Sei sulla pagina 1di 215

Indice

Copertina
L’immagine
Il libro
L’autore
Frontespizio
Dossier 5G
Introduzione
I. Il 5G secondo la tesi accreditata da mass media e istituzioni
Cos’è e come si è arrivati al 5G
La creazione delle smart city
Autodiagnosi e smart contract
Le radiazioni non ionizzanti nei limiti di legge sono innocue
Il 5G utilizza molte antenne ma abbatte le emissioni elettromagnetiche
La ricerca Interphone del 2010
Lo IARC ha classificato le onde elettromagnetiche non ionizzanti come veri agenti
cancerogeni?
Nessun effetto sulla salute
La bufala della strage degli alberi
Tra dieci anni, il passaggio al 6G e all’ombra digitale
II. La posizione contraria della ricerca accademica indipendente: elettrosmog, un pericolo
nascosto e sottovalutato
Tutte le funzioni biologiche vitali di organi e cellule sono regolate da delicati
processi di natura elettromagnetica
Onde sempre più corte ma con maggiore energia
Anche le radiazioni non ionizzanti producono effetti biologici non termici. Gli studi
dell’Istituto Ramazzini e del National Toxicology Program sulle RF 2 e 3G
Centinaia di scienziati di tutto il mondo sono in allarme
Sentenze storiche
L’elettrosmog uccide
Anche gli studi sul Wi-Fi non sono rassicuranti
La vendita delle licenze 5G in totale assenza di studi sulla sicurezza per la salute
La risoluzione 1815 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa
Interphone e IARC sulle radiazioni non ionizzanti della telefonia mobile
III. Effetto finanziamento
La storia si ripete?
Ricerca indipendente e studi finanziati dall’industria: rilevanti differenze nei
risultati
Le porte girevoli dell’ICNIRP e lo Specific Absorption Rate
Phonegate, lo scandalo di livello planetario taciuto dai media
Più antenne, meno elettrosmog?
Assenza normativa della dose massima assorbibile
Le preoccupazioni degli esperti
IV. Gli studi sulle onde millimetriche del 5G
Differenza tra radiazioni naturali e artificiali
Antenne di vecchia e nuova generazione
Primi bersagli: occhi e pelle
Un superbusiness planetario
5G e adaptive beam switching
Rapporto ISDE, conflitto di interessi e principio di precauzione
5G e smart weapons
Associazioni di consumatori e conflitti di interessi
La denuncia al Congresso americano: non esistono studi scientifici indipendenti che
certifichino la sicurezza del 5G
Animali, piante e insetti
La strage degli alberi è una bufala?
Il dibattito scientifico sul 5G approda al Parlamento europeo
Elettroipersensibilità, la malattia del terzo millennio
Trattamenti per la sindrome
I timori del professor Andrea Grieco
La rivolta di sindaci e cittadini
Perché molti fisici temono il 5G
Appendice. Studi che hanno evidenziato i maggiori effetti biologici delle onde pulsate e le
conseguenze nocive delle RF anche entro i limiti di legge
Note
Copyright
Il libro

L
a nuova connessione di telefonia mobile, chiamata 5G in quanto giunta
alla sua quinta generazione, correrà a velocità impensabili solo fino a
qualche anno fa e soprattutto stabilirà una stretta relazione fra gli
oggetti “smart” e l’intelligenza artificiale, facendoci compiere il salto evolutivo
nella nuova era dell’“Internet delle cose”.
Saremo sicuramente più assistiti, ma anche più controllati; saremo più
profilati, ma anche più bombardati da raffinate strategie di marketing;
verremo catapultati in un ecosistema artificiale quasi totalmente interattivo e le
nostre informazioni più intime saranno sempre e immediatamente note a tutti
coloro che vi avranno accesso. Il 5G in buona sostanza è la tecnologia che può
garantire il controllo individuale e collettivo sull’intera popolazione,
trasformandosi nella versione contemporanea del Grande Fratello di George
Orwell.
La rivoluzione tecnologica porta con sé anche altri dilemmi che riguardano
la nostra salute: da una parte il 5G permetterà, per esempio, di farci operare in
remoto senza far spostare fisicamente il chirurgo; dall’altra molti scienziati
denunciano la trasmissione delle onde del 5G come un grave pericolo per il
nostro organismo e l’intero ecosistema. E a questo proposito il premio Nobel
per la medicina Luc Montagnier ha persino avanzato il sospetto che l’epidemia
di Coronavirus sia esplosa a Wuhan proprio perché si tratta della “smart city”
5G per eccellenza, con oltre 60.000 antenne a onde millimetriche già attive:
secondo la sua controversa tesi, l’esposizione al 5G può avere indebolito le
difese immunitarie della popolazione rendendo più gravi gli effetti patogeni
del virus.
Dossier 5G affronta anche le questioni di sicurezza e di carattere militare:
come fa uno Stato ad assicurarsi che i big data generati dal 5G dei suoi
cittadini non finiscano in mano a potenze straniere o, peggio ancora, a
formazioni di stampo terroristico?
In questo eccezionale libro inchiesta Marco Pizzuti fa il punto della
situazione su ciò che sappiamo per certo riguardo alla rivoluzione tecnologica
in arrivo, rivelandoci come un progresso promettente e “scintillante” possa
nascondere anche degli aspetti inquietanti.
L’autore

Marco Pizzuti (Roma, 1971) è un autore bestseller


specializzato in controinformazione. I suoi libri hanno
venduto più di 200.000 copie solo in Italia e sono stati
pubblicati in 19 paesi del mondo.

Con Mondadori ha pubblicato Biografia non autorizzata


della Seconda guerra mondiale.
www.altrainformazione.it
Marco Pizzuti

DOSSIER 5G
Inchiesta non autorizzata sulla rivoluzione tecnologica destinata a cambiare
la nostra esistenza
Dossier 5G
Introduzione

La nostra vita sta per essere rivoluzionata dal 5G . Dietro questa


semplicissima sigla, che sta per «quinta generazione», il mondo delle
radiotelecomunicazioni si appresta a compiere un balzo evolutivo
senza precedenti che riguarderà tutti noi e il nostro vivere quotidiano.
«L’internet delle cose» (Internet of Things, comunemente abbreviato
nell’acronimo inglese «IoT»), infatti, metterà in collegamento continuo
e diretto tutti gli oggetti con l’intelligenza artificiale di nuova
generazione: l’automobile, l’elettrodomestico, financo l’edificio in cui
abitiamo. Tutti gli oggetti smart saranno interconnessi in tempo reale e
h24. Tutti gli oggetti smart riceveranno e manderanno informazioni
che ci riguardano.
Ogni rivoluzione porta con sé una serie di domande pratiche e di
dilemmi etici: è un bene o è un male? Quali saranno i vantaggi e quali
gli svantaggi? E saranno più i vantaggi o gli svantaggi? Bisogna
buttarcisi e sfruttarla al meglio o temerla e starne lontani?
Questo libro cerca di fare chiarezza su tutti i pro e tutti i contro
emersi fino a oggi sull’argomento, cercando di discernere ciò che è
vero da ciò che è fake news, e lasciando al lettore l’onere di propendere
per o contro il 5G .
Prima di approfondire la rivoluzione tecnologica in ogni suo
aspetto mettendo a confronto studi, interviste, opinioni autorevoli e
schede tecniche, qualche esempio pratico, anche se futuribile, per
capire da subito cosa significa un mondo con connessione 5G e smart-
cose.
Esempio numero 1.
La nostra smart-automobile è connessa tramite il 5G con l’officina
che si occupa della sua manutenzione. Grazie alla connessione di
quinta generazione e all’interazione con l’intelligenza artificiale, il
veicolo invia autonomamente le informazioni di malfunzionamento:
olio del motore che scende sotto il livello, gomme da cambiare,
singolo pezzo che sta per rompersi. Il nostro meccanico di fiducia
riceve le informazioni e ci chiama al telefono per fissare un controllo
in officina. Fantastico, no?
La stessa smart-automobile viene pagata con comode rate mensili
mediante addebito nel nostro conto corrente bancario ma un mese ci
troviamo in difficoltà economiche e non riusciamo a onorare il debito
per l’intero importo. E allora potrebbe accadere che in tal caso lo smart
contract stipulato con la finanziaria preveda il blocco delle portiere
dell’auto stessa e lo sblocco solo dopo l’avvenuto pagamento.
Inquietante, no?
Esempio, sempre pratico, numero 2.
Alcune software house stanno sviluppando il riconoscimento
facciale, una tecnologia molto sofisticata in grado di individuare i
tratti somatici di un individuo utilizzando una telecamera speciale che
sfrutta il 5G . Aspetto positivo: noi arriviamo in un aeroporto e invece
di rovistare nella giacca o nella borsa per estrarre il documento di
identità, ci basta guardare nella telecamera e olè!, le porte si aprono.
Ma grazie alle nuove tecnologie la nostra immagine facciale entra a far
parte di un database, che può essere ceduto ai comandi militari o dei
servizi segreti di qualsiasi paese, che a loro volta lo possono analizzare
e sfruttare per i loro scopi. Sembra più la sceneggiatura di un film di
James Bond che una concreta possibilità, ma potrebbe succedere, anzi
l’utilizzo improprio e non autorizzato di big data si è già verificato con
Facebook solo pochi mesi fa.
Sfruttando appieno le potenzialità del 5G , lo Stato e le imprese
potranno esercitare un controllo permanente sul comportamento
dell’individuo attraverso tutto ciò che utilizza e di cui ha bisogno per
vivere. Ogni nostra azione verrà registrata, catalogata, elaborata e
usata, ponendo fine o limitando drasticamente il concetto di privacy.
Il rapporto informazionale tra aziende e clienti diventerà sempre più
asimmetrico perché noi sapremo sempre molto meno di quanto le
aziende sapranno su di noi. È un fatto che ovviamente gioca a
svantaggio dei clienti. Già oggi, per esempio, chi vuole prenotare un
taxi con l’applicazione di Uber ma ha la carica del cellulare al minimo
può vedersi aumentare i costi solo perché l’app ha accesso allo stato
della batteria e i programmatori di Uber sanno che, quando il telefono
sta per scaricarsi, l’utente è disposto ad accettare anche un prezzo
molto più alto pur di concludere in fretta. 1
In altre parole, siamo agli albori del «capitalismo della
sorveglianza» in cui la tecnologia mette a disposizione i dati dei
cittadini e può usarli per ottenere il controllo dei costumi, per
orientare i consumi in un modo che non ha precedenti nella storia del
genere umano. E questa eventualità non può non generare dubbi e
domande.
Il 5G è il supporto tecnologico fondamentale nella costruzione della
società «trasparente» del futuro e ovviamente la possibilità di usarlo
nel modo giusto spetta a chi la governa. Un test molto interessante è
già avvenuto nel 2019 durante l’emergenza sanitaria del coronavirus.
Wuhan, infatti, oltre a essere stata la città epicentro dell’epidemia, è
anche la smart city 5G per eccellenza (30.000 nuove antenne wireless di
quinta generazione, 3000 stazioni radio base e ben 27.000 nuove
miniantenne a microonde millimetriche già installate). Proprio
durante la pandemia, oltre a garantire la prosecuzione di molte
attività lavorative e didattiche per mezzo dei servizi telematici e
robotizzati, il 5G si è rivelato anche un formidabile strumento di
monitoraggio sulla popolazione in quarantena: robot e droni collegati
con velocità di connessione elevatissima sono stati impiegati per
misurare la temperatura corporea e spruzzare dei disinfettanti in tutte
le aree pubbliche, mentre la tecnologia per il riconoscimento facciale
ha funzionato da efficace deterrente contro la trasgressione al divieto
di uscire da casa. 2
Ultimo esempio, anche questa volta in ambito sanitario. Grazie
all’incredibile velocità di trasmissione dei dati 5G , la chirurgia a
distanza e in contemporanea può diventare una realtà. Significa che
un chirurgo di Boston può eseguire, comodamente dal suo studio,
operazioni in tutto il mondo comandando a distanza dei robot. Non
dovendosi spostare, può salvare più vite umane, trasmettere le sue
conoscenze a più aspiranti chirurghi, lavorare di più e anche
guadagnare di più. Quindi diciamo che la sanità nel suo complesso ne
avrebbe sicuramente un vantaggio. Ma, al contempo, ci sono fior di
studi che hanno denunciato i possibili rischi biologici derivanti dalla
somma delle radiofrequenze non ionizzanti (il cosiddetto
«elettrosmog») con quelle del 5G . Cioè le stesse onde che trasportano il
segnale che cura il paziente potrebbero causare danni a chi è esposto,
e pare sia già in atto una nuova patologia definita «elettrosensibilità»,
che comporta danni a pelle, occhi, sistema nervoso centrale, sistema
endocrino, sistema immunitario, fertilità e DNA . Centottanta scienziati
di tutto il mondo, infatti, hanno chiesto di sospenderne la
commercializzazione fino a quando non saranno stati realizzati
adeguati studi sui pericoli per la salute umana e per l’ambiente.
Un’altra moratoria internazionale di 254 scienziati ha invece lanciato
un appello contro i gravi danni biologici prodotti dalle attuali
radiofrequenze non ionizzanti (elettrosmog) a cui inevitabilmente si
andranno ad aggiungere anche quelle del 5G .
La Scuola di Politica pubblica del Georgia Institute of Technology,
uno dei più importanti centri di ricerca tecnologica negli Stati Uniti,
ha pubblicato una relazione di 1086 pagine di Neil Kostoff (autore di
oltre 200 articoli peer-reviewed) dall’inquietante titolo Il più grande
esperimento medico non etico nella storia umana. Nei capitoli 2 e 5, Kostoff
ha descritto dettagliatamente il problema e i pericoli dei conflitti
d’interessi tra organi pubblici di controllo, esperti e compagnie di
telecomunicazioni oltre ai rischi per la salute che 35 studi scientifici
internazionali hanno associato alla tecnologia wireless. Secondo
Kostoff, l’aggiunta della nascente rete mobile di quinta generazione
alle reti mobili preesistenti contribuirà ulteriormente alla realizzazione
del più grande esperimento medico non etico della storia
dell’umanità. Nessuno, infatti, ha espresso il proprio consenso a essere
sottoposto a un vero e proprio bombardamento multifrequenziale
permanente, che viene messo in atto nonostante i risultati poco
rassicuranti di settant’anni di ricerche sull’elettrosmog. 3
Gli appelli degli scienziati al principio di precauzione sono stati
accolti da Bruxelles e da centinaia di altre città di diversi paesi, che
hanno espresso la volontà di sospendere la sperimentazione del 5G.
Solo in Italia se ne contano già 183, 4 anche se comuni come Milano,
Prato, Bari, Matera e L’Aquila stanno invece proseguendo i test con la
nuova rete (seppur ancora a velocità e potenza ridotte). Inoltre,
mentre la popolazione è rimasta chiusa in casa per la quarantena, il
taglio degli alberi nei centri urbani ha continuato a procedere a tutta
velocità e molte associazioni di cittadini hanno avanzato il sospetto
che tanta fretta durante l’emergenza sanitaria in realtà sia dovuta solo
alla necessità delle compagnie telefoniche di eliminare il maggior
numero possibile di ostacoli che compromettono l’efficienza della
nuova rete ed evitare al contempo le prevedibili proteste dei residenti
(stando alle stesse indicazioni tecniche dei gestori del servizio, gli
alberi di oltre 4 metri interferiscono con le onde millimetriche del 5G ). 5
Il clima di tensione che sta accompagnando l’esordio del 5G è
divenuto talmente palpabile che Gunter Pauli, il consigliere
economico del governo Conte, ha addirittura avanzato il sospetto di
una maggiore virulenza del coronavirus nelle zone dove il 5G è già in
funzione (in quanto, secondo alcune ricerche, le onde millimetriche
sarebbero responsabili anche di un calo delle difese immunitarie). 6
Questa inchiesta, dunque, intende fare chiarezza sui vantaggi e sui
rischi della rete di quinta generazione, mettendo a confronto le tesi
favorevoli e quelle contrarie, con il supporto della letteratura medico-
scientifica indipendente, e le interviste agli scienziati che stanno
infiammando il dibattito pubblico.
I
Il 5G secondo la tesi accreditata da mass media e istituzioni

Cos’è e come si è arrivati al 5G


Per capire cos’è esattamente il 5G dobbiamo prima fare un piccolo
passo indietro nella storia della telefonia mobile, poiché non si tratta
di un semplice upgrade rispetto alle versioni precedenti, bensì di una
vera e propria rivoluzione tecnologica destinata a cambiare per
sempre la nostra vita di tutti i giorni.
In poco più di trent’anni la telefonia mobile ha cambiato più volte
caratteristiche, passando rapidamente dall’1G (prima generazione) al
2G (seconda), al 3G (terza), al 4G (quarta) e infine al 5G (quinta
generazione), che segna un taglio netto con tutto ciò che l’ha
preceduto.
La telefonia mobile 1G ha fatto la sua comparsa a metà degli anni
Ottanta, quando il telefono senza fili basato sulla tecnologia analogica
TACS (Total Access Communication System) iniziò a imporsi come
standard di massa. La definizione di «prima generazione» gli venne
attribuita solo nel momento in cui la vecchia tecnologia analogica
lasciò il posto al nuovo standard digitale GSM (Global System for Mobile
Communications), che fu denominato 2G proprio per distinguerlo dalla
versione precedente.
All’inizio le tariffe erano proibitive e possedere un cellulare
«radiomobile» era visto come uno status symbol: il telefonino fece
anche un’apparizione al cinema nel film Wall Street di Oliver Stone
(1987), che non a caso era ambientato nel mondo degli investitori
miliardari. Poi lo scenario mutò rapidamente. In Italia i primi telefoni
TACS caratterizzati dai prefissi 0336, 0337, 0360, 0368 si diffusero anche
grazie al lancio di tariffe agevolate con costi ridotti nelle fasce serali e
nel weekend, ma che rimanevano altissimi durante il giorno. Il GSM
fece il suo esordio commerciale nel 1991, anche se in Italia giunse solo
due anni più tardi. Il passaggio dal sistema di rete analogico a quello
digitale (2G ), oltre a consentire un miglior uso della banda e a rendere
più sicure le conversazioni, introdusse la possibilità di usufruire di
servizi come gli SMS (acronimo di Short Message Service, servizio
messaggi brevi) e, in un secondo momento, del collegamento a
internet via WAP (Wireless Application Protocol). A fare la grande
differenza nel livello di gradimento degli utenti furono proprio gli
SMS , che consentivano di sostituire le costose chiamate con dei
semplici messaggi di testo (di una lunghezza massima di 160
caratteri). Nel 1996 furono introdotte le SIM card a consumo, che
permisero di estendere l’uso del telefono cellulare anche tra gli
adolescenti, che non potevano permettersi un abbonamento, mentre le
dimensioni degli apparecchi si andavano riducendo notevolmente.
La terza generazione di cellulari (3G ) arrivò in Italia nel 2005, e
grazie all’impiego dello standard UMTS (Universal Mobile
Telecommunications System), che aumentò notevolmente la velocità di
scaricamento dati (da 384 Kb/s fino a un massimo teorico di 21 Mb/s in
download con lo standard HSDPA ), vennero commercializzati i primi
smartphone dotati di tastiere digitali, fotocamere e/o videocamere che
consentirono agli utenti di utilizzare il telefono per molte funzioni
complesse prima riservate ai computer.
Con la possibilità di accedere alla rete in modo soddisfacente, i
nuovi cellulari smart furono dotati di grandi display per effettuare
videochiamate, ricetrasmettere la posta elettronica, utilizzare i social
network, il navigatore e programmi di ogni tipo (le cosiddette «app», o
applicazioni). Nello stesso periodo venne creato anche Facebook, il
primo grande social network con miliardi di iscritti che possono
dialogare tra loro in rete e che costituisce tuttora uno dei principali
passatempi per moltissime persone.
Nel 2008 venne lanciato sul mercato il primo iPhone della Apple,
che disponeva di un suo store online con centinaia di app, e riscosse
subito un enorme successo a livello planetario.
Nel 2009 due informatici crearono WhatsApp, una app gratuita che,
oltre a consentire l’invio di messaggi scritti, audio e video, offre la
possibilità di effettuare chiamate e videochiamate nazionali e
internazionali via internet. Nel 2011 venne lanciata anche l’app di
Instagram, un social network che permette agli utenti di scattare foto,
applicarvi dei filtri e condividerle in rete con parenti, amici e
sconosciuti. Le innumerevoli funzioni e i servizi fruibili dagli
smartphone hanno poi spinto i produttori a realizzare dei telefoni con
schermi sempre più grandi, e di conseguenza le loro dimensioni sono
aumentate considerevolmente rispetto all’era del GSM .
Nel 2011 la potenza di scaricamento dati ha fatto un ulteriore
progresso con il 4G , che nella sua versione più evoluta (LTE )
permetteva di raggiungere teoricamente 326,4 Mb/s in download. Tale
aumentata capacità di rete è alla base del boom delle attuali
comunicazioni mobili, che consentono la ricetrasmissione di file di
grandi dimensioni come video in alta definizione, l’acquisto e il
pagamento di beni e servizi in modo rapido e sicuro, e l’utilizzo delle
nuove monete digitali (criptovalute) come i bitcoin.
Con l’entrata in servizio del 5G , invece, la società a cui siamo
abituati cambierà radicalmente, perché per la prima volta nella storia
dell’uomo tutti i dispositivi elettronici potranno essere interconnessi e
dialogare tra loro grazie all’intelligenza artificiale (AI ), il cui supporto
e collegamento può essere garantito solo dalla velocissima rete di
quinta generazione. Ciò consentirà il passaggio epocale dagli
smartphone alle smart city, e sia il settore pubblico sia quello privato
verranno interamente gestiti attraverso la rete 5G . Inoltre, poiché il
principale fornitore mondiale degli impianti 5G è il produttore cinese
Huawei, alcune nazioni come USA , Germania e Gran Bretagna hanno
già espresso, seppur in forme diverse, timori in ambito civile e
militare riguardo alla possibilità che Pechino possa utilizzare gli
impianti della rete per fini bellici o illegali. 1

La creazione delle «smart city»


Secondo le previsioni dell’industria, nel campo della ricetrasmissione
dati la nuova rete di telecomunicazioni di quinta generazione
consentirà l’applicazione di tecnologie così strepitose che agli utenti
sembreranno essere appena uscite da un libro di fantascienza di Isaac
Asimov.
In alcune città pilota scelte per la sperimentazione la rete 5G è già
attiva dal 2019 ma non è ancora in grado di sfruttare appieno le sue
enormi potenzialità, che diverranno una realtà solo quando sarà stato
realizzato un sistema capillare di antenne su tutto il territorio
(l’utilizzo delle onde ad alta frequenza renderà necessario installare
numerosi ripetitori che serviranno le cosiddette small cell, aree di
territorio con un raggio che da poche decine di metri può arrivare fino
a due chilometri). 2
Il professor Antonio Sassano, del dipartimento di informatica
dell’università La Sapienza di Roma, ha dichiarato senza mezzi
termini che appena la nuova tecnologia sarà in uso su larga scala
assisteremo a una vera e propria «mutazione genetica» di tutti i
servizi di cui usufruiamo abitualmente. 3 Il 5G , infatti, non è un
semplice salto in avanti, seppur sostanziale, nella velocità di
connessione, e non si limita certo all’aumento delle prestazioni degli
smartphone, perché sta ponendo le fondamenta per la creazione delle
prime smart city, un «ecosistema» artificiale composto da una miriade
di antenne e di sensori (saranno praticamente ovunque: sulle case, sui
pali della luce, nelle strade, negli orti, nelle fabbriche, ecc.), che con
l’ausilio dell’intelligenza artificiale metteranno in collegamento e
faranno interagire tra loro tutti i dispositivi elettronici finora creati
dall’uomo. Frigoriferi, lavatrici, porte, impianti di illuminazione e di
riscaldamento, droni, metropolitane, treni, navi, aerei, automobili,
robot e ogni altra invenzione moderna a energia elettrica stanno per
diventare smart, e per questo motivo il 5G è stato subito denominato
«l’internet delle cose».
Nel campo sanitario, per esempio, i robot chirurghi potranno
ricevere una gigantesca mole d’informazioni in pochi millisecondi e i
medici saranno in grado di eseguire diagnosi o interventi a distanza
su pazienti dislocati in qualsiasi parte del mondo, monitorando e
analizzando i loro parametri vitali insieme ai fattori di rischio anche
grazie agli algoritmi dell’intelligenza artificiale. La clinica ospedaliera
di Barcellona è tra le prime al mondo ad aver sperimentato con
successo un sistema basato sul 5G , che consente ai chirurghi di trovarsi
virtualmente in due posti nello stesso tempo. Il dottor Antonio Lacy,
per esempio, è uno dei pionieri in questa sperimentazione e ha già
operato un cancro gastrico dal suo ufficio. Lacy è quindi molto
soddisfatto delle grandi opportunità offerte dalla tecnologia 5G , e a tal
proposito ha rilasciato la seguente dichiarazione ai giornalisti: «Se
sono in Sud America, a un congresso, posso continuare a far parte del
mio team, operando nel mio ospedale … Col sistema che proponiamo
in 5G , diventa come una semplice telefonata». 4 Solo la rete di quinta
generazione può consentire operazioni chirurgiche in remoto senza
considerevoli aumenti di rischio, perché la vecchia rete 4G ha un
ritardo di quattro secondi per direzione e basta uno spostamento
dell’inquadratura per passare a una latenza di otto secondi, che negli
interventi più delicati può rivelarsi fatale.
Con il 5G il funzionamento, la vigilanza e la manutenzione degli
appartamenti, degli uffici, delle fabbriche, dei mezzi di trasporto e di
intere città potranno essere completamente automatizzati grazie alle
comunicazioni machine to machine. A cominciare dal 2022, quindi, una
ragnatela invisibile di onde elettromagnetiche comincerà a trasportare
milioni di informazioni digitali al secondo a ciclo continuo e senza
interruzione che in breve tempo trasformeranno radicalmente il
mondo del lavoro, della sanità, dei trasporti, della sicurezza e della
vita quotidiana.
Nello stesso tempo l’intelligenza artificiale sta facendo notevoli
progressi e gli assistenti digitali si stanno evolvendo molto
rapidamente per essere pronti all’entrata in funzione del 5G su larga
scala. Nel giro di qualche anno un semplice frigorifero sarà in grado di
richiedere alimenti e bevande direttamente al fornitore, secondo il
nostro personale fabbisogno e il nostro budget. Le automobili
potranno venire a prenderci sotto casa, trasportarci fino a destinazione
e andare a parcheggiarsi da sole o ripartire per compiere ulteriori
servizi per altre persone. Persino lo specchio del bagno potrà essere
dotato di sensori per farci un check-up della salute ogni mattina,
rilevando ogni patologia al primo sintomo. Droni e mezzi di soccorso
potranno intervenire dove ce n’è bisogno molto più celermente e l’alto
livello di sorveglianza garantito dalle smart city fungerà da deterrente
contro ogni genere di crimine.

Autodiagnosi e «smart contract»


Con l’introduzione della rete 5G tutte le linee di produzione
industriale acquisiranno inedite capacità autodiagnostiche, mentre le
imprese avranno anche la possibilità di stipulare dei contratti
intelligenti (smart contract) per modificare in tempo reale le modalità
di fruizione dei prodotti e dei servizi venduti a ogni singolo cliente.
Questa nuova forma contrattuale, basata sull’intelligenza artificiale
e sul collegamento ultraveloce via internet, permetterà l’uso di
particolari opzioni insieme al rispetto delle clausole in modo
automatico e istantaneo. Gli smart contract, infatti, sono stati concepiti
per intervenire attivamente sulle modalità di esecuzione del contratto
non appena si verificano determinate condizioni (necessità di
ampliamento o di riduzione delle prestazioni erogate, ecc.) e per
vigilare sul rispetto di ogni singolo accordo, prendendo immediati
provvedimenti in caso di inadempimento (blocco di un software,
dell’accesso a un immobile o a un veicolo, ecc.).
Ciò consentirà alle aziende di soddisfare le mutate esigenze dei
propri clienti in corso d’opera, ma anche di impedire che un
elettrodomestico o qualsiasi altro bene/servizio collegato alla rete 5G
continui a funzionare in caso di mancato pagamento di una o più rate
a debito.

Le radiazioni non ionizzanti nei limiti di legge sono innocue


Negli ultimi decenni l’aumento esponenziale dell’uso dei telefoni
cellulari, e il conseguente incremento dell’esposizione umana ai campi
elettromagnetici, ha fatto sorgere nella popolazione numerosi timori
per la salute. Ciononostante, la maggior parte degli esperti a cui le
istituzioni sanitarie pubbliche hanno affidato i controlli sul cosiddetto
«elettrosmog» esclude qualsiasi connessione tra lo sviluppo di
patologie e l’esposizione alle onde elettromagnetiche non ionizzanti, e
in particolar modo a quelle che rispettano i limiti di legge.
Le radiazioni, infatti, vengono convenzionalmente divise in due
categorie, ionizzanti e non ionizzanti: ma mentre le prime sono
notoriamente molto pericolose per la salute, in quanto hanno
sufficiente energia per provocare la ionizzazione della materia
spezzando i legami chimici (e inducendo il distacco di elettroni da
atomi o molecole) con conseguenti danni biologici lievi, gravi o letali,
che variano a seconda della potenza e dei tempi di esposizione (per
esempio le radiazioni nucleari, i raggi X o i raggi gamma), le seconde
si riferiscono a radiazioni elettromagnetiche a bassa energia che
possono provocare solo l’eccitazione degli elettroni e il loro passaggio
a uno stato energetico superiore. A questa categoria appartengono le
radiofrequenze utilizzate per le radiotelevisioni e la telefonia mobile,
che, non potendo mai eccedere i valori previsti dalla legge, sono
considerate sicure. Anche se alcune ricerche scientifiche hanno
correlato l’uso intensivo del cellulare allo sviluppo di particolari
neoplasie neurologiche, l’Istituto superiore di sanità (ISS ) ha ribadito
in un rapporto ISTISAN (2019) che «l’uso comune del cellulare non è
associato all’incremento del rischio di alcun tipo di tumore
cerebrale». 5

Il 5G utilizza molte antenne ma abbatte le emissioni


elettromagnetiche
La tecnologia 5G dispone di un sistema di ricetrasmissione molto
diverso dai tradizionali impianti di radiocomunicazione delle
generazioni precedenti (1G , 2G , 3G , 4G ) per tipo di frequenze, antenne e
tecniche di copertura. Le vecchie antenne hanno infatti la caratteristica
di essere statiche, poiché irradiano le onde elettromagnetiche in tutte
le direzioni alla stessa potenza. Invece di trasmettere istante per
istante solo verso il terminale dell’utente, irradiano inutilmente anche
nelle altre direzioni e pertanto non possono mai raggiungere un’alta
efficienza.
Le antenne usate dal 5G , invece, sono dinamiche e irradiano
potenza selettivamente mediante un fascio nella sola direttrice del
terminale dell’utente ed esclusivamente nella misura richiesta dalla
qualità del collegamento. La direzione delle onde elettromagnetiche
irradiate muta quindi molto velocemente (nell’ordine dei
millisecondi) e ciò, secondo quanto affermato dai gestori del servizio,
si traduce in una maggiore efficienza e in un minor inquinamento
elettromagnetico.
Il professor Nicola Blefari Melazzi, docente di telecomunicazioni
all’università Tor Vergata di Roma e direttore generale del CNIT
(Consorzio nazionale interuniversitario per le telecomunicazioni), ha
precisato a tal proposito:

Più antenne ci sono e minori sono le emissioni. È un concetto alla base della
telefonia cellulare. Il punto è questo: il nome «cellulare» deriva da «cella». Il
territorio è diviso in tante celle, come le celle di un alveare. È un modo di
suddividere un’area geografica in tante parti. Se immagino di coprire l’Italia con
una sola cella, installo una sola antenna, per esempio a Roma, che deve però fare
arrivare il suo segnale fino in Sicilia e in Valle d’Aosta. Quindi, la potenza del
segnale emesso da quest’unica antenna a Roma deve essere molto grande per
poter arrivare così lontano.
Al contrario, più antenne ci sono, più il segnale che ognuna di queste antenne
deve emettere diminuisce, perché le celle sono più piccole e serve meno potenza
per arrivare ai bordi di ognuna di esse e coprire tutto il territorio. Ogni antenna di
ogni cella deve solo emettere il segnale necessario ad arrivare al bordo di quella
cella, cercando di non farlo arrivare alle celle vicine, per non causare interferenze.
Questo è il concetto di base del cellulare. Più antenne ci sono, più si può
abbassare la potenza emessa da ogni antenna. …
Facendo tante celle, non solo distribuisco più uniformemente il segnale e
quindi diminuisco i suoi valori massimi, ma aumento quanto voglio la capacità
della rete di trasportare informazioni.

Il professor Melazzi ha spiegato che, se l’Italia fosse servita da una


sola cella di una grande antenna posizionata a Roma, su tutto il
territorio nazionale avremmo solo una linea telefonica, mentre il fatto
di utilizzare milioni di celle consente di avere milioni di linee
telefoniche. Ha poi aggiunto che più le celle sono piccole e meno è
potente il segnale emesso, nonostante venga aumentata la capacità
della rete.
Per semplificare il concetto, Melazzi ha paragonato ogni antenna a
una lampadina: illuminare tutta l’Italia con una sola grande lampada
situata a Roma sarebbe un sistema scarsamente efficiente. Una
miriade di «lampadine» più piccole sparse su tutto il territorio
consente invece di risparmiare energia e di garantire la stessa intensità
luminosa.
Il maggior numero di antenne impiegate permette quindi di avere
la massima capacità di ricetrasmissione dati su tutta la rete riducendo
consumi ed elettrosmog. Pertanto, con più antenne otteniamo due
risultati positivi: distribuiamo più uniformemente il campo sul
territorio, limitando i suoi picchi, e aumentiamo la capacità di rete.

Gli operatori chiedono comunque di aumentare le soglie di emissione


elettromagnetica per quattro motivi: 1) se, per esempio, e sempre molto
estremizzando per rendere le cose più chiare, ho a disposizione un sito al centro
di Cagliari e non mi permettono di installare altre antenne in diversi luoghi per
coprire tutta la Sardegna, ho bisogno di poter emettere un segnale con una soglia
più alta, altrimenti non riesco a consentire ai turisti di accedere a internet da tutte
le spiagge sarde, posto che questa sia una buona idea; 2) con una soglia più alta
riesco a coprire una certa area geografica in minor tempo, per esempio in un anno
invece che in tre, dovendo installare meno antenne; 3) riesco ad avere una rete più
flessibile e meno costosa, perché metto più antenne là dove ho bisogno di più
capacità e ne metto di meno in aree meno densamente popolate, sempre molto
semplificando; quindi avrò un’intensità massima di campo più bassa in zone più
popolate e viceversa; 4) è un punto un po’ più tecnico, ma se devo far convivere
5G con le generazioni precedenti ho bisogno di più «spazio», cioè di una soglia
più alta per emettere sia il segnale di 5G che quello delle generazioni precedenti. 6

La ricerca Interphone del 2010


Molti medici, scienziati e associazioni per la salute di tutto il mondo
denunciano da anni i pericoli connessi all’elettrosmog e in particolare
all’uso dei telefoni cellulari. Per risolvere l’annoso e controverso
dibattito sui presunti effetti cancerogeni delle radiofrequenze (RF )
utilizzate dai telefoni cellulari, sono stati stanziati ben 19 milioni di
dollari per finanziare uno studio denominato Interphone, coordinato
dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC )
dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS ).
Il team di scienziati impegnato nelle ricerche ha esaminato circa
11.000 casi di cancro sospetti 7 in tredici diversi paesi 8 con l’obiettivo
di appurare una volta per tutte se l’uso prolungato del telefono
cellulare comporta un incremento del rischio di alcuni tumori.
La loro attenzione si è concentrata sulle quattro neoplasie
localizzate nelle sedi anatomiche più interessate dall’esposizione a RF
durante l’impiego della telefonia mobile: due tipi di tumori
intracranici più frequenti tra gli adulti (gliomi 9 e meningiomi 10), i
tumori del nervo acustico (schwannomi 11) e i tumori della parotide. 12
Lo studio ha concluso che, nell’insieme, non è stato osservato alcun
incremento nel rischio di glioma o meningioma legato ai telefoni
cellulari: «Sono presenti indizi di un incremento del rischio di glioma
ai livelli più elevati di esposizione, ma distorsioni ed errori non ne
consentono un’interpretazione causale» e suggeriscono che «sono
necessarie ulteriori indagini sugli eventuali effetti a lungo termine
dell’uso intenso di telefoni cellulari». 13
Per quanto non comprendano l’esame delle frequenze 5G e non si
tratti di risultati definitivi (rimandano infatti a ulteriori studi), le
conclusioni di Interphone pubblicate nel 2010 sulla rivista scientifica
«International Journal of Epidemiology» 14 sono sostanzialmente molto
rassicuranti.

Lo IARC ha classificato le onde elettromagnetiche non ionizzanti


come veri agenti cancerogeni?
Nel 2011, dopo la pubblicazione dei risultati della ricerca Interphone,
ha fatto molto scalpore la decisione dello IARC di inserire le onde
elettromagnetiche non ionizzanti nella categoria dei «possibili
cancerogeni». Tuttavia, secondo l’industria e la stragrande
maggioranza dei mass media, questo fatto non deve allarmare in
alcun modo perché i pericoli sarebbero solo presunti e assolutamente
improbabili.
Il quotidiano online «Open», diretto dal giornalista Enrico
Mentana, ha per esempio così commentato la decisione dello IARC : «Le
onde elettromagnetiche dei dispositivi mobili, comprese le microonde,
come quelle degli omonimi forni elettrici, non sono ionizzanti come
quelle emanate dalle sostanze radioattive. Tutto ha origine da una
pessima interpretazione di quanto riporta lo IARC , che classifica nella
sua tabella le onde elettromagnetiche nel gruppo 2B , assieme ad altre
284 sostanze che possono tranquillamente trovarsi in commercio,
perché non sono ritenute pericolose; infatti, “se ci sono sufficienti
evidenze di cancerogenicità negli esseri umani la sostanza viene
classificata nel gruppo 1; se ci sono limitate evidenze di
cancerogenicità negli esseri umani, ma sufficienti evidenze negli
animali di laboratorio, la sostanza viene classificata nel gruppo 2A ; se
ci sono limitate evidenze di cancerogenicità sia negli esseri umani sia
negli animali, la sostanza è classificata nel gruppo 2B ”. Non fa
eccezione il solito studio [dell’Istituto Ramazzini, NdA] che viene
spesso citato quando si parla di danni da elettrosmog, di cui si
occuparono anche i colleghi di Butac, 15 condotto sui ratti, che non può
assolutamente essere paragonato per fisiologia e tempi di esposizione
alle condizioni degli esseri umani». 16

Nessun effetto sulla salute


L’opinione dei ricercatori più accreditati dalle istituzioni e dai media
esclude categoricamente qualsiasi rischio per la salute associato alla
rete 5G . Alessandro Polichetti, uno degli esperti dell’Istituto superiore
di sanità, ha dichiarato per esempio: «Per quanto riguarda gli effetti
sulla salute attualmente noti dei campi elettromagnetici, … le nuove
tecnologie di telecomunicazione 5G non porranno prevedibilmente
nessun problema come nel caso delle attuali tecnologie 2G , 3G e 4G ». 17
Polichetti ha poi ribadito quanto spiegato anche dal professor Melazzi,
ossia che un maggior numero di antenne non deve preoccupare
affatto: «Non saremo sottoposti a maggiori esposizioni, anzi, le onde
millimetriche e ad alta frequenza penetrano meno. Per cui, per quanto
ne sappiamo, a oggi non sono noti rischi per la salute». 18
Anche la rivista dell’associazione di consumatori «Altroconsumo»
ha pubblicato un articolo che riassume sinteticamente tutti i motivi
per cui il 5G non comporta alcun rischio.

Nonostante il panico scatenatosi intorno al 5G (si teme sarà causa di varie


malattie, per esempio tumori), al momento non ci sono dati che permettono di
escludere o confermare che questa nuova tecnologia abbia effetti dannosi per la
salute o meno (non ci sono risposte chiare e definitive neanche sulle tecnologie
precedenti, figuriamoci sul 5G che è ancora agli albori). Per poter valutare i
potenziali effetti negativi sulla salute del 5G possiamo però rifarci alle prove
disponibili sugli effetti delle emissioni legate a 2G e 3G , cercando di ipotizzare
cosa possa verificarsi in conseguenza di esposizioni differenti. Ma anche in questo
caso, serviranno anni di studi dalla sua diffusione per avere risposte chiare.

Gli esperti di «Altroconsumo» ritengono che quanto sinora noto


sulla telefonia mobile è tranquillizzante e spiegano che a differenza
del 2G , 3G e 4G , il 5G trasmette segnali impiegando minore potenza.
Gli esperti hanno poi redatto una sorta di FAQ (Frequently Asked
Questions) sulle domande più ricorrenti per poter rispondere a
ciascuna di esse e chiarire che in molti casi i timori sul 5G nascono da
false credenze e «mezze verità» che vanno ridimensionate.
«La popolazione verrà colpita da una tempesta di onde più
pericolose?» La caratteristica del 5G è quella di utilizzare diverse
frequenze, tra cui alcune molto più elevate rispetto a quelle in uso alle
tecnologie precedenti. Il fatto di poter disporre di uno spettro di
banda così ampio permette di far funzionare insieme molti diversi
apparecchi connessi contemporaneamente. Ciò significa che se in
passato i cellulari hanno occupato alcune bande di frequenza tra i 900
MH z e i 2,6 GH z, il 5G in Italia parte invece dalla banda di frequenza
più elevata dei 3,6-3,8 GH z e dei 26,5-27,5 GH z, che consente un
notevole incremento dei dati trasmessi a una velocità assai maggiore.
Dal 2022 sfrutterà anche la banda più bassa dei 700 MH z, che servirà a
garantire maggiore copertura mediante il superamento degli ostacoli
fisici che interferiscono con le frequenze più elevate.
Le temute onde ad alta frequenza utilizzate dal 5G in realtà hanno
una limitatissima capacità di penetrare nei tessuti come la pelle e non
dispongono dell’energia necessaria per causare danni al DNA della
cellula, come invece accade, per esempio, per le radiazioni ionizzanti
come i raggi X.
È credenza diffusa che le onde millimetriche emesse dalle stazioni
radio 5G si vadano a sommare a quelle delle tecnologie cellulari
precedenti aumentando l’elettrosmog. In realtà, invece, il 5G
rimpiazzerà le reti più datate e in ogni caso i limiti di sicurezza
previsti dalla normativa italiana (6 V/m, volt su metro, ovvero
l’intensità del campo elettrico) sono tra i più sicuri del mondo, in
quanto molto al di sotto della media europea (60 V/m).
Per quanto concerne invece il SAR (Specific Absorption Rate), ovvero
il tasso di assorbimento specifico che misura la quantità di radiazioni
assorbite dal corpo in termini di riscaldamento termico, va
sottolineato il fatto che la UE ha fissato il limite massimo a 2W/kg e che
nessun cellulare produce emissioni che si avvicinano alla soglia di
legge considerata a rischio.
«Milioni di antenne nocive per la salute.» L’unica cosa vera in
questa affermazione è che ci saranno milioni di piccole antenne molto
vicine tra loro, mentre è assolutamente falso che ciò corrisponde a un
maggior danno per la salute.
Inoltre, la maggior parte degli studi scientifici che consentono di
fare ipotesi sui danni alla salute riguarda soprattutto i rischi per le
emissioni dai cellulari e non dalle antenne, che, non essendo
altrettanto vicine alla testa, implicano una minore esposizione.
«Gli esperimenti su topi e ratti dimostrano che le onde
elettromagnetiche e il 5G provocano il cancro.» I detrattori del 5G , per
sostenerne la pericolosità, citano spesso due recenti studi che secondo
gli autori avrebbero evidenziato un’associazione tra l’esposizione alle
onde 2G o 3G e lo sviluppo di formazioni neoplastiche. Tali studi sono
stati svolti rispettivamente dall’US National Toxicology Program e
dall’Istituto Ramazzini di Bologna, ma una volta esaminati bene i loro
risultati, si evince che sono tutt’altro che preoccupanti e che pertanto
le tesi allarmistiche sono sostanzialmente infondate. La
sperimentazione, infatti, è stata condotta solo ed esclusivamente sulle
vecchie tecnologie superate del 2G e 3G , mentre le modalità e i tempi di
esposizione sono molto diversi rispetto a quanto accade
effettivamente nel quotidiano. Il vero intento di questi studi, dunque,
non era valutare i rischi dell’esposizione alle emissioni delle antenne e
dei cellulari nella vita reale, ma di scoprire se esiste la possibilità che
l’esposizione alle radiofrequenze in generale possa produrre degli
effetti cancerogeni.
Lo studio dell’NTP ha esposto l’intero corpo di circa 2500 cavie (topi
e ratti) a livelli di radiazioni elettromagnetiche molto elevati per
simulare gli effetti del cellulare sulle orecchie con modalità estreme.
L’esposizione è stata effettuata per brevi periodi alternati di 10 minuti
su 18 ore (in totale 9 ore al giorno) per 107 settimane (circa 2 anni) che
hanno compreso il periodo che va dal concepimento alla nascita. Tale
tipo di sperimentazione quindi ha molto poco in comune con
l’esposizione ordinaria: il livello di assorbimento a cui sono state
sottoposte le cavie è compreso tra un massimo di 10 W/kg e un
minimo di 1,5 W/kg, mentre il limite di esposizione alla testa
consentito in Europa è di 2 W/kg. Lo stesso NTP ha dichiarato nel suo
studio che i livelli e la durata dell’esposizione sono maggiori rispetto a
quello che gli utenti possono ricevere dai cellulari. Inoltre, tutti i
risultati «allarmanti» (presunto incremento dei tumori al cuore e al
cervello) riguardano i ratti e non i topi, e solo i maschi e non le
femmine. Ciononostante, non ci sono giustificazioni per cui topi
maschi e femmine e ratti femmine non dovrebbero evidenziare effetti
nocivi dall’esposizione continua a radiofrequenze, mentre i ratti
maschi sì. Allo stesso modo, non ci sono motivi per cui gli effetti
nocivi dovrebbero manifestarsi in maniera significativa solo nei nervi,
nel cuore e nel cervello, quando l’irraggiamento è stato esteso a tutti
gli organi e a tutto il sistema nervoso dei ratti maschi.
Il quadro della situazione, insomma, si presenta meno
preoccupante di quello descritto da chi vuole diffondere il panico.
Basti sapere che l’incidenza dei tumori riscontrata è molto bassa e
spesso è compresa nella statistica di quanto avviene normalmente a
questi animali quando non sono esposti alle radiofrequenze. Lo
studio, quindi, non tiene neppure conto del principio clinico «effetto
dose» secondo cui l’associazione tra radiazioni e sviluppo di tumori
dovrebbe essere direttamente proporzionale al livello di esposizione.
La differenza di effetti tra topi esposti e non esposti è fondamentale
per capire se esiste veramente una relazione tra onde
elettromagnetiche e cancro, mentre, stando ai risultati, a volte si sono
registrati più tumori ai livelli di esposizione più bassi e non a quelli
più alti. In altri casi, invece, è stato riscontrato lo stesso numero di
tumori a tutti i livelli, senza che vi siano state variazioni all’aumentare
delle intensità. Risulta poi bizzarro che i ratti maschi esposti a
radiofrequenze a distanza di due anni siano morti in misura inferiore
rispetto a quelli non irraggiati; è come dire che l’esposizione a
radiofrequenze possa allungare la vita.
Quanto evidenziato sino a qui dimostra che lo studio appare
confuso, irrealistico e viziato da incoerenza e che non sono neppure
emerse differenze significative per tumori sugli altri tessuti irraggiati.
Pertanto, la conclusione degli esperti di «Altroconsumo» è che non c’è
alcuna giustificazione per l’allarme scatenato in rete.
La sperimentazione dell’Istituto Ramazzini è stata condotta in
maniera diversa perché, invece di esaminare gli effetti prodotti
dall’esposizione della testa ai cellulari, si è concentrata sugli effetti
delle onde emesse dalle stazioni radio della telefonia mobile. Lo
studio italiano ha irraggiato circa 2500 ratti con livelli dalle 10 alle
1000 volte più bassi di quelli impiegati dall’NTP . Dall’esame dei dati
preliminari già pubblicati risulterebbe un aumento dei tumori
cerebrali (gliomi maligni) insieme a un aumento «statisticamente
significativo» dell’incidenza dei tumori al cuore (schwannomi) nei
ratti maschi.
Tuttavia, tra le righe dello studio si legge che non ci sono aumenti
significativi nell’incidenza di lesioni tumorali o pretumorali del
cervello, un fatto che implica la presenza di un aumento «non
significativo» che rende confusa la lettura dei risultati. Per gli
schwannomi cardiaci, per esempio, il dato significativo è stato
riscontrato, inspiegabilmente, solo nei ratti maschi esposti ai livelli di
radiazione più elevati (1,4 per cento rispetto allo 0 per cento dei ratti
non esposti del gruppo di controllo).

Questo dato risulta significativo perché, nell’arco di due anni, nessuna cavia nel
gruppo di controllo maschile (quello 0 per cento) ha sviluppato quel tipo di
tumore. E questo, in realtà, è strano, perché generalmente ci si attenderebbe che
tra i ratti maschi – anche non irraggiati – si presenti comunque qualche caso. Cosa
che al contrario è avvenuta, come atteso, tra le cavie femmine (per cui infatti non
si riscontrano differenze significative nell’insorgenza di tumori tra le cavie
esposte e quelle non esposte).
In sostanza, il risultato nei maschi è significativo solo perché, casualmente, nel
gruppo di controllo non irraggiato da onde elettromagnetiche non è stato
riscontrato alcun tumore e questo ha in qualche modo sovrastimato i rischi. Tanto
che se si confronta il totale dei tumori cardiaci osservati in generale (sia nei ratti
maschi che femmine, irraggiati alla massima intensità testata), non ci sono
differenze significative rispetto al gruppo di controllo non irraggiato.
Altri elementi contraddittori: alle cavie femmine non irraggiate sono venuti
tanti tumori quanto a quelle irraggiate alla massima frequenza; inoltre, i tumori
cardiaci sono stati più frequenti in corrispondenza di esposizioni di livello più
basso che alle massime esposizioni usate nello studio (dieci volte più alte).
Ci sono delle incoerenze anche tra i due studi: nonostante in quello del
Ramazzini si espongano i ratti a emissioni inferiori, il numero di schwannomi
osservato è molto più alto di quello rilevato nell’NTP , che ha previsto esposizioni
fino a mille volte maggiori.
Tutto – ancora – fa pensare a risultati casuali, difficilmente imputabili a un
reale effetto cancerogeno delle onde elettromagnetiche. 19

La bufala della strage degli alberi


Poiché la tecnologia 5G utilizza delle onde molto più corte rispetto a
quelle dei precedenti sistemi di telefonia mobile, alcune associazioni
di cittadini sostengono che gli alberi più alti sarebbero d’intralcio alla
rete di quinta generazione e che per questo motivo le autorità locali ne
starebbero disponendo l’abbattimento con ogni genere di pretesto.
Tutte le fonti ufficiali, però, hanno categoricamente smentito queste
affermazioni come le ennesime fake news complottiste. Secondo quanto
riportato dal giornale «Open», infatti, la realtà sarebbe ben diversa:

Il 5G implica lunghezze d’onda più corte e maggiori antenne per renderlo


efficiente, ragione per cui il segnale farebbe più fatica a penetrare gli ostacoli,
come edifici e alberi. Questo non significa che raderanno al suolo comuni e
boschi. Esistono anche stratagemmi come il beamforming, 20 il quale permette di
orientare il segnale in maniera ottimale. Il 5G comporterebbe una maggiore cura
nella gestione delle zone verdi in città, non il disboscamento massiccio, che
purtroppo avviene già per altri motivi. C’è anche chi rilancia nei social immagini
decontestualizzate di alberi abbattuti in zone urbane, a causa della rete 5G . 21

Tra dieci anni, il passaggio al 6g e all’ombra digitale


Lo scienziato finlandese Mika Rantakokko, coordinatore della
partnership per la Digital Transition della EU Urban Agenda, sta già
lavorando alla progettazione della rete 6G . Così, mentre il 5G si è
appena affacciato sul mercato mondiale della telefonia mobile,
Rantakokko e i suoi colleghi dell’università di Oulu stanno gestendo
un’alleanza di aziende che ha come obiettivo la creazione della rete di
sesta generazione che tra dieci anni dovrà sostituirlo. I risultati da
raggiungere sono una velocità fino a 1 terabit al secondo (le
connessioni in fibra misto rame oggi diffuse in Italia raggiungono
velocità di 200 megabit al secondo, circa 5000 volte meno rispetto
all’obiettivo del 6G ), una latenza di appena 0,1 millisecondi, fino a 100
device per metro quadrato, un incremento del traffico dati
complessivo di 10.000 volte, un’estrema affidabilità del servizio,
un’efficienza energetica dieci volte superiore e un rilevamento della
posizione con errore massimo di 1 metro in outdoor e di 10 centimetri
indoor. La sfida tecnologica dietro il 6G , quindi, è enorme e, secondo
gli esperti, per ottenere queste prestazioni si dovrà fare massiccio
ricorso all’edge cloud computing, cioè allo sfruttamento dei «margini»
delle reti affinché i carichi di lavoro vengano distribuiti in maniera
efficiente lungo tutti i nodi informatici (qualsiasi dispositivo hardware
del sistema dotato di scheda di rete e in grado di comunicare con gli
altri: un computer, una stampante, un fax, un modem, ecc.). La
distribuzione dei dati dovrà essere gestita con sofisticati algoritmi di
intelligenza artificiale, che sceglieranno in tempo reale dove smistare i
dati per prevenire i colli di bottiglia. Per trasmettere alla velocità di 1
terabit al secondo (l’attuale velocità massima raggiunta è 200 Gb/s),
sarà necessario sfruttare le onde elettromagnetiche con le frequenze
dei terahertz, onde submillimetriche vicine agli infrarossi. 22
Tale nuova tecnologia potrà inoltre essere impiegata anche per una
vasta gamma di applicazioni differenti dalle telecomunicazioni, per
esempio nell’ambito del rilevamento spettroscopico (ispezione non
distruttiva) e dei radar ad alta risoluzione. La rete 6G consentirà di far
ricadere l’intero carico computazionale su un’intelligenza artificiale
paragonabile al cervello umano, e secondo la legge di Moore (per la
quale la capacità computazionale di un microcircuito raddoppia ogni
18 mesi e quadruplica quindi ogni 3 anni) entro il 2036 un computer
con tali capacità potrà essere acquistato per soli 1000 dollari, il prezzo
di un moderno smartphone top di gamma. Come risultato, i robot
diverranno più economici e più intelligenti e potranno sostituire gli
esseri umani in qualsiasi attività complessa. Un semplice drone
wireless, per esempio, sarà in grado di ricevere istruzioni da un’AI
talmente evoluta da poterlo far volare con la perizia del pilota più
esperto, mentre le attività edili potranno essere interamente svolte da
macchine controllate a distanza da una supermente digitale durante
ogni fase della costruzione (dalla progettazione alla messa in opera).
Oltre ad avere una lunga e vasta esperienza nei settori
dell’innovazione, delle imprese, dello sviluppo regionale, della
digitalizzazione e della ricerca su internet, Rantakokko ha lavorato
con la Commissione europea e con diversi player privati. Ciò gli ha
consentito di divenire uno dei membri del gruppo di strategia e policy
per l’innovazione dell’UE (OISPG ) che riunisce gruppi industriali,
università, governi e privati. Al momento è Liaison manager di 6G
Flagship, il primo centro al mondo di ricerca e innovazione sul 6G , e
riguardo alle reti di sesta generazione ha spiegato: «Certo, ci stiamo
già lavorando. Non sappiamo ancora cosa permetteranno con
esattezza, ma è altamente probabile che la latenza sarà pari a zero e
questo vorrà dire avere tutta la potenza di calcolo del cloud e i suoi
immensi archivi letteralmente in tasca. Immaginate cosa significa
poter accedere non a un solo servizio gestito da un’intelligenza
artificiale ma avere la più potente delle AI che monitora secondo dopo
secondo quel che facciamo, consigliandoci e guidandoci». 23
Secondo le concrete previsioni di Rantakokko, dunque, nel 2030
avverrà la fusione definitiva del digitale con il mondo fisico grazie a
una serie di interfacce che permetteranno ai nostri occhi di vedere
degli ologrammi messi al nostro servizio per aiutarci a svolgere
qualsiasi tipo di attività o a trovare le informazioni di cui avremo
bisogno in ogni situazione. Gli smartphone sono insomma destinati a
divenire una tecnologia obsoleta, poiché verranno sostituiti da
un’«ombra digitale» che ci seguirà ovunque e che raccoglierà tutti i
nostri dati interagendo istantaneamente con tutto ciò che ci circonda.
Il 6G , quindi, ci permetterà di stabilire una connessione permanente
con le altre persone e con l’intelligenza artificiale su un piano di realtà
aumentata in cui ogni nostra azione o semplice intenzione (le
interfacce neurali sono già in grado di leggere il pensiero) sarà sempre
connessa con il resto del mondo. Riguardo ai tempi di realizzazione,
Börje Ekholm, dal 2017 CEO di Ericsson, ha dichiarato che
occorreranno circa dieci anni, in accordo a quanto affermato da
Rantakokko, poiché anche il suo team di scienziati è già al lavoro per
lo sviluppo del 6G . 24
II
La posizione contraria della ricerca accademica
indipendente: elettrosmog, un pericolo nascosto e
sottovalutato

Tutte le funzioni biologiche vitali di organi e cellule sono regolate


da delicati processi di natura elettromagnetica
Prima di giungere alla materia specifica del 5G è indispensabile
conoscere gli effetti generali dell’elettrosmog sulla biologia, insieme
ad alcune delle caratteristiche fondamentali che rendono gli esseri
viventi di tutte le specie sensibili ai campi elettromagnetici artificiali.
Ogni cellula di un essere vivente presente in natura, dal più
semplice al più complesso, è regolata da reazioni biochimiche ed
elettriche. Le naturali attività fisiologiche dei vegetali e del mondo
animale sono mediate dai campi fisici, che sono riferibili a solo quattro
tipi di forze fondamentali: gravitazionali, elettromagnetiche, nucleari
forti e nucleari deboli. Se le prime sono responsabili del peso e delle
attività corporee a questo connesse e le ultime due non hanno
manifestazioni visibili nella dinamica dei processi biologici, si può
dire che alle forze elettromagnetiche si deve l’origine di ogni altra
funzione e attività fisiologica. Le interazioni fra le ossa dello scheletro,
l’attività muscolare e quella nervosa, il flusso ematico e dei liquidi
organici in genere, i processi di combustione del metabolismo, le
funzioni ormonali e ogni altra sono tutti di origine elettromagnetica. 1
Per comprendere quanto l’elettromagnetismo sia essenziale per la
vita, basti pensare che i comuni esami diagnostici
dell’elettrocardiogramma e dell’elettroencefalogramma misurano lo
stato di salute di organi primari come il cuore e il cervello proprio
analizzandone l’attività elettrica.
Ogni attività dell’organismo umano, infatti, è regolata da complessi
e delicati processi bioelettrici che si manifestano con diverse gamme di
frequenza a potenze così basse che spesso vengono ampiamente
superate dai valori dell’elettrosmog presente nell’ambiente.
La genesi dei fenomeni elettrici a livello tessutale è da ricercarsi
nell’attività della membrana cellulare, che allo stato di riposo presenta
una differenza di potenziale elettrico tra la sua superficie interna
(caricata negativamente) e quella esterna (caricata positivamente),
definito come potenziale di membrana a riposo o potenziale di riposo
(l’entità varia, a seconda dei tessuti, su valori elettrici molto deboli
compresi tra –25 e –90 mV). Nelle cellule muscolari e nervose (cellule
eccitabili per eccellenza) è sufficiente l’applicazione di piccoli stimoli
elettrici per determinare immediatamente un repentino e
momentaneo sconvolgimento del potenziale di riposo. In estrema
sintesi, ogni scambio di informazioni a livello organico e cellulare
indispensabile alla vita e alla salute avviene attraverso impulsi,
frequenze e potenziali elettrici. Persino i famigerati radicali liberi,
responsabili dell’invecchiamento e dei danni cellulari, non sono altro
che molecole caratterizzate da uno squilibrio elettrico che per
ritornare allo stato di equilibrio sottraggono ad altri atomi vicini
l’elettrone necessario per pareggiare la propria carica
elettromagnetica. Tale meccanismo dà origine a ulteriori nuove
molecole instabili (ossidanti), innescando una reazione a catena che, se
non mantenuta entro valori «fisiologici», può danneggiare le cellule
fino a provocarne la morte.
La parte dell’organismo specializzata nella
trasmissione/elaborazione dei segnali elettrici (sistema nervoso e
neuroni) è anche quella più sensibile all’influenza dei campi
elettromagnetici. Di conseguenza molti ricercatori accademici hanno
scoperto e dimostrato come le radiofrequenze non ionizzanti utilizzate
per la telefonia mobile (definite innocue in quanto a bassa potenza)
siano potenzialmente in grado di interferire, anche gravemente, con il
normale equilibrio elettrico necessario al buon funzionamento
dell’attività biologica degli esseri viventi.
Attualmente, inoltre, non siamo esposti solo alle onde radio ma
anche ad altre frequenze provenienti da una varietà di fonti,
principalmente da dispositivi di comunicazione e sicurezza.
Considerando quindi che quasi tutti i sistemi viventi interagiscono
con i campi elettromagnetici, comprenderne gli effetti è essenziale per
la sicurezza del progresso tecnologico.

