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Adrian Rednic

La generazione Harry Potter


Il romanzo di formazione del nuovo millennio

‘Introduzione’

Harry Potter è una serie di romanzi fantasy suddivisa in 7 volumi, ideata dalla scrittrice J.
K. Rowling e pubblicata tra il 1997 e il 2007.
La trama si svolge nell’Inghilterra degli anni novanta, e descrive le avventure del giovane
Harry Potter. Rimasto orfano all’età di un anno, viene affidato alle cure della famiglia
degli zii, dove cresce in un clima di maltrattamento e segregazione per dieci anni. Il
giorno del suo undicesimo compleanno scopre di essere in realtà un mago, e parte per la
scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Scopre inoltre che i suoi genitori sono stati
uccisi dal mago oscuro più potente di tutti i tempi, Voldemort, il quale sta lentamente
tornando al potere dopo essere scoparso per un decennio. Nel corso dei 7 anni che passa a
Hogwarts, si ritrova numerose volte a sfidare Voldemort, e il tutto culmina in un duello
finale che vede trionfare Harry.

La saga di Harry Potter appartiene sia al genere fantasy che al genere classico del
romanzo di formazione. Tuttavia le differenze tra questa serie e altre celebri saghe del
genere fantasy sono da rimarcarsi: le storie di Harry Potter non sono ambientate in
un'epoca immaginaria o differente dalla nostra, né in un altro universo. La storia è
ambientata nel mondo reale e nei decenni contemporanei (1980-2017); in altre parole, il
mondo magico convivrebbe da sempre con quello delle persone comuni, non magiche
(che vengono chiamate babbani), ma da esso si nasconderebbe per motivi di sicurezza e
di ordine.

‘I Dursley e la trappola della famiglia’

Il giovane Harry non è un principe, nè un ricco borghese o un eroe classico. E’ un


ragazzino qualunque che vive in una famiglia adottiva che lo disprezza e lo costringe a
dormire nel ripostiglio del sottoscala, facendogli svolgere i lavori più umili e sfruttandolo
a dismisura.
I suoi zii, Vernon e Petunia Dursley, sono a conoscenza del fatto che Harry è in realtà un
mago, ma lo tengono all’oscuro delle sue origini per via del grande disprezzo che
provano verso i maghi e le streghe, e in generale per ogni cosa fuori dal comune, come si
può capire dalla primissima frase del libro.

«Mr e Mrs Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che
erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui
aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del
genere proprio non le approvavano» [1]

I Dursley risultano fin da subito ossessionati dalla loro immagine sociale.


La cosa più importante per i due coniugi è l’impressione che i loro vicini (cioè la società)
hanno di loro. Sentono il bisogno di essere perennemente migliori di loro, ostentando in
questo modo la propria richezza appena ne hanno l’occasione. Petunia Dursley, in
particolare, passa la gran parte della propria giornata a spiare i vicini, per poi fare un
resoconto dettagliato al marito, in modo da criticarli aspramente per ogni cosa ritenuta da
loro fuori dal comune.
I Dursley sono incosciamente preda della trappola economico-sociale di cui parlava
Pirandello.
L'uomo tende a fissarsi in una forma individuale, che lui stesso si sceglie, in una
personalità che vuole coerente ed unitaria; questa, però, è solo un'illusione e scaturisce
dal sentimento soggettivo che ha del mondo. Ciascuna di queste forme è una costruzione
fittizia, una "maschera" che l'uomo s'impone e che gli impone il contesto sociale; sotto
questa non c'è nessuno, c'è solo un fluire indististo ed incoerente di stati in perenne
trasformazione.
I Dursley sono il perfetto esempio di questa ‘maschera’, in quanto sono fortemente
convinti del loro bisogno di rispettare delle determinate regole sociali da cui non bisogno
mai eludere. Ogni anomalia è per loro un male, motivo di rabbia e frustrazione.

