratura bastarda. Milano: Camunia editrice. Dardano, M. (1973). Il linguaggio dei giornali italiani. Bari: Editori Laterza. Boneschi, F. (1966). La terza pagina italiana. 1600 commenti ad articoli di terza pagina apparsi nei quotidiani italiani dal 1960 al 1964. Roma: editoriale IDEA.

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