Onde sempre più corte ma con maggiore energia


I campi elettromagnetici utilizzati per la telefonia mobile e la
radiotelevisione si propagano nello spazio sotto forma di onde che
sono caratterizzate da tre diversi parametri fisici: ampiezza,
lunghezza e frequenza. Quest’ultima è strettamente connessa alla
lunghezza d’onda e all’energia da essa trasportata: più alta è la
frequenza e tanto più è corta la lunghezza d’onda ed elevata l’energia
associata. 2
Ciò significa che per poter ricetrasmettere una quantità di dati
sempre maggiore occorre modulare la banda radio su frequenze
sempre più alte e con onde sempre più corte. Per questo motivo i
vecchi telefoni cellulari operavano nella frequenza dei MH z
(megahertz) mentre il 5G usa quella dei GH z (gigahertz) e il 6G passerà
ai TH z (terahertz).
Quando un’onda elettromagnetica incontra un ostacolo cede a esso
parte della sua energia, determinando così una serie di effetti che
dipendono dalla frequenza della radiazione e dalla natura
dell’ostacolo stesso. La tipologia di onde utilizzate dalla rete wireless
appartiene alle radiazioni non ionizzanti, che comprendono le
radiazioni ultraviolette (UV ), la luce visibile, le radiazioni infrarosse
(IR ), le radiofrequenze (RF ) e i campi elettrici e magnetici a frequenze
estremamente basse (ELF , dall’inglese Extremely Low Frequency).
Nella tabella sono indicate le frequenze delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti insieme alla loro
lunghezza d’onda.

Anche le radiazioni non ionizzanti producono effetti biologici non


termici. Gli studi dell’Istituto Ramazzini e del National Toxicology
Program su RF 2 e 3G
Il telefono cellulare è ormai divenuto parte integrante della vita
quotidiana per la stragrande maggioranza della popolazione
mondiale. Ciò significa che da circa trent’anni l’uomo è esposto alle
radiazioni non ionizzanti della telefonia mobile dal concepimento fino
alla morte e con un’intensità in costante aumento. Di conseguenza, è
già molto tempo che gli scienziati stanno studiando i rischi per la
salute legati all’uso dei telefoni cellulari e all’esposizione ai campi
elettromagnetici generati dalle antenne delle stazioni radio. Gli effetti
maggiormente noti sono quelli termici (gli unici regolamentati)
prodotti dal riscaldamento dei tessuti, ma la scienza medica ha
evidenziato anche l’esistenza di un altro tipo di effetti biologici non
termici (indipendenti dal riscaldamento dei tessuti) che possono
essere causa di gravi patologie come il cancro. 3
Una ricerca americana condotta dal National Toxicology Program
(NTP ) su 720 ratti Sprague-Dawley ha dimostrato per esempio che due
anni di esposizioni alle radiazioni non ionizzanti emesse dai cellulari
di vecchia generazione (2G e 3G ), in dosi maggiori a quelle consentite
dalla normativa USA , danneggiano il DNA nei ratti di entrambi i sessi e
aumentano il rischio di cancro al cuore e al cervello (solo nei ratti
maschi). 4 Analoghi risultati sono stati ottenuti dall’Istituto Ramazzini
di Bologna (un’autorità di livello mondiale nel campo della ricerca
tossicologica indipendente) attraverso una sperimentazione su 2448
ratti Sprague-Dawley, pur con un’esposizione a una potenza
elettromagnetica molto inferiore (un campo elettrico di intensità fino a
50 V/m e tassi di assorbimento pari a 1/15 e a 1/1000 di quello
utilizzato dall’NTP 5) ai limiti massimi consentiti negli Stati Uniti. 6 I
due studi si sono concentrati su due diverse fonti di radiazioni: il
Ramazzini ha studiato gli effetti dell’esposizione a un’antenna (campo
lontano) mentre l’NTP si è occupato delle radiazioni emesse
direttamente sulla testa dai telefoni portatili (campo vicino).
L’NTP ha impiegato una banda di frequenza tra 1,9 GH z e 900 MH z,
che è stata irradiata sui ratti a intervalli alternati di 10 minuti per 9 ore
al giorno, e ha usato il W/kg (numero di watt assorbiti per
chilogrammo di massa corporea) come unità di misura. Il Ramazzini,
invece, ha scelto di utilizzare la banda di frequenza di 1,8 GH z, con
un’esposizione continua di 19 ore al giorno, e il V/m (volt su metro,
ovvero l’intensità del campo elettrico) come unità di misura. Le loro
conclusioni, seppur con alcune lievi differenze (attribuibili ai diversi
metodi di sperimentazione e allo studio italiano ancora non
interamente completato 7), risultano coincidenti: 8 in entrambi i casi,
infatti, l’esposizione ha determinato un aumento del rischio
d’incidenza di gliomi nel cervello e di schwannomi maligni, un tipo di
tumori estremamente rari delle cellule nervose del cuore (dette di
Schwann).
La pubblicazione di questi risultati non è stata comunque presa in
considerazione dalla Food & Drug Administration (l’ente di controllo
americano), che ha ribadito di non essere a conoscenza di alcun dato
scientifico in grado di richiedere una revisione dei limiti di legge
attualmente in vigore.
La sperimentazione italiana del Ramazzini ha permesso di
osservare un aumento significativo degli schwannomi maligni nel
cuore di ratti di età equivalente a quella di un uomo con più di 65 anni
(il breve ciclo vitale delle cavie animali utilizzate consente di avere
una previsione sugli effetti a lungo termine sull’uomo). Entrambe le
équipe di ricercatori hanno scelto il ratto Sprague-Dawley poiché si
tratta di uno dei migliori modelli animali attualmente noti su cui
studiare le malattie umane: oltre a possedere un’organizzazione del
DNA e un’espressione genica simili all’uomo (uomo e ratto
condividono il 98 per cento dei geni), sviluppa le stesse patologie (per
esempio diabete, cancro, ecc.).
Il dottor Andrea Vornoli, dell’équipe di ricerca diretta dalla
dottoressa Fiorella Belpoggi, ha espresso preoccupazione per i risultati
ottenuti, soprattutto riguardo all’imminente arrivo della rete di quinta
generazione: «Se si tiene conto che il 5G richiederà milioni di stazioni
radio base, 20 mila satelliti e 200 miliardi di trasmittenti, significa che
saremo costantemente sotto l’influenza di campi elettromagnetici». Il
5G , però, utilizza onde ad alta frequenza che possiedono una minore
capacità di penetrazione nel corpo umano e che per questo motivo
sono considerate innocue o, perlomeno, meno nocive delle frequenze
usate dalla telefonia mobile precedente. Secondo Vornoli, invece, non
basta che le onde abbiano scarsa penetrazione per essere sicure: «Gli
basta colpire il sistema elettrico-nervoso e vascolare superficiale per
arrecare potenziali danni alla salute. Specie se ciò avviene 24 ore su
24». 9

Il grafico evidenzia come l’insorgenza dei tumori maligni nell’uomo aumenti dopo i 65 anni di età, che
nel ratto equivalgono a 104 settimane.

Parte dei risultati dello studio preliminare del Ramazzini è già stata
pubblicata su diverse riviste scientifiche come «Environmental
Research», ma il rapporto completo diverrà di dominio pubblico solo
tra marzo e aprile 2020. L’atteso dossier finale comprenderà i risultati
delle analisi su tutti gli altri organi e tessuti degli animali sottoposti
all’esperimento, dal microbioma intestinale fino agli organi
riproduttivi.
Quanto già emerso dal rapporto preliminare dell’Istituto Ramazzini
è comunque già di per sé sufficiente per confermare e rafforzare i
risultati del National Toxicology Program americano, perché
l’aumento osservato dello stesso tipo di tumori rari in ratti dello stesso
ceppo situati a migliaia di chilometri di distanza gli uni dagli altri non
può essere dovuto al caso. Sulla base di questi risultati comuni, infatti,
gli autori di entrambi gli studi ritengono che l’aumento dell’incidenza
del cancro nei ratti dovuto all’esposizione alle RF sia ormai un fatto
dimostrato e riproducibile in laboratorio. Gli scienziati del Ramazzini
chiedono quindi che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro
riveda la classificazione delle radiofrequenze, finora ritenute «possibili
cancerogeni», per definirle «probabili cancerogeni». 10
Questi studi, condotti separatamente e con il massimo rigore
scientifico da enti accademici indipendenti che godono di grande
autorevolezza a livello internazionale, sono stati aspramente criticati
dai media e dalle associazioni di consumatori vicine all’industria che li
hanno definiti irrealistici, incoerenti, contraddittori e dai risultati
casuali, difficilmente imputabili a un effetto cancerogeno delle onde
elettromagnetiche. Irrealistici perché nello studio americano dell’NTP
le cavie sono state irradiate con RF 2 e 3G a potenze fino a 5 volte
maggiori rispetto al massimo consentito dalla legge; incoerenti perché
gli effetti biologici sono risultati diversi a seconda del sesso dei ratti;
contraddittori perché l’aumento dei tumori non era direttamente
proporzionale all’aumento della potenza delle RF ; e infine con risultati
non imputabili a effetti cancerogeni delle onde elettromagnetiche
perché, per i motivi già esposti, le conclusioni degli studiosi si
sarebbero basate su dati casuali.
Alcuni scienziati hanno obiettato anche che il numero dei ratti che
hanno contratto il cancro durante la sperimentazione era molto esiguo
(l’1,4 per cento) e statisticamente irrilevante, ma ciò non è esatto
perché la normale incidenza degli schwannomi maligni nei ratti
maschi è estremamente rara (di appena lo 0,6 per cento, ovvero meno
della metà di quella rilevata nella sperimentazione) e la loro comparsa
in entrambi gli studi con un indice statistico più che doppio rispetto a
quello ordinario è la «firma» (il cosiddetto «tumore sentinella») di un
anomalo aumento dovuto proprio all’esposizione alle RF . 11
Per quanto concerne invece le contestazioni di incoerenza rivolte ai
diversi risultati ottenuti in rapporto al genere maschile e femminile
dei ratti, va detto che la ricerca medica ha scoperto da tempo che
l’incidenza del cancro, come altri effetti biologici, differisce spesso
proprio in rapporto al genere. Tale fenomeno è ben noto negli studi
sulla cancerogenesi (per esempio sul tumore allo stomaco, su quello
all’intestino e su molti altri diversi tipi) 12 e pertanto questo tipo di
obiezione negli articoli giornalistici non solo è assolutamente
infondata ma anche particolarmente insidiosa e ingannevole, visto che
è diretta a un pubblico privo delle necessarie competenze, a cui invece
può apparire perfettamente logica e sensata.
Per ulteriori approfondimenti, ho chiesto alla dottoressa Fiorella
Belpoggi (direttore della ricerca dell’Istituto Ramazzini) di esporre
sinteticamente la sua opinione riguardo a tutte le diverse
contestazioni, e la sua risposta non si è fatta attendere:

Venendo alle critiche dell’industria, che non si limitano solo alle differenze di
genere ma anche ad altri particolari che da un punto di vista biologico rafforzano
lo studio del Ramazzini piuttosto che indebolirlo come taluni sostengono,
confermo quanto espresso dalla collega Patrizia Gentilini: tutte le patologie
degenerative di origine ambientale non seguono la vecchia convinzione secondo
cui è la dose che fa il veleno, e oltre alla durata esistono differenze nella risposta
dovute al genere o all’età in cui si viene esposti. Sono le cosiddette curve di
risposta alla tossicità «a forma di U», che dipendono dalla suscettibilità genetica e
in particolare a effetti di interferenza endocrina. Questi effetti U-shaped o di
genere sono ben conosciuti in tossicologia, tant’è che l’Unione europea sta
modificando le linee guida e le valutazioni proprio per le nuove conoscenze
acquisite in materia. Posso aggiungere che i risultati del nostro studio hanno
messo in evidenza un aumento di tumori del cervello e delle cellule di Schwann
in tutti i gruppi trattati, anche se solo nei maschi i tumori delle cellule di Schwann
sono risultati statisticamente significativi. Dato il numero enorme di individui
esposti alle radiofrequenze, anche se il pericolo è risultato di bassa entità,
potrebbe coinvolgere milioni di persone, soprattutto tenendo conto del fatto che
l’esposizione avverrà e avviene fin dal concepimento e fino alla morte. Per quanto
riguarda poi il 5G , non esistono dati adeguati e specifici per le frequenze che
verranno utilizzate, e quindi scienziati di tutto il mondo, anche per il pericolo già
stabilito per frequenze più basse come nel nostro studio, richiedono di non
diffondere questa nuova tecnologia fino a che non si acquisiscano dati
indipendenti sui loro possibili potenziali di pericolo. 13

Le due ricerche indipendenti di Italia e Stati Uniti sono quindi di


straordinaria importanza poiché, oltre ad avere confermato l’effetto
cancerogeno delle RF a diversi livelli di esposizione (sia superiori sia
inferiori ai limiti di legge) nel più accreditato modello animale
equivalente all’uomo, hanno nuovamente infranto il «tabù» secondo il
quale le radiazioni non ionizzanti non disporrebbero di abbastanza
energia per danneggiare il DNA .
La dottoressa Fabiana Manservisi, coautrice dello studio
Ramazzini, ha spiegato inoltre che le RF non ionizzanti possono
provocare anche molte altre patologie diverse dal cancro e che le linee
guida internazionali sulla sperimentazione tossicologica in vivo
relativa agli studi sulle neoplasie andrebbero corrette:

L’incidenza massima dei tumori nell’uomo si manifesta a partire dai 65 anni di


età (che nel ratto Sprague-Dawley corrisponde a 104 settimane), mentre le linee
guida prevedono che le ricerche sul modello animale debbano terminare tutte
dopo 104 settimane di trattamento. Sacrificare le cavie dopo poco più di due anni
comporta la perdita dello studio sui tumori che dopo tale età insorgerebbero
naturalmente anche nel ratto. Di conseguenza, lo studio del Ramazzini è stato
invece impostato proprio per verificare tutti gli effetti prodotti dalle RF durante
l’intero ciclo vitale dei ratti e lasciarli morire in modo spontaneo per cause
naturali, in modo da ottenere una previsione completa degli effetti
dell’esposizione a lungo termine sull’uomo. Tale sperimentazione è stata svolta
su un vasto numero di cavie per conseguire la massima rilevanza statistica
possibile, e diversamente da quanto previsto dalle linee guida (inizio del
trattamento solo in età adulta) l’esposizione alle RF è iniziata durante il periodo di
gestazione prenatale (la stessa scelta di inizio trattamento è stata effettuata
dall’NTP , che tuttavia ha deciso di uccidere tutte le cavie alla 106 a settimana). Il
prolungamento della sperimentazione è stato necessario per simulare quanto
avviene realmente negli esseri umani che ormai sono esposti alle RF emesse delle
radiostazioni sin dal loro concepimento. 14
Naturalmente la prudenza è d’obbligo. «I risultati di una ricerca sui
ratti non significano per forza che quanto è vero per quell’animale lo
sia anche per gli esseri umani» ha spiegato il dottor Marco Corsi,
quarant’anni di ricerca e sperimentazione clinica nell’azienda
farmaceutica Sigma Tau, «ma è un segnale importante, un campanello
d’allarme che invita a proseguire le ricerche sull’uomo.» 15
Anche il dottor Morando Soffritti, presidente onorario della
Fondazione europea di oncologia e scienze ambientali dell’Istituto
Ramazzini, dopo avere studiato gli effetti biologici a lungo termine
delle radiofrequenze ha posto l’attenzione sulla sottovalutazione dei
rischi dovuti a un uso eccessivo e continuativo della telefonia mobile:

La gente crede che l’effetto del telefonino sia solo l’aumento della temperatura al
livello della testa, e quindi prevale la telefonata. Ciò a cui ancora non pensa è
quello che può provocare l’utilizzo del telefonino cellulare per una, due o quattro
ore durante la giornata a distanza di dieci, venti o trent’anni. Le stesse aziende
costruttrici si tutelano da eventuali richieste risarcitorie consigliando agli
utilizzatori dei loro apparecchi di tenerli a qualche centimetro di distanza
dall’orecchio proprio per ridurre l’assorbimento delle onde elettromagnetiche. Gli
effetti termici, invece, si notano quasi subito, dopo circa cinque minuti al telefono
la parte del viso a contatto con il dispositivo inizia a riscaldarsi. Trascorsi venti
minuti, il riscaldamento corporeo è evidentissimo sia a livello sensoriale cutaneo
che all’esame di una telecamera a infrarossi. 16

Centinaia di scienziati di tutto il mondo sono in allarme


I grandi media gettano acqua sul fuoco, sostenendo che non c’è nulla
di cui preoccuparsi, ma i timori per i pericoli dell’elettrosmog non
sono affatto irrazionali o dettati dall’ignoranza come affermato dai
portavoce dell’industria. L’Organizzazione mondiale della sanità,
infatti, ha definito l’inquinamento elettromagnetico da radiazioni non
ionizzanti (ovvero non in grado di produrre direttamente danni al
DNA mediante la separazione dei legami biochimici) una tra le quattro
principali problematiche per l’uomo del Duemila, 17 mentre l’Istituto
superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA ) ha ammesso
ufficialmente i rischi biologici connessi alla loro esposizione: «Le
radiazioni non ionizzanti (NIR ) sono forme di radiazioni
elettromagnetiche (o campi elettromagnetici) che possiedono l’energia
sufficiente a provocare modifiche termiche, meccaniche e bioelettriche
(effetti biologici) nella materia costituente gli organismi viventi. Tali
effetti, se non compensati dall’organismo umano, possono dar luogo a
un vero e proprio danno per la salute (effetto sanitario)». 18
Nel 2015, 215 scienziati di 40 paesi diversi hanno lanciato l’allarme
elettrosmog alle Nazioni Unite e all’Organizzazione mondiale della
sanità, 19 affermando che i campi elettromagnetici colpiscono gli
organismi viventi anche a livelli molto inferiori a quanto previsto dai
limiti di sicurezza della maggior parte delle linee guida internazionali
e nazionali. Questi scienziati hanno dichiarato inoltre che le loro
affermazioni sono sostenute da migliaia di studi scientifici sottoposti a
peer review (con il massimo standard qualitativo possibile) che hanno
già evidenziato danni alla salute umana derivanti dalle radiazioni a
RF . 20
Parallelamente all’incremento dell’elettrosmog e alla diffusione dei
telefoni cellulari, si è verificato anche un drammatico declino della
fertilità che ormai riguarda un italiano su quattro. 21 Tra le principali
cause si possono annoverare diversi fattori, come i pesticidi contenuti
negli alimenti, 22 ma anche un’eccessiva esposizione alle
radiofrequenze. Il fatto più allarmante è che effetti biologici
indipendenti da quelli termici si possono manifestare anche in
presenza di un’esposizione ai campi elettromagnetici nei limiti
consentiti dalla legge. Oltre all’infertilità, 23 questi comprendono danni
alla barriera ematoencefalica (con un aumento del rischio di malattie
neurodegenerative), disturbi neurocomportamentali, 24 danni diretti
alle cellule neuronali, 25 aumento dello stress ossidativo, 26 rischio di
malattie neurodegenerative, 27 danni al DNA , 28 alterazione del ritmo
cardiaco, 29 danni al feto e alterazioni del neurosviluppo. 30

Fiumi di studi «invisibili» ai media e alle istituzioni


– L’esposizione a microonde a frequenze di 900 MHz/2,45 GH z con valori di SAR molto
bassi (tra 0,0005953 e 0,0006672 W/kg) ha condotto nei ratti Fischer a un declino
della funzione cognitiva, all’aumento del livello di HSP70 (Heat Shock Protein 70
kilodalton) e al danneggiamento del DNA nel cervello. I ricercatori concludono che
l’esposizione a microonde con frequenze di 900 MH z, 1,8/2,45 GH z, anche di bassa
intensità, può portare a pericolosi effetti sul cervello. 31
– Una metanalisi (esame complessivo dei risultati di molte ricerche) sulla relazione tra
l’uso del telefono cellulare e lo sviluppo del cancro al cervello ha concluso: «I risultati
indicano che l’utilizzo di un telefono cellulare per più di 10 anni raddoppia il rischio
di diagnosi di tumore al cervello sullo stesso lato (“ipsilaterale”) della testa preferito
per l’uso». 32
– La membrana plasmatica (uno degli elementi fondamentali di tutte le cellule, il cui
corretto funzionamento è indispensabile per l’espressione genica) è stata identificata
come bersaglio delle onde elettromagnetiche a radiofrequenza, e l’uso continuativo
del telefono cellulare provoca un eccesso di radicali liberi che possono creare
disturbi nel metabolismo. 33
– L’esposizione ai cellulari è potenzialmente genotossica e provoca effetti avversi
localizzati e generali sul sistema cardiovascolare, sul sonno e sulla funzione
cognitiva, sulle secrezioni neuro-ormonali, e l’induzione tumorale. 34
– Dall’esame di 101 studi sono emerse numerose evidenze che le radiofrequenze e i
campi elettromagnetici possono alterare in diversi modi il materiale genetico delle
cellule esposte in vivo o in vitro. Svolgono un’azione genotossica mediata da effetti
microtermici nelle strutture cellulari, promuovono la formazione di radicali liberi e
interferiscono con i meccanismi di riparazione del DNA . 35
– Una significativa esposizione professionale a ELF (Extremely Low Frequency) e campi
magnetici a lungo termine può certamente aumentare il rischio di morbo di
Alzheimer e di cancro al seno. Si conclude che è importante mitigare l’esposizione a
ELF e RF . 36
– I risultati delle ricerche degli ultimi anni hanno evidenziato potenziali rischi per la
salute umana derivanti dall’esposizione a lungo termine a microonde a basso livello
energetico. L’analisi dei cambiamenti metabolici nelle cellule viventi esposte alle
microonde dei sistemi di comunicazione mobile indica che si tratta di un fattore
stressante per le cellule. Tra gli effetti riproducibili delle radiazioni a microonde di
basso livello vi sono la sovraespressione delle proteine da shock termico, un
aumento del livello di specie reattive dell’ossigeno, un aumento del Ca 2+
intracellulare, 37 il danneggiamento del DNA , l’inibizione della riparazione del DNA e
l’induzione dell’apoptosi (morte cellulare). Le chinasi regolate dal segnale
extracellulare ERK (acronimo di Extracellular Signal-Regulated Kinase) e le chinasi
correlate allo stress p38 MAPK (Mitogen-Activated Protein Kinases) 38 sono coinvolte
nei cambiamenti metabolici. L’analisi dei dati attuali suggerisce che il concetto di
meccanismo esclusivamente termico degli effetti biologici delle microonde non è
corretto. A sua volta, ciò solleva la questione della necessità di rivalutare i moderni
standard elettromagnetici basati solo sugli effetti termici delle radiazioni non
ionizzanti. 39
– I dati epidemiologici rivelano un aumento significativo del rischio di sviluppo di
alcuni tumori specifici negli utenti cronici (oltre 10 anni) di dispositivi telefonici
mobili. In particolare si parla di tumori cerebrali (glioma, neurinoma acustico,
meningioma), tumore della ghiandola parotide, seminoma, specialmente nei casi di
uso ipsilaterale. 40
– Ci sono forti prove di un’associazione tra leucemia ed esposizione cronica
residenziale o professionale a campi elettromagnetici ELF . Si conclude che le norme
esistenti non sono sufficientemente rigorose per proteggere da un aumento del
rischio di cancro. 41
– Le membrane cellulari costituiscono la parte dei tessuti che per prima subisce le
interazioni con i campi elettromagnetici a bassa frequenza e i campi modulati a
radiofrequenza/microonde. 42
– Dalle ricerche epidemiologiche è emerso che le radiazioni elettromagnetiche pulsate
emesse dai telefoni cellulari e dai telefoni digitali senza fili DECT (Digital Enhanced
Cordless Telecommunication) destinati all’uso domestico, oltre a poter essere causa
di cancro, incidono sulla funzione cognitiva, sulla variabilità della frequenza cardiaca,
sulla riproduzione umana, sul sistema nervoso autonomo, sulla barriera emato-
encefalica. 43
– Diversi studi riportano un aumento della prevalenza di sintomi
neurocomportamentali avversi e una maggiore incidenza di cancro nelle popolazioni
che vivono a distanze inferiori a 500 metri dalle stazioni base dei cellulari. Nessuno
degli studi esaminati riportava un’esposizione sopra le linee guida internazionali,
dimostrando che quelle attuali sono inadeguate nel proteggere la salute umana. 44
– Relazioni e studi epidemiologici hanno associato mal di testa, eruzioni cutanee,
disturbi del sonno, depressione, diminuzione della libido, aumento dei tassi di
suicidio, problemi di concentrazione, vertigini, cambiamenti di memoria, aumento
del rischio di cancro, tremori e altri effetti neurofisiologici alle popolazioni che
vivono in prossimità delle stazioni base. Sono anche riportati effetti sul sistema
cardiaco. 45
– Gli studi rivelano che l’esposizione a telefoni cellulari, forni a microonde, laptop o Wi-
Fi produce effetti deleteri sui testicoli, che possono influenzare il numero di
spermatozoi insieme alla loro morfologia e alla loro motilità; possono inoltre
aumentare il danno al DNA , inducendo la formazione di micronuclei e l’instabilità
genomica, nonché interruzioni delle proteine chinasi, degli ormoni e degli enzimi
antiossidanti. È stato riscontrato che tali effetti sono responsabili dell’infertilità a
causa di una produzione eccessiva di ROS (radicali liberi) nelle cellule esposte. Gli
studi suggeriscono che le anomalie riportate a causa dell’esposizione alle
radiofrequenze delle onde elettromagnetiche (RF-EMF ) dipendono da parametri fisici
come la durata dell’esposizione, la distanza dalla fonte di radiazione, la densità di
potenza e la profondità della penetrazione. Inoltre sono disponibili ricerche molto
limitate sulle misure di protezione, che in realtà aggravano il problema poiché
l’inquinamento da elettrosmog è in costante aumento ed è lecito attendersi ancora
più problemi di salute, tra cui un aumento dei tassi di infertilità maschile, a causa di
questo tipo di radiazioni. D’altra parte dovrebbero essere chiariti i possibili effetti
protettivi di vari antiossidanti. Tuttavia, ciò affronterebbe il problema solo a livello
sintomatico. 46
– Un anno di funzionamento di una potente stazione trasmittente di base per
dispositivi mobili può portare a un drammatico aumento dell’incidenza del cancro
tra la popolazione vivente nelle vicinanze. Nella sperimentazione sui ratti si è
verificato un significativo aumento della carcinogenesi dopo 17-24 mesi di
esposizione alle microonde sia in esemplari con tumore che in animali sani. Si ritiene
evidente che le valutazioni degli effetti biologici delle radiazioni non ionizzanti
basate sull’approccio fisico (termico) utilizzato nelle raccomandazioni degli attuali
organismi di regolamentazione, tra cui le linee guida della Commissione
internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP ), richiede
urgente revisione. 47
– L’esposizione umana a un numero sempre crescente e diversificato di fonti di campi
elettromagnetici (EMF ), sia al lavoro che a casa, è diventata un problema di salute
pubblica. Studi in vivo e in vitro hanno rivelato che l’esposizione a campi
elettromagnetici può alterare l’omeostasi cellulare, le funzioni endocrine e
riproduttive, e lo sviluppo fetale nei sistemi animali. I parametri riproduttivi segnalati
come alterati da esposizione a campi elettromagnetici includono la morte delle
cellule germinali maschili, l’alterazione del ciclo estrale, degli ormoni endocrini
riproduttivi, del peso dell’organo riproduttivo, della motilità degli spermatozoi, il
precoce sviluppo embrionale e il successo della gravidanza. L’effetto dell’esposizione
a campi elettromagnetici a livello riproduttivo differisce in base alla frequenza e al
tipo di onda, alla forza (energia) e alla durata dell’esposizione. 48
– I risultati di studi su ratti, topi e conigli hanno dimostrato che le onde
elettromagnetiche a radiofrequenza (RF-EMR ) riducono il numero di spermatozoi e la
loro motilità mentre aumentano lo stress ossidativo. Hanno inoltre evidenziato che
gli spermatozoi umani esposti a RF-EMR mostrano anomalie morfometriche.
L’intensità di queste anomalie sembra direttamente correlata alla durata dell’uso del
telefono cellulare. 49
– Gli effetti biologici dell’esposizione ai campi elettromagnetici e alle radiofrequenze si
verificano a livelli molto bassi. Tali effetti possono verificarsi nei primi minuti a livelli
associati all’uso di telefoni cellulari e cordless, ma anche a partire da pochi minuti di
esposizione a ripetitori per telefoni cellulari (torri cellulari) e Wi-Fi. Le esposizioni
croniche al livello di stazione base possono causare malattie, interferiscono con i
normali processi corporei (distruggono l’omeostasi), impediscono al corpo di
riparare il DNA danneggiato, producono squilibri del sistema immunitario,
interruzione metabolica e minore capacità di recupero dalle malattie su più percorsi.
Si riportano effetti biologici nell’intervallo da 0,003 a 0,05 μW/cm 2. I ricercatori
segnalano mal di testa, problemi del sonno, difficoltà di concentrazione e
cambiamenti comportamentali nei bambini, negli adolescenti e negli adulti. Gli
spermatozoi umani vengono danneggiati dalle radiazioni dei telefoni cellulari a
intensità molto basse di appena qualche microwatt/nanowatt per cm 2 (0,00034-0,07
μW/cm 2). Gli standard di sicurezza pubblica sono da mille a diecimila volte superiori
ai livelli che causano gli effetti riportati negli studi sulle stazioni di base dei telefoni
cellulari. L’esame dello sperma umano mostra danni genetici (al DNA ) da telefoni
cellulari anche in modalità standby o in seguito all’utilizzo di laptop wireless. La
conseguenza è una riduzione della fertilità maschile, perché lo sperma non è in
grado di riparare il danno al DNA . 50
– Lo scienziato americano George L. Carlo, alla guida dell’Health Risk Management
Group, ha pubblicato i risultati allarmanti di uno studio sull’elettrosmog durato tre
anni e costato più di 27 milioni di dollari. Tale ricerca ha rivelato che il telefono
cellulare può provocare tumori al cervello e danneggiare le funzioni di rigenerazione
del sangue (in particolar modo nei bambini e nelle donne incinte). 51
– I ratti esposti alle radiofrequenze dei cellulari per due ore al giorno per 45 giorni
hanno mostrato una significativa riduzione dei livelli di testosterone e una maggiore
attività della proteina caspasi-3. Le osservazioni al microscopio elettronico hanno
anche rivelato delle anomalie nella testa degli spermatozoi, nel corpo centrale e
nella guaina mitocondriale spermatica. Lo studio ha evidenziato inoltre una
riduzione delle dimensioni dei cuccioli e del peso della discendenza derivante da
ratti maschi esposti a RF accoppiati con femmine non esposte. 52
– L’esposizione all’elettrosmog causata dalla tecnologia elettrica, elettronica e delle
telecomunicazioni wireless sta accelerando al punto che una parte significativa della
popolazione ha iniziato a manifestare reazioni avverse. I sintomi
dell’elettroipersensibilità (EHS ), meglio descritti come sindrome del rapido
invecchiamento, vissuti da adulti e bambini assomigliano a quelli sperimentati dagli
operatori radar esposti alle microonde negli anni Quaranta e Sessanta e ben descritti
nella letteratura medico-scientifica. Effetti sempre più comuni consistono nel
raggruppamento (formazione di rouleaux) dei globuli rossi, palpitazioni cardiache,
dolore o pressione al torace, accompagnati da ansia e da una sovraregolazione del
sistema nervoso simpatico coincidente con una sottoregolazione del sistema
nervoso parasimpatico tipico della risposta di «attacco o fuga». Gli studi dimostrano
che la risposta all’elettrosmog è fisiologica e non psicosomatica. 53 Ovviamente, è
vero che i malati di EHS prolungata e grave possono sviluppare anche dei problemi
psicologici, ma ciò avviene proprio a causa della loro incapacità di lavorare, della
limitata possibilità di viaggiare nel nostro ambiente altamente tecnologico e delle
insinuazioni secondo cui sarebbero solo dei malati immaginari. 54

Ingrandimento di globuli rossi sani e di globuli rossi alterati e aggregati in rouleaux


(Beverly Rubik, Human short-term exposure to cell phone radiation causes changes in
blood cell morphology, conference paper, gennaio 2015).

– Studi condotti sui ratti Wistar hanno dimostrato che la loro esposizione a frequenze
GSM di 0,9 e 1,8 GH z per una sola ora al giorno per 30 giorni riduce la media degli
spermatozoi mobili del 40 per cento. Inoltre, l’epididimo e i testicoli delle cavie
hanno mostrato un marcato aumento della perossidazione lipidica (un processo di
ossidazione che può causare danni al DNA ) e una significativa riduzione del
contenuto del glutatione (un enzima antiossidante). 55
– Nel 2013 uno studio sugli esseri umani ha concluso che gli effetti biologici prodotti
dalle RF dei cellulari sono dimostrati da prove evidenti e che esiste un ragionevole
sospetto di connessione tra le esposizioni prolungate e lo sviluppo di molteplici
patologie: leucemie infantili, tumori cerebrali, effetti genotossici, effetti neurologici,
malattie neurodegenerative, degenerazione del sistema immunitario, risposte
allergiche o infiammatorie, infertilità e alcuni effetti cardiovascolari. 56
– Le RF del telefono cellulare riescono a penetrare fino a metà della testa degli adulti,
oltre la metà nei bambini di 10 anni e in quasi tutta la massa cerebrale nei bambini
di 5 anni (il loro tasso di assorbimento è pressoché doppio). 57

Sentenze storiche
In tutto il mondo, e anche in Italia, la magistratura è stata spesso
chiamata a dirimere importanti questioni di salute legate alla
prevenzione pubblica e al risarcimento dei danni da elettrosmog
(antenne o cellulari) dei dipendenti che hanno sviluppato patologie
come il cancro per ragioni lavorative. Innocente Marcolini, per
esempio, era un manager di una multinazionale e per circa undici anni
ha trascorso 5-6 ore al giorno al telefono per via della sua professione.
Quando ha sviluppato un tumore al nervo trigemino, ha fatto causa
alla sua azienda. La Corte di cassazione, dopo avere esaminato il suo
caso con il supporto di tutta la letteratura scientifica esistente, gli ha
dato ragione attribuendogli il diritto alla pensione di invalidità. 58
Negli ultimi anni, insomma, è stato fatto qualche piccolo passo
avanti nel riconoscimento dei pericoli dell’elettrosmog sia da parte
delle istituzioni che della magistratura. Un parere del Consiglio
superiore di sanità (l’organismo che raggruppa le principali
personalità mediche del paese), che risale al 15 novembre 2011,
invitava per esempio il ministero a promuovere l’uso degli auricolari
per tutti. Il documento raccomandava inoltre di attivare delle
campagne di sensibilizzazione contro l’uso indiscriminato del
telefonino da parte dei bambini e di limitare l’uso alle situazioni di
necessità. 59
Una sentenza del tribunale di Ivrea ha riconosciuto la causa di
servizio di Roberto Romeo, un dipendente della Telecom, che per
motivi professionali è stato costretto a utilizzare il dispositivo cellulare
molte ore al giorno per quindici anni consecutivi. Il giudice ha infatti
stabilito che Romeo ha diritto a un risarcimento per il danno biologico
da radiazioni non ionizzanti del cellulare subito a causa del suo
lavoro.
Nel 2019 una sentenza del TAR del Lazio 60 ha invece accolto il
ricorso dell’Associazione per la prevenzione e la lotta all’elettrosmog
(APPLE ) contro le patologie correlate all’uso dei telefoni cellulari,
stabilendo che i ministeri dell’Ambiente, della Salute e dell’Istruzione
saranno obbligati ad attivarsi per una campagna informativa sui rischi
per la salute di un uso improprio di cellulari e cordless.
L’associazione, in sede dibattimentale, ha denunciato anche il
mancato adempimento della legge quadro sulla protezione dalle
esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.
«Dagli atti depositati in giudizio» scrivono i giudici «risulta che già,
con nota prot. n. 0001080-P del 16 gennaio 2012, il ministero della
Salute, in riscontro a una precedente richiesta di uno dei procuratori
dell’associazione ricorrente, evidenziava: “Il tema dei possibili rischi
per la salute conseguenti all’uso del cellulare è alla costante attenzione
del ministero della Salute, in particolare a seguito della classificazione
stabilita dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro nel 2011,
di agente possibilmente cancerogeno per l’uomo (categoria 2B ) per i
campi elettromagnetici in radiofrequenza”.
«Nella medesima nota, il ministero della Salute “ha evidenziato che
il Consiglio superiore di sanità, nel parere del 15 novembre 2011, ha
dichiarato che l’ipotesi di un rapporto causale non possa essere del
tutto esclusa in relazione a un uso molto intenso del telefono
cellulare” e che lo stesso Consiglio superiore di sanità “ha quindi
raccomandato di mantenere vivo l’interesse della ricerca e della
sorveglianza sul tema, in attesa che le nuove conoscenze risolvano le
attuali aree di incertezza, suggerendo nel contempo l’avvio di una
campagna d’informazione al pubblico al fine di promuovere e
incoraggiare un uso responsabile del telefono, soprattutto in relazione
ai bambini che tendono a essere avvicinati all’uso del telefono
cellulare in età sempre più precoce”, precisando infine: “La campagna
di informazione è in fase di preparazione e sarà basata sul quadro
delle conoscenze desumibili dalle più autorevoli fonti e organismi
nazionali e internazionali”. Nonostante il ragguardevole lasso di
tempo intercorso, la preannunciata campagna informativa»
sottolineano i giudici amministrativi «non risulta essere stata ancora
attuata.»
L’avvocato Stefano Bertone ha spiegato che si tratta di una sentenza
storica poiché in precedenza nessun tribunale ne aveva mai emesso
una così rivoluzionaria da giungere addirittura a ordinare a dei
ministeri di informare la popolazione su come utilizzare il telefono
cellulare in modo responsabile. Il TAR ha dichiarato nella sentenza che
la campagna informativa è stata disattesa per diciotto anni nonostante
fosse stata prevista per decreto. Per discolparsi da questo
ingiustificabile ritardo, a cui dovrà essere immediatamente posto
rimedio, i ministri si sono difesi affermando che il collegamento tra
cancro e cellulari non è stato ancora definitivamente accertato e
aggiungendo che, comunque, le case produttrici provvedono ogni
dispositivo di telefonia mobile di un foglietto illustrativo per il
corretto uso. Secondo i ministri inadempienti, quindi, la campagna
informativa non sarebbe necessaria, ma i magistrati hanno appurato
invece che le informazioni contenute nel «foglietto illustrativo» dei
cellulari non sono sufficienti. Di conseguenza, i giudici hanno
ordinato una campagna informativa sui rischi di gravi danni alla
salute connessi a un uso scorretto dei telefoni cellulari, che sarebbe
dovuta partire il 16 luglio 2019. 61
L’elettrosmog uccide
Uno dei casi più eclatanti di emissioni elettromagnetiche nocive
riguarda l’antenna di Radio Vaticana a Cesano (Roma), dove tra i
residenti delle aree limitrofe si è registrato un anomalo incremento di
tumori, leucemie e linfomi che una dettagliata e voluminosa perizia
medico-legale ha associato all’elettrosmog prodotto dalla potente
stazione radio pontificia. 62
La battaglia giudiziaria dei cittadini di Roma nord e di Cesano
contro le onde elettromagnetiche emesse da Radio Vaticana è stata
lunga e dura. La Santa Sede, infatti, ha cercato in ogni modo di
sottrarsi al processo invocando l’extraterritorialità e reclamando il
diritto a non essere giudicata dallo Stato italiano. Il Vaticano,
insomma, non intendeva porre rimedio alla situazione neppure di
fronte al fatto che l’eccessiva potenza dell’antenna fosse evidente a
tutti i residenti della zona sin dal 1999: citofoni ed elettrodomestici che
si trasformavano in ripetitori della radio, conversazioni telefoniche
scandite dalle recite del rosario. Alle numerose proteste per questi
disagi si aggiunsero anche gli esposti per le malattie provocate dal
superamento dei limiti di legge sull’emissione delle onde
elettromagnetiche. Una volta citati in giudizio nel luglio 2000, i
responsabili degli impianti ottennero la sospensione del dibattimento
per un difetto di giurisdizione legato alle questioni di procedibilità
disciplinate dai Patti lateranensi e il processo poté essere ripreso solo
nell’aprile 2003, quando la Corte di cassazione riconobbe il diritto
dello Stato italiano a procedere. Nel 2005 venne emessa la sentenza,
con condanne simboliche, per il reato disciplinato dall’art. 674 del
codice penale, «getto pericoloso di cose». 63 Nel frattempo, però,
proseguì anche l’altro filone dell’inchiesta per la grave accusa di
omicidio colposo riguardante le denunce per i troppi casi di leucemia,
la morte di alcuni adulti e di una decina di bambini nei soli sei anni fra
il 1994 e il 2000.
Il giudice per le indagini preliminari Zaira Secchi ordinò una
perizia per accertare il possibile nesso di causalità tra l’inquinamento
elettromagnetico e l’incremento di tumori e leucemia a Cesano, a La
Storta e nelle aree vicine agli impianti della radio. Nella relazione
medico-legale di ben 140 pagine redatta dal professor Andrea Micheli
venne espressamente dichiarato che, poiché la leucemia è una
patologia relativamente rara negli adulti, l’esposizione di lungo
periodo (oltre dieci anni) alle antenne di Radio Vaticana per i bambini
fino a 14 anni di età che hanno abitato nella fascia tra 6 e 12 chilometri
dalle antenne ha determinato un eccesso di incidenze di leucemie e
linfomi: «C’è stata un’associazione importante, coerente e
significativa, tra esposizione residenziale alle strutture di Radio
Vaticana ed eccesso di rischio di malattia per leucemia e linfomi nei
bambini».
Anche riguardo ai decessi degli adulti, gli esperti nominati dal
giudice evidenziarono «un’associazione importante, coerente e
significativa» tra i malati e quelli che hanno abitato a poca distanza da
Radio Vaticana. Nella perizia, gli esperti presero in esame tutti gli
aspetti anagrafici della popolazione investigata, della storia di
tabagismo (fumo attivo e passivo), dell’esposizione da alcol sulle
patologie familiari e sui decessi complessivamente avvenuti negli
ultimi anni nelle aree vicine a Radio Vaticana (137 morti) e a Maritele
(141). Prima che venisse ordinata la perizia, l’inchiesta della procura
chiamava in causa Roberto Tucci, Pasquale Borgomeo e Costantino
Pacifici (responsabili dell’emittente della Santa Sede) e Gino Bizzarri,
Vittorio Emanuele Di Cecco ed Emilio Roberto Guarini, della marina
militare. I primi tre erano già finiti sotto processo per «getto pericoloso
di cose» in relazione all’emissione nociva di onde elettromagnetiche
provenienti dagli impianti radiofonici di Santa Maria di Galeria.
Pacifici, però, era stato assolto in primo grado, mentre per Tucci e
Borgomeo (poi deceduto) la Corte d’appello, dopo una prima
assoluzione annullata dalla cassazione, aveva dichiarato il «non
doversi procedere» per prescrizione del reato. 64
Oltre al caso di Radio Vaticana, che ha visto contrapporsi Stato e
Chiesa nelle aule giudiziarie, si sono verificati molti altri episodi di
decessi anomali in prossimità delle stazioni radio. A Ostia (frazione
litoranea del comune di Roma), per esempio, fino al 2006 erano
presenti 27 antenne (poi ridotte a 9 nell’anno successivo), collocate ad
appena 35 metri da un piccolo edificio che i residenti avevano
soprannominato «reparto oncologico». Degli undici abitanti iniziali,
infatti, ben sette si sono ammalati di cancro e due sono morti. 65 In
Piemonte invece, a Colle della Maddalena (frazione di Pecetto
Torinese), tumori e leucemie hanno fatto una strage di residenti
proprio nel luogo dove persiste una giungla di ripetitori radio-tv e
dove l’ARPA (Agenzia regionale per la protezione ambientale) ha
segnalato sforamenti record dei limiti di legge, dal 100 fino al 900 per
cento. Nel 1999 si occupò di questo caso anche «il Resto del Carlino»:
«Cinque abitanti di una palazzina sul Colle della Maddalena sono
morti di tumore, e un cittadino, ammalatosi a sua volta, si è rivolto
alla magistratura: il sospetto è che le patologie siano in relazione con
le emissioni elettromagnetiche provocate dai numerosi ripetitori
radiotelevisivi installati sulla collina. Tra gli anni Ottanta e Novanta
sette inquilini (non anziani) si sono ammalati e cinque sono morti di
tumore». 66
Vi sono poi dei casi che sembrano dimostrare quanto i limiti di
elettrosmog accordati dal legislatore al settore delle
radiotelecomunicazioni siano troppo generosi. A Viareggio, per
esempio, è balzato agli onori delle cronache un altro «palazzo della
morte» posto in prossimità di due antenne a norma di legge dove a
causa di leucemie e tumori sono decedute dodici persone (cinque con
tumori al cervello). Altri venticinque decessi anomali per cancro si
sono verificati anche tra i residenti delle abitazioni più vicine
all’edificio, e su richiesta dell’amministrazione comunale sono stati
eseguiti i controlli sulle emissioni. L’ARPAT (ARPA della Toscana)
assicurò ai condomini che i valori registrati erano a norma di legge,
ma durante il sopralluogo sul posto un ingegnere dell’ente aveva
dichiarato a un inquilino: «Qui lo dico e qui lo nego, suo figlio non lo
faccia più dormire in questa stanza». 67
Esiste insomma un ragionevole dubbio sul fatto che anche
l’elettrosmog a norma di legge possa provocare delle neoplasie, e la
stessa Corte suprema di cassazione nel 2000 ha decretato che i limiti
normativi, proprio in quanto non totalmente cautelativi, non possono
mai essere considerati come gli unici punti di riferimento delle cause
di giudizio su possibili danni arrecati dall’irradiazione
elettromagnetica. Rientra quindi nei poteri del giudice ordinario
accertare se vi sia pericolo per la conservazione dello stato di salute
nell’esposizione al fattore inquinante anche qualora si determini nel
rispetto dei limiti massimi stabiliti dalla specifica normativa. 68

Anche gli studi sul Wi-Fi non sono rassicuranti


Una ricerca pubblicata nel 2013 sulla rivista scientifica peer-reviewed
«Environmental Toxicology and Pharmacology», specializzata sugli
effetti tossicologici e farmacologici dei contaminanti ambientali, ha
associato l’esposizione dei ratti alle radiofrequenze di 2,45 GH z del
segnale Wi-Fi (le stesse utilizzate dai forni a microonde per cuocere e
scaldare gli alimenti) 69 allo sviluppo di disordini metabolici,
all’aumento dello stress ossidativo e all’induzione del diabete. 70
Uno altro studio scientifico pubblicato nel luglio 2019 ha concluso
invece che l’esposizione alle frequenze di 2,45 GH z del Wi-Fi è un
pericolo per il sistema di riproduzione umano in quanto provoca
mutamenti degenerativi, una riduzione del livello di testosterone, un
incremento della morte cellulare (apoptosi) e danni al DNA . 71
Negli esperimenti sui conigli maschi adulti, dopo appena un’ora di
intensa esposizione al Wi-Fi (2,45 GH z) con antenne posizionate a 25
cm sul lato vicino al cuore, le cavie hanno mostrato evidenti
alterazioni all’esame dell’elettrocardiogramma e della pressione
arteriosa. L’esposizione acuta dei conigli al Wi-Fi ha aumentato la
frequenza cardiaca (+22 per cento) e la pressione arteriosa (+14 per
cento). Dopo l’iniezione endovenosa di dopamina (0,50 ml/kg) ed
epinefrina (0,50 ml/kg) sotto esposizione acuta a radiofrequenza, è
stato scoperto che il Wi-Fi altera l’azione delle catecolamine
(dopamina, epinefrina) sulla variabilità cardiaca e sulla pressione
sanguigna. Questi risultati hanno suggerito per la prima volta che
l’esposizione al Wi-Fi influenza il ritmo cardiaco, la pressione
sanguigna e l’efficacia delle catecolamine sul sistema cardiovascolare,
indicando che la radiofrequenza può agire direttamente e/o
indirettamente sul sistema cardiovascolare. 72 Questi studi con esiti
allarmanti riguardo agli effetti biologici delle microonde utilizzate dal
Wi-Fi sono solo alcuni tra le molte decine pubblicate dagli scienziati
indipendenti. E nel 2019, per la prima volta in Italia, il tribunale di
Firenze ha ordinato l’immediato spegnimento del Wi-Fi di una scuola
per tutelare la salute di un minore in applicazione del principio di
precauzione. 73

La vendita delle licenze 5G in totale assenza di studi sulla


sicurezza per la salute
Nonostante la copiosa letteratura medico-scientifica esistente sulle
patologie provocate dall’elettrosmog, prima di dare inizio alla
sperimentazione della rete di quinta generazione su milioni di
persone il governo non ha richiesto alcun parere sanitario ai sensi
della legge di riforma sanitaria 833 del 1978 e ha conferito le licenze ai
gestori in totale assenza di studi sulla sicurezza per la salute. In
particolare:
– l’INAIL ha dichiarato di non avere ricevuto alcuna documentazione
sulla sicurezza del 5G ;
– il ministero della Salute ha dichiarato di non essere stato interpellato
sulla sicurezza del 5G dal ministero dello Sviluppo economico prima
della vendita delle frequenze, e che anche il Consiglio superiore di
sanità non si è interessato del problema;
– il ministero dello Sviluppo economico ha risposto che la
documentazione richiesta (il parere sanitario) non è di sua
competenza;
– l’Istituto superiore di sanità ha dichiarato di non avere espresso
alcun parere sanitario e di avere solo risposto all’AGCOM che
richiedeva la semplificazione delle procedure di installazione delle
nuove antenne 5G . 74

L’apparato normativo di riferimento


A livello europeo, l’apparato regolamentare e le classificazioni di rischio a cui si deve
far riferimento per stabilire i limiti ammissibili per l’elettrosmog sono i seguenti:
– la risoluzione adottata nel 1994 dal Parlamento europeo e una successiva
raccomandazione emanata dal Consiglio europeo nel 1999 relativa alla limitazione
dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GH z
(1999/519/CE ); 75
– le linee guida ICNIRP del 1998, «Guidelines for Limiting Exposure to Time-varying
Electric, Magnetic and Electromagnetic Fields (up to 300 GH z)», riconfermate dalla
stessa ICNIRP nell’agosto 2009 nell’intervallo di frequenza 100 KH z-300 GH z; 76
– le linee guida ICNIRP del 2010, «Guidelines for Limiting Exposure to Time-varying
Electric and Magnetic Fields (1 Hz to 100 KH z)»; 77
– il rapporto dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro del giugno 2001 che
ha inserito i campi magnetici a frequenze estremamente basse nel gruppo 2B
(«possibilmente cancerogeni per l’uomo»). 78

A livello nazionale, l’intera materia è stata regolamentata dalla legge n. 36 del 22


febbraio 2001, recante il titolo «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai
campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici», la cui impostazione riflette il principio
di precauzione di cui all’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione
europea. Tale legge attribuisce allo Stato anche le seguenti funzioni:

– determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di


qualità;
– promozione di attività di ricerca e di sperimentazione tecnico-scientifica, nonché
coordinamento delle attività di raccolta, di elaborazione e di diffusione dei dati,
informando annualmente il Parlamento;
– istituzione di un catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate;
– determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento degli elettrodotti.

L’articolo 87 del decreto legislativo n. 259 del 1° agosto 2003, «Codice delle
comunicazioni elettroniche» (CCE ), che disciplina i procedimenti autorizzatori relativi
alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, ha
rappresentato per anni il principale riferimento normativo per quanto concerne le
autorizzazioni.
Secondo il comma 1 di tale articolo, l’installazione di infrastrutture per impianti
radioelettrici (impianti radiotrasmittenti, ripetitori di servizi di comunicazione
elettronica, stazioni radio base per telefonia mobile con tecnologia GSM /UMTS , impianti
dedicati alla televisione digitale terrestre, reti a radiofrequenza dedicate alle
emergenze sanitarie e alla protezione civile, reti radio a larga banda punto-multipunto)
e la modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi vengono autorizzate
dagli enti locali, previo accertamento da parte dell’organismo competente a effettuare
i controlli (ARPA ), di cui all’articolo 14 della legge quadro n. 36/2001, della compatibilità
del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità
stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto dalla citata legge
quadro 36/2001, e relativi provvedimenti di attuazione.
Il decreto del presidente del Consiglio (DPCM ) dell’8 luglio 2003 disciplina a livello
nazionale le norme in materia di esposizione della popolazione ai campi elettrici e
magnetici a bassa frequenza (50 Hz), fissando il limite per il campo elettrico a 5 kV/m,
il limite per l’induzione magnetica a 100 μT, il valore di attenzione a 10 μT e l’obiettivo
di qualità a 3 μT.
Detti valori devono essere mediati su un’area equivalente alla sezione verticale del
corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti. Per aree intensamente frequentate
si intendono anche superfici edificate, ovvero attrezzate permanentemente per il
soddisfacimento di bisogni sociali, sanitari e ricreativi. Nelle case lontane dalle linee
elettriche questo livello di fondo può arrivare fino a 0,2 μT. Al di sotto delle linee
elettriche, invece, il livello può raggiungere i 10 kV/m.
I campi magnetici nelle carrozze passeggeri dei treni a lunga percorrenza possono
arrivare fino a diverse centinaia di μT vicino al pavimento, con valori più bassi (decine
di μT) nel resto degli scompartimenti. L’intensità del campo elettrico può arrivare fino a
300 V/m. 79
In ambiente indoor le fonti principali di campi elettromagnetici di intensità locale
anche significative sono a varia entità gli elettrodomestici con una forte variabilità in
funzione della marca (tabella 1).

Tabella 1 - Livelli tipici di campo magnetico generati da


alcuni elettrodomestici a varie distanze

Apparecchio A 3 cm A 30 cm A1m
elettrico di di di
distanza distanza distanza
(μT) (μT) (μT)
Asciugacapelli 6-2000 0,01-7 0,01-0,03

Rasoio elettrico 15-1500 0,08-9 0,01-0,03

Aspirapolvere 200-800 2-20 0,13-2

Lampada a 40-400 0,5-2 0,02-0,25


fluorescenza

Forno a 73-200 4-8 0,25-0,6


microonde

Radio portatile 16-56 1 <0,01

Forno elettrico 1-50 0,15-0,5 0,01-0,04

Lavatrice 3,5-20 0,6-3 0,07-0,3

Computer 0,5-30 <0,01

Frigorifero 0,5-1,7 0,01-0,25 <0,01

TV a colori 2,5-50 0,04-2 0,01-0,15

Nel caso di esposizione a impianti che generano campi elettrici, magnetici ed


elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GH z, non devono essere
superati i limiti di esposizione di cui alla tabella 2 (tabella 1 nell’allegato B del DPCM 8
luglio 2003), intesi come valori efficaci.

