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La crescita integrale di un ragazzo prevederebbe che quotidianamente la sua vita fosse immersa in
uno stile, un vissuto generale che tutto l’ambiente adulto intorno a lui vive ogni giorno. Ma noi
abbiamo ragazzi che frequentano per sei ore al giorno scuole magari anche buone per quanto
riguarda l’istruzione, ma che spesso non sono “belle” in senso cristiano; poi escono e si allenano in
società sportive o scuole di danza o di musica buone dal punto di vista del passaggio dei valori
(spesso, ma non sempre), ma che tra una partita e la via crucis pensata per i ragazzi si dispiacciono,
ma non possono farci niente: c’è la partita, ci sono le prove, c’è il saggio; case in cui ci si vede poco
durante la settimana, spesso nemmeno a cena e che sfruttano il fine settimana per stare insieme solo
tra loro, dimentichi di Dio la domenica in quanto Dio del resto non c’è nemmeno negli altri giorni.
In estate il grest è sinonimo di oratorio, ma quanti tornano alla domenica mattina? E poi bastano tre
mesi per fare un anno? Non è così per tutti, certo, ma per quanti lo è? La risposta l’ha data il
(non)ritorno alla frequenza della messa in sicurezza in tempi di pandemia.
Cosa si potrebbe fare dunque se la realtà è questa?
Per puntare all’integrale l’ideale sarebbe avere l’opportunità di poter scegliere di frequentare
gratuitamente scuole di impronta cristiana fin da piccoli. La libertà educativa tanto declamata, ma al
momento poco attuabile.
Ribadendo che alla base va rivoluzionato l’accompagnamento degli adulti (tutti, dai catechisti ai
baristi) affinchè divengano consapevoli del proprio Battesimo e si orientino a collaborare non a
compartimenti stagni, ma in rete, poi lo sforzo a mio avviso, per gli Oratori così come sono ora,
potrebbe andare in due direzioni:
1. Attivare “mission” fra gli educatori per “abitare” il vissuto dei ragazzi nei luoghi che
frequentano, anche quando questo luogo non è fisicamente l’oratorio. Mi spiego con un
esempio: se sono un giovane educatore amante del calcio, mi propongo come “mission” di
cercare una relazione con quei quattro ragazzi che in oratorio non ci vengono mai, ma nel
loro tempo libero tutti i giorni o il sabato o la domenica fanno due tiri nel cortile sotto casa.
Cura delle relazioni, costanza, lasciarli motivando che li lasci perché vai all’adorazione: il
mio stile sia loro godibile. La prossima volta invitare in cortile l’altro giovane amico
educatore…
Oppure Se sono insegnante di danza in una palestra o società sportiva, le mie scelte per i
ragazzi a me affidati siano in linea con quello in cui credo: il mio stile cristiano sia
riconoscibile, si sappia che l’oratorio ha contribuito a crescermi cristiana, che la preghiera
per il sacramento della Prima Comunione oggi viene prima della lezione, che alla domenica
mattina non ci sei per la prova supplementare perché vai alla S. Messa.
Ecc.
2. L’Oratorio di oggi, se vuole “esserci” per una crescita integrale non può essere solo
domenicale. La Parrocchia tramite l’Oratorio si proponga come interlocutore autorevole per
i progetti della scuola pubblica e, dopo gli orari scolastici, il doposcuola sportivo, musicale,
teatrale, ludico dei ragazzi possa trovare un’alternativa valida e di qualità nelle proposte a
impronta cristiana dell’Oratorio. Come si diceva ci sono tante proposte nel panorama di
queste attività, proposte che tra loro si fanno concorrenza. L’oratorio invece offra una
esperienza alternativa.
Un esempio per tutti: una scuola di danza, con insegnante tecnicamente di qualità come in
tutte le altre scuole, ma che proceda in linea con il progetto educativo della pastorale di
quella comunità, definendo priorità, esperienze, scelte artistiche ragionate e piene di senso,
orari che lascino spazio ai rapporti famigliari serali, alle preghiere comunitarie. Che li
accompagni con la propria presenza nei momenti salienti della loro vita cristiana come i
sacramenti della prima Comunione o Cresima, o del Battesimo dei fratelli. Che includa i
disabili e si attrezzi per questo.
Che, per impostazione del progetto educativo, proceda in rete con il resto dei gruppi
oratoriani, in primis con i catechisti, ad esempio coreografando un tema specifico con il fine
non della performance, ma di passare Cristo attraverso lo strumento della danza. Che diventi
un metodo.
Che preveda costi più contenuti per le famiglie, grazie al volontariato amministrativo.(*)
L’esempio sia declinato allo stesso modo per tutte le attività sportive di cui la Parrocchia
vuole farsi promotrice, ma anche per quelle musicali. Insegnanti qualificati di strumento, di
canto corale possano trovare spazio fra le proposte dell’Oratorio con un “c’è di più”. In
Oratorio in più c’è Dio che balla, che canta, che suona, che schiaccia, che fa goal con i
ragazzi.
Ps. Attenzione: lavorare in rete poi non significa che sia sempre l’allenatore ad adattarsi agli
orari delle preghiere/incontri/celebrazioni, ma che queste, a maggior ragione se sono pensate
per i ragazzi anziché essere decise a tavolino, siano concertate con il resto della comunità
educante per andare insieme nella stessa direzione. La formazione integrale presuppone la
presenza del ragazzo ai diversi contesti, ma c’è una fattibilità che va considerata
ovviamente.
I ragazzi, così immersi, dal catechismo alle attività qualitativamente strutturate
extrascolastiche, in un contesto valoriale chiaro che ha una destinazione chiara e che ruota
intorno a un Centro chiaro, creeranno relazioni stabili per le quali in modo naturale
aderiranno poi anche a proposte più impegnate.
L’Oratorio è per sua natura sempre aperto a tutti e accogliente, anche per chi è solo di passaggio,
ma è tempo che si assuma anche l’onere di rispondere alle esigenze dei ragazzi di questo tempo
nella loro quotidianità strutturata (non più libera come una volta e non solo domenicale) con la
propria impronta determinante cristiana. Per far questo, oltre a rimboccarsi le maniche per gestire
una proposta strutturata di qualità e costante, ha in primis la necessità di ricordare ai battezzati suoi
collaboratori, genitori compresi, che sono “i viventi” chiamati a mostrare come si vive “da Dio” nel
mondo.
*Ps. Esperienza simile in un certo qual modo è stata proposta a Izano. Non ha funzionato
esattamente secondo l’ideale immaginato, in quanto mancante della rete di supporto, ma per
diversi anni ha tessuto relazioni e contribuito a crescere giovani in seno a un ambiente cristiano
che si è sforzato di esserlo anche nelle scelte relative a tale particolare esperienza e aiutato
famiglie grazie al volontariato amministrativo. Con un sostegno di rete pastorale avrebbe potuto
caratterizzarsi di più e meglio, ma in ogni caso è stata segno che la direzione era giusta, in quanto
le relazioni instaurate riportavano i ragazzi a stare insieme poi anche nel vivere altre esperienze
parrocchiali/oratoriane che veicolavano una possibilità di incontro più personale con il Signore.
Spero di non essere stata troppo lunga e di avere dato qualche spunto.
Ciao, grazie
Cristina Vailati Facchini