Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
MAURIZIO SERIO
prodotto numerosi studi da parte degli osservatori occidentali1. La tesi sostenuta dal
presente lavoro è che l’autopercezione che il popolo serbo ha della sua storia e la
corrispettiva rappresentazione di essa che l’Occidente ha costruito nel corso dei secoli non
possano prescindere dal ricorso alla dimensione del mito come fondamento della richiesta
Secondo Roberto Valle “nella cultura storica dei serbi, il mito non è solo un passato
incessantemente”2. Ai due poli della sensibilità serba c’è dunque da un lato il mito come
negli anni del dominio turco ha rappresentato l’agognata meta di congiunzione con il trend
dominante nella storia europea. Il punto di tangenza fra queste due dimensioni è il
Kosovo, celebrato dai guslari3 nella poesia epica, ma allo stesso tempo concretamente
nei confronti della storia; categorie quali la memoria e il ritorno sono per essi figure dei
grandi avvenimenti correlati a questa terra: la battaglia contro i turchi del 28 giugno 1389 e
1 Per una panoramica esaustiva dei più recenti studi, si rimanda alla bibliografia di riferimento alla fine del
testo.
2 VALLE R., Mosche senza testa. Sangue, nostalgia e destino nel mito del Kosovo e nell’epos nazionale dei serbi in
la Velika Seoba (la Grande Migrazione) avvenuta in due riprese nel 1690 e nel 1737. La
sconfitta di Kosovo Polje (in verità non determinante ai fini della conquista turca) dà luogo
al mito della Serbia celeste, la patria eletta dal principe Lazar di contro alle lusinghe del
“regno di questo mondo”. Il primo poeta e critico modernista serbo, Stanislav Vinaver, ha
detto che il suono della gusla è il suono della sconfitta: i serbi sono probabilmente l’unico
popolo che nella propria epica nazionale celebra la sconfitta. Di qui discende una
concezione negativa della propria identità, percepita in termini di “privazione” entro una
realtà ostile, davanti alla quale le uniche azioni logiche sarebbero la battaglia e la vendetta.
dove la figura della sconfitta diventa secolare causa-effetto della realtà storica. Questo
spiega come il mito del Kosovo sia la stella polare della letteratura serba dai tempi dei
canti epici sino ai giorni nostri. L’Arciprete Božidar Mijač ha scritto nel 1983 che il Kosovo
“non è semplicemente un luogo fisico, quanto piuttosto una creazione metafisica. Questa
culla della civiltà serba, situata fra la terra ed il cielo, trasforma un fenomeno spirituale in
grazie a Vuk Karadžić (la cui opera è accostabile a quella compiuta da Yeats con la
tradizione celtica). In epoca moderna esso è stato finalmente elevato a dignità di genere
letterario universale nella grande opera epica dello scrittore modernista (ed esule sotto
Tito) Miloš Crnjanski, intitolata Migrazioni. Pubblicata in più volumi tra il 1929 e il 19665,
essa affronta la dolorosa pagina delle migrazioni del popolo serbo nei territori asburgici,
dove diventeranno la guardia di confine contro gli ottomani. Per lo più originari del
4cfr. THOMAS R., The Politics of Serbia in the 1990’s, Columbia University Press, 1999, p.38.
5In Italia sono stati pubblicati i primi due volumi da Adelphi, rispettivamente nel 1992 e nel 1998, trad. di L.
Costantini.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
nostalgia, tanto da essere presi spesso come “eccentrici” dagli altri popoli.
“Tutto il romanzo è un enorme lamento dei serbi sulla loro nazione perduta”6. Il culto del
Kosovo serve allora come sistema di valori di orientamento per il popolo migrante7,
essere cancellata. In particolare, l’eroe della seconda parte del romanzo, l’ufficiale Pavle
Isaković, è fermamente convinto di essere un erede del “santo principe Lazar”. Il suo fiero
senso di appartenenza al passato non lo induce però a smaniare per ottenere un potere
Infatti, i tre elementi che formano la sua identità sono: il senso di appartenenza alla
famiglia; la compassione per le sofferenze dei suoi compatrioti, che anch’egli condivide in
quanto membro della comunità in esilio; il ricordo infine della Crna Bara, il suo villaggio
nativo nella regione della Sumadija, nel cuore della Serbia, caduta sotto il dominio turco.