Tabella 2 - Livelli tipici di campo magnetico generati da


alcuni elettrodomestici a varie distanze
Intensità Intensità Densità
di di campo di potenza
campo magnetico H D
elettrico (A/m) (W/m 2)
E
(V/m)

0.1<f<3 60 0,2 –
MHz

3<f<3000 20 0,05 1
MHz

3<f<300 40 0,01 4
GHz

A titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine


eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze
all’interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere e loro
pertinenze esterne, fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili esclusi
i lastrici solari, si assumono i valori di attenzione indicati in tabella 3. I valori devono
essere mediati su un’area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su
qualsiasi intervallo di sei minuti.

Tabella 3 - Valori di attenzione

Intensità Intensità Densità


di di campo di potenza
campo magnetico H D
elettrico (A/m) (W/m 2)
E
(V/m)

0,1 6 0,016 0,10


MHz<f<300 (3 MHz-300
GHz GHz)

Il campo elettrico giudicato tollerabile per le frequenze del 5G 694-790 MH z è di 20


V/m, per le bande 3,4-3,8 GH z e 24,25-27,5 GH z di ben 40 V/m: risulta quindi essere
molto più alto del livello di sicurezza proposto dal «Rapporto BioInitiative 2012» 80 pari
a 0,6 V/m nell’immediato e 0,2 V/m in prospettiva. Anche i livelli di densità di potenza
proposti sono ben al di sopra dei limiti privi di effetti collaterali. I livelli di attenzione
sono ben 30 volte quelli proposti. 81 I valori di immissione dei campi, calcolati o
misurati all’aperto nelle aree intensamente frequentate, non devono superare i valori
indicati nella tabella 4.

Tabella 4 - Obiettivi di qualità (all. B del DPC Ministri 8 luglio


2003)

Intensità Intensità Densità


di di campo di potenza
campo magnetico H D
elettrico (A/m) (W/m 2)
E
(V/m)

0,1 6 0,016 0.10


MHz<f<300 (3 MHz -300
GHz GHz)

LEGISLAZIONE SUI LUOGHI DI LAVORO

Il 1° agosto 2016 è stato approvato il decreto legislativo 159 (Gazzetta Ufficiale n.


192 del 18 agosto 2016) in attuazione della direttiva europea 2013/35/UE , riguardante
la valutazione del rischio da campi elettromagnetici (CEM ) in ambito lavorativo. Esso
stabilisce limiti di esposizione e valori di azione distinti per gli effetti sanitari dovuti a
eventi nocivi per la salute, quali riscaldamento termico o stimolazione del tessuto
nervoso o muscolare, e per gli effetti sensoriali, ovvero disturbi minori transitori, non
nocivi per la salute, a carico delle percezioni sensoriali e modifiche a carico del sistema
nervoso centrale fra cui fosfeni. Rispetto alle precedenti norme si pone un diverso
approccio nella determinazione dei limiti, definiti in relazione al movimento del
soggetto e non più in condizioni imperturbate, e una maggiore flessibilità per la
protezione dagli effetti sensoriali con possibile superamento dei limiti in situazioni e
condizioni definite. Tale decreto, in vigore dal 2 settembre 2016, aggiorna i preesistenti
articoli del capo IV del titolo VIII, «Agenti fisici», del decreto legislativo 81/2008, e
conferma l’obbligo per il datore di lavoro di valutare e tutelare i lavoratori dal rischio
dei campi elettromagnetici indicando i limiti di esposizione in funzione della frequenza.

La risoluzione 1815 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio


d’Europa
L’Italia possiede una normativa molto stringente a tutela della salute
che limita l’elettrosmog ambientale a un massimo di 6 V/m 82 mentre la
media europea è tra i 41 e i 58 V/m. I 6 V/m della normativa italiana,
però, si riferiscono solo ed esclusivamente ai luoghi dove la durata
dell’esposizione è superiore alle quattro ore continuative (uffici,
abitazioni, luoghi di lavoro, ecc.) mentre per tutti gli altri casi il limite
è stato elevato a 20 V/m. 83
Limiti di emissione nei paesi della UE per le RF in V/m e in W/m 2(il SAR , usato per esprimere la misura
della percentuale di energia elettromagnetica assorbita, è direttamente legato alla misura in W/m 2).

Paese Frequenza

400 900 1800 Oltre 2


MHz MHz MHz GHz

Italia Limite di 20 20 20 20 V/m


esposizione V/m V/m V/m

Valore di 6 6 6 V/m 6 V/m


attenzione V/m V/m

Obiettivo di 6 6 6 V/m 6 V/m


qualità V/m V/m

Unione europea 28 41 58 61 V/m


(Raccomandazione) V/m V/m V/m

USA 27 41 58 61 V/m
V/m V/m V/m

Limiti di esposizione per V/m in vigore in Italia, USA e Unione europea.

Tale normativa, per quanto sia decisamente più restrittiva rispetto a


quella adottata dagli USA e da altri Stati, è comunque molto al di sopra
dei valori soglia di sicurezza per la salute raccomandati dal
Parlamento europeo il 27 maggio 2011, con la risoluzione numero
1815:

1. L’Assemblea parlamentare ha ripetutamente sottolineato


l’importanza dell’impegno degli Stati membri a preservare
l’ambiente e la salute umana dai rischi ambientali, come esposto
in molti documenti, assemblee, dichiarazioni e protocolli fin dalla
Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e la salute e dalla
Dichiarazione di Stoccolma (Stoccolma 1972). L’Assemblea si
riferisce al suo precedente lavoro in questo campo, vale a dire la
Raccomandazione 1863 (2009) sull’ambiente e la salute, la
Raccomandazione 1947 (2010) sul rumore e l’inquinamento
dovuto alla luce e, più in generale, la Raccomandazione 1885
(2009) sulla stesura di un ulteriore protocollo per la Conferenza
Europea sui Diritti Umani, riguardante il diritto a un ambiente
sano e la Raccomandazione 1430 (1999) sull’accesso
all’informazione, la partecipazione del pubblico alle decisioni che
riguardano l’ambiente e la possibilità di accedere alla giustizia –
attuazione della Convenzione di Aarhus.
2. I possibili effetti sulla salute delle frequenze estremamente basse
dei campi elettromagnetici emessi intorno agli elettrodotti e ai
dispositivi elettrici sono oggetto di ricerca in corso e di un
importante dibattito pubblico. In accordo con l’OMS , i campi
elettromagnetici di tutte le frequenze rappresentano una degli …
[inquinanti] più comuni e in veloce aumento nell’ambiente, sui
quali ansia e congetture sono diffuse. Tutte le popolazioni sono
attualmente esposte a vari gradi ai campi elettromagnetici, i livelli
dei quali cresceranno continuamente con gli sviluppi tecnologici.
3. La telefonia mobile è diventata comune nel mondo. Questa
tecnologia wireless (senza fili) che si basa su una rete estesa di
antenne fisse, o stazioni base, trasmette l’informazione con
segnali a radiofrequenza. Nel mondo esistono più di 1.400.000
stazioni base e il numero sta crescendo significativamente con
l’introduzione della tecnologia di terza generazione. Altre reti
wireless che consentono accesso e servizi con internet ad alta
velocità, come reti wireless locali, sono comunemente in crescita
in abitazioni, uffici e in molte aree pubbliche (aeroporti, scuole,
aree residenziali e urbane). Man mano che il numero delle
stazioni base e delle reti wireless locali aumenta, aumenta anche
l’esposizione della popolazione alla radiofrequenza.
4. Mentre i campi elettrici ed elettromagnetici a determinate bande
di frequenze hanno effetti del tutto benefici e sono applicati in
medicina, altre frequenze non ionizzanti, siano esse
estremamente basse, derivanti da elettrodotti o determinate onde
ad alta frequenza usate nel campo dei radar, telecomunicazioni o
telefonia mobile, sembrano avere più o meno effetti potenziali
nocivi, non termici, ma effetti biologici su piante, insetti e animali
come sul corpo umano anche quando esposti a livelli che sono al
di sotto dei valori di limite ufficiali.
5. Riguardo agli standard o ai valori di soglia per le emissioni dei
campi elettromagnetici di tutti i tipi di frequenze, l’Assemblea
raccomanda che sia applicato il principio ALARA o «tanto basso
quanto ragionevolmente possibile» per entrambi i cosiddetti
effetti termici e gli effetti a-termici o biologici delle emissioni o
radiazione elettromagnetiche. Inoltre, dovrebbe essere applicato il
principio di precauzione, quando la valutazione scientifica non
permette di determinare con sufficiente certezza il rischio,
specialmente dato il contesto di aumento della esposizione della
popolazione, inclusi gruppi particolarmente vulnerabili come i
giovani e i bambini, che potrebbe portare a costi economici e
umani estremamente alti a causa dell’inerzia nel caso siano negati
i primi segnali di allarmi.
6. L’Assemblea si rammarica che, nonostante i ripetuti richiami al
principio di precauzione e nonostante tutte le raccomandazioni, le
dichiarazioni e un numero di proposte legislative e statutarie, ci
siano ancora una mancanza di reazione ai rischi conosciuti o
emergenti per la salute e l’ambiente e ritardi praticamente
sistematici nell’adottare e implementare effettive misure
preventive. L’attesa di prove cliniche e scientifiche di più alto
livello prima di intraprendere azioni per prevenire rischi ben
conosciuti può portare a costi economici e per la salute molto
elevati, come nel caso dell’asbesto, il piombo nella benzina e il
tabacco.
7. Inoltre, l’Assemblea nota che il problema dei campi o onde
elettromagnetiche e delle possibili conseguenze sull’ambiente e
sulla salute ha chiari paralleli con altre problematiche correnti,
come le autorizzazioni per medicamenti, farmaci, pesticidi,
metalli pesanti o organismi geneticamente modificati. È quindi
chiaro che la necessità indipendenza e credibilità) è cruciale per
compiere una valutazione trasparente ed equilibrata del
potenziale impatto negativo per l’ambiente e la salute umana.
8. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, l’Assemblea
raccomanda che gli Stati membri del Consiglio d’Europa

8.1. in linea generale:


8.1.1. intraprendano tutte le ragionevoli misure per ridurre
l’esposizione ai CEM , in particolare alle radiofrequenze
emesse dai telefoni mobili, e particolarmente l’esposizione
dei bambini e dei giovani che sembrano essere
maggiormente a rischio per quanto riguarda i tumori alla
testa;
8.1.2. riconsiderino le basi scientifiche per gli attuali standards di
esposizione ai CEM fissati dall’ICNIRP , che hanno serie
limitazioni e applichino il principio ALARA («tanto basso
quanto ragionevolmente possibile», includendo sia gli effetti
termici che quelli a-termici o biologici delle emissioni o
radiazioni e.m.;
8.1.3. mettano in atto campagne di informazione e crescente
consapevolezza sul rischio di possibili effetti nocivi a lungo
termine sull’ambiente e la salute umana, specialmente
indirizzate a bambini, adolescenti e giovani in età
riproduttiva;
8.1.4. pongano particolare attenzione alle persone
«elettroipersensitive» intolleranti ai CEM e introducano
misure speciali per proteggerle, compresa la creazione di
aree libere dalle onde non coperte dalla rete wireless;
8.1.5. allo scopo di ridurre i costi, risparmiare energia, e
proteggere l’ambiente e la salute umana, incrementino la
ricerca su nuovi tipi di antenne, telefoni mobili e dispositivi
DECT (cordless), e incoraggino la ricerca a sviluppare
telecomunicazioni basate su altre tecnologie che siano
efficienti ma abbiano minimi effetti negativi sull’ambiente e
la salute;
8.2. in relazione all’uso privato di telefoni mobili, telefoni DECT
(cordless), Wi-Fi, WLAN e WIMAX per computer e altri
dispositivi wireless come i baby phones:
8.2.1. fissino soglie preventive per l’esposizione a lungo termine
alle microonde e in tutte le zone all’interno (indoor), in
accordo con il principio di precauzione, che non superino gli
0,6 V/m e nel medio termine ridurre questo valore a 0,2 V/m;
8.2.2. intraprendano appropriate procedure di stima del rischio
per tutti i nuovi tipi di dispositivi prima di autorizzarli;
8.2.3. introducano chiare etichette che indichino la presenza di
microonde o campi elettromagnetici, la potenza trasmessa o
il tasso di assorbimento specifico (SAR ) del dispositivo e ogni
rischio connesso con il suo utilizzo;
8.2.4. aumentino la consapevolezza dei possibili rischi per la salute
dei telefoni DECT senza fili (cordless), baby monitors e altre
applicazioni domestiche che emettono onde pulsate
continue, anche se l’apparecchiatura elettrica è lasciata
continuamente in standby, e raccomandino l’uso di telefoni
fissi cablati in casa o, non potendo, modelli che non
emettano continuamente onde pulsate;
8.3. riguardo alla protezione dei bambini:
8.3.1. sviluppino con diversi ministeri (Educazione, Ambiente e
Salute) campagne specifiche di informazione dirette a
insegnanti, genitori e alunni per allertarli sui rischi specifici
sull’utilizzo precoce, sconsiderato e prolungato di cellulari e
altri dispositivi che emettono microonde;
8.3.2. per i bambini in generale e in particolare nelle scuole e nelle
classi, si dia la preferenza a connessioni internet cablate, e
regolino severamente l’uso dei cellulari da parte degli alunni
nei locali della scuola;
8.4. riguardo alla pianificazione delle reti elettriche e delle
stazioni radio base per la telefonia mobile:
8.4.1. introducano misure nella pianificazione della città per tenere
le linee elettriche ad alto voltaggio e le altre installazioni
elettriche a distanza sicura dall’abitato;
8.4.2. applichino standards di sicurezza restrittivi per i sistemi
elettrici a forte emissione nelle nuove abitazioni;
8.4.3. riducano i valori di esposizione per le antenne in accordo
con il principio ALARA e installino sistemi di monitoraggio
continuo e complessivo di tutte le antenne;
8.4.4. determinino i siti di ogni nuova antenna GSM , UMTS , Wi-Fi o
WIMAX non solamente in accordo con gli interessi degli
operatori ma in consultazione con le amministrazioni locali e
regionali, i residenti e le associazioni di cittadini;
8.5. riguardo alla valutazione di rischio e alle precauzioni:
8.5.1. facciano valutazioni di rischio maggiormente orientate verso
la prevenzione;
8.5.2. migliorino gli standards di valutazione del rischio e qualità
creando una scala di rischio standard, imponendo
l’indicazione del livello di rischio, considerando diverse
ipotesi di rischio e la compatibilità con le reali condizioni di
vita;
8.5.3. pongano attenzione e proteggano gli scienziati
particolarmente prudenti;
8.5.4. formulino una definizione di diritti umani orientata al
principio di precauzione e al principio ALARA ;
8.5.5. incrementino i fondi pubblici per la ricerca indipendente, tra
l’altro attraverso sovvenzioni dall’industria e tassazione sui
prodotti che sono oggetto di studi di ricerca pubblica per
valutare i rischi per la salute;

8.5.6. creino commissioni indipendenti per la distribuzione dei


fondi pubblici;
8.5.7. rendano trasparenti i mandati dei gruppi lobbistici coinvolti;
8.5.8. promuovano dibattiti pubblici a più voci e in contraddittorio
tra tutti i portatori di interessi, inclusa la società civile
(Convenzione di Aarhus).

Il contenuto della risoluzione 1815, inoltre, è perfettamente in


assonanza con il «Rapporto BioInitiative 2012», che sulla base dei dati
relativi alla salute umana e ambientale ritiene necessario portare
nell’immediato i limiti di esposizione dagli attuali 6 V/m a 0,6 V/m
(con un massimo di 0,3-0,6 nanowatt di potenza per centimetro
quadrato) e l’intensità dei campi elettromagnetici nelle zone dedicate
al riposo notturno al di sotto di 0,05 V/m. 84
Dal punto di vista della ricerca indipendente, insomma, il problema
di una revisione delle linee guida è sempre più urgente, soprattutto in
vista dell’ingresso sul mercato della nuova rete a onde millimetriche
pulsate del 5G . Le attuali linee guida internazionali a cui si attiene la
normativa europea e quella nazionale risalgono infatti a più di venti
anni fa (1998), quando vennero elaborate dalla Commissione
internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti
(ICNIRP ) basandosi esclusivamente sugli effetti termici a breve termine
(10 W/m 2). Da allora non sono più state modificate, nonostante
l’esistenza di nuovi studi con solide prove sugli effetti biologici
termici e non termici anche a livelli di esposizione sostanzialmente
inferiori. 85

Interphone e IARC sulle radiazioni non ionizzanti della telefonia


mobile
L’indagine più vasta e approfondita sugli effetti cancerogeni delle RF
della telefonia mobile è stata condotta dal team di ricercatori
internazionale del gruppo Interphone. Lo studio è terminato nel 2010
e, seppur con qualche riserva (l’invito a effettuare ulteriori
accertamenti), la conclusione degli esperti è stata sostanzialmente una
«sentenza di assoluzione» per l’elettrosmog prodotto dalla telefonia
mobile. In seguito, però, si è scoperto che tra i principali finanziatori
del progetto c’erano proprio le multinazionali che offrono i servizi
telefonici finiti sotto inchiesta 86 e i ricercatori indipendenti hanno
individuato numerosi gravi errori metodologici che hanno
completamente falsato i risultati. In tre degli studi esaminati da
Interphone, per esempio, si pretendeva addirittura di dimostrare che
l’elettrosmog fa bene alla salute perché i valori di rischio dei tumori
alla testa diminuivano con l’aumentare della durata dell’esposizione
al cellulare. 87
Nel 2011 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS ,
basandosi sull’aumento di un particolare tipo di cancro maligno al
cervello (glioma) e degli schwannomi vestibolari associati all’uso dei
cellulari, 88 ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza
come possibili fattori cancerogeni per gli esseri umani. 89 Tuttavia,
poiché lo IARC classifica le radiofrequenze sulla base dei risultati
epidemiologici e non sugli studi in vivo che oggi fanno propendere
invece per la classificazione di alcune frequenze e intensità di campo
tra i «probabili cancerogeni» del gruppo 2A o, come suggerito dalla
ricerca indipendente, 90 «cancerogeni certi» del gruppo 1, gli stessi
scienziati dell’ente hanno definito come «alta priorità» l’esigenza di
rivedere la classificazione attribuita alle radiofrequenze (attualmente
nel gruppo 2B , «possibilmente cancerogeno per l’uomo»). 91
Nel 2012 anche l’International Commission for Electromagnetic
Safety (ICEMS ) ha espresso la propria preoccupazione per la salute
pubblica dopo avere appreso dalla letteratura scientifica
internazionale che l’aumento del 200 per cento dei casi di tumore alla
testa (in particolare al cervello, come il glioma) è stato associato
all’esposizione alle microonde del telefonino. 92
III
Effetto finanziamento

La storia si ripete?
Da un punto di vista storico è stato ormai ampiamente dimostrato che
l’industria è sempre riuscita a nascondere la nocività dei suoi prodotti
di punta finanziando montagne di ricerche scientifiche taroccate 1 e
ungendo esperti e giornalisti per convincere le istituzioni e l’opinione
pubblica dell’assenza di qualsiasi rischio. 2
Questa strategia d’azione ha consentito per esempio ai produttori
di sigarette di escludere «scientificamente» qualsiasi connessione tra
cancro e fumo del tabacco per mezzo secolo, nonostante le prove
schiaccianti raccolte dalla ricerca accademica indipendente. Purtroppo
non si tratta di un’eccezione alla regola ma di un modus operandi ben
consolidato, che è stato adottato per altri innumerevoli prodotti come
l’amianto, il DDT , la formaldeide, il cromo e la benzina al piombo. In
tutti questi casi ritroviamo le stesse cortine fumogene dispiegate ad
arte e la stessa opera obliqua di intorbidimento. L’imperativo delle
multinazionali attraverso il braccio operativo di società di
comunicazione e di scienziati compiacenti è confondere le idee,
moltiplicare le ipotesi, parlare d’altro. 3 Un recente caso emblematico è
quello dei pesticidi e dei fertilizzanti. Solo in Italia nel 2017 ne sono
stati sparsi 920 milioni di chili, e per un ettaro di agricoltura
convenzionale ne vengono usati 100 chili l’anno. Gli studi
epidemiologici hanno riscontrato tra gli agricoltori tassi elevati di
linfomi, leucemie, tumori allo stomaco, al pancreas, al cervello; fra i
coltivatori di patate e di ulivi neoplasie al rene; fra i frutticoltori
cancro al colon e alla vescica. 4 Il glifosato è uno dei diserbanti più
potenti e diffusi nelle coltivazioni intensive, tant’è che entro il 2020 la
sua richiesta, nel mondo, raggiungerà un milione di tonnellate. È stato
studiato a lungo, ma a oggi ancora non esiste una letteratura
scientifica univoca sui danni che può provocare. 5 Lo IARC nel 2015 l’ha
classificato come genotossico e probabile cancerogeno, la European
Food Safety Authority (EFSA ) come improbabile cancerogeno, per
l’Environmental Protection Agency (EPA ), incaricata della protezione
ambientale dal governo USA , invece non è cancerogeno.
Grazie a illustri luminari compiacenti, infatti, la Monsanto (ora
acquisita dalla Bayer) è riuscita a produrre numerosi studi per far
riammettere la vendita del glifosato in Europa. Il termine tecnico per
questo tipo di operazioni è ghostwriting e consiste nello scrivere un
testo per qualcun altro che mette in calce la sua firma. E quando uno
scienziato affermato sottoscrive un articolo preparato da una
multinazionale come la Monsanto in cui si assolve il glifosato
dall’accusa, sostenuta dallo IARC dell’OMS , di essere «probabile
cancerogeno», è difficile non parlare di «scienza comprata» per
difendere, oltre l’evidenza, una sostanza capace di provocare tumori.
E di scienziati e ricercatori a libro paga della Monsanto il quotidiano
francese «Le Monde» ne ha «scovati» molti, come testimonia lo
scandalo «Monsanto papers» 6 pubblicato nell’ottobre 2017 in Francia e
al quale il settimanale «Internazionale» ha dedicato la copertina.
Secondo le carte emerse, è nell’inverno 2015 che il colosso biotech
intensificò le pressioni per reclutare scienziati e ricercatori. Nel mese
di febbraio i vertici della Monsanto già sapevano che lo IARC stava per
concludere il suo studio sul glifosato e il 20 marzo l’Agenzia
internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS definì il principio
attivo dell’erbicida più venduto del mondo, il Roundup, genotossico,
cancerogeno per gli animali e «probabile cancerogeno» per l’uomo.
Per i vertici della multinazionale quello fu il momento di reagire,
intervenendo sull’opinione pubblica attraverso articoli confezionati e
fatti firmare da esperti. La lista dei «prestanomi» sarebbe davvero
lunga: secondo quanto ricostruito da «Le Monde», Henry Miller,
biologo associato alla Hoover Institution, editorialista del «New York
Times», del «Wall Street Journal» e della prestigiosa rivista «Forbes»,
avrebbe firmato testi preparati dalla Monsanto e pubblicati proprio su
«Forbes». Sempre nel febbraio 2015 William Heydens, responsabile
per la valutazione della sicurezza dei prodotti di Monsanto, scrisse ai
colleghi per «coinvolgere esperti dei principali settori» in difesa del
glifosato e stanziò 250.000 dollari per questa operazione. La Monsanto
riuscì così, tramite Intertek, uno studio di consulenza, a coinvolgere 15
esperti, incaricati di redigere articoli di smentita alla tesi dello IARC .
Alcune di queste relazioni furono poi pubblicate nel settembre 2016
sulla prestigiosa rivista «Critical Reviews in Toxicology» con le loro
conclusioni univoche: nessun legame tra glifosato e tumore. 7
In tutta questa vicenda l’accusa più pesante è quella rivolta all’EFSA ,
l’autorità pubblica europea per la sicurezza alimentare con sede a
Parma, «rea» di aver copiato di sana pianta dai documenti prodotti
dalla Monsanto circa un centinaio di pagine di relazioni fasulle nelle
quali «si dimostra» che il glifosato non è pericoloso per la salute
umana. 8 L’EFSA , che secondo un dossier del Corporate Europe
Observatory (CEO ) ha almeno il 46 per cento dei suoi esperti in
posizione di conflitto di interessi, 9 ha autorizzato la vendita del
glifosato proprio perché, contrariamente allo IARC , non ha mai
accertato i rischi per la salute umana legati al discusso erbicida. 10
Questo continuo braccio di ferro tra le evidenze scientifiche
prodotte dalla ricerca indipendente e le relazioni degli scienziati a
busta paga dell’industria produce come risultato pareri tossicologici e
livelli di sicurezza discordanti e molto diversi da ente a ente e da
paese a paese. A causa di tale situazione, in Europa il limite
giornaliero della quantità di glifosato che può essere ingerita con il
cibo o l’acqua da bere, espressa in base alla massa corporea, è di 0,5
milligrammi al giorno per ogni chilo di peso, mentre negli Stati Uniti è
di 1,75. Dunque qual è la reale soglia di sicurezza per l’uomo? Dai
risultati delle indagini dell’Istituto di ricerca sul cancro Ramazzini di
Bologna, considerato fra i più autorevoli a livello internazionale per la
ricerca sulle malattie ambientali, emerge che il livello di glifosato
ammesso negli USA , somministrato a ratti a partire dalla vita
embrionale fino a un’età corrispondente a 18 anni nell’uomo, può
interferire con il normale sviluppo sessuale, è genotossico (cioè capace
di provocare rotture del DNA ) e altera la flora batterica intestinale.
Sono ancora in corso le indagini che riguardano gli effetti su
ghiandola mammaria, reni, fegato e sperma. Fintanto che le autorità
sanitarie non stabiliranno definitivamente chi ha ragione, noi
continuiamo a essere esposti. 11
Un nuovo studio condotto da PAN Germany ha riacceso i riflettori
sull’argomento e in generale sull’intera procedura di valutazione della
sicurezza dei pesticidi nell’UE . Nel mirino è finito il Laboratory of
Pharmacology and Toxicology (LPT ) di Amburgo: secondo gli esperti
di PAN Germany il laboratorio ha commesso una frode in una serie di
test regolatori, molti dei quali erano stati condotti nell’ambito del
processo di riapprovazione del glifosato nel 2017. Circa il 14 per cento
degli studi utilizzati per la sua riapprovazione proviene da questo
laboratorio che, nonostante sia stato accreditato dalle istituzioni, è
stato sorpreso a manipolare gli studi sulla tossicità sostituendo gli
animali morti con quelli viventi, modificando i dati del tumore in
«infiammazioni» e in generale distorcendo i dati per soddisfare i
propri clienti. 12 Vista la gravità della situazione, PAN Europe ha
chiesto alla Commissione europea di scartare gli studi condotti dal
laboratorio LPT dal fascicolo sul glifosato attualmente in fase di
rivalutazione nella UE .
Angeliki Lyssimachou, tossicologo ambientale presso PAN Europe,
ha dichiarato: «La stragrande maggioranza degli studi che portano
all’approvazione di un pesticida sono condotti dalla stessa industria
dei pesticidi, direttamente o tramite laboratori a contratto come LPT
Hamburg. Abbiamo denunciato questo conflitto di interessi per molti
anni. La nostra coalizione invita regolarmente la Commissione
europea a interrompere questo processo scandaloso facendo eseguire
la sperimentazione ai laboratori indipendenti sotto il controllo
pubblico e facendo finanziare questi studi all’industria». 13
Attualmente, invece, gli organi di controllo pubblici come l’EFSA si
limitano a leggere le carte prodotte dalle ricerche private finanziate
dai produttori.
Sin dagli anni Sessanta, Lorenzo Tomatis (illustre oncologo che ha
diretto lo IARC dal 1982 fino al 1993, nonché fondatore nel 1967 delle
monografie dedicate alle sostanze cancerogene) anticipò con sobria
amarezza che «il mondo della ricerca è composto da poche decine di
persone che contano davvero, un piccolo gruppo di lavoratori fidati,
un numero significativo di disinformati e una coorte di profittatori e
trasgressori senza scrupoli». 14
Nel corso dei decenni sono state perfezionate le migliori tecniche di
ricerca epidemiologica in campo sia ambientale sia professionale, ma
l’uso corretto di questi metodi non viene applicato di routine e tale
fallimento è confermato dai numerosi studi fasulli sui lavoratori
esposti a prodotti tossici (in raffinerie di petrolio, prodotti
petrolchimici, ecc.), sul personale militare esposto a uranio impoverito
e sulle persone che vivono in aree fortemente inquinate dagli impianti
industriali. I risultati delle ricerche effettuate con il beneficio dei
finanziamenti privati giungono spesso a «dimostrare» che una
popolazione esposta a qualche fattore di rischio professionale o
ambientale, o a un particolare trattamento farmacologico, è addirittura
più sana del gruppo di controllo (ovviamente solo fino a quando non
vengono condotti studi veramente indipendenti, che spesso rivelano
risultati molto diversi). 15
La sottovalutazione del rischio epidemiologico di una malattia può
essere facilmente indotta di proposito con uno studio specificamente
costituito per dare priorità alle ambizioni economiche del finanziatore
e alla carriera del ricercatore. Molti scienziati, infatti, hanno
espressamente denunciato come troppo spesso la ricerca sulla salute
venga trasformata in un’attività commerciale orientata a ottenere
fondi e cospicui compensi dall’industria. 16
L’American Conference of Government and Industrial Hygienists
(ACGIH ) è il classico esempio di questo modus operandi. A dispetto di
ciò che vuol lasciar intendere il nome, non è né un ente pubblico né
un’organizzazione governativa bensì un’associazione privata del
settore, 17 ma ciononostante ha avuto un ruolo fondamentale nel porre
dei limiti di esposizione normativi inadeguati per la protezione della
salute umana, ignorando totalmente le prove sperimentali ed
epidemiologiche. L’ACGIH ha infatti legami molto stretti con i
produttori delle sostanze cancerogene immesse sul mercato, e gran
parte dei valori soglia di sicurezza in vigore negli USA si basano
sull’opinione accomodante di esperti privati che hanno espresso il
proprio parere in totale assenza di prove o addirittura in contrasto con
le evidenze sperimentali prodotte dagli scienziati senza conflitti di
interessi. 18
Il Tobacco Industry Research Committee americano è un altro ente
di ricerca fittizio creato nel 1953 direttamente dall’industria proprio
per contrastare le conclusioni della ricerca accademica indipendente.
La sua funzione era quella di controbattere alla vera scienza con studi
sponsorizzati dagli stessi produttori per negare qualsiasi rischio per la
salute dei fumatori e creare confusione seminando dubbi e ipotesi
alternative (se tutto può essere la causa di una malattia, allora il fumo
può non esserlo). La strategia dell’industria, infatti, è alimentare
controversie, contraddizioni, altri fattori ed elementi sconosciuti allo
scopo di far crollare le certezze della ricerca indipendente, rasserenare
i consumatori e togliergli dalla testa qualsiasi preoccupazione. Così gli
esperimenti sugli animali vengono considerati irrilevanti, quelli sugli
umani non rappresentativi e quelli riguardanti le esposizioni non
affidabili. Anche la rivista «scientifica» «Reports on Tobacco and
Health Research», rivolta principalmente a scienziati e medici, nacque
proprio a questo proposito. 19 Tra le sue pagine venivano raccontate
storie e teorie completamente fasulle contro il nesso tra cancro e fumo,
che poi finivano sui quotidiani più prestigiosi con l’avallo scientifico
dei molti luminari in busta paga. I titoli che venivano utilizzati per gli
articoli della rivista erano appositamente studiati per confondere,
negare e ipotizzare altre cause, come si evince dai seguenti eloquenti
esempi: La personalità cancerogena inizia dall’infanzia; Uno pneumologo
cita 28 ragioni per dubitare del legame sigarette-tumore; L’effetto della
nicotina è simile a quello dell’esercizio fisico; Una rara infezione micotica
simile al cancro al polmone; Il cancro al polmone è raro tra i calvi; Essere nati
a marzo potrebbe avere un legame con il cancro al polmone. 20
Tale strategia ha consentito a Big Tobacco (il cartello delle
multinazionali del tabacco) di disconoscere il legame fumo-cancro per
mezzo secolo, come autorevolmente spiegato da David Michaels, ex
sottosegretario di Barack Obama per la sicurezza e la salute sul lavoro:
«Le pratiche che ha perfezionato sono oggi vive, vegete e ubique.
Vediamo in crescita questo trend che disonestamente richiede la prova
invece che la precauzione nel regno della salute pubblica». 21 Michaels
ha poi aggiunto che quale che sia l’argomento da confutare per
tutelare gli affari dell’industria contro la ricerca indipendente, gli
scienziati corrotti giocano d’anticipo con la complicità dei giornalisti,
cui viene indicato a quale delle due versioni dare risalto: «Si
preparano a diffondere studi sfavorevoli ancor prima che gli altri
siano pubblicati. Gli esperti di pubbliche relazioni mettono in circolo i
virgolettati con le controdichiarazioni degli scienziati a busta paga che
suonino meglio alle orecchie dei giornalisti, impantanati nella
trappola di credere che ci debbano essere sempre due versioni per
ogni notizia. Forse ci sono due versioni, e forse una è stata comprata e
pagata». 22
Il trucco vincente dell’industria di ogni settore produttivo
(farmaceutico, chimico, alimentare, ecc.) sta quindi nel non difendersi
mai direttamente dalle accuse di mettere a rischio la salute pubblica
e/o l’ecosistema, per lasciare che al suo posto parlino dei luminari
accademici, in modo da presentarsi all’opinione pubblica, ai
magistrati e alle istituzioni con una linea difensiva che sembra basata
sulle conclusioni imparziali della scienza.
Negli anni Ottanta, per esempio, la ChemRisk, società di
consulenza fondata da Dennis Paustenbach (uno scienziato
statunitense che godeva delle massime credenziali di serietà a livello
accademico), diede una dimostrazione di cosa è capace di fare la
«scienza a gettone». Prima tentò un colpo da maestro per riabilitare un
veleno notoriamente pericoloso come la diossina, e poi, siccome la
Pacific Gas and Electric era stata chiamata in giudizio per avere
contaminato di cromo esavalente l’acqua potabile di Hinkley
(California), reclutò degli scienziati cinesi per affidargli il compito di
ripescare un vecchio studio sulla cancerogenicità del cromo e per
rifare i calcoli in modo da dimostrare che erano sbagliati. Lo studio
«tarocco» venne pubblicato con il nome del team dei ricercatori
ingaggiati senza alcun riferimento al ruolo avuto dalla ChemRisk
nella vicenda 23 e fu ritirato dalla rivista scientifica solo quando molti
altri epidemiologi riuscirono a dimostrare oltre ogni ragionevole
dubbio che il cromo è fortemente cancerogeno, proprio come
sosteneva la ricerca fatta confutare dalla ChemRisk. Per quasi dieci
anni, però, lo studio fasullo poté essere usato con successo dalla PG&E
nelle cause giudiziarie al fine di escludere ogni responsabilità per
gravi danni alla salute e all’ambiente. 24
L’industria, oltre a saper confezionare ad arte dozzine di studi
scientifici fasulli, è altrettanto abile nello screditare i ricercatori (con
pesanti contraccolpi sulla loro carriera) e gli studi che costituiscono un
ostacolo ai suoi affari. Non a caso, tutte le ricerche che hanno il «grave
difetto» di risultare particolarmente sgradite alle multinazionali,
vengono smentite da eserciti di giornalisti e debunker 25 con un vero e
proprio fuoco di sbarramento mediatico.
La scienza a gettone e la macchina del fango sono due facce della
stessa medaglia. Il loro impiego simultaneo funziona egregiamente da
decenni perché la stragrande maggioranza della popolazione ignora lo
stretto collegamento tra la ricerca scientifica, il business e il mondo
dell’informazione. Alcune scoperte hanno notevoli ricadute
economiche, e per questo motivo l’industria ha la primaria necessità
di dettare alla ricerca l’orientamento voluto. Ma per poter convincere
l’opinione pubblica dell’inconsistenza delle denunce della ricerca
indipendente deve poter contare anche sulla collaborazione di editori
e giornalisti (spesso con conflitti di interessi non dichiarati). 26 Il
Weinberg Group, fondato nel 1983, è uno dei casi che ha fatto scuola
riguardo alla tecnica usata dall’industria per gettare discredito sulle
ricerche indipendenti più sgradite. 27 Gli scienziati del gruppo, infatti,
prendevano ogni singolo passaggio della relazione scientifica che si
intendeva demolire e lo analizzavano attentamente alla ricerca di
errori da ingigantire per minarne ogni credibilità o denunciare una
frode scientifica. 28 Questa tecnica viene utilizzata ancora oggi contro
gli studi scomodi pubblicati, e nel 99 per cento dei casi gli editori
investiti dalle polemiche cedono alle pressioni e ne dispongono il
ritiro.
Lo scienziato H. Daniel Roth rappresenta un modello esemplare di
questo tipo di scienza a pagamento, perché se ben remunerato è
capace di portare a compimento qualsiasi missione gli venga
assegnata con un «livore scientifico» paragonabile solo al fervore del
religioso più fanatico e zelante. Inserendo il suo nome accanto alla
qualifica di reanalysis nel motore di ricerca di Google, escono ben
101.000 risultati che testimoniano quanto sia lunga la sua carriera a
fianco dell’industria. Per i produttori di berillio, per esempio, ha
confutato tutti i dati degli studi che associavano l’inalazione del
minerale allo sviluppo del cancro ai polmoni. E ovviamente un
fuoriclasse come lui non poteva lasciarsi sfuggire la difesa
«impossibile» dell’industria del tabacco, negando ancora nel 1998
qualsiasi nocività del fumo passivo. E poiché ogni patologia può
essere provocata da più cause, la sua specialità risiede proprio nel far
leva sui fattori di confondimento (confounders) per attribuire la causa
della malattia ad altri elementi e minimizzare o escludere quello del
proprio committente. 29
Roth venne assoldato anche dall’industria del carbone per negare
categoricamente qualsiasi rischio legato all’esposizione alle polveri
sottili. E quando lavorò invece per i produttori di alcolici, fece «pelo e
contropelo» a tutti gli studi «impertinenti» che ne associavano il
consumo a maggiori rischi di contrarre il cancro. Dando prova di
eccezionali doti di disonestà intellettuale, riuscì persino a fingersi
esperto in ribaltamento delle automobili per una decina d’anni, senza
avere mai pubblicato nessuno studio scientifico in merito. 30 Così,
quando la ricerca accademica indipendente iniziò a denunciare gli
effetti nocivi dei campi elettromagnetici a causa del loro aumento
esponenziale negli ultimi decenni, l’impareggiabile Roth mise in
discussione i metodi statistici usati dagli scienziati per l’analisi dei
dati dichiarandone l’inadeguatezza. 31 Roth, ovviamente, è solo uno
degli innumerevoli luminari senza peli sullo stomaco che collaborano
con l’industria, ma la sua storia personale è illuminante per descrivere
come funziona la scienza a gettone che consente alle multinazionali di
ricavare enormi profitti da sporchi affari (a scapito della salute
collettiva) anche per molti decenni.

Ricerca indipendente e studi finanziati dall’industria: rilevanti


differenze nei risultati
Ogni volta in cui l’industria intende attribuire la massima
autorevolezza possibile a degli studi scientifici di comodo, ricorre al
finanziamento di pubblicazioni peer-reviewed che, almeno a livello
formale, garantiscono un’alta credibilità. La tecnica di valutazione tra
pari (peer review) consente infatti agli editori di selezionare articoli
scientifici con lo standard di verifica più rigoroso e con un impact factor
più elevato. 32
In teoria, tali studi sono a prova di contestazioni, e quindi
l’industria ha pensato bene di usarli a proprio vantaggio finanziando
la creazione di riviste scientifiche apparentemente indipendenti su cui
far scrivere ciò che vuole da comitati opportunamente selezionati tra
gli esperti più prezzolati. 33 Dalla «Indoor and Built Environment»,
segretamente finanziata da Big Tobacco, fino alla «Regulatory
Toxicology and Pharmacology», foraggiata da un’alleanza di aziende
chimiche e farmaceutiche, abbondano le riviste che, pur essendo
accreditate dalle istituzioni come imparziali e autorevoli, pubblicano
«articoli scientifici» peer-reviewed sempre favorevoli al committente e
senza alcun contraddittorio. 34
Come autorevolmente denunciato da Tomatis e da altri ricercatori,
il metodo preferito dall’industria per far prevalere i suoi interessi
economici privati consiste nel produrre studi con risultati, sia
sperimentali che epidemiologici, il cui unico scopo è aumentare il
«rumore di fondo» (attraverso la pubblicazione di dati contrastanti) e
generare una confusione tale da rendere difficile, se non impossibile,
la corretta valutazione del rischio. 35 La diffusione di dubbi sulla
validità dei dati scomodi consente infatti di fermare, o almeno
ritardare di decenni, una decisione sulla salute pubblica dalle notevoli
ripercussioni commerciali. 36 Per questo motivo i conflitti di interessi
degli scienziati sono particolarmente diffusi anche nella ricerca sugli
effetti dei campi elettromagnetici che possono limitare l’espansione e
il fatturato dell’industria nel settore delle radiotelecomunicazioni:

1. nel 2001, su 1386 articoli, il 16 per cento è stato finanziato


privatamente;
2. entro il 2004 il numero di articoli finanziati privatamente era
aumentato al 33 per cento;
3. nel 2004, il 25 per cento degli articoli pubblicati sulle due
principali riviste biomediche del mondo è stato firmato da uno o
più autori con conflitti di interessi. 37

Tali dati, per quanto già di per sé allarmanti, sono solo la punta
dell’iceberg a causa dell’abitudine delle riviste scientifiche di non
indicare, o di farlo solo in parte, le fonti di finanziamento a cui hanno
attinto gli autori dello studio. Questo significa che l’industria può
facilmente dominare il campo della ricerca ricorrendo a ingenti
finanziamenti. Viceversa, le informazioni scomode prodotte dagli
studi indipendenti finiscono per non avere risonanza pubblica.
La scienza dovrebbe essere sempre oggettiva e i risultati delle sue
ricerche quantomeno concordanti, mentre ogni volta in cui ci sono
degli enormi interessi economici in gioco possono divergere
totalmente in base a chi paga lo stipendio dei ricercatori. Questo
fenomeno si chiama funding effect (effetto finanziamento) ed è stato
scoperto casualmente nei primi anni Novanta da Paula Rochon,
geriatra di Boston, 38 quando mise a confronto i test clinici sui farmaci
antinfiammatori non steroidei come aspirina, naproxene o ibuprofene
(Advil) utilizzati per curare l’artrite, 39
Indipendenza, assenza di conflitti di interessi, autorevolezza,
credibilità scientifica e trasparenza dovrebbero essere considerate
qualità imprescindibili per chiunque sia coinvolto nei processi di
valutazione dei potenziali impatti dei CEM sull’ambiente e sulla salute
umana, nonché sulla definizione della normativa che li regola.
Attualmente invece, i conflitti di interessi tra gli esperti degli organi
pubblici di controllo e gli scienziati che pubblicano gli studi a favore
dell’industria sono più una regola che un’eccezione. 40
Nei grafici statistici pubblicati dal professor Angelo Gino Levis (membro permanente della
Commissione tossicologica nazionale del ministero della Sanità) in collaborazione con il dottor Valerio
Gennaro (Azienda ospedaliera universitaria San Martino – IST , Istituto nazionale per la ricerca sul
cancro) e il dottor Spiridione Garbisa (Associazione italiana medici per l’ambiente) è indicata la
percentuale di studi sugli effetti nocivi delle RF e dei campi elettromagnetici con risultati negativi
(colore grigio scuro). La colonna di colore grigio chiaro indica invece la percentuale di studi con
risultati positivi. Le ricerche sono state suddivise tra private (a sinistra) e pubbliche (a destra) per
ciascun campo d’indagine. Emerge a colpo d’occhio come i risultati della sperimentazione scientifica
divergano in rapporto all’effetto finanziamento. 41
L’autorevolezza e l’imparzialità delle principali agenzie
internazionali (comprese le commissioni nazionali) di controllo
sull’elettrosmog sono compromesse dall’ombra dei conflitti di
interessi e, di fatto, nelle loro linee guida fanno riferimento solo agli
studi più rassicuranti finanziati dall’industria. 42 L’ultimo scandalo
risale al febbraio 2020, quando il comitato scientifico di Bruxelles è
stato azzerato proprio in quanto è stato scoperto che diversi membri
erano consulenti delle aziende di telecomunicazioni. 43
Tale situazione spiega il «mistero» per cui, nonostante la posizione
negazionista assunta dalle istituzioni, nei grandi database della
letteratura scientifica mondiale come Pubmed o Medline Plus
convivono innumerevoli studi dalle conclusioni totalmente
contrastanti tra loro. Per lo stesso motivo, mentre centinaia di
scienziati accademici indipendenti di molte diverse nazionalità hanno
aderito a una moratoria contro la rete di quinta generazione per il
rispetto del principio di precauzione, molti loro colleghi accreditati
dalle istituzioni negano invece qualsiasi rischio per la salute
sostenendo che le onde millimetriche del 5G sono molto più sicure di
quelle delle precedenti reti 2G , 3G e 4G . In questa situazione
contrastante e confusa, gli unici soggetti a trarre un vantaggio sono le
multinazionali che hanno investito nella nuova rete e che in assenza di
un parere unanime del mondo accademico possono essere lasciate
libere di commercializzarla.
Dominique Belpomme, professore di oncologia presso l’università
di Parigi-Cartesio, ha fatto una sintesi di tutti gli studi sui livelli di
elettrosmog a cui siamo sottoposti e il risultato è stato un codice rosso.
Ha infatti dichiarato che corriamo «un pericolo grave, specialmente se
saremo sotto la cappa del 5G ». 44 Belpomme è divenuto famoso per
aver pubblicato nel 2016 una rassegna molto preoccupante
sull’elettrosensibilità e perché grazie a lui la Francia ha riconosciuto
per la prima volta su base nazionale un caso di invalidità per allergia
alle onde elettromagnetiche. 45 I loro effetti sul cervello, seppur poco
percepiti dall’opinione pubblica, possono ridurre le capacità di
apprendimento di bambini e adolescenti diminuendone addirittura il
quoziente intellettivo. E Belpomme ha avvisato che se non si
prendono provvedimenti le conseguenze potrebbero essere
catastrofiche: «Numerose ricerche» spiega «evidenziano un legame tra
l’esposizione alle radiofrequenze e la modifica della corteccia
cerebrale e la riduzione del numero dei neuroni. Un recente studio
americano ha dimostrato che i bambini e gli adolescenti fino ai 17 anni
che abusano della tecnologia senza fili hanno una perdita del
quoziente intellettivo di 6-7 punti. Un serio problema per il futuro
dell’umanità». 46 Riguardo ai pareri contrastanti degli studi scientifici è
stato molto schietto: «Credo che questo avvenga per l’interferenza
delle lobby, che non permettono di dire la verità sui danni provocati
dalla tecnologia senza fili. Nel mondo sono stati pubblicati seimila
articoli scientifici che dimostrano la tossicità delle radiazioni
elettromagnetiche. Ci sono prove inconfutabili sugli effetti delle
radiazioni elettromagnetiche sull’organismo umano, sulle piante e
sugli animali, dimostrate dagli studi di tutto il mondo. In Russia già
molti anni fa gli studiosi in materia hanno dimostrato che durante la
seconda guerra mondiale l’utilizzo prolungato nella steppa dei
dispositivi radio provocava ai militari perdita della memoria, deficit
dell’attenzione e mancanza di concentrazione. La scoperta della
tossicità delle radiazioni elettromagnetiche non è quindi una novità.
La novità è che l’aumento dei dispositivi elettronici senza fili ci sta
sottoponendo sempre di più alle frequenze di onde elettromagnetiche.
Una mole che il nostro corpo non ha mai sperimentato in passato, per
questo non riesce a adattarsi a esse così velocemente». 47

Le porte girevoli dell’ICNIRP e lo «Specific Absorption Rate»


I valori limite del SAR stabiliti dall’Unione europea e condivisi in quasi
150 paesi al mondo sono stati concordati dalle istituzioni sulla base
delle raccomandazioni fornite dalla Commissione internazionale per
la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (International Commission
on Non-Ionizing Radiation Protection, ICNIRP ). Tale standard di
sicurezza, oltre a essere stato calcolato a una distanza irrealistica dal
corpo umano (come dimostrato dal medico francese Marc Arazi, la
maggior parte dei telefoni supera i limiti di legge non appena
vengono posti a contatto con la pelle), è stato misurato empiricamente
sulla base dei soli effetti termici prodotti su un campione di manichini
di plastica riempiti di gel, che secondo gli esperti dell’ICNIRP
avrebbero le caratteristiche per mimare le reazioni biologiche della
materia vivente.
Il SAR , insomma, è stato estrapolato da simulazioni di laboratorio
inadeguate e obsolete che hanno visto l’impiego di manichini del peso
e dell’altezza di un adulto medio senza tenere conto delle sostanziali
differenze di corporatura e di assorbimento delle radiazioni nelle
donne e nei bambini. I risultati non sono paragonabili in alcun modo
alle capacità dielettriche dell’organismo umano e dei fluidi di un
«cervello vivo» (non riproducibili con materiali sintetici). L’unico
effetto misurato è stato l’intensità del calore prodotto nell’area esposta
(effetto termico), e poiché i manichini non dispongono di un sistema
di termoregolazione biologico i valori di sicurezza sono stati ottenuti
con un semplice calcolo matematico: se si scalda oltre una certa
misura, significa che il sistema di termoregolazione umano non è più
in grado di smaltire il calore e possono essere prodotti danni al
cervello e ad altri organi.
Gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità non hanno
ritenuto doveroso prendere in considerazione altri esami di tipo
biologico per indagare sui possibili effetti genetici ed epigenetici
dovuti all’esposizione elettromagnetica, che sono stati invece
evidenziati nei risultati scientifici di ben 833 studi censiti da Henry Lai
della University of Washington. 48
Di conseguenza, le linee guida dell’ICNIRP sono basate sulla totale
esclusione di tutti gli effetti non termici prodotti dalle frequenze che
interferiscono con le funzioni vitali della cellula (per esempio
alterando il metabolismo della membrana cellulare o causando guasti
nella barriera ematoencefalica facendo aprire o chiudere erroneamente
i canali di trasporto di alcune sostanze) e che per essere prodotti non
necessitano di alcun riscaldamento dei tessuti. Alcune radiofrequenze
o le loro armoniche (frequenze il cui valore è un multiplo intero della
frequenza base) vengono infatti riconosciute dalle cellule come codici
che attivano o disattivano specifiche funzioni biologiche.
Bisogna inoltre sapere che il SAR è collegato al valore della densità
di potenza e che quest’ultimo è a sua volta in relazione all’intensità
del campo elettrico. In Italia, come nella maggior parte degli altri
paesi, i limiti di legge vengono fissati in base alla densità di potenza e
all’intensità del campo elettrico. Nel nostro paese il limite è di 6 V/m
per i luoghi dove la permanenza è superiore a quattro ore al giorno,
ma secondo l’ente privato dell’ICNIRP si tratta di una cautela eccessiva
e da eliminare. Gli operatori delle linee telefoniche 5G hanno già
richiesto di alzare il limite a 61 V/m come negli USA , e poiché la
densità di potenza è proporzionale al quadrato del campo elettrico,
passare da 6 a 61 V/m comporta un aumento del campo di dieci volte
mentre la densità di potenza aumenta di cento volte! 49
Visti gli enormi interessi economici in gioco, appare piuttosto
inverosimile che tale lacuna sia frutto del caso. L’ICNIRP , infatti, oltre a
essere l’ente che ha redatto le linee guida internazionali sugli standard
di sicurezza dell’elettrosmog che riconoscono solo gli effetti termici
delle onde elettromagnetiche non ionizzanti su una soglia di
esposizione molto generosa, è anche un istituto privato con sede a
Monaco di Baviera (Germania) al centro di scandali per gravi conflitti
di interessi e per le porte «girevoli» dei suoi esperti verso l’industria. 50

Phonegate, lo scandalo di livello planetario taciuto dai media


Negli ultimi anni, centinaia di milioni di utilizzatori di smartphone
sono stati consapevolmente fuorviati dai produttori sui reali limiti di
esposizione alle onde elettromagnetiche dei loro dispositivi. Si tratta
del più grande scandalo al mondo riguardo alla quantità di energia
effettivamente irradiata dai telefoni cellulari a contatto con il corpo. Il
caso, subito denominato Phonegate, è scoppiato in Francia nel 2017
grazie alle ricerche di Marc Arazi, un battagliero medico transalpino
che ha divulgato pubblicamente i dati sui controlli delle emissioni
reali dei telefoni cellulari su cui i media italiani hanno invece
mantenuto il massimo silenzio. Arazi ha infatti dichiarato che «per più
di 20 anni i produttori potrebbero aver messo sul mercato telefoni
cellulari rischiosi per la salute e la sicurezza degli utenti. Innumerevoli
modelli di cellulari e smartphone delle marche più prestigiose, come
Apple, Samsung, Nokia, Alcatel, LG , Huawei, Sony, HTC , Motorola,
BlackBerry, hanno fatto registrare valori preoccupanti». 51
«Tutto ha avuto inizio nel 2015, quando mi sono imbattuto nel
rapporto della sicurezza sanitaria francese. Avevano pubblicato un
dossier sulle radiofrequenze e la salute, e al suo interno c’erano i test
effettuati dall’Agenzia nazionale delle frequenze che aveva testato
l’utilizzo reale, cioè a contatto diretto con il corpo, di diverse centinaia
di telefoni cellulari … In base a questi test è emerso che 9 telefoni su
10 superavano i limiti. La normativa europea prevede limiti massimi
per il tasso di assorbimento specifico (SAR ) a seconda che si tratti della
testa, quindi 2 W/kg, o del tronco, 4 W/kg. Prima del 2016 in Europa il
SAR veniva calcolato a una distanza tra i 15 e i 25 mm dalla pelle, come
se il telefono che teniamo in mano rimanesse sospeso a 2,5 cm dal
corpo.» Un quarto dei telefoni analizzati è risultato avere un SAR
addirittura superiore al doppio del massimo consentito, e molte delle
loro istruzioni non indicavano neppure una distanza minima di
sicurezza da adottare per l’utilizzo. 52
Non solo, ci sono altri due parametri che fanno ritenere irrealistico
l’attuale metodo di misurazione del SAR . Il primo verte sulla quantità
di tessuto umano su cui avviene l’esposizione, che in Europa è
calcolata su 10 grammi mentre in America su 1 grammo. È una
differenza che moltiplica per tre il livello di esposizione. L’altra
contraddizione riguarda invece i tempi di esposizione: in Europa i test
delle aziende telefoniche stimano solo 6 minuti di esposizione, in
America 30. Entrambi questi valori sono molto lontani dall’uso
quotidiano medio reale. 53 Arazi ha poi aggiunto: «Una volta scoperto
che 9 telefoni su 10 superavano le soglie regolamentari europee,
hanno cambiato la legge. Ora c’è l’obbligo di testare i cellulari a una
distanza massima di 5 millimetri, almeno così afferma l’Agenzia
nazionale delle frequenze, ma nella nuova norma viene menzionato
solo un generico “qualche millimetro di distanza”. I consumatori sono
stati truffati, perché quando i telefoni sono stati immessi sul mercato i
produttori sapevano che stavano esponendo in modo estremamente
importante, acuto e cronico, milioni di utenti in tutto il mondo». 54
Più antenne, meno elettrosmog?
I promotori del 5G sostengono che poiché la nuova rete con
beamforming (segnale dinamico orientabile) è più performante delle
precedenti, la capillarizzazione delle antenne (di numero maggiore
ma a potenze più basse) farà diminuire, anziché aumentare,
l’esposizione all’elettrosmog. Nello stesso tempo però i gestori del
servizio hanno chiesto di innalzare i limiti di legge sull’esposizione
alle RF di ben 10 volte anziché abbassarli. Ciò accade perché il 5G
dovrà necessariamente convivere per un lungo periodo con le
precedenti bande di frequenza 2G , 3G e 4G , e di conseguenza
l’elettrosmog prodotto dalla nuova rete di quinta generazione si andrà
a sommare a quello già immesso nell’ambiente dalle altre reti. Bisogna
infine prevedere anche l’elettrosmog prodotto da milioni di nuovi
smart device che trasmetteranno continuamente dati alla rete 5G
dall’interno delle case, dei posti di lavoro, dei negozi, dei ristoranti,
degli ospedali e dei mezzi di trasporto. L’obiettivo dichiarato delle
società di telecomunicazioni è di arrivare, entro il 2022, a fare in modo
che nelle case di almeno l’80 per cento della popolazione nazionale (il
99,4 per cento entro giugno 2023) ci sia la copertura 5G . Secondo
l’AGCOM , per raggiungere questi obiettivi l’infrastruttura di rete del 5G
sarà pienamente operativa quando avrà raggiunto una densità di circa
un milione di dispositivi connessi per chilometro quadrato. 55

Assenza normativa della dose massima assorbibile


Nel settembre 2018 l’ECNRR , il Comitato europeo per il rischio di
radiazioni ionizzanti (raggi gamma, raggi X, radiazioni nucleari, ecc.),
ha preso molto seriamente il problema del cumulo delle emissioni
provenienti da diverse sorgenti di RF e ha deciso di istituire l’ECRR , un
nuovo comitato di scienziati ed esperti il cui compito è quello di
tenere sotto controllo anche gli effetti cumulativi delle radiazioni non
ionizzanti. La recente proliferazione di dispositivi che generano
quantità significative di radiazioni elettromagnetiche (EM ) è stata
associata a una vasta gamma di effetti biologici, ma fino a ora nessuna
organizzazione statale ha mai tentato di regolare una dose limite per
l’assorbimento complessivo annuo, visto che il legislatore si è
preoccupato solo di porre un limite di emissione ai singoli dispositivi.
Di fronte a questa situazione, l’ECRR ha denunciato l’esistenza di un
parallelo storico tra lo sviluppo delle normative sulle radiazioni non
ionizzanti e quelle che riguardano invece le radiazioni ionizzanti, che
sono giunte a disciplinare il concetto di dose complessiva assorbibile
(misurata in rad, gray o sievert) da diverse fonti solo dopo la morte di
migliaia di persone per cancro. Per le radiazioni ionizzanti, infatti,
esiste il concetto di «dose legale annuale complessiva» (adottato dalla
maggior parte delle nazioni occidentali) di 1 mGy o 1 mSv che deriva
dagli studi giapponesi sugli effetti della bomba atomica. L’ECRR ,
quindi, ha proposto al legislatore di provvedere a un’analoga
soluzione per le radiazioni non ionizzanti, individuando anche per
queste ultime la dose massima annua assorbibile e usando come unità
di misura il nrad (Non-ionising Radiation Absorbed Dose), che indica una
quantità di energia elettromagnetica pari a un kilojoule per
chilogrammo di tessuto. 56
Negli studi sui ratti è già stata identificata la dose di radiazioni non
ionizzanti che induce lo sviluppo del cancro dopo un anno, e pertanto
l’ECRR ritiene che tali informazioni consentono di valutare il rischio
anche per l’uomo al fine di introdurre un limite complessivo
all’esposizione. Nel novembre 2018 il comitato ha proposto di adottare
come dose di sicurezza 150 nrad l’anno per gli adulti e 75 nrad l’anno
per i bambini al di sotto dei 12 anni. 57
L’ECRR ha elaborato queste linee guida a tutela della popolazione in
netta opposizione a quanto stabilito dall’ICNIRP , ente privato che ha
definito pubblicamente privo di autorevolezza a causa dei suoi gravi
conflitti di interessi con l’industria: «Il comitato affronta l’attuale
richiesta di medici e scienziati per lo sviluppo di linee guida mediche
sicure, 58 indipendenti da conflitto di interessi in termini di legami
diretti o indiretti con l’industria, che rappresentano lo stato della
scienza medica e che sono veramente protettivi per tutti i sistemi
viventi. L’attuale ente consulente dei governi sui livelli di esposizione
alle radiazioni non ionizzanti, la Commissione internazionale per la
protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP ), ha dimostrato di
non essere riuscito a svolgere il ruolo di autorità mondiale in quanto
non indipendente dai legami del settore come sostiene. Le sue
opinioni non sono oggettive e non sono rappresentative delle
evidenze scientifiche, ma sono di parte perché favoriscono l’industria
a causa della loro riluttanza a considerare seri i risultati scientifici sui
danni causati da RF 59 … L’attuale pratica dell’ICNIRP consiste nel
limitare la potenza dei telefoni cellulari sulla base di un tasso di
assorbimento specifico (SAR ) di circa 1,6 W/kg. Ciò consente
esposizioni enormi poiché non sono state indicate limitazioni al
comportamento individuale ed esistono preoccupazioni per
l’incapacità delle autorità di intervenire sull’aumento dalle esposizioni
alle radiazioni RF ». 60
La proposta dell’ECRR intende quindi colmare l’attuale vuoto
normativo sulla disciplina dell’elettrosmog che pone dei limiti solo
riguardo alla singola dose di assorbimento istantanea e non contempla
l’azione cumulativa e continuativa (nell’arco dell’intera giornata, del
mese o dell’anno) di diverse sorgenti di inquinamento
elettromagnetico. Inoltre, se l’iniziativa dell’ECRR venisse trasformata
in legge, nel corso di un anno l’esposizione ai campi elettromagnetici
di tutte le persone situate a meno di 100 metri dalle stazioni base
supererebbe di due volte e mezzo i limiti ritenuti accettabili dall’ente,
e sia le compagnie telefoniche che le emittenti televisive sarebbero
costrette a adeguarsi.