«Mentre tamburellava con le dita sul volante, lo sguardo gli cadde su un campannello di
quegli strampalati, vicinissimo a lui. Si stavano bisbigliando qualcosa tutti eccitati. Mr
Dursley sentì montargli la rabbia nel constatare che ce n'erano un paio tutt'altro che
giovani. Ma che roba! Quello lì doveva essere più anziano di lui, e portava un mantello
verde smeraldo! Che faccia tosta! Poi però gli venne in mente che potesse trattarsi di
qualche sciocca trovata. Ma certo! Era gente che faceva una colletta per qualche motivo.
Sì, doveva essere proprio così.’ » [2]

La prima reazione di Vernon Dursley di fronte a degli eventi fuori dal commune è quella
di cercare di giustificarli con delle azioni comprensibili nell’ordinario di tutti i giorni, in
quanto non può permettersi di accettare il bizzarro. Le cose bizzare, fuori dal comune, e
fantastiche, o anche la semplice immaginazione, vengono totalmente rifiutate da lui.

«Si affrettò a raggiungere la macchina e partì alla volta di casa, sperando di aver
lavorato di fantasia, cosa che non aveva mai sperato prima perché non approvava le
fantasie. »[3]

Ed è proprio per via di questa avversione dei Dursley che Harry è costretto a crescere in
un clima di maltrattamento e segregazione. I suoi zii lo disprezzano per la sua natura
magica, in quanto hanno il terrore che Harry rischi di rivelare il loro segreto, ovvero il
fatto che accudiscano in casa un mago. Cercano dunque di limitare al minimo ogni suo
contatto con il mondo esterno, segregandolo in casa e lasciandolo uscire solo quando
questi deve recarsi a scuola.
In questo contesto, la trappola della famiglia designata da Pirandello assume un duplice
aspetto.
L’aspetto psicologico del carattere opprimente dell’ambito familiare, le ipocrisie, gli odi e
le menzogne, hanno questa volta anche un riscontro fisico, in quanto Harry viene
fisicamente imprigionato nella casa in cui vive. Molte volte, come punizione per una
delle sue magie involontarie (in quanto lui non è ancora consapevole della sua natura
magica), verrà rinchiuso anche per settimane nel ripostiglio del sottoscala, come un
detenuto in isolamento.
Nonostante il benessere economico della sua famiglia, Harry è costretto ad indossare i
vecchi indumenti del cugino, a mangiare gli avanzi dei pasti, e a vivere in uno stato di
quasi povertà.
Non conosce amore nè affetto, e sogna spesso di potersene andare da quella casa, ma è
consapevole del fatto che i Dursley siano l’unica famiglia che gli rimane, e
semplicemente accetta la sua condizione, esattamente con i personaggi pirandeliani.
Tutto ciò cambia il giorno del suo undicesimo compleanno, quando Harry scopre
finalmente la verità sulla sua origine magica.
Dieci anni prima, Voldemort, il mago oscuro più potente di tutti i tempi, dopo aver ucciso
i suoi genitori, ha cercato di assassinarlo, ma per una ragione ignota la maledizione gli è
rimbalzato contro distruggendolo, e marchiando Harry con la sua caratteristica cicatrice a
forma di saetta.
Harry è dunque l’unica persona nel mondo magico ad essere sopravvissuto ad
un’anatema che uccide, e grazie a lui Voldemort è stato sconfitto.
Per questo motivo tutti lo conoscono, tutti sanno il suo nome, tutti riconoscono la sua
cicatrice, e Harry rimane sbalordito da questa incredibilità notorietà.
La sua condizione viene dunque completamente rovesciata: passa dal mondo ‘babbano’
(ovvero quello non magico), dove la sua famiglia cercava a tutti i costi di nascondere la
sua esistenza, al mondo magico, dove è una leggenda conosciuta da ogni singola persona.
Harry riceve dunque la sua lettera di ammissione alla scuola di magia e stregoneria di
Hogwarts, dove comincerà la sua istruzione magica.
Ciònonostante, il mondo magico si rivelerà tutt’altro che una fiaba incantata. Anche se il
clima allegro e incantato pervade per tutta la saga, man mano che si prosegue nella storia,
e man mano che Harry cresce, si vede costretto ad affrontare temi sembre più cupi e
maturi. I primi libri sono ancora indirizzati verso un target giovane, in quanto la saga era
partita come una serie di libri per bambini, ma già verso il 4-5 capitolo iniziano ad essere
introdotti dei temi molto adulti, come la politica, la persecuzione raziale, e più di ogni
altra cosa, la morte.

