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UN CUORE DI GHIACCIO

INDICE:
1. Gli occhi………………………………………………………………………………………………………………………………2
2. Nyx……………………………………………………………………………………………………………………………………..6
3. Amici…………………………………………………………………………………………………………………………………10
4. Trono di macerie………………………………………………………………………………………………………………17
5. Da solo………………………………………………………………………………………………………………………………20
6. Incastri………………………………………………………………………………………………………………………………24
7. Il tramonto sopra Bergamoon…………………………………………………………………………………………..31
8. Lacrime tristi…………………………………………………………………………………………………………………….36
9. Sotto la pioggia…………………………………………………………………………………………………………………42
10. “Non guardarmi”……………………………………………………………………………………………………………..51
11. Una battaglia da ricordare……………………………………………………………………………………………….66
12. Epilogo…………………………………………………………………………………………………………………………….77
GLI OCCHI

Una candela si accese nel buio.


“Bisogna imparare a conoscere le tenebre per muoversi nella luce.” Sospirò una voce provata dall’età.
“Ma, maestro Gambon, se viviamo nella luce, perché dovremmo conoscere le tenebre?” Chiese uno dei
bambini presenti.
“Devi sapere, figliolo.” Rispose il maestro “Che il mondo non è solo buio, o solo luce: nel mondo in cui
viviamo, le cose più estreme convivono l’una con l’altra in perfetto equilibrio.”
“Ma, maestro.” Intervenne un altro bambino “È per mantenere questo equilibrio che noi non possiamo
uscire dalla nostra foresta di giorno?”
Gambon rimase in silenzio per qualche secondo, dopodiché, cominciò a raccontare: “Dovete sapere
bambini, che molti anni fa la foresta di Walgreens era molto più estesa di com’è ora. Noi ninfe vagavamo in
mezzo agli alberi, proteggendo tutti gli animali da creature molto pericolose: gli esseri umani. Essi non
avevano potere magici, ma sapevano essere estremamente intelligenti… e cattivi: non si arrivò mai a uno
scontro fra noi e loro perché i nostri avi decisero di regalare loro un pezzo di foresta, in modo da tenerli
buoni. Essi, dunque, cominciarono a costruire le loro città e tutti vissero in perfetto equilibrio: pensate che
addirittura uomini e ninfe cominciarono ad accoppiarsi, dando vita a creature con potere straordinari e di
una bellezza sconfinata. Da noi appresero come rapportarsi con ciò che li circondava, mentre loro ci fecero
conoscere le forze più potenti presenti in natura: le emozioni. Dovete sapere, bambini, che gli esseri umani
sono un concentrato razionale di caos. Detta così, sembra un controsenso, ma, se un giorno doveste
conoscerne uno, promettetemi che ripenserete a queste mie parole. Tornando alla nostra storia, un giorno,
le nostre terre furono invase dai malvagi stregoni dei ghiacci: una colonia di creature spietate, simili agli
uomini nell’aspetto, ma con il potere di manipolare i ghiacci. Essi sono di natura malvagia, ma agiscono per
necessità, proprio come tutti noi: il ghiaccio è destinato a sciogliersi prima o poi e, quando il ghiaccio si
scioglie, gli stregoni perdono il loro potere. È per questo che gli stregoni devono continuamente migrare e
conquistare nuovi territori caldi. Circa sessanta anni fa, una grossa porzione di foresta venne ricoperta di
ghiaccio e, un nefasto giorno, il re degli stregoni, Duezerox II, si presentò alle porte Walgreens e il nostro
vecchio capovillaggio fu costretto a stringere un accordo con loro, sigillando il patto in un anello di cristallo.
Gli stregoni non avrebbero attaccato la foresta delle ninfe, ma in cambio, queste non sarebbero
intervenute in difesa degli uomini, contro i quali, dichiararono una guerra che è in corso tutt’ora.”
“Quindi è questo l’equilibrio di cui parlavi: non intervenire in cambio della salvezza?” Chiese un terzo
bambino.
“Non proprio.” Rispose Gambon. “Duezerox lanciò un incantesimo, grazie quale, alle ninfe era proibito
lasciare la foresta di giorno, in modo che non incontrassero gli uomini, i quali, a differenza nostra, di notte
dormono. Duezerox conosceva bene le abilità degli esseri umani: pur non avendo poteri magici, loro
conoscevano i sentimenti e avrebbero potuto convincere qualche ninfa innamorata ad aiutarli. Il
capovillaggio, quando si accorse dell’errore che aveva commesso accettando il patto, decise di
controbattere, lanciando una profezia: un giorno, l’amore vero tra una ninfa femmina sfuggente e un uomo
maschio ardente porterà alla nascita di un prescelto, di un bambino che vivrà fra gli uomini per assorbirne
le emozioni e, quando avrà perso tutto, risveglierà il potere antico delle ninfe…”
“Il potere antico delle ninfe?” Chiese uno dei bambini.
“Quale potere?” Chiese un altro.
“Gli stregoni hanno paura di noi perché siamo immuni ai loro incantesimi: noi sì, ma la natura che
dobbiamo proteggere no.” Rispose Gambon.
“E perché non combattiamo per difenderla?” Replicò il terzo bambino.
“Perché noi siamo di natura pacifica e perché, in uno scontro fisico, ci sterminerebbero senza pietà: questa
è la dura verità ragazzi.”

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“Ma quindi…” Riprese uno dei bambini. “Questo prescelto porterà l’equilibrio?”
“Lo sta già portando: lo porta da quando è nato, circa vent’anni fa.” Replicò il maestro.
“E chi è?” Chiese un altro bambino.
“Io non l’ho mai visto e penso che mai lo vedrò: la mia generazione è destinata alla sconfitta. Ma vi assicuro
che la vostra generazione godrà dei poteri del prescelto.” Rispose Gambon.
“Maestro.” Intervenne un bambino. “Ma se l’eroe dovesse sconfiggere lo stregone, non si rovinerebbe di
nuovo l’equilibrio?”
“È vero… quindi siamo destinati a combattere per sempre?” Intervenne un altro.
“Essere il prescelto comporta anche diversi sacrifici.” Rispose Gambon. “Lui è nato dall’amore e l’amore è
l’unica cosa può ucciderlo: il suo cuore è puro ghiaccio e l’unica cosa che potrebbe farlo sciogliere… è
l’amore.”
“Bisognerebbe impedirgli di innamorarsi allora.” Intervenne cinicamente uno dei bambini.
“Purtroppo non si può.” Rispose Gambon. “Nemmeno la ninfa che vive in mezzo a loro può fare qualcosa…
Si è fatto tardi: potete andare ragazzi.”
Il maestro soffiò sulle candele, facendosi avvolgere dalle tenebre.

Sul campo di battaglia, le spade cozzavano le une contro le altre. Il combattimento fu cruento e sanguinoso:
da entrambe le parti i corpi continuavano a cadere senza vita. Valery e i suoi lunghi ricci neri sfrecciavano
sopra il suo cavallo bianco, continuando a colpire i nemici con un bastone, dietro di lei, Matheus, dai capelli
e dagli occhi castani, scoccava frecce con un arco.
“Punta a quelli con l’occhio coperto.” Disse Valery.
“Agli ordini… non capirò mai questa cosa degli occhi!” Rispose Matheus.
“Te l’ho già spiegato: cavarsi un occhio è il pegno per unirsi all’esercito nemico! Ora pensa a combattere!”
Replicò Valery.
Crysis si destreggiava con la sua spada in mezzo ai nemici, Lorelyn gli copriva le spalle con la sua lancia.
“Sta andando male Crysis!” Disse Lorelyn. “Questa volta sento che…”
“La finisci di dire stronzate?!” Rispose Crysis colpendo al petto un nemico con la sua spada.
Mentre combattevano, i due amici erano soliti parlare fra di loro per riuscire a mantenere un ritmo
costante durante il combattimento.
“Ma quanti sono? Sembra di stare all’inferno.” Disse Crysis.
“Neanche all’inferno fa così caldo!” Rispose Lorelyn.
“Che ne sai? Ci sei stato?” Replicò l’amico.
“Ti conosco da una vita: se non è un inferno questo!” Disse Lorelyn.
Nel frattempo, i due continuavano a combattere, esattamente come tutti gli altri soldati. Ad un certo punto
però, Matheus cadde dal cavallo, poiché colpito alla testa da una bottiglia di vetro, procurandosi una ferita
sulla fronte. Ripresosi, il soldato cominciò a guardarsi intorno e vide una donna anziana, senza un occhio e
senza armatura, che stava lanciando urla strazianti con aria divertita. Matheus allora cambiò espressione e
scoccò una freccia contro la donna: abbattendola.
“Torna su!” Gli ordinò Valery.
Il soldato obbedì e la ragazza gli diede un limone dalla scorza a tratti luccicante.
“Ma dove l’hai preso?” Chiese Matheus.
“Zitto e combatti!” Rispose lei con tono aggressivo.
Una pila di corpo si stava ammassando intorno a Crysis e Lorelyn, i quali continuavano a combattere
incessantemente.
“Il clima qui si sta facendo sempre più macabro!” Disse Lorelyn in preda alla stanchezza.
“Sarebbe più macabro se morissimo anche noi!” Rispose Crysis, tagliando la gola a un soldato nemico.
Sotto il rumore di un corno, l’armata di Tyanas raggiunse il campo di Bergamoon.
“Finalmente!” Disse Crysis, cominciando a correre via. “Pensateci voi adesso!”
La parte finale della battaglia fu ancora più violenta e, ben pesto, gli uomini al servizio degli stregoni
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cominciarono a indietreggiare. Annabell era a terra, ferita ad una spalla, e i nemici la stavano calpestando:
la ragazza provava a rialzarsi di continuo, ma proprio non ci riusciva.
“Uomini!” Esclamò Tyanas. “Scagliate le frecce sui fuggitivi!”
E una cinquantina di frecce partirono dalle retrovie, dirette verso il centro del campo di battaglia. Annabell
chiuse gli occhi, aspettando il compimento del suo destino, ma quando le frecce atterrarono sul terreno, lei
non sentì nulla.
“Sono morta?” Si chiese la ragazza parlando fra sé e sé.
“Credevi davvero che ti avrei abbandonata così?”
Crysis era riuscito a sdraiarsi sulla schiena di Annabell, facendole da scuso umano. I due si rialzarono
assieme, i loro occhi azzurri si mischiarono in uno sguardo intenso, dopodiché si abbracciarono.
“Tu sei completamente pazzo!” Disse lei.
Lui la guardò di nuovo negli occhi, le accarezzò i capelli e le disse: “Non sono pazzo…”
“Ragazzi attenti!” Gridò Lorelyn da lontano.
I due ragazzi si voltarono e videro un uomo completamente vestito di bianco che levitava sul terreno a una
decina di metri da loro.
“Scappiamo.” Disse Annabell.
“No, è solo un ridicolo trucco per spaventarci: è disarmato.” Rispose Crysis.
L’uomo, che aveva entrambi gli occhi, alzò le braccia e concentrò della polvere di ghiaccio fra le mani,
dopodiché la direzionò verso Crysis, il quale si parò nuovamente davanti alla ragazza, ma prima che il colpo
venisse scoccato, lo stregone venne colpito da una lancia! Lorelyn cadde in ginocchio per la fatica, mentre
tutti gli altri soldati tirarono un sospiro di sollievo. Crysis e Annabell si guardarono di nuovo.
“Abbiamo vinto.” Disse Crysis sorridendo.
Annabell lo abbracciò di nuovo e ne approfittò per togliergli le frecce dalla schiena, ma,
sorprendentemente, quasi tutte le frecce erano precipitate per terra e l’armatura del soldato era
incredibilmente più fredda del normale.