Le preoccupazioni degli esperti


Livio Giuliani, ex dirigente ISPESL (Istituto superiore per la
prevenzione e la sicurezza sul lavoro), ha dichiarato che la prima cosa
osservata in trentasette anni di studi fu che il campo elettromagnetico
alterava il funzionamento della pompa del calcio cellulare, uno dei
meccanismi basilari per il corretto funzionamento dell’organismo. 61 Il
calcio infatti è molto importante per mantenere un sano equilibrio
cellulare e sotto l’effetto delle onde emanate dal telefono cellulare
tende a spostarsi in maniera anomala mettendo a rischio la salute.
Il dottor Paolo Maria Rossini, direttore del reparto di neurologia
all’ospedale Gemelli di Roma, ha invece condotto centinaia di
esperimenti sugli effetti neurologici delle radiofrequenze emesse dai
cellulari, e ciò che ha scoperto è piuttosto preoccupante: «I primi
risultati, che oramai risalgono al 2009, hanno dimostrato che quando il
cellulare è acceso la metà di cervello direttamente investita dalle onde
elettromagnetiche diventa più eccitabile di circa il 7 per cento.
Sembrerà una banalità, ma è un dato altamente significativo. Ora
bisogna vedere se nel lungo periodo questa modulazione di
eccitabilità può provocare o meno dei problemi. Il fenomeno è molto
evidente nella fascia con meno di 30 anni piuttosto che nel cervello di
un anziano, e mi aspetto che questa curva sia ancora maggiore se ci
spostiamo verso l’età degli adolescenti o dei bambini. L’aumento di
eccitabilità all’interno di un organismo in crescita può esporre il
soggetto allo sviluppo di un maggior numero di neoplasie rispetto al
rischio che avrebbe corso se non fosse stato esposto a questo tipo di
emissioni». 62
Gli effetti neurologici prodotti dalle radiazioni dei cellulari sul
cervello umano evidenziati dal dottor Rossini non possono tuttavia
essere considerati inaspettati, poiché già nel 2002 erano stati
ampiamente rilevati nella sperimentazione sugli animali. 63
A causa dell’imminente arrivo della quinta generazione di telefonia
mobile, molti medici sono convinti che i rischi per la salute siano
destinati ad aumentare significativamente. Per saperne di più, ho
posto alcune domande alla dottoressa Patrizia Gentilini, medico
oncologo ed ematologo del comitato scientifico di ISDE (Associazione
italiana medici per l’ambiente):

Tutti i principali magazine di tecnologia, i grandi quotidiani e i servizi


d’informazione mainstream sostengono che la tecnologia 5G è totalmente
sicura. Di conseguenza, accusano le centinaia di ricercatori con opinioni
diverse di creare inutili allarmismi bollando tale comportamento come
antiscientifico. Lei ritiene corretto e imparziale questo atteggiamento dei
media, oppure le ricerche scientifiche indipendenti hanno già ampiamente
dimostrato i pericoli dell’elettrosmog e c’è qualcosa che invece non torna negli
studi scientifici più rassicuranti?

Ritengo grave e pericoloso questo clima da «caccia alle streghe»


verso coloro che esprimono dubbi e critiche nei confronti della nuova
tecnologia del 5G . Non aiuta certo un confronto scientifico fra tesi
discordanti, né un dibattito democratico su scelte che avranno un
impatto inevitabile sui singoli e sulle comunità, né infine il
raggiungimento di un parere condiviso su una questione oltremodo
complessa quale il 5G . Voglio sottolineare che con questa tecnologia è
in gioco non solo la salute umana ma anche l’equilibrio e l’omeostasi
degli ecosistemi e di tutti gli esseri viventi; il 5G è infatti una
tecnologia pervasiva, che coprirà l’intera superficie terrestre e a cui
nessuno potrà sfuggire. Segnalo che numerosi studi già mostrano
effetti negativi di questo tipo di frequenze sugli insetti, in particolare
sugli impollinatori, a cominciare dalle api che risultano disorientate e
incapaci di tornare agli alveari: ciò andrà a sommarsi agli effetti
devastanti che, come già sappiamo, sono esercitati su questi insetti dai
pesticidi utilizzati in agricoltura. Mi chiedo quindi cosa ne sarà di loro
dopo l’introduzione su larga scala del 5G .
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute umana, mi piacerebbe
conoscere su quali indagini e ricerche si basa l’assoluta certezza dei
fautori del 5G riguardo all’assenza di qualunque impatto negativo,
visto che il problema è proprio questo: l’assenza di studi adeguati al
riguardo! Ciò che già sappiamo delle frequenze del 2G , 3G , 4G è
tuttavia già più che sufficiente per farci preoccupare anche per il 5G .
È un copione già visto, e non c’è da stupirsi se quando sono in
gioco interessi economici enormi come in questo caso le voci
indipendenti di chi solleva dubbi vengano sistematicamente silenziate
se non banalmente ridicolizzate.

Come membro della comunità medico-scientifica, ritiene normale che un


singolo gruppo di scienziati in conflitto di interessi, a cui i mass media
concedono ampio spazio, possa legittimamente autoproclamarsi l’unico vero
portavoce della scienza in materia di tecnologia 5G ? Le opinioni degli esperti
non sono forse molto contrastanti tra loro, nonostante venga data voce solo a
una parte di essi?

Direi che ormai non c’è più niente di «normale». Sono ben
consapevole che ritenere la scienza al di sopra delle parti ed esente da
conflitti di interessi sia una pia illusione, perché è noto da tempo come
la ricerca scientifica subisca i condizionamenti economici delle grandi
corporation: basti pensare ai ritardi decennali nel riconoscere la
pericolosità del fumo di sigaretta, dell’amianto, del benzene, del
cloruro di vinile o dei pesticidi. Ma oggi più che mai la situazione mi
appare degenerata: da una parte si permette alle compagnie
telefoniche di sperimentare tutto ciò che la tecnologia è in grado di
inventare, quasi che l’intera umanità fosse solo un insieme di cavie, e
dall’altra le uniche voci cui si dà ampia risonanza sono quelle di
persone con conclamati e pesanti conflitti di interessi.
Su questo aspetto è esemplare la recentissima sentenza della Corte
di appello di Torino con la quale è stato riconosciuto il nesso causale
fra insorgenza di neurinoma ed esposizione prolungata per ragioni
professionali al telefono cellulare. I magistrati hanno concluso infatti
che le posizioni negazioniste sono viziate da conflitti di interessi e che
per tale motivo non devono essere tenute nella medesima
considerazione di quelle che scaturiscono da ricercatori indipendenti,
dichiarando, per quanto attiene la valutazione dei risultati, «che debba
essere dato maggior peso ai risultati condotti da ricercatori esenti da
tali conflitti, come per esempio da Hardell e suoi collaboratori» o
ancora: «Gli unici studiosi che con certezza escludono qualsiasi nesso
causale tra utilizzo di cellulari e tumori encefalici sono i professori
Ahlbom e Repacholi, ma detti autori si trovano in posizione di
conflitto di interessi, essendo il primo consulente di gestori di
telefonia cellulare e il secondo di industrie elettriche». Purtroppo
questa sentenza viene presentata sui media come fosse un abuso dei
magistrati che si sostituiscono agli «scienziati», quando invece si tratta
di una sentenza esemplare che non fa altro che prendere atto di
quanto espresso dai consulenti tecnici d’ufficio (anch’essi membri a
pieno titolo della «comunità scientifica»), che nella loro perizia
riaffermano un principio sacrosanto, cioè che la prima domanda da
farsi davanti a qualunque ricerca o indagine scientifica è chiedersi chi
l’abbia finanziata, ovvero se non sia viziata da conflitti di interessi.
Tanto per capirci, proprio nell’ambito delle ricerche che riguardano
campi elettromagnetici (CEM ) ed effetti sulla salute emerge che, se gli
studi sono stati finanziati dall’industria, solo il 32 per cento evidenzia
effetti negativi, mentre avviene esattamente il contrario quando gli
studi sono indipendenti, perché in questo caso le conseguenze
negative sono presenti nel 70 per cento delle ricerche.

Nel 2010 una perizia processuale di 140 pagine redatta dal professor Andrea
Micheli ha dimostrato un nesso evidente tra le onde emesse dalle antenne di
Radio Vaticana e l’anomalo sviluppo di tumori e leucemie negli abitanti della
zona. Molti altri procedimenti giudiziari italiani e del resto del mondo hanno
confermato i rischi da esposizione all’elettrosmog. Qual è la sua opinione di
oncologa a riguardo?

La situazione verificatasi per esposizione alle onde trasmesse da


Radio Vaticana è stata oggetto anche di una pubblicazione scientifica
nel 2002. 64 Questo lavoro ha confermato quanto già evidenziato nella
perizia, ovvero che nei residenti in un’area di 10 chilometri dai
ripetitori radio-tv di Radio Vaticana nel periodo 1987-88 si è registrata
nei bambini (entro 6 chilometri dalle antenne) un’incidenza di
leucemia più che doppia rispetto all’atteso, e contestualmente anche
negli adulti diminuiva la mortalità con l’aumentare della distanza dai
ripetitori. Ricordo che da diversi studi condotti per valutare i rischi da
esposizione ai campi elettromagnetici a bassa frequenza – quali quelli
creati dagli elettrodotti – è emerso un incremento del rischio di
leucemie infantili variabile dal 70 per cento al 100 per cento, ovvero il
doppio dell’atteso! Nel 2002 lo IARC ha classificato i campi
elettromagnetici a bassa frequenza come 2B , ovvero «possibili
cancerogeni». Va anche ricordato che l’azione biologica dei CEM non è
solo di tipo cancerogena, ma sono documentati numerose e non certo
meno preoccupanti azioni quali:
– effetti epigenetici: attivazione di oncogeni, sintesi riparativa del DNA ,
alterazione di proteine funzionali;
– riduzione della sintesi di melatonina;
– aumento della concentrazione di perossidi e radicali liberi;
– alterazione della concentrazione del calcio;
– inibizione dell’apoptosi (morte cellulare programmata);
– induzione di «proteine da shock termico»;
– alterazione della funzionalità del sistema immunitario;
– i CEM /ELF possono inoltre interagire sinergicamente con altri
cancerogeni genotossici (radiazioni ionizzanti, idrocarburi aromatici
policiclici, derivati del benzene, formaldeide).

Non solo le grandi compagnie di telefonia mobile ma anche tutti i colossi


industriali del mondo hanno investito enormi capitali nella nuova tecnologia
per creare delle «smart city» e delle «smart factory» caratterizzate da
elettrodomestici, dispositivi robotici e automobili intelligenti sempre in
connessione tra loro. Oltre a ciò, lo Stato italiano ha già incassato oltre 6,5
miliardi di euro dalla vendita delle concessioni per le frequenze 5G . Secondo
lei, se anche venisse dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio l’enorme
pericolo per la salute pubblica, gli scienziati indipendenti avrebbero qualche
reale possibilità di far sentire la propria voce sui servizi d’informazione
mainstream?

Mi fa una domanda alla quale non sono in grado di rispondere,


credo che siamo in molti a pensare che siamo ormai su un treno in
corsa che nessuno è in grado di governare e che molto presto andrà a
sbattere. Mi preoccupa che il destino del mondo non sia in mano alle
comunità, ma a sistemi sovranazionali che impongono modelli di
società che molti di noi non hanno scelto e su cui manca ogni forma di
confronto democratico. Siamo davvero sicuri che in una smart city
vivremo meglio e che tutta questa tecnologia ci farà essere migliori e
più felici? In un mondo in cui solo l’8 per cento della popolazione
mondiale respira aria che rispetta i limiti indicati dall’OMS come
cautelativi per la salute, in cui esistono ancora 800 milioni di affamati,
in cui la disponibilità di acqua non contaminata è sempre più ridotta,
in cui aumentano esponenzialmente le disparità, visto che solo l’1 per
cento della popolazione ha il monopolio delle risorse globali, e in cui
la perdita di biodiversità, la desertificazione e i cambiamenti climatici
sono problemi sempre più drammaticamente presenti, non credo
proprio che la strada imboccata sia quella giusta, anzi. Si parla di
«intelligenza delle cose», ma io vorrei parlare di intelligenza delle
persone e soprattutto di intelligenza dei bambini. I danni al
neurosviluppo, la perdita di punti di quoziente intellettivo, l’autismo
sono ormai questioni che ci riguardano da vicino, e vorrei ricordare
che già nel 2006 «The Lancet» denunciava che un bambino su sei al
mondo presenta problemi di questo tipo, parlando di una «pandemia
silenziosa». Non crede che sarebbero questi i problemi reali che
dovremmo affrontare con molta più sollecitudine e impegno, e non
certo preoccuparci di far «dialogare» il nostro cellulare con frigo o
lavatrice?

L’organismo umano, al pari di quello di ogni altro essere vivente, è costituito


da cellule, tessuti e organi il cui corretto funzionamento è interamente
regolato da diverse polarità e frequenze elettriche. La normativa
sull’elettrosmog però considera solo gli effetti termici generati sul corpo
umano, ignorando le interferenze sui delicati equilibri bioelettrici degli
organismi viventi. Ciononostante, esiste una vasta letteratura scientifica che
ha già evidenziato un nesso tra l’esposizione alle radiofrequenze e
l’insorgenza di diverse patologie fra cui cancro, leucemie, cefalee, insonnia,
depressione e alcuni disturbi immunologici, riproduttivi e dello sviluppo
fetale. Non le sembra quantomeno strano che la legislazione attualmente in
vigore per la tutela della salute continui ancora a ignorare gli effetti biologici
dell’elettrosmog?

Valutare per i campi elettromagnetici i soli effetti biologici relativi


al riscaldamento dei tessuti è semplicemente ridicolo, fra l’altro
l’effetto termico è stato valutato su manichini riempiti di gel, quasi che
fossimo bambole di celluloide. Come lei ha ricordato, l’elenco degli
effetti biologici provocati dai CEM e dalle radiofrequenze in particolare
è molto lungo. Fondamentalmente si crea una situazione di stress
ossidativo, con formazione di radicali liberi che sono uno dei più
importanti fattori di danno cellulare, in grado di innescare a cascata
tutta una serie di ulteriori gravi processi per la salute umana. Lo
scorso settembre abbiamo pubblicato come ISDE , in collaborazione con
European Consumers, un rapporto su CEM e 5G in cui abbiamo
riportato le più importanti evidenze scientifiche sull’esposizione a
CEM e la salute umana, che riguardano sia un’azione cancerogena che
non cancerogena.
In relazione all’azione non cancerogena, questi sono i principali
effetti segnalati:

– danni alla barriera emato-encefalica, malattie neurodegenerative; 65


– infertilità; 66
– disturbi neurocomportamentali; 67
– danni diretti alle cellule neuronali; 68
– danni al feto e al neurosviluppo; 69
– disturbi metabolici e del sistema endocrino, diabete; 70
– alterazione del ritmo cardiaco. 71

Per quanto riguarda l’azione cancerogena, ricordo invece che nel


2017 sono state pubblicate almeno tre metanalisi che hanno preso in
esame decine di studi epidemiologici caso-controllo. Si tratta di decine
di migliaia di casi (ovvero di soggetti affetti da tumori cerebrali) e
ancor più controlli sani in cui è stata indagata l’esposizione a telefoni
mobili.
Da questa grande mole di dati è emerso che l’uso del cellulare per
oltre 10 anni o un periodo superiore a 1640 ore di utilizzo, specie se
ipsilaterale, comporta un incremento del rischio di tumori cerebrali di
oltre il 30 per cento nel loro complesso e del 44 per cento per i gliomi,
la forma più aggressiva di questo gruppo di tumori. Infine, nel 2018
sono stati pubblicati anche i risultati di due ampi studi sperimentali:
uno condotto negli USA a cura del National Toxicology Program, che
ha valutato l’esposizione di settemila topi da laboratorio (sacrificati a
106 settimane) a radiazioni corrispondenti all’intensità solo del 2G e
3G ; l’altro condotto in Italia dall’Istituto Ramazzini di Bologna, che ha
usato frequenze più basse (quelle tipiche delle stazioni radio base) e si
è protratto fino alla morte naturale degli animali. Entrambi gli studi –
pur utilizzando frequenze diverse – hanno trovato gli stessi risultati:
un aumento «statisticamente rilevante» del numero di tumori, in
particolare dei rarissimi tumori delle guaine nervose al cervello e al
cuore.
Per questi motivi, come medici che hanno a cuore la salute
pubblica, siamo rimasti oltremodo sconcertati dal rapporto ISTISAN
uscito nell’agosto 2019 in cui letteralmente si afferma: «Per quanto
riguarda il rischio di glioma in relazione alle ore totali d’uso del
cellulare, quattro studi su sette riportano incrementi di rischio nella
categoria di esposizione più elevata, ma le categorie sono
disomogenee e le relazioni esposizione-risposta osservate nei diversi
studi non sono coerenti fra loro». Quindi gli autori del rapporto
ISTISAN , pur riconoscendo che quattro metanalisi su sette evidenziano
rischi, prendono in considerazione le tre «tranquillizzanti» pur se
viziate da pesanti errori metodologici, quali per esempio avere
considerato esposizioni molto limitate (2 anni e 8 mesi). È ovvio che
un breve periodo di neanche tre anni è del tutto insufficiente per
vedere svilupparsi un tumore, patologia che richiede – come emerge
dagli studi adeguatamente condotti – esposizioni superiori a dieci
anni o a 1640 ore d’uso del cellulare. Come si può disconoscere
l’esistenza di un rischio basandosi su periodi di osservazione troppo
brevi affinché la malattia si sviluppi? Su questa delicatissima
questione è disponibile sul nostro sito una articolata critica a firma del
presidente del Comitato scientifico internazionale, il dottor Agostino
Di Ciaula. 72

L’obiettivo dell’industria è quello di predisporre una fitta rete di antenne e di


satelliti in grado di assicurare la copertura 5G sul 99 per cento della
popolazione mondiale. Dal punto di vista epidemiologico, quindi, non sarà
più neppure possibile comparare le condizioni di salute della popolazione
esposta al 5G con quella dove la tecnologia è assente. Perché questa fretta nel
voler irradiare tutta la popolazione umana di ogni parte del globo in pochi
anni? Non sarebbe stato più saggio limitare l’uso del 5G a determinate aree,
almeno fino a quando non ne fosse stata dimostrata l’assoluta sicurezza o la
presenza di rischi trascurabili?
Saggezza, lungimiranza, prudenza sono termini il cui significato si
è purtroppo perso da tempo. Certo, sarebbe stato molto più saggio
valutare accuratamente i potenziali rischi per la salute umana e
l’ambiente conseguenti alla installazione del 5G e poi – solo a fronte di
una sua consolidata assenza di effetti negativi – procedere
all’attuazione di questa nuova tecnologia, ma purtroppo non è così.
Questa corsa frenetica mi lascia profondamente perplessa: i miei figli e
i miei nipoti sono cresciuti senza «pannolini intelligenti» che avvisano
quando sono da cambiare, e la doccia la facciamo calda anche senza
una caldaia smart. Insomma, credo che si vogliano creare ancora una
volta bisogni «artificiali» da cui poi sarà molto difficile, anzi
impossibile, tornare indietro. Peraltro, così facendo stiamo
letteralmente regalando tutti i nostri dati – anche quelli più intimi e
personali – a grandi compagnie che potranno utilizzarli per
condizionare e indirizzare le nostre scelte, a cominciare dai nostri
consumi quotidiani.

L’industria sostiene che le onde millimetriche del 5G sono meno dannose di


quelle utilizzate dalle bande di frequenza 2G, 3G e 4G poiché grazie all’«effetto
pelle» delle alte frequenze rimangono in superficie e non penetrano nei
tessuti. Nel 2012 però è stata declassificata una ricerca scientifica
commissionata proprio per studiare gli effetti biologici prodotti dalle onde
elettromagnetiche millimetriche, e i risultati sono stati a dir poco
sconcertanti. Lo studio ha infatti associato l’esposizione a onde millimetriche
(tra i 5 e gli 8 millimetri), emesse alla potenza di un milliwatt per centimetro
quadrato per soli 15 minuti al giorno e per appena due mesi, allo sviluppo di
alterazioni strutturali della pelle e degli organi interni, a modifiche
qualitative e quantitative del sangue e del midollo osseo, a mutamenti nella
respirazione dei tessuti e del metabolismo dei nuclei cellulari. Con il 5G verrà
utilizzata la stessa tipologia di onde millimetriche (da 1 a 10 millimetri a
frequenze comprese tra i 24 e i 300 GHz) esaminate in questo studio, ma a
potenze molto più elevate, per ben 24 ore al giorno e per tutti i giorni
dell’anno. Ritiene quindi che sia possibile assecondare gli obiettivi
dell’industria senza violare il diritto fondamentale alla tutela della salute
previsto dall’articolo 32 della Costituzione?
Il 5G inizialmente userà le bande 700 MH z, 3,4-3,8 GH z, 26 GH z (onde
centimetriche) e, successivamente, le bande comprese nella gamma tra
24-25 e 86 GH z (onde millimetriche). Questo tipo di onde penetra nella
cute fino a 10 millimetri e per i fautori del 5G questa limitata
penetrazione viene considerata scevra da rischi per la salute. Anche
questo è semplicemente ridicolo, perché la penetrazione anche di un
solo centimetro di questo tipo di frequenze può generare effetti sulle
cellule cutanee, in particolare danni alle membrane dei cheratinociti
ma anche alterazioni delle terminazioni nervose, delle ghiandole
sudoripare e del microcircolo, con liberazione di citochine
infiammatorie e potenziali effetti sia locali che sistemici. C’è anche da
dire che le onde centimetriche erano conosciute in Unione Sovietica
già negli anni Cinquanta, e uno studio del 1955 riporta che anche una
singola esposizione a onde centimetriche aveva indotto nei conigli seri
danni agli occhi con sviluppo di cataratta.
Attualmente disponiamo di numerose altre conoscenze derivanti
da indagini sperimentali condotte sia su colture cellulari che su
animali, mentre ovviamente mancano conoscenze adeguate sul piano
epidemiologico condotte sulla popolazione umana. Non per nulla si
chiama «sperimentazione 5G », perché facciamo tutti noi da cavie, e
visto che questa tecnologia riguarderà l’intera popolazione
mancheranno i presupposti per condurre studi di confronto fra esposti
e non esposti. Sembra ragionevole tutto questo? Comunque, i dati
sperimentali di cui già disponiamo attestano che le onde
centimetriche/millimetriche possono indurre l’alterazione
dell’espressione genica e delle membrane citoplasmatiche, modificare
la funzionalità dei sistemi neuromuscolari, aumentare la temperatura
della cute, stimolare la proliferazione cellulare, modulare la sintesi di
proteine coinvolte in processi infiammatori/immunologici. Inoltre
l’esposizione di fibroblasti umani adulti e fetali a 25 GH z per 20 minuti
ha comportato effetti sui cromosomi (aneuploidia) noti come
predisponenti al cancro.

Poiché normalmente lo sviluppo del cancro e di altre patologie non si


manifesta mai immediatamente ma solo dopo molti anni di esposizione, come
avviene per il cancro da fumo, esiste qualche esame specifico del sangue o di
altro tipo in grado di rilevare subito le anomalie prodotte dall’esposizione alle
microonde nelle popolazioni delle città in cui è già stato attivato il servizio
5G ?

Per quanto riguarda le onde specifiche del 5G non sono a


conoscenza di esami specifici che possano al momento in qualche
modo predirne gli effetti, anche se con metodiche opportune e in
tempi veloci questo sarebbe assolutamente fattibile, e per esempio
l’Istituto Ramazzini potrebbe certamente essere in grado di farlo.
Posso affermare inoltre che in individui elettrosensibili, ovvero che
lamentano sintomi più o meno accentuati in presenza di campi
elettromagnetici che non creano disturbi alla gran parte delle persone,
è stata dimostrata la presenza di specifici biomarcatori che indicano
un’alterata risposta allo stress. Per esempio, in uno studio 73 su 32
pazienti autodichiaratisi elettrosensibili sono state misurate sostanze
reattive all’acido tiobarbiturico (TBAR ) come la malondialdeide (MDA )
per la perossidazione lipidica, molecole del gruppo tiolo, il glutatione
ridotto (GSH ) e il glutatione ossidato (GSSG ), e nei globuli rossi è stata
misurata l’attività del superossido di CuZn dismutasi (SOD1 ), del
glutatione reduttasi (GR ) e del glutatione perossidasi (GP x).
È così emerso che, a seconda del biomarcatore considerato, il 30-50
per cento dei pazienti ha presentato valori statisticamente rilevanti
significativamente aumentati di TBAR , MDA , GSSG e nitrotirosina (NTT )
rispetto a controlli sani (P < 0,0001). 74 Al contrario, i valori per
biomarcatori associati a GSH erano statisticamente diminuiti in modo
significativo nel 20-40 per cento dei pazienti (P < 0,0001).
Lo studio, pertanto, riconosce che le persone elettrosensibili
presentano biomarcatori specifici per lo stress ossidativo e non sono
quindi affette da disturbi psicosomatici, come purtroppo troppo
spesso vengono frettolosamente etichettate.
IV
Gli studi sulle onde millimetriche del 5G

Differenza tra radiazioni naturali e artificiali


Le onde elettromagnetiche e i segnali radio sono già presenti in natura
e le loro sorgenti non costituiscono certo una novità introdotta
dall’uomo. I fulmini, per esempio, sono un fenomeno atmosferico
provocato da differenze di potenziale elettrico fra due corpi che
producono potenti segnali radio. Anche il Sole, la nostra galassia e
l’intero universo emettono segnali radio che spesso (almeno in parte)
si manifestano sulle stesse bande di frequenza utilizzate dalla
telefonia mobile. L’umanità è quindi sempre stata immersa in un
«fondo» elettromagnetico naturale, e la Terra stessa genera un campo
elettrico costante pari a 130 V/m che interagisce con la ionosfera (sita a
circa 55 chilometri dal suolo). Il nostro pianeta possiede infatti una
carica negativa, mentre nella ionosfera è presente una carica positiva,
e l’aria dell’atmosfera (un isolante dielettrico) tiene separate le due
diverse cariche in modo molto simile a quanto avviene in un comune
condensatore.
Esiste tuttavia una sostanziale differenza tra le onde costanti e
quelle pulsate, poiché queste ultime generano effetti biologici
notevolmente superiori. Fino al 1940 il fondo naturale
elettromagnetico pulsato era di appena 0,0002 V/m, 1 mentre le
moderne sorgenti di elettrosmog generano onde pulsate artificiali a
livelli molto superiori. Uno studio pubblicato nel 2018 su «The
Lancet» (con dati aggiornati sull’elettrosmog solo fino al 2010) ha
accertato che le fonti naturali di onde elettromagnetiche pulsate
(quelle dai maggiori effetti biologici) vengono superate dalle fonti
artificiali non di 10 o 100 volte ma di 10 18, ovvero di un miliardo di
miliardi di volte. 2 Gli autori dello studio concludono che è giunto il
momento di valutare seriamente l’impatto ambientale
dell’inquinamento elettromagnetico, ma le grandi compagnie
telefoniche e l’industria stanno esercitando pressioni nella direzione
completamente opposta.
Poiché il dibattito sull’argomento ha molti risvolti tecnici la cui
comprensione è riservata solo agli addetti ai lavori, per fare maggiore
chiarezza ho posto alcune domande al professor Andrea Grieco, un
fisico indipendente 3 molto ben informato. Dal 1994, infatti, si occupa
di misure e consulenze relative all’inquinamento elettromagnetico per
enti pubblici, aziende e privati. Ha partecipato alla stesura del
documento «La scuola elettromagnetica» e alla realizzazione del
documentario Sensibile, sulla MCS (sensibilità chimica multipla) e
l’elettrosensibilità. È socio dell’Istituto Ramazzini di Bologna e
dell’Associazione italiana elettrosensibili, e ha collaborato alla
preparazione di saggi sui pericoli dell’elettrosmog. 4

Centinaia di scienziati di tutto il mondo hanno espresso molta


preoccupazione per l’introduzione della nuova rete di quinta generazione
invocando il principio di precauzione, e in effetti con il 5G assisteremo a una
vera e propria escalation dell’elettrosmog, perché tra pochi anni quasi tutti i
prodotti in commercio avranno una versione «smart» collegata alla rete che a
sua volta emetterà onde elettromagnetiche per stabilire una ricetrasmissione
dati permanente. Altri scienziati favorevoli al 5G ritengono invece che i timori
siano completamente privi di fondamento, perché l’elettrosmog prodotto verrà
comunque contenuto entro i valori massimi di 61 V/m (in Italia, almeno per
il momento, il massimo consentito nelle aree non residenziali è di 20 V/m),
ovvero addirittura al di sotto della metà dei 130 V/m prodotti dal campo
elettrico naturale del nostro pianeta. Chi ha ragione allora? Gli scienziati che
chiedono il rispetto del principio di precauzione o quelli che ritengono
innocuo l’elettrosmog prodotto dall’uomo?

Prima di addentrarci nella questione di chi abbia ragione, è bene


chiarire alcuni concetti fondamentali riguardanti i campi elettrici e
magnetici. Per i fisici un «campo» è l’intermediario di una forza. Il
campo gravitazionale, per esempio, è l’intermediario della forza di
gravità, quella che fa cadere le mele dagli alberi e tiene la Terra in
orbita attorno al Sole, per intenderci. Allo stesso modo, il campo
elettrico è l’intermediario della forza che si esercita tra cariche
elettriche. In natura esistono due tipi di cariche che,
convenzionalmente, indichiamo come positive e negative. Cariche di
segno opposto si attraggono, mentre quelle dello stesso segno si
respingono. Per vedere in azione la forza elettrica possiamo strofinare
una penna biro con un panno sintetico e osservare come, una volta
elettrizzata, attragga piccoli pezzetti di carta. L’altro attore che
dobbiamo considerare è il campo magnetico, responsabile per
esempio delle forze che si esercitano tra calamite. Siccome ai fisici
piace misurare tutto, hanno stabilito un’unità di misura per il campo
elettrico, il volt su metro (V/m), e un’altra per il campo magnetico,
l’ampere su metro (A/m), anche se più frequentemente si usano il tesla
(T) e i suoi sottomultipli. La Terra ha un suo campo elettrico, del
valore di circa 130 V/m, e un suo campo magnetico, di circa 50 µT
(microtesla, cioè milionesimi di tesla). Possiamo facilmente accertarci
della presenza del campo magnetico terrestre con una semplice
bussola. Questi campi sono essenzialmente statici, cioè non variano
nel tempo o lo fanno su scale temporali piuttosto grandi. Sappiamo
che il campo magnetico terrestre ha subito nel corso delle ere
geologiche dei cambiamenti di polarità, ma questo è avvenuto nel
corso di migliaia di anni.
Anche il campo elettrico terrestre può subire variazioni, per
esempio a causa dei temporali, nell’arco di alcune ore. Quando, in
particolari situazioni, campi elettrici e magnetici rapidamente variabili
nel tempo si combinano tra loro, danno origine al campo
elettromagnetico, in grado di propagarsi sotto forma di onde. Le onde
elettromagnetiche sono quindi costituite da campi elettrici e magnetici
oscillanti. La frequenza delle oscillazioni può andare da qualche
decina di hertz (un Hz corrisponde a un’oscillazione al secondo) a
miliardi e miliardi di hertz. I fisici classificano le onde
elettromagnetiche in base alla loro frequenza, in quello che è chiamato
«spettro elettromagnetico». Alle frequenze più basse troviamo le onde
radio, a cui seguono le microonde, gli infrarossi, la luce visibile, gli
ultravioletti, i raggi X e i raggi gamma. Vi sono sorgenti naturali di
onde elettromagnetiche in tutte le bande di frequenza nell’intero
universo. In sostanza viviamo immersi in un mare di onde
elettromagnetiche che copre l’intero spettro, dalle onde radio prodotte
dai temporali al tenue chiarore dell’aurora boreale, dalla luce delle
stelle alla radiazione cosmica di fondo.
I campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici possono però anche
avere un’origine artificiale. Gli elettrodotti, le cabine di
trasformazione, gli elettrodomestici, le lampadine, i motori elettrici,
gli smartphone, gli apparecchi diagnostici o terapeutici sono tutti
esempi di sorgenti artificiali. I campi artificiali, nella maggior parte dei
casi, hanno caratteristiche diverse da quelli naturali. Il campo
magnetico che circonda un elettrodotto oscilla a una frequenza di 50
Hz e non trova analogo in natura. È vero che, ad alcune decine di
metri da una linea ad alta tensione, il valore del campo magnetico è di
pochi microtesla, tuttavia si tratta di un campo variabile e i suoi effetti
sugli esseri viventi sono diversi da quelli di un campo statico. Le onde
elettromagnetiche utilizzate nelle comunicazioni radio hanno
frequenze che vanno da pochi hertz fino a centinaia di miliardi di
hertz e l’interazione di queste onde con i tessuti organici è molto
diversa rispetto a quella di un campo elettrico statico. Questo è il
motivo fondamentale per cui non si possono confrontare i 130 V/m del
campo elettrico naturale terrestre, che è sostanzialmente statico, con i
campi elettromagnetici delle onde radio, che sono fortemente variabili
nel tempo. Un secondo aspetto che differenzia un campo elettrico
statico da un’onda elettromagnetica è che, in quest’ultima, è presente
anche la componente magnetica. Il terzo aspetto riguarda il fatto che
gli organismi viventi, nel caso di segnali di origine artificiale, si
trovano ad affrontare una situazione che non è presente in natura ed è
potenzialmente dannosa.

Il probabile innalzamento dei valori limite da 6 V/m ai 61 V/m richiesti


dall’ICNIRP comporterà un aumento del campo di 10 volte e un aumento della
densità di potenza di 100 volte. Può spiegare in termini semplici cosa si
intende per aumento di campo e densità di potenza?
Abbiamo detto che un’onda elettromagnetica è composta da campi
elettrici e magnetici oscillanti, come mostrato in figura. A una certa
distanza dall’antenna, pari a qualche lunghezza d’onda, i due campi
sono strettamente correlati, nel senso che l’intensità di uno è
proporzionale a quella dell’altro. All’aumentare dell’intensità del
campo elettrico, aumenta anche l’energia trasportata dall’onda
elettromagnetica, la cosiddetta densità di potenza. Questa però non
aumenta proporzionalmente al campo elettrico, ma al suo quadrato.
Raddoppiando l’intensità del campo la densità di potenza
quadruplica, triplicando il campo diviene nove volte tanto, e così via.

I limiti di legge proposti dall’ICNIRP (Commissione internazionale


per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti), accettati da molti
governi, si basano sull’assunto che gli unici danni che possono
produrre le onde radio siano legati agli effetti termici. Occorre tener
presente che un’onda elettromagnetica trasporta energia e che parte di
questa energia si deposita nei tessuti su cui la radiazione incide,
manifestandosi sotto forma di calore. Il conseguente aumento di
temperatura, se supera un certo livello, produce danni biologici. Senza
entrare in dettagli tecnici, il limite di 61 V/m nasce in questo modo,
per essere sicuri che l’innalzamento della temperatura corporea
rimanga al di sotto di un grado centigrado. Si fa riferimento solo alla
componente elettrica dell’onda elettromagnetica in quanto, a una certa
distanza dalla sorgente, la componente magnetica è proporzionale a
essa. A volte si utilizza anche la densità di potenza, cioè l’energia
trasportata dall’onda elettromagnetica per unità di tempo e superficie
ed espressa in watt per metro quadrato (W/m 2). Per i cellulari, che
sono utilizzati a breve distanza dal corpo, si preferisce usare un’unità
di misura chiamata SAR . Il SAR (Specific Absorption Rate, o tasso di
assorbimento specifico) misura la quantità di energia assorbita ogni
secondo da un chilogrammo di tessuto (W/kg). Il limite di esposizione
per l’uso dei cellulari è fissato in 2,0 W/kg in Europa e 1,6 W/kg negli
Stati Uniti.
I limiti dell’ICNIRP sono tuttavia contestati da molti ricercatori, che
sostengono che, oltre all’effetto termico, vi siano anche effetti non
termici. Questi si manifestano anche quando la temperatura non
s’innalza in modo apprezzabile e sono legati, più che all’energia
trasportata, alla frequenza e al tipo di modulazione dell’onda
elettromagnetica. La modulazione è quel processo attraverso il quale
si riesce ad associare a un’onda di una certa frequenza (la «portante»)
l’informazione che si vuole trasmettere (la «modulante»). Sono ormai
migliaia gli studi che mostrano l’esistenza degli effetti non termici; per
una panoramica si possono consultare i siti www.elettrosensibili.it e
www.bioinitiative.org. Per questo motivo ricercatori di fama mondiale
quali il professor Olle Johansson del Karolinska Institut,
l’epidemiologa Devra Davis dell’università di Pittsburgh, il professor
Angelo Gino Levis, già cattedratico di mutagenesi ambientale
all’università di Padova, e tanti altri chiedono di abbassare i limiti di
esposizione e di applicare il principio di precauzione, soprattutto
quando si tratta di implementare nuove frequenze come quelle
connesse al 5G .
Da questo punto di vista, fortunatamente, l’Italia adotta limiti più
restrittivi rispetto alla maggior parte dei paesi europei. L’obiettivo di
qualità per le zone con permanenza superiore alle quattro ore
giornaliere è di 6 V/m. Tuttavia, proprio in vista del 5G, le compagnie
telefoniche e le tower company (i gestori dei tralicci su cui sono
posizionate le antenne) chiedono l’innalzamento a 61 V/m, cosa che
comporta un aumento di più di cento volte del limite di densità di
potenza. Si passerebbe dagli attuali 0,1 W/m 2 a 10 W/m 2. Spesso si
sente dire che la densità di potenza della luce solare, in una giornata
limpida, supera i 1000 W/m 2 e che quindi non vi è alcun pericolo
nell’essere esposti a 10 W/m 2 nella banda radio. È un ragionamento
che segue una logica errata per almeno due buoni motivi. Innanzitutto
si paragonano le densità di potenza in due bande di frequenza molto
lontane tra loro.
Come abbiamo detto, gli effetti dipendono anche dalla frequenza,
non solo dall’energia trasportata. Per confronto, si pensi che un
attacco epilettico può essere innescato da una luce stroboscopica con
una frequenza di 5 Hz, anche se di bassa intensità luminosa. Portando
la frequenza a 50 Hz, al di là del tempo di reazione dell’occhio, anche
con luce più intensa, la crisi non si verifica. Il secondo motivo è che le
specie viventi su questo pianeta si sono evolute in un ambiente
elettromagnetico con certi livelli di intensità. Mentre l’illuminazione
artificiale, che pure crea tutta una serie di problemi che vanno dai
danni alla vista all’alterazione dei ritmi circadiani, ha intensità
decisamente inferiori a quella della luce solare, lo stesso non si può
dire delle onde radio. Uno studio dal titolo Inquinamento
elettromagnetico planetario: è tempo di valutarne l’impatto, pubblicato
sulla prestigiosa rivista «The Lancet» nel 2018, ha mostrato come già
nel 2010 la densità di potenza dovuta a sorgenti artificiali in una città,
nella banda radio della telefonia mobile, avesse superato di un
miliardo di miliardi di volte il fondo naturale. Con una situazione
simile è più che lecito domandarsi con preoccupazione quali siano gli
effetti a breve e a lungo termine sugli esseri umani e le altre forme di
vita del nostro pianeta.

Alcuni ricercatori hanno ipotizzato inoltre che gli effetti non termici dei
campi elettromagnetici artificiali possano coinvolgere anche la meccanica
quantistica, la teoria che descrive il mondo atomico e subatomico. Qual è la
sua opinione in proposito?

L’idea che la meccanica quantistica svolga un ruolo fondamentale


in biologia non è nuova. Nel 1933 Niels Bohr, uno dei padri fondatori
della teoria, pubblicò un articolo sulla rivista «Nature» dal titolo Light
and Life, dove sottolineava l’importanza dei quanti per la vita. Dieci
anni dopo Erwin Schrödinger, un altro dei padri della meccanica
quantistica, nel libro What is Life? discuteva degli aspetti dei geni
legati alla teoria dei quanti. Verso la fine degli anni Ottanta del secolo
scorso, il fisico inglese Roger Penrose e l’anestesiologo Stuart
Hameroff svilupparono una teoria quantistica della coscienza,
descritta nel libro La mente nuova dell’imperatore, uscito nel 1989. Nel
2014 il fisico teorico Jim Al-Khalili e il genetista Johnjoe McFadden
hanno dato alle stampe il libro La fisica della vita, dove sono discussi
molti aspetti quantistici presenti negli esseri viventi.
I fisici italiani Giuliano Preparata ed Emilio Del Giudice hanno
sviluppato una teoria che pone al centro dell’attenzione la fisica
dell’acqua in relazione agli esseri viventi. Secondo questa teoria,
l’acqua allo stato liquido è costituita da due fasi. La prima, incoerente,
si comporta seguendo le usuali leggi della termodinamica classica; la
seconda, coerente, segue le leggi della teoria quantistica dei campi.
Nell’acqua dei sistemi biologici si vengono a creare i cosiddetti domini
di coerenza, all’interno dei quali le molecole d’acqua «danzano» in
fase al ritmo di un campo elettromagnetico intrappolato nel dominio.
È questo campo che guida le reazioni biochimiche indispensabili alla
vita. Segnali elettromagnetici artificiali quali quelli della telefonia
mobile possono interferire con gli stati coerenti anche al di sotto della
soglia termica. Il professor Dirk K.F. Meijer, già docente di
farmacocinesi e farmacologia all’università di Groningen, ha studiato
per anni gli effetti delle onde elettromagnetiche legati alla frequenza
delle stesse. Questi studi lo hanno portato a evidenziare l’importanza
del campo elettromagnetico naturale quale guida per la vita e gli
effetti dannosi che possono avere i campi artificiali. In ogni caso
dobbiamo sempre pensare che il campo elettromagnetico, soprattutto
se modulato, trasporta informazione, e che questa informazione può
interferire con i delicati equilibri biochimici. Equilibri che poggiano in
ultima analisi sulla natura quantistica del fenomeno vita.

Antenne di vecchia e nuova generazione


L’esposizione a campi elettromagnetici a RF artificiali è dovuta a due
principali tipologie di sorgenti:
– impianti che diffondono segnali utilizzati nelle telecomunicazioni
(antenne trasmittenti radio-tv, stazioni radio base per la telefonia
cellulare, impianti Wi-Fi), che possiamo definire «sorgenti fisse
ambientali»;
– apparati per uso personale (telefoni cellulari e cordless, laptop e altri
dispositivi wireless).

Le sorgenti ambientali determinano esposizioni prolungate nel


tempo che interessano il corpo intero, mentre gli apparati per uso
personale sono fonte di esposizioni non continuative nel tempo e che
interessano in modo specifico una parte del corpo. Una terza categoria
di sorgenti, presenti nell’ambiente domestico o d’uso comune, include
i forni a microonde (che pur essendo dotati di schermature possono
rilasciare radiazioni a RF ) e diversi dispositivi che trasmettono segnali
a RF a distanza (antifurti, telepass e telecomandi). Queste sorgenti
emettono campi a RF di bassa intensità e breve durata che
normalmente non comportano significativi livelli di esposizione.
Le onde elettromagnetiche artificiali sono prodotte attraverso
conduttori metallici (antenne) dove vengono fatte circolare delle
correnti che al loro passaggio generano l’emissione di frequenze radio
nell’ambiente. Le antenne sono di diverso tipo, forma e potenza, ma
possono essere suddivise in due principali categorie per il modo in cui
irraggiano energia nello spazio:

1. antenne che producono onde elettromagnetiche in tutte le


direzioni in maniera piuttosto uniforme (isotrope);
2. antenne direzionali che producono un fascio di onde
elettromagnetiche prevalentemente in una sola direzione.

Le moderne antenne 3, 4 e 5G della telefonia mobile appartengono


tutte alla categoria direzionale, ma quelle di quinta generazione (dalla
caratteristica forma quadrata) si distinguono dalle altre in quanto
impiegano una tecnologia dinamica denominata beamforming che, a
differenza delle precedenti (fisse), consente di variare continuamente
la direzione del fascio emesso senza la necessità di spostare
fisicamente l’impianto. Ciò permette quindi di seguire il movimento
dei device collegati all’antenna come una sorta di faro intelligente che
in tempo reale riesce a orientare il proiettore solo nella direzione in cui
è effettivamente necessario.

Confronto tra il fascio di radiazione emesso dalle stazioni radio base 4G (diagramma di irradiazione
fisso) e 5G (diagramma di irradiazione dinamico e indirizzabile verso l’utente).

Dopo la prima fase d’installazione del 5G , volta ad assicurare la


copertura della rete su tutto il territorio, i gestori si concentreranno sul
garantire anche una maggiore potenza di trasmissione dati. Ma poiché
è possibile aumentare il volume dei dati trasmissibili solo
aumentando la frequenza, tale riduzione della lunghezza d’onda
comporterà una drastica riduzione della distanza raggiungibile, che
potrà essere evitata solo aumentando enormemente il numero delle
antenne che andranno posizionate a distanza molto ravvicinata (su
tetti, tombini, terrazzi, guardrail, lampioni, ecc.). La copertura
capillare di tutta la superficie terrestre, invece, verrà realizzata con
l’ausilio di droni e di una rete di 20.000 satelliti. La rete 5G disporrà
quindi di una copertura globale che renderà possibile effettuare
comunicazioni wireless ad altissima velocità e a bassa latenza anche
nelle foreste pluviali, nel mezzo dell’oceano o nell’Antartico.
Primi bersagli: occhi e pelle
Le RF utilizzate per la telefonia mobile non sono formate da normali
onde sinusoidali bensì da segnali pulsati (a intermittenza). Solo questi
ultimi, infatti, consentono di gestire contemporaneamente più
trasmissioni radio sulla stessa banda. Tuttavia, secondo quanto
emerso dalla letteratura medico-scientifica mondiale, è proprio questo
particolare tipo di onde a interferire maggiormente con le cellule e i
sistemi biologici. 5
Per capire come agiscono a livello termico bisogna sapere che le
cellule contengono molte molecole d’acqua e, quando un’onda
elettromagnetica interagisce con esse, assorbono energia
comportandosi come un dipolo elettrico (un sistema composto da due
cariche elettriche uguali e opposte), iniziando a oscillare e a scaldare i
tessuti (è lo stesso meccanismo con cui il forno a microonde cuoce la
carne). Le RF producono però anche effetti non termici, perché
interferiscono direttamente con i segnali elettromagnetici biologici.
Come già visto, gli scienziati favorevoli al 5G sostengono invece che
le onde millimetriche (ossia sopra ai 24 GH z) della nuova rete sono
molto meno dannose per la salute e l’ambiente poiché non penetrano
nei tessuti e rimangono in superficie grazie al cosiddetto «effetto
pelle» tipico delle alte frequenze (con concentrazione delle onde sulla
superficie della materia). Tuttavia, è proprio a causa di questo effetto
che i primi bersagli biologici della rete 5G sono gli occhi e la pelle,
dove possono penetrare fino a 10 millimetri con effetti sia locali
(cellule cutanee, terminazioni nervose, microcircolo) che sistemici per
rilascio di mediatori dell’infiammazione. 6 La pelle, inoltre, nello stesso
tempo in cui assorbe le microonde ne riflette una parte, e ciò significa
che ogni organismo umano fungerà da antenna ricetrasmittente nei
confronti di tutto ciò che lo circonda.
La potenza elettrica assorbita dalla pelle diminuisce con
l’aumentare della profondità di penetrazione, e a 60 GH z di frequenza,
per esempio, la sua capacità media di riflessione è tra il 30 per cento e
il 40 per cento. 7 Le esatte percentuali di assorbimento e di riflessione
dipendono dal tipo di frequenza, dalla potenza elettrica, dalle
condizioni ambientali e corporee (il sudore aiuta la dispersione),
nonché dagli abiti indossati.

Un superbusiness planetario
Con l’introduzione del 5G , gli elettrodomestici, i mezzi di trasporto, i
macchinari industriali e tutti i dispositivi elettrici prodotti fino a oggi
diventeranno obsoleti perché potranno essere immediatamente
sostituiti dalla loro versione smart, sempre in collegamento con altri
device per mezzo dell’intelligenza artificiale. Persino le porte di casa
(già realizzate con pannelli digitali, sensori e accesso a vani refrigerati
o meno per la consegna automatica della spesa o di qualsiasi altro
prodotto), le borse (con parti rivestite da display OLED pieghevoli) e i
comuni pannolini (con un sensore interno che avviserà quando è il
momento del cambio) vedranno arrivare la loro versione
«intelligente», e la corsa all’acquisto delle ultime novità tecnologiche
porterà l’industria a un boom di vendite dei nuovi prodotti.
Gli esperti hanno calcolato che entro il 2026 il giro d’affari globale
creato dal 5G arriverà a 1307 miliardi di dollari e, secondo il report di
Qualcomm-IHS -PSB , 8 il fatturato è destinato a salire fino a 12.300
miliardi di dollari entro il 2035. 9 Pensare quindi di poter fermare
questo nuovo business da capogiro e di contenere le pressioni delle
lobby industriali più potenti della Terra in attesa che vengano
effettuati degli studi a lungo termine sulla salute è assolutamente
irrealistico. Anche gli Stati hanno già avuto il loro immediato
tornaconto: nel 2018, solo in Italia, la concessione delle prime licenze
per le radiofrequenze del 5G è fruttata ben 6,55 miliardi di euro per
l’erario. 10 Una somma che, in tempi di crisi, può spingere i Parlamenti
a chiudere un occhio sui timori per la salute pubblica.
In tutto il mondo sta arrivando una pioggia di denaro dall’industria
per ottenere le licenze e rimuovere qualsiasi ostacolo normativo
all’introduzione del 5G su vasta scala, e le istituzioni delle nazioni
stanno accogliendo tutte le loro richieste. Le politiche europee per lo
sviluppo del 5G esposte nel «Piano di azione per il 5G » della
Commissione europea prevedono infatti la messa in opera di una serie
di provvedimenti mirati al dispiegamento tempestivo e coordinato
delle reti 5G in tutta Europa. L’obiettivo è quello di assicurare
l’allineamento delle tabelle di marcia e delle priorità tese a garantire il
dispiegamento delle reti 5G e una loro rapida introduzione su larga
scala tra il 2020 e il 2022. 11 La stessa timeline è stata fissata per Cina, 12
USA , 13 Canada, 14 Australia, 15 Messico, India, Brasile, Argentina,
Sudafrica, Corea del Sud, Giappone, Vietnam, Malesia, 16 Russia 17 e
molte altre nazioni del mondo. A distanza di pochi mesi o di qualche
anno l’una dall’altra, tutte si troveranno immerse nelle microonde del
5G .

5G e «adaptive beam switching»


In Italia il 5G utilizza tre diverse fasce di frequenze, bassa, media e
alta. Una frequenza bassa (intesa nell’ordine delle centinaia di
megahertz, o MH z) ha la capacità di arrivare molto più lontano di una
alta, ma può trasportare meno dati per unità di tempo (un valore in
genere espresso in bit al secondo, o b/s). Una frequenza alta
(nell’ordine dei GH z), al contrario, ha una portata molto inferiore ma
ha la capacità di trasportare moltissimi dati per unità di tempo. Il
vantaggio della banda di frequenze basse, quindi, risiede nella
capacità di attraversare gli ostacoli fisici molto meglio di quelle alte, e
per questo motivo una connessione ad alta frequenza a volte può
rivelarsi più lenta di una buona connessione a bassa frequenza.
Per il momento in Italia (nel futuro i gestori prevedono di arrivare
fino a 100 GH z) il 5G utilizza solo le radiofrequenze di 3,6-3,8 GH z
(onde di fascia media con lunghezza di 9-10 cm) e di 26,5-27,5 GH z
(onde di fascia alta con lunghezza di 1 cm circa), ma in un secondo
tempo, appena sarà tecnicamente possibile (sarà necessario
predisporre una fitta rete di antenne), verranno impiegate frequenze
molto più alte che permetteranno la trasmissione di un’eccezionale
mole di dati. Dal 2022 saranno disponibili anche le frequenze di fascia
bassa da 694-790 MH z, liberate dai canali tv del digitale terrestre a cui
verrà cambiato il codice di trasmissione. 18
Le onde millimetriche sono ottime per le trasmissioni ad altissima
velocità, ma inaffidabili per la scarsa portata e la limitata capacità di
superare gli ostacoli fisici. Basta una pioggia, per esempio, per rendere
inefficiente la rete di RF a onde millimetriche. E in attesa che il numero
delle antenne 5G sia sufficientemente elevato da permettere una buona
copertura, gli smartphone utilizzeranno il sistema dell’adaptive beam
switching che permette di passare quasi istantaneamente dalle
frequenze medio-alte alle bande di frequenza più basse per mantenere
stabile la connessione (sacrificando la velocità di
caricamento/scaricamento dati).
Nel primo periodo di diffusione del 5G verrà utilizzata
maggiormente la banda di frequenza media (composta da frequenze
tra 1 e 6 GH z), in quanto ha un raggio d’azione molto più ampio e
mantiene una buona velocità (sebbene non paragonabile a quella della
fascia alta). Queste onde presentano inoltre il vantaggio di
attraversare abbastanza agevolmente muri e ostacoli, subendo molte
meno interferenze rispetto alle onde millimetriche prodotte da
frequenze più elevate.
L’efficienza del 5G a banda di frequenza alta e altissima richiede
l’installazione di moltissime antenne che, oltre ad avere un costo
rilevante, non possono eccedere il numero previsto dalla disciplina
normativa. Pertanto è probabile che la copertura con onde
millimetriche a frequenze più alte sarà limitata ai grandi centri
cittadini. Le aree rurali, invece, potranno essere coperte con frequenze
medio-basse dalle prestazioni inferiori ma con minori problematiche
per la distanza e gli ostacoli fisici.

