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LA LOTTA ALLE MAFIE

La Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle


mafie giunge alla sua ventiseiesima edizione: un periodo lungo che ha reso protagonista una
vasta rete di associazioni, scuole, realtà sociali in un grande percorso di cambiamento dei
nostri territori, nel segno del noi, nel segno di Libera. La Giornata è da qualche anno anche
riconosciuta ufficialmente dallo Stato, attraverso la legge n. 20 dell’8 marzo 2017.
Da allora molta strada è stata fatta. Innumerevoli sono state le iniziative, i percorsi di
cambiamento proposti e realizzati: beni confiscati, memoria, educazione alla
corresponsabilità̀ , campi di formazione e impegno, accompagnamento delle vittime, percorso
di Liberi di scegliere, formazione scolastica e universitaria, sono solo alcuni degli snodi più
importanti dell’impegno collettivo di questo quarto di secolo. In questi anni anche le mafie
hanno modificato il loro modo di agire, rendendosi in alcuni casi più nascoste ma più
invasive e pericolose per le nostre comunità e la nostra economia. Dunque l’azione contro le
mafie e la corruzione è un’azione che si deve rendere sempre innovativa, capace di leggere la
complessità̀ del presente, guardando le radici della storia e lo sguardo rivolto al futuro libero
che vogliamo costruire.
l 21 marzo è un momento di riflessione, approfondimento e di incontro, di relazioni vive e di
testimonianze attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, persone che hanno
subito una grande lacerazione che noi tutti possiamo contribuire a ricucire, costruendo
insieme una memoria comune a partire dalle storie di quelle vittime. È una giornata di arrivo
e ripartenza per il nostro agire al fine di porre al centro della riflessione collettiva la vittima
come persona e il diritto fondamentale e primario alla verità, diritto che appartiene alla
persona vittima, ai familiari della stessa, ma anche a noi tutti. È altresì il momento in cui
dare spazio alla denuncia della presenza delle organizzazioni criminali mafiose e delle
connivenze (tacito consenso) con politica, economia e massoneria deviate.
Leggere i nomi delle vittime, scandirli con cura, è un modo per far rivivere quegli uomini e
quelle donne, bambini e bambine, per non far morire le idee testimoniate, l’esempio di chi ha
combattuto le mafie a viso aperto e non ha ceduto alle minacce e ai ricatti che gli
imponevano di derogare dal proprio dovere professionale e civile, ma anche le vite di chi,
suo malgrado, si è ritrovato nella traiettoria di una pallottola o vittima di potenti esplosivi
diretti ad altri. Storie pulsanti di vita, di passioni, di sacrifici, di amore per il bene comune e
di affermazione di diritti e di libertà negate.

“A ricordare e riveder le stelle” è lo slogan scelto per questo 21 marzo. Uno slogan
composito, che racchiude molti significati.
A ricordare’, ricordare dal latino un’etimologia che ci restituisce un duplice
significato: re- indietro, ma anche ‘nuovamente’ e cor cuore. Richiamare nel cuore
coloro che hanno perso la vita per mano mafiosa – il 21 marzo è per loro – ‘tornare’ e essere
‘nuovamente’ ricordati per rivivere nella nostra capacità di fare memoria. Il passaggio dal
ricordo alla memoria ci dà la possibilità di interrogare insieme il passato, per esprimere la
cura e la responsabilità di cui è intriso il nostro impegno nell'oggi e nel domani.
‘Riveder le stelle’ citando l’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Dante
Alighieri, a settecento anni dalla sua morte.“E quindi uscimmo a riveder le stelle”, così il
sommo poeta saluta i suoi lettori alla fine del viaggio nell’inferno. Il desiderio di ‘riveder le
stelle’ e di uscire dall’inferno della pandemia, dopo un anno di isolamento e distanziamento,
è un desiderio forte tra tutti i cittadini. La parola stessa desiderio ci rimanda al cielo:
desiderare è avvertire la mancanza di stelle, sidus in latino, quindi sentire forte la necessità di
buoni auspici, di luce che illumina e dà energia.
E in questo senso le stelle sono anche le persone che ogni giorno si battono per la giustizia
sociale e la legalità democratica, fari del nostro operare ed esempi ai quali guardare. A loro
dobbiamo quotidianamente volgere il nostro sguardo. Osservare le stelle nel cielo vuol dire
avere un panorama sgombero da nuvole, nitido, ciò a cui dobbiamo tendere per superare una
fase caratterizzata da offuscamento e confusione. Il firmamento è la nostra capacità di andare
oltre ciò che stiamo vivendo oggi, per generare un futuro migliore: agire per l’altro e
l’altrove, parafrasando lo slogan di Palermo 2020.
Il titolo della Giornata vuole dunque essere un inno alla vita, allo sguardo verso un orizzonte
migliore da costruire insieme, a partire dalla memoria di chi quella vita ci ha lasciato, come
un testimone nelle mani di un corridore che deve vincere la gara più importante, quella per
l’affermazione del bene collettivo, del bene comune. L'obiettivo è un coinvolgimento ampio
di tutto il territorio nazionale, con tanti collegamenti internazionali in Europa, Africa,
America Latina: per le istituzioni e per la società civile sarà occasione per
lanciare un segnale concreto di impegno comune contro le mafie e la corruzione.

IN CAMPANIA
Il 19 marzo non è solo San Giuseppe, non è solo il diciottesimo anniversario della morte di
don Giuseppe Diana, non è solo una splendida occasione per un ponte di primavera.
Il giorno di "festa" riguarda solo la Campania; è un giorno che deve servire a ricordare le
vittime della mafia e della camorra; tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita perché
ci fosse più giustizia e più libertà per gli altri, oppure che hanno perso la loro vita "per
errore" - come se ci si potesse sbagliare, riguardo all'esistenza di uomini, donne, bambini.
Ecco solo alcune delle tante vite spezzate dalla camorra.