‘Il regime di Voldemort e la persecuzione dei nati-babbani’

Il successo della saga di Harry Potter è stato tale da indurre il Time a consacrare l’autrice
Joanne Kathleen Rowling quale terza persona socialmente e politicamente più influente
del mondo per l’anno 2007 (alle spalle di Vladimir Putin e Al Gore, per intenderci).
E si può appunto parlare di influenza, per un fenomeno letterario che ha letteralmente
formato un’intera generazione di lettori, coinvolgendo soprattutto giovani e giovanissimi.
Nel corso degli anni la febbre potteriana ha poi superato anche questo target –
raggiungendo livelli di penetrazione sociale certamente inaspettati –, tanto che il mondo
del Ragazzo-che-è-sopravvissuto è divenuto perfino oggetto di studi e tesi di laurea: in
accordo con Inside Higher Ed (il catalogo della biblioteca del Congresso, che ha in
archivio 21 volumi dedicati a critiche e studi approfonditi dell'universo potteriano)
almeno 17 tesi di dottorato e 7 di master sono state dedicate all'argomento, e in alcune
università si è arrivati ad un corso separato in scienze politiche dedicato al tema.
Il Wall Street Journal ha comparato il personaggio di Cornelius Caramell, ovvero il
Ministro della Magia, al famoso politico Neville Chamberlain – teoria confermata dalla
stessa autrice -, entrambi desiderosi di aiutare il prossimo e di evitare i conflitti armati; e,
sempre a detta della Rowling, l’amato preside di Hogwarts Albus Silente, non sarebbe
altro che la reincarnazione letteraria di un altro Primo Ministro inglese: Winston
Churchill.
Il Ministero della Magia ed il personaggio di Caramell potrebbero benissimo
rappresentare l’apatia mostrata dalla popolazione e dalla classe politica dei vari Paesi
europei nei confronti dell’ascesa del Führer e delle sue atrocità. Caramell infatti si rifiutò
di accettare l’evidente ritorno di Voldemort e, quando aprì finalmente gli occhi, era ormai
troppo tardi.
Inoltre le evidenti similitudini con l’ideologia nazista sono state confermate dalla
scrittrice, che si è ispirata ad Adolf Hitler per la creazione di Lord Voldemort.
Questi ritiene che solo i ‘purosangue’, ovvero le persone nate da due genitori magici,
possano avere diritto di cittadinanza nel mondo magico, a discapito dei ‘nati
babbani/mezzosangue’, nati invece da genitori babbani sprovvisti di magia’.
Difatti, così come Il Signore Oscuro si scoprirà essere, ironicamente, uno “sporco
mezzosangue”, recenti studi sul DNA dei parenti del Führer hanno dimostrato che Hitler
fosse, analogamente, di discendenza ebrea.
Entrambi appartengono ad una categoria che loro stessi considerano “inferiore” (il sangue
ebraico per Hitler, quello babbano per Lord Voldemort), e fanno di tutto per farlo passare
sotto silenzio: Hitler riempiendo di menzogne il Mein Kampf, Voldemort cambiando
nome, uccidendo il padre, e facendo lo stesso anche con i nonni. Ma le somiglianze non
finiscono qui.
Da notare che tutti e due dispongono di un esercito di “fedelissimi”, le SS (tra i
principali) e i Mangiamorte, che recano entrambi un marchio sulla pelle, sia per motivi
pratici sia come segno distintivo.
Perseguitano ed uccidono senza scrupolo persone e famiglie innocenti pur di raggiungere
i propri fini politici ed entrambi riescono, sfortunatamente, a conquistare il potere: Hitler
come Cancelliere, Voldemort controllando il Ministero della magia, potenziale simbolo
della propaganda demagogica nazista.
Entrambi fanno leva sulla frustrazione del loro popolo per spingerlo alla violenza: Hitler
sfruttando la crisi d’identità, la rabbia, la xenofobia e l’interventismo del popolo tedesco,
che scaturirono dalla disastrosa pace di Versailles; Voldemort alimentando la paura e la
frustrazione che i maghi oscuri, in minoranza e costretti alla segretezza, provano nei
confronti della maggioranza babbana, e spingendo le famiglie purosangue ad arruolarsi
tra i mangiamorte.
Se per Hitler il genocidio è arrivato con un processo graduale, Voldemort è stato mosso
dal desiderio di sterminare i babbani e tutti coloro che potessero contaminare il sangue
magico. Uno dei suoi primi provvidenti è stato istituire la Commissione per il
Censimento dei Nati-Babbani con il compito di verificare la presenza di parenti maghi
nelle persone nate da genitori babbani. Molti per non essere giudicati fuggirono, proprio
come alcuni ebrei quando Hitler salì al potere. A coloro che non riuscirono a provare la
loro purezza di sangue veniva spezzata la bacchetta. Senza avere più la possibilità di fare
magie, erano costretti a vivere in modo miserabile, come si può vedere nel capitolo 26 di
Harry Potter e i Doni della Morte.