Rapporto ISDE , conflitto di interessi e principio di precauzione


Nel rapporto indipendente sui campi elettromagnetici che
l’Associazione italiana medici per l’ambiente (ISDE ) ha pubblicato in
collaborazione con European Consumers, è stato espressamente
denunciato quanto segue: «La maggior parte degli studi rassicuranti
in termini di rischio per la salute, su cui si basano le posizioni
dell’OMS , hanno ricevuto finanziamenti da soggetti privati, fra cui gli
stessi gestori della telefonia mobile. … I risultati disponibili circa
l’esistenza di effetti biologici da esposizione a campi elettromagnetici
– compreso il 5G – sono sufficienti per invocare il principio di
precauzione, definire i soggetti esposti come potenzialmente
vulnerabili e rivedere i limiti esistenti». 19
Stando infatti alle numerose evidenze scientifiche disponibili sugli
effetti dell’elettromagnetismo ad alta frequenza in generale e, in
particolare, su quelli dell’esposizione a onde millimetriche, appare
quantomeno legittima la richiesta di applicazione del principio di
precauzione citato nell’articolo 191 del trattato sul funzionamento
dell’Unione europea e riconosciuto dalla normativa nazionale italiana
per garantire un alto livello di protezione dell’ambiente grazie a prese
di posizione preventive in caso di rischio.
Il ricorso al principio di precauzione è giustificato quando riunisce
tre condizioni, ossia:

– l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi;


– la valutazione dei dati scientifici disponibili;
– l’ampiezza dell’incertezza scientifica.

L’articolo 32 della Costituzione italiana, inoltre, sancisce il diritto


alla salute dei cittadini, mentre l’articolo 41 stabilisce che l’iniziativa
economica privata è libera ma «non può svolgersi in contrasto con
l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana».

5G e «smart weapons»
Le implicazioni militari del 5G sono quasi del tutto trascurate dai
media e dalla stessa ricerca indipendente poiché, per ovvi motivi, il
massimo dell’attenzione è concentrato sugli aspetti che riguardano la
salute. Al summit di Londra del 2019, però, i 29 paesi della NATO si
sono impegnati a «garantire la sicurezza delle nostre comunicazioni» e
l’alleanza atlantica ha mostrato di avere bisogno della tecnologia di
quinta generazione per collegare i sistemi digitali con enormi quantità
di dati che dovranno interagire tra loro in maniera automatica.
L’enorme interesse militare per la nuova tecnologia è dimostrato dalle
conclusioni del rapporto «Defense Applications of 5G Network
Technology», 20 pubblicato dal Defense Science Board, comitato
federale che fornisce consulenza scientifica al Pentagono:
«L’emergente tecnologia 5G , commercialmente disponibile, offre al
dipartimento della Difesa l’opportunità di usufruire a costi minori dei
benefici di tale sistema per le proprie esigenze operative». Ciò
significa che la rete commerciale del 5G , realizzata da società private
con il denaro dei cittadini che usufruiranno dei suoi servizi, in realtà
verrà usata anche dalle forze armate statunitensi quasi a costo zero.
Durante la prima guerra mondiale i protagonisti indiscussi erano i
soldati e i cannoni, nella seconda gli aerei e i carri armati, mentre nella
terza lo sarebbero le armi intelligenti come droni, robot e missili in
grado di inseguire e colpire qualsiasi bersaglio. Gli esperti militari,
infatti, prevedono che il 5G avrà un ruolo determinante nell’uso delle
nuove armi per guidarne le traiettorie variabili, cambiare rotta in una
frazione di secondo e sfuggire a missili, droni o robot armati. Le smart
weapons, insomma, per poter funzionare in massa richiedono un
sistema di ricetrasmissione dati capace di raccogliere ed elaborare
enormi quantità di informazioni in tempi rapidissimi.
Nel caso dell’attacco improvviso di una grande potenza militare,
dotata delle ultime tecnologie robotizzate con intelligenza artificiale, i
tempi di reazione umani si rivelerebbero troppo lenti e l’unica
possibilità di difesa sarà quella di affidarsi a sistemi automatici dotati
di 5G . Ciò rappresenta già di per sé un buon motivo per cui tutte le
grandi potenze (USA , Russia, Cina, ecc.) appaiono così decise a
installare le antenne di quinta generazione in gran fretta e senza
curarsi del loro impatto sull’ambiente e sulla salute pubblica.
La nuova tecnologia 5G e i suoi successivi sviluppi (già è stato
previsto un rapido upgrade al 6G ) avranno un ruolo chiave nella battle
network (rete di battaglia) del futuro poiché consentiranno di collegare
contemporaneamente milioni di apparecchiature ricetrasmittenti che
si scambieranno mappe, foto, bersagli e altre informazioni
sull’operazione in corso in tempo reale. Rispetto agli eserciti
tradizionali composti unicamente da essere umani, i droni-killer e i
robot da guerra diventeranno quasi infallibili poiché avranno la
capacità di individuare, seguire e colpire uomini di Stato o altri
obiettivi sensibili in base al riconoscimento facciale e ulteriori
caratteristiche specifiche. 21
Anche in totale assenza di conflitti bellici, inoltre, il 5G sarà
estremamente importante per i servizi d’intelligence che potranno così
fare affidamento sull’intelligenza artificiale. La rete 5G , insomma,
consiste anche in uno strumento di guerra ad alta tecnologia e di
conseguenza diverrà automaticamente il bersaglio di cyberattacchi e
di azioni militari effettuate con le armi di nuova generazione.
In conclusione, la corsa al 5G a livello internazionale sembra
inarrestabile non solo per il grande business dell’industria ma anche e
soprattutto per le sue implicazioni di tipo militare (un deterrente che è
sicuramente meglio possedere).
Non a caso il Comitato parlamentare per la sicurezza della
Repubblica (COPASIR ), preposto al controllo dei servizi segreti italiani,
ha suggerito al governo di valutare l’ipotesi di escludere tutte le
aziende cinesi dalla fornitura di tecnologia per le reti di quinta
generazione, paventando il fondato rischio di spionaggio e di
predominio straniero. 22 Le rassicurazioni in particolare di Huawei
sulla propria indipendenza rispetto al governo cinese non sono state
considerate sufficienti, e ciò anche perché i responsabili delle agenzie
di intelligence italiane – AISI , AISE e non solo – hanno dato una
versione differente. In particolare, scrive il COPASIR , dai vertici dei
servizi segreti «è stato posto in rilievo che in Cina gli organi dello
Stato e le stesse strutture di intelligence possono fare pieno
affidamento sulla collaborazione di cittadini e imprese, e ciò sulla base
di specifiche disposizioni legislative». La National Security Law e la
Cyber Security Law cinesi obbligano infatti cittadini, aziende e
operatori a fornire assistenza e supporto all’intelligence e all’apparato
militare cinese per tutelare la sicurezza e gli interessi nazionali. Sulla
base di questi elementi, il COPASIR ritiene dunque «in gran parte
fondate le preoccupazioni circa l’ingresso delle aziende cinesi nelle
attività di installazione, configurazione e mantenimento delle
infrastrutture delle reti 5G ». 23 Pleonastico concludere che chi gestirà la
rete 5G possiederà anche le chiavi di accesso a tutto l’apparato civile e
militare italiano.

Associazioni di consumatori e conflitti di interessi


Per agevolare l’approvazione di leggi a proprio favore o chiedere la
rimozione di controlli e ostacoli normativi alla vendita dei propri
prodotti e servizi, l’industria, oltre a esercitare pressioni direttamente
sui governi, ricorre anche ad altri sistemi di persuasione dell’opinione
pubblica molto raffinati, come il finanziamento occulto di associazioni
di consumatori apparentemente indipendenti che servono la causa
delle grandi multinazionali. Negli USA , per esempio, in un solo anno
la potente lobby farmaceutica ha versato in «donazioni» ben 116
milioni di dollari ad alcune delle associazioni di pazienti che
dovrebbero vigilare sugli episodi di corruzione degli enti di controllo
e sui reali effetti collaterali dei farmaci. 24
Nella maggior parte dei casi, però, le donazioni e i conflitti di
interessi vengono scoperti solo raramente, e spesso l’unico modo per
identificare le associazioni di consumatori fittizie consiste nel
verificare se la loro attività è a favore dell’industria e contro le altre
associazioni realmente indipendenti. E poiché anche le associazioni di
consumatori italiane sono divise in due fazioni, tra quelle – come il
Codacons – che per fondati timori per la salute si oppongono
all’installazione immediata del 5G senza studi preliminari 25 e quelle
che invece sostengono le ragioni dell’industria a spada tratta, non si
possono certo escludere conflitti di interessi tra queste ultime.

La denuncia al Congresso americano: non esistono studi scientifici


indipendenti che certifichino la sicurezza del 5G
Il 3 dicembre 2018 il senatore Richard Blumenthal del Partito
democratico americano ha denunciato dinanzi al Congresso la sua
preoccupazione per i pericoli del 5G , evidenziando l’inerzia degli
organi di controllo nel tutelare la salute pubblica: «Più veloce,
migliore e internet più affidabile. Questa è la promessa della
tecnologia 5G . Ma esistono anche dei pericoli sconosciuti associati alle
frequenze radio che richiedono molti trasmettitori. La Commissione
federale delle comunicazioni (FCC ) non ha risposto a nessuna delle
domande che riguardano la tutela della salute pubblica, e ciò
comporta una inaccettabile negligenza. La FCC ha dichiarato solo che
non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma per avere delle certezze abbiamo
bisogno di fatti».
Il 6 febbraio 2019 Blumenthal si è presentato al Congresso con
l’intenzione di porre alcune domande ai rappresentanti dei promotori
del 5G , che sono stati messi in visibile imbarazzo durante una pubblica
udienza.

R. Blumenthal: «Come sapete bene, il 5G utilizza delle onde a


frequenza più alta che non possono viaggiare su lunghe distanze e che
hanno bisogno di una rete di milioni di piccole celle. La domanda
allora è: ci sono implicazioni sulla salute e sulla sicurezza pubblica in
quei siti che potrebbero essere localizzati vicino ai luoghi di lavoro,
delle scuole, delle case e del terreno? Quanto denaro è stato destinato
al supporto di ricerche indipendenti, e sottolineo indipendenti, che
abbiano descritto gli effetti biologici di questa tecnologia? È in corso
una ricerca indipendente? È stata completata? Dove può essere
consultata dai cittadini?».

Brad Gillen (vicepresidente esecutivo dell’associazione


dell’industria del wireless CTIA ): «Non ci sono studi industriali per
quanto ne sappia, al momento. Felice di condividere l’idea che ci siano
più studi, noi siamo sempre per più scienza. Noi ci fidiamo di quello
che gli scienziati ci dicono».

R. Blumenthal: «Quindi la risposta alla mia domanda su quanti


stanziamenti siano stati fatti è zero?».

Steve Berry (amministratore delegato della Competitive Carriers


Association): «Nessuno di cui sia a conoscenza».
R. Blumenthal: «Dunque non c’è proprio nessuna ricerca in corso.
Stiamo volando alla cieca per quanto riguarda la salute e la sicurezza!
Grazie». 26

Gli studi che invece ne dimostrano i pericoli


Sin dalla fine degli anni Settanta esistono studi scientifici accademici indipendenti che
dimostrano come le onde millimetriche usate dalla rete di quinta generazione possono
provocare danni alla salute, e nell’ottobre 2019 persino la prestigiosa rivista «Scientific
American» ha pubblicato un articolo in cui è stato espressamente dichiarato che non
esistono motivi per ritenere il 5G sicuro. Chi dichiara il contrario, quindi, o non è ben
informato oppure sta mentendo. 27 In Belgio anche l’ex ministro regionale per
l’Ambiente Celine Frémault ha preso molto seriamente gli allarmi che provengono
dalla ricerca e ha sospeso la sperimentazione a Bruxelles dopo aver dichiarato che i
suoi cittadini non sono dei ratti da laboratorio la cui salute si può vendere a scopo di
lucro.
Decine e decine di studi indipendenti sulle onde millimetriche sembrano dare
fondamento ai suoi timori e a quelli di molti comuni cittadini e scienziati. Ma poiché
molto probabilmente nessuna di queste ricerche verrà citata dai grandi media o dai
luminari che promuovono il 5G , ecco una breve rassegna con alcune delle loro
conclusioni:

– Nel 1977 gli scienziati hanno evidenziato che l’esposizione continuativa per molti
giorni, seppur limitata nel tempo, alle onde millimetriche a bassa potenza provoca
disfunzioni mitocondriali, lesioni al DNA , al sistema nervoso centrale, al sistema
immunitario e all’espressione genica. Dallo studio sui ratti è emerso che anche
organi interni come cuore, reni, fegato, milza e midollo osseo possono essere colpiti
dalle onde millimetriche. I primi effetti sono modesti e possono essere reversibili con
la cessazione dell’esposizione, ma con l’aumentare dell’intensità e/o dei tempi di
esposizione diventano molto più gravi. 28
– Studi sull’uomo hanno dimostrato che la penetrazione delle onde millimetriche
nell’organismo è almeno venti volte maggiore di quanto dichiarato dall’industria.
Sebbene la componente elettrica dei campi elettromagnetici venga assorbita dalla
pelle, l’effetto altamente penetrante viene comunque prodotto dalla componente
magnetica. Quest’ultima è infatti perfettamente in grado di esercitare forza sugli ioni
disciolti nei fluidi delle cellule e dei tessuti, spostandoli e rigenerando solo le parti
elettriche dei campi elettromagnetici, con la stessa frequenza e le stesse pulsazioni
ma a intensità molto più bassa. E poiché il sensore di tensione dei canali cellulari del
calcio (VGCC ) è eccezionalmente sensibile alle forze elettriche, ciò può produrre
effetti anche molto in profondità all’interno del corpo. Nello studio, tali effetti si
sono manifestati con onde millimetriche a bassa intensità e pertanto è prevedibile
che avranno ripercussioni molto più importanti con le pulsazioni straordinariamente
elevate del 5G . 29
– Una ricerca pubblicata nel 2018 ha evidenziato che le onde millimetriche del 5G
innalzano la temperatura della pelle, alterano l’espressione genica, promuovono lo
stress ossidativo cellulare, generano processi metabolici e infiammatori e possono
provocare danni oculari. 30
– La ricerca ha evidenziato che la nascente tecnologia mobile 5G non ha effetti solo
sulla pelle e sugli occhi come comunemente creduto, ma avrà anche effetti sistemici
avversi. 31
– Le lunghezze d’onda corrispondenti al 5G colpiscono le membrane cellulari e hanno
effetti biologici avversi, nonché effetti clinici come la cataratta, alterazioni del
sistema immunitario, effetti sul cuore e sulla pressione sanguigna. Le ghiandole
sudoripare, inoltre, sono strutture a spirale negli strati superiori della pelle e
assorbono l’energia delle RF proprio come se fossero un’antenna ricevente. Per tali
motivi, gli autori dello studio hanno concluso che il 5G è una concreta minaccia per
la salute. 32
– Le onde ad alta frequenza producono l’oscillazione delle molecole d’acqua presenti
nei tessuti e il conseguente riscaldamento di questi ultimi. In base alle caratteristiche
peculiari del tessuto (quali forma, orientamento, composizione, dimensioni, ecc.) e
alla frequenza dell’onda elettromagnetica incidente si possono formare dei
fenomeni di risonanza a livello tissutale con la creazione di «punti caldi», ovvero
zone in cui la presenza di calore diviene particolarmente accentuata. A questo
meccanismo si può poi associare anche un’elevata sensibilità da parte degli organi
del corpo umano soggetti all’esposizione. Occhi, testicoli (prove su animali hanno
per esempio dimostrato che anche esposizioni brevi, con intensità di 100-200
mW/cm 2, possono provocare l’insorgere della cataratta e di una temporanea
sterilità), nonché alcune zone del cervello e, più in generale, gli organi con scarsa
circolazione sanguigna e bassa conducibilità termica sono risultati essere le zone più
sensibili. 33 Quando l’aumento della temperatura in corrispondenza di queste zone è
molto marcato, ovvero il campo elettromagnetico associato raggiunge valori elevati
(condizione che si può realizzare solo in situazioni particolari, quali quelle
riscontrabili in alcuni ambienti lavorativi), esso può provocare la morte cellulare e la
necrosi tissutale, con segni fisici evidenti. 34
– Le radiofrequenze delle onde millimetriche possono compromettere la funzione
testicolare, alterando i parametri spermatici. La penetrazione delle onde nel testicolo
è potenzialmente più pronunciata rispetto ad altri tessuti, dato che questo organo è
avvolto in tessuti di spessore molto ridotto. È inoltre noto che la temperatura dei
testicoli è inferiore di 2-3 °C rispetto a quella rettale (visto che la temperatura
ottimale per la spermatogenesi è considerata di 35 °C) e l’abitudine di tenere il
cellulare nella tasca dei pantaloni può avere un impatto sulla generazione di
ipertermia scrotale e stress ossidativo, che rappresentano i principali meccanismi con
cui viene generato il danno, oltre ai potenziali effetti non termici. Nella maggior
parte degli studi questo danno risulta caratterizzato dalla perdita di motilità e vitalità
degli spermatozoi, dall’induzione della generazione di ROS (stress ossidativo) e da
lesioni nel DNA . Di conseguenza, l’esposizione a radiofrequenza causa diversi effetti
dannosi: i tubuli seminiferi, gli spermatozoi e le cellule di Leydig sono i principali
bersagli, e il numero di spermatozoi, la motilità e la morfologia spermatica
rappresentano i parametri alterati più frequentemente. Le anomalie evidenziate
sembrano essere direttamente correlate alla durata dell’uso del telefono cellulare
e/o alla vicinanza alla sorgente di radiofrequenza. Numerosi studi supportano
l’ipotesi che l’esposizione alle radiofrequenze si traduca in un aumento dello stress
ossidativo, con conseguente perossidazione lipidica della membrana dello
spermatozoo e danni al DNA . 35
– Una metanalisi condotta su 94 studi considerati rilevanti ha dimostrato che le
radiofrequenze tra i 6 e i 100 GH z utilizzate dal 5G producono inevitabilmente anche
effetti biologici non legati solo al calore. 36
– Gli attuali limiti di legge per l’esposizione alle onde millimetriche risultano inadeguati
anche per gli effetti termici acuti, poiché le frequenze oltre i 10 GH z, «tollerate» dalle
linee guida internazionali, «possono indurre danno tissutale permanente anche
dopo brevi esposizioni» e pertanto si raccomanda «un’urgente revisione» dei valori
soglia normativi. 37
– Gli studi che hanno indagato il ruolo delle frequenze radio statiche e pulsate delle
onde millimetriche nella gamma dei gigahertz e dei terahertz su varie biomolecole,
cellule e tessuti, hanno rivelato come i campi elettromagnetici possono influenzare
l’attività delle membrane cellulari (pompe sodio-potassio), dei canali non selettivi
insieme ai potenziali delle transmembrane e persino del ciclo cellulare. Particolare
attenzione deve essere conferita alle radiazioni millimetriche nella gamma dei
terahertz, a causa del loro crescente utilizzo e del conseguente aumento
dell’esposizione umana. Le RF non ionizzanti (a basse energie) possono alterare
indirettamente le funzioni delle membrane cellulari, e le onde dei terahertz (quelle
previste per il passaggio al 6G ) hanno la peculiarità di interferire maggiormente con
il DNA fino a poter provocare delle instabilità genomiche. 38
– Campi elettromagnetici ad alta frequenza (EHF ), tra 30 e 300 GH z (quindi nel campo
sia del 5G che della telefonia mobile), possono aumentare la temperatura della pelle,
alterare l’espressione genica, promuovere la proliferazione cellulare e la sintesi di
proteine legate allo stress ossidativo, causare processi infiammatori e metabolici,
generare danni oculari e influenzare le dinamiche neuromuscolari. 39
– Nei ratti maschi, un periodo di sole due ore al giorno di esposizione alle RF a 10 GH z
per una durata di 45 giorni è stato associato a un danno allo sperma causato da
stress ossidativo e dalla riduzione dei livelli di melatonina. 40

Animali, piante e insetti


La ricerca medica ha scoperto che anche il livello di esposizione alle RF
nei limiti di legge è nocivo sia per l’uomo che per l’intero ecosistema,
con danni al DNA e ridotta fertilità in batteri, insetti, uccelli, anfibi e
mammiferi. 41 Le multinazionali delle telecomunicazioni sostengono
invece che le radiazioni 5G non costituiscono un pericolo perché in
massima parte verranno assorbite dalla superficie del corpo, nei primi
1-2 millimetri. Tali dichiarazioni, quindi, non solo non tengono conto
degli effetti avversi diretti sull’uomo (pelle, apparato riproduttivo,
sistema nervoso, DNA , sistema endocrino, ecc.) come se l’esposizione
della superficie corporea fosse irrilevante, ma non contemplano
neppure il forte impatto che il 5G avrà inevitabilmente su tutti gli
organismi con rapporto superficie/volume elevato, quali artropodi,
uccelli, piccoli mammiferi e anfibi.
Peraltro, molti animali come pesci, uccelli migratori e mammiferi
marini usano il campo magnetico terrestre per orientarsi e
l’incremento esponenziale dei campi elettromagnetici, già sospettati di
aver causato alcune morie di massa anomale, rischia di provocare una
grave perdita di biodiversità a causa di errori nelle migrazioni o negli
spostamenti ciclici degli animali in cerca di cibo e dei luoghi di
riproduzione.
I campi elettromagnetici terrestri possono avere un impatto persino
sulle forme viventi acquatiche per via della capacità di determinate
frequenze di penetrare e alterare le condizioni fisiche delle acque.
Neppure le piante e i grandi alberi sono indenni alle RF , e secondo
alcuni illustri scienziati come il biochimico Martin Pall ciò significa
che aumenterà il rischio di incendi (le microonde tendono a far seccare
le piante e a renderle molto più infiammabili a causa
dell’evaporazione delle molecole d’acqua irraggiate). 42
A causa dei loro effetti su flora e fauna terrestre e acquatica, le
frequenze e le potenze di campo dovrebbero essere attentamente
esaminate, almeno nelle aree protette di interesse europeo, nazionale e
regionale. Il pericolo per l’ecosistema non è affatto da sottovalutare,
poiché alcuni insetti svolgono un ruolo chiave e la loro esistenza è già
seriamente messa a repentaglio dai pesticidi. L’ONU ha infatti
introdotto la giornata mondiale delle api, che si celebra il 20 maggio di
ogni anno, proprio per ricordare quanto siano importanti per noi
questi laboriosi imenotteri.
L’ape è un insetto pronubo, un impollinatore. Erbe ed essenze
arboree per riprodursi hanno bisogno di ricevere il polline, seme
germinale, dalle piante consimili, funzione che viene svolta
soprattutto dalle api. Il loro silenzioso lavoro è antico quanto la loro
esistenza e, come per l’uovo e per la gallina, ci si può chiedere chi sia
nato prima, le piante, nella loro estesa biodiversità, o le api
impollinatrici. Il nettare, fluido ricco di zuccheri polisaccaridi, non è
altro che un escamotage per attirare le api e farsi fecondare con il
polline di cui gli insetti si sono imbrattati sui fiori della stessa varietà.
Per comprendere quanto sia essenziale la loro funzione, basti
sapere che le api sono responsabili dell’impollinazione di circa l’84 per
cento delle specie delle piante e che l’80 per cento della produzione
alimentare in Europa dipende in larga misura dall’opera degli insetti
pronubi. 43 Ciò premesso, uno studio pubblicato su «Nature» nel 2018
ha valutato direttamente l’assorbimento delle radiofrequenze da parte
di vari insetti: e nel caso delle api, a 1 V/m (il limite attuale di legge in
Italia è 6 V/m) l’assorbimento è massimo con le onde millimetriche
oltre i 6 GH z, le stesse che verranno utilizzate dal 5G a livello globale.
Gli autori dello studio, quindi, prevedono un incremento significativo
delle radiofrequenze che saranno assorbite dagli insetti in seguito al
passaggio dal 3G e 4G alla rete di quinta generazione. Di conseguenza,
la loro sopravvivenza e il corretto svolgimento delle loro funzioni
naturali verranno seriamente minati nel corso del tempo dalle nuove
RF millimetriche che sono in grado di indurre significative
modificazioni del comportamento, della fisiologia e della
morfologia. 44 Alterazioni rilevanti dovute all’esposizione delle RF del
5G sono state osservate persino nei batteri 45 e nei protozoi. 46
Nuovo Saline Onlus, un’associazione culturale tecnico-scientifica
con sede a Montesilvano (Pescara), ha condotto una ricerca
approfondita per esaminare gli effetti delle frequenze 5G sugli insetti e
i risultati sono stati piuttosto inquietanti, soprattutto se pensiamo al
fatto che molto presto l’intero ecosistema sarà esposto alla stessa
tipologia di onde elettromagnetiche. 47 Mi sono quindi rivolto al
presidente dell’associazione, il dottor Gianluca Milillo (chimico
bromatologico e responsabile dello staff tecnico ambientale di Nuovo
Saline Onlus) per capire meglio cosa è emerso dalla ricerca:

La quinta generazione della rete di telefonia mobile è già in sperimentazione


in molte città italiane e presto sarà attiva su tutto il territorio nazionale.
Alcune associazioni di cittadini stanno protestando perché ciò sta avvenendo
in totale assenza di studi sulla sicurezza per la salute pubblica e l’ecosistema.
Lei però sta conducendo un’importante ricerca sugli effetti delle RF 5G sugli
insetti. Quanto è durata la prima fase dello studio e quali sono stati i
risultati?

L’attività di studio è durata circa otto mesi, con una prima fase
detta «bianco» (controllo) in cui gli insetti sono stati ambientati in un
contesto dotato di tutte le caratteristiche per rappresentare il miglior
ambiente per la specie, dopo di che sono stati irradiati, senza mutare
le condizioni ambientali, con uno spettro di frequenze in uso nella
tecnologia 5G . In questa prima fase sono stati utilizzati insetti della
famiglia Blattidae, e in particolare esemplari di blatta americana
(Periplaneta americana). È uno degli insetti più comuni nelle aree
urbane di tutto il mondo ed è la specie di blatta più grande tra quelle
che condividono gli ambienti di vita con l’uomo. Istintivamente
rifuggono la luce. Dal punto di vista alimentare la P. americana è una
specie onnivora e opportunistica. Questi scarafaggi si nutrono
generalmente di materia organica in putrefazione, ma mangiano
praticamente qualsiasi cosa. Un team di ricercatori della Purdue
University, con diversi esperimenti, ha trovato conferma che la
battella germanica (stessa specie) ha sviluppato una resistenza agli
insetticidi così forte che la quasi totalità delle sostanze oggi sul
mercato utilizzate per ucciderla si è rivelata inefficace. Abamectina,
acido borico e thiamethoxam non hanno funzionato.
Gli scarafaggi sono noti anche per avere una notevole resistenza a
dosi elevate di radiazioni. La sua adattabilità e la sua capacità di
affrontare le situazioni più avverse ed estreme sono senz’altro gli
elementi che hanno consentito alla blatta di sopravvivere persino nelle
zone esposte alle radiazioni seguite al bombardamento atomico di
Hiroshima e Nagasaki alla fine della seconda guerra mondiale.
Utilizzare un insetto così resistente ci avrebbe concesso di
comprendere gli effetti dell’esposizione in modo più esaustivo.
L’effetto riscontrato è stato un cambiamento comportamentale, e in
particolare: cessazione dell’alimentazione, della riproduzione e della
caratteristica lucifuga.

I blattoidei hanno smesso completamente di nutrirsi e di riprodursi, oppure si


tratta solo di un fenomeno parziale che non può comportare l’estinzione della
specie?

Paradossalmente possiamo definire queste frequenze un sistema di


disinfestazione superiore agli aggressivi chimici (insetticidi) utilizzati
finora per questa specie, in quanto inibendo le attitudini biologiche si
interrompe l’intero ciclo vitale. Un aspetto altrettanto interessante
sotto il profilo della ricerca è che al termine del periodo d’esposizione
tutte le attività prima inibite si sono ripristinate, sancendo un rapporto
causa-effetto diretto tra sorgente e cavia.

Gli insetti sono stati esposti a una sola o a più frequenze della banda 5G ?

Questo aspetto è stato curato da altri tecnici del mio staff (io ho
seguito gli aspetti zoologici entomologici della ricerca), ma posso
affermare che sono state modulate frequenze che coprissero l’intero
spettro analizzato, in più fasi e alternandole, sempre nel range delle
frequenze attribuibili al 5G .

La potenza delle onde elettromagnetiche usate nell’esperimento è stata


mantenuta entro i limiti di legge previsti per le antenne della telefonia mobile,
oppure sono state testate emissioni con valori molto maggiori?

La potenza utilizzata è stata di gran lunga inferiore a quelle dei


parametri di legge: noi dovevamo coprire solo un metro lineare
all’interno del terrario entomologico.

In cosa consisteranno le successive fasi dello studio e quando verranno


pubblicati i risultati?

I dati saranno pubblicati a inizio 2022, al termine di tutte le fasi di


sperimentazione e dopo aver generato dei modelli di confronto da far
testare in altri laboratori partner della nostra associazione, in modo da
poter verificare la risultanza dei risultati prima della pubblicazione.

Da chi è stata finanziata la ricerca?

Da nessuno: lo studio è stato realizzato utilizzando solo i fondi e il


personale della Onlus. La scienza deve essere libera e indipendente, se
avessimo accettato finanziamenti avremmo potuto (a seconda dei
risultati finali) lasciar intendere che potevano essere pilotati. Ci siamo
posti come elemento neutro, affinché le risultanze fossero scevre da
qualsiasi polemica.

Per il futuro prossimo sono in previsione altre ricerche analoghe sugli


animali?

Spero di no… Come ricercatore l’idea di utilizzare «cavie animali»


vive mi rattrista, ma in ricerche di questo tipo è impossibile trovare
modelli sostitutivi. Abbiamo aderito a un codice etico che esclude la
morte volontaria delle cavie (e nessuna delle blatte è effettivamente
morta) ma è innegabile che modificare l’etologia di un animale-cavia,
anche se si tratta di insetti, è qualcosa che non mi piace in quanto la
ritengo comunque una violenza. Di fatto, anche le successive attività
di studio coinvolgeranno insetti vivi, per giunta più delicati sotto il
profilo dell’elettrosensibilità, proprio per avere un valore di misura
dal più resistente al più vulnerabile. Le garantisco però che, né per me
né tanto meno per i miei collaboratori, è una decisione che si affronta
con indifferenza.

In conclusione della prima fase di studio, ritiene che il 5G sia una tecnologia
sicura o comunque dagli effetti ambientali e sanitari trascurabili?

Tutte le frequenze generano livelli di elettrosensibilità nella catena


entomologica, e questa appare fin da ora come una tra le più insidiose.
Servono ulteriori studi e soprattutto si deve adottare un principio di
prudenza e autoconservazione che superi le mire di profitto, almeno
finché non si sarà determinata la portata di questo fenomeno.

La strage degli alberi è una bufala?


Gli utilizzatori abituali dei forni a microonde sanno che per riscaldare
l’acqua con tali dispostivi bisogna avere accortezza, in quanto le
molecole d’acqua tendono a surriscaldarsi molto rapidamente a causa
delle onde ad alta frequenza. Di conseguenza, anche l’acqua presente
all’interno di alberi e piante è in grado di assorbire le onde
elettromagnetiche nella banda millimetrica ed è dunque di ostacolo
alla propagazione del segnale 5G . In particolare le foglie, con la loro
superficie complessiva elevata, attenuano fortemente i segnali nelle
bande UHF ed EHF , quelle della telefonia mobile. 48
In pratica l’albero funge da barriera e le sue foglie piene d’acqua
assorbono lo spettro di frequenze del 5G , impedendone l’ottimale
ricezione del segnale emesso dalle miniantenne. Non si tratta di
illazioni e complottismi, perché a dichiararlo nero su bianco sono i
documenti ufficiali. Nel rapporto sulla pianificazione 5G redatto
dall’ente pubblico Ordnance Survey per conto del dipartimento per il
digitale, la cultura, i media e lo sport del governo inglese si afferma
infatti che gli alberi alti sono un intralcio al segnale elettromagnetico
del 5G . Alle pagine 39, 40 e 41 del testo sono presenti degli esempi con
immagini. Nella prima foto è ben visibile uno stadio adiacente a un
viale alberato, e accanto all’immagine i ricercatori inglesi hanno
aggiunto la seguente didascalia: «Ci sono due caratteristiche da
considerare come potenziali bloccanti del segnale: 1) i supporti
all’esterno dello stadio costituiti da una complessa struttura in acciaio;
2) il camminamento alberato». 49
Il documento inglese traccia anche uno schema riassuntivo (a
pagina 10) in cui viene espressamente affermato che gli alberi
superiori ai 5 metri «avranno un impatto significativo (negativo, NdR)
sulla propagazione dei segnali 5G » e che quelli più alti di 3 metri
potrebbero «influenzare la propagazione» della linea. In sostanza,
anche gli alberi superiori ai tre metri di altezza (praticamente tutti)
potrebbero intralciare il segnale 5G , e da tali affermazioni si evince che
le uniche soluzioni possibili consistono nel taglio degli alberi e/o nella
loro sostituzione con specie a basso fusto.
Per buona sorte dell’industria, i forti venti del clima impazzito di
questi ultimi anni e la caduta di alcuni grandi alberi hanno generato
molta preoccupazione tra i cittadini, fornendo una plausibile
giustificazione per gli innumerevoli abbattimenti che si stanno
verificando un po’ ovunque nei centri urbani proprio nell’imminenza
dell’entrata in servizio del 5G . Roma, per esempio, è una delle capitali
più verdi d’Europa e un recente articolo apparso sul quotidiano «la
Repubblica» ha spiegato chiaramente che gli alberi abbattuti verranno
sostituiti con altri di massimo tre metri, ovvero della stessa altezza
menzionata nel dossier britannico, per non essere da intralcio alla
linea 5G . Nell’articolo viene inoltre affermato che è in corso una vasta
operazione di sostituzioni di alberi destinata a cambiare il volto della
capitale. 50
I numerosi provvedimenti di sostituzione/abbattimento degli alberi
più grandi nelle città dove è in corso la sperimentazione del 5G sono
stati giustificati come misure di sicurezza o di rimozione degli alberi
malati, ma molti cittadini sospettano invece che si tratti solo di pretesti
per fare spazio alla nuova rete. 51
Il 3 febbraio 2020, per esempio, a Bologna è iniziata la sostituzione
degli alberi in via Bentivogli, ma alcuni cittadini che non
condividevano affatto la decisione del comune hanno organizzato una
protesta. I residenti, infatti, sono scesi in strada per presidiare 27
grandi olmi siberiani piantati lungo la via principale che dovevano
essere sostituiti con altri alberi. Una delle manifestanti si è addirittura
incatenata a un olmo per scongiurarne l’abbattimento, ma dietro le
ragioni della protesta c’era anche il sospetto che il reale motivo dei
lavori fosse un altro: nonostante gli avvisi e i cartelli in strada parlino
di una «periodica manutenzione e cura del verde pubblico», alcuni
pensano che sia un modo per agevolare il traffico dati a 5G . «Quando
abbiamo assistito all’opera di abbattimento dei primi alberi,
l’agronomo della società a cui è stato affidato l’appalto ci ha dato
spiegazioni diverse» ha raccontato il cittadino Alessandro d’Ausilio.
«Pensiamo quindi che qualcosa non torni: dopo il monitoraggio visivo
è stato dichiarato che la maggior parte delle piante da potare risulta
sana. Il fatto che gli olmi vengano sostituiti con alberi più piccoli non
solo ci fa temere un danno ambientale, ma anche sospettare che si
tratti di lavori funzionali per la disposizione della rete 5G .» A seguito
di questi fatti, il portavoce dei Verdi a Bologna Alessandro Fabianelli
ha ricevuto talmente tante pressioni dai cittadini del quartiere che ha
deciso di chiedere un’udienza conoscitiva all’assessore alla
manutenzione del verde pubblico Alberto Aitini, per capire se
effettivamente esiste una perizia che dimostri la presenza di alberi
malati. 52
E mentre le città abbattono e sostituiscono gli alberi più grandi, una
catena di incendi dolosi di inaudite proporzioni sta facendo il giro del
mondo, trasformando in cenere milioni e milioni di ettari boschivi
dalla California (patria della celebre Silicon Valley) 53 all’Australia. 54
Per le ragioni tecniche sopra descritte, gli unici a poter fare salti di
gioia per una simile catastrofe ambientale sono gli amministratori
delegati delle multinazionali del 5G .
Alcuni studi, inoltre, hanno evidenziato che gli alberi e le piante
irradiati con le microonde potrebbero ammalarsi e sviluppare
patologie dovute all’elettrosmog di quinta generazione. Ciò in quanto
l’incremento delle emissioni elettromagnetiche non ionizzanti ad alta
frequenza può incidere negativamente sullo stato di salute della
vegetazione alterando numerose attività metaboliche (metabolismo
delle specie reattive dell’ossigeno, α- e β-amilasi, ciclo di Krebs, via
del pentoso fosfato, contenuto di clorofilla, emissione di terpeni, ecc.),
l’espressione genica (calmodulina, proteina chinasi calcio-dipendente
e inibitore della proteinasi) e inducendo la riduzione della crescita
(allungamento dello stelo e peso secco). Tali cambiamenti sono stati
osservati sia nei tessuti direttamente esposti che in quelli più
distanti. 55

Il dibattito scientifico sul 5G approda al Parlamento europeo


Il 1° ottobre 2019 Martin Pall, professore emerito di biochimica e di
scienza medica alla Washington State University, è stato invitato a
Bruxelles per esporre al Parlamento europeo i rischi sanitari legati alla
rete di quinta generazione. Tra questi: riduzione della fertilità, morte
cellulare e malattie neurologiche. Anche il direttore di strategia e
cooperazione di Huawei ha partecipato all’acceso dibattito, ma pur
essendo più esperto di vendite piuttosto che di biologia ha voluto
rassicurare: «Nessun pericolo per la salute». 56 Finora, però, ha sempre
prevalso la linea dell’industria, poiché i Verdi sono stati l’unico
gruppo parlamentare europeo ad avere organizzato un dibattito a
Bruxelles sull’impatto sanitario e ambientale della nuova tecnologia.
Appena ha avuto la parola, Pall ha illustrato i maggiori danni
sanitari provocati dal 5G , basandosi sugli studi scientifici più recenti. Il
suo esordio è stato un pugno nello stomaco: «Gli effetti delle
radiazioni 5G riguardano cuore, cervello e sistemi ormonali e possono
degenerare in tumori». 57 Successivamente ha spiegato che le
radiazioni pulsate emesse dal 5G sono molto più potenti di quelle
standard e dieci volte più pervasive. La loro azione ricade anzitutto
sulle cellule del nostro corpo, il cui equilibrio osmotico – quello che
controlla la concentrazione di sali all’interno dei microorganismi –
risulta gravemente compromesso. Per il luminare accorso da
Washington «le radiazioni prodotte dal 5G sono talmente forti da
interferire sul funzionamento dei canali localizzati all’interno della
membrana cellulare, che regolano l’entrata e l’uscita dalla cellula degli
ioni calcio (voltage-gated calcium channels, VGCC )». 58 Tali canali si
aprono per effetto dell’interferenza elettrica generata dalle radiazioni
elettromagnetiche, facendo fluire nella cellula una quantità eccessiva
di ioni di calcio. Questi ultimi svolgono un ruolo essenziale nella
fisiologia dell’organismo, ma se presenti in dosi smisurate alterano
l’attività cellulare e provocano danni con conseguenze anche gravi.
Nel settembre 2018 oltre 180 medici e scienziati di 35 nazionalità
diverse avevano già presentato alla Commissione europea una
richiesta di moratoria contro l’introduzione del 5G , per evitare il
prevedibile aumento di tumori, demenza di Alzheimer e riduzione
della fertilità, generato dall’esposizione del corpo umano a questo
specifico tipo di radiazioni elettromagnetiche. L’allarme sulla fertilità
è uno dei principali «incubi» di Pall, il quale, basandosi su uno studio
pubblicato a dicembre 2018 sul sito del Centro nazionale per
l’informazione biotecnologica negli Stati Uniti (citato nel «Primo
report dalla Svizzera sui danni del 5G » a cura degli esperti di
Physicians for Safe Technology), sostiene che una maggiore diffusione
di campi elettromagnetici sul territorio avrà conseguenze nefaste sulla
fecondità di donne e uomini.
In Svizzera, per esempio, si è scoperto che il 62 per cento dei maschi
che dovevano essere nel fiore della fertilità non lo erano affatto, e
secondo Pall il motivo di questa situazione è la loro recente
esposizione alle pulsazioni emesse dalle nuove antenne 5G . Lo
scienziato ha poi ribadito che il pericolo è già in atto anche per gli
organismi dotati di un elevato rapporto tra superficie e volume: su
insetti, uccelli, piccoli mammiferi e anfibi gli effetti della banda larga
di quinta generazione sono devastanti, perché le radiazioni penetrano
facilmente le superfici più sottili. È questo il motivo per cui le
industrie telematiche tendono a escludere il rischio per la salute
umana – ha spiegato Pall – perché si tende a considerare che l’impatto
delle emissioni è innocuo se non supera i primi due millimetri di una
superficie corporea. Quindi, mentre l’uomo può considerarsi
relativamente al sicuro, non vale altrettanto per la formica, che avendo
un rapporto superficie/volume di molto maggiore deve stare alla larga
dalle radiazioni.
Per Pall, insomma, il problema è molto serio e non si esaurisce di
certo nell’infertilità. Le onde elettromagnetiche, ha aggiunto, hanno
un’azione lesiva sul patrimonio genetico delle persone: i filamenti
singoli e doppi del DNA possono rompersi e le sue basi ossidarsi;
inoltre, a livello cellulare lo stress ossidativo fa aumentare il numero
dei radicali liberi, che danneggiano tutte le componenti della cellula,
favorendo l’insorgenza di malattie croniche. L’apoptosi (morte
cellulare) è tra le estreme conseguenze del fenomeno.
Non è tutto. Tra le patologie derivanti dal contatto con le radiazioni
non ionizzanti, Pall ha annoverato quelle di natura neurologica e
neuropsichiatrica, già evidenziate dal «Primo report dalla Svizzera sui
danni del 5G» . Dallo studio si apprende che «appena sono state
installate le antenne 5G , molti residenti e intere famiglie nel cuore di
Ginevra hanno riportato sintomi insoliti: mal di testa da intenso a
insopportabile, insonnia, dolore toracico, affaticamento e malessere
generale stando in casa». Tale quadro clinico è perfettamente in linea
con le osservazioni dello scienziato americano, che a tali disturbi
aggiunge ansia, depressione e disfunzione della memoria: «Sono stati
già scritti 29 lavori sulle patologie psichiatriche derivate dal contatto
con sorgenti 5G, » ha dichiarato Pall «fenomeni riscontrati in Svizzera e
in California del Sud, dove la rete è attiva già da tempo». 59
Segnalazioni che meritano ancor più attenzione, dal momento che in
Svizzera la regolamentazione sull’esposizione della popolazione alle
radiazioni elettromagnetiche è tra le più rigorose al mondo: secondo
Pall, «cento volte più severa che in Europa, Stati Uniti e Canada». Ecco
perché lo scienziato ritiene «necessario stabilire un rigoroso principio
di precauzione sul 5G , per proteggere l’uomo e l’ambiente da
potenziali pericoli». 60

Elettroipersensibilità, la malattia del terzo millennio


In attesa che le onde millimetriche del 5G vadano ad aggiungersi a
quelle delle precedenti reti 2G , 3G e 4G (destinate a rimanere in servizio
ancora per molti anni), già sappiamo che in tutto il mondo si sta
diffondendo una nuova patologia, il cui esponenziale aumento
dell’incidenza è strettamente correlato all’elettrosmog prodotto dalle
stazioni della telefonia mobile e da ogni dispositivo elettronico
(smartphone, tablet, ecc.) in grado di emettere delle RF .
Nella maggior parte dei casi l’elettroipersensibilità (o
elettrosensibilità) si manifesta in forma lieve e con sintomi che
vengono spesso confusi con altre patologie croniche (frequenti mal di
testa, difficoltà nella concentrazione, vuoti di memoria, irritabilità,
malessere generale, irregolarità cardiache, stanchezza, ecc.). Il rischio
maggiore risiede nel fatto che, dopo molti anni di esposizione
continuativa, la malattia possa degenerare fino al punto di divenire
fortemente invalidante e non consentire più una vita normale.
Tra il 1953 e il 1978 questa sindrome si manifestò in modo lieve sui
dipendenti dell’ambasciata americana a Mosca, che durante la guerra
fredda venne intenzionalmente irradiata con fasci di microonde dai
russi. In quel periodo era nota come «malattia delle microonde» ed era
circoscritta a pochi casi, mentre oggi, con la costruzione degli impianti
di telecomunicazione wireless in tutte le aree densamente popolate, gli
epidemiologi hanno assistito a un incremento del numero di persone
che manifestano i sintomi della stessa patologia che ora viene definita
«sindrome da elettroipersensibilità» (EHS ).
Numerosi studi hanno infatti associato questi sintomi con
l’esposizione ai telefoni cellulari, alle trasmissioni radio, ai radar e alle
antenne della telefonia mobile. Si tratta di una patologia ancora
controversa a livello scientifico, riconosciuta solo dalla ricerca
indipendente e con rare eccezioni anche dalla sanità pubblica,
scarsamente nota a livello mediatico e di conseguenza anche molto
sottovalutata dalla popolazione. La drammatica storia di Ulrich
Weiner ha rivelato invece quanto sia grave ciò che può accadere a
tutte le persone più esposte o anche solo maggiormente sensibili alle
RF .
Ulrich, infatti, è un cittadino tedesco che attualmente è costretto a
vivere dentro una costosa tuta antiradiazioni dotata di un copricapo
schermante: dal 2002 l’unico posto in cui può fare a meno di
indossarla è la zona più profonda della Foresta Nera (nel Sud della
Germania), dove non vi sono onde elettromagnetiche. Dal giorno in
cui sono esplosi i sintomi della malattia, non appena viene esposto alle
RF il suo sangue diventa più denso e si coagula, l’apparato
cardiocircolatorio inizia a faticare, avverte un formicolio in tutto il
corpo e il cuore sembra impazzire. Per tornare alle condizioni normali
può impiegare due o tre giorni come un’intera settimana, e per far
fronte ai problemi di fluidità del sangue deve ricorrere a flebo che ha
imparato a somministrarsi da solo.
Per capire come si è arrivati a questo punto bisogna fare un passo
indietro a quando Ulrich era un bambino perfettamente sano. Aveva
la passione per le radio e i telefoni e vi rimaneva attaccato per molte
ore al giorno, senza manifestare alcun problema di salute. All’età di
quindici anni frequentava l’istituto tecnico per le radiocomunicazioni
e nel doposcuola aveva già iniziato a costruire telefoni cellulari per
auto. Terminati gli studi aprì la sua azienda privata per la produzione
di telefoni cellulari e fax da installare sui veicoli, e a vent’anni aveva
già venti dipendenti. Un giorno era seduto in macchina, intento a
parlare al cellulare per ore come era sua abitudine. Successivamente,
però, avvertì un mal di testa tremendo, che non gli permetteva più di
concentrarsi. Passarono un paio di mesi e Ulrich iniziò a rendersi
conto che nei giorni in cui usava il cellulare aveva mal di testa ed era
stanco, mentre quando non lo utilizzava stava bene. Si fece visitare da
un medico che gli disse di non lavorare troppo perché era solo
stressato. Nonostante le rassicurazioni del medico, i mal di testa
continuavano a manifestarsi insieme a improvvisi attacchi di
tachicardia. I sanitari allora lo ricoverarono in ospedale per un
sospetto glioma (tumore al cervello) e gli fecero una risonanza
magnetica da cui non risultò nulla. Sembrava tutto a posto, ma le sue
condizioni erano destinate a peggiorare perché nessuno aveva capito
la causa della sua patologia. Nel 2002, mentre era in aeroporto di
ritorno da un viaggio in aereo, cominciò a non vedere più nulla, sentì
il cuore battere sempre più forte e poi svenne. L’ultimo specialista da
cui si recò gli formulò la sua diagnosi: «Ulrich, tu hai
l’elettroipersensibilità».
Una notte, per la disperazione del malessere che lo tormentava e
che gli toglieva il sonno, prese la macchina, guidò verso un bosco e,
nonostante il freddo, crollò dalla stanchezza. Dormì per molte ore
consecutive, e al suo risveglio si sentì nuovamente bene, pieno di
energia. Andò a prendere gli strumenti di misurazione e poi tornò in
quel bosco dove poté constatare che non c’era campo. A quel punto
decise di vendere la sua azienda e di comprarsi un camper per andare
a vivere nei boschi. 61 Da allora Ulrich è una sorta di evaso dal mondo
moderno che cerca di mettere in guardia la popolazione dal pericolo
invisibile delle onde elettromagnetiche, e adesso i malati iniziano a
essere veramente troppi, perché secondo le dichiarazioni riportate in
un articolo del «Corriere della Sera» del 2015 solo in Lombardia ci
sarebbero circa 300.000 persone con i sintomi dell’elettrosensibilità. 62
In Italia la patologia è stata ufficialmente riconosciuta solo nella
regione Basilicata, e quindi ho intervistato il vicepresidente
dell’Associazione italiana elettrosensibili (AIE ), Giorgio Cinciripini, per
capire meglio qual è la situazione oggi.

Cosa significa essere elettrosensibili e quali obiettivi si pone la sua


associazione?

L’ipersensibilità ai campi elettromagnetici (EHS ) è una sindrome


correlata all’esposizione alle linee di trasmissione della corrente
elettrica (riconosciuta come patologia dall’OMS con codice W85), e/o
all’esposizione a radiazioni non ionizzanti (codice W90) e/o
all’esposizione a radiofrequenze (codice W90.0).
L’elettrosensibilità è una reazione avversa multiorgano,
caratterizzata da una moltitudine di sintomi aspecifici che possono
variare per intensità, frequenza e durata, sperimentata da una parte
della popolazione in seguito all’esposizione per motivi lavorativi,
residenziali o personali a radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti
emesse da diverse sorgenti sia in alta che bassa frequenza.
I primi riferimenti a effetti sull’uomo da campi elettromagnetici
(CEM ) sono datati 1889, e nel 1932 alcuni studi avevano già coniato il
termine di microwave sickness, malattia delle microonde.
I sintomi specifici sono causati da un’ampia gamma di esposizioni
ai CEM . La maggior parte dei moderni dispositivi a radiofrequenze,
come i telefoni cellulari e altri che lavorano sia a bassa che alta
frequenza, determinano sintomi aspecifici riscontrati sia dalla
popolazione generale sia tra coloro a cui è stata diagnosticata
l’ipersensibilità.
Una breve carrellata dei sintomi più diffusi:
– neurologici: mal di testa, vertigini, perdita di concentrazione,
disturbi della memoria, disturbi del sonno, stanchezza, irritabilità,
depressione;
– cardiovascolari: palpitazioni, vampate di calore, tachicardia;
– dermatologici: pizzicore, bruciore, arrossamento, formicolio;
– gastrointestinali: perdita dell’appetito, nausea;
– muscoloscheletrici: dolori, spasmi, fibrillazioni;
– respiratori: oppressione toracica;
– oculari: bruciore;
– uditivi: tinnito.
L’Associazione italiana elettrosensibili venne fondata quindici anni
fa da un medico, la dottoressa Anna Zucchero di Venezia, dopo avere
scoperto di essere elettrosensibile. Lo scopo primario dell’ente è quello
di aiutare le persone affette da questa patologia, ma anche di stimolare
la ricerca e l’informazione in modo da poter stabilire un dialogo
qualificato con i decisori politici.
Secondo l’industria delle radiotelecomunicazioni e alcuni studi,
l’elettrosensibilità sarebbe solo una patologia immaginaria. Sono stati fatti
progressi verso il suo riconoscimento a livello ufficiale?

Negli anni 2004-10 diversi ricercatori hanno spinto l’OMS ad


acquisire una posizione «negazionista», secondo cui studi scientifici
condotti in doppio cieco (ovvero test di provocazione), tesi a provare
la relazione tra l’esposizione a un campo elettromagnetico e
l’incidenza dei sintomi di elettrosensibilità, hanno dimostrato che i
soggetti colpiti non sono generalmente in grado di distinguere i campi
elettromagnetici reali da quelli che credono tali. Concludendo che «gli
studi osservativi disponibili non permettono di individuare una
differenza tra gli effetti biofisici dovuti all’elettrosensibilità e un
effetto nocebo». Negli ultimi anni la ricerca indipendente (da
finanziamenti e commistioni con l’industria) ha abbondantemente
rovesciato queste precedenti «certezze».
L’EHS è caratterizzata da una moltitudine di sintomi, espressione
dei diversi apparati dell’organismo coinvolti, che variano
considerevolmente nel tempo per intensità, durata e frequenza.
Pertanto ci troviamo di fronte a una popolazione estremamente
eterogenea (con notevoli variazioni intra e interindividuali),
difficilmente inquadrabile in rigidi protocolli sperimentali di
provocazione. La mancata o parziale risposta dei soggetti ipersensibili
(che avrebbero dovuto, nelle intenzioni degli sperimentatori,
presentare gli stessi sintomi a ripetute provocazioni secondo una
metodologia lineare) rispetto ai non ipersensibili ai test di
provocazione trova giustificazione nei sostanziali limiti ed errori
metodologici caratterizzanti tali test, oltre che nelle sottovalutazioni
riguardanti i criteri di inclusione della popolazione negli studi.
L’insussistenza e l’arbitrarietà dei test di provocazione sono state
ampliamente commentate con argomentazioni tecnico-scientifiche.
Qui per brevità si elencano solamente le motivazioni: sono stati
eseguiti test utilizzando unicamente alte o basse frequenze,
escludendo in tal modo una fetta di popolazione sensibile alle une o
alle altre, generando una significativa sottostima dei risultati finali; la
comparsa dei sintomi nei soggetti che riportano EHS sia in ambito
lavorativo che domestico (area di esposizione) avviene in un range di
tempo variabile; qualità e affidabilità dei risultati di uno studio di
provocazione sono molto legate ai criteri di inclusione riguardanti la
popolazione da studiare; c’è inconsistenza statistica del numero dei
partecipanti al gruppo campione studiato per poterne rilevare sintomi
anche di lieve portata; non sono state valutate le pre-esposizioni ai
campi elettromagnetici dei volontari da studiare; molti protocolli
sperimentali sono stati condotti in condizioni di laboratorio che
possono non corrispondere alle normali condizioni di esposizione
nella vita o nel lavoro; per quanto concerne la supposta eziologia
psicogena e il conseguente effetto nocebo per spiegare il fenomeno
dell’EHS , non vi sono molti argomenti che possono supportare tale
ipotesi; la validità dei risultati apparentemente negativi e quindi
falsamente tranquillizzanti è in genere espressione di studi finanziati
dalle compagnie di telefonia mobile.
Aggiungo che il peso dei conflitti di interessi di alcuni dei
ricercatori maggiormente impegnati sul versante… «negazionista» è
stato documentato, pubblicato, enunciato anche in ambiti processuali:
è una tara profonda che sminuisce il valore di quelle sperimentazioni.
L’approccio diagnostico oggi accettato dalla comunità scientifica
indipendente proviene dalle linee guida elaborate dal gruppo di
lavoro dell’associazione dei medici austriaci (AG -EMF ) per la diagnosi e
il trattamento di problemi di salute e di vere e proprie malattie
collegate all’esposizione a campi elettromagnetici (sindrome EMF ).
Esse sono basate su un questionario per il paziente in cui si valutano i
sintomi e su come questi variano in rapporto al tempo e al luogo. È
prevista una valutazione dei livelli di campo elettromagnetico e il tipo
di esposizione. Si effettuano anche indagini di laboratorio generali e
specifiche.
Il professor Belpomme ha pubblicato i risultati della sua ricerca
condotta su 727 persone di cui 521 elettroipersensibili, 52 con
sensibilità multipla chimica e 154 con entrambe le forme. Le
alterazioni riscontrate a carico di specifici marcatori biologici possono
fungere da validi e oggettivi criteri di patogenesi e di diagnosi. Il
quadro che emerge di iperistaminemia, stress ossidativo, risposta
autoimmune, apertura della barriera emato-encefalica, diminuzione
dell’escrezione di melatonina e ipoperfusione ematica cerebrale
rappresenta un processo di risposta infiammatoria cronica con il
maggiore coinvolgimento a carico del sistema nervoso centrale.
L’autore conclude che tale studio suggerisce fortemente che
l’elettroipersensibilità possa essere caratterizzata e diagnosticata
attraverso l’esecuzione di semplici test di laboratorio che evidenziano
le variazioni di specifici marcatori biologici.
L’Associazione italiana elettrosensibili ha sviluppato un protocollo
di diagnosi grazie al proprio team medico (Nunzia Di Fonte, Anna
Zucchero), in via di pubblicazione, che sintetizza l’esperienza fatta su
pazienti italiani, utilizzando una procedura che ha tenuto conto del
contributo sia austriaco che francese.

Secondo le ultime stime, quanti sono colpiti da questa nuova malattia in


Italia e nel resto del mondo?

Nella maggior parte delle nazioni la percentuale di persone nella


popolazione generale che presenta un’esposizione elettromagnetica di
basso livello è spesso del 30-40 per cento. Nei sondaggi invece la
percentuale di persone che segnalano una ipersensibilità è di circa il 3-
4 per cento. Non esistono in Italia statistiche ufficiali, in quanto l’EHS
non è riconosciuta dal ministero della Salute come malattia. Le
percentuali sono analoghe a quelle delle altre nazioni industrializzate
e con forti infrastrutture digitali e di trasmissione dati.

I gestori del 5G hanno già chiesto un innalzamento del limite di sicurezza


dell’elettrosmog di 10 volte (da 6 V/m a 61 V/m) ed è prevista la copertura
pressoché totale della popolazione. Come associazione avete in programma
qualche iniziativa affinché il Parlamento inizi a prendere in considerazione
anche i rischi per la salute degli elettrosensibili?