Vediamo allora che l’eroe moderno di Crnjanski trova la sua identità personale e nazionale
non nell’idea di uno Stato serbo, ma nel ricordo inconscio del passato, le cui più profonde
dove sono scritte le leggende e l’eredità del Kosovo. Egli “parlava spesso della cupola azzurra
sopra la tomba della moglie, raccomandando che venisse ben custodita (...) Per Pavle quella cupola,
che vedeva di lontano quando andava al cimitero, era il simbolo dell’amore eterno, il segno che al
mondo esisteva qualcosa di non effimero, qualcosa che non poteva migrare”8. “Un popolo – scrive
Roberto Valle nella recensione al libro – non può emigrare insieme alla sua terra, per
6 in VLADIV-GOVER S. M., Serbian National Identity through Literature: From the Kosovo Myth to Post-Modern War,
Monash University, Australia, opera a cui ci riferiremo costantemente in questo paragrafo.
7 “Come una nave sballottata dal mare in tempesta la nazione serba vaga senza meta. Perché? A chi abbiamo
fatto del male? Qual è la nostra colpa? (...) Siamo destinati a vagare senza posa in una notte che non ha mai
fine”. Migrazioni II, ed. cit., p. 117 e ancora, a pag. 427, “Noi siamo quelli su cui sono puntati tutti i fucili! (...)
Non dico che la disgrazia colpisca solo noi. Ma agli altri è data la possibilità di riprender fiato, di
dimenticare. A noi nemmeno questo”.
8 Ivi, p. 856.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
un’esistenza precaria e senza scopo”9; di qui la dimensione onirica in cui si svolge buona
parte del romanzo perché “il sogno è sempre presente (...) come insoddisfazione nei
Vi è dunque un’identità insoddisfatta alla base della rinascita della questione nazionale
nella letteratura serba contemporanea che si tramuta in un lungo lamento, una sorta di
“Geremiade serba”11 sul proprio destino individuale e collettivo di vittima. Sotto questo
aspetto, il mito serbo altro non è che una rivisitazione di archetipi vetero e neo
Hans-Ulrich Wehler (fra i fondatori della scuola di Bielefeld) in un recente saggio13 ascrive
alla quasi totalità dei nazionalismi questa tendenza a “laicizzare” le forme religiose, spesso
costituire vere e proprie religioni della politica, come le ha chiamate Emilio Gentile15.
Questo ulteriore passaggio, che non è un dato immediato dell’epica derivante dalle gesta
illuministe e romantiche hanno raggiunto anche l’élite serba, che a fatica cercava di
convivere tra i progetti utopici di riscossa contro la Sublime Porta e la realtà di sudditanza
statuale dove i valori liberali del parlamentarismo e dello Stato di diritto venivano
significato ed il fine dell’esistenza umana, facendo dipendere il destino dell’individuo e della collettività dalla loro
subordinazione a una entità suprema”, GENTILE E., Le religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi, Laterza,
Bari-Roma 2001, p. XII.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
particolare linea politica che si trovava in un dato momento al potere16. Per questo motivo,
studiosi come Noel Malcolm17 hanno sostenuto che i miti serbi sono solo un parto della
smentita dall’enorme produzione epica e artistica del Medioevo serbo, specie nell’età
dell’oro della dinastia Nemanja (1170-1371)18. Più correttamente, essi non avevano mai
svolto fino ad allora una funzione determinante nel tracciare la via verso il riacquisto della
popolare19. L’azione parallela condotta sul piano pratico dalla Realpolitik e su quello teorico
mitopoiesi che arriva fino ai giorni nostri, arricchendosi sempre più. Questo processo, come
lo descrive Carlo Tullio-Altan, si articola nei passaggi della destorificazione di una vicenda
dell’identificazione del soggetto (il popolo serbo) con essa20. L’identità così viene ad essere
dipendente dal potere, politico o culturale che sia. In questo senso non si può più parlare
di tradizione o fare ricorso alla “natura”: la legittimazione del passato risiede nella
16 Cfr. BATACKOVIĆ D. T., Serbia in the West: On the French influence in the political development of modern Serbia,
paper presentato alla International Scientific Conference “Encounter or Conflict of Civilizations in the
Balkans”, organizzata dallo Historical Institute of Serbian Academy of Sciences
and Arts, 10-12 December 1997 Belgrado, www.rastko.org.yu/istorija/sanu/Conflict/conflict9.htm
17 Cfr. N. Malcolm, Kosovo. A Short History, New York University Press, New York 1998.
18 Tra i testi fondamentali, in ottica nazionalista, sulla storia del Kosovo si vedano TRIFKOVIĆ S., Kosovo:
Historical Survey: from Medieval Times to NATO Attack, in www.rastko.org.yu June 9 2000; DRAGNICH A. -
TODOROVICH S., The Saga of Kosovo, “East European Monographs”, Boulder, CO 1984.
19 Il dibattito sull’opera di Malcolm è stato vastissimo, qui ricordiamo le recensioni di EMMERT T., Challenging
Myth in a Short History of Kosovo, “H-Net”, Habsburg, May 1999; e di DJILAS A., Imagining Kosovo. A Blased
New Account Fans Western Confusion, “Foreign Affairs”, 1998.
