Sei sulla pagina 1di 3

L’ARRAMPICATA

L’arrampicata sportiva si è diffusa negli ultimi anni come disciplina autonoma che si
svolge in ambienti naturali come le bassi pareti rocciose, falesie o grandi massi.

Per arrampicare servono:

• Una parete attrezzata, cioè un tratto di roccia che può essere naturale o
artificiale.
• Una corda di sicurezza, che passa attraverso i rinvii agganciati alla parete.
• Un’imbragatura, che permette di legarsi alla corda con nodi e moschettoni.
• Il freno, che serve a chi fa sicura per passare la corda e manovrarla, in modo
da poter arrestare l’ eventuale cauta del compagno.
• Un caschetto, che ripara dagli urti contro la roccia.
• La magnesite, che serve a migliorare la presa delle mani, di fatti l’
arrampicatore lo tiene in un apposito contenitore appeso all’imbracatura.
• I rinvii, cioè coppie di moschettoni uniti da una fettuccina , che
l’arrampicatore aggancia alla propria imbragatura in base alla lunghezza della
parete.
La difficoltà di salita di una parete è misurata in gradi, che va dal primo al nono e
non dipende dalle condizioni ambientali, ma dalla via da percorrere.
Le gare su parete artificiale si svolgono con diverse modalità, ma il programma
olimpico del 2020 ha previsto tre prove:

• Bouldering, dove le competizioni si svolgono


su percorsi brevi di arrampicata con altezza
non superiore ai 4 metri. La prova consiste
nell’ affrontare a rotazione 4-5 boulder con
un numero infinito di tentativi ma con un
tempo massimo di 4 minuti.
• Difficoltà, consiste nell’ arrampicare la via del percorso lunga dai 15 ai 25
metri senza poterla provare ne guardare altri concorrenti mentre
arrampicano. La prova prevede un solo tentativo in un tempo massimo di 6
minuti, in cui l’atleta deve cercare di raggiungere il top del tracciato o la
presa più alta.
• Velocità, consiste nell’ affrontare una parete
conosciuta di 15 metri da percorrere nel minor
tempo possibile. La competizione si conclude
toccando con la mano un pulsante che ferma il
tempo.
RIASSUNTO DEL DOCUMENTARIO
Il documentario racconta il desiderio di Alex Honnold,
ovvero essere il primo a scalare El Cap in free solo. In
precedenza aveva già scalato in altri posti e fin dall’ inizio è
sempre stata una cosa che lo faceva sentire vivo, tanto da
portarsi all’ estremo. Nel documentario possiamo
vedere ,oltre al suo teem di scalatori, anche la sua ragazza
Sanni che lo ha sempre sostenuto tanto da spingersi a
provare l’ arrampicata. Purtroppo, non essendo un’ esperta,
una delle volte che sono andati ad arrampicare ha lasciato
la corda che reggeva Alex facendolo cadere.
Fortunatamente non si è procurato danni gravi al piede, ma questa cosa l’ha tirato
giù di morale perché voleva dire dover stare fermo per un po’ di tempo. Proprio in
questo periodo si è convinto sempre di più a voler scalare El Cap in free solo, anche
se Sanni aveva paura e non era molto d’accordo, per questo motivo l’ ha lasciato da
solo per un po’ di giorni in modo da permettergli di concentrarsi. Alex prima di
arrampicare definitivamente ci aveva provato una volta, ma arrivato lì non era
ancora pronto per farlo, sentiva troppa pressione nel sapere che c’ erano tante
persone a guardarlo. Il giorno dopo sono partiti verso le 4 del mattino e finalmente
si è deciso ad arrampicare, tutta la gente che era lì a guardare giustamente aveva
paura che qualcosa andasse storto, ma alla fine Alex è riuscito a realizzare il suo
obbiettivo e a essere il primo a scalare El Cap in free solo. Penso che questo
documentario da un punto di vista abbia mandato un bel messaggio al pubblico,
perché Alex nonostante le difficoltà che ha riscontrato è riuscito a raggiungere il suo
obbiettivo.

Michelle Lopez 3C

Potrebbero piacerti anche