L’AIE è attiva da quindici anni ma è penalizzata dalle sue piccole


dimensioni, dalla mancanza di finanziamenti e dalla difficoltà che
molti elettrosensibili hanno nell’uso degli strumenti digitali (che
permettono una comunicazione più efficiente). L’associazione è stata
contattata solo da pochi uomini politici a cui ha dato il proprio
contributo tecnico per la formulazione di proposte di legge finalizzate
alla riduzione dell’impatto dell’elettrosmog. L’AIE ha aderito sin da
subito alla «Alleanza Stop 5G », che ha calamitato più associazioni,
comitati e persone su base locale per far sentire la voce dei cittadini
che dicono no all’implementazione di questa tecnologia caratterizzata
da un fortissimo, ulteriore innalzamento del livello di radiofrequenze
e con una volontà di trasmissione ubiquitaria. «Alleanza Stop 5G » ha
già organizzato tre eventi presso la Camera dei deputati grazie anche
al grande interesse dimostrato dall’onorevole Sara Cunial.

Trattamenti per la sindrome


Per il momento l’unica cosa che può fare un elettrosensibile grave è
seguire l’esempio di Ulrich Weiner, ovvero proteggersi e isolarsi
completamente dalle onde elettromagnetiche. Tutte le altre persone
sane o con una elettrosensibilità lieve dovrebbero invece limitare
l’esposizione allo stretto necessario. Al momento, infatti, non esistono
trattamenti in grado di curare la malattia. Il solo rimedio conosciuto
per attenuare i sintomi proviene dagli studi del professor Dominique
Belpomme: «Le onde elettromagnetiche alterano la vascolarizzazione
del talamo provocando perdita dell’equilibrio e formicolii. L’unico
rimedio alimentare che fino a oggi è stato provato è l’utilizzo di un
integratore a base di papaya fermentata conosciuto come Immun’Age.
Lo stesso utilizzato da Giovanni Paolo II nel 2002. Nei miei pazienti
che sono stati sottoposti al trattamento con la papaya fermentata, la
vascolarizzazione del cervello si è ristabilizzata. Wojtyła infatti
migliorò perché la vascolarizzazione danneggiata dal Parkinson
ottenne un grande beneficio». 63

I timori del professor Andrea Grieco


Il fisico Andrea Grieco, esperto in nuove tecnologie e pericoli da
elettrosmog, ha espresso la propria preoccupazione sul fatto che
l’avvento del 5G possa avere ripercussioni anche su questioni di
natura diversa dall’elettroipersensibilità.

A mio parere il 5G espone, in modo diretto o indiretto, a diverse tipologie di


rischio che devono essere attentamente valutate. La prima è quella legata agli
effetti fisici delle onde elettromagnetiche sugli esseri viventi, ma vi sono altri
rischi collegati in un modo o nell’altro allo sviluppo della nuova generazione di
telefonia. La possibilità di essere costantemente connessi in qualunque luogo ci si
trovi può aumentare la dipendenza da smartphone di cui soffrono già molte
persone. In Giappone, per esempio, si contano ormai più di mezzo milione di
giovani, la maggior parte adolescenti, affetti dalla sindrome hikikomori, che li fa
vivere costantemente davanti a uno schermo. Un altro rischio è di tipo sociologico
ed è legato alle trasformazioni a livello economico, lavorativo, militare, della
privacy e della sicurezza che una rete pervasiva e invasiva comporta. Abbiamo
infine un rischio antropologico, con la possibilità che la specie Homo sapiens inizi a
essere soppiantata dai cosiddetti «umani migliorati» [dotati di impianti nel corpo
per il collegamento costante alla rete e ai dispositivi elettronici, NdA], come
auspicano i sostenitori del transumanesimo, 64 senza però farsi troppe domande
sugli aspetti oscuri di una simile transizione.
Tornando invece agli aspetti sanitari che riguardano la difesa della salute,
possiamo agire su quattro livelli: 1) adottare comportamenti che riducano
l’esposizione ai campi elettromagnetici. Evitare per esempio di fare lunghe
telefonate col cellulare appoggiato all’orecchio, non tenerlo nella tasca dei
pantaloni o sotto il cuscino la notte, usare l’auricolare con il cavo (gli ultimi
modelli non hanno più l’apposita presa in quanto è stata sostituita da
collegamento wireless Bluetooth), non telefonare quando c’è poco campo o quando
si è su mezzi in movimento perché il cellulare, per agganciare la cella, genera RF a
una potenza maggiore. Altri consigli utili sono reperibili sul sito dell’Associazione
italiana elettrosensibili; 2) ridurre l’esposizione almeno nella camera da letto con
tutti i possibili accorgimenti; 3) ricorrere alle vie legali nel caso vi sia un fondato
motivo per ritenere di essere stati danneggiati dall’esposizione a campi
elettromagnetici (per esempio per l’uso eccessivo del cellulare dovuto al proprio
lavoro); 4) riunirsi in comitati per esercitare pressione a livello politico affinché
vengano adottati gli opportuni provvedimenti a tutela della salute di tutti.
La rivolta di sindaci e cittadini
I preparativi per l’installazione del 5G procedono a passo spedito e le
nuove antenne stanno spuntando come funghi quasi ovunque. La loro
costruzione ha messo in allarme molti cittadini e associazioni al
corrente dei possibili rischi, e in pochi mesi decine e decine di comuni
italiani hanno messo al bando la nuova tecnologia dal loro territorio. Il
sindaco di Tortoreto Domenico Piccioni, per esempio, su mandato
dell’intero consiglio comunale ha emesso un’ordinanza che vieta la
sperimentazione e l’installazione del 5G su tutto il territorio cittadino:
«L’ordinanza non è contro l’avanzamento tecnologico,» si legge in una
nota «ma è doveroso avere sufficienti dati scientifici, indipendenti da
legami con l’industria, che dimostrino gli effetti delle radiofrequenze,
e quindi avere la consapevolezza del potenziale pericolo per la salute
dell’uomo.» 65
Piccioni, al pari di molti altri suoi colleghi primi cittadini, ha
sottoscritto il provvedimento esercitando la sua funzione di massima
autorità sanitaria locale. Ciò è possibile in quanto la tutela della salute
pubblica è garantita dall’articolo 32 della Costituzione e dal principio
di precauzione sancito dal diritto comunitario.
«L’inquinamento elettromagnetico è divenuto in questi ultimi anni
un importante tema per la presenza di rischi per la salute dell’uomo»
ha sottolineato Piccioni. «È dimostrato che c’è un nesso di causalità tra
l’esposizione ai campi elettromagnetici e il verificarsi di alcune
patologie. L’unica finalità dell’ordinanza è quella di tutelare la salute
dei tortoretani e dei turisti, diritto irrinunciabile per tutti i cittadini. Se
ci saranno evidenze scientifiche positive l’amministrazione comunale
sarà ben disposta al ritiro dell’ordinanza, mentre l’incertezza del
momento ha indotto ad assumere il provvedimento.» 66
Oltre all’ostruzionismo dei sindaci e delle associazioni che
intendono fermare l’installazione del 5G nei loro comuni, si stanno
verificando anche vere e proprie rivolte spontanee che vedono il
coinvolgimento delle forze di polizia chiamate a proteggere i diritti
acquisiti dalle compagnie telefoniche. Il 13 gennaio 2020, per esempio,
un comunicato ANSA ha dato la notizia dello scoppio di tafferugli a
Quarto Flegreo: «Ressa e spintoni tra forze di polizia e residenti di via
Cocci a Quarto Flegreo (Napoli), all’alba di oggi, per l’installazione di
una antenna 5G . La tensione è salita tra i circa 500 residenti, che si sono
dati appuntamento nei pressi del manufatto sul cui tetto deve essere
ubicata l’antenna, e la polizia appena la ditta ha avviato le operazioni
di messa in opera. Tra i dimostranti qualche anziano è stato colpito da
malore. È intervenuto il 118. Le operazioni, comunque, stanno
procedendo secondo i programmi. Il problema dell’antenna 5G è stato
sollevato da qualche tempo dai residenti del quartiere Cocci e da un
gruppo consiliare di opposizione: si temono ripercussioni sulla salute.
L’impianto di nuova tecnologia è ancora in fase sperimentale e,
secondo quanto sostengono i cittadini in rivolta, non si conoscono
quali effetti può produrre sulla salute, una volta in funzione. Esposti
cartelli nella zona con su scritto: “Non vogliamo essere delle cavie”». 67
Il 25 gennaio 2020 diverse associazioni di cittadini sono scese in
piazza in oltre quaranta città d’Italia, da Torino a Lecce, per
manifestare contro il 5G 68 e partecipare alla giornata mondiale di
protesta che, nonostante il silenzio mediatico, ha coinvolto centinaia
di abitanti di molte grandi capitali come New York, Tokyo e Sydney. 69
Fino a oggi gli argomenti degli scienziati e delle associazioni che
denunciano i rischi per la salute della nuova rete non hanno avuto
ascolto e non sembrano ammessi nei dibattiti televisivi. Molti
giornalisti dei grandi canali d’informazione, inoltre, non fanno nulla
per nascondere il proprio schieramento arrivando addirittura a
escludere qualsiasi dubbio sulla sicurezza del 5G e a etichettare
apertamente chi protesta come antiscientifico. «Il Foglio», per
esempio, ha così sottotitolato un proprio articolo: Una campagna
ossessiva e antiscientifica sta prendendo di mira l’infrastruttura del futuro: il
5G. Ma i raggi solari fanno più male. 70

Perché molti fisici temono il 5G


Il professor Fausto Bersani ha collaborato all’attività di ricerca
dell’INFN (Istituto nazionale di fisica nucleare) presso i LNGS
(Laboratori nazionali del Gran Sasso) e, oltre a coordinare il
dipartimento e il laboratorio di fisica dell’Istituto scientifico «A. Volta»
di Riccione, svolge attività di formazione per i docenti. Nell’ambito
della fisica sanitaria ha collaborato con l’università degli Studi di
Bologna (presso il policlinico S. Orsola) e con l’università degli Studi
di Urbino per monitoraggi ambientali inerenti, rispettivamente, alle
radiazioni ionizzanti e non ionizzanti. È stato membro di varie
commissioni tecniche per lo studio dei fenomeni elettromagnetici a
livello ambientale e CTP (consulente tecnico di parte) in contenziosi
legali inerenti a problematiche di inquinamento derivanti da
radiazioni elettromagnetiche, e ha elaborato modelli matematici
dedicati al calcolo previsionale di campi elettromagnetici, all’analisi
statistica di dati sperimentali e alla simulazione del comportamento di
sistemi complessi. Da anni si occupa di ricerca teorica e sperimentale,
relativa agli effetti delle radiazioni elettromagnetiche sul corpo
umano, ed è autore di una settantina di pubblicazioni.
Dal 2001 è consulente ambientale della Federconsumatori della
provincia di Rimini, e pertanto ho chiesto il suo parere tecnico di
scienziato indipendente su tutti gli aspetti che riguardano l’ormai
prossima entrata in servizio della rete 5G .

Ogni nuovo prodotto commerciale, come un farmaco o un semplice cosmetico,


prima di poter essere immesso sul mercato deve superare dei test di sicurezza
volti a escludere gravi rischi per la salute. La nuova rete 5G , invece, è già
messa in funzione (seppur ancora limitatamente in alcune città) senza
nessuno studio propedeutico sugli effetti biologici immediati, a medio e lungo
termine. Come giudica questo comportamento dei governi?

La premessa alla domanda è perfettamente in linea con le


dichiarazioni rilasciate dal dottor Agostino Di Ciaula, presidente del
comitato scientifico ISDE (International Society of Doctors for
Environment), secondo il quale se il 5G fosse stato un farmaco, a causa
delle evidenze oggi disponibili sui vari effetti biologici delle
radiofrequenze e delle microonde, non avrebbe superato neanche la
fase di valutazione preclinica. Credo che queste considerazioni
riassumano tutta la potenziale gravità di una procedura che ha visto
assegnare, a ottobre 2018, le frequenze pioniere degli apparati di
quinta generazione ai gestori della telefonia mobile per un importo di
circa 6,55 miliardi di euro in totale assenza di un parere sanitario da
parte degli organi competenti. Ho usato l’espressione frequenze
pioniere in quanto il 5G userà, inizialmente, le bande 694-790 MH z, 3,4-
3,8 GH z, 26,5-27,5 GH z e, successivamente, frequenze più elevate fino a
86 GH z (fonte: AGCOM ), passando dalle cosiddette onde centimetriche
alle onde millimetriche.
I campi elettromagnetici di tutte le frequenze rappresentano uno
degli inquinanti più ubiquitari e in veloce aumento nell’ambiente.
Tutte le popolazioni, e trasversalmente tutte le fasce di età, a vari
gradi, sono esposte, e i livelli di intensità cresceranno continuamente
con gli attuali sviluppi tecnologici. Numerose evidenze scientifiche, a
partire dagli anni Cinquanta, hanno dimostrato la capacità delle onde
centimetriche/millimetriche di indurre modificazioni biologiche su
cellule e organismi viventi, compreso l’uomo. Dal punto di vista delle
possibili conseguenze ambientali e sanitarie, le autorizzazioni e i
relativi parametri di legge dovrebbero essere considerati al pari di
quelli per i farmaci, per i pesticidi, per le sostanze chimiche tossiche
come i metalli pesanti o per gli interferenti endocrini.
Le società di telecomunicazioni, con il supporto dei governi, entro i
prossimi anni implementeranno la rete wireless di quinta generazione.
Si tratta di un cambiamento tecnologico epocale su scala globale che ci
porterà all’internet delle cose (IOT ): case, imprese, autostrade e città
«intelligenti», auto a guida autonoma, avionica e robotica,
sorveglianza e sistemi di controllo in generale, applicazioni
biomedicali e telematica sono solo alcuni dei domini applicativi del
5G . L’obiettivo dichiarato è di arrivare, entro il 2022, a fare in modo
che nelle case di almeno l’80 per cento della popolazione nazionale (il
99,4 per cento entro giugno 2023) ci sia la copertura 5G . Secondo
l’AGCOM , per raggiungere questi obiettivi l’infrastruttura di rete del 5G
sarà pienamente operativa con una densità di circa un milione di
dispositivi connessi per chilometro quadrato, che significa un
apparato ogni metro quadrato.
Questa volta non ci troviamo più di fronte a un mercato
prevalentemente legato ai servizi di telefonia, siamo di fronte a un
gigante di dimensioni senza precedenti: un mercato globale che
coinvolge un indotto avente come unico limite la fantasia di chi opera
nei vari ambiti operativi, e di fronte al quale i governi non solo non
stanno facendo nulla a livello di principio di precauzione, ma non
faranno nulla per ostacolarne lo sviluppo a fronte di interessi
economici al momento difficilmente calcolabili. Si ipotizza
un’iniezione di circa 700 miliardi di dollari all’economia globale entro
il 2030. La smart city economy, verosimilmente, frutterà qualcosa come
17.000 miliardi di dollari entro il 2035 con circa 200 miliardi di oggetti
trasmittenti, per non parlare della costellazione di circa 20.000 nuovi
satelliti nello spazio per assicurare la connessione anche negli angoli
più remoti del pianeta. Numeri da capogiro, di fronte ai quali i
governi esercitano la sola funzione di allineamento, sempre più
condizionati dagli interessi economici delle grandi corporazioni.
A conferma di quanto sopra riportato, le potrei citare la vicenda che
ha visto come protagonisti un’associazione ambientalista (APPLE ,
Associazione per la prevenzione e la lotta all’elettrosmog) e i ministeri
dell’Istruzione, dell’Ambiente e della Salute, i quali sono risultati
soccombenti nel ricorso avviato al TAR del Lazio da parte di APPLE .
Negli ultimi diciotto anni lo Stato italiano è risultato inadempiente nei
confronti di una legge da lui stesso emanata, la legge quadro 36/2001,
in virtù della quale avrebbe dovuto emanare un decreto sulle
etichettature da applicare ai dispositivi wireless per spiegare agli
utenti come ridurre le esposizioni ai campi elettromagnetici e, per lo
stesso scopo, avrebbe dovuto svolgere campagne informative rivolte
alla popolazione.
Il 16 gennaio 2019 i giudici amministrativi, con una sentenza
storica, hanno obbligato i tre dicasteri ad avviare entro sei mesi
un’iniziativa sulle possibili conseguenze dell’utilizzo improprio di
cellulari e cordless. A poche ore dalla scadenza dei termini di legge è
stato presentato al Consiglio di Stato, dai ministeri coinvolti, un
appello per annullare la sentenza del TAR del Lazio, e poco importa
che il giorno dopo la decisione del TAR i dicasteri avessero diramato
un comunicato stampa in cui annunciavano di recepire con favore la
sentenza, «convinti della necessità di sensibilizzare l’opinione
pubblica sul tema e di promuovere misure di prevenzione». Il
Consiglio di Stato si pronuncia ad agosto 2019 (sentenza n. 5887/2019).
Nonostante nella sentenza si affermi – per motivi strettamente
procedurali e non di merito – che i ministeri non hanno un obbligo di
legge a effettuare una campagna informativa, il Consiglio di Stato
conferma che vi debba essere informazione, accogliendo le
preoccupazioni di chi ritiene che la popolazione non stia ricevendo
indicazioni su come tutelare la propria salute dall’esposizione ai
campi elettromagnetici generati dagli apparati wireless.

I mass media sembrano tutti d’accordo nel sostenere che il 5G è sicuro e che
non c’è nessun motivo scientifico per dubitare. Ciononostante, esiste ampia
letteratura accademica che ha associato l’esposizione all’elettrosmog con lo
sviluppo di patologie gravissime come cancro e leucemie. Se la scienza segue
il metodo galileiano ed è sempre oggettiva, come mai troviamo degli studi con
conclusioni radicalmente opposte alle altre? Qual è la sua opinione riguardo a
queste due posizioni contrastanti?

Come spiegavo prima, siamo di fronte a un processo «globale» che,


come tale, coinvolge anche una buona parte del mondo della
comunicazione, il quale rappresenta un settore strategico non solo a
livello pubblicitario ma anche per generare un torpore
tranquillizzante, sedando ogni eventuale dubbio sull’aspetto sanitario,
nella migliore delle ipotesi utilizzando la strategia di spostare
l’attenzione su altri fattori inquinanti, responsabilità da cui certamente
non sono esenti neppure gli enti istituzionali preposti al controllo
ambientale e sanitario. La maggior parte degli studi rassicuranti in
termini di rischio per la salute, fra cui il famoso progetto Interphone,
la testa d’ariete dei negazionisti su cui si basano le posizioni dell’OMS e
di molti governi, compresi quelli italiani (uso il plurale vista la
frequenza con cui si alternano mantenendo incredibilmente – in
questo caso – uniformità di condotta, un evento raro vista la diffusa
litigiosità che li caratterizza su quasi tutti gli altri temi), hanno
ricevuto finanziamenti da soggetti privati, fra cui gli stessi gestori
delle telecomunicazioni.
Assolutamente condivisibile la posizione assunta da alcuni
ricercatori, i quali ritengono che nell’interpretare i risultati degli studi
nel settore ambientale sia innanzitutto doveroso prendere in
considerazione le fonti dei finanziamenti. 71 Sono stati più volte
accertati conflitti di interessi, spesso non dichiarati, di scienziati
impegnati nella stesura delle linee guida internazionali di protezione
dai campi elettromagnetici che, contestualmente, figuravano e
figurano tuttora come consulenti aziendali nelle telecomunicazioni.
Un riesame dei dati canadesi dell’Interphone, per esempio, dopo la
correzione di vari errori sistematici, ha dimostrato un rischio doppio
di glioma (OR 2,2, intervallo di confidenza al 95 per cento 1,3-4,1), un
tumore maligno del cervello, in seguito a utilizzo intenso di cellulari. 72
La recentissima sentenza del 14 gennaio 2020 emessa della Corte
d’appello di Torino, relativa al caso di un lavoratore colpito da
neurinoma acustico per l’uso continuativo del cellulare aziendale,
rappresenta una svolta non solo per quanto concerne l’averne
accertato il nesso causale ma anche per aver messo in evidenza come
«buona parte della letteratura scientifica che esclude la
cancerogenicità dell’esposizione a radiofrequenze, o che quantomeno
sostiene che le ricerche giunte a opposte conclusioni non possano
essere considerate conclusive … versa in posizione di conflitto di
interessi, peraltro non sempre dichiarato». L’evidenza del fatto che le
radiazioni a radiofrequenze/microonde creino conseguenze biologiche
e sanitarie si è rafforzata, dagli anni Cinquanta a oggi, con una serie di
studi particolarmente significativi nel periodo 2009-19. Rispetto ai
tempi in cui è stato emesso il decreto del presidente del Consiglio
dell’8 luglio 2003, le conoscenze scientifiche sui rischi per la salute
derivanti da esposizioni ai campi elettromagnetici si sono
notevolmente consolidate.
Nel 2015 gli scienziati di 41 paesi hanno comunicato il loro allarme
alle Nazioni Unite e all’Organizzazione mondiale della sanità
affermando che «numerose recenti pubblicazioni scientifiche hanno
dimostrato che i campi elettromagnetici colpiscono organismi viventi
a livelli molto al di sotto della maggior parte delle linee guida
internazionali e nazionali. Più di 10.000 studi scientifici sottoposti a
peer review dimostrano danni alla salute umana derivanti dalle
radiazioni RF ».
È inoltre opportuno considerare, in termini di rischio sanitario,
anche gli effetti combinati di più inquinanti lungo l’intero arco
temporale di vita. Le reciproche interazioni, anche con i campi
elettromagnetici, possono dar vita a sinergie in grado di aumentare il
potenziale cancerogeno dei singoli inquinanti. A tal proposito si sta
sviluppando il concetto di «esposoma», ovvero il complesso degli
stimoli a cui ogni individuo è esposto fin dal concepimento e per tutta
la durata della vita. Questo, in particolare, rende indispensabile fare il
possibile per ridurre al minimo l’esposizione globale a ciascun
inquinante (soprattutto nel caso delle categorie più vulnerabili, quali
le donne in stato di gravidanza e i soggetti in età pediatrica) per
portare il rischio sanitario al minimo livello possibile, in base alle
conoscenze scientifiche disponibili, applicando cioè il principio di
precauzione.
Questa letteratura, per esempio, non è stata citata nel recente
rapporto dell’Istituto superiore di sanità, 73 che di fatto afferma che i
cellulari non aumentano il rischio di cancro. Nel riferimento ad alcune
metanalisi, si è ignorato tranquillamente il fatto che in esse sono stati
inseriti studi «negativi» con limiti metodologici dichiarati dagli stessi
autori. Inoltre sono state sottovalutate le recenti evidenze sperimentali
che hanno confermato in maniera diretta la capacità delle
radiofrequenze di promuovere la cancerogenesi anche per esposizioni
inferiori a quelle dei limiti dell’ICNIRP . 74 Totalmente ignorato anche
l’ultimo studio pubblicato da Santé Publique France, l’agenzia di
sanità pubblica francese (luglio 2019), che insieme ai registri dei
tumori Francim, agli Hospices Civils de Lyon e all’Institut National du
Cancer ha diramato le stime nazionali sull’incidenza del cancro e sulla
mortalità nella Francia metropolitana tra il 1990 e il 2018: in circa
trent’anni il numero annuale di nuovi casi di glioblastoma (uno dei
tipi più aggressivi di cancro al cervello), con conferme istologiche, è
aumentato di quattro volte in entrambi i sessi, colpendo tutte le età.
Gli ultimi studi epidemiologici e gli esperimenti sugli animali
sosterrebbero il ruolo cancerogeno dell’esposizione ai campi
elettromagnetici, quanto meno come concausa di questa crescita
esponenziale. Purtroppo questa informazione, in genere, non trova
spazio di diffusione per una semplice ragione: né la scienza né i media
sono liberi. Esiste un dato di realtà che è assolutamente indiscutibile:
l’Istituto Ramazzini, un’eccellenza italiana nella ricerca delle patologie
ambientali, nato negli anni Settanta grazie al professor Maltoni, ha
dimostrato nel corso della sua storia l’esistenza di vari agenti
cancerogeni. Il fatto curioso nella predittività degli studi del
Ramazzini è che dalla prima evidenza di cancerogenicità sperimentale
di una determinata sostanza, emersa nei laboratori di Bentivoglio, al
suo riconoscimento ufficiale nella lista dello IARC , in media sono
intercorsi circa vent’anni di esposizioni indebite.
La storia purtroppo si sta ripetendo: nel 2011 lo IARC colloca i campi
elettromagnetici a radiofrequenza nella categoria «possibili agenti
cancerogeni per l’uomo» (2B ) a causa di «limitate» evidenze
epidemiologiche e «inadeguate» evidenze sugli animali. Nel 2018 il
National Toxicology Program 75 (USA ) e il Ramazzini 76 dimostrano con
due ricerche indipendenti e due protocolli diversi, a circa 6000
chilometri di distanza, un aumento significativo (dosedipendente) di
schwannomi maligni del cuore in topi e ratti esposti a frequenze
tipicamente usate nella telefonia cellulare. A fronte di tutto quanto
sopra esposto, cosa dobbiamo attendere ancora per collocare i campi
elettromagnetici a un livello più alto di cancerogenicità?
Indipendenza, assenza di conflitti di interessi, autorevolezza,
credibilità scientifica, trasparenza, che fine hanno fatto? Purtroppo
credo che del metodo scientifico galileiano sia sopravvissuto
veramente molto poco.

Le pubblicazioni tecniche delle stesse grandi aziende di telecomunicazioni


hanno mai evidenziato gravi rischi per la salute?

Assolutamente sì. Le cito due casi: Swisscom rivelò, per esempio, i


rischi nell’uso del Wi-Fi in una domanda di brevetto depositata nel
2003. Ricordiamo che Swisscom è il principale fornitore di
telecomunicazioni in Svizzera e nella sua domanda di brevetto
dichiarò che la continua esposizione ai dispositivi Wi-Fi provoca
danni dimostrati al materiale genetico e aumenta il rischio di cancro,
sottolineando che non si tratta di effetti termici. Peraltro affermò che
l’industria della telefonia conosce il reale pericolo per la salute umana
ma non ha mai adottato alcun provvedimento (2004). Altro caso
quello del gestore tedesco di telefonia mobile, Deutsche Telekom, il
quale mette in guardia sull’esposizione al Wi-Fi del router Speedport.
Nel capitolo «Istruzioni di sicurezza e protezione dati», a pagina 21,
sotto la voce «segnali radio», si legge: «Le antenne integrate del router
Speedport trasmettono e ricevono segnali radio, a es. per la fornitura
della tua rete Wi-Fi. Evitare di collocare il router in prossimità di
camere da letto, stanze per bambini, soggiorni (anche locali comuni o
salotti) per mantenere al più basso livello possibile l’esposizione ai
CEM » (2017).

Secondo quanto rivelato da alcune fonti, non tutte le Agenzie regionali per la
protezione ambientale (ARPA ) dispongono degli strumenti tecnici per
misurare intensità e livelli d’elettrosmog del 5G . Può confermare o confutare
queste dichiarazioni?

A luglio 2019 è uscita una pubblicazione dell’ARPA del Lazio, in


collaborazione con Fastweb ed Ericsson Italia, inerente a una
sperimentazione del 5G a Roma basata su una serie di misure sul
campo nella banda delle onde millimetriche. L’installazione di un
impianto 5G all’interno del complesso museale delle Terme di
Diocleziano ha costituito un banco di prova per mettere a punto le
prime procedure di misura sui ripetitori di nuova generazione, fino a
oggi sviluppate e testate esclusivamente su segnali «ideali» generati in
laboratorio. Questa sperimentazione era finalizzata all’ottimizzazione
della procedura operativa da seguire per la misura del primo segnale
5G commerciale attivo nel territorio del comune di Roma.
Le sessioni di misura hanno consentito di produrre stime
preliminari del cosiddetto «fattore di abbattimento statistico»
introdotto nel documento dell’International Electrotechnical
Commission (IEC ). Questi fattori numerici dipendono dall’utilizzo
delle cosiddette antenne attive, che generano un campo
elettromagnetico caratterizzato da un segnale fortemente variabile nel
tempo e nello spazio tipico del 5G . È bene precisare, però, che tale
monitoraggio è stato eseguito in assenza di traffico, e dunque che è
assolutamente da considerarsi un lavoro allo stato «embrionale».
Tuttavia, secondo gli autori, la demodulazione di un segnale 5G
complesso come quello esaminato lascia immaginare come in futuro
sia possibile stimare il campo elettromagnetico prodotto da questi
ripetitori con formule di estrapolazione simili a quelle utilizzate per le
tecnologie precedenti, senza però sottolineare che questi fattori
verranno forniti dai gestori agli enti di controllo attraverso, di fatto,
un’autocertificazione in base alla stima del traffico medio di una
determinata zona.
Quindi esiste una situazione alquanto nebulosa, tanto per
cominciare sul piano previsionale, ossia a livello dei pareri ambientali
e sanitari che dovranno precedere le eventuali autorizzazioni. Inoltre
questa sperimentazione è stata realizzata grazie a una strumentazione
alquanto sofisticata, ossia per mezzo di un analizzatore di spettro in
grado di procedere alla misura vettoriale della potenza emessa dalle
antenne, strumentazione certamente costosa e decisamente poco
diffusa, salvo in alcune sezioni ARPA particolarmente attrezzate.
Pertanto sul piano dei pareri e dei controlli siamo ancora in alto mare,
sia a livello preventivo che in fase di verifica strumentale.

In alcune grandi città e in un ristretto numero di piccoli comuni il 5G è già


entrato in funzione, seppur ancora a bassa potenza rispetto agli obiettivi da
raggiungere nei prossimi anni. Ciò potrebbe essere considerato come un
primo test sulla salute pubblica, ma normalmente gli effetti dell’esposizione
all’elettrosmog si manifestano solo a medio e lungo termine. Vista la
situazione, il paragone tra cittadini e cavie di laboratorio le sembra
appropriato o un’esagerazione?

La sperimentazione di un’innovazione, per esempio in campo


sanitario, dal farmaceutico al tecnologico, è regolamentata da linee
guida e da regole ben precise. Purtroppo la sperimentazione delle
nuove tecnologie, per i motivi che ho spiegato, anche se incisive a
livello sanitario, è affidata ai soli studi post-marketing, superando
ogni codice etico. Quindi la società diventa di fatto un grande
laboratorio, però con un’importante differenza: quando si conduce
uno studio epidemiologico si parte sempre dal confronto tra un
campione esposto a un agente da testare e un gruppo neutro di
controllo.
Nel caso che stiamo trattando, in futuro non potremo neanche
beneficiare di tale confronto, dal momento che sarà estremamente
improbabile disporre di un gruppo di controllo. Il fondo ambientale
nei prossimi anni crescerà, a mio avviso, come minimo a un 70 per
cento, in quanto uno dei problemi del 5G è che andrà a integrarsi ai
campi elettromagnetici che già oggi esistono, come quelli generati dai
Wi-Fi e dalle tecnologie 2G , 3G e 4G , che non verranno smantellate.
Oltre al probabile danno sanitario avremo anche la beffa di non poter
applicare i criteri di analisi dell’epidemiologia, facendo così il gioco
dei negazionisti. L’unica possibilità di ricerca saranno gli studi di
laboratorio con i quali capire a fondo i meccanismi d’azione delle
radiazioni elettromagnetiche con il corpo umano, e per fare questo
saranno necessarie intuizioni di alto profilo. In poche parole, ci
dobbiamo attrezzare per una grande sfida intellettuale.

I promotori del 5G affermano che la Terra possiede un suo campo


elettromagnetico e che pertanto la biologia degli esseri viventi convive da
sempre con l’elettrosmog naturale. Molti fisici come il professor Grieco, però,
hanno già spiegato i motivi per cui tali affermazioni, apparentemente logiche,
sono totalmente infondate dal punto di vista scientifico. Secondo lei,
l’intensità del campo elettromagnetico terrestre può essere paragonata a
quella generata da antenne e ripetitori delle compagnie telefoniche?

Anche questa è una delle litanie ricorrenti che gli «addetti alla
diffusione del torpore rassicurante» ripetono con insistenza.
Affermazioni che, scientificamente parlando, sono di una
superficialità imbarazzante e di una gravità assoluta, visto che
vengono diffuse spacciandole come «verità» quando, al contrario,
sono vere e proprie mistificazioni. Innanzitutto dobbiamo dire che
esistono un campo magnetico e un campo elettrico naturali che sono
stazionari, ossia non variabili nel tempo, con i quali ci siamo
geneticamente selezionati e che sono fondamentali per il corretto
funzionamento del corpo umano. Quindi niente a che vedere con le
onde elettromagnetiche pulsate emesse dagli apparati wireless.
Esistono inoltre onde elettromagnetiche naturali, note come onde di
risonanza di Schumann, a bassissima frequenza (dell’ordine di pochi
hertz), anche queste completamente diverse da quelle prodotte dai
mezzi di telecomunicazione.
In sostanza, fino agli inizi del Novecento le microonde e le
radiofrequenze non esistevano nello spettro elettromagnetico del
fondo naturale. L’uomo dal canto suo è una sofisticata e delicata
macchina elettromagnetica che vive di segnali, frequenze, codici di
riconoscimento, e per capirne a fondo il funzionamento oggi la
biochimica non è più sufficiente. I futuri progressi della medicina
saranno possibili se i medici lavoreranno accanto ai fisici. Solo così
comprenderemo i livelli più sottili e profondi, i «meccanismi che
comandano i meccanismi». Il problema delicatissimo è quello di
determinare come reagisce il campo elettromagnetico endogeno nei
diversi distretti del corpo umano quando questo è esposto a un campo
elettromagnetico esterno. In questi casi atomi e molecole possono
essere distorti nelle loro configurazioni e nei loro equilibri funzionali. I
resoconti di vari studi documentano «effetti finestra» in cui si
presentano complesse risposte biologiche (bioeffetti) non lineari e
selettive: al di fuori di determinati intervalli di frequenze e intensità,
in genere, non si ha alcuna reazione. In altre parole l’effetto accade
solo sotto l’influenza di «sottili risonanze» e sparisce, per esempio,
quando il campo applicato «fa la voce grossa».
Mi permetta di approfondire un po’ meglio il concetto di risonanza,
che si incontra in fisica un po’ ovunque, dalla meccanica elementare
all’ingegneria, dall’acustica all’ottica, dalle telecomunicazioni allo
studio delle cellule e dei sistemi biologici. Partiamo dalla nota storia
del ponte di Tacoma Narrows che, il 7 novembre 1940, crollò sotto le
raffiche periodiche del vento 77. Non fu certo solo la pressione del
vento a farlo crollare, ma la cadenza delle raffiche, cioè la frequenza.
Questa frequenza risultò molto vicina alla frequenza di vibrazione
«propria» di una delle strutture portanti del ponte; in questo caso la
pressione relativamente modesta ceduta dal vento al ponte venne
amplificata a un livello tale che il trasferimento di energia alla
struttura lo fece crollare. È lo stesso fenomeno in virtù del quale, se
facciamo vibrare un diapason con un martello, altrettanti diapason
aventi la stessa frequenza del primo e posti in sua prossimità
risuoneranno senza essere stati percossi. Analogo è anche il
meccanismo uditivo in cui la membrana del timpano risuona con le
onde sonore che vengono emesse nell’aria, riconoscendole e
decodificandole in un linguaggio grazie al sistema nervoso (entro un
certo spettro di frequenze che rappresenta la nostra capacità uditiva).
Il principio di risonanza è esplicabile anche a livello atomico, dove
viene utilizzato per esempio per la produzione di «laser», e a livello
medico diagnostico, basti pensare alla risonanza magnetica nucleare.
In generale si può dire che ogni sistema, microscopico o
macroscopico, è in grado di oscillare con frequenze caratteristiche, le
cosiddette frequenze proprie di vibrazione. La risonanza è la capacità
che ha il sistema di aumentare l’ampiezza di oscillazione in
corrispondenza di sollecitazioni esterne sintonizzate sulle frequenze
proprie di vibrazione. In questo caso, in modo molto efficiente, il
sistema assorbe, amplificandola, l’energia ceduta dalla perturbazione.
Io sono personalmente convinto che la maggior parte degli studi
che ho citato sulle onde centimetriche/millimetriche siano spiegabili
proprio in termini di interazioni basate sulla risonanza in particolari
«finestre» di frequenza, e sto svolgendo ricerche proprio in tal senso.
Non più tardi di un mese fa (ottobre 2019) il National Toxicology
Program (NTP ), negli USA , ha testato due tipologie di radiazioni
comunemente emesse dai telefoni cellulari valutandone la
genotossicità nel caso di roditori da laboratorio. I risultati di questo
studio, durato circa due anni, suggeriscono che l’esposizione a
radiofrequenze/microonde è associata a un aumento del danno al DNA
anche a livelli non termici di esposizione.
A differenza delle radiazioni ionizzanti, quelle emesse dai telefoni
cellulari non hanno sufficiente energia per danneggiare direttamente
le macromolecole, ma ritengo che una rianalisi del problema basata
sulla ricerca di effetti di risonanza potrebbe spiegare questa apparente
anomalia emersa nella pubblicazione dell’NTP . Francamente mi
sorprendo che qualcuno si stupisca di queste ulteriori conferme, e
guardi, uso il termine «ulteriori» perché di fatto già negli anni Ottanta
e Novanta erano emersi questi risultati, peraltro con tecniche
sperimentali molto simili a quelle usate oggi dall’NTP : basti pensare ai
lavori di M. Swicord (1983) e di H. Lai (1995). 78 A questo proposito
consiglierei la visione di un filmato in inglese reperibile su YouTube 79
inerente a una conferenza tenuta dal dottor Henry Lai sulle rotture del
DNA come risultato dell’esposizione a radiofrequenze e microonde che
sembra proprio ribadire, sostanzialmente, quanto emerso nell’ultimo
studio dell’NTP .
Un’altra pubblicazione estremamente interessante è apparsa nel
2011 sulla rivista «International Journal of Radiation Biology»,
realizzata da Blank e Goodman e dal titolo Il DNA è un’antenna frattale
nei campi elettromagnetici. Le interazioni elettromagnetiche con il DNA
sarebbero simili su una vasta gamma di frequenze non ionizzanti,
ossia dalle frequenze estremamente basse (ELF ) alle radiofrequenze
(RF ). In sostanza il DNA si comporterebbe come un’antenna frattale.
Ciò lo renderebbe versatile 80 con una struttura ottimizzata in grado di
assorbire la radiazione elettromagnetica a più intervalli di frequenza,
comportandosi come molti telefoni cellulari che adottano antenne
frattali multibanda per comunicare. 81 In tal modo il DNA diverrebbe
estremamente sensibile anche a bassi livelli di radiazioni, tali da
provocare rotture e danni irreparabili del filamento molecolare.
Le frequenze oscillatorie di enzimi, membrane cellulari e acidi
nucleici (ricchi di strutture di risonanza quali i legami idrogeno tra i
nucleotidi) costituiscono gerarchie sempre più complesse di segnali
elettromagnetici che influenzano l’essere vivente e rappresentano una
fondamentale rete di informazioni che regolano il metabolismo
cellulare e organico (omeostasi elettromagnetica). Il DNA è stato
sempre esclusivamente considerato come la molecola che contiene le
informazioni genetiche necessarie per la sintesi delle proteine, gli
elementi che sono alla base dell’identità degli organismi viventi.
Queste funzioni vengono svolte in realtà solo dal 5 per cento del DNA
esistente, mentre il restante 95 per cento veniva definito «DNA
spazzatura» proprio perché non se ne conosceva l’utilità. I nuovi studi
e le ricerche più recenti hanno conferito dignità biologica a questa
porzione, assegnandole un ruolo fondamentale nel funzionamento dei
sistemi viventi, una sorta di rete di comunicazione guida per tutti i
processi cellulari.
La comprensione di questi meccanismi è una prospettiva di
primaria importanza per la medicina, la sfida intellettuale di cui
parlavo prima, la quale in realtà ha radici alquanto lontane, più
antiche di quanto si possa immaginare. Infatti sembra incredibile, ma
un ricchissimo dibattito su questi temi, fatto di esperimenti e
interpretazioni, aveva coinvolto ricercatori, scienziati e medici su
entrambe le sponde dell’Atlantico sin dalla fine dell’Ottocento. Nel
proseguire della sperimentazione, negli anni Trenta, la ricerca
biologica aveva indicato come il campo elettromagnetico manifesti i
propri effetti in relazione sia alla sua frequenza sia alla durata e
all’intensità dell’esposizione. Le radiofrequenze e le microonde
avevano appena fatto la loro comparsa sul nostro pianeta, anche se
non a livello ancora invasivo.
Accanto a questo filone si era anche sviluppata, in medicina, la
diatermia, la tecnica terapeutica del riscaldamento del corpo come
mezzo per la cura di numerose patologie. All’interno della comunità
scientifica internazionale si erano andate così delineando due diverse
posizioni riguardanti l’interazione tra campi elettromagnetici e sistemi
viventi. La prima, con sfumature diverse, negava qualsiasi selettività
di azione derivante dalle frequenze e spiegava gli effetti biologici
osservati solo con il calore generato dalle correnti elettriche indotte
negli organismi. La seconda riteneva che l’azione biologica fosse
dovuta a un duplice meccanismo: gli effetti erano in parte causati
dall’intensità del campo incidente, ma anche da un’azione specifica
legata alla frequenza del segnale, cioè al numero delle oscillazioni al
secondo che caratterizza un’onda elettromagnetica, in altri termini alla
sua cadenza temporale, una sorta di codice di riconoscimento: la
questione era come scindere negli esperimenti l’azione termica da
quella oscillatoria.
Negli Stati Uniti il dibattito finì per preoccupare la corporazione
medica, suscitando reazioni condizionate dallo spirito di
autoconservazione che caratterizza ogni gruppo chiuso, soprattutto se
contaminato da conflitti di interessi. In Europa, al contrario, le due
scuole di pensiero avevano proseguito il confronto sul piano
scientifico e la maggior parte degli studiosi del continente si orientò
verso la seconda posizione. Purtroppo lo scoppio della seconda guerra
mondiale pose fine a un dibattito del quale, da parte di certi ambienti,
si tende a voler far perdere memoria, al punto che oggi, tentando di
occultare una vastissima letteratura scientifica, peraltro in continua
espansione, stiamo arrivando a un vero assurdo storico: questa
generazione di bambini è la prima, nella storia moderna, ad avere
prospettive di rischi sanitari, dovuti a fattori ambientali, peggiori
rispetto a quelle dei propri genitori.

Secondo alcune stime, i casi di elettrosensibilità sono in continuo aumento e


qualche comune si è già opposto all’installazione della nuova tecnologia 5G
sul proprio territorio. Ritiene che sia una battaglia persa in partenza o è il
segnale di un cambiamento di rotta?

L’elettrosensibilità è una malattia che nasce come effetto


dell’inquinamento elettromagnetico a breve o a medio termine. I primi
studi sperimentali, condotti in America, risalgono a circa venticinque
anni fa. 82 In genere si tratta di persone che hanno sviluppato
un’ipersensibilità patologica multiorgano, spesso come risultato di
qualche evento scatenante di natura elettromagnetica, chimica,
infettiva o fisica. Si può verificare sia a livello residenziale che
lavorativo, può interessare esposizioni elettromagnetiche sia di alta sia
di bassa frequenza e, in ogni caso, si presenta a valori decisamente
inferiori rispetto a quelli sanciti dalla normativa vigente. Interessa più
frequentemente la popolazione femminile (70 per cento) e non
esistono limiti di età a cui si può manifestare, si tratta di una patologia
che di fatto può colpire anche i bambini, probabilmente perché già
esposti nell’utero della madre a partire dal periodo di gravidanza.
L’OMS qualche anno fa stimava che questo fenomeno interessasse circa
il 3 per cento della popolazione mondiale, e il 10 per cento della
popolazione colpita manifestava una grave disabilità, peraltro con un
trend in forte crescita. Un dato stimato per difetto attribuisce all’Italia
circa 1,8 milioni di elettrosensibili.
Ovviamente, anche in questo caso esiste una forte componente di
negazionisti i quali per anni hanno sostenuto che si trattasse di un
«effetto nocebo» o che interessasse persone affette da turbe o disturbi
psicosomatici. Oggi sappiamo, grazie a uno studio condotto da
ricercatori francesi, 83 che l’elettrosensibilità può essere diagnosticata
con biomarcatori, quindi in modo oggettivo e misurabile. In Svezia gli
elettrosensibili sono considerati disabili ai quali viene riconosciuta una
serie di agevolazioni: pari opportunità, schermatura delle case,
ospedali con stanze low radiation, obbligo del datore di lavoro di
offrire la possibilità di schermare l’ambiente dove si permane. Il
Consiglio d’Europa ha dichiarato nel 2011 che bisogna creare, per
coloro che soffrono di intolleranza ai campi elettromagnetici, zone
wave free.
Che cosa si può fare dunque in Italia a fronte del fatto che la sola
regione Basilicata si è attivata in tal senso alla vigilia della diffusione
del 5G ? In effetti il quadro generale è disarmante, soprattutto se si
analizza il percorso storico della normativa vigente in materia, che
negli anni ha subito, come io la definisco nelle mie conferenze, una
vera e propria erosione del principio di precauzione. Quindi non vedo
segnali di inversione di rotta, tutt’altro. Come esempio – e purtroppo
potrei citarne altri – basti pensare alla conversione del decreto
Sviluppo (legge 221/2012) in base al quale i livelli a cui si potrà essere
esposti nei luoghi a permanenza superiore alle quattro ore giornaliere
saranno più elevati a seguito del fatto che il valore di attenzione e
l’obiettivo di qualità di 6 V/m dovranno intendersi come media su
ventiquattro ore invece che come media su sei minuti.
Intanto ci sarebbe da chiedersi che senso abbia una media di una
misura su ventiquattro ore se al limite si applica per un’esposizione di
quattro ore. Inoltre tale scelta non ha tenuto conto del parere contrario
del sistema delle agenzie ambientali, nel quale si segnalava come
conseguenza di questa modifica un «aumento dei valori di campo
elettrico, con possibile superamento, per periodi di tempo limitati, del
valore di attenzione di 6 V/m, nelle aree fortemente antropizzate
maggiormente prossime agli impianti e nei momenti della giornata in
cui le emissioni delle SRB sono più elevate». Giudizio peraltro
condiviso anche dal ministero della Salute che, in una nota del
novembre 2012, scriveva: «L’introduzione del criterio di media delle
24 ore condurrebbe di fatto a un incremento dei livelli medi di
esposizione».

I valori sulle emissioni elettromagnetiche dichiarati dai gestori del servizio


corrispondono sempre alle emissioni effettive? I comuni dispongono di
qualche strumento normativo per tenere sotto controllo l’elettrosmog?

Qualche strumento legislativo è sopravvissuto, e ritengo che il


senso di responsabilità degli amministratori locali dovrebbe imporne
l’utilizzo, soprattutto in questa fase storica. Mi riferisco al dispositivo
dei «regolamenti comunali» previsti dalla legge quadro n. 36/01
(articolo 8, comma 6): «I comuni possono adottare un regolamento per
assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli
impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici». In tanti anni che sono consulente della
Federconsumatori della provincia di Rimini ho registrato che
pochissimi comuni hanno raccolto l’invito a realizzare un regolamento
che possa definirsi tale. Tra le obiezioni sollevate c’è la classica
domanda: «Se esistono ARPA e AUSL per i pareri ambientali e sanitari,
perché regolamentare/pianificare?». La risposta è molto semplice:
perché tali pareri non sono sufficienti a garantire la minimizzazione
dei livelli di esposizione, ma solo il rispetto dei valori massimi
consentiti. Inoltre in alcuni casi gli enti di controllo sono scavalcati da
procedure amministrative semplificate basate su autocertificazioni, le
quali possono generare esposizioni indebite.
Come esempio – e anche in questo caso ne potrei elencare diversi –,
si può verificare che le varie sezioni ARPA , nel corso della storia della
telefonia cellulare, hanno accertato a livello strumentale alcuni
superamenti dei parametri di legge relativamente a impianti che
avevano avuto pareri favorevoli. Tali superamenti non sarebbero mai
dovuti accadere a seguito della procedura di verifica preventiva messa
in atto dalle ARPA . Infatti i pareri ambientali erano basati su
valutazioni previsionali in condizioni di massima esposizione, ossia in
campo libero, senza prendere in considerazione eventuali ostacoli che
si possono frapporre fra antenne e ricettori, e ipotizzando che
l’antenna stia erogando la massima potenza nella diffusione del
segnale, indipendentemente dal numero di utenti istantaneamente
collegati.
Se in tali condizioni il modello di calcolo non fornisce criticità, a
maggior ragione non dovrebbero essere riscontrabili violazioni sul
campo. Il fatto che, al contrario, si siano verificati episodi di
superamento dei parametri di legge può essere imputabile
unicamente ai dati progettuali, radioelettrici e/o edilizi/urbanistici, che
in questi casi evidentemente non erano conformi allo stato di fatto. E
guardi che non le sto esponendo una grande novità: se prendiamo le
linee guida dell’ex decreto interministeriale 381/98, il primo decreto
emanato in materia, già allora si leggeva testualmente: «Può accadere
che … i parametri del progetto o quelli dichiarati dai produttori degli
impianti o dai loro gestori possano differire da quanto riscontrabile
nella realtà».
Sappiamo molto bene, per esempio, che un errore sui dislivelli tra
antenne e ricettori può comportare gravi sottostime delle esposizioni,
e gli uffici tecnici dei nostri comuni sono a conoscenza del fatto che
nei progetti depositati dai gestori questo tipo di difformità è tutt’altro
che infrequente. Per contro tale genere di controlli non è di
competenza né delle ARPA né delle AUSL , e quindi, se non vogliamo
che il primo step sulle autorizzazioni diventi una procedura di pura
autocertificazione del gestore, dobbiamo prevedere per regolamento
che, in via preventiva, si proceda a una verifica dei dati
edilizi/urbanistici della zona circostante a una nuova installazione
tramite gli apparati tecnici comunali. Solo superata questa fase avrà
senso la ricezione del parere ambientale e sanitario da parte degli enti
preposti ai controlli.
Inoltre ribadisco che tali pareri sono finalizzati al rispetto dei
parametri massimi espositivi e non alla minimizzazione delle
esposizioni. Per usare un’analogia legata ai limiti di velocità, il
compito delle ARPA è simile a quello delle pattuglie stradali che
operano con gli autovelox per verificare il rispetto dei limiti massimi
di velocità, ma ciò non toglie che in situazioni di particolare pericolo
non si possano utilizzare ulteriori dissuasori al fine di ridurre
ulteriormente la velocità, per quanto possibile, come per esempio
dossi artificiali o rotatorie. Compatibilmente con il servizio erogato
dai gestori, il compito di un regolamento comunale dovrebbe essere
proprio quello di adottare misure in grado di minimizzare le
esposizioni.
Questo tipo di tutela, nel nostro caso, può essere dedicato, per
mezzo di strumenti tecnici particolari, per esempio, ai cosiddetti siti
sensibili, ossia alle strutture sanitarie, scolastiche e assistenziali, come
ormai suffragato dal 2003 al 2019 da numerose sentenze del TAR , della
Corte suprema di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte
costituzionale, purché in coerenza con le leggi regionali, adottando
regolamenti specificatamente studiati e calibrati sulle singole realtà
locali e supportati da adeguate istruttorie tecnico-scientifiche. Le
amministrazioni locali, intimorite da possibili contenziosi con i
gestori, spesso congelano lo stato di fatto limitandosi a adottare le
procedure autorizzative meno rischiose per la stabilità della propria
carriera politica, delegittimando di fatto il principio di precauzione.
Esistono sentenze avverse ai comuni, ma queste sono le conseguenze
di regolamenti mal costruiti: ciò che manca è una vera volontà
politica, la volontà di sfruttare al massimo tutte le potenzialità
legislative, almeno fino a quando queste rimarranno vigenti.
Altri elementi che ritengo dovrebbero essere previsti in un
regolamento comunale sono: l’adozione di un piano di localizzazione
delle antenne con cui individuare, preferenzialmente, aree comunali
idonee per l’insediamento degli impianti di diffusione da proporre ai
gestori; la programmazione di campagne di monitoraggio in continuo,
dotandosi anche di strumentazione indipendente di proprietà
comunale (qualche comune ha effettivamente seguito questo
consiglio), pubblicando periodicamente in rete i risultati delle misure;
nonché l’introduzione di progetti di educazione ambientale negli
istituti scolastici sul corretto utilizzo dei dispositivi elettronici per
minimizzare i rischi legati all’esposizione ai campi elettromagnetici,
soprattutto nei soggetti in età pediatrica. Infine, considerando che in
media viene introdotta una nuova tecnologia ogni 8-10 anni, i
regolamenti vanno intesi in «senso dinamico», ossia da aggiornare
ogni 4-5 anni per la verifica a regime di metà periodo e in previsione
degli apparati di nuova generazione.

In fatto di elettrosmog l’Italia gode ancora di una delle legislazioni meno


permissive, ma le grandi compagnie e i parlamentari messi sotto pressione
dall’industria hanno già chiesto l’innalzamento dei limiti di legge nazionali
(6 V/m) fino alla media europea (41-58 V/m) o al limite in vigore negli Stati
Uniti (61 V/m). Nel 2011, però, l’Assemblea parlamentare del Consiglio
d’Europa ha pubblicato una risoluzione basata sugli studi scientifici più
recenti volta a raccomandare l’abbassamento dell’elettrosmog da microonde a
un massimo di 0,6 V/m in tutti gli Stati membri. Per il medio termine,
invece, il limite massimo raccomandato venne ridotto addirittura fino a 0,2
V/m. Alla luce di questi fatti, come è possibile chiedere al Parlamento
l’innalzamento dei limiti fino a 58-61 V/m? Come vengono decisi parametri
di sicurezza così diversi?

Purtroppo, i parametri di sicurezza vengono determinati sulla base


dei soli interessi economici di cui ho parlato prima. È un classico
esempio di problema ambientale affrontato «a rovescio», ossia
mettendo completamente in secondo piano il principio di
precauzione. Le cito come esempio lo studio presentato dal politecnico
di Milano alla Camera dei deputati ad aprile 2019, dal titolo Limiti di
esposizione ai campi elettromagnetici e sviluppo delle reti 5G. Lo studio
premette che la stragrande maggioranza dei paesi, per la definizione
delle normative nazionali, fa riferimento alle linee guida di
organizzazioni non governative riconosciute dall’OMS , in particolare
dell’ICNIRP , il quale si basa unicamente su effetti sanitari accertati di
natura termica che dipendono dalla quantità di energia assorbita nel
tempo dai tessuti e dai meccanismi fisiologici di dissipazione del
calore. Nient’altro.
Nell’analisi del Politecnico sono poi state scelte cinque città
campione ragionevolmente rappresentative degli scenari di rete nelle
zone urbane italiane (Torino, Modena, Trieste, Rimini e Caserta). In
particolare sono stati analizzati gli impianti esistenti, classificati in
impianti non espandibili (nei quali i limiti attuali della normativa
italiana non consentono un’espansione 5G in quanto già saturati dalle
altre tecnologie presenti) e impianti espandibili (nei quali è
ragionevolmente possibile un’espansione 5G ).
Dallo studio è emerso che in media il 62 per cento degli impianti
risulta non espandibile con gli attuali limiti, un dato che proiettato a
livello nazionale si traduce in 27.900 impianti. Gli impianti non
espandibili richiedono interventi di reingegnerizzazione (come
l’aumento di altezza delle antenne) o l’aggiunta di impianti 5G in
nuovi siti, con investimenti per circa 4 miliardi di euro in più rispetto
a quanto preventivato. Invece con i limiti dell’ICNIRP (fino a 61 V/m)
gli impianti esistenti risultano espandibili e sufficienti a raggiungere
gli obiettivi di qualità e copertura. Credo che si capisca molto bene
come dal decreto Sviluppo in poi l’imperativo della politica
connivente con le grandi lobby delle telecomunicazioni sia stato
quello di accelerare la realizzazione della rete mettendo
completamente in subordine il principio di precauzione. Città come
Bologna, nel 2018, presentavano già oltre l’80 per cento dei siti in
condizioni di saturazione, raggiungendo il 100 per cento nel centro
storico.
Il continuo sviluppo delle tecnologie di comunicazione e in
particolare l’avvento della tecnologia 5G sollevano l’attenzione sul
problema della cosiddetta «saturazione dello spazio
elettromagnetico», poiché si potrebbero determinare condizioni di
superamento dei parametri previsti dalla normativa italiana
soprattutto nelle aree urbane: questa è la preoccupazione principale,
non certo limitare le esposizioni. È peraltro opinione condivisa fra i
tecnici di varie agenzie ARPA (convegno di Stresa, giugno 2019) che in
molti casi le potenze dichiarate da parte dei gestori – personalmente
ritengo in un 25 per cento dei siti nazionali, ossia in quelli nei quali
non si presentano situazioni critiche rispetto alla espandibilità in
quanto fuori dalle aree urbanizzate – siano massimizzate al fine di
«accaparrarsi» più spazio elettromagnetico possibile in vista di
un’eventuale futura implementazione di nuovi impianti, una sorta di
corsa al «Far West elettromagnetico» che mette in concorrenza i vari
gestori sulla pelle della gente.

Per quanto concerne specificatamente i terminali mobili, come sono variate le


esposizioni nel tempo e come, verosimilmente, varieranno con l’avvento delle
nuove tecnologie?

