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La fedelt e levento

Appunti per una critica della teoria del soggetto in A. Badiou

Francesco Toto
In questo articolo, che poco pi di una doppia recensione, tenteremo di mostrare come laccettazione di una reciproca esclusione tra soggettivit e natura, nellatto stesso di concludere inevitabilmente, nel pensiero di Badiou, ad unidea astratta e infondata del soggetto, finisce proprio malgrado col rendere impensabile il nesso che internamente, circolarmente unisce azione e soggettivazione, in forza del quale solo attraverso un rapporto attivo con il mondo, e la produzione di effetti fuori di s, che il soggetto pu superare la propria separazione da s stesso e dal mondo, ponendo o meglio sviluppando quella propria soggettivit che il presupposto stesso dellazione.

I. Letica, o dellascetismo Nel vuoto aperto dalla crisi del marxismo, il rinnovato successo di cui letica gode nei giornali, nei talk-show, e tra i filosofi sarebbe essenzialmente legato, per Badiou, alla capacit dimostrata da due correnti nel colmare questo vuoto. La prima di queste correnti si appella alla supposizione da una parte di un soggetto umano universale, detentore di diritti naturali che sono innanzitutto diritti al non-male. Sulla scorta di una supposta evidenza del male, il bene viene infatti definito, negativamente, solo in opposizione al male e luomo, implicitamente, come una bestia sofferente, schiacciata con ci sulla sua sola struttura animale, sulla sua semplice identit di vivente. Per Badiou, al contrario, luomo certo un animale, un bipede senza piume, senza per che questa sua qualit sia in grado di singolarizzarlo allinterno del mondo del vivente. Un Immortale, ecco cosa un uomo, [] nella misura in cui si singolarizza, perch, detto molto semplicemente: lUomo pensa1, si identifica per il suo pensiero affermativo, per le verit singolari, per lImmortale di cui capace. A questa prima figura delletica, letica dei diritti, se ne affianca poi una seconda: letica dellaltro, o delle differenze, di cui Levinas viene visto come il primo e pi rigoroso esponente. Per Levinas, infatti, la possibilit stessa di un rapporto autentico con lAltro si trova costitutivamente esposta al rischio di essere obliquamente reinscritta nella logica del Medesimo, conformemente ad un processo mimetico attraverso il quale lAltro finisce per essere inavvertitamente esperito, narcisisticamente, come immagine raddoppiata del s, oggettivazione dellio per la coscienza, esteriorit della propria stessa interiorit. Perch lesperienza dellAltro sia ontologicamente
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Cfr. A. Badiou, Ltique. Essai sur la conscience du mal, Paris, 2003, trad. it. a cura di C. Pozzana, Letica. Saggio sulla coscienza del male, Napoli, 2006, pp. 18-19

garantita occorre allora che lAltro, quale mi appare nel finito, sia lepifania di una distanza propriamente infinita, il cui superamento lesperienza etica stessa 1: non c Altro se non come fenomeno immediato del TuttAltro, che il nome etico di Dio. Sottratto a questa sua dimensione propriamente religiosa, per, il pensiero levinasiano diventa un discorso pio senza piet o, pi banalmente, trippa per gatti2, e si capovolge del proprio contrario. Dove il rispetto delle differenze viene a costituire unidentit, non pu esserci rispetto per colui la cui differenza appare consistere nel non rispettare le differenze, come ad esempio per limmigrato non integrato: diventa come me, e io rispetter la tua differenza3. Il fatto, per Badiou, che lalterit infinita semplicemente ci che c, mentre ogni verit rappresenta invece il venire allessere di ci che non ancora. Le differenze sono allora non gi ci che il pensiero deve riconoscere ma, esattamente al contrario, ci che ogni verit depone come insignificante, privo di ogni interesse per il pensiero. Ci che conta non il riconoscimento dellaltro, ma il riconoscimento del Medesimo 4, perch il Medesimo non ci che , ma ci che avviene: indifferente alle differenze, solo una verit, in quanto tale, la stessa per tutti, e tale per ci stesso da non potersi affermare se non contro le opinioni e le loro differenze. Come Immortale che pensa il Medesimo, del resto, lUomo non ha nessun Altro da riconoscere: solo tra uomini, con la minuscola, pu in effetti esserci differenza . Anche a causa di questuso enfatico e fastidioso delle maiuscole, e gi a questo suo livello ancora preliminare, non si pu evitare limpressione che il discorso sia strutturato intorno a una serie di dualismi tra loro correlati. Da una parte lanimale umano, che letica corrente pensa come vittima, e dallaltra lUomo, con la maiuscola, cui Badiou si riferisce col nome di Immortale. Da una parte unalterit infinita, un labirinto di differenziazioni, e dallaltra il Medesimo, indifferente a queste differenze. Da una parte, infine, le opinioni, e dallaltra le verit, la cui emergenza avviene di fatto contro tali opinioni. allora lecito immaginare che il problema principale, come in ogni dualismo che si rispetti, sar nel seguito del discorso proprio quella di tener salde ad un tempo, tra i due poli, sia distinzione sia congiunzione. Anche perch, si noti, non affatto chiaro, a prima vista, se il rapporto, tra quei due poli, sia da pensare nel segno dellindifferenza o della contrariet 5.

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Ivi, p. 29 Ivi, p. 30 3 Ivi, p. 31 4 Ivi, p. 32 5 Una verit si effettua realmente solo dividendo le coscienze, contro quelle opinioni dominanti che lavorano sempre non per tutti, ma per alcuni: con la presa di distanza dalle opinioni che essa implica, anzi, essa propriamente asociale, e la-socialit si paga con una costante restrizione quanto al perseguimento degli interessi, ovvero di ci a cui mira lanimale umano (Etica cit, p. 60). Per un verso, allora, lImmortale si costituisce innanzitutto in rapporto con il Medesimo, vale a dire con una verit che viene dichiarata ad un tempo indifferente alle differenze e contraria, nemica delle opinioni. Per altro verso, per, solo lanimale umano a porsi come sostrato della molteplicit tanto delle differenze quanto delle opinioni: come nullaltro, anzi, che tale molteplicit stessa. Dove le opinioni, nella loro molteplicit irriducibile, non sono che una specie particolare delle differenze che qualificano lanimale umano, non possibile non notare come Badiou faccia proprie due opzioni tra loro incompatibili, contraddittorie, affermando

