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MAFFEZZONI
NOTE DI ELETTROMA-
GNETISMO
I N G E G N E R I A I N F O R M AT I C A E D E L L’ A U T O M A Z I O N E – P O L I -
TECNICO DI MILANO
2
1 Capitolo 1 7
1.1 La carica elettrica e il principio di conservazione della ca-
rica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2 Il campo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.3 La legge di Coulomb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
1.4 Campo elettrico generato da una carica puntiforme nel vu-
oto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.5 Tensione elettrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.6 Legge di Kirchhoff per le tensioni . . . . . . . . . . . . . 18
1.7 Flusso di un campo vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.8 Legge di Gauss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.9 Dielettrici (o isolanti) e il vettore P̄ . . . . . . . . . . . . . 20
1.10 La corrente elettrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
1.11 La formalizzazione del principio di conservazione della ca-
rica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
1.12 Conduttori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
1.13 La legge di Ohm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
1.14 La legge di Kirchhoff per le correnti . . . . . . . . . . . . 25
1.15 Il primo circuito elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2 Capitolo 2 27
2.1 L’interazione magnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.2 Forze magnetiche su cariche in moto - La forza di Lorenz 28
2.3 Campo magnetico di una carica in moto (non relativistico) 28
2.4 Forza magnetica su di una corrente elettrica . . . . . . . 30
2.5 Legge di Ampère-Laplace . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.6 Campo magnetico di una spira di corrente circolare . . . 33
2.7 La legge di Ampère . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.8 Flusso magnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.9 Equazioni del campo elettromagnetostatico . . . . . . . . 37
3 Capitolo 3 39
3.1 Il campo elettromagnetico dipendente dal tempo . . . . 39
3.2 La legge di Faraday-Henry . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
4
4 Capitolo 4 51
4.1 La capacità elettrica - il condensatore . . . . . . . . . . . 51
4.2 Il condensatore in regime stazionario . . . . . . . . . . . 52
4.3 Il condensatore in condizioni tempo varianti . . . . . . . 54
4.4 L’autoinduzione - l’induttore . . . . . . . . . . . . . . . . 57
4.5 L’induttore in regime stazionario . . . . . . . . . . . . . . 58
4.6 L’induttore in condizioni tempo varianti . . . . . . . . . . 59
5
There is such a force: the electrical force. And all matter is a mixture of
positive protons and negative electrons which are attracting and repelling
with this great force. So perfect is the balance, however, that when you
stand near someone else you don’t feel any force at all. If there were even
a little bit of unbalance you would know it. If you were standing at arm’s
length from someone and each of you had one percent more electrons than
protons, the repelling force would be incredible. How great? Enough to
lift the Empire State Building? No! To lift Mount Everest? No! The
repulsion would be enough to lift a “weight” equal to that of the entire
earth!
With such enormous forces so perfectly balanced in this intimate mixture,
it is not hard to understand that matter, trying to keep its positive and
negative charges in the finest balance, can have a great stiffness and
strength. The Empire State Building, for example, swings less than one
inch in the wind because the electrical forces hold every electron and
proton more or less in its proper place. On the other hand, if we look at
matter on a scale small enough that we see only a few atoms, any small
piece will not, usually, have an equal number of positive and negative
charges, and so there will be strong residual electrical forces. Even when
there are equal numbers of both charges in two neighboring small pieces,
there may still be large net electrical forces because the forces between
individual charges vary inversely as the square of the distance. A net
force can arise if a negative charge of one piece is closer to the positive
than to the negative charges of the other piece. The attractive forces can
then be larger than the repulsive ones and there can be a net attraction
between two small pieces with no excess charges. The force that holds the
atoms together, and the chemical forces that hold molecules together, are
really electrical forces acting in regions where the balance of charge is not
perfect, or where the distances are very small.
capitolo 1 9
You know, of course, that atoms are made with positive protons in the
nucleus and with electrons outside. You may ask: If this electrical force
is so terrific, why don’t the protons and electrons just get on top of each
other? If they want to be in an intimate mixture, why isn’t it still more
intimate? The answer has to do with the quantum effects. If we try to
confine our electrons in a region that is very close to the protons, then
according to the uncertainty principle they must have some mean square
momentum which is larger the more we try to confine them. It is this mo-
tion, required by the laws of quantum mechanics, that keeps the electrical
attraction from bringing the charges any closer together.
dove e0 è la costante dielettrica del vuoto e vale 8.854 · 10−12 N−1 m−2 C2 .