GERARDO D’ARMINIO / AFRAGOLA (NA)


5 GENNAIO 1976 // 38 ANNI
Maresciallo dei carabinieri del Nucleo Investigativo, specializzato nella lotta alla mafia,
Gerardo D'Arminio stava indagando sui legami della malavita campana sicula e calabrese
per la gestione dei traffici internazionali di droga. Sequestra ingenti quantitativi di droga.
Scopre il canale attraverso il quale si importa eroina dal Perù passando per Francoforte e
Milano. Arresta Antonio Ammaturo, a capo della holding criminale che traffica in droga. La
sera del 5 gennaio 1976, non erano ancora le nove, con il figlioletto di 4 anni sta andando in
un negozio di giocattoli che si trova nella piazza principale di Afragola, paese in provincia di
Napoli. I negozi sono ancora aperti e affollati, come accade sempre il giorno prima della
Befana. Verso le ventuno e quindici, mentre sta facendo vedere la bicicletta al figlioletto, da
una cinquecento gialla gli spararono con un fucile a canne mozze. Fu raggiunto da una
scarica di otto pallettoni che gli si conficcarono tra il collo e la spalla. Il bambino era con lui,
vide tutto. Fu trasportato al Loreto Mare, ma vi giunse cadavere. In quella cinquecento
c'erano tre giovani, appartenenti ai Moccia, Luigi, Antonio e Vincenzo, il clan sul quale il
maresciallo D'Arminio aveva condotto indagini.

SIMONETTA LAMBERTI / CAVA DE TIRRENI (SA)


29 MAGGIO 1982 // 11 ANNI
Bimba di 11 anni, uccisa casualmente da un killer della camorra nel corso di un attentato il
cui obiettivo era il padre della piccola, il giudice Alfonso Lamberti, procuratore di Sala
Consilina (Sa). Simonetta era uscita a prendere un gelato con il padre e stava rincasando in
auto a Cava dé Tirreni (Sa) quando i killer entrarono in azione. Il padre si salvò, ma
purtroppo per lei non ci fu scampo. Era il 29 maggio 1982.

GIANCARLO SIANI / NAPOLI (NA)


23 SETTEMBRE 1985 // 26 ANNI
Nacque a Napoli il 19 settembre 1959. Il suo interesse per le problematiche sociali del
disagio e dell'emarginazione, lo portò a occuparsene sia come attivista nei nascenti
movimenti anticamorra, sia come collaboratore di alcuni periodici napoletani. Divenne
corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano "Il Mattino", denunciando le attività
criminali della camorra e la sua infiltrazione nella vita politica. Il 10 giugno 1985 "Il
Mattino" pubblicò un suo articolo nel quale ipotizzava che dietro l'arresto del boss Valentino
Gionta potesse esservi il tradimento del boss alleato Lorenzo Nuvoletta. L'articolo provocò le
ire della camorra e Nuvoletta decretò la morte di Siani, sia per vendicare l'affronto arrecato
da quello scritto sia per porre fine all'interessamento del giornalista verso gli affari dei
camorristi in connivenza con alcuni amministratori locali. Venne ucciso a Napoli la sera del
23 settembre 1985 sotto casa.

LUIGIA ESPOSITO / SANT’ANASTASIA (NA)


16 NOVEMBRE 1996 // 27 ANNI
Luigia Esposito, 27 anni, fu massacrata senza pietà il pomeriggio del 16 novembre 1996,
nelle campagne di Sant'Anastasia, in provincia di Napoli. La sua era stata una vita difficile:
tossicodipendente, aveva vissuta un'esistenza ai margini della società. La sua morte fu decisa
dal boss della zona in persona. La ragazza, infatti, aveva assistito, pochi giorni prima,
all'esecuzione di Ciro Rispoli, un suo amico assassinato nell'ambito di una faida tra clan di
camorra, diventato una testimone scomoda da eliminare. Un suo amico vicino al clan e
successivamente divenuto collaboratore di giustizia, spinto dai rimorsi, tentò di dissuadere il
boss, che però resto inamovibile: la ragazza andava uccisa. Luigia fu raggiunta da due killer
armati di pistola. L'arma però si inceppò. La donna fu allora massacrata a colpi di pistola,
ma, implorando pietà, tentò di aggrapparsi alla vita con tutte le sue forze. Allora uno dei due
assassini si procurò un coltello e infierì sul corpo della povera ragazza con 23 coltellate. 
L'omicidio di Luigia è stato al centro di un processo che però a lungo non ha avuto alcuno
sviluppo. Solo nove anni più tardi un giudice, rimettendo a posto alcuni fascicoli, si accorse
di quest'omicidio finito del dimenticatoio, nonostante il pentimento di uno degli assassini, le
cui dichiarazioni avevano consentito di arrestare decine di persone. Non però i mandanti del
delitto, di cui pure erano stati fatti i nomi. La storia di Luigia continuava a non interessare
nessuno. 
Nel 2005 il giudice Di Stefano ritrova una vecchia richiesta di archiviazione del caso, la
rigetta e ordina nuove indagini. Nessuno si costituisce parte civile nel processo contro gli
assassini di Luigia. Finalmente, però, nel 2009 il boss Angelo Cuccaro viene condannato,
quale mandante, alla pena dell'ergastolo. Verrà arrestato soltanto nel 2014 ad Ardea (RM): si
era dato alla latitanza dopo la condanna.

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