Per saggiare, qui di seguito, linterna consistenza della soluzione fornita da Badiou a questo problema, e a costo di ripetere cose gi dette, ci pare utile partire dallidentit dellanimale umano. Radunando i cenni sparsi qua e l si delinea unimmagine tutto sommato coerente. Definito innanzitutto come un molteplice al punto che la stessa intuizione che ha di s stesso non quella di un ununit, ma di un labirinto di differenziazioni lanimale umano organizzato, nel suo comportamento, dallo spinoziano sforzo di perseverare nellessere, dalla conservazione di s o, in una parola, dallinteresse, che ne costituisce la sua semplice natura1, rispetto alla quale luomo non pu per vantare alcun privilegio sul mondo della vita: nei giganteschi formicai che ha costruito persegue interessi di sopravvivenza e soddisfazione che, come quelli di talpe o cicale, si sottraggono ad ogni giudizio di valore. Al di qua del Bene e del Male, del vero e del falso, a questo livello non c che la crudele innocenza della vita 2, e opinioni senza un grammo di verit3. Materia prima di ogni comunicazione4, sono allora solo delle opinioni senza verit, nelluomo, a cementare da una parte la sua rappresentazione di s come un tutto rappresentazione che non se non limposizione di ununit fittizia alle componenti multiple infinite 5 e dallaltra la societ. Poich per non che linteresse a governare queste opinioni, in ultima istanza solo laccanita determinazione dellinteresse che, mentre rende il nostro essere molteplice un tutto6, per quanto fittizio, fa delluomo un animale socializzato, definito dalla sua appartenenza alla situazione, e subordinato ai suoi usi, alle sue regole. allora a partire da questa idea generale dellumana natura che occorre pensare il modo in cui con essa si articola il processo di soggettivazione. Poich allora ci che c sono le molteplicit, le differenze infinite, le situazioni oggettive, ed precisamente in funzione di tutto ci che si definisce la naturale identit delluomo, la possibilit del suo divenire soggetto appare legata allavvento di qualcosa che, sopravvenendo alla situazione come ci di cui essa, e il modo normale di comportarsi in essa, non possono rendere conto7, consenta alluomo di spingersi al di l della propria mera natura. Dove poi questo supplemento levento, il divenire soggetto origina allora dalla decisione di rapportarsi alla situazione dal punto di vista dellevento, inventando cio una nuova maniera di essere ed agire nella situazione. Badiou chiama fedelt allevento questo modo inedito di rapportarsi alla situazione, e verit il processo reale di questa fedelt, ci che essa

implicitamente che lUomo, lImmortale, ad un tempo contrario e indifferente, opposto e disgiunto rispetto allanimale umano. 1 Ivi, p. 63 2 Ivi, p. 66 3 Ivi, p. 58 4 Ivi, p. 57 5 Ivi, p. 61 6 Ivi, p. 55 7 Ivi, p. 48

produce nella situazione1. In quanto processo di verit, la fedelt, ossia la soggettivazione stessa, una rottura immanente con lordine in cui levento ha avuto luogo, perch per un verso procede nella situazione, e per altro verso, ci nonostante, la eccede. Se da una parte lappartenenza alla situazione, ovvero ci che si pu chiamare principio di interesse, definisce lanimale umano dallaltra, analogamente, la fedelt allevento pu essere chiamata principio soggettivo2, allora il rapporto tra soggetto e animale umano si configura come formalmente identico a quello tra levento e la situazione in cui esso si inscrive, tra il processo di verit e il tessuto di opinioni in cui esso procede. In quanto rottura immanente, per, questo duplice rapporto in verit piuttosto problematico. Pensato come rottura, infatti, esso pare configurarsi innanzitutto nella forma di una disgiunzione, ovvero di un non-rapporto. Come gli eventi sono delle singolarit irriducibili, dei fuori-legge della situazione3, cos il soggetto non ha alcuna preesistenza naturale 4, imponendosi imponendosi piuttosto, rispetto alla naturalit dellanimale umano, nella forma di un eccesso. Se per un verso, per, tra i due termini si d innanzitutto rottura, e dunque disgiunzione, per altro verso a questa disgiunzione non pu non affiancarsi una necessaria congiunzione, senza la quale quella rottura non potrebbe essere immanente. Cos, se vero che il soggetto oltrepassa lanimale, non meno vero deve essere che lanimale ne il solo supporto5: come allinterno della situazione, del tessuto delle opinioni, che levento accade, e la verit si afferma, cos allinterno dellanimale che si svolge la soggettivazione che pure lo oltrepassa. In un processo amoroso o politico, ad esempio, gli amanti, i militanti entrano nella composizione di un soggetto (la coppia, il partito) che pure li eccede, dove proprio questo eccesso che li fa avvenire come Immortali. Lindividuo partecipa della costituzione di un soggetto che, se lo eccede, non lo trascende, perch non ha esistenza autonoma, separata, rispetto agli individui che lo supportano, e che si ritrovano cos, rispetto al processo di verit, ad un tempo conservati, o presupposti, ed ecceduti. Il qualcuno in quanto appartiene, come punto-supporto, al processo di verit simultaneamente lui stesso, nientaltro che lui stesso, una singolarit multipla riconoscibile fra tutte, ed in eccesso su lui stesso, perch il tracciato aleatorio di una verit passa attraverso di lui, transita per il suo corpo singolare, cos che il qualcuno impercettibilmente, interiormente rotto, revocato, sospeso6. Teniamo presente limpercettibilit della rottura, su cui occorrer tornare. Gi qui, al di l delle frasi ad effetto, c qualcosa che non va. Non possibile, a rigore, affermare che il qualcuno da una parte rimane s stesso e nientaltro, e dallaltra sempre lui stesso ad essere in eccesso su