Nel frattempo, al castello dei ghiacci, Duezerox sedeva sul suo trono, quando due suoi assistenti portarono
al suo cospetto lo stregone che aveva appena combattuto.
“Generale Sala.” Disse con aria fredda il re. “Hai fallito.”
“Mio sire.” Rispose lui. “Tutti i nostri soldati sono morti: io me la sono vista davvero brutta… sarei morto se
non mi fossi smaterializzato.”
Sala cadde a terra urlando: il suo occhio sinistro stava perdendo sangue copiosamente.
“Ho bisogno di un altro occhio.” Disse lui.
“Hai consumato il potere degli occhi per un’inutile smaterializzazione.” Rispose il re con aria schifata. “Gli
incantesimi oculari sono cose serie.”
“Lo so bene sire.” Rispose Sala. “Ma stava rischiando di morire, ho sprecato molta energia per… aah! Poi,
ho provato a colpirli, ma… aah!”
“Ne ho abbastanza.” Replicò Duezerox. “Ti darò un occhio nuovo.”
“La ringrazio sire…” Disse Sala, alzandosi da terra.
Una lancia di ghiaccio gli perforò il cuore.
“Portate via questa carne inutile.” Ordinò il re. “Noi non togliamo gli occhi agli uomini per esseri inferiori
come questo.”
Accanto al re, si palesò una creatura molta alta: il suo aspetto era quello di un uomo di mezz’età, magro,
con i capelli lunghi e neri. Una pupilla era nera (destra), mentre l’altra era verde (sinistra). Lo stregone
indossava il tipico abito, bianco, degli stregoni e si permise di appoggiare una mano sulla spalla del re.
“Devo occuparmene io, sire?” Chiese lui.
“No, Hugò, tu hai cose più importante a cui pensare: come l’addestramento di tuo figlio Tom.” Rispose il re.
“Se permette, sire, Tom è tornato dopo aver sterminato un intero villaggio solo pochi giorni fa e non ha
nemmeno cinque anni: non crede che sia il caso di farlo riposare?” Replicò Hugò con aria seriosa.
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“Quando il tuo re ti dà un ordine, tu lo esegui… immediatamente.” Disse Duezerox.
“Con il suo permesso.” Rispose seccato Hugò, che lasciò immediatamente la stanza.
Fuori dalla porta, lo stava già aspettando il piccolo Tom: i suoi occhi neri erano estremamente grandi e
fissavano con ammirazione il padre. Hugò gli mise la mano fra i capelli bianchi e gli disse: “Dobbiamo
lavorare sul tuo nome.”
Mentre i due camminavano, il bambino continuava a porgli delle domande incessanti: “Quando potrò
tornare a casa mia?” “I miei amici saranno preoccupati.” “Certo che ho fatto un bel casino: ci vorranno dei
mesi per ricostruire tutte le case che ho distrutto”.
Padre e figlio arrivarono in una stanza dal pavimento di ghiaccio, piena di enormi cristalli trasparenti,
all’interno dei quali c’erano delle persone, sia maschi che femmine, tutti nudi e con un occhio chiuso.
“Stanno… dormendo?” Chiese Tom incuriosito.
“Diciamo di sì.” Rispose Hugò con aria seccata. “Questi sono esseri umani, proprio come quelli che c’erano
al tuo vecchio villaggio, ma, al contrariato di quegli idioti, questi qui hanno deciso di unirsi al nostro
esercito. Dentro questi cristalli c’è una pozione capace di privarli di tutte le loro stupide emozioni,
rendendoli delle autentiche macchine da guerra.”
“Ma noi siamo stregoni: perché non combattiamo noi?” Chiese confuso Tom. “Siamo più forti.”
“Perché siamo creature superiori!” Rispose arrabbiato Hugò. “Non ci mischiamo con degli sporchi maiali
che combattono con ridicole armature.”
“Erano belle quelle armature.” Disse Tom con l’espressione infantile di chi non riesce a comprendere.
“Ridiamo per non piangere Tom… No, da oggi dovrai rinunciare al nome che ti hanno dato gli umani e ti
chiamerai: Duezerox III!”
Lo stregone si inginocchiò avvicinandosi al bambino, lo guardò negli occhi e gli disse: “Con i tuoi poteri e la
mia intelligenza, noi due potremmo dominare il mondo.”
Il ragazzo, evidentemente spaesato, cominciò a indicargli l’occhio verde.
“L’ho preso a un uomo che si è unito a noi per sostituire il mio.” Rispose lui, cercando di mantenere la
calma.
“Uh, allora anche tu hai un punto debole!” Replicò con entusiasmo il bambino.
Hugò si alzò in piedi e, con aria seccata, lasciò la stanza, dicendo: “Questa conversazione deve rimanere
privata.”

Sul campo di battaglia, i soldati stavano ancora festeggiando la vittoria: “Per Bergamoon!”

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NYX

L’esercito fece ritorno a Bergamoon: un piccolo villaggio militare. Dai detriti e dalle casupole uscirono dei
bambini per accogliere i vincitori. Annabell fu circondata dalle ragazzine, mentre gli altri proseguirono sul
loro cammino.
“Fratello.” Disse Matheus avvicinandosi a Crysis.
“Te ne sei dimenticata una.” Disse Valery estraendogli una freccia che si era incastrata sul gomito. “Tra te e
Annabell oggi ve la siete vista proprio brutta.”
“L’ultima volta che ho controllato eravamo in guerra: mi sembra normale vedersela brutta.” Rispose Crysis.
“Io dico di no!” Dalle retrovie intervenne Ansene, uno dei soldati di Tyanas.
“C’è qualche problema?” Intervenne Valery.
“Sì.” Replicò il soldato con un’evidente aria isterica. “È da quando siamo nati che combattiamo: sono
passati più di vent’anni e non è cambiato nulla!”
“Una cosa è cambiata.” Intervenne Karnay, un altro soldato. “Abbiamo perso i nostri genitori.”
“E questa cosa come dovrebbe condizionare il nostro operato?” Intervenne Tyanas.
“Volete forse unirvi ai nemici?” Aggiunse Lorelyn.
Valery estrasse la sua spada, ma Crysis la fermò con il braccio. Anche Bella, una soldatessa, si mise in
mezzo.
“Vi prego, non litigate: la situazione è già complicata di suo.” Disse quest’ultima.
Crysis abbassò lo sguardo, cercando quello di Ansene, che non faceva dell’altezza la sua qualità migliore,
dopodiché si mise la mano fra i capelli bruni e se ne strappò una ciocca.
“Fra questi c’è molto più sangue di quanto tu ne abbia mai visto, pensi che gli altri non sappiano che
quando c’è da combattere ti nascondi sempre? Nonostante ciò, tutti ti trattano con rispetto perché sei un
nostro compagno!” Disse prima di andarsene.
“Quanto è bello quando si arrabbia.” Disse Bella guardandolo.
“Questo non mi sembra il momento delle adulazioni! Ti sentisse Annabell poi…” Intervenne Valery.
“Matheus! Seguimi!”
E anche loro se ne andarono, seguiti da Lorelyn, Tyanas e da altri soldati. Nel frattempo, Crysis aveva già
raggiunto la casupola dove alloggiava. Annabell, nonostante la ferita alla spalla, si era spogliata
dell’armatura e si stava prendendo cura di una bellissima bambina bionda. Il soldato si appoggiò a lei e,
posando le sue mani sui fianchi della ragazza, le sussurrò: “Dovresti riposarti.”
“Ho ancora molte cose da fare.” Rispose lei con aria fredda.
Crysis allora si spogliò dell’armatura e si sedette accanto alla bambina.
“Ciao Yulia.” Le disse.
“Ciao fratellone.” Rispose lei senza guardarlo.
“Annabell ti sta facendo le trecce?” Chiese lui.
“Sì, lei è molto brava: sei un ragazzo fortunato.” Replicò la bambina.
“L’hai sentita?” Chiese ad Annabell ridendo.
“I bambini non mentono mai.” Rispose la ragazza, sforzandosi di sorridere.
Crysis si alzò e diede un bacio sulla guancia ad Annabell, dopodiché le disse: “Vado in ricognizione: ci
vediamo al solito posto?”
La ragazza annuì sorridendo e il soldato lasciò la casupola, dicendole di fare qualcosa per la sua spalla.
Appena uscito però venne raggiunto da Karnay, che, nonostante fosse molto più alto, non incuteva terrore
a nessuno, anche perché accompagnava ogni sua azione dalla sistemazione della barba. Karnay cominciò a
seguire il soldato, assillandolo: le frasi pronunciate si estendevano dalle lamentele riguardo alle condizioni
dei soldati, fino ad arrivare alla richiesta dell’espulsione di Ansene dall’esercito. Crysis però era deciso:
Bergamoon doveva rimanere unita, soprattutto nei momenti di dolore. Gli spiegò quindi che i loro genitori
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avevano costruito questo villaggio come un fortino per resistere alle avanzate degli eserciti nemici,
pertanto, dovevano rimanere compatti per affrontare i nemici.
“Gli stregoni?” Chiese Karnay.
“Ma quali stregoni?” Replicò Crysis. “Quelle sono solo storie per bambini: non esistono le creature
magiche.”
“E allora come ti spieghi quello che stava facendo l’uomo vestito di bianco sul campo di battaglia?” Replicò
Karnay.
“E tu come ti spieghi il fatto che l’esercito di questi presunti stregoni sia composto da uomini?” Rispose. “Se
permetti: ora ho di meglio da fare.”

Nel castello dei ghiacci, Hugò, accompagnato dal figlio, stava consegnando a Duezerox un occhio con l’iride
marrone.
“Fatelo entrare.” Disse il re degli stregoni.

Sul campo di battaglia, erano rimasti solo i corpi dei caduti: Lorelyn era tornato da solo per dare loro un
congedo onorevole. Il biondo soldato era un grande appassionato di musica e portava sempre con sé una
piccola lira, che amava suonare prima e dopo la fine di uno scontro. I suoi occhi azzurri e la sua barba
incolta si specchiava sul metallo lucente dello strumento e, con la delicatezza che un soldato non dovrebbe
permettersi di avere, cominciò a suonare il suo strumento. Qualche metro più indietro, Tyanas lo fissava
con sguardo di sdegno.
“Prima o poi si farà ammazzare.” Disse fra sé e sé, prima di andarsene.
Passarono diversi minuti: Lorelyn sembrava trovarsi in una dimensione a parte rispetto ai suoi compagni. Il
musico continuava a suonare tenendo gli occhi chiusi, come se su quella terra bagnata dal sangue, che poco
tempo prima avevano definito “inferno”, non ci fosse mai stata nessuna battaglia. Una volta terminato il
concerto e posata la lira, Lorelyn cominciò a ispezionare il campo, dirigendosi verso la sua lancia. Qualche
minuto dopo, si stupì di averla trovata perfettamente conficcata nel terreno.
“Ero sicuro di averlo colpito in pieno…” Si disse fra sé e sé.
Guardando in basso, notò che dei piccoli cristalli di ghiaccio circondavano un occhio completamente rosso.
Lorelyn lo colpì con la punta della lancia, ma non accadde nulla. Cominciò però a sentire un cruento rumore
di passi, avvicinarsi alle sue spalle. Il musico si voltò rapidamente, stampando la sua lancia sul viso del suo
aggressore: Ansene cadde a terra.
“Ti prego, Lorelyn, non farmi del male.” Lo pregò lui.
Il musico gli prese il braccio e lo sollevò, dopodiché gli chiese cosa stesse facendo sul campo di battaglia.
“Stavo solo correndo un po’ per sfogarmi, poi ti ho visto qui e… pensavo che fossi in pericolo.” Disse
Ansene. “E questa cos’è?”
Il soldato ribelle gli prese il braccio e disse: “Che ferita è questa?”
“Questa.” Rispose liberandosi dalla presa. “È una ferita causata dai dardi infuocati.”
“Come hanno osato sfregiare il tuo corpo?” Chiese Ansene in preda al panico.
“Finiscila, piuttosto dovresti preoccuparti per il tuo compagno, Marx: poveretto.” Replicò Lorelyn. “La
settimana scorsa è stato colpito da un dardo infuocato e non si è ancora ripreso.”
“Sì, ho saputo.” Rispose Ansene, calmatosi. “Di lui se ne stava occupando Bella.”
“Beh, le sue tette potrebbero curare di tutto!” Disse ironicamente Lorelyn superandolo. “Ovviamente l’ho
detto per ridere…”
Ansene rimase fermo impietrito e, mentre Lorelyn stava tornando a Bergamoon, il soldato cominciò a
fissare l’occhio distrutto.

“Dimmi tutto quello che sai sulla ragazza dagli occhi azzurri.” Disse Duezerox.
Il suo interlocutore indossava un mantello nero con cappuccio che lo ricopriva completamente.
“Si chiama Annabell.” Disse l’uomo.
“Un nome degno della sua forza.” Rispose il re.
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Un’espressione infastidita si palesò sul volto di Hugò.
“Da quello che so è stata cresciuta da una famiglia di soldati guidata da un tale di nome Virgo.” Continuò
l’uomo.
“E dove si trova questo Virgo ora?” Replicò il re.
“Virgo è morto da almeno quattro anni, sire.” Rispose l’uomo. “Lui, oltre ad Annabell, crebbe anche i suoi
tre figli: Matheus, Crysis e Yulia, tutti avuti con donne diverse. Oltre a loro in casa c’era anche una certa
Valery, che ora è fidanzata con il primo…”
“I dettagli futili non mi interessano.” Replicò il re.
“Annabell è molto legata a Crysis: il soldato più abile dell’esercito.” Continuò l’uomo.
“Molto legata… quanto esattamente?” Chiese Duezerox.
“Sono innamorati, credo.” Rispose l’uomo.
“Questo Crysis… Chi è sua madre?” Replicò il re.