Se q1 q2 > 0, allora F̄q1 q2 è orientata come r̂ altrimenti ha il verso op-
posto. F̄q2 q1 è applicata in q1 e ha verso opposto a quello di F̄q1 q2
perché è opposto ad r̂ il verso di r̄1 − r̄2 .
N N
1 Qk
Ē = ∑ Ē k =
4π e 0 ∑ r̂ .
rk 2 k
(1.6)
k=1 k=1
Ciò non deve stupire, ci sono diverse grandezza di linea; forse la più
comune è la distanza. Non si può misurare una distanza se prima
non si definisce la linea su cui operare la misura.
1 Q
dL = −q Ē · dl¯ = −q r̂ · dl¯ . (1.9)
4πe0 r2
Facendo riferimento alla figura 1.16 notiamo come sia possibile
scomporre il vettore dl¯ nella somma di due contributi, uno (dl¯k ) di-
retto come il versore r̂ e uno (dl¯⊥ ) normale ad esso. Possiamo allora
riscrivere la 1.9 come
Figure 1.15: Un percorso γ immerso nel
1 Q 1 Q campo radiale generato da una carica
dL = −q 2
r̂ · (dl¯⊥ + dl¯k ) = −q r̂ · dl¯k = puntiforme.
4πe0 r 4πe0 r2
(1.10)
1 Q 1 Q
= −q r̂ · r̂dr = −q dr
4πe0 r2 |{z} 4πe0 r2
dl¯k
e quindi ottenere
Z B
qQ dr Figure 1.16: Scomposizione del passo
LγAB = − ¯
A 4πe0 r2 infinitesimo dl.
1 rB
Q Q Q
=− q − = − q − + , (1.11)
4πe0 r r A 4πe0 r B 4πe0 r A
Q Q
=q − = q(VB − VA ) = qVBA
4πe0 r B 4πe0 r A
ZA
L∞,A
=− Ē · dl¯ = VA − V (∞) = VA (1.12)
q
∞
Possiamo quindi enunciare la legge di Kirchhoff per la tensione che, Figure 1.18: Legge di Kirchhoff per le
tensioni: un esempio.
in regime quasi-stazionario, afferma che
lungo una qualunque linea chiusa, la somma algebrica delle tensioni, prese con
il segno opportuno in base al verso di percorrenza della linea, è nulla.
Q Q Q
I I
Figure 1.21: Legge di Gauss: un caso
ΦS ( Ē) = r̂ · ubN dS = dS = , (1.16) particolare.
S 4πe0 r2 4πe0 r2 S e0
| {z }
4πr2
∑k qk
ΦS ( Ē) = . (1.17)
e0
Si noti che nella 1.17 la carica netta ∑k qk all’interno di S potrebbe
essere nulla qualora fosse nullo il bilancio tra le cariche positive e
quelle negative.
dQ
I= . (1.19)
dt
b N dS = ̄ · u
ρ V v̄ · u b N dS , (1.20)
Utilizzando
I il Teorema di Gauss per il campo elettrico,
q = e0 Ē · ubN dS e quindi il principo di conservazione della carica
S
può essere formalizzato come
d
I I
̄ · ubN dS + e0 Ē · ubN dS = 0 , (1.23)
S dt S
1.12 Conduttori
γ
una corrente costante I all’interno della spira conduttrice dal mo-
mento che, in base alla legge di Ohm, è necessaria una differenza di
potenziale V = RI per permettere alle cariche libere di percorrere
un tragitto γ che, da un punto di partenza all’interno della spira, si
snoda all’interno di essa per richiudersi nel punto di partenza stesso.