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Ivi, p. 49 Ivi, p. 55 3 Ivi, p. 51 4 Ivi, p. 50 5 Ivi, p. 48 6 Ivi, p. 52

s stesso. Il qualcuno, infatti, prima della soggettivazione si identifica con lanimale umano, che per non pu essere tanto ci che eccede quanto ci che ecceduto. Ci si trova cos di fronte a unalternativa. O lanimale umano, proprio come tale, a diventare soggetto, cos da poter affermare, indifferentemente, tanto che la sua natura si ritrova sussunta, riassorbita o inclusa nel processo della propria soggettivazione, quanto che quella natura sviluppa s stessa come soggetto. Oppure, nella soggettivazione, non lui stesso a diventare soggetto, perch quella sua natura resta costitutivamente, al di qua del soggetto, estranea al processo di soggettivazione che pure la attraversa, e che essa si limita a subire. O, come nel primo caso, lanimale il soggetto, e non semplicemente il suo supporto, e tra luno e laltro, non essendoci differenza, non pu chiaramente neppure darsi eccesso, o rottura; oppure, come invece ritiene Badiou, lanimale non il soggetto, ma solo il suo supporto, ed allora ad eccederlo non lui stesso, ma solo il soggetto (la coppia, il partito). A questo punto, per, ammettere la divisione di un medesimo qualcuno da parte di due istanze distinte e contrastanti, luna riconducibile e laltra, invece, irriducibile alla sua natura, significa escludere che a divenire soggetto possa essere lanimale umano stesso: che la soggettivazione possa essere pensata come una sua interna esigenza e, per ci stesso, come un processo naturale. La natura umana, con i suoi interessi, non pu essere ci a partire dal quale la soggettivazione risulta comprensibile e si sviluppa ma, esattamente al contrario, ci che il soggetto, per potersi affermare, deve rimuovere da s, tenendosene distinto, separato. In questo modo, per, lungi dallessere rotto, revocato, sospeso, lanimale umano, proprio al contrario, permane, chiuso nella propria immutabili, nella propria inalterata, ipostatizzata natura: partecipando alla costituzione del soggetto solo come suo supporto, come condizione preliminare, la soggettivazione si svolge bens attraverso di lui ma, al tempo stesso, come fuori di lui, attraversandolo e dominandolo senza permettergli di parteciparne, e ponendosi rispetto ad esso come il semplice accidente di un sostrato che le rimane indifferente. Questa situazione concettuale pu essere chiarita affrontandola dal punto di vista del rapporto tra il principio di interesse, ovvero il naturale sforzo di perseverare nellessere, e il principio soggettivo, attraverso il quale il soggetto conquista una propria consistenza. Questo secondo principio quello della fedelt allevento, della continuazione di un processo di verit, e si manifesta come un interesse disinteressato il quale, pur legato alla straordinaria intensit di esistenza resa possibile dal rapporto con un processo di verit, non ha comunque nulla a che fare con gli interessi dellanimale, ed indifferente alla sua perpetuazione 1. Per un verso, allora, la continuazione di un processo di verit suppone, secondo Badiou, un vero sviamento della perseveranza nellessere, perch tra i due principi, linteresse e linteresse disinteressato, c una
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Ivi, pp. 55-56

discordanza insormontabile. Ora, lo si deve ammettere, lo sforzo di evitare la morte, proprio dellanimale umano in quanto mortale, e lo sforzo di mantenersi fedeli, allinterno stesso del tempo, ad un istante di eternit1, proprio del soggetto in quanto Immortale, non sono certo un solo e medesimo sforzo. Per altro verso, per, limpossibile unificazione di questi sforzi non ne implica la contraddittoriet. Poich il me stesso impegnato nella composizione soggettiva identico a quello che persegue i propri interessi, si deve anzi dire, con Badiou, che la fedelt possibile, per il qualcuno, solo servendosi ed impegnando il proprio stesso principio di perseveranza nellessere: solo a patto, cio, che lo stesso materiale della molteplicit umana (flemma, appetito di dominio, malinconia, timidezza ecc.), si lasci indirizzare da quella stessa fedelt alla quale pure oppone naturalmente terribili resistenze, esponendo il qualcuno alla permanente tentazione di cedere, di tornare alla semplice appartenenza alla situazione ordinaria 2. Come leffetto che il processo di verit pu avere sul tessuto delle opinioni in cui si inscrive non pu essere quello di elevarle al proprio livello, di renderle vere, perch opinione e verit sono essenzialmente differenti, ma solo di modificarle3, cos la fedelt allevento, il processo di soggettivazione, non eleva a s il materiale della molteplicit umana, che ne viene solo sviato e, in questo vero sviamento, lasciato identico a s stesso, al di qua del soggetto. con la malattia, per lo Hegel della Realphilosophie, che lanimale oltrepassa i limiti della propria natura, dove per la malattia dellanimale il divenire dello Spirito4. Analogamente, per Badiou, il soggetto, col suo interesse disinteressato, sta allanimale umano, col suo interesse, come un parassita, o uno spirito, allorganismo che lo ospita, o ne posseduto: un esterno che ne riorienta e ne domina dallinterno il funzionamento in modo pi o meno coerente con la sua natura. Ci si trova a questo punto di fronte a due alternative, che mostrano presto, entrambe, la propria inconsistenza. Allo stesso modo in cui un organismo pu rimanere inconsapevole della propria malattia, del parassita che lo abita, infatti, pu ben accadere che lanimale umano, attraversato da un processo di verit, resti nondimeno alloscuro della sua interna divisione: che linsormontabile divergenza tra principio di interesse e principio soggettivo, con lo sviamento del primo da parte del secondo che essa presuppone, rimanga ancora impercettibile. Pu darsi, in una parola, che linteresse disinteressato si presenti al qualcuno come interesse tout court, di modo che sia bens il principio di interesse a governare la pratica cosciente5, dove per il principio soggettivo, protetto dallambiguit di questa finzione rappresentativa, ad orientare, al di sotto della coscienza, lo stesso principio di interesse. Quando opera nelluomo a sua propria insaputa, dunque,
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Ivi, p. 52 Ivi, p. 54 3 cfr., ivi, p. 84 4 G. W. F. Hegel, Filosofia dello spirito jenese, a cura di G. Cantillo, Roma-Bari, p. 5 A. Badiou, Letica cit., p. 61