20 Cfr. TULLIO-ALTAN C., Ethnos e civiltà, Feltrinelli, Milano, 1995
21 Cfr. WHITE G. W., Nationalism and Territory: Constructing Group Identity in South-Eastern Europe, Rowman &
23 Cfr. HOBSBAWN E. J. - RANGER T. (a cura di), L’invenzione della tradizione, Einaudi, Torino 1987.
Quali esempi di simili iniziative che segnano il passaggio dalla tradizione all’invenzione
dell’identità, possiamo citare alcune stepstones che, pur nascendo da circostanze politiche
contingenti, nell’ambito cioè della dialettica tra gli interessi dei vari gruppi che si
disputano lo status di classe dirigente nelle varie epoche dello Stato serbo, hanno assunto
Il primo caso è rappresentato dal memorandum segreto indirizzato dal ministro degli
interni Ilja Garašanin (1812-1874) al re Alessandro Karađorđević nel 1844 e noto col nome
medievale serbo con l’intento di espandere il neonato Regno serbo ed ottenere uno sbocco
diretto sul mare. Le aree verso cui si dirigevano le mire di Garašanin erano tutte sotto il
nord dell’Albania. Quanto invece ai territori sotto giurisdizione asburgica, abitati dai serbi
della diaspora (Banato, Bačka, Krajina croata, Slavonia e Dalmazia), si riteneva assai
loro rapporto di continuità col passato: non si trattava – egli scriveva – “di qualcosa di
nuovo ed inedito, che avrebbe suonato come una rivoluzione o una ribellione”.
più tardi considerata dagli opposti nazionalismi serbo e croato come il fondamento della
politica della Grande Serbia. Tuttavia si tratta di una lettura ex post dell’operato di
Garašanin”27, che non considera la maturazione delle sue idee politiche verso progetti di
unione paritetica con Sloveni e Croati, avvenuta più tardi, dopo che anche l’impero
austriaco era stato sconfitto nel 1870 in Italia e Germania28. Il Načertanje pone per la prima
volta la questione dell’unificazione nazionale non già come orizzonte ideale della politica
serba ma come “concreto programma di Stato, dove per Stato se ne intende uno forte,
In collegamento con questo modello interpretativo della missione serba nella storia è tutta
l’opera del grande etnolinguista Vuk Stefanović Karadžić (1787-1864). Seguendo l’assunto
di Herder secondo cui la lingua è il tratto distintivo e costitutivo di una nazione, egli
incluse fra le terre serbe tutte le province appartenenti agli Imperi austriaco e ottomano in
riferimento all’epoca monarchica della Vecchia Serbia medievale, con i suoi sovrani e
della Serbia occidentale fino a renderla lingua letteraria. Egli intendeva così
cultura e nella politica per poi raggiungere l’unione linguistica con gli altri slavi del sud,
obiettivo conseguito con l’Accordo Letterario (Književni dogovor) di Vienna del 1850,
prologo all’unione politica degli slavi del sud nel secolo seguente. Ma i circoli
completamento delle promesse politiche contenute nel Načertanje e l’apripista per progetti
egemonici di espansione territoriale31. Infatti, mentre il potere politico dello Stato poteva
estendere la sua protezione soltanto a coloro che abitavano sul suo territorio, la nazione
28 Inoltre, egli aveva escluso qualsiasi discriminazione di carattere etnico e religioso, difendendo il principio
di una totale libertà religiosa e prevedendo una collaborazione con i croati di Bosnia e con i loro leaders
spirituali, i francescani – come nota TIM JUDAH nel suo The Serbs: History, Myth and the Destruction of
Yugoslavia, ed. cit., p. 57.
29 BATCKOVIĆ D., Ilja Garašanin’s “Načertanje”. A reassessement, Institute for Balkan Studies-Serbian Academy
minacciasse. Non era serbo chi viveva nello stato serbo ma piuttosto chi faceva parte della
finiva così per identificarsi con la comune discendenza ovvero con i legami di sangue32. Su
di sangue si addiceva allo sradicamento territoriale patito per secoli dai serbi, vera fonte di
quell’ “ampliata coscienza etnica” per cui essi chiamavano patria ogni territorio nel quale
vi fossero le tracce di altri membri della loro tribù34. Per questo motivo essi nei loro sogni
una “comunità di popolo”, destinata a svolgere un’azione politica anche se i suoi membri
erano sparsi lungo tutto lo spazio balcanico. Su un piano storico, invece, le due grandi
laboratorio per sperimentare la tenuta del nuovo principio nazionale laico, basato sulla
costruzione della cultura (la più alta espressione della quale è certamente la lingua) entro
Sino al termine della Prima Guerra Mondiale, l’obiettivo principale rimase sempre il
progetto di Grande Serbia, secondo il quale tutti i serbi dovevano vivere entro uno stesso
“jugoslavismo” (jugoslaventsvo) affonda le sue radici nel periodo che precede il 1918 e
32 Cfr. MONTANARI A., Stereotipi nazionali. Modelli di Comportamento e Relazioni in Europa, Liguori Editore,
Napoli 2002, pp. 123-124.