Per rispondere correttamente a questa domanda bisogna


innanzitutto precisare che le misure di cui sto per riferire riguardano
rilievi strumentali condotti negli ambienti di vita comune. Si fa
presente che le caratteristiche ufficiali di emissione di ogni dispositivo
sono effettuate in «condizioni controllate» e in camera anecoica (un
ambiente di laboratorio strutturato in modo da ridurre il più possibile
la riflessione di segnali sulle pareti). Ovviamente i risultati sono
fortemente dipendenti dal modello di cellulare, dalla vicinanza
territoriale dell’antenna del gestore di quel determinato cellulare e
dalla presenza di eventuali ostacoli e/o riemettitori passivi nel tragitto
lungo il quale si propaga il segnale. Quindi i valori rilevati del campo
elettrico in queste condizioni si possono considerare solo come
indicativi di una possibile esposizione.
A ogni modo, mediamente si può verificare che, mentre i cellulari
tradizionali avevano emissioni dell’ordine delle decine di V/m, gli
smartphone hanno emissioni dell’ordine di qualche V/m.
Accorgimenti tecnici specifici hanno ottimizzato la potenza usata da
questi dispositivi, e possiamo in genere riscontrare un fattore 10 di
abbattimento del campo elettrico a contatto con l’antenna del
terminale mobile.
A fronte di questo elemento positivo, tuttavia, ne esistono almeno
altri due piuttosto preoccupanti: dovendo trasmettere sempre
maggiori quantità di dati, i nuovi cellulari usano
contemporaneamente più frequenze con conseguente aumento del
rischio di incorrere in effetti di biorisonanza. Inoltre il tempo di
utilizzo dello smartphone è decisamente aumentato da quando questo
è praticamente diventato un computer palmare.
Più problematica appare la situazione per gli apparati di quinta
generazione, in particolare nella banda millimetrica: nel caso di un
segnale in down link, ossia dalla stazione radio base verso il terminale
mobile, uno studio condotto alla Georgia Southern University ha
segnalato come l’esposizione umana dovuta ad antenne di quinta
generazione possa oscillare tra circa 50 e 100 V/m, in parte a causa
dell’elevata densità dei ripetitori distribuiti sul territorio (circa uno
ogni 100-200 metri), ma soprattutto per l’alta concentrazione del fascio
di radiazione, il cosiddetto beamforming, delle antenne più direzionali
progettate per il 5G . Queste sono caratterizzate da schiere di antenne
miniaturizzate con fasci risultanti più stretti rispetto alle antenne
tradizionali. Tale soluzione fornisce, come si dice in termini tecnici, un
elevato guadagno dell’antenna e serve per compensare la maggiore
attenuazione del segnale che si ha alle frequenze più elevate. 84 Inoltre
un motivo per il quale i cellulari 5G dovranno avere una potenza
almeno dieci volte superiore a quella attuale, come spiega Livio
Giuliani, è quello di permettere la loro connessione in uplink con i
satelliti che saranno lanciati nello spazio per la copertura 5G .

Dei dispositivi Wi-Fi, a cui lei in precedenza ha fatto riferimento, poco si


parla dal punto di vista delle esposizioni e delle possibili conseguenze
sanitarie. Al contrario vengono fortemente pubblicizzati e incoraggiati, in
particolare nelle scuole, soprattutto per quella che viene definita la «didattica
digitale». Qual è il suo pensiero al riguardo?

Le reti Wi-Fi sono infrastrutture relativamente economiche e di


veloce attivazione, e permettono di realizzare sistemi flessibili per la
trasmissione di dati estendendo o collegando reti esistenti oppure
creandone di nuove. Proprio per la loro versatilità, queste tipologie di
reti vengono sempre più frequentemente utilizzate per lo scambio di
dati in strutture aziendali oppure per creare veri e propri punti di
accesso a internet in locali scolastici, biblioteche, università, stazioni
ferroviarie, aeroporti, centri commerciali, campeggi, spiagge, hotel,
ristoranti, bar e, in genere, in tutti i luoghi ad alta frequentazione.
Poiché la sorgente Wi-Fi (access point) non emette in modo
continuativo, il campo elettrico generato dall’impianto non è costante
nel tempo ma varia in funzione del traffico dati che deve gestire.
Ovviamente il campo elettrico sarà più intenso quando l’access point
(AP ) è collegato a un terminale e quest’ultimo si trova in modalità di
scaricamento dati (download): l’emittente Wi-Fi, per quanto attiva, se
non viene utilizzata presenta solo il segnale di base, che in genere è
relativamente basso. Monitoraggi condotti da enti di controllo sono
stati effettuati in alcune scuole, ma con un massimo di soli due/tre
device collegati contemporaneamente all’AP , condizione ben lontana
da quella prevista a regime sulla base delle attuali politiche di
digitalizzazione della didattica che prevedono un rapporto
studente/tablet di 1 a 1. Non è certo il monitoraggio durante l’uso di
applicativi didattici, quali per esempio il «registro elettronico»,
utilizzato per un tempo assai limitato, a costituire un criterio
cautelativo per la valutazione delle esposizioni.
Se vogliamo operare in modo scientificamente corretto, dobbiamo
simulare 20-25 tablet contemporaneamente connessi all’AP in ciascuna
classe, misurando il campo elettrico non solo in postazioni intermedie
ma anche nelle immediate vicinanze dello stesso dispositivo mobile,
che a sua volta funziona come antenna ricevente ed emittente,
tenendo anche in considerazione le variabili dipendenti dalla
collocazione dell’AP rispetto ai fruitori della rete, le quali, a parità di
altre condizioni, possono influenzare in modo assolutamente rilevante
le misure, dal momento che un collegamento «difficoltoso» aumenta
la potenza utilizzata dagli apparati e di conseguenza il valore del
campo elettrico a cui si viene esposti.
Accertamenti da me condotti in condizioni più realistiche e più
cautelative mi hanno portato a verificare esposizioni variabili da circa
1 V/m a oltre 6 V/m nelle immediate vicinanze di un terminale mobile
e, nelle condizioni di massima potenza utilizzata dall’AP , la necessità
di mantenere una distanza indoor di almeno circa 3-4 metri da
quest’ultimo, a seconda della frequenza utilizzata, per scendere sotto
0,6 V/m. Senza entrare nel merito della discutibile validità didattica di
un approccio totalmente digitale su cui, come docente con
un’esperienza alle spalle di oltre trent’anni, avrei qualcosa da dire, mi
limito a segnalare che la letteratura scientifica pubblicata sugli effetti
biologici del Wi-Fi già oggi offre indicazioni su molteplici effetti che
questo tipo di emissioni può avere a livello cellulare, suggerendo la
necessità di applicare quanto prima il principio di precauzione.
Sin dagli anni Novanta numerosi ricercatori hanno dimostrato una
connessione tra l’incremento delle rotture a singolo filamento del DNA
con l’esposizione alle frequenze oggi usate per i Wi-Fi. Lai (già citato
in precedenza) e Singh, in varie pubblicazioni dal 1995 al 1997, hanno
riportato un incremento delle rotture a singolo filamento del DNA nelle
cellule cerebrali di ratti esposti a 2450 MH z. Inoltre hanno verificato
che gli effetti venivano bloccati da antiossidanti, la qual cosa ha
suggerito il coinvolgimento di radicali liberi nel meccanismo d’azione.
In esperimenti eseguiti per studiare l’esposizione per tempi
prolungati, Sarkar nel 1994 ha esposto topi a microonde da 2450 MH z
per due ore al giorno e per periodi di 120, 150 e 200 giorni. Gli autori
hanno evidenziato un riarrangiamento di segmenti di DNA nei testicoli
e nel cervello degli animali esposti, suggerendo anche in questo caso
la rottura di filamenti di DNA a seguito dell’esposizione. Uno studio
condotto su ratti ha confermato effetti sulla fertilità e sull’integrità
delle cellule spermatiche indicando nuovamente un danno al DNA a
seguito dell’esposizione a reti Wi-Fi. 85
Nello stesso anno un’altra ricerca ha evidenziato che i soggetti che
avevano usato per quattro ore al giorno un computer portatile
connesso a internet con Wi-Fi presentavano una riduzione
significativa della motilità spermatica e un aumento di
frammentazione del DNA spermatico rispetto a un gruppo non
esposto. 86 Si tratta del primo studio che dimostra l’impatto del Wi-Fi
sugli spermatozoi umani per un effetto non termico del campo
elettromagnetico. Il danno prodotto dall’esposizione a Wi-Fi sembra
in qualche modo recuperabile con l’integrazione di melatonina,
secondo quanto verificato in un altro studio del 2012 eseguito su
ratti. 87
Un’ulteriore ricerca del 2013 condotta da Aynali ha investigato il
ruolo protettivo della melatonina sullo stress ossidativo indotto
dall’esposizione a Wi-Fi sulla mucosa laringotracheale di ratti. Anche
in questo caso è emerso un possibile effetto protettivo attraverso
l’inibizione della formazione di radicali liberi sostenendo il sistema
antiossidante. Ulteriori interessanti elementi si possono trovare nella
ricerca condotta nel 2014 da Marinelli sugli «effetti biologici in vitro
delle radiazioni Wi-Fi e Wi-Max ambientali». 88 Già in una prima
pubblicazione del 2004 Marinelli si era occupato del bilanciamento tra
i geni apoptotici, che controllano la morte cellulare, e quelli di
survival, che ne controllano la sopravvivenza. Con l’apoptosi le cellule
particolarmente danneggiate, che non potrebbero sopravvivere
regolarmente, vengono eliminate, ed è un processo che avviene
naturalmente nella vita cellulare ma che può subire delle alterazioni a
causa delle esposizioni elettromagnetiche ambientali. Per verificare
tali meccanismi furono effettuati esperimenti esponendo in
laboratorio delle cellule al campo elettromagnetico di un Wi-Fi a 2437
MH z. Le prime analisi furono effettuate su colture di cellule muscolari
sane prelevate da biopsia che, esposte per tempi brevi, da un’ora a sei
ore, hanno mostrato un’attivazione apoptotica e una diminuzione
della proliferazione cellulare. Quando sono state esposte per oltre
dodici ore, hanno mostrato un aumento della proliferazione cellulare
statisticamente significativo. 89
Ulteriori ricerche hanno voluto individuare un possibile
meccanismo d’azione a livello cellulare, riscontrando che
effettivamente alcuni effetti genetici proliferativi ed epigenetici
compaiono anche a livelli non termici di esposizione. 90

Un’ultima domanda: cosa pensa delle possibili interferenze della tecnologia


5G con i satelliti meteorologici: verità o «fake news»?

È un problema assolutamente reale, soprattutto in un’epoca dove il


riscaldamento climatico dovuto all’effetto serra mette a dura prova
l’ambiente e le popolazioni. Alcune frequenze utilizzate dal 5G sono
molto vicine a quelle naturali sfruttate per la rilevazione satellitare di
vapor acqueo e ossigeno nell’atmosfera. I meteorologi chiedono una
rigorosa regolamentazione per difendere i sistemi di monitoraggio. Il
rischio è quello di non avere a disposizione informazioni
fondamentali per le previsioni a breve termine e per l’allertamento in
caso di fenomeni intensi. Se vogliamo una previsione a 5-10 giorni
sull’Italia, occorre sapere com’è il tempo in tutto il mondo: il tempo
che caratterizzerà l’Italia tra cinque giorni avrà un’origine molto
lontana, e uno degli elementi chiave che può aiutarci a tracciare
questo quadro globale è l’attività dei satelliti. Le loro osservazioni
vengono effettuate con sensori a microonde che fondamentalmente
«ascoltano» i segnali che provengono dal nostro pianeta.
Il pericolo è che i segnali delle reti di telecomunicazioni 5G a terra
contaminino l’osservazione che noi facciamo dallo spazio che, è bene
precisare, si basa su segnali di intensità molto debole. I sensori a
bordo dei satelliti sono estremamente sensibili e un segnale molto
intenso da una stazione terrestre 5G potrebbe completamente
«accecare» il satellite, perdendo completamente l’accuratezza delle
previsioni. Sarebbe come se qualcuno cercasse di distinguere qualcosa
di notte mentre qualcun altro gli punta negli occhi il fascio di una
potente torcia elettrica. L’esempio al momento più eclatante e quello
del satellite SMOS , lanciato dall’ESA (Agenzia spaziale europea), un
satellite che ha manifestato malfunzionamenti e anomalie a causa
delle emissioni delle reti di telecomunicazione. 91 Il satellite SMOS , che
misura l’umidità del suolo e la salinità degli oceani, è diventato meno
preciso e affidabile proprio per queste emissioni dalla superficie
terrestre. 92
Appendice
Studi che hanno evidenziato i maggiori effetti biologici delle
onde pulsate e le conseguenze nocive delle RF anche entro i
limiti di legge

Un’ampia letteratura scientifica ha dimostrato che l’esposizione alle


microonde e alle alte frequenze elettromagnetiche provoca effetti
biologici non termici anche a livelli al di sotto delle «linee guida di
sicurezza». Gli effetti possono essere suddivisi nei seguenti nove tipi
di danni alla salute:

1. Riduzione della fertilità maschile, rimodellamento dei tessuti nel


testicolo, abbassamento del numero, della motilità e della vitalità
degli spermatozoi; riduzione della fertilità femminile,
rimodellamento ovarico, perdita di ovociti (follicolo), riduzione
degli estrogeni, abbassamento dei livelli di progesterone e
testosterone (ovvero dei livelli degli ormoni sessuali), aumento
d’incidenza dell’aborto spontaneo, riduzione della libido (25 studi).

1. Glaser, Z.R., Bibliography of Reported Biological Phenomena («Effects») and


Clinical Manifestations Attributed to Microwave and Radio-Frequency Radiation,
Naval Medical Research Institute Research Report, giugno 1971.
2. Tolgskaya, M.S. et al., Pathological Effects of Radio Waves, trans. by B. Haigh,
Consultants Bureau, New York/London, 1973.
3. Leach, W.M., Genetic, Growth and Reproductive Effects of Microwave Radiation,
in «Bull. N. Y. Acad. Med.», 56, 1980, pp. 249-57.
4. Goldsmith, J.R., Epidemiological Evidence Relevant to Radar (Microwave)
Effects, in «Environ. Health Perspect.», 105 (Suppl 6), 1997, pp. 1579-87.
5. Aitken, R.J. et al., Origins and Consequences of DNA Damage in Male Germ Cells,
in «Reprod. Biomed. Online», 14, 2007, pp. 727-33.
6. Hazout, A. et al., Causes and Clinical Implications of Sperm DNA Damages, in
«Gynecol. Obstet. Fertil.», 36, 2008, pp. 1109-17.
7. Makker K. et al., Cell Phones: Modern Man’s Nemesis?, in «Reprod. Biomed.
Online», 18, 2009, pp. 148-57.
8. Panagopoulos, D.J. et al., Biological and Health Effects of Mobile Telephone
Radiations, in «Int. J. Med. Biol. Front.», 15 (1-2), 2009, pp. 33-76.
9. Kang, N. et al., Impact of Cell Phone Radiation on Male Reproduction, in
«Zhonghua Nan Ke Xue», 16, 2010, pp. 1027-30.
10. Gye, M.C. et al., Effect of Electromagnetic Field Exposure on the Reproductive
System, in «Clin. Exp. Reprod. Med.», 39, 2012, pp. 1-9.
11. La Vignera, S. et al., Effects of the Exposure to Mobile Phones on Male
Reproduction: A Review of the Literature, in «J. Androl.», 33, 2012, pp. 350-56.
12. Carpenter, D.O., Human Disease Resulting from Exposure to Electromagnetic
Fields, in «Rev. Environ. Health», 28, 2013, pp. 159-72.
13. Nazırog˘lu, M. et al., Recent Reports of Wi-Fi and Mobile Phone-Induced
Radiation on Oxidative Stress and Reproductive Signaling Pathways in Females
and Males, in «J. Membr. Biol.», 246, 2013, pp. 869-75.
14. Adams, J.A. et al., Effect of Mobile Telephones on Sperm Quality: A Systematic
Review and Meta-Analysis, in «Environ. Int.», 70, 2014, pp. 106-12.
15. Liu, K. et al., Association Between Mobile Phone Use and Semen Quality: A
Systematic Review and Meta-Analysis, in «Andrology», 2, 2014, pp. 491-501.
16. K Sri, N., Mobile Phone Radiation: Physiological & Pathophysiological
Considerations, in «Indian J. Physiol. Pharmacol.», 59, 2015, pp. 125-35.
17. Hensinger, P. et al., Mobilfunk-Studienergebnisse bestätigen Risiken
Studienrecherche 2016-4 veröffentlicht, in «Umwelt - Medizin - Gesellschaft»,
29, 3, 2016.
18. Starkey, S., Inaccurate Official Assessment of Radiofrequency Safety by the
Advidsory Group on Non-ionising Radiation, in «Rev. Environ. Health», 31,
2016, pp. 493-503.
19. Houston, B.J. et al., The Effects of Radiofrequency Electromagnetic Radiation on
Sperm Function, in «Reproduction», 152, 2016, pp. R263-R276.
20. Pall, M.L., Wi-Fi Is an Important Threat to Human Health, in «Environ. Res.»,
164, 2018, pp. 404-16.
21. Kocaman, A. et al., Genotoxic and Carcinogenic Effects of Non-Ionizing
Electromagnetic Fields, in «Environ. Res.», 163, 2018, pp. 71-79.
22. Belpomme, D. et al., Thermal and Non-Thermal Health Effects of Low Intensity
Non-Ionizing Radiation: An International Perspective, in «Environ. Pollut.», 242
(PtA), novembre 2018, pp. 643-58.
23. Wilke, I., Biological and Pathological Effects of 2.45 GHz on Cells, Fertility, Brain
and Behavior, in «Umwelt - Medizin - Gesellschaft», 31, 1, 2018, pp. 1-32.
24. Kesari, K.K. et al., Radiations and Male Fertility, in «Reprod. Biol.
Endocrinol.», 9, 16 (1), 2018, p. 118.
25. Santini, S.J. et al., Role of Mitochondria in the Oxidative Stress Induced by
Electromagnetic Fields: Focus on Reproductive Systems, in «Oxidative Medicine
and Cellular Longevity», vol. 2018, Article ID 5076271,
https://doi.org/10.1155/2018/5076271.

2. Effetti neurologici, neuropsichiatrici, disturbi del sonno, insonnia,


stanchezza, affaticamento, mal di testa, depressione, sintomi
depressivi, mancanza di concentrazione, perdita di attenzione,
disfunzione cognitiva, capogiri, vertigini, perdita di memoria,
irrequietezza, tensione, ansia, stress, agitazione, irritabilità (29
studi).

1. Marha, K., Biological Effects of High-Frequency Electromagnetic Fields, ATD


Report 66-92, 13 luglio 1966.
2. Glaser, Z.R., Bibliography of Reported Biological Phenomena («Effects») and
Clinical Manifestations Attributed to Microwave and Radio-Frequency Radiation,
Naval Medical Research Institute Research Report, giugno 1971.
3. Tolgskaya, M.S. et al., Pathological Effects of Radio Waves, trans. by B. Haigh,
Consultants Bureau, New York/London, 1973.
4. Bise, W., Low Power Radio-Frequency and Microwave Effects on Human
Electroencephalogram and Behavior, in «Physiol. Chem. Phys.», 10, 1978, pp.
387-98.
5. Raines, J.K., Electromagnetic Field Interactions with the Human Body: Observed
Effects and Theories, Greenbelt (Maryland), National Aeronautics and Space
Administration, 1981.
6. Frey, A.H., Electromagnetic Field Interactions with Biological Systems, in «FASEB
J.», 7, 1993, pp. 272-81.
7. Lai, H., Neurological Effects of Radiofrequency Electromagnetic Radiation,
Advances in Electromagnetic Fields in Living Systems, vol. I, a cura di J.C. Lin,
Plenum Press, New York, 1994, pp. 27-88.
8. Grigor’ev, I., Role of Modulation in Biological Effects of Electromagnetic
Radiation, in «Radiats Biol. Radioecol.», 36, 1996, pp. 659-70.
9. Lai, H., Neurological Effects of Radiofrequency Electromagnetic Radiation, in J.C.
Lin (a cura di), Advances in Electromagnetic Fields in Living Systems. Advances
in Electromagnetic Fields in Living Systems, Springer, Boston, vol. I, 1994, pp.
27-80. Il documento può essere consultato online al seguente indirizzo:
https://mapcruzin.com/radiofrequency/henry_lai1.htm.
10. Westerman, R. et al., Diseases of Modern Living: Neurological Changes
Associated with Mobile Phones and Radiofrequency Radiation in Humans, in
«Neurosci. Lett.», 361, 2004, pp. 13-16.
11. Hardell, L. et al., Biological Effects from Electromagnetic Field Exposure and
Public Exposure Standards, in «Biomed. Pharmacother.», 62, 2008, pp. 104-09.
12. Makker, K. et al., Cell Phones: Modern Man’s Nemesis?, in «Reprod. Biomed.
Online», 18, 2009, pp. 148-57.
13. Khurana, V.G. et al., Epidemiological Evidence for a Health Risk from Mobile
Phone Base Stations, in «Int. J. Occup. Environ. Health», 16, 2010, pp. 263-67.
14. Levitt, B.B. et al., Biological Effects from Exposure to Electromagnetic Radiation
Emitted by Cell Tower Base Stations and Other Antenna Arrays, in «Environ.
Rev.», 18, 2010, pp. 369-95.
15. Carpenter, D.O., Human Disease Resulting from Exposure to Electromagnetic
Fields, in «Rev. Environ. Health», 28, 2013, pp. 159-72.
16. Havas, M., Radiation from Wireless Technology Affects the Blood, the Heart and
the Autonomic Nervous System, in «Rev. Environ. Health», 28, 2013, pp. 75-84.
17. Sage, C., The Implications of Non-Linear Biological Oscillations on Human
Electrophysiology for Electrohypersensitivity (EHS ) and Multiple Chemical
Sensitivity (MCS ), in «Rev. Environ. Health», 30, 4, 2015, pp. 293-303.
18. Politański, P. et al., Effects of Radio- and Microwaves Emitted by Wireless
Communication Devices on the Functions of the Nervous System Selected
Elements, in «Med. Pr.», 67, 2016, pp. 411-21.
19. Hensinger, P., Mobilfunk-Studienergebnisse bestätigen Risiken, in «Umwelt -
Medizin - Gesellschaft», 29, 3, 2016.
20. Pall, M.L., Microwave Frequency Electromagnetic Fields (EMFS ) Produce
Widespread Neuropsychiatric Effects Including Depression, in «J. Chem.
Neuroanat.», 75 (PtB), 2016, pp. 43-51.
21. Hecht, K., Health Implications of Long-Term Exposures to Electrosmog, Brochure
6 of A Brochure Series of the Competence Initiative for the Protection of
Humanity, the Environment and Democracy, 2016.
22. Starkey, S., Inaccurate Official Assessment of Radiofrequency Safety by the
Advidsory Group on Non-ionising Radiation, in «Rev. Environ. Health», 31,
2016, pp. 493-503.
23. Sangün, O. et al., The Effects of Electromagnetic Field on the Endocrine System in
Children and Adolescents, in «Pediatr. Endocrinol. Rev.», 13, 2016, pp. 531-45.
24. Belyaev, I. et al., EUROPAEM EMF Guideline 2016 for the Prevention, Diagnosis
and Treatment of EMF -related Health Problems and Illnesses, in «Rev. Environ.
Health», 31 (3), settembre 2016, pp. 363-97.
25. Zhang, J. et al., Acute Effects Of Radiofrequency Electromagnetic Field Emitted by
Mobile Phone on Brain Function, in «Bioelectromagnetics», 38, 2017, pp. 329-
38.
26. Belpomme, D. et al., Thermal and non-Thermal Health Effects of Low Intensity
Non-Ionizing Radiation: An International Perspective, in «Environ. Pollut.», 242
(PtA), novembre 2018, pp. 643-58.
27. Lai, H., A Summary of Recent Literature (2007-2017) on Neurological Effects of
Radio Frequency Radiation, in Marko S. Markov (a cura di), Mobile
Communications and Public Health, Boca Raton, CRC Press, 2018, pp. 189-224.
28. Pall, M.L., Wi-Fi Is an Important Threat to Human Health, in «Environ. Res.»,
164, 2018, pp. 404-16.
29. Wilke, I., Biological and Pathological Effects of 2.45 GHz on Cells, Fertility, Brain
and Behavior, in «Umwelt - Medizin -Gesellschaft», 31, 1, 2018, pp. 1-32.

3. Effetti sul DNA cellulare e sulle basi azotate; rotture del singolo e del
doppio filamento; prove di mutazioni cromosomiche prodotte da
rotture del DNA a doppio filamento. Questi effetti producono tutti i
tipi importanti di mutazioni del DNA che hanno ruoli nello sviluppo
del cancro e nella mutazione dell’intero organismo umano (23
studi).

1. Glaser, Z.R., Bibliography of Reported Biological Phenomena («Effects») and


Clinical Manifestations Attributed to Microwave and Radio-Frequency Radiation,
Naval Medical Research Institute Research Report, giugno 1971.
2. Goldsmith, J.R., Epidemiologic Evidence Relevant to Radar (Microwave) Effects,
in «Environ. Health Perspect.», 105 (Suppl. 6), 1997, pp. 1579-87.
3. Aitken, R.J. et al., Origins and Consequences of dna Damage in Male Germ Cells,
in «Reprod. Biomed. Online», 14, 2007, pp. 727-33.
4. Hardell, L. et al., Biological Effects from Electromagnetic Field Exposure and
Public Exposure Standards, in «Biomed. Pharmacother.», 62, 2008, pp. 104-09.
5. Hazout, A. et al., Causes and Clinical Implications of Sperm dna Damages, in
«Gynecol. Obstet. Fertil.», 36, 2008, pp. 1109-17.
6. Phillips, J.L., et al., Electromagnetic Fields and DNA Damage, in
«Pathophysiology», 16, 2009, pp. 79-88.
7. Panagopoulos, D.J. et al., Biological and Health Effects of Mobile Telephone
Radiations, in «Int. J. Med. Biol. Front.», 15 (1-2), 2009, pp. 33-76.
8. Ruediger, H.W., Genotoxic Effects of Radiofrequency Electromagnetic Fields, in
«Pathophysiology», 16, 2009, pp. 89-102.
9. Makker, K. et al., Cell Phones: Modern Man’s Nemesis?, in «Reprod. Biomed.
Online», 18, 2009, pp. 148-57.
10. Yakymenko, I. et al., Risks of Carcinogenesis from Electromagnetic Radiation and
Mobile Telephony Devices, in «Exp. Oncol.», 32, 2010, pp. 729-36.
11. Yakimenko, I. et al., Metabolic Changes in Cells Under Electromagnetic
Radiation of Mobile Communication Systems, in «Ukr. Biokhim. Zh.», 83, 2,
2011, pp. 20-28.
12. Gye, M.C. et al., Effect of electromagnetic Field Exposure on the Reproductive
System, in «Clin. Exp. Reprod. Med.», 39, 2012, pp. 1-9.
13. Pall, M.L., Electromagnetic Fields Act Via Activation of Voltage-Gated Calcium
Channels to Produce Beneficial or Adverse Effects, in «J. Cell. Mol. Med.», 17,
2013, pp. 958-65.
14. Pall, M.L., Scientific Evidence Contradicts Findings and Assumptions of
Canadian Safety Panel 6: Microwaves Act Through Voltage-Gated Calcium
Channel Activation to Induce Biological Impacts at Non-Thermal Levels,
Supporting a Paradigm Shift for Microwave/Lower Frequency Electromagnetic
Field Action, in «Rev. Environ. Health», 3, 2015, pp. 99-116.
15. Hensinger, P. et al., Mobilfunk-Studienergebnisse bestätigen Risiken
Studienrecherche 2016-4 veröffentlicht, in «Umwelt - Medizin - Gesellschaft»,
29, 3, 2016.
16. Houston, B.J. et al., The Effects of Radiofrequency Electromagnetic Radiation on
Sperm Function, in «Reproduction», 152, 2016, pp. R263-R276.
17. Batista Napotnik, T. et al., Effects of High Voltage Nanosecond Electric Pulses on
Eukaryotic Cells (In Vitro): A Systematic Review, in «Bioelectrochemistry», 110,
agosto 2016, pp. 1-12.
18. Asghari, A. et al., A Review on Electromagnetic Fields (EMFS ) and the
Reproductive System, in «Electron Physician», 8 (7), 25 luglio 2016, pp. 2655-
62.
19. Starkey, S., Inaccurate Official Assessment of Radiofrequency Safety by the
Advisory Group on Non-ionising Radiation, in «Rev. Environ. Health», 31,
2016, pp. 493-503.
20. Belpomme, D. et al., Thermal and Nonthermal Health Effects of Low Intensity
Non-Ionizing Radiation: An International Perspective, in «Environ. Pollut.», 242
(PtA), novembre 2018, pp. 643-58.
21. Pall, M.L. et al., How Cancer Can Be Caused by Microwave Frequency
Electromagnetic Field (EMF ) Exposures: EMF Activation of Voltage-Gated Calcium
Channels (VGCCS ) Can Cause Cancer Including Tumor Promotion, Tissue
Invasion and Metastasis Via 15 Mechanisms, in Marko S. Markov (a cura di),
Mobile Communications and Public Health, Boca Raton, CRC Press, 2018, pp.
167-88.
22. Pall, M.L., Wi-Fi Is an Important Threat to Human Health, in «Environ. Res.»,
164, 2018, pp. 404-16.
23. Wilke, I., Biological and Pathological Effects of 2.45 GHz on Cells, Fertility, Brain
and Behavior, in «Umwelt - Medizin - Gesellschaft», 31, 1, 2018, pp. 1-32.

4. Apoptosi, morte cellulare (un processo importante nell’induzione


delle malattie neurodegenerative e dell’infertilità) (15 studi).

1. Glaser, Z.R., Bibliography of Reported Biological Phenomena («Effects») and


Clinical Manifestations Attributed to Microwave and Radio-Frequency Radiation,
Naval Medical Research Institute Research Report, giugno 1971.
2. Tolgskaya, M.S. et al., Pathological Effects of Radio Waves, trans. by B. Haigh,
Consultants Bureau, New York/London, 1973.
3. Raines, J.K., Electromagnetic Field Interactions with the Human Body: Observed
Effects and Theories, Greenbelt (Maryland), National Aeronautics and Space
Administration, 1981.
4. Hardell, L. et al., Biological Effects from Electromagnetic Field Exposure and
Public Exposure Standards, in «Biomed. Pharmacother.», 62, 2008, pp. 104-09.
5. Makker, K. et al., Cell Phones: Modern Man’s Nemesis?, in «Reprod. Biomed.
Online», 18, 2009, pp. 148-57.
6. Panagopoulos, D.J. et al., Biological and Health Effects of Mobile Telephone
Radiations, in «Int. J. Med. Biol. Front.», 15 (1-2), 2009, pp. 33-76.
7. Levitt, B.B. et al., Biological Effects from Exposure to Electromagnetic Radiation
Emitted by Cell Tower Base Stations and Other Antenna Arrays, in «Environ.
Rev.», 18, 2010, pp. 369-95.
8. Yakymenko, I. et al., Risks of Carcinogenesis from Electromagnetic Radiation and
Mobile Telephony Devices, in «Exp. Oncol.», 32, 2010, pp. 729-36.
9. Yakimenko, I. et al., Metabolic Changes in Cells Under Electromagnetic
Radiation of Mobile Communication Systems, in «Ukr. Biokhim. Zh.», 83, 2,
2011, pp. 20-28.
10. Pall, M.L., Electromagnetic Fields Act Via Activation of Voltage-Gated Calcium
Channels to Produce Beneficial or Adverse Effects, in «J. Cell. Mol. Med.», 17,
2013, pp. 958-65.
11. Pall, M.L., Microwave Frequency Electromagnetic Fields (EMFS ) Produce
Widespread Neuropsychiatric Effects Including Depression, in «J. Chem.
Neuroanat.», 75 (PtB), 2016, pp. 43-51.
12. Batista Napotnik, T. et al., Effects of High Voltage Nanosecond Electric Pulses on
Eukaryotic Cells (In Vitro): A Systematic Review, in «Bioelectrochemistry», 110,
agosto 2016, pp. 1-12.
13. Asghari, A. et al., A Review on Electromagnetic Fields (emfs) and the
Reproductive System, in «Electron Physician», 8 (7), 25 luglio 2016, pp. 2655-
62.
14. Starkey, S., Inaccurate Official Assessment of Radiofrequency Safety by the
Advidsory Group on Non-ionising Radiation, in «Rev. Environ. Health», 31,
2016, pp. 493-503.
15. Pall, M.L., Wi-Fi Is an Important Threat to Human Health, in «Environ. Res.»,
164, 2018, pp. 405-16.

5. Stress ossidativo, danno da radicali liberi (importanti meccanismi


coinvolti in quasi tutte le malattie croniche; causa diretta di danno
al DNA cellulare) (25 studi).

1. Raines, J.K., Electromagnetic Field Interactions with the Human Body: Observed
Effects and Theories, Greenbelt (Maryland), National Aeronautics and Space
Administration, 1981.
2. Hardell, L. et al., Biological Effects from Electromagnetic Field Exposure and
Public Exposure Standards, in «Biomed. Pharmacother.», 62, 2008, pp. 104-09.
3. Hazout, A. et al., Causes and Clinical Implications of Sperm dna Damages, in
«Gynecol. Obstet. Fertil.», 36, 2008, pp. 1109-17.
4. Makker, K. et al., Cell Phones: Modern Man’s Nemesis?, in «Reprod. Biomed.
Online», 18, 2009, pp. 148-57.
5. Desai, N.R. et al., Pathophysiology of Cell Phone Radiation: Oxidative Stress and
Carcinogenesis with Focus on the Male Reproductive System, in «Reproduct.
Biol. Endocrinol.», vol. 7, 114 (22 ottobre 2009), https://doi.org/10.1186/1477-
7827-7-114.
6. Yakymenko, I. et al., Risks of Carcinogenesis from Electromagnetic Radiation and
Mobile Telephony Devices, in «Exp. Oncol.», 32, 2010, pp. 729-36.
7. Kovacic P. et al., Electromagnetic Fields: Mechanisms, Cell Signaling, Other
Bioprocesses, Toxicity, Radicals, Antioxidants and Beneficial Effects, in «J. Recep.
Sign. Transduct.», 30 (4), agosto 2010, pp. 214-26.
8. Yakimenko, I. et al., Metabolic Changes in Cells Under Electro-magnetic
Radiation of Mobile Communication Systems, in «Ukr. Biokhim. Zh.», 83, 2,
2011, pp. 20-28.
9. Consales, C. et al., Electromagnetic Fields, Oxidative Stress, and
Neurodegeneration, in «Int. J. Cell. Biol.», 2012, https://doi.org/10.1155/2012/
683897.
10. La Vignera, S. et al., Effects of the Exposure to Mobile Phones on Male
Reproduction: A Review of the Literature, in «J. Androl.», 33, 2012, pp. 350-56.
11. Pall, M.L., Electromagnetic Fields Act Via Activation of Voltage-Gated Calcium
Channels to Produce Beneficial or Adverse Effects, in «J. Cell. Mol. Med.», 17,
2013, pp. 958-65.
12. Nazırog˘lu, M. et al., Recent Reports of Wi-Fi and Mobile Phone-induced
Radiation on Oxidative Stress and Reproductive Signaling Pathways in Females
and Males, in «J. Membr. Biol.», 246, 2013, pp. 869-75.
13. Pall, M.L., Scientific Evidence Contradicts Findings and Assumptions of
Canadian Safety Panel 6: Microwaves Act Through Voltage-Gated Calcium
Channel Activation to Induce Biological Impacts at Non-Thermal Levels,
Supporting a Paradigm Shift for Microwave/Lower Frequency Electromagnetic
Field Action, in «Rev. Environ. Health», 3, 2015, pp. 99-116.
14. Yakymenko, I. et al., Oxidative Mechanisms of Biological Activity of Low-
Intensity Radiofrequency Radiation, in «Electromagnetic. Biol. Med.», 35, 2,
2015, pp. 186-202.
15. Hensinger, P. et al., Mobilfunk-Studienergebnisse bestätigen Risiken
Studienrecherche 2016-4 veröffentlicht, in «Umwelt - Medizin - Gesellschaft»,
29, 3, 2016.
16. Houston, B.J. et al., The Effects of Radiofrequency Electromagnetic Radiation on
Sperm Function, in «Reproduction», 152, 2016, pp. R263-R276.
17. Starkey, S., Inaccurate Official Assessment of Radiofrequency Safety by the
Advidsory Group on Non-ionising Radiation, in «Rev. Environ. Health», 31,
2016, pp. 493-503.
18. Dasdag, S. et al., The Link Between Radiofrequencies Emitted from Wireless
Technologies and Oxidative Stress, in «J. Chem. Neuroanat.», 75 (PtB), 2016,
pp. 85-93.
19. Wang, H. et al., Magnetic Fields and Reactive Oxygen Species, in «Int. J. Mol.
Sci.», 18, 10, 2017, p. 2175.
20. Bandara, P. et al., Cardiovascular Disease: Time to Identify Emerging
Environmental Risk Factors, in «Eur. J. Prevent. Cardiol.», 24 (17), novembre
2017, pp. 1819-23.
21. Pall, M.L., Wi-Fi Is an Important Threat to Human Health, in «Environ. Res.»,
164, 2018, pp. 404-16.
22. Belpomme, D. et al., Thermal and Non-Thermal Health Effects of Low Intensity
Non-Ionizing Radiation: An International Perspective, in «Environ. Pollut.», 242
(PtA), novembre 2018, pp. 643-58.
23. Wilke, I., Biological and Pathological Effects of 2.45 GHz on Cells, Fertility, Brain
and Behavior, in «Umwelt - Medizin - Gesellschaft», 31, 1, 2018, pp. 1-32.
24. Kesari, K.K. et al., Radiations and Male Fertility, in «Reprod. Biol.
Endocrinol.», 9, 16 (1), 2018, p. 118.
25. Santini, S.J. et al., Role of Mitochondria in the Oxidative Stress Induced by
Electromagnetic Fields: Focus on Reproductive Systems, in «Oxid. Med. Cell.
Longev.», vol. 2018, Article ID 5076271,
https://doi.org/10.1155/2018/5076271.

6. Endocrino, ovvero effetti ormonali; include modifiche agli ormoni


steroidei e non steroidei (15 studi).
1. Glaser, Z.R., Bibliography of Reported Biological Phenomena («Effects») and
Clinical Manifestations Attributed to Microwave and Radio-Frequency Radiation,
Naval Medical Research Institute Research Report, giugno 1971.
2. Tolgskaya, M.S. et al., Pathological Effects of Radio Waves, trans. by B. Haigh,
Consultants Bureau, New York/London, 1973.
3. Raines, J.K., Electromagnetic Field Interactions with the Human Body: Observed
Effects and Theories, Greenbelt (Maryland), National Aeronautics and Space
Administration, 1981.
4. Reiter, R.J., Melatonin in the Context of the Reported Bioeffects of Environmental
Electromagnetic Fields, in «Bioelectrochemistry & Bioenergetics», 47, 1, 1998,
pp. 135-42.
5. Hardell, L., Biological Effects from Electromagnetic Field Exposure and Public
Exposure Standards, in «Biomed. Pharmacother.», 62, 2008, pp. 104-09.
6. Makker, K. et al., Cell Phones: Modern Man’s Nemesis?, in «Reprod. Biomed.
Online», 18, 2009, pp. 148-57.
7. Gye, M.C. et al., Effect of Electromagnetic Field Exposure on the Reproductive
System, in «Clin. Exp. Reprod. Med.», 39, 2012, pp. 1-9.
8. Halgamuge, M.N., Pineal Melatonin Level Disruption in Humans Due to
Electromagnetic Fields and ICNIRP Limits, in «Radiat. Prot. Dosimetr.», 154, 4,
2013, pp. 405-16.
9. Pall, M.L., Scientific Evidence Contradicts Findings and Assumptions of
Canadian Safety Panel 6: Microwaves Act Through Voltage-Gated Calcium
Channel Activation to Induce Biological Impacts at Non-Thermal Levels,
Supporting A Paradigm Shift for Microwave/Lower Frequency Electromagnetic
Field Action, in «Rev. Environ. Health», 3, 2015, pp. 99-116.
10. Sangun, O. et al., The Effects of Electromagnetic Field on the Endocrine System in
Children and Adolescents, in «Pediatr. Endocrinol. Rev.», 13, 2, 2015, pp. 531-
45.
11. Hecht, K., Health Implications of Long-Term Exposures to Electrosmog, Brochure
6 of A Brochure Series of the Competence Initiative for the Protection of
Humanity, the Environment and Democracy, 2016.
12. Asghari, A. et al., A Review on Electromagnetic Fields (EMFS ) and the
Reproductive System, in «Electron. Physician», 8 (7), 25 luglio 2016, pp. 2655-
62.
13. Warille, A.A. et al., Skeptical Approaches Concerning Exposure to
Electromagnetic Fields on Brain Hormones and Enzyme Activities, in «J.
Microscopy Ultrastruct.», 5 (4), ottobre-dicembre 2017, pp. 177-84.
14. Pall, M.L., Wi-Fi Is an Important Threat to Human Health, in «Environ. Res.»,
164, 2018, pp. 404-16.
15. Wilke, I., Biological and Pathological Effects of 2.45 GHz on Cells, Fertility, Brain
and Behavior, in «Umwelt - Medizin - Gesellschaft», 31, 1, 2018, pp. 1-32.

7. Aumento dei livelli di calcio intracellulare, ritenuto la causa di tutti


gli altri effetti (16 studi).

1. Adey, W.R., Cell Membranes: The Electromagnetic Environment and Cancer


Promotion, in «Neurochem. Res.», 13 (7), luglio 1988, pp. 671-77.
2. Walleczek, J., Electromagnetic Field Effects on Cells of the Immune System: The
Role of Calcium Signaling, in «FASEB J.», 6 (13), 1992, pp. 3177-85.
3. Adey, W.R., Biological Effects of Electromagnetic Fields, in «J. Cell. Biochem.»,
51, 1993, pp. 410-16.
4. Frey, A.H., Electromagnetic Field Interactions with Biological Systems, in «FASEB
J.», 7, 1993, pp. 272-81.
5. Funk, R.H.W. et al., Electromagnetic Effects - From Cell Biology to Medicine, in
«Prog. Histochem. Cytochem.», 43 (4), 2009, pp. 177-264.
6. Yakymenko, I. et al., Metabolic Changes in Cells Under Electromagnetic
Radiation of Mobile Communication Systems, in «Ukr. Biokhim. Zh.», 83, 2,
2011, pp. 20-28.
7. Gye, M.C. et al., Effect of Electromagnetic Field Exposure on the Reproductive
System, in «Clin. Exp. Reprod. Med.», 39, 2012, pp. 1-9.
8. Pall, M.L., Electromagnetic Fields Act Via Activation of Voltage-Gated Calcium
Channels to Produce Beneficial or Adverse Effects, in «J. Cell. Mol. Med.», 17,
2013, pp. 958-65.
9. Pall, M.L., Electromagnetic Field Activation of Voltage-Gated Calcium Channels:
Role in Therapeutic Effects, in «Electromagn. Biol. Med.», 33 (4), dicembre
2014, p. 251.
10. Pall, M.L., How to Approach the Challenge of Minimizing Non-Thermal Health
Effects of Microwave Radiation from Electrical Devices, in «International Journal
of Innovative Research in Engineering & Management (IJIREM )», ISSN : 2350-
0557, vol. 2, Issue 5, settembre 2015.
11. Pall, M.L., Scientific Evidence Contradicts Findings and Assumptions of
Canadian Safety Panel 6: Microwaves Act Through Voltage-Gated Calcium
Channel Activation to Induce Biological Impacts at Non-Thermal Levels,
Supporting a Paradigm Shift for Microwave/Lower Frequency Electromagnetic
Field Action, in «Rev. Environ. Health», 3, 2015, pp. 99-116.
12. Pall, M.L., Electromagnetic Fields Act Similarly in Plants as in Animals: Probable
Activation of Calcium Channels Via Their Voltage Sensor, in «Curr. Chem.
Biol.», 10 (1), luglio 2016, pp. 74-82.
13. Pall, M.L., Microwave Frequency Electromagnetic Fields (EMFS ) Produce
Widespread Neuropsychiatric Effects Including Depression, in «J. Chem.
Neuroanat.», 75 (PtB), 2016, pp. 43-51.
14. Batista Napotnik, T. et al., Effects of High Voltage Nanosecond Electric Pulses on
Eukaryotic Cells (In Vitro): A Systematic Review, in «Bioelectrochemistry», 110,
agosto 2016, pp. 1-12.
15. Asghari, A. et al., A Review on Electromagnetic Fields (EMFS ) and the
Reproductive System, in «Electron Physician.», 8 (7), 25 luglio 2016, pp. 2655-
62.
16. Kesari, K.K. et al., Radiations and Male Fertility, in «Reprod. Biol.
Endocrinol.», 9, 16 (1), 2018, p. 118.

8. Promozione e progressione del tumore, invasione dei tessuti e


metastasi (39 studi).

1. Dwyer, M.J. et al., A Current Literature Report on the Carcinogenic Properties of


Ionizing and Nonionizing Radiation, Cincinnati (OH ), U.S. Department of
Health, Education, and Welfare, Public Health Service, Centers for Disease
Control, National Institute for Occupational Safety and Health, DHEW
(NIOSH ) Publication No. 78-134, marzo 1978, pp. 1-40.
2. Marino, A.A. et al., Chronic Electromagnetic Stressors in the Environment. A
Risk Factor in Human Cancer, in «Journal of Environmental Science and
Health - Part C Environmental Carcinogenesis Reviews», 3 (2), gennaio
1985, pp. 189-219.
3. Adey, W.R., Cell Membranes: The Electromagnetic Environment and Cancer
Promotion, in «Neurochem. Res.», vol. 13, 1988, pp. 671-77.
4. Adey, W.R., Joint Actions of Environmental Non-ionizing Electromagnetic Fields
and Chemical Pollution in Cancer Promotion, in «Environ. Health Perspect.»,
86, giugno 1990, pp. 297-305.
5. Frey, A.H., Electromagnetic Field Interactions with Biological Systems, in «FASEB
J.», 7, 1993, pp. 272-81.
6. Goldsmith, J.R. et al., Epidemiological Evidence of Radiofrequency Radiation
(Microwave) Effects on Health in Military, Broadcasting and Occupational
Settings, in «Int. J. Occup. Environ. Health», 1 (1), gennaio, 1995, pp. 47-57.
7. Goldsmith, J.R., Epidemiologic Evidence Relevant to Radar (Microwave) Effects,
in «Environ. Health Perspect.», 105 (Suppl. 6), 1997, pp. 1579-87.
8. Goldsmith, J.R., TV Broadcast Towers and Cancer: The End of Innocence for
Radiofrequency Exposures, in «Am. J. Ind. Med.», 32 (6), dicembre 1997, pp.
689-92.
9. Kundi, M. et al., Mobile Telephones and Cancer – A Review of the Epidemiological
Evidence, in «J. Toxicol. Environ. Health B. Crit. Rev.», 7 (5), settembre-
ottobre 2004, pp. 351-84.
10. Kundi, M., Mobile Phone Use and Cancer, in «Occup. Env. Med.», 61, 2004,
pp. 560-70.
11. Behari, J. et al., Biomarkers of Induced Electromagnetic Field and Cancer, in
«Indian Journal of Experimental Biology», 45 (1), febbraio 2007, pp. 77-85.
12. Hardell, L. et al., Meta-analysis of Long-Term Mobile Phone Use and the
Association with Brain Tumors, in «International Journal of Oncology», 32 (5),
maggio 2008, pp. 1097-103.
13. Khurana, V.G. et al., Cell Phones and Brain Tumors: A Review Including the
Long-Term Epidemiologic Data, in «Surg. Neurol.», 72, 2009, pp. 205-14.
14. Desai, N.R. et al., Pathophysiology of Cell Phone Radiation: Oxidative Stress and
Carcinogenesis with Focus on the Male Reproductive System, in «Reprod. Biol.
Endocrinol.», 7, 2009, p. 114.
15. Davanipour, Z. et al., Long-term Exposure to Magnetic Fields and the Risks of
Alzheimer’s Disease and Breast Cancer: Further Biological Research, in
«Pathophysiology», vol. 16, Issues 2-3, agosto 2009, pp. 149-56.
16. Yakymenko, I. et al., Risks of Carcinogenesis from Electromagnetic Radiation and
Mobile Telephony Devices, in «Exp. Oncol.», 32, 2010, pp. 729-36.
17. Carpenter, D.O. et al., Electromagnetic Fields and Cancer: The Cost of Doing
Nothing, in «Rev. Environ. Health», 25, 2010, pp. 75-80.
18. Giuliani, L. e Soffritti, M. (a cura di), Non-thermal Effects and Mechanisms of
Interaction Between Electromagnetic Fields and Living Matter, Ramazzini
Institute for the Study and Control of Cancer and Environmental Disease J.
Oncol. Library, monografia, 2010.
19. Khurana, V.G. et al., Epidemiological Evidence for a Health Risk from Mobile
Phone Base Stations, in «Int. J. Occup. Environ. Health», 16, 3, 2010, pp. 263-
67.
20. Yakymenko, I. et al., Long-term Exposure to Microwave Radiation Provokes
Cancer Growth: Evidences from Radars and Mobile Communication Systems, in
«Exp. Oncol.», 33, 2, 2011, pp. 62-70.
21. Carpenter, D.O. et al., A Rationale for Biologically-Based Exposure Standards for
Electromagnetic Radiation, BioInitiative Working Group, 2012,
http://www.bioinitiative.org/participants/why-we-care.
22. Ledoigt, G. et al., Cancer Induction Molecular Pathways and HFEMF Irradiation,
in «Adv. Biol. Chem.», 3, 2013, pp. 177-86.
23. Hardell, L. et al., Using the Hill Viewpoints from 1965 for Evaluating Strengths
of Evidence of the Risk for Brain Tumors Associated with Use of Mobile and
Cordless Phones, in «Rev. Environ. Health», 28, 2-3, 2013, pp. 97-106.
24. Hardell, L. et al., Use of Mobile Phones and Cordless Phones Is Associated with
Increased Risk for Glioma and Acoustic Neuroma, in «Pathophysiology», 20, 2,
2013, pp. 85-110.
25. Carpenter, D.O., Human Disease Resulting from Exposure to Electromagnetic
Fields, in «Rev. Environ. Health», 28, 2013, pp. 159-72.
26. Davis, D.L. et al., Swedish Review Strengthens Grounds for Concluding that
Radiation from Cellular and Cordless Phones Is a Probable Human Carcinogen, in
«Pathophysiology», 20, 2013, pp. 123-29.
27. Morgan, L.L., Mobile Phone Radiation Causes Brain Tumors and Should Be
Classified as a Probable Human Carcinogen (2A), in «Int. J. Oncol.», 46 (5),
maggio 2015, pp. 1865-71.
28. Mahdavi, M. et al., Positive Correlation Between ELF and RF Electromagnetic
Fields on Cancer Risk, in «Journal of Paramedical Sciences (JPS )», vol. 6, n. 3,
estate 2015, ISSN 2008-4978.
29. Carlberg, M. et al., Evaluation of Mobile Phone and Cordless Phone Use and
Glioma Risk Using the Bradford Hill Viewpoints from 1965 on Association or
Causation, in «BioMed Res. Int.», 9218486,
http://doi.org/10.1155/2017/9218486.
30. Bortkiewicz, A. et al., Mobile Phone Use and Risk for Intracranial Tumors and
Salivary Gland Tumors – A Meta-analysis, in «Int. J. Occup. Med., Environ.
Health», 30, 1, 2017, pp. 27-43.
31. Bielsa-Fernández, P. et al., Association Between Radiation from Mobile Phones
and Tumour Risk in Adults, in «Gac. Sanit.», 32 (1), gennaio-febbraio 2018,
pp. 81-91.
32. Alegría-Loyola, M.A. et al., Tumors of the Central Nervous System, in «Rev.
Med. Inst. Mex. Seguro. Soc.», 55 (3), maggio-giugno 2017, pp. 330-40.
33. Prasad, M. et al., Mobile Phone Use and Risk of Brain Tumours: A Systematic
Review of Association Between Study Quality, Source of Funding, and Research
Outcomes, in «Neurol. Sci.», 38, 5, 2017, pp. 797-810.
34. Miller, A., References on Cell Phone Radiation and Cancer, Environmental
Health Trust, 9 settembre 2017.
35. Hardell, L., World Health Organization, Radiofrequency Radiation and Health –
A Hard Nut to Crack (Review), in «Int. J. Oncol.», 51, 2, 2017, pp. 405-13.
36. Belpomme, D. et al., Thermal and Non-Thermal Health Effects of Low Intensity
Non-Ionizing Radiation: An International Perspective, in «Environ. Pollut.», 242
(PtA), novembre 2018, pp. 643-58.
37. Pall, M.L., How Cancer Can Be Caused by Microwave Frequency Electromagnetic
Field (EMF ) Exposures: EMF Activation of Voltage-Gated Calcium Channels
(VGCCS ) Can Cause Cancer Including Tumor Promotion, Tissue Invasion and
Metastasis Via 15 Mechanisms, in Marko S. Markov (a cura di), Mobile
Communications and Public Health, Boca Raton, CRC Press, 2018, pp. 167-88.
38. Kocaman, A. et al., Genotoxic and Carcinogenic Effects of Non-Ionizing
Electromagnetic Fields, in «Environ. Res.», 163, 2018, pp. 71-79.
39. Miller, A.B. et al., Cancer Epidemiology Update, Following the 2011 IARC
Evaluation of Radiofrequency Electromagnetic Fields, in «Environmental
Research», 102, numero monografico, 2018.

9. Molti diversi tipi di effetti cardiaci che includono tachicardia,


aritmia, palpitazioni, bradicardia e brachicardia (9 studi).

1. Raines, J.K., Electromagnetic Field Interactions with the Human Body: Observed
Effects and Theories, Greenbelt (Maryland), National Aeronautics and Space
Administration, 1981.
2. Frey, A.H. et al., Modification of Heart Function with Low Intensity
Electromagnetic Energy, in «Electromagnetic Biology and Medicine», 5 (2),
agosto 2009, pp. 201-10.
3. Hardell, L. et al., Biological Effects from Electromagnetic Field Exposure and
Public Exposure Standards, in «Biomed. Pharmacother.», 62, 2008, pp. 104-09.
4. Guideline of the Austrian Medical Association for the Diagnosis and Treatment of
EMF -related Health Problems and Illnesses (EMF Syndrome), Consensus paper of
the Austrian Medical Association’s EMF working group, 2012,
https://www.vagbrytaren.org/Guideline%20%20AG-EMF.pdf.
5. Havas, M., Radiation from Wireless Technology Affects the Blood, the Heart and
the Autonomic Nervous System, in «Rev. Environ. Health», 28, 2013, pp. 75-84.
6. Sage, C., The Implications of Non-Linear Biological Oscillations on Human
Electrophysiology for Electrohypersensitivity (EHS ) and Multiple Chemical
Sensitivity (MCS ), in «Rev. Environ. Health», 30, 4, 2015, pp. 293-303.
7. Hecht, K., Health Implications of Long-Term Exposures to Electrosmog, Brochure
6 of A Brochure Series of the Competence Initiative for the Protection of Humanity,
the Environment and Democracy, 2016,
http://kompetenzinitiative.net/KIT/wpcontent/uploads/2016/07/KI_Brochur
e-6_K_Hecht_web.pdf.
8. Belyaev, I. et al., EUROPAEM EMF Guideline 2016 for the Prevention, Diagnosis
and Treatment of EMF -related Health Problems and Illnesses, in «Rev. Environ.
Health», 31 (3), settembre 2016, pp. 363-97.
9. Wilke, I., Biological and Pathological Effects of 2.45 GHz on Cells, Fertility, Brain
and Behavior, in «Umwelt - Medizin - Gesellschaft», 31, 1, 2018, pp. 1-32.

Il 5G utilizza onde elettromagnetiche millimetriche a livelli di


pulsazione straordinari per trasmettere maggiori quantità di
informazioni per unità di tempo rispetto agli attuali standard dei
sistemi di comunicazione wireless. Tredici studi dimostrano che più le
onde sono pulsate e più provocano effetti biologici. Le ricerche sugli
impulsi in nanosecondi sono particolarmente rilevanti per il 5G
proprio a causa degli astronomici livelli di pulsazioni necessari a far
funzionare l’internet delle cose. Ciononostante, gli effetti biologici
degli impulsi in nanosecondi non sono neppure contemplati dalle
«linee guida di sicurezza».
Numerose ricerche hanno evidenziato che i campi elettromagnetici
pulsati sono, nella maggior parte dei casi, molto più biologicamente
attivi rispetto ai campi elettromagnetici non pulsati (a onda continua)
della stessa intensità media. Poiché le intensità medie su un periodo di
sei minuti, o peggio ancora su un periodo di 30 minuti, sono la base
delle linee guida ICNIRP , US FCC, EU , SCENIHR e canadese, ciò costituisce
un errore fatale nella struttura dei loro parametri per la misura della
sicurezza.
Le intensità medie, infatti, non sono predittive degli effetti biologici
e pertanto non possono essere utilizzate come base di alcuno schema
normativo realmente utile. Anche la pulsazione è di grande
importanza, poiché tutti i dispositivi di comunicazione wireless
comunicano almeno in parte tramite la pulsazione, e più sono smart
più pulsano. Anche le unità radar ci espongono alle pulsazioni a causa
degli array graduali coinvolti. Di conseguenza, il ruolo della
pulsazione è straordinariamente importante per quanto riguarda i
campi elettromagnetici a cui siamo maggiormente esposti.
Ognuno dei seguenti studi mostra che i campi elettromagnetici
pulsati sono, nella maggior parte dei casi, molto più attivi
biologicamente delle onde continue della stessa intensità:

1. Osipov, Y., Labor Hygiene and the Effect of Radiofrequency Electromagnetic


Fields on Workers, Leningrad, Leningrad Meditsina Publishing House, 1965.
2. Pollack, H. et al., Review of Information on Hazards to Personnel from High-
Frequency Electromagnetic Radiation, Institute for Defense Analyses; Research
and Engineering Support Division, IDA/HQ 67-6211, Series B, maggio 1967.
3. Frey, A.H., Differential Biologic Effects of Pulse and Continuous Electromagnetic
Fields and Mechanisms of Effect, in «Ann. N.Y. Acad. Sci.», 238, 1974, pp. 273-
79.
4. Creighton, M.O. et al., In Vitro Studies of Microwave-Induced Cataract. II.
Comparison of Damage Observed for Continuous Wave and Pulsed Microwaves,
in «Exp. Eye. Res.», 45, 1987, pp. 357-73.
5. Grigor’ev, I., Role of modulation in Biological Effects of Electromagnetic
Radiation, in «Radiats. Biol. Radioecol.», 36, 1996, pp. 659-70.
6. Belyaev, I., Non-Thermal Biological Effects of Microwaves, in «Microwave
Rev.», 11, 2005, pp. 13-29.
7. Belyaev, I., Non-Thermal Biological Effects of Microwaves: Current Knowledge,
Further Perspective and Urgent Needs, in «Electromagn. Biol. Med.», 24, 3,
2005, pp. 375-403.
8. Markov, M.S., Pulsed Electromagnetic Field Therapy: History, State of the Art
and Future, in «The Environmentalist», 27, 2007, pp. 465-75.
9. Van Boxem, K. et al., Pulsed Radiofrequency: A Review of the Basic Science as
Applied to the Pathophysiology of Radicular Pain: A Call for Clinical Translation,
in «Reg. Anesth. Pain. Med.», marzo-aprile 2014.
10. Belyaev, I., Biophysical Mechanisms for Nonthermal Microwave Effects, in
Marko S. Markov (a cura di), Electromagnetic Fields in Biology and Medicine,
Boca Raton, CRC Press, 2005, pp. 49-67.
11. Pall, M.L., Scientific Evidence Contradicts Findings and Assumptions of
Canadian Safety Panel 6: Microwaves Act Through Voltage-Gated Calcium
Channel Activation to Induce Biological Impacts at Non-Thermal Levels,
Supporting a Paradigm Shift for Microwave/Lower Frequency Electromagnetic
Field Action, in «Rev. Environ. Health», 3, 2015, pp. 99-116.
12. Panagopoulos, D.J. et al., Real versus Simulated Mobile Phone Exposures in
Experimental Studies, in «BioMed. Res. Int.», 2015,
https://doi.org/10.1155/2015/607053.
13. Batista Napotnik, T. et al., Effects of High Voltage Nanosecond Electric Pulses on
Eukaryotic Cells (In Vitro): A Systematic Review, in «Bioelectrochemistry», 110,
agosto 2016, pp. 1-12.
Note

Introduzione
1. Jessica Lindsay, Uber charge more if your battery is lower?, in «Metro», Gran Bretagna, 27
settembre 2019.
2. Gabriele Di Matteo, Droni, robot e riconoscimento facciale: così la Cina usa la tecnologia contro il
coronavirus, in «Forbes», 17 febbraio 2020; Virus, Cina: big data, droni e robot contro l’epidemia,
Adnkronos, 18 febbraio 2020.
3. Ronald N. Kostoff, The largest unethical medical experiment in human history, Georgia Tech
Library, USA , 2020,
https://smartech.gatech.edu/bitstream/handle/1853/62452/LARGEST_UNETHICAL_MEDI
CAL_EXPERIMENT_FINAL.pdf?sequence=4&isAllowed=y.
4. Benedetta Paravia, L’opinione controcorrente. Il valore della salute e quello del profitto: il 5G , in
«La Stampa», 6 aprile 2020.
5. Ibid.
6. Paolo Fiore, Chi è Gunter Pauli, il consulente del governo che pubblica bufale sul coronavirus, AGI ,
23 marzo 2020.

