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A casa di Marcovaldo è nita la legna da ardere, e la famiglia, tutta incappottata,

guarda le braci sempre più pallide. Non dicono più niente, e dalle loro bocche
escono solo nuvolette.

A un certo punto Marcovaldo prende una sega dentata e decide di andare a


cercare della legna. Si in la alcuni giornali fra giacca e camicia per ripararsi dal
freddo ed esce nella notte, mandando fruscii cartacei ad ogni passo e con la sega
che ogni tanto gli spunta dal bavero.

Nel frattempo il glio Michelino legge un libro di abe preso in prestito. Parla del
bambino di un taglialegna che esce con l’accetta per far legna nel bosco. «Ecco
dove bisogna andare,» dice Michelino «nel bosco! Lì si trova la legna!» Si mette
d’accordo con i fratelli, uno prende l’accetta, uno un gancio e uno una corda.
Salutano la mamma e partono a cercare legna.

I bambini sono nati e cresciuti in città e non hanno mai visto un bosco in vita loro,
neanche da lontano. Camminano per la città nché arrivano all’autostrada dove
vedono nalmente il bosco: ai due lati dell’autostrada c’è una folta vegetazione di
strani alberi, con tronchi ni, a volte dritti e a volte obliqui, con chiome piatte ed
estese, dai colori più strani. Rami a forma di dentifricio, di faccia, di formaggio, di
rasoio, di mucca, circondati da un fogliame di lettere dell’alfabeto. I bambini,
contenti di aver trovato il bosco, abbattono subito un albero a forma di ore e lo
portano a casa.

Quando Marcovaldo rientra con il suo magro raccolto di rametti umidi, vede la
stufa accesa. Chiede dove abbiano preso tutta quella legna, e i bambini gli
indicano il bosco sull’autostrada. Così Marcovaldo esce di nuovo con la sua sega
dentata e si avvia verso l’autostrada.

Intanto viene denunciato il fatto che sull’autostrada un branco di monelli sta


buttando giù i cartelloni pubblicitari. Così l’agente di polizia stradale Astolfo parte
con la sua moto per un giro d’ispezione. L’agente è po’ a corto di vista, ma non
vuole farlo sapere perché teme per la sua carriera, perciò non mette mai gli
occhiali.

D’un tratto, al lume del fanale della moto, sorprende un monellaccio arrampicato
su un cartello. Astolfo frena e urla al ragazzo di scendere immediatamente. Quello
non si muove e gli fa le linguacce. Astolfo si avvicina e vede che è la pubblicità di
un formaggino, con un bamboccione che si lecca le labbra.

Astolfo riparte e dopo un po’ illumina una faccia triste e spaventata. «Alto là! Non
cercate di scappare!» intima l’agente. Ma nessuno scappa. È la pubblicità di un
callifugo con un viso dolorante in mezzo a un piede tutto calli.

Ancora più avanti il fanale illumina la pubblicità di una compressa per l’emicrania:
una gigantesca testa d’uomo si tiene le mani sugli occhi per il dolore. Vicino
all’orecchio c’è Marcovaldo che, appena viene illuminato dal fanale, si fa piccolo
piccolo e resta immobile, aggrappato con la sega che è già arrivata a metà della
fronte.

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