Il sole stava calando sopra Bergamoon. Crysis passò dalla capanna adibita ad infermeria, ma non fece in
tempo ad entrare che venne raggiunto da Tyanas. I due si guardarono nei rispettivi occhi azzurri e si
abbracciarono. Ne seguì una discussione sulla battaglia avvenuta quel giorno.
“Penso che dovremmo costituire un fronte unico.” Disse Tyanas.
“Lo penso anch’io: non dirlo agli altri, ma oggi siamo sopravvissuti per miracolo.” Rispose Crysis.
“Ti facevo troppo orgoglioso per ammetterlo.” Replicò Tyanas.
“L’orgoglio non ti rende immortale: tutti quegli uomini e quelle donne…” Continuò Crysis.
“Ragazzini e bambine, bambini e ragazzine.” Replicò Tyanas.
“Che vuoi dire?” Chiese Crysis.
“Che siamo tutti dei fanciulli catapultati in un mondo senza senso, ma tu non sei diverso dagli altri: non è
giusto che tu ti prenda la responsabilità di tutte quelle vite.” Disse Tyanas.
“Mio padre ha dato la vita per il nostro villaggio: io non sarò da meno.” Rispose Crysis.
“Smettila di voler fare l’eroe a tutti i costi: qui siamo tutti sulla stessa barca.” Tyans gli sorrise e gli appoggiò
una mano sulla spalla, dopodiché il biondo soldato spostò i lunghi capelli e se ne andò.
Crysis continuò il suo percorso: i suoi compagni lo salutavano e solo in quel momento si rese conto di
quanto fossero piccoli, solo in quel momento si rese conto di quanto lui fosse piccolo. Il soldato aveva circa
23 anni e più cicatrici sul corpo che esperienze con le sue coetanee. La sua preferita era un taglio che aveva
sul setto nasale: se l’era procurata durante una battaglia, tentando di difendere una soldatessa di nome
Alyssa, che purtroppo morì in quella circostanza, nonostante il tentativo di Crysis di fargli da scudo umano
in più occasioni. Pensava a lei ogni volta che si guardava allo specchio: poiché, se su 100 compagni in
pericolo, un soldato fosse riuscito a salvarne ben 99, egli sarebbe contento, ma Crysis invece passerebbe
tutta la vita a pensare a quella vittima. Nella parte centrale del villaggio, Valery stava cucinando per tutti
sotto gli occhi di uno stremato Matheus, quasi identico al fratello, tranne che per gli occhi. Capitava spesso
che i lunghi capelli neri della minuta donna finissero nelle pentole, ma nessuno la rimproverava mai. Calato
il sole, Crysis era giunto finalmente sull’unica collina di quella terra, che separava Bergamoon dal resto del
mondo.
“Annabell è in ritardo.” Si disse fra sé e sé.
Il soldato rimase a fissare la luna per diversi minuti: nella sua testa stava rivivendo i momenti più cruenti
della battaglia, quando…
“Non dovresti startene qui da solo.”
La dolce voce di Bella lo risvegliò dalla sua catalessi. La sua pelle estremamente pallida sembrava brillare
sotto la luna, mentre i suoi capelli neri si confondevano fra le tenebre.
“Ah, sei tu…” Rispose il ragazzo.
“Posso sedermi?” Gli chiese.
Crysis si guardò intorno, dopodiché disse: “Veramente starei aspettando una pers…”
“Annabell.” Rispose lei. “Stai aspettando Annabell, giusto?”
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Crysis non rispose, abbassando la testa, allora la ragazza si scusò e se ne andò, lasciandolo solo.
“È solo un po’ stanca.” Si disse fra sé e sé. “È stata una giornata difficile per tutti: meglio lasciarla perdere.”
“Aspetti qualcuno?”
Una voce calda si fece largo fra i suoi pensieri. Una strana creatura uscì dalla foresta che si estendeva lì
accanto e si sedette accanto a lui: aveva le sembianze di una donna, la sua pelle era completamente bianca
e il suo vestito, un unico capo bianco-trasparente, non riusciva a coprirle le lunghe gambe, che, sotto la
luna, sembrava brillare di luce riflessa. Il viso scavato aveva dei tratti molto fini, gli zigomi spigolosi
contenevano degli occhi argentei e i capelli scuri ricci e raccolti in una coda di cavallo completavano il
ritratto della creatura più bella che fosse mai stata avvistata da quelle parti. Crysis però sembrava ignorarla:
era come se non la vedesse, o se non volesse vederla.
“Ho saputo che oggi avete combattuto.” Disse la creatura. “È andata bene?”
Ma il soldato continuava a rimanere in silenzio, in attesa.
“Sembri anche avere meno ferite del solito.” Replicò.
Ma non ricevette alcuna risposta.
“Stai male per colpa di quella ragazza?” Chiese di nuovo lei.
Questa volta il ragazzo non poté far finta di nulla e si voltò verso di lei.
“Forse se ti ignorassi, smetteresti di tormentarmi.” Disse lui.
La creatura scoppiò a ridere.
“Ma non ti puoi liberare di me, cucciolo d’uomo.” Rispose lei.
“Devo aver preso una botta bella forte.” Si disse tra sé e sé.
“Lo penso anch’io.” Rispose lei. “Ma quindi, quando non combatti i cattivi, guardi le donzelle battersi per
te?”
Crysis sorrise, dopodiché rispose: “Nessuna combatte per me: sono io che devo combattere per
difenderle.”
“Allora dovresti fare qualcosa per quella ragazza.” Rispose lei. “L’amore non corrisposto è più pericoloso
dell’odio.”
“Bella non sarà un problema.” Replicò Crysis. “Lei è sempre buona e gentile con tutti… e poi: non posso
dividermi in due.”
“Intendi che non puoi stare con due ragazze allo stesso tempo?” Chiese lei.
“Esatto.” Concluse lui.
“Che strane regole che avete voi umani.” Disse lei.
“Strane?” Rispose lui. “Voi ‘visioni che appaiono nella mia testa’ avete delle convenzioni sociali diverse?”
“Beh, ‘mammifero che siede sulla collina’.” Replicò lei. “L’amore esiste in natura: la coppia è un’invenzione
dell’uomo”.
In quel momento, Crysis sentì il rumore degli zoccoli di un cavallo.
“Ora ti devo abbandonare, la tua Annabell sta arrivando: se mi vedesse qui potrebbe fraintendere.” Disse la
creatura.
“Come fa a vederti se non…” Il ragazzo rispose voltandosi verso di lei, ma, una volta voltato, si accorse che
la creatura era sparita. “Esisti”.
Dopodiché, Annabelll lo raggiunse e si sedette accanto a lui. Dopo qualche ora, i due si addormentarono
sotto la luna.

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AMICI

Crysis si svegliò sulla collina, ma accanto a lui non c’era più nessuno.
“È sempre la solita.” Si disse fra sé e sé, dopodiché cominciò a fissare il cielo.
“Com’è romantica l’alba quando si è da soli.” Commentò.
Crysis si alzò in piedi e, dopo essersi scrollato la polvere di dosso, ritornò camminando al villaggio. Sul suo
cammino, incontrò diverse persone, la maggior parte donne e bambini, che si stavano adoperando per
rendere il più vivibile possibile la propria abitazione, abbellendone l’esterno con fiori e vasi trovati un po’
dappertutto. Ovunque andasse, tutti gli sorridevano, lui ricambiava per mostrarsi gentile, ma nessuna di
quelle persone sapeva cosa realmente ci fosse nella testa di quel ragazzo: le parole pronunciate il giorno
precedente da Tyanas gli stavano rimbombando in testa. Crysis stava cominciando a dubitare della ragione
per cui stavano combattendo: non sarebbe stato più facile consegnarsi al nemico? Magari sacrificando
proprio quelle donne e quei bambini. Egli era perfettamente consapevole del fatto che combattenti come
lui avrebbero solamente fatto comodo a un esercito affamato, mentre una ragazza come Annabell, se
avesse lavorato su quel caratteraccio, sarebbe stata un’ottima dama di corte. Allora perché lottare?
“Per tutti gli altri.” Si rispondeva da solo.
Pieno di spirito fraterno, decise di recarsi in infermeria per andare a trovare i feriti. Una volta entrato nella
capanna, si trovò davanti a una serie di letti improvvisati, ma uno solo era occupato: quello di Marx. Un
ragazzo alto e magro, sdraiato e coperto da un tessuto grigio, che indossava solamente un paio di calzoni
bianchi e che non sembrava dare segni di vita. La sua testa era ricoperta da una fasciatura bianca, che la
copriva completamente. Crysis si avvicinò al corpo e mise le mani sul suo volto per sciogliergli la benda,
quando all’improvviso il ragazzo si alzò emettendo urla per spaventarlo! Il soldato indietreggiò spaventato,
ma istintivamente scagliò un destro sulla fronte del malcapitato, stendendolo di nuovo.
“Ma sei vivo!” Esclamò Crysis.
“Certo che sono vivo!” Rispose Marx cercando di alzarsi.
“Ma… che cazzo fai?!” Replicò furente il soldato.
“Ma, aspetta, tu non sei Karnay, vero?” Chiese Marx.
“No.” Rispose Crysis infastidito. “Sono Crysis: ero venuti a vedere come stavi.”
“Ahhh e dillo subito!” Replicò il malato.
“Ora ti aiuto a sciogliere il bendaggio.” Disse Crysis.
“No… non mi sembra una buona idea.” Rispose Marx.
“Crysis!” Esclamò Bella entrando nell’infermeria. “Cosa stai facendo?”
“Niente!” Rispose il soldato.
“Andiamo ragazzi!” Esclamò Marx rialzandosi. “Calmiamoci tutti e andiamo a farci una passeggiata! O
meglio, io andrò a farmi una passeggiata, mentre voi rimarrete qui: siamo d’accordo? Siamo d’accordo!”
“E dove vuoi andare conciato in quel modo? Spaventerai i bambini.” Disse Crysis.
“Non vi preoccupate per loro! Uno spavento può fargli solo che bene!” Rispose Marx.
Il ragazzo si alzò dal lettino e uscì dalla capanna, ma dopo pochi secondi, si udì un forte tonfo provenire
dall’esterno.
“Forse… dovrei dare un’occhiata.” Disse Crysis.
“No, tranquillo: ci penso io.” Rispose Bella.
“Bella… riguardo a ieri sera…” Disse Crysis.
“Non ti preoccupare: è tutto risolto.” Rispose lei. “Anzi, scusami per tutto…”
“No, non è tutto risolto.” Replicò Crysis. “Ieri ho parlato con la mia visione e…”
“La tua visione?” Chiese lei.
“Lascia perdere.” Rispose lui. “Comunque, vorrei che tu capissi che noi, tutti noi, siamo costantemente
pericolo, persino prima che abbiamo riso con Marx e tutto quanto eravamo in pericolo. Io sento su di me
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una responsabilità enorme, quella della vita di tutte le persone che vivono qui, specialmente di quelli che
non possono difendersi e qui è pieno di gente che non può difendersi. Detto ciò, sarai d’accordo con me
che mettersi a discutere di questioni amorose sia quantomeno irresponsabile.”
“Ho capito.” Rispose lei. “Ti ho già detto che mi dispiace.”
Crysis le appoggiò le mani sulle spalle e la guardò intensamente negli occhi, dopodiché le disse: “Tu sei
fondamentale per Bergamoon, ti adorano tutti e continueranno a farlo anche dopo che avremmo vinto la
guerra.”
Crysis si scostò, dopodiché fece per uscire dalla capanna, quando Bella lo chiamò e gli disse: “Quando tutto
questo sarà finito: pensi che potremmo riparlarne?”
“Dipende…” Rispose lui infastidito.
“Da Annabell?” Chiese lei ancora più infastidita.
“Io e lei siamo cresciuti insieme, siamo inseparabili e lo saremmo anche se uno dei due dovesse morire.”
Rispose lui.
“La ami?” Replicò lei.
“Sono cresciuto in mezzo alla guerra, Bella!” Rispose lui voltandosi. “Ho visto la salma di mio padre e non
ho mai conosciuto mia madre: non so cosa sia la tranquillità, figurati se so cos’è l’amore!”
Crysis fece dei sospiri molto profondi, dopodiché continuò: “Te lo ripeto: io e lei siamo cresciuti insieme, io,
lei, Matheus, Valery e la piccola Yulia siamo una famiglia! Non so dirti altro.”
“Ho capito.” Rispose lei con un’insolita espressione serena.
Dopo un cenno d’intesa, Crysis uscì dalla capanna e trovò Marx a terra che chiedeva aiuto, allorché il
soldato lo aiutò e rialzarsi e lo indirizzò verso l’entrata della capanna.
In un altro punto di Bergamoon, Valery e Matheus stavano distribuendo cibo e bevande calde a tutti i
compaesani. La ragazza manteneva anche in questi contesti la sua espressione seriosa, mentre il ragazzo
cercava di sdrammatizzare il momento. Valery si occupava del rifornimento di viveri per il villaggio da ben
prima che Virgo e tutti gli altri padri fondatori di Bergamoon venissero a mancare. Matheus, che era
cresciuto accanto a lei, ancora non riusciva a capire come una sola ragazza (all’epoca una ragazzina)
riuscisse a procurarsi tutta quella roba e a cucinarla alla perfezione, nonostante le restrizioni causate dalle
condizioni di vita degli abitanti del villaggio. Ad un certo punto arrivarono al banchetto anche Annabell e la
piccola Yulia, che però erano passate di lì solo per salutare. Nonostante ciò, le ragazze vennero rifornite di
pane, che puntualmente venne divorato dalla bambina.
Mentre Bergamoon cercava di normalizzarsi, Tyanas e Lorelyn si erano spostati sul fronte, coperti dalle loro
armature e armati fino ai denti, per cercare di prevenire un nuovo attacco, osservando un castello grigio
dall’alto: esso infatti era stato costruito all’interno di un cratere. La base dei nemici era pericolosamente
lontana da Bergamoon: se i nemici li avessero scoperti, i due biondi soldati sarebbero morti.
“Non credo che attaccheranno oggi.” Disse Tyanas. “Non c’è nessun movimento qui intorno.”
“Sembra un castello fantasma.” Rispose Lorelyn.
“Vuoi suonare una canzone per farli svegliare?” Chiese Tyanas ridendo.
“Tu scherzi, ma in uno dei racconti scritti da mio padre succedeva qualcosa del genere.” Rispose Lorelyn.
“C’era una guerra fra creature magici, dei fantasmi che combattevano e… un anello.”
“Tu hai bisogno di riposarti.” Concluse Tyanas voltandosi.
“Ci riposeremo dopo aver sistemato la cortina.” Disse Lorelyn.
“Falla sistemare 20m indietro dai ragazzi: noi abbiamo fatto la guardia di notte, ce lo meritiamo un po’ di
riposo.” Rispose Tyanas.
Il soldato cominciò a camminare verso il villaggio, dando indicazioni a Karnay e ad Ansene. Lorelyn però si
avvicinò a loro e prese i pali per tessere la cortina: una cinta di tronchi legno, posizionati a X, che dovevano
servire per intralciare l’avanzata nemica. La terra rosa era ancora coperta di sangue e, della foresta che
c’era qualche anno prima, non ne rimaneva nemmeno l’ombra.
“Tyanas ha ragione.” Disse Ansene avvicinandosi a Lorelyn. “Dovresti riposarti.”