I. Il 5G secondo la tesi accreditata da mass media e istituzioni


1. Arriva il 5G : ci cambierà la vita come accadde con 1G, 2G, 3G e 4G ?, in «Focus», 24 febbraio 2019.
2. Alessandro Polichetti, Camera dei Deputati, IX Commissione permanente (Trasporti, poste
e telecomunicazioni), Indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con
particolare riguardo alla transizione verso il 5G e alla gestione dei big data, audizione del 26
febbraio 2019.
3. Gianni Rusconi 5G , come cambierà la nostra vita: dai robot chirurghi ai veicoli autonomi, in «Il
Sole - 24 Ore», 11 settembre 2018.
4. Alla scoperta del 5G : pro, contro e l’avanguardia catalana, in «EuronewsNBC », 1° gennaio 2020.
5. S. Lagorio et al., Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche, Rapporto
ISTISAN 19/11, Istituto superiore di sanità, 2019,
http://old.iss.it/binary/publ/cont/19_11_web.pdf; Emanuele Giordana, I timori di chi si
oppone alla rete 5G in Italia, in «Internazionale», 30 dicembre 2019.
6. Intervista a Nicola Blefari Melazzi, a cura di Paolo Anastasio, in «Key4biz» (quotidiano
online), 23 ottobre 2019.
7. Uno studio caso-controllo confronta la frequenza di un’esposizione o di un comportamento
tra persone affette da una specifica malattia (i «casi») e persone che non hanno quella
malattia (i «controlli»).
8. Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Israele,
Italia, Norvegia, Nuova Zelanda e Svezia.
9. I gliomi sono tumori tendenzialmente maligni, che originano dalle cellule gliali (da cui il
nome) presenti nella corteccia cerebrale, dove svolgono funzioni di sostegno e supporto
alle cellule nervose (neuroni).
10. I meningiomi cerebrali sono tumori a lenta crescita, di solito benigni, che si sviluppano dai
sottili strati di tessuto (detti appunto «meningi») collocati all’interno della scatola cranica a
formare un involucro protettivo per l’encefalo. I meningiomi possono anche svilupparsi al
di fuori del sistema nervoso centrale, a partire dalle meningi che circondano il midollo
spinale e lo proteggono all’interno della colonna vertebrale.
11. Gli schwannomi, più comunemente noti come «neurinomi», sono tumori del sistema
nervoso periferico che originano dalle guaine nervose (gli involucri protettivi dei nervi,
formati da cellule di Schwann, alle quali devono il nome ufficiale). Si tratta di tumori quasi
sempre benigni.
12. I tumori della parotide, nella maggior parte dei casi benigni, si sviluppano nelle due
ghiandole parotidi (le più grandi delle ghiandole salivari, che producono saliva e la
rilasciano in bocca) situate subito davanti e sotto a ciascun orecchio.
13. Interphone Study Group, Brain Tumour Risk in Relation to Mobile Telephone Use: Results of
the Interphone International Case-Control Study, in «International Journal of Epidemiology»,
vol. 39, maggio 2010, pp. 675-94.
14. Ibid.
15. Butac è un noto sito di debunker, professionisti impegnati nel difendere le versioni ufficiali
dalle cosiddette «bufale».
16. Juanne Pili, Rete 5G e le bufale di quinta generazione, in «Open», Milano, 27 marzo 2019.
17. Estratto dell’intervista ad Alessandro Polichetti pubblicata il 13 novembre 2019 su
«Altroconsumo» nell’articolo 5G : che cos’è e perché non c’è da allarmarsi.
18. Cit. in 5G rischioso per la salute? Più antenne per diminuire le emissioni. L’intervista di Nicola
Blefari Melazzi, pubblicata sul sito web Tariffando.it in data 29 ottobre 2019; l’intervista
integrale è stata pubblicata l’11 marzo 2019 sul sito web Key4biz.it a cura di Luigi Garofalo
con il titolo Istituto Superiore Sanità: «Con il 5G non prevedibili ad oggi rischi».
19. 5G : che cos’è e perché non c’è da allarmarsi, in «Altroconsumo» (rivista online), 13 novembre
2019.
20. Il beamforming è una particolare tecnologia già impiegata con il Wi-Fi che consente di
«direzionare» il segnale radio concentrandolo in una direzione piuttosto che in un’altra. In
termini più tecnici, è una tecnica di «lavorazione» di un’onda che permette di orientare e
canalizzare la ricetrasmissione del segnale. Ciò è reso possibile dall’utilizzo combinato di
particolari apparati ricetrasmittenti, che consentono di creare interferenze costruttive o
distruttive, a seconda della necessità.
21. J. Pili, op. cit.
22. Creato un ricevitore radio a terahertz: è l’alba del 6G , in «la Repubblica», 3 dicembre 2019.
23. Jaime D’Alessandro, Ecco come sarà il 6G , la rete capace di fondersi con la realtà. Parola di uno
che guarda lontano, in «la Repubblica», 11 novembre 2019.
24. Ibid.

II. La posizione contraria della ricerca accademica indipendente: elettrosmog,


un pericolo nascosto e sottovalutato
1. Francesco Figura e Paolo Rossini, «Universo del corpo», in Enciclopedia Treccani, Roma, 1998.
2. Maria Logorelli et al., Le radiazioni non ionizzanti, in Annuario dei dati ambientali 2010, capitolo
XII, ispra, http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/statoambiente/annuario-
2010/12-radiazioni-non-ionizzanti.pdf.
3. Pietro Massimiliano Bianco (European Consumers), Agostino Di Ciaula (ISDE ), Patrizia
Gentilini (ISDE ), Eugenio Odorifero (European Consumers) e Marco Tiberti (European
Consumers), Rapporto indipendente sui campi elettromagnetici e diffusione del 5G , International
Society of Doctors for Environment - European Consumers, Roma, 10 settembre 2019.
4. High exposure to radiofrequency radiation linked to tumor activity in male rats, National Institutes
of Health, 2 febbraio 2018.
5. Fabiana Manservisi, Cose che non sai sul 5G , convegno all’Aquila del 2 luglio 2019.
6. Vincenzo Branà, Ripetitori telefonia mobile, l’Istituto Ramazzini comunica gli esiti del suo studio,
Istituto Ramazzini, Bologna, 22 marzo 2018.
7. La stesura definitiva delle conclusioni è prevista per marzo-aprile 2020.
8. L’NTP ha rilevato un aumento significativo dei gliomi maligni e delle iperplasie delle cellule
gliali nel cervello dei ratti maschi, un aumento significativo (dosedipendente) degli
schwannomi maligni e delle iperplasie delle cellule di Schwann nel cuore dei ratti maschi, e
un aumento dei feocromocitomi (combinati) nel midollo surrenale (al suo interno sono
presenti delle cellule neuroendocrine collegate al sistema nervoso) dei ratti maschi.
L’Istituto Ramazzini ha rilevato invece un aumento non significativo (dosedipendente) dei
gliomi maligni nel cervello dei ratti femmina, un aumento significativo (dosedipendente)
degli schwannomi maligni nel cuore dei ratti maschi e un aumento non significativo delle
iperplasie (proliferazioni pretumorali) delle cellule di Schwann sia nei ratti maschi sia nelle
femmine.
9. E. Giordana, op. cit.
10. Ibid.
11. Manservisi, op. cit.
12. A titolo di esempio, una delle innumerevoli ricerche in cui sono stati documentati molti
tumori caratterizzati da una notevole diversa incidenza statistica nei ratti maschi e
femmine è la seguente: James Poteracki e Kathleen M. Walsh, Spontaneous Neoplasms in
Control Wistar Rats: A Comparison of Reviews, in «Toxicological Sciences», 1998.
13. Intervista del 5 gennaio 2020 alla dottoressa Fiorella Belpoggi.
14. Manservisi, op. cit.
15. Giordana, op. cit.
16. Intervista al dottor Morando Soffritti realizzata da Matteo Viviani per il programma
televisivo «Le Iene», puntata trasmessa su Italia Uno il 23 aprile 2017.
17. Dato estrapolato dalla relazione scientifica Effetti biologici dei campi elettromagnetici del CFA
(Centro di Fisica Ambientale), pubblicata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Ferrara.
Il documento è consultabile online: http://www.fe.infn.it/u/spizzo/met_fis/onde per
cento20elettromagnetiche/effetti_biologici.pdf.
18. Logorelli et al., op. cit.
19. International Appeal: Scientists Call for Protection from Non-Ionizing Electromagnetic Field
Exposure, in «European Journal of Oncology», vol. 20, n. 3/4, dicembre 2015, pp. 180-82.
20. Arthur Firstenberg, International Appeal, Stop 5G on Earth and in Space, Santa Fe, New
Mexico, https://www.5Gspaceappeal.org/the-appeal.
21. Allarme infertilità: riguarda il 25 per cento degli italiani, in «Quotidianosanità», 29 ottobre
2019.
22. Y. Ma, X. He et al., Effects of Environmental Contaminants on Fertility and Reproductive Health,
in «Journal of Environmental Sciences», vol. 77, marzo 2019, pp. 210-17.
23. M.C. Gye, e C.J. Park, Effect of Electromagnetic Field Exposure on the Reproductive System, in
«Clinical and Experimental Reproductive Medicine», vol. 39, n. 1, marzo 2012, pp. 1-9; G.
Zhang et al., Effects of Cell Phone Use on Semen Parameters: Results from the MARHCS Cohort
Study in Chongqing, China, in «Environment International», vol. 91, maggio 2016, pp. 116-21;
G. Yu, Z. Tang et al., Long-term Exposure to 4G Smartphone Radiofrequency Electromagnetic
Radiation Diminished Male Reproductive Potential by Directly Disrupting Spock3-MMP2-BTB
Axis in the Testes of Adult Rats, in «Science of the Total Environment», vol. 698, art. 133860,
1° gennaio 2020.
24. Anna Schoeni et al., Memory Performance, Wireless Communication And Exposure to
Radiofrequency Electromagnetic Fields: A Prospective Cohort Study in Adolescents, in
«Environment International», vol. 85, dicembre 2015, pp. 343-51; R. Huber et al., Exposure to
Pulse-Modulated Radio Frequency Electromagnetic Fields Affects Regional Cerebral Blood Flow, in
«European Journal of Neuroscience», vol. 21, n. 4, febbraio 2005, pp. 1000-06; A.
Barthelemy et al., Glial Markers and Emotional Memory in Rats Following Acute Cerebral
Radiofrequency Exposures, in «Environment Science and Pollution Research International»,
2016.
25. A.İ. Keleş et al., Changes in Pyramidal and Granular Neuron Numbers in the Rat Hippocampus 7
Days After Exposure to a Continuous 900-Mhz Electromagnetic Field During Early and Mid-
Adolescence, in «Journal of Chemical Neuroanatomy», vol. 101, art. 101681, novembre 2019;
J.H. Kim et al., Possible Effects of Radiofrequency Electromagnetic Field Exposure on Central
Nerve System, in «Biomolecules & Therapeutics», vol. 27, n. 3, 2019, pp. 265-75; Giovanna
Del Vecchio et al., Effect of Radiofrequency Electromagnetic Field Exposure on In Vitro Models of
Neurodegenerative Disease, in «Bioelectromagnetics», vol. 30, n. 7, ottobre 2009, pp. 564-72.
26. E.G. Kıvrak et al., Effects of Electromagnetic Fields Exposure on the Antioxidant Defense System,
in «Journal of Microscopy and Ultrastructure», vol. 5, 2017, pp. 167-76.
27. Q. Ma et al., Extremely Low-Frequency Electromagnetic Fields Promote In Vitro Neuronal
Differentiation and Neurite Outgrowth of Embryonic Neural Stem Cells via Up-Regulating TRPC 1,
in «PLoS One», vol. 11, n. 3, art. e0150923, marzo 2016.
28. J.L. Phillips et al., Electromagnetic Fields and DNA Damage, in «Pathophysiology», vol. 16, nn.
2-3, agosto 2009, pp. 79-88,.
29. Alicja Bortkiewicz et al., Heart Rate Variability (HRV ) Analysis in Radio and tv Broadcasting
Stations Workers, in «International Journal of Occupational Medicine and Environmental
Health», vol. 25, 2012, pp. 446-55.
30. H.A. Divan et al., Prenatal and Postnatal Exposure to Cell Phone Use and Behavioral Problems in
Children, in «Epidemiology», vol. 19, n. 4, luglio 2008, pp. 523-29; Tamir S. Aldad et al., Fetal
Radiofrequency Radiation Exposure from 800-1900 MHz-Rated Cellular Telephones Affects
Neurodevelopment and Behavior in Mice, in «Scientific Reports», vol. 3, art. 1320, 18 febbraio
2013
31. Kıvrak, op. cit.
32. V.G. Khurana et al., Cell Phones and Brain Tumors: A Review Including the Long-Term
Epidemiologic Data, in «Surgical Neurology», vol. 72, n. 3, settembre 2009, pp. 205-14.
33. N.R. Desai et al., Pathophysiology of Cell Phone Radiation: Oxidative Stress and Carcinogenesis
with Focus on Male Reproductive System, in «Reproductive Biology and Endocrinology», vol.
7, art. 114, ottobre 2009; A. Agarwal et al., Effects of Radiofrequency Electromagnetic Waves (RF-
EMW ) from Cellular Phones on Human Ejaculated Semen: An In Vitro Pilot Study, in «Fertility
and Sterility», vol. 92, n. 4, ottobre 2009, pp. 1318-25.
34. Kartikeya Makker et al., Cell Phones: Modern Man’s Nemesis?, in «Reproductive BioMedicine
Online», vol. 18, n. 1, 2009, pp. 148-57.
35. H.W. Ruediger, Genotoxic Effects of Radiofrequency Electromagnetic Fields, in
«Pathophysiology», vol. 16, nn. 2-3, agosto 2009, pp. 89-102.
36. Z. Davanipour et al., Long-term Exposure to Magnetic Fields and the Risks of Alzheimer’s
Disease and Breast Cancer: Further Biological Research, in «Pathophysiology», vol. 16, nn. 2-3,
agosto 2009, pp. 149-56.
37. Le calcio-ATPasi, o Ca 2+ ATPasi, sono enzimi di classe P-ATPasi che trasferiscono ioni
calcio Ca 2+, fondamentali nei processi di omeostasi di questo elemento nella cellula.
38. La p38 MAPK è una classe di proteine che rispondono agli stimoli dello stress, come
citochine, irradiazione ultravioletta, shock termico e shock osmotico, e sono coinvolte nella
differenziazione cellulare, nell’apoptosi e nell’autofagia.
39. Igor Yakymenko, Metabolic Changes in Cells Under Electromagnetic Radiation of Mobile
Communication Systems, in «Ukrainskii biokhimicheskii zhurnal», vol. 83, n. 2, marzo 2011,
pp. 20-28.
40. Igor Yakymenko et al., Risks of Carcinogenesis from Electromagnetic Radiation of Mobile
Telephony Devices, in «Experimental Oncology», 2010.
41. David O. Carpenter, Electromagnetic Fields and Cancer: The Cost of Doing Nothing, in
«Reviews on Environmental Health», vol. 25, n. 1, gennaio 2010, pp. 75-80.
42. Loreto Di Donato et al., Permeability Changes of Cationic Liposomes Loaded with Carbonic
Anhydrase Induced by Millimeter Waves Radiation, in «Radiation Research», novembre 2012;
Katia Cosentino et al., The Influence of Millimeter Waves on the Physical Properties of Large and
Giant Unilamellar Vesicles, in «Journal of Biological Physics», vol. 39, 2013, pp. 395-410.
43. L. Giuliani e M. Soffritti (a cura di), Non-thermal Effects and Mechanisms of Interaction
Between Electromagnetic Fields and Living Matter, Fidenza (PR ), Mattioli 1885, 2010.
44. Vini G. Khurana et al., Epidemiological Evidence for a Health Risk from Mobile Phone Base
Stations, in «International Journal of Occupational and Environmental Health», vol. 16, n. 3,
luglio 2010, pp. 263-67.
45. B. Blake Levitt e Henry Lay, Biological Effects from Exposure to Electromagnetic Radiation
Emitted by Cell Tower Base Stations and Other Antenna Arrays, in «Environmental Reviews»,
vol. 18, n. 1, febbraio 2010, pp. 369-95.
46. Kavindra Kumar Kesari et al., Radiations and Male Fertility, in «Reproductive Biology and
Endocrinology», dicembre 2018.
47. Igor Yakymenko et al., Long-term Exposure to Microwave Radiation Provokes Cancer Growth:
Evidences from Radars and Mobile Communication Systems, in «Experimental Oncology»,
giugno 2011.
48. M.C. Gye e C.J. Park, op. cit.
49. S. La Vignera et al., Effects of the Exposure to Mobile Phones on Male Reproduction: A Review of
the Literature, in «Journal of Andrology», maggio-giugno 2012.
50. Jitenda Behari et al., BioInitiative Report 2012: A Rationale for Biologically-based Exposure
Standards for Low-intensity Electromagnetic Radiation, BioInitiative Working Group, 2012.
51. George L. Carlo e Rebecca S. Jenrow, Scientific Progress – Wireless Phones and Brain Cancer:
Current State of the Science, in «Medscape General Medicine», luglio 2000.
52. K.K. Kesari e J. Behari, Evidence for Mobile Phone Radiation Exposure Effects on Reproductive
Pattern of Male Rats: Role of ROS, in «Electromagnetic Biology and Medicine», vol. 31, 2012,
pp. 213-22.
53. G.J. Rubin et al., Electromagnetic Hypersensitivity: A Systematic Review of Provocation Studies,
in «Psychosomatic Medicine», vol. 67, n. 2, marzo-aprile 2005, pp. 224-32.
54. M. Havas, Radiation from Wireless Technology Affects the Blood, the Heart, and the Autonomic
Nervous System, in «Reviews on Environmental Health», vol. 28, nn. 2-3, 2013, pp. 75-84.
55. M. Mailankot et al., Radio Frequency Electromagnetic Radiation (RF-EMR ) from GSM (0.9/1.8
GH z) Mobile Phones Induces Oxidative Stress and Reduces Sperm Motility in Rats, in «Clinics»,
vol. 64, São Paulo, 2009, pp. 561-65.
56. K.K. Kesari et al., Cell Phone Radiation Exposure on Brain and Associated Biological Systems, in
«Indian Journal of Experimental Biology», vol. 51, n. 3, marzo 2013, pp. 187-200.
57. J. Wiart et al., Analysis of RF Exposure in the Head Tissues of Children and Adults, in «Physics
in Medicine & Biology», vol. 53, n. 13, luglio 2008, pp. 3681-95.
58. Riccardo Staglianò, Quel tumore è per l’abuso di cellulare. La Cassazione riconosce legame e
danno, in «la Repubblica», 18 ottobre 2012.
59. Ibid.
60. Sarah Martinenghi, Smartphone, il TAR del Lazio ordina una campagna informativa su rischi per
la salute, in «la Repubblica», 16 gennaio 2019.
61. S. Martinenghi, op. cit.
62. Radio Vaticana, una perizia conferma il nesso tra le onde delle antenne e i tumori nei bimbi, in «la
Repubblica», 13 luglio 2010.
63. Ibid.
64. Ibid.
65. Alessio Ramaccioni e Pablo Castellani, Onde anomale. Le verità nascoste sull’elettrosmog,
Roma, Editori Internazionali Riuniti, 2012.
66. Maurizio Martucci, Manuale di autodifesa per elettrosensibili, Firenze, Terra Nuova Edizioni,
2018, p. 144.
67. Donatella Francesconi, Elettrosmog, la doppia verità di ARPAT , in «Il Tirreno», 25 dicembre
2014.
68. Sentenza n. 9893 del 27 luglio 2000 della sezione civile della Corte suprema di cassazione.
69. Giovanni Santarato et al., Lezioni di geofisica applicata, Padova, Libreriauniversitaria, 2015, p.
278.
70. M.B. Salah et al., Effects of Olive Leave Extract on Metabolic Disorders and Oxidative Stress
Induced by 2.45 GHz Wi-Fi Signals, in «Environmental Toxicology and Pharmacology», vol.
36, n. 3, novembre 2013, pp. 826-34.
71. F.H.F. Jaffar et al., Adverse Effects of Wi-Fi Radiation on Male Reproductive System: A
Systematic Review, in «The Tohoku Journal of Experimental Medicine», vol. 248, n. 3, luglio
2019, pp. 169-79.
72. L. Saili et al., Effects of Acute Exposure to Wi-Fi Signals (2.45 GHz) on Heart Variability and
Blood Pressure in Albinos Rabbit, in «Environmental Toxicology and Pharmacology»,
settembre 2015.
73. Maurizio Martucci, A Firenze il tribunale fa spegnere il Wi-Fi a scuola. Un atto
straordinariamente innovativo, in «il Fatto Quotidiano», 28 gennaio 2019.
74. Bianco et al., op. cit., p. 7.
75. Https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A31999H0519.
76. ICNIRP , Guidelines for Limiting Exposure to Time-Varying Electric, Magnetic and
Electromagnetic Fields (up to 300 GHz), in «Health Physics», vol. 74, n. 4, 1998, pp. 494-522,
https://www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPemfgdl.pdf.
77. Ivi, vol. 99, n. 6, 2010, pp. 818-36,
https://www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPLFgdl.pdf.
78. Non-ionizing Radiation, Part II: Radiofrequency Electromagnetic Fields, in «IARC Monographs
on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Human», vol. 102, 2013,
https://monographs.iarc.fr/wp-content/uploads/2018/06/mono102.pdf.
79. Bianco et al., op. cit., p. 11.
80. Il «Rapporto BioInitiative 2012» è stato redatto da 29 autori di dieci paesi, dieci con laurea
in medicina (MD ), 21 con dottorati di ricerca (PhD) e tre con master (MsC, MA o MPH ). Fra
gli autori figurano tre ex presidenti della Bioelectromagnetics Society e cinque membri a
pieno titolo della BEMS . Partecipano il presidente del Comitato nazionale russo per le
radiazioni non ionizzanti e un consulente senior dell’Agenzia europea dell’ambiente. Per
consultare la lista completa dei partecipanti, cfr. https://bioinitiative.org/participants.
81. Bianco et al., op. cit., p. 13.
82. DPCM 8 luglio 2003, successivamente modificato dal DL 179/2012, convertito dalla legge n.
221 del 17 dicembre 2012.
83. «Gazzetta Ufficiale», n. 257, 3 novembre 1998, decreto del ministero dell’Ambiente n.
381/98.
84. Bianco et al., op. cit., p. 13.
85. Ibid.
86. Angelo Gino Levis et al., Chi usa il telefono cellulare è a rischio?, in «Epidemiologia &
Prevenzione», 2011; Cellphones and Brain Tumors 15 Reasons for Concern Science, Spin and the
Truth Behind Interphone, 25 agosto 2009.
87. Angelo Gino Levis et al., Business Bias as Usual: The Case of Electromagnetic Pollution, AOU
San Martino – IST , Istituto nazionale per la ricerca sul cancro, Genova, 2012.
88. L. Hardell et al., Vestibular Schwannoma, Tinnitus and Cellular Telephones, in
«Neuroepidemiology», vol. 22, n. 2, marzo-aprile 2003, pp. 124-29; Interphone Study
Group, op. cit.
89. iarc Classifies Radiofrequency Electromagnetic Fields as Possibly Carcinogenetic to Humans,
Lione, 31 maggio 2011.
90. L. Hardell, World Health Organization, Radiofrequency Radiation and Health –A Hard Nut to
Crack (Review), in «International Journal of Oncology», vol. 51, n. 2, agosto 2017, pp. 405-13.
91. Advisory Group Recommendation on Priorities for the iarc Monographs, in «The Lancet
Oncology», vol. 20, giugno 2019.
92. Livio Giuliani, International Commission for Electromagnetic Safety (ICEMS ), convegno
«Campi elettromagnetici e salute: c’è il rischio di un disastro ambientale con il decreto
crescita», Università di Roma Tre – ateneo della Tuscia, Roma, 13 novembre 2012.
III. Effetto finanziamento
1. Funding effect (effetto finanziamento), scoperto da Paula Rochon, cit. in Marie-Monique
Robin, Il veleno nel piatto, trad. it. Milano, Mondadori, 2012, p. 329.
2. Rafael Dal-Ré et al., Editors’ and Authors’ Individual Conflicts of Interest Disclosure and Journal
Transparency. A Cross-Sectional Study of High-Impact Medical Specialty Journals, in «British
Medical Journal», luglio 2019; Waqas Haque et al., Conflicts of Interest of Editors of Medical
Journals, in «PLoS One», 2018; Carlo Modonesi e Gianni Tamino, Fast science: la
mercificazione della conoscenza scientifica e della comunicazione, Milano, Jaka Book, 2008;
Danilo Di Diodoro et al., Indagine sul conflitto di interesse tra i giornalisti scientifici italiani che si
occupano di medicina, Bologna, Coordinamento per l’Integrità della Ricerca Biomedica, 2007.
3. Riccardo Staglianò, Toglietevelo dalla testa, Milano, Chiarelettere, 2012, p. 102.
4. A. Blair et al., Cancer Among Farmers. A Review, in «Scandinavian Journal of Work,
Environment & Health», 1985.
5. Milena Gabanelli e Simona Ravizza, Telefoni cellulari e tumori al cervello: cosa dicono 20 anni di
ricerche, in «Corriere della Sera», 9 febbraio 2020.
6. Stéphane Foucart e Stéphane Horel, «Monsanto papers», les agences sous l’influence de la firme,
in «Le Monde», 5 ottobre 2017.
7. Enrico Cinotti, Monsanto papers, lo scandalo degli scienziati pagati per assolvere il glifosato, in «Il
Salvagente», 21 ottobre 2017.
8. Ibid.
9. Ong attacca EFSA : conflitti d’interesse per 46 per cento esperti, ANSA , 14 giugno 2017.
10. E. Cinotti, op. cit.
11. M. Gabanelli e S. Ravizza, op. cit.
12. Valentina Corvino, Glifosato, PAN Germany: il laboratorio tedesco ha manipolato i dati sulla
tossicità, in «Il Salvagente», 12 febbraio 2020.
13. Ibid.
14. Lorenzo Tomatis, Il laboratorio, Torino, Einaudi, 1965.
15. Angelo Gino Levis et al., Business Bias as Usual, cit.; S. Hernberg, Negative Results in Cohort
Studies: How to Recognize Fallacies, in «Scandinavian Journal of Work, Environment &
Health», 1981.
16. D.S. Egilman e S.R. Bohme, Over a Barrel: Corporate Corruption of Science and Its Effects on
Workers and the Environment, in «International Journal of Occupational and Environmental
Health», vol. 11, n. 4, 2005, pp. 331-37; J.C. Bailar, How to Distort the Scientific Record Without
Actually Lying: Truth, and the Arts of Science, in «European Journal of Oncology», vol. 11, n.
4, 2006, pp. 217-24; David Michaels, Doubt is Their Product. How Industry’s Assault on Science
Threatens Your Health, New York, Oxford University Press, 2008; N. Pearce, Corporate
Influences on Epidemiology, in «International Journal of Epidemiology», vol. 37, n. 1, 2008,
pp. 46-53; N. Oreskes e E.M. Convay, Merchants of Doubt. How a Handful of Scientists
Obscured the Truth on the Issues from Tobacco Smoke to Global Warming, New York,
Bloomsbury Press, 2010.
17. Felice Casson, La fabbrica dei veleni, Milano, Sperling & Kupfer, 2007, p. 42.
18. Devra Davis, La storia segreta del cancro, trad. it. Torino, Codice Edizioni, 2008, p. 357.
19. Staglianò, Toglietevelo dalla testa, cit., pp. 104-05.
20. Ivi, p. 105.
21. David Michaels, Doubt is Their Product, New York, Oxford University Press, 2008.
22. Ibid.
23. Peter Waldmann, Second Opinion. Study Tied Pollutant to Cancer; Then Consultants Got Hold
of It, in «The Wall Street Journal», 23 dicembre 2005.
24. Staglianò, Toglietevelo dalla testa, cit., p. 112.
25. Privati cittadini con l’hobby di smascherare le affermazioni e le notizie false. La
caratteristica che li rende identificabili è quella di considerare sempre come assolutamente
vere (senza alcun discernimento) le versioni ufficiali accreditate dall’establishment, e come
assolutamente false le altre fonti indipendenti (definite esagerate, antiscientifiche,
complottiste, dubbie o tendenziose).
26. Julie D. Gottlieb et al., How Should Journals Handle the Conflict of Interest of Their Editors?
Who Watches the «Watchers»?, in «JAMA », 2017; Katherine A. McComas et al., Media Coverage
of Conflicts of Interest in Science, in «Science Communication», 2003.
27. Staglianò, Toglietevelo dalla testa, cit., p. 112.
28. Ibid.
29. Ivi, p. 116.
30. Ivi, p. 117.
31. Ibid.
32. Ivi, p. 121.
33. Ibid.
34. Ivi, p. 122.
35. Lorenzo Tomatis, Percorsi e difficoltà della ricerca eziologica e della ricerca in chemioterapia, in
«Epidemiologia & Prevenzione», 2007.
36. Lorenzo Tomatis, L’ombra del dubbio, Milano, Sironi, 2008.
37. A.G. Levis et al., Business Bias as Usual, cit.
38. Paula Rochon et al., A Study of Manufacturer-Supported Trials of Nonsteroid Anti-Infiammatory
Drugs in Treatment of Arthritis, in «Archives of Internal Medicine», vol. 154, n. 2, 1994.
39. Robin, op. cit., interp. 319.
40. Richard S. Irwin, The Role of Conflict of Interest in Reporting of Scientific Information, in «Chest
Journal», vol. 136, n. 1, luglio 2009, pp. 253-59.
41. A.G. Levis et al., Business Bias as Usual, cit., p. 21.
42. Ibid.
43. Nicola Borzi, 5G , l’allarme salute arriva dall’Europa, in «il Fatto Quotidiano», 17 febbraio
2020.
44. Margherita Enrico, Così tablet, pc e cellulari ci cambiano il cervello, in «il Giornale», 17 agosto
2019.
45. Ibid.
46. Ibid.
47. Ibid.
48. Joel M. Moskowitz, Effects of Exposure to Electromagnetic Fields: 833 Studies, Berkeley,
University of California, 2 giugno 2019.
49. Andrea Grieco, Cose che non sai sul 5G , convegno all’Aquila del 1° luglio 2019.
50. Sarah J. Starkey, Inaccurate Official Assessment of Radiofrequency Safety by the Advisory Group
on Non-ionising Radiation, in «Reviews on Environmental Health», vol. 31, n. 4, 2016, pp.
493-503; Vallisoletana association of people affected by mobile phone antennas, Conflicts of
Interest Among the Members of the International Organization ICNIRP , 10 luglio 2015.
51. Martucci, Manuale di autodifesa per elettrosensibili, cit.
52. Ibid.
53. Videointervista al dottor Marc Arazi (presidente dell’ONG francese Phonegate Alert) nel
programma «Report» su Rai 3, Cellulari ed emissioni, consumatori ingannati, 26 novembre
2018.
54. Ibid.
55. Bianco et al., op. cit.
56. ECRR Non-Ionizing Radiation Risk Committee, Proposed Unit to Quantify Exposure. Proposed
Exposure Limits, Bruxelles, 2018.
57. Ibid.
58. emf Call for Truly Protective Limits for Exposure to Electromagnetic Fields (100 kHz to 300 GHz),
30 novembre 2018.
59. Ibid.
60. I. Belyaev et al., EUROPAEM EMF Guideline 2016 for the Prevention, Diagnosis and Treatment of
EMF -Related Health Problems and Illnesses, in «Reviews on Environmental Health», vol. 31, n.
3, 2016, pp. 363-97; Priyanka Bandara e David O. Carpenter, Planetary Electromagnetic
Pollution: It Is Time to Assess Its Impact, in «The Lancet Planetary Health», vol. 2, n. 12, 1°
dicembre 2018, pp. 512-14.
61. Intervista a Livio Giuliani realizzata da Matteo Viviani per il programma televisivo «Le
Iene», puntata trasmessa su Italia Uno il 23 aprile 2017.
62. Intervista al dottor Paolo Maria Rossini per il programma televisivo «Le Iene», stessa
puntata.
63. R.C. Beason e P. Semm, Responses of Neurons to an Amplitude Modulated Microwave Stimulus,
in «Neuroscience Letters», vol. 333, n. 3, 29 novembre 2002, pp. 175-78.
64. P. Michelozzi et al., Adult and Childhood Leukemia Near a High-Power Radio Station in Rome,
Italy, in «American Journal of Epidemiology», 2002.
65. X. Zhang et al., Microwaves and Alzheimer’s disease, in «Exp. Ther. Med.», 12, 2016, pp. 1969-
72.
66. M.C. Gye et al., Effect of electromagnetic field exposure on the reproductive system, in «Clin. Exp.
Reprod. Med.», 39, 2012, pp. 1-9.
67. A. Schoeni et al., Memory performance, wireless communication and exposure to radiofrequency
electromagnetic fields: A prospective cohort study in adolescents, in «Environment
international», 85, 2015, pp. 343-51; R. Huber et al., Exposure to pulse-modulated radio
frequency electromagnetic fields affects regional cerebral blood flow, in «The European journal of
neuroscience», 21 (4), 2005, pp. 1000-06.
68. J.H. Kim et al., Long-term exposure to 835 MHZ RF-EMF induces hyperactivity, autophagy and
demyelination in the cortical neurons of mice, in «Scientific reports», 7, 2017, 41129; Y. Zhang et
al., p25/CDK 5 is partially involved in neuronal injury induced by radiofrequency electromagnetic
field exposure, in «International journal of radiation biology», 89 (11), 2013, pp. 976-84; X.
Zhang et al., Microwaves and Alzheimer’s disease, in «Exp. Ther. Med.», 12, 2016, pp. 1969-72.
69. H.A. Divan et al., Prenatal and postnatal exposure to cell phone use and behavioral problems in
children, in «Epidemiology», 19, 2008, pp. 523-29; T.S. Aldad et al., Fetal radiofrequency
radiation exposure from 800-1900 MHZ -rated cellular telephones affects neurodevelopment and
behavior in mice, in «Sci. Rep.», 2, 2012, p. 312; G. Del Vecchio et al., Continuous exposure to
900MHZ GSMmodulated emf alters morphological maturation of neural cells, in «Neuroscience
Letters», 455 (3), 2009, pp. 173-7.
70. O. Sangun et al., The Effects of Electromagnetic Field on the Endocrine System in Children and
Adolescents, in «Pediatric Endocrinology Reviews», 13 (2), 2015, pp. 531-45; S.A. Meo et al.,
Association of Exposure to Radio-Frequency Electromagnetic Field Radiation (RF-EMFR ) Generated
by Mobile Phone Base Stations with Glycated Hemoglobin (HbA1c) and Risk of Type 2 Diabetes
Mellitus, in «International Journal of Environmental Research and Public Health», 12 (11),
2015, pp. 14519-28; D. Shahbazi-Gahrouei et al., Effects of RF-EMF Exposure from GSM Mobile
Phones on Proliferation Rate of Human Adipose-derived Stem Cells: An In vitro Study, in «Journal
of Biomedical Physics & Engineering», 6 (4), 2016, pp. 243-52; K.W. Lin et al., Exposure of
ELF-EMF and RF-EMF Increase the Rate of Glucose Transport and TCA Cycle in Budding Yeast, in
«Frontiers in Microbiology», 7, 2016, p. 1378.
71. A. Bortkiewicz et al., The impact of EMF on the cardiovascular function: basic methodological
problems and study results, Science to Public Health and Safer Workplace, 2004-2008 (6th
European Commission Framework Programme 2002-2006, Contract SSPE-CT-2004-502173),
2009.
72. Il documento può essere consultato al seguente indirizzo: https://www.isde.it/wp-
content/uploads/2019/08/commenti-su-ISTISAN-ISDE-2.pdf.
73. P. Irigaray et al., Oxidative Stress in Electrohypersensitivity Self-Reporting Patients: Results of a
Prospective In Vivo Investigation with Comprehensive Molecular Analysis, in «International
Journal of Molecular Medicine», 2018.
74. Il simbolo P indica la probabilità per cui il dato osservato può essere dovuto al caso
(quindi non una differenza reale). Di conseguenza, tanto più questa probabilità è bassa,
tanto più il dato è attendibile. Di norma viene accettata come significativa una probabilità
(P) inferiore al 5 per cento (P < 0,05). In questo caso, essendo P molto più basso (< 0,0001), il
dato è da considerarsi ancora più attendibile.

IV. Gli studi sulle onde millimetriche del 5G


1. Non-ionizing Radiation, Part II: Radiofrequency Electromagnetic Fields, cit.
2. Bandara e Carpenter, op. cit.
3. Andrea Grieco è socio fondatore dell’Osservatorio astronomico «G. Barletta» di Cernusco
sul Naviglio, dove svolge attività di ricerca e divulgazione. Oltre ad avere ricevuto
l’incarico di tutor dall’università Statale di Milano per la formazione dei docenti, svolge
corsi e lezioni per l’università del Sapere di Cassano d’Adda.
4. L’uomo bioelettromagnetico, Milano, Guna Editore, 2003, e I pericoli della tecnologia invisibile,
Villalago (AQ ), Edizioni Sì, 2016.
5. S. Romanenko et al., The Interaction Between Electromagnetic Fields at Megahertz, Gigahertz and
Terahertz Frequencies with Cells, Tissues and Organisms: Risks and Potential, in «Journal of The
Royal Society Interface», vol. 14, n. 137, dicembre 2017.
6. Maxim Zhadobov et al., Millimeter-wave Interactions with the Human Body: State of Knowledge
and Recent Advances, in «International Journal of Microwave and Wireless Technologies»,
vol. 3, n. 2, marzo 2011, pp. 237-47.
7. Ibid.
8. Qualcomm-IHS -PSB è un’azienda leader nella produzione di chip mobile e tecnologie di
rete.
9. Cosa è il 5G e perché tutti vogliono il nuovo «web»? Spiegato bene, in «Il Sole - 24 Ore», 18 agosto
2019.
10. Spettro radio, 5G e innovazione tecnologica, Camera dei deputati, Servizio studi, 14 settembre
2019, https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1105154.pdf.
11. Spettro radio, 5G e innovazione tecnologica, cit.
12. In Cina il 70 per cento degli utenti avrà il 5G nel 2020, ansa, 8 novembre 2019.
13. Paolo Fiore, Quanto stanno investendo gli Stati Uniti nel 5G?, AGI , 13 aprile 2019.
14. Jason Proctor, Why Canada’s Decisions on Who Builds 5G Technology Are So Important, CBC
News, 29 aprile 2019.
15. Josh Taylor, 5G in Australia: Getting Up to Speed with the Future of Mobile, in «The
Guardian», 27 luglio 2019.
16. Roberto Artigiani, Il 2020 sarà l’anno del 5G , in Italia e nel resto del mondo, in «Mobileworld»
(testata online del Gruppo Mondadori), 21 novembre 2019.
17. Zak Doffman, Huawei Just Launched 5G in Russia with Putin’s Support: «Hello Splinternet», in
«Forbes», 1° settembre 2019.
18. Spettro radio, 5G e innovazione tecnologica, cit.
19. Giordana, op. cit.
20. Alfred Grasso et al., 2019 Defense Applications of 5G Network Technology – Enhanced Mission
Capabilities; Leveraging Existing Network Software, Infrastructure, and Hardware; Spectrum;
Security; Supply Chain; and Standards, Office of the Secretary of Defense, Washington, 24
giugno 2019; il documento è consultabile al seguente indirizzo:
https://apps.dtic.mil/dtic/tr/fulltext/u2/1078719.pdf.
21. L’uso militare nascosto della tecnologia 5G , in «il manifesto», 10 dicembre 2019.
22. Da dove nascono i timori per il 5G cinese, AGI , 24 dicembre 2019.
23. Ibid.
24. Emily Kopp et al., Patient Advocacy Groups Take in Millions from Drugmakers. Is There a
Payback?, Kaiser Health News, San Francisco, 6 aprile 2018.
25. Codacons contro il 5G : esposti in tutta Italia, in «L’Unione Sarda», 22 luglio 2019.
26. Audizione al Congresso degli Stati Uniti del 6 febbraio 2019. La videoregistrazione
integrale dell’udienza può essere consultata al seguente indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=hsil3VQE5K4.
27. Joel M. Moskowitz, We Have No Reason to Believe 5G Is Safe, in «Scientific American», 17
ottobre 2019.
28. N.P. Zalyubovskaya, Biological Effect of Millimeter Radiowaves, in «Vrachebnoe Delo», n. 3,
marzo 1977, pp. 116-19.
29. M.B. Golant, Biophysics of Complex Systems. Resonance Effect of Coherent Electromagnetic
Radiations in the Millimeter Range of Waves on Living Organism, in «Biophysics», vol. 34, n. 6,
1989, pp. 1086-98; Natalia N. Lebedeva, Reactions of the Central Nervous System to Peripheral.
Effects of Low-Intensity EHF Emission, Institute of Higher Nervous Activity and
Neurophysiology of the USSR Academy of Sciences, 2000.
30. A. Di Ciaula, Towards 5G Communication Systems: Are There Health Implications?, in
«International Journal of Hygiene and Environmental Health», vol. 221, n. 3, aprile 2018,
pp. 367-75.
31. R.N. Kostoff et al., Adverses health effects of 5G mobile networking technology under real-life
conditions, in «Toxicology Letters», 1, 323, maggio 2020, pp. 35-40.
32. N. Betzalel et al., The Human Skin as a Sub-THz Receiver – Does 5G Pose a Danger to It or not?,
in «Environmental Research», vol. 163, maggio 2018, pp. 208-16.
33. Andrea Vornoli, Ciò che sappiamo su cellulari e dintorni, in «Ramazzini News», n. 1, Bologna,
Istituto Ramazzini, 2019, p. 10.
34. Ibid.
35. Vornoli, op. cit.
36. M. Simkó e M.O. Mattsson, 5G Wireless Communication and Health Effects – A Pragmatic
Review Based on Available Studies Regarding 6 to 100 GHz, in «International Journal of
Environmental Research and Public Health», vol. 16, n. 18, settembre 2019.
37. E. Neufeld e N. Kuster, Systematic Derivation of Safety Limits for Time-Varying 5G
Radiofrequency Exposure Based on Analytical Models and Thermal Dose, in «Health Physics»,
vol. 115, n. 6, 2018, pp. 705-11.
38. Romanenko et al., op. cit.; Di Ciaula, op. cit.
39. Mahamoud Y. Soubere et al., Additive Effects of Millimeter Waves and 2-Deoxyglucose Co-
Exposure on the Human Keratinocyte Transcriptome, in «PLoS One», 16 agosto 2016; Di Ciaula,
op. cit.; C. Le Quément et al., Impact of 60-GHz millimeter waves and corresponding heat effect on
endoplasmic reticulum stress sensor gene expression, in «Bioelectromagnetics», 2014; C. Le
Quément et al., Whole genome expression analysis in primary human keratinocyte cell cultures
exposed to 60 GHz radiation, in «Bioelectromagnetics», 2012; M.G. Shapiro et al., Thermal
Mechanisms of Millimeter Wave Stimulation of Excitable Cells, in «Biophysical Journal», 2013;
Denis Habauzit et al., Transcriptome Analysis Reveals the Contribution of Thermal and the
Specific Effects in Cellular Response to Millimeter Wave Exposure, in «PLoS One», 2014.
40. S. Kumar et al., Impact of Microwave at X-band in the Aetiology of Male Infertility, in
«Electromagnetic Biology and Medicine», settembre 2012.
41. Paul Dart et al., Biological and Health Effects of Microwave Radio Frequency Transmission,
Rapporto dello staff e della direzione della Eugene Water and Electric Board, Eugene (og),
4 giugno 2013.
42. Martin Pall, Eight Repeatedly Documented Findings Each Show That EMF Safety Guidelines Do
not Predict Biological Effects and Are, Therefore Fraudulent: The Consequences for Both Microwave
Frequency Exposures and Also 5G , Washington State University, luglio 2019.
43. M.A. Aizen et al., How Much Does Agriculture Depend on Pollinators? Lessons from Long-Term
Trends in Crop Production, in «Annals of Botany», 2009.
44. Arno Thielens et al., Exposure of Insects to Radio-Frequency Electromagnetic Fields from 2 to 120
GHz, in «Scientific Reports», vol. 8, art. 3924, 2018.
45. T.H. Nguyen et al., 18 GHz Electromagnetic Field Induces Permeability of Gram-Positive Cocci,
in «Scientific Reports», vol. 5, giugno 2015.
46. E.I. Sarapultseva et al., The In Vivo Effects of Low-Intensity Radiofrequency Fields on the Motor
Activity of Protozoa, in «International Journal of Radiation Biology», marzo 2014.
47. Dalla videointervista al dottor Gianluca Milillo, pubblicata da PandoraTv il 26 gennaio
2020, https://www.youtube.com/watch?v=bmVBlrYodAE.
48. David Wooding, New 5G Phone System Could Face Reception Problems from Trees with Too
Many Leaves, in «The Sun», 18 marzo 2018.
49. 5G Planning Geospatial Considerations. A Guide for Planners and Local Authorities, Department
for Digital, Culture, Media & Sport, febbraio 2018. Il documento può essere consultato al
seguente indirizzo:
https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_
data/file/684420/OS_Final_report__5g-planning-geospatial-considerations.pdf.
50. Cecilia Gentile, Verde a Roma, abbattuti 450 alberi malati ma i nuovi saranno alti solo tre metri,
in «la Repubblica», 15 marzo 2018.
51. Bianco et al., op. cit.
52. Alberi da abbattere a Bologna, manifestante si incatena a un olmo, in «il Resto del Carlino», 6
febbraio 2020.
53. La California brucia, a Los Angeles evacuate oltre settemila case, «TgCom», 30 ottobre 2019.
54. Riccardo Saporiti, Più di 6,3 milioni di ettari di territorio in fiamme: scopri la mappa
dell’Australia che brucia, in «Il Sole - 24 Ore», 8 gennaio 2020.
55. A. Vian et al., Plant Responses to High Frequency Electromagnetic Fields, in «BioMed Research
International», 2016.
56. Gaia Terzulli, 5G , ci sono rischi per la salute? Il dibattito scientifico al Parlamento europeo, in
«Corriere della Sera», 28 gennaio 2020.
57. Ibid.
58. Ibid.
59. Ibid.
60. Ibid.
61. Dalla videointervista a Ulrich Weiner, Vivere nella Foresta Nera per sfuggire alle onde
elettromagnetiche, «Piazza Pulita», La7, 19 maggio 2017.
62. Isabella Fantigrossi, Trecentomila malati di telefonino. Aumentano gli elettrosensibili, in
«Corriere della Sera», 6 marzo 2015.
63. Enrico, op. cit.
64. Il transumanesimo è un movimento culturale che afferma la modernità tecnologica e
scientifica al fine di ottenere, a favore della specie umana, benefici fisici e fisiologici
(miglioramento della salute e allungamento della vita), mentali (potenziamento delle
capacità intellettive) e sociali (migliore controllo e organizzazione). Il termine
transumanesimo sembra sia stato usato per primo nel 1957 da Julian Huxley nel testo
Transhumanism. L’attuale definizione, di Max More, ha allargato il suo significato a una
classe di filosofie che cercano di guidarci verso una condizione postumana. Questo
significato sottintende una più intensa interazione con le macchine (meccanismi cibernetici)
e un superamento degli attuali limiti delle capacità umane a favore di una condizione che
nel prossimo futuro presenterà aspetti talmente innovativi da non essere più classificabili
solo come umani. Per i transumanisti questa evoluzione è «desiderabile», perché ritengono
che, grazie alle scoperte e alle applicazioni di nuove scienze come la biorobotica, la
bioinformatica, la nanotecnologia, la neurofarmacologia, ecc., l’uomo si traghetterà in una
nuova era evoluzionistica post-darwiniana.
65. Luca Zarroli, Tortoreto, tecnologia 5G : arriva l’ordinanza del sindaco che vieta sperimentazione e
installazione, in «Cityrumors» (quotidiano locale online), 15 novembre 2019.
66. Ibid.
67. Tensioni per installazione antenna 5G , ANSA , 13 gennaio 2020.
68. Tecnologia 5G , protesta in piazza a Lecce: «Pericoli per la salute», in «Nuovo Quotidiano di
Puglia», 25 gennaio 2020; Torino, 300 in piazza contro il 5G : «Non siamo cavie», in «La
Stampa», 25 gennaio 2020.
69. Francesco Marino, No al 5G , una Giornata Mondiale di protesta il 25 gennaio, in «Digitalic», 24
gennaio 2020.
70. Luciano Capone, C’è un’altra Tav, in «Il Foglio», 29 luglio 2019.
71. A.G. Levis, I conflitti di interesse nella ricerca epidemiologica su cancro e ambiente. Un caso
emblematico: i tumori da uso di telefoni mobili, in «Il Cesalpino» (Rivista medico-scientifica
dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Arezzo), 7 (1), 2008,
pp. 39-44; A.G. Levis et al., Mobile phones and head tumors: It is time to read and highlight data
in a proper way, in «Epidemiol. Prev.», 35 (3-4), maggio-agosto 2011, pp. 188-99.
72. F. Momoli et al., Probabilistic Multiple-Bias Modeling Applied to the Canadian Data From the
Interphone Study of Mobile Phone Use and Risk of Glioma, Meningioma, Acoustic Neuroma, and
Parotid Gland Tumors, in «American Journal of Epidemiology», vol. 186, 7, 2017.
73. S. Lagorio et al., Rapporti ISTISAN 19/11. Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle
evidenze scientifiche, Istituto superiore di sanità, ISSN : 1123-3117, 20 luglio 2019.
74. Per maggiori dettagli, cfr. https://www.isde.it/wp-content/uploads/2019/08/commenti-su-
ISTISAN-ISDE-2.pdf.
75. Michael Wyde et al., Report of Partial findings from the National Toxicology Program
Carcinogenesis Studies of Cell Phone Radiofrequency Radiation in Hsd: Sprague Dawley® SD rats
(Whole Body Exposures), National Toxicology Program (USA), 2018 -
https://www.biorxiv.org/content/10.1101/055699v3.
76. F. Belpoggi F. et al., Report of final results regarding brain and heart tumors in Sprague-Dawley
rats exposed from prenatal life until natural death to mobile phone radiofrequency field
representative of a 1.8 GHZ gsm base station environmental emission, in «Environ. Res.», 165,
agosto 2018, pp. 496-503, DOI : 10.1016/j.envres.2018.01.037. Epub 2018 Mar 7.
77. Il filmato relativo al crollo del Tacoma Narrows Bridge può essere consultato al seguente
indirizzo: https://youtu.be/j-zczJXSxnw.
78. Mays Swicord et al., An optical method for investigating the microwave absorption characteristics
of DNA and other biomolecules in solution, in «Bio Electro Magnetics», vol. 4, 1, 1983, pp. 21-42;
Mays Swicord et al., DNA Structural Changes Caused by Microwave Radiation, in «International
Journal of Radiation Biology and Related Studies in Physics, Chemistry and Medicine»,
vol. 50, 1, 1986; H. Lai e N.P. Singh, Acute low-intensity microwave exposure increases DNA
single-strand breaks in rat brain cells, in «Bioelectromagnetics», 16, 207, 1995, p. 10; H. Lai e
N.P. Singh, Single end double-strand DNA breaks in rat brain cells after acute exposure to
radiofrequency electromagnetic radiation, in «Int. J. Radiat. Biol.», 69, 513, 1996, p. 21; A.R.
Sheppard, M.L. Swicord e Q. Balzano, Quantitative evaluations of mechanisms of
radiofrequency interactions with biological molecules and processes, in «Health Phys.», 95, 2008,
pp. 365-96.
79. Conferenza del dottor Henry Lai, Can Cell Phones Damage DNA and Cause Cancer?,
Dipartimento di Bioingegneria dell’università di Washington, USA , 1996. La
videoregistrazione del convegno può essere consultata al seguente indirizzo:
http://youtu.be/JrBjQJhHfzk.
80. Il DNA è caratterizzato da versatilità elettromagnetica poiché è in grado di interagire e
ricetrasmettere segnali con frequenze diverse.
81. La rivoluzione delle microantenne a forma frattale per gli smartphone, videodocumentario
consultabile al seguente indirizzo: https://youtu.be/ra7Im1jE5vk.
82. W. Rea et al., Electromagnetic field sensitivity, in «Journal of Bioelectricity», 10, 1991, pp. 241-
56.
83. D. Belpomme et al., Reliable disease biomarkers characterizing and identifying
electrohypersensitivity and multiple chemical sensitivity as two etiopathogenic aspects of a unique
pathological disorder, in «Rev. Environ. Health», 30 (4), 2015, pp. 251-71, DOI : 10.1515/reveh-
2015-0027; Belpomme D. et al., Electrohypersensitivity as a Newly Identified and Characterized
Neurologic Pathological Disorder: How to Diagnose, Treat, and Prevent It, in «Int. J. Mol. Sci.»,
21 (6), 11 marzo 2020.
84. I. Nasim I. et al., Human exposure to RF fields in 5G downlink, Department of Electrical
Engineering, Georgia Southern University (USA ), 10 novembre 2017, arXiv:1711.03683v1;
https://arxiv.org/pdf/1711.03683. Ultimo accesso 17 giugno 2018.
85. H.I. Atasoy et al., Immunohistopathologic demonstration of deleterious effects on growing rat
testes of radiofrequency waves emitted from conventional Wi-Fi devices, in «J. Pediatr. Urol.», 9
(2), aprile 2013, pp. 223-29, DOI : 10.1016/j.jpurol.2012.02.015. Epub 2012 Mar 30.
86. C. Avendaño et al., Use of laptop computers connected to internet through Wi-Fi decreases human
sperm motility and increases sperm DNA fragmentation, in «Fertil. Steril.», 97 (1), gennaio 2012,
pp. 39-45.e2, DOI : 10.1016/j.fertnstert.2011.10.012. Epub 2011 Nov 23.
87. T. Oksay et al., Protective effects of melatonin against oxidative injury in rat testis induced by
wireless (2.45 GHZ ) devices, in «Andrologia», 46 (1), febbraio 2014, pp. 65-72, DOI :
10.1111/and.12044. Epub 2012 Nov 12.
88. Fiorenzo Marinelli, Ian Marc Bonapace e Mario Barteri, Effetti biologici in vitro delle
radiazioni Wi-Fi e Wi-Max ambientali, Associazione Malattie da Intossicazione Cronica e/o
Ambientale (A.M.I.C.A. ), 31 dicembre 2014.
89. F. Marinelli et al., Exposure to 900 MHZ electromagnetic field induces an unbalance between pro-
apoptotic and pro-survival signals in T-lymphoblastoid leukemia CCRF-CEM cells, in «J. Cell.
Physiol.», 198 (2), febbraio 2004, pp. 324-32.
90. Per approfondimenti, cfr. il sito www.infoamica.it.
91. A. McNally, 5G , un pericolo per le osservazioni satellitari, in «Ecoscienza», 4, 2019.
92. Https://earth.esa.int/web/eoportal/satellite-missions/s/smos.
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato,
riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o
utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente
autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da
quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o
fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni
elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e
dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla
Legge 633/1941 e successive modifiche.
Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio,
prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso
scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma
diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente
dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

www.librimondadori.it

Dossier 5G
di Marco Pizzuti
© 2020 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Ebook ISBN 9788835702375

COPERTINA || GRAPHIC DESIGNER: BEPPE DEL GRECO | ELABORAZIONE DI BEPPE DEL GRECO

Potrebbero piacerti anche