In altre parole, il campo nel compiere il suo lavoro lungo il tragitto γ
capitolo 1 25
cede energia alle cariche ma queste la perdono urtando tra loro e con-
tro il reticolo fisso. Quindi, se non viene fornita una quantità netta
di energia agli elettroni, essi non possono muoversi continuamente
lungo un percorso chiuso.
F̄ = qv̄ × B̄ , (2.1)
F = qvBsinα , (2.2)
F̄ = q ( Ē + v̄ × B̄) . (2.3)
è stato solo fatto cenno a certe sostanze, chiamate magneti, che nel
loro stato naturale producono campi magnetici. Un passo avanti fon-
damentale per la comprensione dell’origine del magnetismo venne
compiuto nel 1819, quando il fisico danese Hans Christian Oersted
fortuitamente scoprì che una bussola magnetica, quando veniva posta
sotto un lungo filo percorso da corrente, si orientava perpendico-
larmente alla direzione del filo stesso. Poiché una corrente elettrica
consiste in un flusso di cariche elettriche in moto, sembra ragionevole
ipotizzare che i campi magnetici non solo sono sentiti da cariche in
moto, ma anche sono prodotti da cariche in moto.
q
Ē = ubr . (2.4)
4πe0 r2
v̄ × ubr
B̄ = Km q , (2.5)
r2
µ0 v̄ × ubr
B̄ = q 2 . (2.6)
4π r
Perciò, in qualsiasi punto dello spazio, come A in figura 2.2, vi è un
campo elettrico Ē nella direzione radiale ed un campo magnetico B̄ in
direzione perpendicolare sia a ubr che a v̄.
che sono cerchi con i centri sulla linea di moto della carica. Quando
la carica è positiva, il senso delle linee di forza magnetiche è diretto
come le dita della mano destra quando il pollice punta in direzione
del moto della carica. Si noti in particolare che B̄ non ha componente
lungo la direzione del moto della carica.
Utilizzando la 2.4, è possibile riscrivere la 2.6 come
1
B̄ = (v̄ × Ē) , (2.7)
c2
dove c = √1
µ 0 e0 e [c] = ms−1 . Sostituendo i valori di µ0 ed e0 si ot-
tiene c ≈ 2.9979 · 108 ms−1 ovvero c è la velocità della luce (o di qual-
siasi segnale elettromagnetico) nel vuoto. Questa relazione non verrà
discussa in questo corso così come non si dimostrerà l’importante
proprietà della 2.7 che, nonostante la 2.4 e la 2.6 debbano essere mo-
dificate quando v̄ diventa prossima a c, rimane invece valida anche
per velocità decisamente elevate.
a µ Ia
dBk = dB cos α = dB = 0 3 dl , (2.17)
r 4π r
e quindi
µ0 Ia µ0 Ia2
I I
B= Bk = dl = . (2.18)
4π r3 2r3
√ µ0 Ia2
Definendo r = a2 + x2 si ottiene B = . Rispetto alla
2( a2 + x2 )3/2
coordinata x presa lungo l’asse X, il campo magnetico è massimo per
µ I
x = 0, ovvero al centro della spira e B| x=0 = 2a0 . Le linee di forza
del campo magnetico (solenoidale) di una spira di corrente circolare è
rappresentato nella figura 2.10.