«Nei vani delle porte erano rannicchiate persone coperte di stracci. Le sentì
piagnucolare all’indirizzo dei pochi passanti, elemosinando denaro, insistendo che erano
veri maghi. »[4]

Ma nonostante questo clima di odio raziale, sembra che gli eventi descritti nel corso della
storia possano avere un impatto positivo non solo sullo sviluppo della personalità, ma
anche dell'empatia, stimolando atteggiamenti più aperti e tolleranti verso gruppi e persone
discriminati.
Un gruppo di ricercatori dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, guidati
da Loris Vezzali, ha condotto una serie di studi sugli effetti che la lettura di Harry Potter
può avere sui giovani ragazzi.
Uno ha scoperto che la lettura di Harry Potter migliorava l'atteggiamento dei ragazzi delle
scuole superiori italiane nei confronti degli omosessuali.
L'altro ha collegato i libri della Rowling a una maggiore compassione verso i rifugiati tra
gli studenti universitari inglesi. In questa popolazione più adulta, l'identificazione con il
personaggio di Harry Potter non ha contribuito a cambiamenti di atteggiamento -
presumibilmente, gli universitari non si riconoscono molto in un personaggio più giovane
di loro - a prescindere da quanto forte fosse la loro non identificazione nel malvaglio
Voldemort.
Come scrivono gli autori, questo risultato è in linea con la teoria sociale cognitiva più
diffusa: "Le persone formano i propri atteggiamenti non solo adeguandosi ai personaggi
positivi di rilievo, ma anche prendendo le distanze da quelli negativi".
Naturalmente i fattori che plasmano i nostri atteggiamenti verso gli altri sono molti: i
media, i genitori, i coetanei, le convinzioni religiose. Ma il lavoro di Vezzali conferma
una ricerca precedente secondo cui leggere romanzi da piccoli - letture che comportano il
coinvolgimento nelle complessità sociali, culturali e psicologiche della vita - può avere
un impatto positivo sullo sviluppo della personalità e dell'empatia. [5]
Nonostante la sua terribile figura, anche Voldemort ha però una debolezza.
Teme più di ogni altra cosa la morte, e pur di sconfiggerla, si spingerà più di ogni altro
sul sentiero che conduce all’immortalità.

‘Gli horcrux e il ritratto di Dorian Grey’


Nel corso della saga Voldemort, ossessionato dal suo desiderio di vivere per sembre,
prova varie volte ad ottenere l’immortalità; già nel primo libro prova ad impossessarsi
della Pietra Filosofale, con la quale si può produrre un elisir che dona lunga vita, ma
viene fermato da Harry e la pietra viene successivamente distrutta.
Ciononostante Voldemort riesce nel suo intento con la creazione degli Horcrux.

«Dell'Horcrux, la più malvagia della magiche invenzioni, non discorreremo ne' daremo
istruzione»
— l'introduzione di Delle Magie Fetide e Putridissime[6]

Un Horcrux è un oggetto in cui un mago ha nascosto un frammento della propria anima al


fine di raggiungere l'immortalità. La creazione di un Horcrux è considerata la forma più
orribile di magia, della peggior specie di malvagità, poiché viola le leggi della natura e
della morale, e richiede un atto terribile come l'assassinio per essere realizzato.
Per dividere la propria anima, bisogna commettere il supremo atto malvagio- l'assassinio-
ed in seguito racchiudere una porzione della propria anima mutilata nell'oggetto scelto.
Il processo rende la parte restante dell'anima del mago instabile.
Finché ha un Horcrux integro, il mago in questione non può dunque morire; se il suo
corpo venisse distrutto, la sua anima continuerebbe a vivere all’interno del Horcrux in
questione, e il mago vivrebbe in forma incorporea fino a quando non troverebbe un modo
per riacquistare una forma corporea.