33 Cfr. ARENDT H., Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunità, Torino, 1999, p. 329; 324.
34 Donde l’adagio serbo “ogni terra dove ci sia una tomba serba, è essa stessa Serbia”.
35 BANAC I., Post-Communism as Post-Yugoslavism: The Yugoslav Non-Revolutions of 1989-1990 in Eastern Europe
informa tutta la politica della seconda metà del XX secolo, sotto lo slogan brastvo-jedinstvo
dentro la cornice della federazione37: l’esistenza di uno Stato forte ed etnicamente coeso
doveva essere la naturale declinazione del processo di unificazione degli slavi del sud. In
altre parole, la federazione sarebbe stata l’ombrello sotto cui raccogliere i nuclei di
popolazione serba presenti nelle varie regioni (Kosovo, Vojvodina, Bosnia). Nacque così
nel 1918 il “Regno dei Serbi, Croati e Sloveni” (poi “Regno di Jugoslavia” dal 1929), che
con i Cetnici, i guerriglieri monarchici guidati dal generale Draža Mihajlović38. Il loro
Per una Serbia omogenea ed attualizzava le analisi geopolitiche del Načertanje, ribadendo la
comprendere lo stato serbo. Il criterio di espansione dello spazio vitale serbo era
improntato alla ricerca del confine come baluardo sicuro contro l’identità minacciata, “per
guerra”39. Lo scambio di popolazioni con i croati era visto come l’unico modo concreto di
consolidare questi confini. L’identità serba, allora, viene ad essere negli anni Quaranta del
secolo XX la risultante del mito dell’omogeneità etnica all’interno degli stessi confini, unito
In altre parole, l’incidenza del dato linguistico culturale cede il passo al mito del confine,
alla maniera dei grandi imperi anche del recente passato. Nelle parole di Moljević,
“l’errore fondamentale del nostro governo fu di non fissare dei confini certi nel 1918”.
36 PETROVIĆ R., Idea jugoslava ed altre idee (1918-1945) in CACCAMO D. - PLATANIA G. (a cura di), Il Sud Est
europeo tra passato e presente, Ed. Periferia, Cosenza, 1993.
37 Si veda il fondamentale lavoro del croato IVO BANAC, The National Question in Yugoslavia, ed. cit.
39 cfr. BELJO A., The ideology of Greater Serbia paper by Croatian Heritage Foundation.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
Gladstone con la celebre frase “I Balcani ai popoli balcanici”. Ma anche questo era
interpretato in chiave etnica: “I serbi devono avere l’egemonia nei Balcani e per questo
Sebbene negli anni successivi, con la vittoria dei partigiani di Tito, il discorso nazionale
divenisse tabù e si avviasse una campagna tesa a rafforzare l’internazionalismo come base
della nuova repubblica, l’opzione jugoslava non divenne mai più che una mera finzione
nei ranghi della dirigenza serba. Certo non mancarono le adesioni spontanee al progetto
federativo, anche in polemica con il centralismo titino (si veda l’opera svolta dalla rivista
riformista Praxis) ma quel che qui si vuol dire è che non vi fu mai un movimento di massa
della popolazione serba in favore di una condivisione dello spazio nazionale con croati,
Dobrica Ćosić, già araldo del socialismo utopista, amico personale del gruppo di Praxis (di
cui però non fece mai parte) e fervido sostenitore della causa partigiana contro i cetnici.
Tuttavia egli nel 1968 protestò davanti al Comitato Centrale serbo contro la politica
In seguito, gli emendamenti alla costituzione nel 1971 in direzione di un allargamento dei
poteri delle province autonome destarono l’allarme fra i serbi e fomentarono l’ostilità
verso il croato Tito, sospettato di voler così indebolire il peso della Serbia all’interno della
Scomparso Tito nel 1980, la sistemazione teorica più imponente del diffuso malcontento
arrivò nel Memorandum dell’Accademia serba delle Scienze e delle Arti. Alcuni estratti
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
del documento, che doveva restare segreto nelle intenzioni degli autori40 e fornire le linee
jugoslava.