la soggettivazione va come da s, automaticamente, perch niente, allinterno delluomo, vi si oppone. In questo modo, per, non possibile alcuna decisione: inconsapevole della propria interna scissione, entrando nella composizione del soggetto il qualcuno gode di una intensit di esistenza ineguagliabile, senza con ci rinunciare a niente, senza dovere o potere operare alcuna scelta. Ma ha davvero senso, allinterno della struttura concettuale che venuta delineandosi, parlare di una soggettivazione che il qualcuno deve limitarsi a patire? Se un soggetto non si d se non come fedelt allevento, decisione di rapportarsi alla situazione dal punto di vista dellevento, allora dove non c spazio per la decisione, non ce n n per letica, n tantomeno per il soggetto. La loro possibilit, si deve concludere, non pu aprirsi se non quando la discordanza si manifesta col suo volto autentico, quello di un conflitto cronico 1: quando linterna divisione tra soggetto ed animale, in s gi presente, costretta a palesarsi, e una scelta, allora, si impone. Si gi detto che lessere contraria alle opinioni rende a-sociale la verit, e che questa a-socialit ha un prezzo. Pu allora capitare che la pressione socializzata degli interessi destabilizzi tutti i montaggi fittizi mediante cui avevo organizzato la rappresentazione di me-stesso2. solo a questa altezza, di fronte alle terribili resistenze che la natura oppone al tentativo di sviarla e dominarla dallesterno, quando si disfa la confusione tra animale umano e soggetto e luomo, paralizzato dalla rottura, vede il suo principio di perseveranza il suo interesse disorganizzato, che la fedelt messa alla prova, acquisisce un senso, come norma interiore di una disorganizzazione prolungata della vita3, manifestando al tempo stesso quale sia, al fondo, la dura verit delletica. Questa norma interiore era gi stata enunciata, in precedenza, nella forma di una massima: Fa tutto ci che puoi per far perseverare ci che ha ecceduto la tua perseveranza. Persevera nellinterruzione. Cogli nel tuo essere ci che ti ha colto e rotto. Al soggetto si apre allora la possibilit di una pura scelta tra fedelt e tradimento, tra linteresse disinteressato e linteresse: per il Bene o per quel Male che si definisce qui, nella figura del tradimento, non gi come identico allinteresse tout court la cui crudele innocenza, si visto, si pone al di qua del bene e del male, ma come coincidente con la dissoluzione volontaria del soggetto stesso. Quando ogni finzione rappresentativa cade, e il soggetto si scopre, nella propria disgiunzione dallanimale umano, come puro desiderio di s, indifferente ad ogni interesse, ad ogni perseveranza nellessere, laut-aut che si pone tra la dissoluzione del soggetto e quello che Badiou stesso chiama lascetismo, la sospensione cio del principio dinteresse: ascetismo che per, portato alle sue estreme conseguenze, la dissoluzione dellanimale umano, o almeno lindifferenza di fronte alla sua possibilit. In questo modo, e
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Ivi, p. 55 Ivi, p. 62 3 Ivi, p. 65

nellatto stesso di rivelarsi come la sua verit nascosta, lascetismo dimostra, delletica, la sua interna inconsistenza, o almeno linconsistenza del modo in cui Badiou la intende. Cosa pu mai essere, infatti, e quale contenuto pu mai avere, un puro desiderio di s, dove il soggetto non nulla, come Badiou stesso riconosce, al di l dellanimale umano che lo supporta, e dove per un s pare non potersi dare, sul piano etico, se non come negazione del suo stesso supporto? Cos, nella sua purezza, questo s svincolato ormai da ogni natura? Una via duscita da questo vicolo cieco, forse, ci sarebbe, predisposta per di pi dalle stesse argomentazioni dellautore. Tra soggetto e animale umano, tra soggettivazione e natura, nonostante la loro distinzione, la contraddizione, si visto, non immediata, ma mediata dalla situazione, in relazione alla quale lanimale e i suoi interessi si identificano. Una loro conciliazione dovrebbe dunque il linea di principio essere possibile attraverso lazione, attraverso cio la trasformazione della situazione stessa. Come le resistenze dellinteresse, con la tentazione di rompere con la rottura ad esso connesse, sono determinate dalle pressioni della situazione, ovvero da pressioni sociali, cos si pu ritenere che esse possano esser vinte attraverso la produzione di una situazione sociale non incompatibile con la compatibilit di interesse e processo di soggettivazione, e che il puro desiderio di s possa soddisfarsi non gi attraverso unascetica indifferenza agli interessi, alle opinioni, al mondo, ma come prassi, come unattivit in grado di pacificare realmente, e non semplicemente di dissimulare, il conflitto cronico tra natura e soggetto interno al qualcuno. Ci sono diversi spunti, nel discorso di Badiou, che sembrano muovere in questa direzione, e che permetterebbero, se sviluppati, di pensare il nesso che congiunge soggettivazione e azione. Dove in effetti si chiama verit ci che la fedelt fedelt la quale non altro il processo di soggettivazione stesso produce nella situazione1, si deve dedurre che questo processo non pu svolgersi se non come produzione di effetti al fuori di s. Nellargomentazione di Badiou, per, la necessit dellagire non fa in tempo a manifestarsi che subito viene rimossa. Perch mai la potenza della verit, ossia lefficacia pratica, oggettiva che il processo di soggettivazione pu avere sul mondo, dovrebbero limitarsi ad un ad un indiretto rimaneggiamento delle opinioni 2? Perch mai, cio, trasformare il mondo dovrebbe essere proprio ci che il soggetto non pu fare? Su quali basi affermare che il Bene non Bene se non nella misura in cui non pretende di rendere buono il mondo? Queste citazioni, vero, sono tratte da un passaggio in cui Badiou tratta di una particolare figura del male, il Disastro, connesso alla pretesa, da parte della potenza di verit, ovvero della potenza soggettiva, di porsi come virtualmente totale3. Al di l del troppo facile bersaglio
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Ivi, p. 49 Ivi, p. 84 3 ibidem

polemico immediato (stalinismo etc), ci pare che esse possano essere assunte come sintomatiche di una tendenza pi generale e profonda. Secondo Badiou, infatti, il processo di verit esamina s gli elementi della situazione dal punto di vista dellevento, ma questo esame qualcosa di completamente diverso dal tentativo di adeguare questi elementi agli interessi dellanimale umano: un pronunciarsi disinteressato, che mira a dotare gli elementi di una sorta di eternit 1. Il processo di verit, invece di elaborare praticamente quegli elementi, si limita a scrutarli sub specie ternitatis. Ora, ben vero, come afferma Badiou, che il processo di verit o di soggettivazione non pu compiersi come negazione integrale 2 dellanimale umano e delle sue opinioni, che soli possono supportarlo. Non si vede invece come sia possibile, a partire dallimpossibilit della verit di porsi come autorit assoluta, e del soggetto di negare lanimale, dedurre unaltra impossibilit, quella del soggetto di trasformare il mondo. A rigore, secondo la logica interna del discorso, si sarebbe dovuta affermare la necessit, per il soggetto, di prendersi cura come fossero sue delle naturali esigenze dellanimale umano, e dire che la scelta ascetica, e non il tentativo rivolto alla trasformazione del mondo, a rappresentare, per il processo di soggettivazione, quello che Badiou chiama un Disastro. La situazione esterna, come si detto, non pu infatti non presentare ripercussioni interne allo stesso processo di soggettivazione, perch pu determinare gli interessi dellanimale, che non sono di per s stessi opposti a quel processo, ad ostacolarlo con terribili resistenze. Queste resistenze, che sembrano identificare la scelta etica con quella ascetica, pongono in realt il soggetto, una volta che si sia rinunciato ad ogni possibile soluzione pratica, di fronte ad unalternativa senza via di scampo: o la propria dissoluzione, ovvero il tradimento, oppure la rinuncia agli interessi legati alla perseveranza nellessere, e dunque ancora una volta la dissoluzione, assieme allanimale umano, del soggetto stesso, che solo in quellanimale pu trovare il proprio supporto. A bloccare il processo, come si vede, non il solo tradimento, ma lo stesso ascetismo, che rivela allora la propria identit col proprio opposto, e s stesso, con ci, come una figura perversa del tradimento stesso. Lalternativa a questa alternativa apparente e disperata non pu essere che quella, nella quale interesse ed interesse disinteressato sono realmente unificati dallazione, da quella trasformazione del mondo che la dissoluzione pratica, ad un tempo, sia della scissione interna del soggetto sia della sua opposizione alla situazione. Ma proprio questa strada che Badiou, qui, non intende intraprende, nellidea forse che un soggetto non scisso, riconciliato cio con la propria natura e con il mondo come luomo dopo la fine della storia di kojviana memoria non sia in realt nullaltro, in ultima istanza, che un animale felice.