«-Be’, si spacca l’anima, capisci- rispose Lumacorno, -e se ne nasconde una parte in un


oggetto al di fuori dal corpo. Quindi, anche se il corpo viene colpito o distrutto, non si
può morire, perché parte dell’anima resta legata alla terra, intatta. Ma naturalmente,
l’esistenza in una simile forma...-» [7]

Ma per Voldemort un solo Horcrux era troppo rischioso, troppo facile da eliminare. Ed
essendo lui terrorizzato dalla morte, preferì non correre rischi e proteggersi il meglio
possibile, tanto da crearne 7.

«-Per la barba di Merlino, Tom!- guaì Lumacorno. –Sette! Non è già abbastanza orribile
pensare di uccidere una persona? E in ogni caso... dividere l’anima è orribile... ma
strapparla in sette pezzi...- » [8]

Ed è qui che più che mai emerge il lato puramente malvagio di Voldemort. Pur di non
morire, è disposto a fare qualsiasi cosa, persino a vivere come un reietto dall’anima
lacerata.
Gli Horcrux sono sicuramente il concetto più inquietante e affascinante dell’intera saga,
dove, come la stessa autrice ha affermato, la morte è uno dei temi principali. L’ultimo
libro sarà incentrato infatti sulla ricerca degli Horcrux di Voldemort e della loro
distruzione, nella speranza di riuscire a sconfiggerlo definitavamente.
Ma la Rowling non è stata la prima ad aver introdotto il concetto dell’anima legata ad un
oggetto.
Molto prima di lei, Oscar Wilde aveva costruito un intero libro proprio su questo
concetto.
‘Il ritratto di Dorian Gray’, ambientato nella Londra Vittoriana del XIX secolo, narra di
un giovane, Dorian Gray, che arriverà a fare della sua bellezza un rito insano. Egli inizia
a rendersi conto del privilegio del suo fascino quando Basil Hallward, pittore suo amico,
gli regala un ritratto che lo riproduce nel pieno della gioventù.
Dorian, dopo un lungo discorso con Lord Wotton, comincia a guardare la giovinezza
come qualcosa di veramente importante, tanto da provare invidia verso il suo stesso
ritratto, eternamente bello e giovane. Ciò lo porterà a stipulare una sorta di "patto col
demonio", grazie al quale rimarrà eternamente giovane e bello, mentre il quadro mostrerà
i segni della decadenza fisica e della corruzione morale del personaggio.
Ogni azione feroce ed ingiusta di Dorian verrà trasposta sul suo ritratto, la cui figura
invecchierà ed assumerà spaventose morfie, deformandosi sotto il peso delle sue azioni
immorali.
Per quanto gli Horcrux di Voldemort non subisserò mutamenti di alcun tipo, il concetto
di base è molto simile: l’anima di un uomo viene rinchiusa in un oggetto, e questo uomo
non invecchia nè può morire finché questo oggetto esiste.
Entrambi i personaggi infatti compiono numerose azioni malvagie e vivono in maniera
spregiudicata perché sono consapevoli di essere al sicuro da ogni minaccia.
Un’altra cosa che accomuna il ritratto di Dorian e gli Horcrux è il concetto del rimorso.
La realizzazione di un Horcrux può essere invertita dal suo creatore attraverso un sincero
rimorso per avver ucciso, ed è molto improbabile che tale rimorso si possa ottenere
semplicemente allo scopo di riparare la propria anima. E’ un processo terribile e
doloroso, apparentemente al punto da poter esserne distrutti.
Ed è certamente un processo che Voldemort non avrebbe mai perseguito, dato che il
rimorso o l’amore sono sempre state emozioni a lui sconosciute.
Nell’ultimo capitolo del libro, Dorian Gray, consumato dal rimorso per tutte le azioni
malvagie che ha fatto, e attribuendone la colpa al ritratto, decide di distruggerlo
pugnalandolo. Questa azione finisce però con l’ucciderlo, in quanto tutta la vecchiaia
‘assorbita’ dal ritratto si riversa su di lui.
«Entrarono e videro – appeso alla parete – uno splendido ritratto del loro padrone, così
come l’avevano visto l’ultima volta, in tutto l’incanto della sua sublime bellezza e
giovinezza. A terra, un uomo morto, in abito da sera, con un coltello conficcato nel
cuore. Era decrepito, avvizzito, repellente in viso. Fu solo dai suoi anelli che lo
riconobbero. »[9]