nazionale agli interessi federali e delle accuse al centralismo di Tito, il punto che suscitò
più apprensione furono le accuse di genocidio del popolo serbo rivolte ai “separatisti ed
irredentisti albanesi, grazie al sostegno delle repubbliche non serbe”. A detta del
Memorandum, nel ventennio precedente oltre 200.000 serbi erano stati costretti a lasciare il
Kosovo. Sotto accusa era il trattamento subito non solo dai serbi in Kosovo, ma anche da
quelli stanziati in Croazia (dove costituivano l’11,6% della popolazione), discendenti dei
coloni che avevano difeso l’impero asburgico dalla minaccia turca nei cosiddetti “confini
militari”. Il rimedio suggerito dal documento era l’abrogazione della Costituzione del
repubbliche, al punto che esse “si sentivano più un elemento della federazione che una
Nelle pagine del Memorandum sono pertanto contenute le dicotomie principali sulle quali
propri confini con entità totalmente diverse culturalmente (come i due imperi
dello spazio vitale serbo, inteso in senso propriamente territoriale ma anche culturale,
diventarono anche i veri protagonisti delle opere letterarie nel periodo delle due
40 Una commissione di sedici membri composta dallo scrittore Antonije Isaković, l’economista Kosta
Mihailović, lo storico Radovan Samardžić, il linguista Pavle Ivić, il filosofo Mihailo Marković e altri.
41 Per l’uso delle categorie antropologiche applicate agli eventi storici si veda MIKULA M., Nationalism and the
Rhetoric of Exclusion in “Southeast European Politics” vol.III, No.1, June 2002 pp.62-70 e il lavoro della
“Anthropology of East Europe Review”.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
un’appartenenza al suolo che non può che rimandare nuovamente alle teorie romantiche
intellettuali42.
Non è possibile valutare la percezione serba del “grande inganno jugoslavo” senza
considerarla alla luce degli anni che videro Slobodan Milošević alla guida del paese (1986-
2000). Al di là del dibattito sulla natura del regime di Milošević43, il suo tratto distintivo è
perpetrata giocando la carta del nazionalismo. Si è passati dal paradigma sociale della
coabitazione e della cooperazione (lo slogan “unità e fratellanza”) ad uno basato sulla
assimilazione”44.
La prima è consistita nel privilegiare gli elementi di particolarità dell’identità serba, ciò
che la distingue e la separa dalle altre (lingua45, religione46, storia). In tal senso si è mossa
tutta la politica culturale del regime, volta a fornire un’immagine della Serbia sempre più
42 Cfr. SECOR L., Testament Betrayed. Yugoslavian Intellectuals and the Road to War, “Lingua Franca Think
Thanks”, vol. IX, n.6- September 1999
43 Si passa, ad esempio, dalla definizione di “nazional-comunismo” (Le Monde), a quella di “democratura”,
sistema che somma i meccanismi propri delle democrazie a un dispotismo di stampo orientale e ad una
burocrazia di tipo sovietico (cfr. RAMET S., The Third Yugoslavia 1992-2001, “East European Studies”,
Woodrow Wilson Center, Occasional Paper n. 66, 2001, p.1). Per il concreto funzionamento del regime si
vedano, tra gli altri, POPOV N. (ed.), Radiographie d’un Nationalisme. Les racines serbes du conflit yougoslave, ed.
cit.; THOMAS R., The Politics of Serbia in the 1990’s, ed. cit.
44 REMOTTI F., Contro l’identità, Laterza, Bari-Roma, 1996, p. 7.
45 Cfr. GREENBERG R., Language, Identity and the Balkan Politics: Struggle for Identity in the Former Yugoslavia,
2002.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
popoli nemici, rei di ostacolare da sempre i sogni della Grande Serbia. Questo tipo di
politica, che la Arendt ha definito nazionalismo tribale, “ha sempre insistito sul fatto che il
fondamentalmente diverso da tutti gli altri, unico, eccezionale, tanto che la sua esistenza è
incompatibile con un’eguale esistenza altrui”47. Gli anni Novanta, quelli della guerra civile,
ma ancor più quelli seguenti, hanno registrato un pullulare di raduni di massa, documenti
politici, manuali scolastici “revisionisti”, opere letterarie e persino canzoni dove l’elemento
serbo è visto come minacciato dagli altri popoli della Federazione48. In questa ottica si
rinnova la dialettica verso l’Altro, ma è una dialettica chiusa, dove i ruoli e le aspettative
di comportamento sono già fissate sulla base di presunti comportamenti secolari. “Questo
modo di porsi in relazione attraverso delle etichette – scrive Arianna Montanari – (...)