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Ivi, pp. 85-86 Ivi., pp. 88

II. San Paolo, o dellinfondatezza delluniversalismo astratto


Anche il libro su Paolo comincia delineando il proprio bersaglio polemico. Comune alla tendenza analitica ed ermeneutica, la riduzione della questione della verit alla forma linguistica del giudizio sfocia in un relativismo che pretende di dissolverla in una storicit culturale, di fronte alla quale il concetto stesso di una verit universale non sarebbe che un dispositivo oscurantista. Certo, esistono differenze immense, ed ognuno deve avere il diritto di vivere, mangiare, amare come vuole. Laltra faccia di questo liberalismo e della sua facile benevolenza, del suo abbandono di ogni principio universale, e del conseguente pullulare dei particolarismi, per Badiou laffermarsi di logiche identitarie, conformemente alle quali ogni particolare figura (donne, gay, handicappati, arabi), pur attingendo spesso alle risorse dellaltra (lomosessuale che chiede di potersi sposare o diventar prete), trae la propria instabile legittimit dal discredito, dallesclusione dellaltra. La realt che unifica questa promozione della virt culturale dei sottoinsiemi oppressi, e ne organizza la serie ripetitiva, lastrazione monetaria: unestensione continua degli automatismi del capitale, col prevalere della sua omogeneizzazione astratta, di una singolarit cio che non ha rispetto per nessuna singolarit, e che per va perfettamente a braccetto con la variet comunitarista. Se per a determinare la situazione sono, nella loro inflessibilit, gli automatismi del capitale, quali spazi restano per il soggetto e per lagire? rispetto a questa attualit che Paolo viene considerato un nostro contemporaneo, ed contro di essa che lautore, attraverso il commento dei testi paolini, tenta di rifondare una teoria del soggetto capace di pensarne il nesso con una verit al tempo stesso evenemenziale e universale, e solo in quanto tale capace di prodursi nonostante e in eccezione alla situazione. Nella prospettiva di questo duplice nesso, infatti, ogni processo di verit pu sorgere e stabilire una propria persistenza solo come singolarit universale1. In eccesso rispetto alluniversalit astratta che organizza lo stato della situazione strutturandolo come una serie di particolarismi ognuno dei quali si costituisce attraverso lesclusione dellaltro, questa singolarit non pu essere che immediatamente universalizzabile e, in quanto tale, costitutivamente sottratta alla dimensione comunitaria, identitaria. Identificata dunque con la ricerca delle condizioni di una singolarit universale2, la fondazione di una connessione tra verit e soggetto3 si trova a dover fare i conti da un lato con una verit evenemenziale, dellordine di ci che accade, e come tale n strutturale, n assiomatica, n legale, e dallaltro con un soggetto che non preesiste allevento. Come allora non si d una legge della verit, n alcunch di storicamente costituito,

A. Badiou, Saint Paul. La fondation de luniversalisme, Paris, 1997, trad. it. di F. Ferrari e A. Moscati, San Paolo. La fondazione delluniversalismo, Napoli, 1999, p. 38 2 Ivi, p. 25 3 Ivi, p. 16

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che possa dare una sostanza al suo processo1, cos, per Badiou, la surrezione del soggetto, ponendosi solo come rottura con tutto quanto la precede, non pu n essere dissolta, con Hegel, in un protocollo razionale di autofondazione e di sviluppo necessario, n essere pensata secondo i criteri di quel materialismo che non mai stato altro che lideologia della determinazione del soggettivo da parte delloggettivo. Come si intuisce, sullo sfondo dellinterpretazione di S. Paolo, che non a caso viene raffigurato, contro linterpretazione datane da Nietzsche stesso, come un pensatore quasi nietzschiano, dellaffermazione pura, senza negazione preliminare 2, lobiettivo polemico , in generale, ogni concezione dialettica della soggettivit. Si tratta di vedere se questa polemica colpisce o fallisce il suo bersaglio. Ora, come evidente, la situazione a partire dalla quale possibile parlare di una surrezione del soggetto non pu essere che quella, precedente levento, in cui il soggetto era ancora assente: quella in cui, prima che la resurrezione di Cristo giungesse a sospenderla, non si dava soggetto, secondo linterpretazione che Badiou d del pensiero paolino, se non in quanto negato, nella forma cio della sua soggezione alla Legge. Che sia la legge a dare vita al desiderio (epithymia, concupiscenza), infatti, significa che la Legge opera fissando al desiderio loggetto nella forma della trasgressione, e vincolando con ci il desiderio alloggetto, qualunque sia la volont del soggetto. Resasi in questo modo eccentrica rispetto al soggetto, la vita automatica del desiderio si compie come automatismo inconscio, involontario 3: il desiderio vive per s stesso al posto del soggetto e il soggetto, decentrato rispetto a questo desiderio, passa dalla parte della morte. Si tratta della via della morte, pensata non come dimensione biologica, ma come una disposizione del pensiero, come peccato. La morte della vita lIo (nella posizione del morto), la vita della morte il peccato4. Non sono mai Io a peccare, piuttosto il peccato che pecca in me. In questo eccentrarsi del soggetto, il sapere e la volont da una parte, il fare e lagire dallaltra, sono completamente disgiunti. Luomo della legge quello per il quale il fare separato dal pensiero. Il peccato, in questo senso, meno una colpa che unimpotenza del pensiero, lincapacit del pensiero di prescrivere lazione e del soggetto, allora, di riconoscersi in essa, di sentirla come propria. Sotto la legge il pensiero si dissolve in impotenza e in raziocinio, perch il soggetto (lIo morto) si disgiunge da quella potenza illimitata che lautomaticit vivente del desiderio, che sola determina lazione. Ora, se si chiama salvezza la rovina di questa disgiunzione, chiaro che essa dipender da un sorgere senza legge5. Come Badiou scrive altrove, infatti, ogni soggetto ha origine da un