34 note di elettromagnetismo
La legge di Ampère afferma che, data una linea chiusa L (di cui
si sceglie arbitrariamente il verso di percorrenza), la risultante I
delle correnti con essa concatenate determina la circuitazione Λ B
del campo magnetico B̄ prodotto dalle correnti stesse
I
ΛB = B̄ · dl¯ = µ0 I . (2.19)
L
capitolo 2 35
Q
I
Ē · ubN dS = . (2.24)
e0
S
Figure 3.1:
Per essere piú precisi, riferiamoci alla figura 3.1 nella quale la
linea L é orientata come le dita della mano destra con il pollice nella
direzione e verso del campo magnetico B̄. Supponiamo che la geome-
tria rimanga invariata ma che si osservi una variazione dell’intensitá
B del campo. Quando il flusso magnetico aumenta (cioé dΦB/dt > 0) si
manifesta una fem indotta
I
Vf em = Ē · dl¯ < 0 , (3.1)
L
dΦ B
Vf em = −
, (3.3)
dt
formula che esprime la legge di Faraday-Henry dell’induzione elet-
tromagnetica. Possiamo esprimerla in parole in questo modo:
in un campo magnetico variabile, in ogni circuito viene indotta una forza
elettromotrice (fem) uguale alla derivata rispetto al tempo del flusso magnetico
attraverso il circuito col segno cambiato.
capitolo 3 41
dΦ B
Vf em = − = −SB0 ω cos(ωt) , (3.4)
dt
d
I Z Z
∂
− Ē · dl¯ = B̄ · ubN dS = B̄ · ubN dS , (3.5)
dt ∂t
L S S
Figure 3.2:
42 note di elettromagnetismo
d
R
dal momento che dt B̄ · ubN dS = 0 in quanto B̄ è nullo. Si ricava Si noti che γ è una linea che si sviluppa
S lungo il circuito, percorsa per scelta
quindi in senso antiorario, che racchiude la
superficie S il cui versore normale, in
V1 + V2 = V0 . (3.7) base alla regola della mano destra, è
uscente dal piano del foglio.
In base alla definizione di forza elettromotrice, il generatore E0 cor-
risponde ad una Vf em = − E0 , orientata in verso opposto rispetto
al generatore stesso. Poiché V1 = R1 I e V2 = R2 I, si conclude che
il generatore di tensione, ovvero di forza elettromotrice, induce una
corrente di maglia I = E0 /( R1 + R2 ). É altresì evidente che se la forza
elettromotrice viene spenta, cioé si rimuove la pila, non si avrà alcuna
corrente circolante nella maglia.
S, sia Φ B (t) = B(t)S. Siccome tale flusso varia nel tempo esso induce
dΦ (t)
una forza elettromotrice Vf em = − dtB .
Si avrà
d
I Z
V1 + V2 = − Ē · dl¯ = −Vf em = B̄ · ubN dS 6= 0. (3.8)
dt
γ S
Figure 3.5:
Si noti come la presenza del termine Si ricordi che si sono assunte fisse tutte
le entità geometriche considerate.
d
Z Z
∂
µ 0 e0 Ē · ubN dS = µ0 e0 Ē · ubN dS , (3.13)
∂t dt S
S
nella 3.12 implichi il cessare della validità della legge di Kirchhoff per le
correnti in regime tempovariante.
bisogno di dare una coerenza matematica alla teoria che da fatti spe-
rimentali. Infatti gli esperimenti che confermarono le idee di Maxwell
furono eseguiti solo dopo alcuni anni.
d
I Z
B̄ · dl¯ = µ0 e0 Ē · ubN dS , (3.14)
dt
L S
Λ B = µ0 e0 ΦS ( Ē) . (3.15)
Figure 3.6:
Q
I
Ē · ubN dS = . (3.16)
e0
S
d
Z
dt ΦS(t) ( Ā )
d
= Ā · ubN dS
dt
S(t)
Z ,
∂
= Ā − ∇ × (v̄ L × Ā) + v̄ L ∇ · Ā · ubN dS
∂t
S(t)
(3.25)
∂ ∂ ∂z T
dove ∇ è l’operatore differenziale nabla ( ∂x , ∂y , ∂t ) , il prodotto
vettoriale “×” di ∇ e un qualunque vettore ne rappresenta il rotore e
il prodotto scalare “ · ” di ∇ e un qualunque vettore ne rappresenta la
divergenza.