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“Non mi riposerò finché non avremmo completato il lavoro.” Rispose lui, piantando un bastone.
“Posso farti una domanda?” Chiese Ansene osservandolo.
“Se me la fai mentre lavori, sì.” Rispose lui.
“Ma certo!” Ripose Ansene imbracciando alcuni bastoni. “Ti volevo chiedere perché ti dai sempre così tanto
da fare per gli altri, soprattutto per quel Crysis! Quello è veramente insopportabile!”
“Lui è quello che si dà da fare più di tutti al villaggio: lo sapevi che lui e Annabell passano tutte le notti sulla
collina per fare da esca in caso di attacco notturno?” Replicò Lorelyn. “Ora lo sai.”
“Fare da esca?” Chiese Ansene.
“La collina è l’unico punto di accesso non coperto dagli alberi per entrare nel villaggio: semplicemente loro
coprono il punto più sensibile, esponendosi in prima linea” Rispose Lorelyn. “Capito?”
“Questo non me l’aspettavo.” Replicò Ansene. “Ma non hai risposto alla mia domanda.”
“In teoria, non c’è un capovillaggio o un sindaco a Bergamoon: ci sono solo persone che si danno da fare.”
Replicò Lorelyn. “Con il passare del tempo, i ragazzi più talentosi nel combattimento sono diventati delle
figure di riferimento per tutti e questa cosa mi pesa parecchio: io non sono bravo a combattere, non so
usare la spada, mi difendo bene con il bastone e sono un buon lanciatore, ma se non avessi Crysis a
proteggermi, morirei dopo pochi minuti. Da solo non valgo poi molto, ma, essendo amico suo e di Tyanas,
tutti mi vedono come uno di loro, ma io non so fare la metà delle cose che fanno loro in battaglia! Allora mi
sveglio presto, prendo i tronchi e li pianto a terra.”
Lorelyn piantò l’ennesimo palo a terra.
“Questo è il contributo che possa dare alla mia gente.” Disse lui prendendo un po’ dei tronchi che Ansene
teneva in mano.
Il ragazzo era rimasto tutto il tempo fermo ad ascoltarlo e a guardarlo lavorare: era rimasto estasiato dal
suo racconto e la stima che provava nei suoi confronti cresceva giorno dopo giorno. Nelle retrovie, Tyanas
stava osservando Karnay piantare i tronchi con scarsi risultati e, nel frattempo, osservava il sole: il
mezzogiorno era passato da qualche ora. Il soldato prese il suo corno e chiamò con esso Lorelyn e Ansene,
che, una volta terminato il lavoro, tornarono indietro verso Bergamoon.
Nella città, i bambini avevano appena finto di mangiare e si erano tutti riversati alla zona adibita a campo
d’addestramento, dove Crysis e Matheus si stavano esercitando con dei bastoni di legno. Il fratello minore
se ne stava sulla difensiva, limitandosi a parare i colpi di Matheus, i cui attacchi non sembravano sortire
alcun effetto.
“Forza Matheus!” Lo incitava Valery. “Punta ai fianchi!”
Ma ogni volta che il maggiore provava a sferrare un colpo laterale, il minore rotolava a terra e si rialzava,
aspettando il momento giusto per attaccare: Matheus provò ad affondare centralmente, ma Crysis si defilò
lateralmente tanto quanto bastava per colpire con il suo bastone quello del fratello, disarmandolo. Crysis
puntò il bastone alla gola di Matheus, il quale si mise a ridere e abbassò il bastone con la mano.
“Stavo per batterti questa volta.” Disse il maggiore mettendosi a ridere.
“Stavo per prenderti sul serio.” Rispose lui sorridendo.
Valery si alzò in piedi e disse: “Ora è il mio turno.”
“Non farei mai del male a una signorina.” Rispose Crysis.
Valery non la presa bene e si avvicinò a lui minacciosamente, con Matheus che cercava di farla
indietreggiare.
“E allora sfida me!” Urlò Annabell da dietro.
La ragazza si avvicinò al centro del campo e chiese a Valery se non le dispiacesse la cosa.
“Stendila sorella.” Rispose lei sorridendo.
Crysis passò il bastone di Matheus ad Annabell e la invitò a fare il primo passo. La ragazza non si fece
attendere e attaccò subito veementemente. Crysis parò il colpo e passò subito all’attacco, dimostrando un
atteggiamento molto diverso rispetto a quello tenuto contro il fratello. I due si scambiavano e paravano
colpi, rispettandosi a vicenda: erano cresciuti insieme e l’uno conosceva a menadito lo stile dell’altro. Se

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qualcuno avesse potuto guardare nelle loro menti, avrebbe visto la medesima scena: due bambini che si
combattevano tra di loro, con un’eleganza principesca nei movimenti. Le immagini dei combattimenti
dell’infanzia e di quello attuale avrebbero potuto tranquillamente scambiarsi fra di loro. Ad un certo punto
però, il montaggio cinematografico si interruppe perché Annabell sentì un forte dolore alla spalla. Crysis si
fermò immediatamente, correndo a soccorrerla, ma la ragazza ne approfittò per colpire il duellante con il
bastone sul petto, facendolo cadere.
“Ho vinto io!” Disse Annabell.
Anche quando erano ragazzini lei era solita usare questi trucchetti per sconfiggerlo in combattimento e,
ogni volta che lo sconfiggeva, facendolo cadere a terra, si avvicinava a lui e gli tendeva la mano per aiutarlo
a rialzarsi. Anche Crysis aveva mantenuto le cattive abitudini: una volta presale la mano, la trascinò a terra
con lui. La Annabell ragazzina lo baciava ogni volta, ma quella cresciuta sapeva come farlo penare e spesso
si negava, costringendolo a dimenarsi per riuscire a baciarla. Di solito queste cose accadevano nel privato,
ma quella volta era pieno di persone che li guardava, nonostante ciò, la cosa non sembrava infastidire la
ragazza, ma il soldato invece, dopo la discussione con Bella, si sentiva a disagio.
“Cos’è quella faccia?” Chiese lei sorridendo.
“Ho sonno.” Disse lui sorridendo, stampandole un bacio.
I due si rialzarono e Crysis passò un bastone a un nuovo avversario, mentre Annabell si preparò a
combattere. Il ragazzo prese in braccio Yulia e insieme tornarono alla loro capanna. Nel frattempo, Tyanas,
Lorelyn e tutti gli altri erano tornati a Bergamoon. I due chiesero di parlare con Crysis, ma Annabell rispose
loro di lasciarlo in pace perché era molto stanco.
“In effetti, le ultime settimane sono state veramente massacranti.” Disse Tyanas.
“Anche lui ha dei limiti.” Aggiunse Lorelyn.
Valery si intromise nel discorso, facendo una proposta particolare: una festa.
“Quanti compleanni abbiamo saltato perché eravamo impegnati a combattere?” Chiese lei.
“Forse ci servirebbe davvero rilassarci un po’.” Disse Matheus.
“Ma voi veramente, durante una guerra, state pensando a organizzare una festa?” Si intromise Tyanas.
“Facciamo così: quantomeno mangiamoci qualcosa tutti insieme.” Rispose Valery.
“E dove lo troviamo tutto quel cibo?” Chiese Lorelyn.
“Ci penso io: come sempre. Prenderò il cavallo e andrò a fare rifornimenti nella foresta.” Replicò Valery.
“Da sola?” Chiese Matheus.
“Sì.” Rispose Valery, dopodiché emise un fischio e il suo cavallo bianco la raggiunse immediatamente. “Ci
vediamo questa sera.”
La ragazza lasciò il villaggio in groppa al suo cavallo e tutti gli altri cittadini tornarono alle loro casupole per
cercare qualcosa da portare alla “festa”. Annabell e Matheus si incamminarono verso le rispettive capanne,
con il ragazzo che cominciò a parlare dei dubbi che aveva riguardo al comportamento di Valery, ma
Annabell tendeva a rispondere a monosillabi quando parlava con Matheus: il rapporto fra i due non era mai
decollato. Arrivati alla capanna di Annabell, videro Bella fuori dall’abitazione. La ragazza, quando si accorse
del loro arrivo, cominciò a camminare verso di loro, limitandosi a salutarli. Nella casupola, Crysis stava
dormendo accanto alla piccola Yulia.

Il soldato dormì per qualche ora e, quando si svegliò, si rese conto che il sole era già calato. La sorellina
stava ancora dormendo, il che gli parve strano visto l’insolito rumore che proveniva dal villaggio. Anche il
suo istinto di sopravvivenza sembrava essere rimasto sopito: in passato, al minimo rumore si sarebbe
gettato fuori dalla sua capanna, pronto a combattere, ma in quel momento no, in quel momento Crysis se
ne stava sdraiato, con gli occhi aperti sì, ma completamente privi di qualsiasi spirito combattivo. Il soldato si
rialzò e uscì dalla casupola, cominciò quindi a guardarsi intorno e la scena che vide lo spiazzò nettamente:
gli uomini e le donne che aveva sempre visto come persone cupe che pensavano solo a sopravvivere in quel
momento stavano cantando e ballando, riversati per le stradine di Bergamoon. Da lontano, si potevano
udire perfino degli strumenti musicali suonare: non si sentiva la lira malinconica di Lorelyn, bensì tamburi,
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chitarre e campanelle. La musica si faceva sempre più alta, tanto da svegliare la piccola Yulia, che raggiunse
il fratello fuori. Crysis le prese per mano e i due cercarono di raggiungere il centro del villaggio, cercando di
schivare i suoi compaesani. Il soldato continuava a guardarsi intorno meravigliato dallo spettacolo che
aveva d’innanzi: era forse quella la tanto agognata serenità? Quando era piccolo, suo padre Virgo gli aveva
parlato delle feste che animavano il villaggio nei periodi di pace, quegli stessi periodi di pace che il ragazzo
non aveva mai vissuto. La spensieratezza che vedeva negli occhi delle persone lo turbava: non si sentiva a
suo agio in mezzo a tutte quelle risate. Nella piazzetta centrale del villaggio, era acceso un fuoco dal
diametro di circa un metro. Le persone intorno a questo cantavano e ballavano, c’era chi stava seduto un
po’ più lontano, c’era chi mangiava e c’era chi si approfittava del buio per nascondersi in dolce compagnia.
“Fratellone.” Yulia cominciò a tirargli il braccio per chiamarlo.
Crysis guardò in basso verso la bambina, che si guardava intorno quasi spaventata.
“Chi sono tutte queste persone?” Chiese lei.
E in quel momento il soldato si rese conto di una cosa paradossale: aveva lottato tutta la vita per difendere
il suo villaggio, senza aver mai davvero conosciuto chi ci viveva dentro. Non aveva mai nemmeno visitato la
cittadella nella sua interezza, non aveva mai realmente conosciuto i suoi abitanti al di fuori della sua piccola
cerchia: il padre lo faceva esercitare nel combattimento e poi lo riportava a casa, si era unito all’esercito
dopo la sua morte e tutte le persone con cui intratteneva rapporti erano soldati, uomini o donne che
fossero. Yulia aveva ragione: chi erano tutte quelle persone? Sono sempre stati così tanti gli abitanti di
Bergamoon?
“Sono nostri amici.” Le rispose Crysis, anche se non sembrava molto convinto.
Fra quegli amici sconosciuti, c’erano anche degli amici veri. Yulia vide Annabell e le corse in contro, mentre
il ragazzo cominciò ad osservare il fuoco, preferendo rimanere lontano da tutti. Ci pensò Tyanas a mandare
all’aria la sua missione: il biondo gli si avvicinò e gli consigliò di sedersi.
“Devi dirmi qualcosa?” Gli chiese Crysis.
“No.” Rispose Tyanas. “Mi sembravi irrequieto.”
“Siamo in guerra.” Replicò Crysis. “Cosa significa tutto questo?”
“Abbiamo pensato che ci servisse una pausa.” Disse Tyanas.
“Non sei molto credibile.” Rispose Crysis.
“Infatti non ero molto convinto di questa cosa.” Replicò Tyanas. “È stata un’idea di Valery.”
“E con questa le ho sentite tutte.” Disse Crysis.
Tyanas cominciò a ridere, dopodiché gli appoggiò una mano sulla spalla e gli disse: “Se Valery è arrivata al
punto di organizzare una festa per farci rilassare, significa che siamo veramente alla frutta.”
“Nel senso che stiamo per morire?” Chiese Crysis.
“Nel senso che siamo stanchi.” Rispose Tyanas. “E poi… ogni giorno rischiamo di morire… quindi…”
“Io ho fatto pace con la morte.” Replicò Crysis. “Ormai non mi turba nemmeno quella.”
“E Annabell?” Chiese Tyanas, rialzandosi.
“Che c’entra lei?” Replicò Crysis.
Tyanas sorrise e se ne andò, tornando verso gli altri, mentre l’altro ragazzo rimase lì da solo a fissare il
fuoco. Anche i suoi amici avevano cominciato a ballare: tutti tranne lui. Ad un certo punto, mentre
guardava Annabell ballare con la piccola Yulia, Bella si avvicinò a lui con un bicchiere in mano.
“Lo vuoi?” Chiese lei.
“No, grazie.” Rispose lui in modo secco.
“Come sei rigido.” Replicò lei, bevendo dallo stesso bicchiere.
“Sono di guardia.” Rispose lui.
“No, sei solo antipatico.” Replicò lei, mettendosi a ridere.
La ragazza cominciò a guardarlo intensamente negli occhi, dopodiché riprese a parlare in modo
ammiccante: “Devo dirti un segreto.”
“Non mi interessa.” Rispose lui.