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Ivi, pp. 26-27 Ivi, p. 105 3 Ivi, p. 123 4 Ivi, p. 128 5 Ivi, p. 130

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carisma1, da un dono accordato. Lorigine del soggetto, coincidente in questo senso con la sua salvezza, coincide con il suo tornare, da morto o negato che era, al posto della vita, in una rinnovata, affermativa unit del pensiero e del fare. Che questa origine, questa salvezza, questa ricongiunzione con la propria potenza, sia un sorgere senza legge significa che essa non pu mai essere ci che dovuto, verso cui si pu vantare un diritto, come un compenso o un salario, ma solo una grazia, dove la grazia opera in modo diametralmente contrario alla legge, e accade e si d senza ragione determinabile, gratuitamente. Incontrollabile, incalcolabile, sembra che il soggetto, lungi dal poterne padroneggiare levento, non possa far altro che limitarsi a riceverla o, piuttosto, ad esserne costituito. In questo senso, se per morale si intende lobbedienza pratica a una legge, si capisce bene che nessuna morale in grado di giustificare lesistenza di un soggetto 2, che anzi la soggettivazione non pu accadere che come liberazione da una tale obbedienza, da qualsivoglia morale storicamente determinata. Loriginalit del discorso cristiano si afferma cos svuotando di ogni validit il discorso ebraico non meno di quello greco, in quanto entrambi costituiscono comunit solo nella forma dellobbedienza. Il discorso greco, infatti, discorso della totalit, intelligenza della physis, che dispone il soggetto nella ragione della totalit naturale. Quello ebraico un discorso delleccezione, perch i segni profetici, il miracolo, lelezione designano la trascendenza come al di l della totalit naturale. Nessuno dei discorsi pu essere universale, perch presuppone lesistenza dellaltro. Entrambi presuppongono poi sia una teoria della salvezza legata a una matrise (vuoi della totalit vuoi della tradizione letteraria), allobbedienza ad una legge (cosmica o divina) sia la presenza, nelle figure del saggio o del profeta, di un matre, di unautorit. Facce diverse di una stessa figura di matrise, e necessariamente incoscienti della loro identit 3, questi due discorsi, che sono entrambi discorsi del Padre, scindono lumanit in due. Tra di essi non c mediazione possibile, non c sintesi. Levento (la resurrezione del Figlio) insensatezza e follia per il discorso greco, scandalo per quello ebraico. Acosmico e illegale, esso non n natura n storia, ma grazia. Solo nel regime del senza motivo possibile rivolgersi a tutti. Come allora non c pi matre n matrise, cos dissolto ogni particolarismo dei soggetti culturali, deposte come indifferenti tutte le differenze date. Si comprende con ci lo stretto legame che stringe assieme il sorgere della soggettivit come singolarit universale con levento. Singolarit ed universalit sono due modi di dire il rapporto del soggetto con lirriducibilit dellevento a qualunque identit o differenza precostituita, il fatto cio che un soggetto non pu nascere se non in virt di un rapporto con qualcosa che lo sottrae al modo in cui era precedentemente determinato dalla situazione. Prima per
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di approfondire ulteriormente questa impostazione, e di saggiarne linterna coerenza, e a costo di ripetersi, non forse superfluo ricapitolare i punti essenziali di quanto si venuti dicendo. Lassenza del soggetto, lungo la via della morte, della subordinazione alla legge, fin qui sembrata coincidere con il suo essere interiormente diviso, col suo vivere una parte di s come esterna a s, con una situazione in cui ad essere esperita non gi lautonomia e lunit del s, ma una sua interna lacerazione, lautonomia cio di un desiderio la cui potenza percepita come estranea, e di fronte al quale lIo si ritrova impotente. Diviso, il soggetto non che una cassa di risonanza di istanze oggettive, attraverso il proprio agire non fa che riprodurre proprio quella situazione esterna dalla quale negato. Il (ri)sorgere alla vita del soggetto, identico alla riconciliazione con la potenza del desiderio e con lagire da esso determinato, a una riunificazione delle componenti scisse di s stesso e nella percezione di s, ad una riconquista della propria stessa potenza, non pu darsi se non, gratuitamente, nella forma dellevento, di una donazione pura 1, senza condizioni, che egli pu solo o ricevere o rifiutare, e di fronte alla quale ogni differenza diviene indifferente. Mettendo laccento sulla conciliazione tra soggetto e desiderio, tra pensiero ed azione, potrebbe allora sembrare che Badiou, nel testo su San Paolo, si sia ormai lasciato alle spalle il dualismo e le contraddizioni che travagliavano lopera precedente. Come vedremo, non che unapparenza. Ci che si opera nel soggetto attraverso la grazia, secondo Badiou, non pu essere una conversione, perch non un rovesciamento dialettico, ma una folgorazione, una cesura. Come non c funzione positiva del negativo, della morte, n mediazione, cos levento non n un toglimento n un superamento della morte. Levento non compie la legge conservandola ma, sospendendola, abolisce la morte, sradica la negativit. Ci su cui si deve fermare lattenzione, nella comprensione di questa pura affermazione della vita, senza negazione preliminare attraverso la quale il soggetto viene alla luce, una sorta di coappartenenza tra levento, con la sua verit, e il soggetto. Per non ricadere nellideologia materialistica della determinazione del soggetto da parte di unistanza oggettiva, infatti, Badiou deve ammettere che la verit dellevento non dellordine del fatto2, come se essa potesse essere oggetto di un sapere, ma interamente soggettiva 3: dellordine della dichiarazione che attesta la convinzione riguardo allevento, ossia della fede. Di fronte al processo di verit, vero, o se ne partecipi, si dichiara levento fondatore e se ne tirano le conseguenze, oppure vi si resta estranei; in ogni caso, per, questa distinzione senza intermediari n mediazioni resta interamente soggettiva4. Come non ci sono prove capaci di