Esattamente come per il processo inverso alla creazione di un Horcrux, Dorian è


consumato dal rimorso per le sue azioni e per gli omicidi che ha compiuto, e questa cosa
lo porta alla sua distruzione.
Inoltre, proprio come Voldemort nella saga di Harry Potter, Dorian muore in seguito alla
distruzione del suo ritratto, ovvero del suo ‘Horcrux’.
Ma nonostante queste analogie, i due personaggi sono molto diversi, per il fatto che
mentre Voldemort decide spontaneamente di creare il suo Horcrux, maledicendosi così
per l’eternità, Dorian lo fa in maniera indiretta, e soprattutto nel finale è sopraffatto dal
rimorso.

‘La generazione Harry Potter’

Fin dalla prima edizione del 1997 Harry Potter è stato un successo immediato, che in
brevissimo tempo è esploso diventando un fenomeno mondiale. Con più di 500 milioni di
copie vendute, rimane la saga letteraria di maggior successo di tutti i tempi, e la serie di
film tratta dalla saga è stata la più remunerativa della storia di Hollywood, rendendo
Harry Potter un brand dal valore di 15 miliardi di dollari.
Basti pensare che ogni 30 secondi qualcuno, nel mondo, comincia a leggere Harry Potter.
Il successo che questa saga ha riscosso fra ragazzi e adulti va ricercata sia nel
personaggio del protagonista, sia nel mondo in cui si svolgono le sue avventure.
Harry Potter è un ragazzino qualsiasi che un giorno riceve una lettera portata da un gufo.
In questa lettera gli viene comunicato di essere un mago e di essere stato ammesso alla
scuola di stregoneria di Hogwarts.
Harry era cresciuto per tutta la sua vita all’oscuro del fatto che lui fosse un mago, e
questa risulta essere una delle caratteristiche più importanti, perché in questo personaggio
così inizialmente ‘anonimo’ chiunque ci si potrebbe rispecchiare.
Ma cosa più importante di tutti, qualsiasi persona leggendo questa saga ha avuto modo di
fantasticare, anche solo per un attimo, di poter essere a sua volta un mago, in attesa della
sua lettera per Hogwarts. Così come Harry era all’oscuro della sua vera natura, anche il
lettore per un attimo si è potuto chiedere se anche lui non fosse in realtà un mago in attesa
di essere rivelato.
Nell’universo fantastico creato dalla Rowling, il mondo magico è integrato in quello
babbano, seppur in maniera nascosta.
Il treno che porta ad Hogwarts si trova nella stazione centrale di Londra, i locali sono
porte invisibili agli occhi babbani poste tra normali negozi, l’ospedale magico si trova in
un vecchio e logoro magazzino dall’aria abbandonata.
I babbani vivono quotidianamente immersi nel mondo magico, a un palmo di distanza da
maghi e altre creature magiche, senza averne la più pallida idea.
Il lettore si ritrova dunque a domandarsi se questa società non esista anche nella sua città,
nascosta e ben oscurata ai suoi occhi.
Magari quella vecchia fabbrica caduta in disuso non è altro che un grande negozio di
pozioni e ingredienti alchemici.
Ma sopra ogni cosa, quello che ha fatto innamorare milioni di lettori in tutto il mondo è
stata sicuramente la scuola di Hogwarts.
Hogwarts è strutturata in maniera simile ad un normale collegio babbano: gli studenti
prendono parte alle lezioni giornaliere, nel pomeriggio hanno tempo libero per girovagare
per il castello e dedicarsi ad altre attività, e la sera si riuniscono nei dormitori per
coricarsi.
Quello che ovviamente cambia il tutto è la natura magica di questo collegio.
Le lezioni non sono ore di Inglese, Matematica o Scienze, ma di materie magiche
specifiche come Incantesimi, Pozioni e Cura delle creature magiche. Il castello è
incantanto, un labirinto di scale che si muovono, porte che appaiono e scompaiono,
quadri che si muovono e parlano, fantasmi che girovagano per i corridoi. Anziché essere
divisi in classe, quando gli studenti arrivano ad Hogwarts vengono smistati in quattro
case: Grifondoro, Serpeverde, Corvonero e Tassorosso.
Queste case competono tra di loro, in quanto le azioni positive degli alunni vengono
premiati con dei punti, che vengono sotratti in caso questi infranghino le regole. Alla fine
dell’anno scolastico, la casa che ha totalizzato più punti si aggiudica la prestiogiosa
Coppa delle Case.
Anche lo sport ricopre un ruolo importante, ma ovviamente anche in questo caso non si
tratta di un banale sport babbano. Lo sport magico per eccellenza è il Quidditch, nel quale
i giocatori sfrecciano su delle scope volanti cercando di far passare la palla attraverso a
degli enormi anelli che si trovano a decine di metri d’altezza dal terreno.
Un posto magico come Hogwarts apparirebbe a chiunque molto più interessante di una
banale scuola babbana, e chiunque desidererebbe andarci.
La scuola di magia e stregoneria ha assunto un ruolo talmente importante nel cuore dei
lettori, che molti la reputano una specie di seconda casa, anche senza averla mai visitata
realmente.
«La maggior parte degli appartenti alla Generazione Y (Millenials) con cui ho parlato
sono d’accordo nell’ammettere che siano più nostalgici verso Hogwarts che verso
qualsiasi altro posto reale in cui abbiano vissuto le loro vite, e dire ‘E’ come Hogwarts!’
è un punto universale di riferimento quando incontrano un posto con una particolare
bellezza, storia e identità. »[10]