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“Ma è importante!” Replicò lei.
“Bella… sei ubriaca.” Disse Crysis.
“Tu che ne sai?” Replicò lei, mettendosi a ridere. “Devo dirti una cosa: abbiamo fatto una ca…”
La ragazza non fece in tempo a terminare la frase che intervenne una frenetica Annabell: lei prese le mani
di Crysis e lo convinse ad alzarsi.
“Dai, vieni con me!” Gli disse.
Crysis decise di assecondarla, senza degnare nemmeno uno sguardo a Bella, che non la prese bene. Il
ragazzo si unì finalmente al suo solito gruppo, mentre Bella decise di andarsene. Erano tutti felici, tutti
leggiadri, (quasi) tutti spensierati. I soldati non erano più dei manichini ingabbiati nelle loro armature:
erano liberi di vivere la loro età, probabilmente per la prima volta nella loro vita. Persino Valery e Matheus
sembravano una coppia vera. Lorelyn batteva le mani sopra un tamburo e Tyanas se ne stava seduto ad
osservarli tutti, sorridendo come non aveva mai fatto.

Con il passare delle ore, le persone radunate attorno al fuoco erano sempre meno. Rimasero in sei, quattro
ragazzi e due ragazze, e Lorelyn colse l’occasione per condividere con gli altri qualcosa di molto intimo.
“Qualche settimana fa.” Disse lui. “Mentre rovistavo nelle case abbandonate, ho trovato un libro di canzoni,
scritte da un tale Torquato, tutte quante dedicate all’antico splendore della vecchia Bergamoon. Ho
provato a suonarne qualcuno con la lira, ma i risultati lasciavano molto a desiderare. Così ho continuato a
cercare e ho trovato anche un rudimentale pianoforte, che ho nascosto prima fra le piante.”
Il ragazzo allora si alzò e scomparve nelle piante che circondavano la piazzetta. Dopo qualche secondo, i
presenti cominciarono a udire delle note di pianoforte: Crysis e Annabell si strinsero l’uno con l’altro,
mentre gli altri chiusero gli occhi per godersi la musica. Dietro di loro, i cespugli si mossero.

“Terra che il Serio bagna e il Brembo inonda, che monti e valli mostri ad una mano, ed all’altra il tuo verde e
largo piano or ampia ed or sublime ed or profonda. Perch’io cercassi pur di sponda in sponda Nilo, Istro,
Gange, o s’altro è più lontano, o mar da terra chiuso, o l’Oceano che d’ogni intorno a lui cinge e circonda.
Riveder non potrei parte più cara e gradita di te, da cui mi venne in riva al gran Tirren famoso padre, che fra
l’arme cantò rime leggiadre, benché la fama tua pur rischiara e si dispiega al ciel con altre penne”.

Non appena ebbe finito di cantare, il pubblico cominciò ad applaudire sotto la musica di Lorelyn, che ben
presto tornò indietro a godersi il calore dei suoi amici.
“Vorrei anch’io dire qualcosa.” Intervenne Tyanas. “Mio padre, quando era ancora con noi, mi raccontò che
un tempo Bergamoon era la capitale di un grande impero. Poi un giorno, arrivarono degli uomini malvagi e
distrussero tutto: i nostri genitori allora costruirono questo piccolo villaggio militare, che prese il nome
dell’antica capitale. Io continuavo a chiedergli cosa avessimo fatto di male per meritarci tutto questo, ma
lui non riuscì a darmi una risposta. Allora continuai a combattere, conobbi tutti voi e passai la mia vita come
un guerriero senza una direzione. Mentre combattevamo, mi sono chiesto più volte per cosa stessimo
combattendo: mi continuavo a ripetere che lo facevo per essere felice, ma questa felicità tardava ad
arrivare. Questa sera mi sono sentito felice: non vorrei nient’altro dalla mia vita.”
“Sembra quasi un discorso d’addio.” Disse Matheus.
“Le nostre vite sono instabili.” Intervenne Valery. “Tutti noi siamo costantemente in pericolo: penso che
Tyanas abbia voluto dirci queste cose perché ogni battaglia potenzialmente può essere l’ultima, o sbaglio?”
“Non ti sbagli.” Rispose lui.
“Valery, dove la tenevi nascosta tutta questa empatia?” Chiese Annabell ironicamente.
“Oggi siamo tutti un po’ più buoni.” Replicò lei freddamente.
“Che cos’è per voi la felicità?” Intervenne Crysis.
Calò il gelo sopra quei ragazzi.
“Tu.” Rispose Annabell. “Per me, la felicità sei tu.”
Crysis la guardò negli occhi e le diede un bacio sulla fronte.
“La stabilità.” Rispose Matheus. “Avere una persona accanto, avere intorno delle persone che mi vogliono
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bene, fare un mestiere che non faccia schifo… Penso sia questo.”
“Il potere.” Disse Valery.
“La musica.” Rispose Lorelyn. “Una vita senza arte per me non è neanche vita.”
“Io conosco la tua risposta.” Disse Tyanas guardando Crysis. “Ed è estremamente simile alla mia.”
“Non hai tutti i torti.” Rispose lui, allungando però il braccio verso Annabell.
“Si è fatta una certa ora.” Disse la ragazza.
“Chi è di guardia ‘stanotte?” Chiese Matheus.
“Noi, come tutte le notti.” Rispose Annabell, alzandosi.
Il gruppo si congedò e cominciò a sparpagliarsi lungo le vie di Bergamoon, mentre Crysis e Annabell
raggiunsero la collina.

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TRONO DI MACERIE

Annabell e Crysis erano sdraiati sulla collina, l’uno accanto all’altro. La ragazza ogni tanto si addormentava,
per poi risvegliarsi dopo pochi minuti: sicuramente la festa non stava aiutando il loro turno di guardia.
Crysis invece rimaneva fisso a fissare la luna, concedendosi solo qualche secondo di pausa per fissare fra le
piante. Quel punto era l’ingresso di una foresta e da lì ogni notte arrivava la “visione” a fargli visita. I due
ragazzi avevano portato con loro solo un piccolo coltello, trovato di fortuna per terra, forse la soluzione
migliore sarebbe stata tornare indietro a prendere delle armi, ma lasciare la zona d’ingresso scoperta
sarebbe stato troppo rischioso. Uno dei due avrebbe potuto rimanere di guardia mentre l’altro recuperava
la ferraglia, ma anche quella soluzione venne valutata come rischiosa. Ad un certo punto, Annabell si
svegliò con aria confusa e guardando il ragazzo gli disse: “Ti capita mai di vedere persone fra le piante?”
“A volte ci parlo pure.” Rispose lui, ridendo. “Dev’essere una cosa tipica di questo posto.”
“Posso farti una domanda?” Chiese lei.
“Devo preoccuparmi?” Replicò lui.
“No, di solito mi piacciono le tue risposte.” Rispose lei. “Io so meglio di tutti quanto hai a cuore il nostro
villaggio e so che daresti la vita per salvare tutti noi. So anche che odi i discorsi smielati almeno quanto li
odio io, infatti prima non so cosa mi sia preso quando ti ho detto quella cosa, comunque quello che voglio
dire è che sono perfettamente consapevole che il nostro rapporto non sia una priorità per te, come non lo è
per me…”
“Perché la nostra priorità sono tutti gli altri.” Intervenne lui.
“Detto ciò…” Riprese lei. “Io e te siamo una famiglia, io, te e Yulia siamo una famiglia, mettici dentro anche
Matheus e Valery se vuoi…”
“Dove vuoi arrivare Annabell?” Chiese lui.
“Quella Bella non lo sopporto proprio!” Rispose lei.
Crysis quindi cominciò a ridere, arrivando a sdraiarsi a terra, tenendosi la pancia. Annabell, stizzita, lo colpì
con una serie di pugni, intimandolo di smetterla, ma, vedendo che lui continuava, si alzò e lo minacciò con
una fionda.
“Se non la smetti sei un uomo morto.” Disse lei con aria intimidatoria.
“Ma quella è la mia vecchia fionda!” Esclamò lui, alzandosi.
Lui cercò di riprendersela, ma la ragazza fece un passo indietro.
“Ora è mia: l’ho vinta regolarmente quando eravamo piccoli.” Disse lei.
“Sì, mi ricordo molto bene.” Rispose lui. “Ma non credevo che la tenessi ancora con te.”
“La uso come porta fortuna e la tengo in una tasca nella mia bellissima cotta di pelle.” Replicò lei.
I soldati e le soldatesse erano soliti vestirsi con delle cotte di pelle rosse, cucite e ogni volta ricucite da
Valery, utilizzate sia durante le battaglie, sia nelle occasioni civili.
“Vuoi giocarci un po’?” Chiese lei, porgendogliela.
Crysis si avvicinò piano piano, le afferrò il braccio e la tirò verso di sé, riuscendo a strapparle sia un bacio,
che la fionda, dopodiché si avvicinò alla sporgenza della collina e raccolse un sasso.
“Vediamo se mi ricordo come si fa.” Disse lui.
E così Crysis passò diversi minuti a esercitarsi con la fionda, il tutto sotto gli occhi di una stanca Annabell,
che guardava verso la foresta in cerca di risposte.

Nel castello dei ghiacci, non si respirava la stessa atmosfera di quasi-pace che c’era a Bergamoon, anzi, gli
stregoni sembravano abbastanza irrequieti. Il re si trovava seduto sul suo trono con in mano una sfera
bianca, quando Hugò lo raggiunse, entrando nella stanza.
“Ne è proprio sicuro, sire?” Chiese il servitore.
“La sfera mi ha chiarito ogni dubbio: è arrivato il momento di agire.” Rispose Durezerox.

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“Devo avvertire mio figlio?” Chiese di nuovo Hugò.
“No, non servirà: questa volta agiremo in maniera diversa dal solito.” Replicò il re. “Gli uomini sono
incompetenti, anche se gli ultimi arrivati non se la cavano male. Mi sono stancato di vedere quei rifiuti
biologici agitarsi e inzuppare di sangue la terra che verrà presto ricoperta dal nostro ghiaccio. La nostra
azione sarà rapida, elegante, ma estremamente distruttiva.”
“Allora non capisco perché non voglia utilizzare mio figlio.” Disse Hugò.
“Mi sembra che tu non capisca e basta.” Replicò il re. “Quel demonietto che ti porti appresso
distruggerebbe tutto senza risparmiare nessuno, non riesce ancora a controllare i suoi poteri, mentre
invece c’è un’altra creatura che quei poteri li ha appena risvegliati: sarà lei a condurre le operazioni.”
“E chi è questa persona? Se posso chiedere ovviamente…” Chiese Hugò.
“Lo scoprirai molto presto.” Rispose il re. “Ora manda le creature inferiori a togliere il recinto che i loro
simili hanno piazzato per cercare di fermarci, dopodiché, potrà cominciare l’operazione. Tu supervisionerai
tutto il lavoro e ti assicurerai che le missioni vengano portate a compimento.”
“Quali sono queste missioni, sire?” Chiese Hugò, quasi spaventato.
“Missione numero uno: portarla qui viva.” Disse il re. “Missione numero due: fare terra bruciata.”
Hugò si spaventò nell’udire con quale freddezza Duezerox stava parlando di uno sterminio, uno sterminio al
quale doveva sopravvivere una sola persona.

“Stai ancora giocando con la fionda?” Chiese Annabell.