finisce per definire gli altri non in base ai loro individuali e specifici comportamenti, ma
alla beatificazione in terra di Milošević, accostato spesso ai grandi santi della Chiesa
pronunciò proprio a Kosovo Polje un discorso interpretato come esortazione alla terza
riscossa serba (treči šrpski uštanak), in riferimento alle due rivolte del XIX secolo contro i
turchi (1804 e 1815)50. Questo porsi come “rappresentazione carismatica della volontà
51 Cfr. BOWMAN G., Xenophobia, Fantasy and the Nation: The Logic of Ethnic Violence in Former Yugoslavia in
GODDARD-LLOBERA-SHORE (ed.), Anthropology of Europe: Identity and Boundaries in Conflict, Berg, London
1994, pp. 143-171.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
scopo raggiunto dal regime con un’opera di “distruzione delle alternative” in ogni campo,
dal politico al sociale, dal religioso all’artistico52. Lo Stato ignorava la società, non
concepiva un sistema di valori alternativo a sé, anzi era esso stesso il valore che dava senso
studi sui problemi della vita quotidiana nella Serbia di quegli anni, ha addirittura
intitolato questa ricerca La Distruzione della Società. “La Serbia – scrive lo studioso Dušan
Janjić - è stata impossibilitata a porre e a risolvere la questione della sua identità come
L’individuo e le minoranze diventarono niente e la Nazione tutto”53. Una volta ridotti gli
elementi vivi della nazione a stereotipi, si è potuta avviare l’opera di assimilazione di cui
sopra, forgiando l’immagine della Serbia vittima e della sua leadership salvatrice. Persino
il mito nazionale è stato considerato alla stregua di mero “proseguimento della guerra con
altri mezzi”.
Questa situazione, acutizzatasi con l’intervento NATO in Kosovo nel maggio 1999, ha
portato, negli anni successivi alla caduta di Milošević54, al dilemma che domina ancor oggi
il dibattito interno tra i fautori della colpa collettiva in merito ai crimini compiuti da alcuni
serbi nel corso delle recenti guerre55 e coloro che invece accusano l’Occidente di
52 Cfr. GORDY E., Investigating the Destruction of Alternatives in “Problems of Post-Communism”, vol. 44, no.4
July/August 1997, pp.12-21 e ID. The Culture of Power in Serbia, Pennsylvania State Press, 1999.
53 JANJIĆ D., Dove va la Serbia? in AAVV. L’Altra Serbia. Gli intellettuali e la guerra, Selene ed., Milano, 1996, p.
117.
54 Sulla natura e la portata del cambiamento si veda l’opera collettiva dell’Istituto di Filosofia e Teoria Sociale
settimanale “Vreme”, verte sulla questione se l’essere serbo implichi in sé colpevolezza per gli atti compiuti
da alcuni connazionali durante i recenti conflitti.
56 Cfr. TRIFKOVIĆ S., The Meaning of Kosovo, Antiwar.com conference, San Mateo (CA), 25 Mar. 2000; M.
Ekmečić
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
Koštunica per discutere sulla responsabilità politica e morale della società serba, indica
probabilmente che solo la condanna dei singoli signori della guerra potrà permettere di
nuovo alla ribalta dopo la tragica scomparsa dell’allora premier Zoran Djindjić, ha posto il
osservato che Koštunica “potrebbe incarnare una Serbia postjugoslava che, liberata dagli
impulsi microimperialistici, abbandoni ogni progetto di unire gli slavi del sud - idea
problemi secolari come quello rappresentato dai confini, perderebbero una valenza
identità e della sua percezione nel discorso culturale dei gruppi nazionali implicati.
Congelata in epoca jugoslava dal centralismo di Tito e dai suoi “tabù nazionali”, la
dall’ “esaurimento della spinta ideologica per l’edificazione del socialismo”59, e negli
ultimi anni non è mai parsa riducibile ai canoni della democrazia occidentale.
appropriarsi di uno spazio culturale (e nel caso degli Stati nazionali, anche territoriale)
piuttosto che ad accontentarsi del ruolo di categoria residuale rispetto ad interessi politici
considerata come un ciò che rimane al di là del fluire delle vicende e delle circostanze, degli
57 Cfr. KOŠTUNICA V., Serbs and the West: The Road Ahead, The Rockford Institute, 2002.
58 R. Valle, E’ finito?, “Ideazione”, n. 28, 2 ottobre 2000.
59 CACCAMO D., La dissoluzione degli stati federali jugoslavo e cecoslovacco. I fattori della crisi in “Identità nazionali
del simbolismo nel discorso politico, ben oltre il periodo iniziale di cambio di regime, può
però avere conseguenze negative sullo sviluppo democratico del Paese. Se è vero che in un
nuovo sistema politico realmente pluralista i simboli ed i miti giocano un ruolo importante
nel legare i nuovi partiti con le fragile identità istituzionali, è anche vero che simboli e miti
hanno più una naturale funzione di “mobilitazione” delle masse che una reale inclinazione
alle soluzione di problemi concreti. Un linguaggio politico che rimanga a lungo dominato
da essi dispiega una tendenza a perpetuare forme politiche velleitarie63. Le sfide per la
Serbia attuale, infatti, non sono le grandi questioni politiche di importanza vitale quanto
corruzione. Oggi la Serbia si sta dirigendo a passo lento verso la stabilità, condizione nella
quale non vi sarà più bisogno di alcun “messia”, né di miti etnocentrici. Nell’odierno e
travagliato percorso storico il regno celeste serbo vorrebbe migrare in Europa, come ultima
MAURIZIO SERIO
Bibliografia di riferimento
AA.VV., (1996) L’Altra Serbia. Gli intellettuali e la guerra, Selene ed., Milano.