Sta di fatto che la Generazione Y è letteralmente cresciuta insieme ad Harry Potter.


I ragazzini che nel 1998 hanno iniziato a leggere il primo libro della saga, ritrovandosi un
Harry bambino, giovane e insicuro, si sono ritrovati adulti un decennio dopo, insieme ad
un Harry cresciuto e ormai consapevole delle proprie responsabilità.
E chiunque l’abbia letto negli anni successivi, si è sempre rispecchiato in almeno un
frammento della vita del giovane mago, che sia stata la sua dura infanzia, i primi anni di
insicurezza e smarrimento, la tempesta dell’adolescenza, o l’incombere dell’età adulta,
con le sue responsabilità e aspettative.
Una cosa però era certa: Harry, Ron, Hermione, e tutti gli altri, sono sempre stati a
Hogwarts, pronti ad accoglierlo in un mondo magico quando questi voleva scappare per
qualche momento da quello babbano.

[1]: J.K. Rowling, Harry Potter e la Pietra Filosofale, Adriano Salani Editore s.r.l.,
Milano, 1998, p. 1.
[2]: J.K. Rowling, Harry Potter e la Pietra Filosofale, Adriano Salani Editore s.r.l.,
Milano, 1998, p. 3.
[3]: J.K. Rowling, Harry Potter e la Pietra Filosofale, Adriano Salani Editore s.r.l.,
Milano, 1998, p. 4.
[4]: J.K. Rowling, Harry Potter e i Doni della Morte, Adriano Salani Editore s.r.l.,
Milano, 2008, p. 484
[5]: Bret Stetka, Perché tutti dovrebbero leggere Harry Potter,
http://www.lescienze.it/news/2014/09/13/news/tolleranza_leggere_harry_potter_riduce_i
_pregiudizi-2286016/ , 9/09/14
[6]: J.K. Rowling, Harry Potter e il Principe Mezzosangue, Adriano Salani Editore s.r.l.,
Milano, 2006, p. 350
[7]: J.K. Rowling, Harry Potter e il Principe Mezzosangue, Adriano Salani Editore s.r.l.,
Milano, 2006, p. 452
[8]: J.K. Rowling, Harry Potter e il Principe Mezzosangue, Adriano Salani Editore s.r.l.,
Milano, 2006, p. 453
[9]: O. Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, Giunti Editore S.p.A., Milano, 2015, p. 311
[10]: Brown B., WHY HARRY POTTER IS GREAT LITERATURE,
http://humanepursuits.com/why-harry-potter-is-great-literature/ ,
20/08/2014.

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