Utilizzando il teorema di Stokes, che afferma che
Z I
∇ × (v̄ L × Ā) · ubN dS = (v̄ L × Ā) · dl¯ , (3.26)
S L
è possibile scrivere
d d
Z
Φ ( Ā) = Ā · ubN dS
dt S(t) dt
S(t)
Z I
∂
= Ā + v̄ L ∇ · Ā · ubN dS − (v̄ L × Ā) · dl¯ .
∂t
S(t) γ
(3.27)
Tornando al nostro problema di partenza, poiché la divergenza
del campo B̄ è sempre nulla (teorema di Gauss in forma locale per il
campo B̄), otteniamo
d
Z I
∂
Φ ( B̄) = B̄ · ubN dS − (v̄ L × B̄) · dl¯ , (3.28)
dt S ∂t
S γ
Nel circuito ABCD circola quindi una corrente (radiale nel disco) di-
retta nello stesso senso lungo il quale è stata calcolata la forza elettro-
motrice. Lo stesso risultato si otterrebbe utilizzando come percorso
chiuso la linea ABCC 0 A. Tale percorso ci permetterebbe anche di uti-
lizzare la regola del flusso, considerando il raggio CC 0 in movimento,
al fine poter considerare un’area crescente, data da 21 ωtR, attraverso
la quale calcolare il flusso del campo B̄. Si deve dunque operare una
scelta ad hoc per poter applicare la regola del flusso, mentre ciò non è
necessario con il principio generale formulato mediante la 3.22.
1 Q
E= . (4.1)
4πe0 r2
1 Q
V ( R) = , (4.2)
4πe0 er R
Q
I
= Ē · ubN dσ ≈ ES, (4.5)
e σ
che:
eS eS
Q= (−v BA ) = V = CV, (4.6)
d d
ovvero che la capacità del condensatore vale
eS
C= . (4.7)
d
dQ
−I + = 0, (4.10)
dt
corrisponda all’applicazione del principio di conservazione della
carica al volume racchiuso internamente alla superficie σ orientata
capitolo 4 55
Zt
1
V ( t ) = V ( t0 ) + I (τ )dτ . (4.14)
C
t0
CV 2 (t) dwaE
dV (t) d
p a (t) = V (t) I (t) = CV (t) = = , (4.15)
dt dt 2 dt
Φ B = LI . (4.16)
Φ B ( I ) = B̄ · ubN dS =
R
S
ubT × ubr
Z I
µ0
= I dl · ubN dS =
4π r2
ZS (4.17)
ubT × ubr
I
µ0
= 2
dl · ubN dS I =
4π r
S
| {z }
L
= LI .
Si noti come nella 4.17, poiché la linea che è bordo di S (e quindi il
versore ubT ) e il versore ubN sono orientati in base alla regola della
mano destra, il prodotto vettoriale ubT × ubr risulta essere orientato
come ubN (si tenga conto che ubr punta all’interno della spira dato che
il flussoh è calcolato attraverso S). Per questo motivo, l’autoinduttanza
R µ0 H ubT ×ubr i
L= 4π r2
dl · ubN dS, che dipende solo dalla geometria della
S
spira, è sempre positiva.
Da cui si ricava,
µN
B= I (4.20)
l
Il Lettore attento ricorderà come nel caso del condensatore, trattato
precedentemente, dal valore del campo Ē si passasse a quello della
grandezza integrale carica Q calcolandone il flusso. Ripetendo tale
procedimento per l’induttore, è possibile derivare la grandezza inte-
grale flusso del campo B̄ attraverso superficie orientata σ delimitata
dalla singola spira
Z
ΨB = B̄ · ubN dσ ≈ BS, (4.21)
σ
dove S è l’area della spira cioè della sezione del cilindro. È infine
possibile derivare il valore del flusso totale concatenato con l’induttore
moltiplicando per il numero di spire,
µN 2 S
Φ B = NΨ B = I (4.22)
l
µN 2 S
Il coefficiente L = che lega la corrente al flusso è l’induttanza
l
dell’avvolgimento. Se la corrente I è costante nel tempo, anche
Zt
1
I ( t ) = I ( t0 ) + V (τ )dτ , (4.26)
L
t0