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costringere la fede, n segni esterni capaci di provarla, cos lavvento del soggetto, come pure il riconoscimento della sua soggettivit, non pu in nessun modo dipendere da una conoscenza1. solo perch questa dichiarazione, questo riconoscimento, accadono senza garanzia [], senza argomenti n prove, allora, che colui che dichiara non entra nella logica del maestro 2, nella logica di quella moralit che sempre subordinazione a un dato esterno, oggettivo. Per un verso, dunque, non levento, ma la la dichiarazione evenemenziale fonda il soggetto3: come il soggetto non preesiste allevento che dichiara, perch la fede ci da cui egli stesso inizia in quanto soggetto, e niente vi conduce4, cos si pu dire che non c evento, n verit, al di fuori di un riconoscimento soggettivo immediato della sua singolarit 5. Per altro verso, per, dove la fede non pu darsi se non nella forma della scelta, di una decisione assoluta, essa si trova per ci stesso necessariamente sottratta ad ogni comprensione razionale. Il sorgere del soggetto che allora non indotto dallevento, ma levento, lungi dallessere pensabile come una donazione pura, qualcosa dunque che ci si potrebbe limitare a ricevere, si impone in fondo come un atto, costitutivamente infondato, del soggetto stesso. Badiou stesso a riconoscerlo, seppure solo di sfuggita, quando scrive in unoccasione levento (o atto puro)6. Ma se la via della morte proprio proprio quella dellimpotenza, della separazione tra pensiero ed agire, da dove mai il soggetto assente, negato, pu trarre la forza di produrre, vivificare o affermare s stesso? La stessa argomentazione che mira a fondare la pensabilit di una soggettivit non presupposta allaleatoriet dellevento che la fonda non si fonda, a sua volta, se non sulla tacita presupposizione di quella stessa soggettivit presupposta che pretende di negare. Lo sforzo con cui Badiou ha tentato di sottrarsi tanto allideologia materialistica di una determinazione del soggetto da parte delloggetto, quanto allidealismo di protocollo razionale dautofondazione e di sviluppo necessario, pu allora essere considerato riuscito solo se si disposti a riconoscere che linsorgenza della soggettivit non possa essere pensata se non, appunto, come impensabile: come materia di fede, dunque, e non di filosofia. Ma questo proprio ci che Badiou, giustamente, non sarebbe disposto ad ammettere. Si finora evidenziata una prima incoerenza, in forza della quale la stessa pretesa di considerare il soggetto come indotto da un evento esterno, si capovolge subito nella necessit di pensarlo come unarbitraria causa sui. Invece di essere legato allespressione e allapprofondimento di una soggettivit naturalmente data, e ad una sua interna esigenza di unificazione, che non pu non passare attraverso la trasformazione di quel mondo che la determina in modo difforme alla propria

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Ivi, p. 73 Ivi, p. 94 3 Ivi, p. 140 4 Ivi, p. 31 5 Ivi, p. 38 6 Ivi, p. 167

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natura, come pure sarebbe richiesto dalla logica del discorso, lagire, rimosso, ritorna come un demiurgico atto puro, come il deus ex machina che consente al soggetto, negato, di passare dalla morte alla vita, di affermare s stesso producendosi ex nihilo. A questa prima incoerenza se ne aggiunge per subito una seconda. Si gi visto come lassenza del soggetto, nella via della morte, nel peccato, fosse in realt identica alla sua interna lacerazione, e che la via della vita, in cui il soggetto presente, aperta dalla fede nella forma di una pura affermazione, dalla quale la negativit, o la morte, non gi negata, ma abolita, sradicata. Su queste basi, non si vede come Badiou possa affermare, in un altro luogo, che la rottura evenemenziale costituisce sempre il suo soggetto in una forma divisa, che anzi ci che costituisce il soggetto [] non la sua unit, ma il suo essere diviso, di modo che un soggetto sempre, in realt, lintreccio delle due vie soggettive, quella della morte e quella della vita 1. Come possono legge e grazia nominare entrambe lintreccio costituente di questo soggetto diviso, che non pu dunque situarsi n dal lato della carne [] n dal lato del puro spirito2, ma solo su entrambi questi opposti versanti ad un tempo? Tanto evidente da risultare disarmante, il senso di questa contraddizione, di questa paradossale permanenza della via della morte a fianco della via della vita, della legge accanto alla fede, si chiarisce solo considerando il modo in cui ad essa connessa una ulteriore e meno evidente contraddizione, e tale per da mandare allaria tutta la trita retorica anti-dialettica del nostro autore. Badiou legge infatti laffermazione paolina, per la quale siamo non sotto la legge, ma sotto la grazia, come una strutturazione del soggetto secondo un non ma che non bisogna intendere come uno stato, ma come un divenire3. Resta a prima vista quanto meno oscuro, qui, non solo il nesso che unisce linterna divisione del soggetto, il suo strutturarsi secondo un non ma, al fatto che la soggettivit sia da pensare non come uno stato, ma come un divenire, ma inoltre, alla radice di tutto ci, il senso stesso di questo divenire. Il fatto che, per il soggetto, il suo non essere sotto la legge indica, negativamente, la via della carne, ovvero della morte, come destino sospeso del soggetto, mentre essere sotto la grazia indica la via dello spirito, ossia della vita, come fedelt allevento4 Il non, insomma, indica la dissoluzione potenziale della legge, della via della morte, che opera della fede, mentre il ma indica il fine, il duro e fedele lavoro5 che realizza una tale dissoluzione, e che opera dellamore, che la potenza del desiderio in quanto conciliata col soggetto. Come si legge altrove, la dichiarazione evenemenziale, ossia la fede, fonda bens il soggetto, ma senza lamore, senza la fedelt, non serve a niente, perch il soggetto deve