“Hai un’idea migliore per far passare il tempo?” Replicò Crysis.
“Non dobbiamo far passare il tempo: dobbiamo rimanere concentrati.” Rispose lei.
Crysis allora smise di esercitarsi e si sedette accanto alla ragazza.
“Non fare l’offeso eh.” Disse lei. “Sei proprio pessimo come eroe…”
“Io non sono un eroe.” Rispose il ragazzo. “Cerco solo di fare del mio meglio: sei tu l’eroina di questa
storia.”
“Quale storia?” Chiese lei.
Il ragazzo la guardò negli occhi e disse: “La storia di un ragazzo che non ha avuto niente dalla vita, se non il
dono della speranza infinita, conobbe una ragazza con l’aspetto di un dio e lei fu l’unica luce che lo salvò
dall’oblio.”
Annabell scoppiò a ridere, dopodiché disse: “Cos’è? Lorelyn ti ha attaccato la sua malattia?”
“Ma tu sei la stessa che mi ha fatto il discorso sulla famiglia un’ora fa?” Chiese lui sorridendo.
“Sono un po’ strana in effetti.” Rispose lei. “Ti piaccio anche per questo, almeno credo.”
“Veramente mi piaci per la tua grinta.” Replicò lui. “Perché quando ho paura e penso di arrendermi, mi
vengono in mente tu e la tua energia: mi dai la forza per continuare a lottare.”
“Siamo una bella squadra.” Disse lei sorridendo.
“Non eravamo una famiglia?” Chiese lui ironicamente.
“Non eravamo di guardia?” Replicò lei ridendo.
La ragazza si alzò in piedi scompigliandogli i capelli e si sporse per ammirare il panorama, Crysis cominciò a
guardare verso la foresta e vide una sagoma interamente bianca, che ricordava una figura femminile,
scappare velocemente fra gli alberi.
“Ahhhh!”
Annabell cominciò a urlare, stramazzando a terra. Crysis si alzò subito e corse al suo capezzale: nonostante
il buio, si accorse subito che la sua spalla sinistra era stata trafitta da un cristallo di ghiaccio, il quale, si stava
lentamente sciogliendo.
“Ti porto indietro.” Le disse Crysis.
Il ragazzo però non fece in tempo a sollevarla che vide alcuni nemici salire sulla collina: questi erano
totalmente ricoperti da un’armatura nera, con elmo annesso. Crysis si ritrovò quindi in poco tempo
circondato da soldati armati, a differenza sua, che potevano attaccare sia lui che Annabell, la quale giaceva
a terra ferita.
18
“Ce la fai a correre?” Le chiese a bassa voce.
“Io non ti lascio qui da solo.” Rispose lei rialzandosi.
“Ascoltami.” Disse lui. “Qui non si tratta di noi due: Bergamoon è sotto attacco.”
“Pensi che non me ne sia accorta?” Chiese lei rabbiosamente. “Corro?”
Crysis la guardò negli occhi e le disse: “Corri!”
La ragazza si voltò e cominciò a correre verso il villaggio, ma una volta voltata ricevette un colpo di lancia
sulla fronte. Annabell cadde a terra e solo in quel momento Crysis si accorse che c’era un nemico dietro di
loro, il quale aveva la strada verso il villaggio completamente spianata.
“Capisco…” Si disse il ragazzo a sé stesso. “Fatevi avanti.”
Il ragazzo raccolse un sasso e riuscì a colpire un nemico sulla fionda, ma ben presto si ritrovò tutti gli altri
nemici addosso: questi lo colpivano con delle lance completamente nere, ma senza mai affondare il colpo.
Crysis cercava di difendersi con calci e pugni, in più di un’occasione provò a urlare, ma i nemici
continuavano a mettergli le mani in faccia nel tentativo di bloccarlo. Ogni volta che tentava di disarmare un
nemico, un compagno lo colpiva con la lancia. Una di queste armi lo colpì alla coscia sinistra, procurandogli
una ferita copiosa. Il ragazzo cadde in ginocchio e i nemici cominciarono a colpirlo in testa. Crysis allora
cominciò a strisciare per proteggere Annabell, nel frattempo, i nemici non sembravano convinti del loro
attacco, sembravano alquanto impacciati. I soldati riuscirono a fatica a spostare il corpo di Crysis, il quale,
nonostante stesse perdendo grandi quantità di sangue, continuava a scalciare e a tentare di urlare,
nonostante le mani in faccia. Hugò osservava tutto dall’altro: “A me.” Disse lui.
Con la sola imposizione delle mani, lo stregone attirò a sé il corpo inerme della ragazza. Crysis cominciò a
dimenarsi con un animale per salvarla, ma ogni volta che faceva un piccolo passo in avanti per liberarsi
veniva colpito da una bastonata in testa. Anche Annabell provava a liberarsi, ma si sentiva completamente
paralizzata: dei cristalli di ghiaccio si stavano formando attorno alla ragazza. Annabell era immobile e
riusciva a muovere solo gli occhi, con i quali riuscì a vedere Crysis crollare a terra sotto i colpi dei nemici.
“Andiamo.” Ordinò Hugò dall’alto.
Lo stregone attirò il corpo della ragazza imponendo le mani, i soldati cominciarono a correre via e anche
quelli che si stavano occupando di Crysis fecero per andarsene. Uno però ne fermò un altro e gli ordinò di
ucciderlo. Così il ragazzo rimase da solo contro il soldato nemico, il quale brandiva una lancia nera in mano
e sembrava in procinto di colpire mortalmente il nemico. Crysis si alzò in piedi, tremolante e pieno di ferite,
e disse a chi aveva di fronte di ucciderlo. Il soldato però tentennò e, dopo alcuni secondi di indecisione,
cominciò a scappare verso i suoi compagni. Crysis si guardò attorno, dopodiché cominciò a correre
zoppicando verso il centro di Bergamoon.

19
DA SOLO

Crysis correva ansimando, cercando di arrivare vivo al villaggio. Il buio e la perdita continua di sangue
creavano una cortina tenebrosa che gli si stendeva davanti agli occhi: Crysis camminava, ma non vedeva
dove stava andando. Per sua fortuna, la strada per arrivare alla campana d’emergenza era tutta dritta, ma
arrivarci era tutt’altro che facile. Come se non bastasse, nessuno si era accorto di ciò che era appena
successo, ma perché era successo? Cosa potevano volere quelle persone da Annabell? A Crysis non
importava: lui doveva raggiungere quella dannata campana e l’avrebbe raggiunta a costo di morire lungo la
strada. Con le mani cercava continuamente di trovare degli appoggi, il baricentro basso gli impediva di
crollare, ma quella gamba malandata non avrebbe retto a lungo eppure una parte di lui sapeva che sarebbe
arrivato quel momento: se non fosse stato per il rapimento di Annabell non sarebbe stato nemmeno
agitato. La morte in sostanza non lo spaventava: perdere i propri cari era molto più spaventoso.
“Eccola…” Si disse fra sé e sé.
Crysis era arrivato alla campana, prese il pendolo e la fece suonare, urlando aiuto. Se gli abitanti non si
svegliarono grazie alla campana, lo fecero a causa delle urla di Crysis, che continuava a chiedere aiuto
mentre tornava a casa. Nella sua capanna, illuminata lievemente da una candela, si strinse una benda
intorno alla gamba e indossò velocemente la sua armatura, ma solo la copertura del busto. Fece per
prendere una spada, ma il suo sguardo si incrociò con quella di Yulia, che si era appena svegliata.
“Cosa sta succedendo?” Gli chiese lei.
Crysis la guardò intensamente negli occhi, dopodiché le diede un bacio sulla fronte con tutto l’affetto che
gli rimaneva.
“Tu rimani qui e nasconditi, io vado a combattere.” Le disse. “Ti ho voluto tanto bene.”
I due si scambiarono un ultimo sguardo: lei con l’espressione innocente di chi non comprende, lui con
l’ammarezza di chi sa che quello è un addio. Il ragazzo prese una spada e cominciò a correre, ferita
permettendo, fuori, verso il centro della città. Vicino alla campana, si erano radunati numerosi soldati
armati: la maggior parte di loro indossava l’armatura, altri invece solo una dose di coraggio. Alcuni si erano
portati dietro delle torce infuocate, ma la maggior parte delle persone brancolava nel buio.
Arrivato alla campana, Crysis nemmeno si fermò: si limitò a urlare.
“Dobbiamo attaccare.” Gridava. “Ci hanno attaccato: dobbiamo attaccarli prima che ripieghino!”
Tyanas intervenne, immobilizzandolo con le braccia.
“Calmati!” Gli disse. “Cos’è successo?”
“Calmarmi?” Rispose Crysis rabbioso. “Hanno preso Annabell!”
“Chi?” Replicò Tyanas.
“I soliti cazzo!” Replicò Crysis. “Chi vuoi che sia stato?”
“Andiamo a riprendercela.” Intervenne Matheus.
“No.” Rispose Tyanas. “È esattamente quello che vogliono.”
“E noi glielo daremo con gli interessi!” Rispose Crysis.
Il soldato era totalmente fuori controllo: non c’era modo di farlo ragionare.
“Se attaccassimo adesso, cadremo sicuramente nella loro imboscata.” Rispose Tyanas.
“Tyanas ha ragione.” Disse Lorelyn. “Conviene studiare una strategia.”
“Voi state pure qui a perdere tempo!” Rispose Crysis. “Io vado a riprendermela!”
“Potresti morire!” Replicò Tyanas.
I due si guardarono intensamente negli occhi, come se volessero prendersi a pugni l’un l’altro. Il biondo
però, a un certo punto, mutò espressione, lasciando da parte il suo furore per far posto a uno sguardo
triste.
“Io vado.” Disse Crysis.
“Andremo tutti.” Rispose Tyanas con calma olimpica. “Ma…”
20
“Per Bergamonon!” Esclamò Crysis alzando la sua spada.
I soldati cominciarono a urlare per incitarsi, quando a un certo punto, alle loro spalle si verificò
un’esplosione!
“Siamo sotto attacco.” Disse Matheus con aria triste.
“Pensateci voi.” Disse Crysis.
Tyanas però lo afferrò per la spalla e lo spinse indietro.
“… ma tu rimani qui.” Disse lui.
“Cosa?” Replicò Crysis.
“Ha ragione.” Intervenne Lorelyn. “Il tuo aiuto serve qui.”
Matheus si avvicinò al fratellino, lo guardò negli occhi e accarezzandogli la faccia gli disse: “La riporterò a
casa a costo della vita.”
Crysis non l’aveva mai visto con quell’espressione così seria, ma in quel momento un po’ tutti avevano altro
a cui pensare.
“Trova i piromani e uccidili.” Disse Tyanas.
“E i civili?” Chiese Crysis.
“Sono tutti in grado di scappare da soli.” Disse Lorelyn. “Fidati di loro.”
“E fidati di noi.” Intervenne Matheus.
Crysis e annuì e i soldati cominciarono a muoversi verso l’uscita del villaggio. Matheus rimase indietro, si
voltò verso il fratellino, gli fece l’occhiolino, dopodiché cominciò a correre anche lui verso gli altri. Crysis si
trovava da solo a proteggere l’intero villaggio, che lentamente stava venendo abbracciato dalle fiamme. Il
ragazzo corse subito verso la sua casupola: la sua priorità era aiutare Yulia a scappare, dopodiché l’avrebbe
fatta pagare ai nemici. Non si fermò nemmeno un secondo per chiedersi se quella fosse la scelta corretta:
lo doveva essere per forza. Quando arrivò nei pressi nella sua casupola urlò il nome della sorellina, ma dopo
qualche secondo, mentre stava ancora correndo, venne colpito frontalmente da una freccia alla spalla
sinistra. Crysis cadde a terra a peso morto, dopodiché spezzò la freccia e si rialzò subito.
“Una balestra.” Disse. “Venite fuori!”
Crysis estrasse la spada dalla fodera, pronto a combattere contro i suoi nemici. Da dietro la casupola
uscirono tre individui incappucciati, coperti interamente da un velo nero. Due alti e uno basso, quest’ultimo
aveva in una mano una balestra, ma era nell’altra che aveva un carico prezioso: con la sinistra teneva la
piccola Yulia per il collo.
“Ma che uomo sei?” Gli chiese un furente Crysis.
“Tu rimani il solito codardo invece.” Rispose lui.
“Vedremo se riuscirai ancora a parlare quando ti avrò tagliato la gola.” Replicò il soldato.
“Il tuo villaggio è in fiamme e tu hai pensato prima a tua sorella che a queste persone.” Disse il nemico,
indicando alcuni corpi distesi lì intorno.
“Secondo me ha pensato prima alla sua ragazza.” Intervenne uno dei due aiutanti ridendo.
“Giuro che vi ammazzerò tutti nel peggiore dei modi.” Disse Crysis ormai accecato dall’ira.
“E saresti tu l’eroe della storia?” Replicò il nemico basso. “Questa bambina morirà per il tuo egocentrismo.”
L’individuo, che dimostrava una voce strillante, nonostante i tentativi di tenere un tono basso, fece cadere
la bambina a terra e puntò la balestra contro di lei. La bimba si voltò verso Crysis, che con uno scatto riuscì
a mettersi in mezzo alla traiettoria: una freccia gli trafisse la schiena. Il ragazzo prese in braccio la bambina
e provò a scappare via, ma cadde quasi subito a terra.
“Vattene via Yulia.” Le disse. “Scappa.”
Uno dei due aiutanti alti però prese la bambina per i capelli e lanciò verso un cumulo di macerie. Crysis fece
appello alla sua rabbia per cercare di rialzarsi.
“Prendervela con una bambina… ma che uomini siete?” Chiese lui.
“Non siamo più uomini.” Rispose quello basso. “Ora siamo come loro!”
I tre si levarono finalmente il cappuccio.