AA.VV, (2001) Revolution and Order 2001, Istituto per la Filosofia e la Teoria Sociale,
Belgrado.
ANZULOVIĆ B., (1999) Heavenly Serbia. From Myth to Genocide, Hurst & Co., London.
61 ID., p. 57.
62 Cfr. GLAMOCAK M., La Transition guerrière yougoslave, L’Harmattan, Paris, 2002.
63 Cfr. THOMAS R., op. cit., p.8.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
BANAC I., (1992) Eastern Europe in Revolution, Cornell University Press, Cornell University
Press, Ithaca-London.
BIANCHINI S. (a cura di), (1989) L’enigma jugoslavo. Le ragioni della crisi, Franco Angeli,
Milano.
ID., (1995) Yugoslavism and Nationalism: the Rebirth of National Serb Interest, “South East
BISERKO S., (2000) New Serbian Nationalism, “Helsinki Committee for Human Rights in
Serbia”, 11 february.
BOGDANOVIĆ D., (1995) The Kosovo question: past and present, Serbian Academy of Sciences
BUDDING A.H., (1997)Yugoslavs into Serbs: Serbian National Identity 1961-1971, “Nationalities
Id., (1998) Serb intellectuals and the National Questions, Harvard PHD Dissertation.
BUGAJSKI J., (1995) Ethnic Politics in Eastern Europe. A guide to Nationality Policies,
BUNCE V., (1999) Subversive Institutions: the Design and the Destruction of Socialism and the
pp. 51-67.
CIGAR N.,(2001) Vojislav Koštunica and Serbia’s Future, Saqi Books / The Bosnian Institute,
London.
COHEN L. J., (1998) Nationalism, the Kosovo Crisis, and Political Change in Serbia, “EES
COLOVIĆ I., (2000) The Renewal of the past Time and Space in Contemporary Political Mythology,
CORDELLIER S.-POISSON E. D., (1999) Nations and nationalism, Asterios Ed., Trieste.
CORRIN C., (1999) Gender and Identity in Central and Eastern Europe, Frank Cass, London-
Portland, OR.
DJUKIĆ S., (2001) Milošević and Marković: A Lust for Power, Montreal: McGill-Queen’s
University Press.
DOGO M., (1992) Kosovo, Albanesi e Serbi: le radici del conflitto, Marco Lungro, Cosenza.
ID. - PIRJEVEC J., (1990)Vuk Stefanović Karaždić, Editoriale stampa triestina, Trieste.
DRAGAN Z., (1998) A sociological dimension of the controversy over nationalism in Serbian
literature, “Facta Universitatis Philosophy and Sociology”, University of Nis, vol. 1, n.5.
DUIJZINGS G., (1999) Religion and the Politics of Identity in Kosovo, Hurst & co., London.
ĐUROVIĆ T., (2000) A counter-revolution, and not all that velvety - Interview with Mihajlo
EKMEČIĆ M., (1991) The emergence of St. Vitus Day as the principal national holiday of the Serbs,
EMMERET T., (1990) Serbian Golgotha: Kosovo, 1389, Columbia University Press, New York.
GAGNON V.P. JR., (1994) Ethnic Conflict as Demobilizer: The Case of Serbia, paper presented at
ID., (1994-95) Ethnic Nationalism and International Conflict: the Case of Serbia, “International
GODINA V.V., (1998) The outbreak of nationalism on former Yugoslav territory: a historical
California, Berkeley.
ID., (1999) The culture of power in Serbia: Nationalism and Destruction of Alternatives,
ID., (2000) Serbia’s Bulldozer Revolution: Conditions and Prospects, “Southeast European
GOW J., (1994) Serbian Nationalism and the Hissing Snake in the International Order, “The
GUZINA D., (1999) The Ideology and Identity of Serbian Nationalism: Serbia between the East and
the West, paper for the conference of Center for Austrian Studies, University of Minnesota,
May.
ILIĆ J., (1995) The Balkan Geopolitical Knot and the Serbian Question in Serbian Question in the
INIĆ S., (1997) (Ch)et(h)nisation of the Political Space in Serbia in Radicalisation of the Serbian
JUDAH T., (2000) The Serbs: History, Myth and the Destruction of Yugoslavia, New Heaven-
London.