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essere dato nel suo duro lavoro, e non soltanto nel suo sorgere1. La fede apre dunque la possibilit di una rinnovata unit del pensiero e del fare, di uscire dallimpotenza e di ritrovare ci da cui la legge ci ha separati, quella unit del soggetto con s stesso e con la propria potenza di agire che sola ne fa un soggetto, ma non ancora questa potenza, questa unit 2. La liberazione, la rottura dalla legge, senza la quale non c soggetto, resa virtualmente possibile dalla fede, pu essere realizzata, o compiuta, solo dallamore, dalla fedelt a questa legge della rottura con la legge3, ovvero dallattivit del soggetto stesso. Si capisce allora il nesso tra linterna divisione del soggetto e la necessit di intendere la soggettivit non come uno stato, ma come un divenire. Se infatti il soggetto soggettivazione, e non c scarto tra soggetto e soggettivazione, allora la soggettivit non altro, in realt, dal divenire-soggetto: non solo latto, come si gi visto, ma anche lattivit, il lavoro del soggetto. Un rapporto tra soggetto e verit possibile, anche dove la verit interamente soggettiva, solo come rapporto del soggetto con la propria verit. Che la soggettivazione sia un processo di verit, significa che essa non solo il sorgere del soggetto, come semplice unit con s stesso, ma sempre anche il perdurare di un processo di unificazione, come opposizione dunque a tutto ci che, dallinterno stesso del soggetto, si oppone a questo processo, lo blocca. Nella costituzione del soggetto diviso, la legge, il peccato, la via della morte, la scissione (il negativo), per quanto sospese, solo in quanto al tempo stesso anche conservate possono intrecciarsi con il proprio opposto, la grazia e la via della vita come unit con s stessi. A rovinare dallinterno linterpretazione anti-dialettica del rapporto tra i due poli del soggetto allora questa permanenza del negativo, con la conseguente impossibilit di intendere il suo opposto, la via della vita, nella forma di unaffermazione pura, unaffermazione che cio non lavori al tempo stesso come negazione di quel negativo con il quale non possibile rottura, cesura, disgiunzione, perch il soggetto lo porta dentro di s. La soggettivit non pu costituirsi al di fuori del rapporto con un altro, con un esterno che opera dallinterno stesso del soggetto stesso e con il quale, per, il soggetto non pu limitarsi a tagliare i ponti. Il soggetto, si detto, soggettivazione, e non dunque possibile se non come interiorizzazione, integrazione o elaborazione di qualcosa che si presenta s come disgiunto, scisso, e senza il quale si darebbe bens una unit immediata, ma non per neppure quellunificazione che la soggettivazione stessa. Si gi vista la tendenza nascosta, da parte di Badiou, di pensare il soggetto come tale da dover essere a s stesso la propria opera, tendenza che richiede di pensare il soggetto non come indotto dallevento, ma come dato. Poich la soggettivit allora il presupposto, e non la conseguenza, dellagire, essere a s stesso la propria opera, come si appena mostrato, deve significare che ci
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che non pu esser dato, o presupposto, ma solo prodotto dal soggetto, la sua unificazione con s stesso, come realizzazione di s e della propria verit. Come ora si vedr accennando rapidamente ad un ultimo problema, proprio questo interno lavoro di unificazione, questa attivit riflessiva che Badiou non riesce a pensare fino in fondo, impedito dalla rimozione del nesso in forza del quale la conciliazione del soggetto con s stesso non pu attuarsi se non come conciliazione pratica con il mondo stesso. solo a questo livello del discorso che pu essere affrontato il modo in cui Badiou tratta il tema del rapporto, allinterno stesso della singolarit universale che il soggetto , tra universalit e particolarit. I particolarismi, le differenze, infatti, sono esattamente ci che la soggettivazione, per prodursi, deve deporre. E ci non tanto, ci pare, per via del suo fondamentale rapporto con una verit in s stessa valida per tutti, universale, quanto piuttosto, esattamente al contrario, perch se non rompesse con qualunque condizionamento esterno, con il mondo delle opinioni, dei costumi ecc., la soggettivazione non potrebbe svolgersi in rapporto con una verit che sia davvero interamente soggettiva, interamente propria, e solo in quanto tale universalizzabile, rimanendo abitata da istanze oggettive e, proprio in quanto tali, particolaristiche. Se luniversalismo, e dunque lesistenza di qualunque verit, esige la deposizione delle differenze date 1; se non c differenza tra ebreo e greco, schiavo e libero, uomo e donna, e ogni differenza, riguardo a un processo di verit, cessa di essere significativa, perch il carattere universale del soggetto e della sua verit, si detto, deriva dalla loro stessa singolarit, ovvero alla sua indipendenza da ogni determinazione esterna. Sottratta al rapporto con qualunque condizione estrinseca2, la singolarit, e la sua verit, non pu essere che universale o, come si dice altrove, generica, costituendosi appunto come espulsione da s di ogni differenza. Il problema che le differenze, pur indifferenti, pur espulse dal soggetto fuori di s, restano presenti. Ma in questo modo, visto che sono non gi negate, bens presupposte, il soggetto pu ben costituirsi come indifferente ad esse pur lasciandole operative, ma ci solo a patto di costituirsi come una soggettivit che da una parte, per essere generica, finisce per essere assolutamente vuota, priva di determinazioni, e che daltra parte proprio perch luniversalit si d solo come uguaglianza generica, compatibile con ogni differenza tale che il suo prodursi lascia tranquillamente inalterate le disuguaglianze del mondo. Abbiamo cos per un verso un soggetto la cui singolarit, in quanto si costituisce proprio a prescindere da ogni rapporto con lesterno, identica a quella di ogni altro, e dunque seriale, astratta, tuttaltro che singolare, e distinta solo da ci che ne fa appunto un soggetto scisso, dallinfluenza di determinazioni esterne, e per altro verso un universalismo inerme, quella trascendenza delluniversale 3 che non lopposto,
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ma il correlato della permanenza dei particolarismi trascesi. Luguaglianza astratta, generica, non sopprime le differenze, n tanto meno capace di elaborarle ed includerle in s, mediandosi con esse attraverso un agire rivolto ad un tempo allesterno e allinterno, non potendo anzi far altro che lasciarle intatte, fuori di s (ossia tanto nel mondo, quanto in ci che nella sua stessa interiorit rimane esterno al soggetto, ovvero nel suo inconscio), esattamente come lemancipazione politica per il Marx della Questione ebraica, che invece che superare le diseguaglianze le maschera. Nellordine del particolare, allora, tutto lecito [], tutto permesso 1, di modo che il particolare, le differenze, vengono a porsi non solo come ci che c, ma anche ci che deve essere lasciato essere. Ma lasciar essere il particolare, nella sua presunta indifferenza, significa pi in profondit bloccare la soggettivazione: se lesterno viene lasciato essere, neanche il soggetto si pu riunificare con s stesso, perch lesterno , in realt, interno al soggetto diviso, e la soggettivazione, come superamento di ogni interna scissione, come unificazione del s, non pu darsi se non nella forma dellazione, come trasformazione ad un tempo di s stesso e del mondo con cui non si pu non essere in relazione. Invece di mediare le opposte ideologie del materialismo e dellidealismo in una posizione capace di pensare assieme lo sviluppo di s e la prassi mondana, la determinazione da parte di unoggettivit esterna e il superamento pratico di una tale estraneit, Badiou imprigiona il soggetto in un distacco mistico e appagato dal mondo, dallagire, e da s stesso.

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