21
“Marx, Karnay e Ansene.” Disse Crysis senza nemmeno guardarli in faccia.
Essi erano in piedi a circa due metri da lui e lo fissavano, con un solo occhi aperto, come un predatore fissa
la sua preda.
“Che avete fatto agli occhi?” Chiese Crysis, alzando lo sguardo, ammirando la cicatrice sulla cavità sinistra.
“Donare i nostri occhi è stato il pegno per entrare a far parte della famiglia degli stregoni!” Rispose
entusiasta Ansene. “Un sacrificio necessario!”
“Stregoni… quindi tu non eri sfregiato, vero?” Replicò Crysis guardando Marx.
“Sono stato il primo ad entrare nella nuova famiglia.” Rispose lui. “E ho anche condotto personalmente le
trattative.”
“Allora verrai ucciso per primo!” Esclamò Crysis.
Il soldato attaccò direttamente i nemici, Marx e Karnay si difesero utilizzando la lance nere, mentre Ansene
face dei passi indietro, caricando i dardi della balestra. Crysis combatteva come un animale e i nemici
faticavano a tenergli testa. Dietro di loro, il fuoco stava divampando: in quella zona del villaggio c’erano dei
piccoli laboratori, dove alcune signori studiavano le polveri per poter produrre il fuoco. Per colpa di queste
polveri, continuava a verificarsi tremende esplosioni, con il fuoco che ben presto avrebbe inghiottito
l’intero villaggio. Non c’erano recinti protettivi che facessero da ostacolo: l’incendio invase ferocemente
dapprima le alture, per poi tornare verso il basso, bloccando qualsiasi tentativo di fuga o di soccorso. I vicoli
stretti del villaggio si prestavano particolarmente a questo tipo di flagello. Subito dopo, uno stregone basso,
completamente vestito di bianco e con la testa ricoperta da un albo cappello, prese il volo, sorvolando i
soldati.
“Merlo!” Esclamò Ansene. “Dovevamo andarcene insieme!”
Ma lo stregone se ne andò da solo.

L’esercito di Bergamoon stava correndo verso i nemici: quando questi si fermavano, venivano travolti
dall’impeto dell’esercito. Gli uomini avversari non sembravano avere stimoli per combattere, mentre i
soldati di Bergamoon stavano scacciando dei nemici dal loro villaggio, dovevano riportare Annabell a casa e
dovevano anche tornarci il prima possibile per aiutare Crysis a fare evacuare gli abitanti del villaggio. Non
c’era tempo da perdere: non c’era nessuna pietà. Matheus aveva abbandonato il suo arco per combattere
con la spada, proprio come il padre prima e il fratello poi: probabilmente uccise più persone quella notte
che nel corso di tutte le battaglie nelle quali era sopravvissuto. In tutto ciò, Hugò volava sopra di loro,
monitorando la situazione, accanto a lui, Annabell era svenuta e la sua carnagione sembrava quella di un
cadavere. Gli eserciti si erano impantanati sulla terra rossa e Hugò decise che lo spettacolo poteva
terminare, così fece per andarsene assieme al corpo di Annabell. Il suo movimento improvviso causò un
forte colpo di vento gelido. Tutti i soldati se ne accorsero e alzarono lo sguardo, vedendo Hugò per la prima
volta.
“Ma cosa sta succedendo?” Si chiese Tyanas.
“Stanno volando!” Esclamò Lorelyn sconvolto.
Tyanas allora prese la lancia di Lorelyn a la lanciò verso Hugò, il quale però la bloccò senza toccarla e, con la
sola imposizione delle mani, le fece cambiare direzione, puntandola verso i soldati, dopodiché la spinse con
un dito. Lorelyn cominciò a fissare la lancia diretta verso di lui, immobilizzato dalla paura. Il soldato chiuse
gli occhi e abbassò la testa: un lieve schizzo di sangue lo colpì sul volto. Davanti a lui, Matheus si era
immolato, facendosi colpire dalla lancia: il suo polmone sinistro era completamente perforato. Il ragazzo
cadde a terra in ginocchio e cominciò a sputare sangue dalla bocca. Lorelyn e Tyanas si abbassarono subito
al suo capezzale, cercando di farlo riprendere.
“Mathues! Non chiudere gli occhi.” Disse Lorelyn. “Ti riporteremo a casa.”
“È troppo tardi.” Disse Tyanas.
“Gli somigliavo, vero?” Disse Matheus sorridendo. “Volevo essere anch’io un eroe… che figuraccia!”
“Ti vendicheremo!” Disse Lorelyn scoppiando a piangere.
“No.” Rispose lui con le ultime energie. “Tornate indietro… e dite a Valery… che… io la…”
22
Matheus esalò l’ultimo respiro, appoggiando la testa contro le lacrime del compagno.
“Nessuno uscirà vivo da questa battaglia.” Disse Tyanas distrutto.
“Nessuno di loro!” Replicò Lorelyn, cercando di contenere la rabbia.
“Non guardare in alto…” Sospirò Tyanas.
Troppo tardi. Accanto a Hugò c’era un’altra creatura, vestita uguale, ma molto diversa: sembrava un
bambino.
“Mi ha mandato il re.” Disse Tom. “Ha detto che ci state mettendo troppo.”
“Allora pensaci tu.” Disse Hugò. “Uccidi anche i nostri.”
In basso, Tyanas e Lorelyn avevano rinunciato a combattere: stavano guardando i due stregoni in alto,
attendendo un segnale.
“Lorelyn…” Sospirò Tyanas. “Mi dispiace.”

Crysis continuava a combattere nonostante le ferite e l’inferiorità numerica. Ansene se ne stava più
distaccato, impegnato a caricare la sua balestra, quando tutti e quattro vennero investiti da una forte
ondata di vento gelato. I tre nemici caddero a terra, Crysis riuscì a conficcare la spada nel terreno,
tenendosi aggrappato ad essa. L’ondata proveniva dall’esterno del villaggio e aveva spazzato via tutto lungo
la strada, portando con sé i detriti, ultimi pezzi di quello che un tempo era Bergamoon. Esaurita l’onda
d’urto, Ansene si rialzò e puntò la balestra contro Crysis, il quale non si accorse nemmeno della sua
presenza: davanti a lui c’era qualcosa di molto più importante. Il vento aveva smosso un cumulo di detriti,
dal quale stava sgattaiolando fiori la piccola Yulia che, nonostante una ferita sulla fronte, non si era data
per vinta e ora stava provando a scappare dall’incendio con le sue ultime forze. Anche Ansene però la notò
e puntò la balestra contro di lei. Crysis cadde a terra in ginocchio stremato e con la coda dell’occhio riuscì a
notare Ansene.
“Non lo farai.” Disse il soldato.
“Guardati intorno piccolo eroe.” Rispose Ansene in pieno delirio di onnipotenza. “Ho ucciso i miei
concittadini, ho dato fuoco al mio villaggio: pensi che possa aver pietà di una bambina? Quella non è una
bambina Crysis: è solo un modo per farti soffrire ancora di più!”
Ansene fece scoccare il dardo. Crysis prese la sua spada e la lanciò verso Yulia: la spada intercettò la freccia,
salvando la bambina. Il soldato si alzò in piedi e guardò Ansene con l’espressione di chi sa di aver perso
tutto. Una spada lo trafisse da dietro nel basso ventre: Karnay cominciò ad alitare sul collo di Crysis e il
ragazzo cominciò a sputare sangue a terra. Una volta estratta la spada, Crysis cadde a terra privo di forze.
“Cosa facciamo della bambina?” Chiese Marx.
“Lasciamola qui: questo posto sta per bruciare.” Rispose Ansene. “Quello stregone la pagherà!”
“Ci conviene andarcene in fretta allora.” Intervenne Karnay.
I tre cominciarono a correre verso l’esterno del villaggio, lasciando il soldato e la bambina in fin di vita in
mezzo alle fiamme. L’ultimo rimasuglio dello storico impero di Bergamoon cadeva quel giorno e si portava
con sé un gruppo di giovani uomini e giovani donne che avevano trascorso la vita cercando di sopravvivere,
senza mai vivere veramente. La vista di Crysis si era appannata: vedeva solo delle sfumature di colore
arancione muoversi davanti agli occhi e, mentre il rumore degli zoccoli di un cavallo simulava l’arrivo di un
carro venuto per portarlo via con sé, il suo ultimo pensiero e il suo ultimo respiro lo dedicava alla persona
che più di tutte di rammaricava di non essere riuscito a proteggere: “Annabell…”

23
INCASTRI

Annabell era sdraiata in una cella con le pareti completamente ricoperte di ghiaccio: la sua pelle era
diventata pallidissima, le gocce di lacrime vicino ai suoi occhi si erano congelate e le sue mani perdevano
sangue dalle nocche. Nonostante i polsi gonfi e i brividi, la ragazza riuscì ad alzarsi e si avvicinò barcollando
ad uno dei muri più lontani. Arrivata nei pressi del muro, riprese a prenderlo a pugni, ma dopo pochi
tentativi si accasciò contro il muro esausta. Provò a colpire il ghiaccio perfino con la testa, ma l’unico
risultato che ottenne fu un brutto livido sulla fronte. Si trovava seduta, appoggiata al muro, quando percepì
l’arrivo di un insolito spiffero di aria calca: qualcun altro era entrato nella cella.
“Non dovresti ridurti in questo modo.” Disse Hugò, entrando nella stanza.
“Chi sei tu?” Chiese lei furente.
“Ogni cosa a suo tempo.” Rispose lui, muovendosi per la cella. “Ora abbiamo altro di cui occuparci.”
“Non avrete niente da me.” Replicò la ragazza, cercando di alzarsi.
“Non vogliamo niente da te.” Disse lui. “Non crederti così speciale, ragazzina.”
“Allora liberatemi!” Esclamò lei.
“Liberarti?” Chiese lui ironicamente. “Abbiamo raso al suolo un intero villaggio, sterminato una popolazione
di tenere e impaurite scimmiette per portarti qui e ora dovremmo liberarti?”
“Cosa avete fatto?” Chiese lei sconvolta.
“Abbiamo fatto quello che i tuoi simili non sono riusciti a fare in tutti questi anni.” Rispose Hugò. “Normale
amministrazione per noi stregoni dei ghiacci.”
“Stregoni…” Disse lei con aria confusa.
“Già: stregoni. Noi siamo stregoni e anche molto potenti.” Rispose Hugò. “La nostra razza è specializzata
nella creazione e nell’utilizzo del ghiaccio, conquistiamo continuamente nuovi territori per coprirli di
ghiaccio e poter continuare a vivere: in questo momento sia la terra rosso sangue, sia ciò che rimane del
vostro villaggio sta per venire ricoperto dal nostro ghiaccio… poi sarà il momento di conquistare anche la
foresta delle ninfe.”
“Cosa sono le ninfe?” Chiese lei, sempre più confusa.
“Sono creature magiche nate dagli alberi per proteggere le foreste: loro sono pericolose perché sono
immuni a tutti i nostri incantesimi, ma minacciando la foresta siamo riusciti a tenerle in scacco.” Rispose
Hugò. “Le ninfe sono creature strane: identiche agli esseri umani nell’aspetto, ma incapaci di provare
emozioni spontaneamente, proprio come noi.”
“Cosa significa?” Chiese Annabell.
“Significa che, fino a quando rimarranno isolate, non costituiranno un pericolo e si preoccuperanno solo di
difendere il loro mucchio d’alberi, ma, qualora entrassero in contatto con un essere umano, potrebbero
cominciare a provare emozioni…” Rispose lui.
“E quindi? Continuo a non capire…” Replicò la ragazza.
“Qual è l’emozione più forte che conosci?” Chiese lui.
“L’amore?” Chiese lei.
“Cosa nasce quado un amore viene spezzato?” Chiese lui, guardandola con aria schifata.
Lei abbassò lo sguardo, dopodiché fece per rispondere: “La sofferenza…”
“L’odio!” Esclamò lui. “Se le ninfe iniziassero a provare odio, ci attaccherebbero e per noi sarebbe la fine,
ma visto che le abbiamo recluse nella foresta, è impossibile che vengano in contatto con degli umani… ma
anche ci riuscissero il destino sarà sempre lo stesso: noi distruggeremo l’intera foresta.”
“Ma allora perché non la distruggete e basta?” Chiese lei afflitta. “Non è il terreno quello che volete?”
“Noi stregoni siamo rimasti in pochi e, con la morte di tutti quegli umani, la nostra scorta di occhi è
destinata a terminare.” Rispose lui. “Quando avremmo sufficiente potere, attaccheremo la foresta, ma
prima il nostro ghiaccio deve espandersi, quindi per ora è meglio che quelle fatine rimangano a giocare fra
24
gli alberi.”
Annabell non rispose e si limitò a guardare a terra: stava lentamente realizzando ciò che era successo a
Bergamoon. Tutti le persone che amava erano morte, soprattutto una, ed ora lei si ritrovava nella cella dei
nemici: in più di un’occasione qualcuno aveva sospettato che i loro nemici non fossero propriamente degli
esseri umani, ma nessuno avrebbe mai immaginato che dietro quelle imboscate e quelle battaglie ci fosse
un intero universo ai confini dell’immaginazione.
“Ora però dobbiamo pensare a te.” Disse Hugò.
“Cosa volete da me?” Chiese lei, afflitta.
Hugò aprì il palmo della mano e cominciò a concentrare dei cristalli di ghiaccio vicino alle dita. Essi
cominciarono a ricoprire il corpo di Annabell che ormai, essendosi arresa, non fece nulla per fermare lo
stregone. Quando il ghiaccio ebbe ricoperto completamente il suo corpo, Hugò strinse il palmo e tutto il
ghiaccio si ruppe. Il sangue sulle nocche era sparito, i polsi si erano sgonfiati e anche il livido sulla fronte
non c’era più.
“Ora sei presentabile.” Disse lui.
“Per fare cosa?” Chiese lei.
Hugò si avvicinò a lei e le accarezzò la faccia, dopodiché disse: “Per incontrare il re… futura regina.”