KASER K., (1998) Historical myth and the Invention of Political Folklore in contemporary Serbia,
KOŠTUNICA V., (2001) Opening Address at International Conference “In Search of Truth and
ID., (2000) Discorso del Presidente della DS al Raduno dell’Opposizione Democratica, Belgrado,
14 Aprile.
KRSTIĆ I., (2002) Re-thinking Serbia: A Psychoanalytic Reading of Modern Serbian History and
LABOVIĆ L., (2002) Yougoslavie : entrevue avec Ivan Colović, écrivain et ethnologue, « Monitor
On Line », 4 January.
LAZIĆ M. (ed.), (1999) Protest in Belgrade: Winter of Discontent, Central University Press,
Budapest.
LITTLE A.- SILBER L., (1997) The Death of Yugoslavia, Penguin Books, London.
MAURIZIO SERIO, L’identità nazionale serba tra mitopoiesi e realtà
in «Sociologia. Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali», 1/2005
LUTARD C., (1999) Serbia. Le contraddizioni di un’identità ancora incerta, Il Mulino, Bologna.
MARKOVIĆ MIHAJLO, (2000) On the notion of a unique spiritual space of the Serb people in “The
MARTELLI F., (1997) La guerra di Bosnia. Violenza dei miti, Il Mulino, Bologna.
MATTHIAS J.- VUCKOVIĆ V., (1987) The Battle of Kosovo. Serbian Epic Poems, Swallow
MIHAILOVIĆ V., (1988) Parable of Nationhood, “The World and I” 3 , n. II, pp.378-383.
MIKULA M., (2002) Nationalism and the Rhetoric of Exclusion, “Southeast European Politics”,
MILLER N.J., (1997) Searching for a Serbian Havel, “Problems of Post-Communism”, vol. 44,
n. 4, July/August.
PAVKOVIĆ A., (1997) Anticipating the Disintegration: Nationalisms in Former Yugoslavia, 1980-
ID., (1998) From Yugoslavism to Serbism: the Serb national idea 1986-1996, “Nation and
Nationalism”, n.4.
PAVLOWITCH K. S., (2002) Serbia: The History Behind the Name, Hurst & co., London.
PETROVIĆ R., (1993) Idea jugoslava ed altre idee (1918-1945), in CACCAMO D.-PLATANIA G., Il
PIRJEVEC J., (1993) Il giorno di San Vito,Jugoslavia 1918-1922. Storia di una tragedia, Nuova
ERI, Torino.
ID., (1995) Serbi, Croati, Sloveni. Storia di tre nazioni, Il Mulino Bologna.
POPOV N. (ed.), (1999) Radiographie d’un Nationalisme. Les racines serbes du conflit yougoslave,
PRIVITERA F., (2000) La Jugoslavia nella sua storia, in A.A.V.V., La Repubblica di Jugoslavia,
CeMiSS Roma..
ID. (a cura di), (1994) L’Europa orientale e la rinascita dei nazionalismi, Guerini e Associati,
Milano.
PROSIĆ - DVORNIĆ M., (1993) Enough! Student Protest ’92: The Youth of Belgrade in Quest of
PYNSENT R., (1996) The Literature of Nationalism. Essays on East European Identity, New York.
RAMET S., (1992) Nationalism and Federalism in Yugoslavia, Bloomington and Indianapolis.
http://kolubara.mdlf.org/lara/evropa/researchreport.htm
SECOR L., (1999) Testament Betrayed. Yugoslavian Intellectuals and the Road to War, “Lingua
SELL L., (2002) Slobodan Miloševic and the Destruction of Yugoslavia, Duke University Press,
Durham.
STIPČEVIĆ N. (a cura di), (1999) La Serbia, la guerra e l’Europa, Jaca Book, Milano.
THOMAS R., (1999) The Politics of Serbia in the 1990’s, Columbia University Press.
VEJVODA I., (2001) The case of Serbia in CESPI AND EWI (a cura di), Security Threat Perceptions
VLADIV-GOVER S. M., Serbian National Identity through Literature: From Kosovo Myth to Post-
VUJACIĆ V., (1995) Serbian Nationalism, Slobodan Milošević and the origins of the Yugoslav War,
ID., (2003) Three Lecture on Nationalism, “Ventunesimo Secolo”, Luiss University press, n. 3.
WHITE G.W., (2000) Nationalism and Territory: Constructing Group Identity in South-Eastern
ZIMMERMANN Z., (1986) Serbian folk poetry: Ancient legends, Romantic songs, Columbus,
Ohio.
ZIVKOVIĆ M., (1996) Too Much Character, Too Little KULTUR: Serbian Jeremiads 1994-1995,
paper presented at “CASPIC Mac Arthur Scholars’ Conference”, 5-6 October, Chicago.