Gli occhi si aprirono lentamente. La vista era appannata: riusciva a distinguere i colori, ma non le sagome e
nemmeno la profondità degli oggetti. Man mano che sbatteva le palpebre, le figure assumevano un
contorno più definito: su un prato verde, una donna alta con i capelli bianchi, che indossava la cotta in pelle
tipica di Bergamoon, stava accarezzando una creatura simile a un cavallo, ma fornita di un paio di grandi ali
bianche. Ad un certo punto, la donna si voltò e disse: “Si è svegliato.”
Crysis chiuse gli occhi e li riaprì subito dopo. Si passò la mano sulla testa e, facendosela passare sul suo
volto, notò che la cicatrice sul setto nasale era scomparsa. Il suo vestito in pelle rossa era in perfette
condizioni, come se fosse stato ricucito da un abile sarto. Il ragazzo aveva un mal di testa molto forte e
dolori lungo tutto il corpo, specialmente sulle gambe. All’improvviso, apparve sulle gambe un vassoio in
legno, sopra il quale c’era un pezzo di pane e una piccola brocca d’acqua. Crysis era confuso, provò ad
assaggiare l’acqua e sentì che era incredibilmente fresca. Dopo un momento di esitazione la bevve tutta,
dopodiché divorò anche il pane. Deglutendo però, sentì un forte dolore al fianco: solo in quel momento gli
ritornò in mente ciò che era successo durante l’ultima battaglia.
“So che sei confuso.” Disse Valery avvicinandosi a lui. “Ma presto ti sarà tutto più chiaro.”
“Cos’è successo al villaggio?” Chiese Crysis con aria confusa. “Dove sono finiti tutti?”
“Bergamoon ha perso la battaglia.” Rispose lei, mantenendo la solita espressione fredda. “Siamo rimasti
soli noi due.”
“Cosa significa che siamo rimasti solo noi?” Replicò lui.
“Ci sarebbe anche la piccola Yulia.” Disse lei. “Ma non è in grado di combattere.”
“Yulia? È ancora viva?” Chiese lui. “Dov’è?”
“L’ho portato in un posto sicuro: le sue ferite erano meno gravi delle tue.” Rispose lei. “Tu necessitavi di
cure immediate.”
“Io pensavo di essere morto.” Replicò lui.
“Non ti avrei mai permesso di morire.” Disse lei. “Anche se ieri notte abbiamo corso un grosso pericolo.”
Crysis si rialzò a fatica e cominciò a barcollare in avanti.
“Dove pensi di andare?” Chiese lei.
“Dobbiamo tornare a Bergamoon.” Rispose lui. “Dobbiamo studiare in modo per liberare gli altri: hai detto
che siamo rimasti solo noi due, no? Quindi significa che gli altri sono stati catturati.”
“No, Crysis.” Replicò lei. “Gli altri sono morti.”
“Non è divertente Valery.” Disse lui, innervosendosi.
“Penso che ti serva del tempo per accettare la realtà.” Disse lei.
“Non c’è nessuna realtà da accettare!” Rispose lui, lasciandosi sfuggire una lacrima. “Perché se fosse vero
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quello che mi hai detto, significherebbe che tu hai salvato me invece di mio fratello! E se fosse così, non te
lo potrei mai perdonare.”
“Te ne farai una ragionare.” Replicò Valery, mantenendo un’aria indifferente. “Ti serve solo un po’’ di
tempo.”
Crysis si avvicinò alla ragazza con aria minacciosa.
“Cosa vuoi fare?” Chiese lei. “Vuoi picchiarmi?”
Crysis non si fece pregare e la colpì con uno schiaffo sul volto, facendola cadere. Il cavallo bianco nitrì e alzò
gli zoccoli, come se fosse pronto a caricare.
“Stai buono Seya.” Disse Valery, rialzandosi. “Loro sono fatti così… ti sei sfogato?”
“Chi sei tu e cosa ne è stato di Valery?” Chiese lui, mantenendo un’espressione nervosa.
Valery fece un passo indietro e, dopo qualche secondo, il suo corpo si ricoprì di luce. Al posto della solita
Valery, si palesò una donna più alta, con gli occhi neri e con dei lunghi capelli bianchi.
“Che cosa sei tu?” Chiese Crysis sconvolto.
“Io mi chiamo Valery e sono una ninfa della foresta di Walgreens.” Disse lei.
Crysis lo guardò negli occhi, dopodiché si voltò e cominciò a camminare in avanti: erano su una piccola
collina e da lì riusciva a vedere un recinto di alberi che stavano ancora bruciando. Quello era il recinto
naturale di ciò che un tempo era Bergamoon: il villaggio stava timidamente cercando di sopravvivere.
“Hai detto che la battaglia si è svolta questa notte, giusto?” Chiese Crysis.
“Sì.” Rispose Valery. “Dovrebbe essere circa mezzo giorno adesso.”
Crysis allora cominciò a camminare, diretto verso le macerie del villaggio. Mentre camminava, alternava dei
passi decisi a dei tentativi maldestri di correre. Ogni tanto sul suo volto si palesavano alcune lacrime: la
lenta realizzazione della perdita. La sua mente era vuota: era come se tutti i pensieri negativi si fossero
annullati a vicenda. Man mano che si avvicinava alle macerie, veniva a contatto con l’odore degli alberi
carbonizzati e di tutto ciò che era bruciato nel corso della notte. Dietro di lui, Valery a cavallo di Seya, lo
seguiva a passo lento. Arrivato al villaggio, cominciò a camminare per le strade, circondato dal trionfo della
distruzione. Si diresse subito verso la campana, uno dei pochi oggetti rimasti più o meno integri. Crysis
cominciò a prenderlo a pugni urlando: “C’è qualcuno?!”
Ma non si mosse nemmeno un sasso. Il soldato proseguì verso la collinetta dove era stata rapita Annabell.
Qui, ritrovò la sua fionda, completamente carbonizzata: Crysis la prese in mano e questa si sbriciolò
immediatamente. Il ragazzo allora guardò verso l’orizzonte, dove lo attendeva uno spettacolo
raccapricciante: la terra rossa era costellata di cadaveri. Crysis cominciò a camminare in mezzo ai cadaveri:
la maggior parte dei volti era irriconoscibile, o comunque non riusciva a capire chi fossero. Non ebbe il
coraggio di mettersi a contare i morti e il fatto che i soldati con le armature nere fossero più degli altri non
lo rincuorava. Un cadavere aveva con sé qualcosa di particolare: un corno giallo, mezzo rotto, ma che fu
impossibile da non riconoscere. Crysis girò il corpo per osservarne il viso: era Tyanas. Il suo volto era pieno
di tagli e la sua armatura piena di buchi. Crysis si sedette accanto a lui. Si trovava in mezzo a due corpi
distesi: l’altro era Lorelyn. Il soldato sopravvissuto cominciò a piangere, tenendo la testa fra le gambe: era
forse quella la solitudine?
Prese con sé il corno e lo suonò, producendo un rumore straziante. Nel frattempo, Valery era scesa dal
cavallo e aveva proseguito a piedi, superando Crysis. Più avanti, si trovava accasciato il corpo trafitto di
Matheus. La ragazza si sedette accanto a lui, abbracciandolo e pettinandogli i capelli.
“Stai lontana da lui.” Disse Crysis nervosamente.
Valery prese una piccola boccetta in vetro e cercando di prelevare delle lacrime dagli occhi del ragazzo.
Crysis si alzò di colpo e cominciò a camminare verso di lei, la ninfa si alzò e lo colpì improvvisamente con un
pugno nello stomaco.
“Questo era per prima.” Disse lei.
Valery lo superò di nuovo e tornò dal cavallo, che nel frattempo era tornato a vestire la sua forma originale:
quella di un unicorno alato. La ninfa gli salì in groppa, aspettando l’arrivo di Crysis, che però non aveva

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intenzione di venire con lei. Il ragazzo aveva cominciato a scavare una buca con le mani.
“Cosa stai facendo?” Chiese Valery.
“I miei compagni meritano una sepoltura onorevole.” Rispose lui, continuando a scavare.
“Ti do una mano…” Disse lei, scendendo dall’unicorno.
“Stammi lontana!” Rispose lui con il volto zuppo di lacrime. “È una cosa che devo fare da solo.”

Annabell stava dormendo appoggiata alla parete di ghiaccio, quando all’improvviso Crysis entrò nella
stanza!
“Crysis… come sei arrivato qui?” Chiese lei alzandosi.
“Sono venuto per te.” Rispose lui.
Crysis si avvicinò a lei e le infilzò il ventre con una spada!
Annabell si svegliò di soppiatto: era tutto un sogno. Davanti a lei però c’era effettivamente un’altra
persona: Tom. Appena se ne rese conto sobbalzò, ma si calmò dopo pochi secondi.
“Sei solo un bambino.” Sospirò la ragazza.
“Tu sei come me?” Chiese Tom, fissandola.
“No.” Rispose lei. “No, non credo.”
“Vivevi anche tu con gli umani, giusto?” Chiese lui.
Annabell annuì un po’ spaventata.
“E com’erano i tuoi umani?” Chiese lui con un’espressione felice. “I miei erano sempre gentili: non volevo
far loro del male.”
“Sono sicura che non l’hai fatta apposta.” Rispose lei, ostentando un’inesistente sicurezza. “Sei un bravo
bambino.”
“Non hai risposto alla mia domanda.” Replicò lui.
“I miei umani erano… erano tanto affettuosi.” Rispose lei.
“Li amavi?” Chiese lui.
Annabell annuì, dopodiché disse: “Soprattutto uno.”
“Che cos’è l’amore?” Chiese lui. “Ne parlavano sempre i miei umani, ma non ho mai capito cosa fosse.”
“Perché non chiedi ai tuoi genitori?” Chiese lei.
“Mio padre è lo stregone che ti ha portato qui.” Rispose lui. “Mi ha detto di non parlarti finché non sarai
pronta, ma ero troppo curioso di rivederti.”
“Rivedermi?” Chiese lei confusa.
“Sì.” Rispose lui. “C’ero anch’io quando ti ha portata qui: se non lo avessi aiutato a uccidere tutti quegli
umani non ce l’avrebbe mai fatta.”
Annabell rimase scioccata nel sentire quelle parole così fredde pronunciate mantenendo un’espressione
tanto innocente, quanto inconsapevole.
“Quegli ‘umani’ erano miei amici…” Disse lei, facendosi coraggio. “Ti sei comportato male.”
“Davvero?” Chiese lui, abbassando la testa.
“Sì.” Rispose lei. “Non bisogna fare del male agli altri.”
“Scusa.” Disse lui intristito. “Mi voglio far perdonare.”
Tom passò attraverso il pavimento di ghiaccio e, dopo una decina di secondi e di respiri affannosi, il
bambino passò nuovamente attraverso il pavimento, palesandosi davanti alla ragazza.
“Ti ho portato questa.” Disse lui, porgendole una coperta grigia.
“Gr… Grazie.” Rispose lei, prendendo la coperta.
“Io ho la capacità di passare attraverso il ghiaccio.” Rispose lui sorridendo. “Mio padre è un veggente: ogni
stregone ha un’abilità particolare.”
“Ah, beati voi.” Rispose lei. “Siete… siete molto fortunati.”
“Ora vado.” Disse lei. “È stato bello conoscerti.”
Tom fece per andarsene, quando Annabell lo chiamò: “Fermati!”
“Cosa c’è?” Rispose lui.
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“Tu sai perché mi tengono rinchiusa qua dentro?” Chiese lei.
“Sì.” Rispose lui. “Perché ti devi abituare alle basse temperature: io ho vissuto pochi anni con gli umani,
quindi mi sono abituato subito, ma tu sei più grande, quindi ti serve più tempo.”
Dopo aver pronunciato quella frase, Tom passò attraverso il pavimento e scomparve. Annabell si strinse
subito nella coperta, dopodiché si alzò e disse: “Devo uscire di qui il prima possibile.”

Crysis aveva scavato con le mani per tutto il pomeriggio, venendo ostacolato dai cristalli di ghiaccio che
tentavano di coprire il terreno. Giunti al tramonto, il soldato si accosciò a terra: il dolore alle mani era
diventato insostenibile. Valery e Seya si avvicinarono a lui.
“Guarda come si fa.” Gli disse.
Valery cominciò a manipolare la terra con la magia, creando dei piccoli cumuli di terra da posizionare sopra
i cadaveri rimasti scoperti.
“Hai visto?” Chiese lei, con aria arrogante.
Crysis non rispose, continuando a fissarsi le mani, in mezzo alle quali, all’improvviso, comparve un pezzo di
pane.
“Ma come hai fatto?” Chiese lui incredulo.
“Quando avrai voglia di ascoltarmi, ti spiegherò tutto.” Rispose lei. “Hai altro da fare?”
“Non puoi fare niente per quel ghiaccio?” Chiese lui, rialzandosi.
“Purtroppo no.” Replicò lei. “Il ghiaccio si fermerà solo quando morirà lo stregone che ha lanciato
l’incantesimo.”
“Ninfe, stregoni… certo…” Disse lui. “Servirebbe una lapide per i caduti.”
“Scrivi sulla terra.” Rispose lei, porgendogli un pugnale. “Al resto penserò io.”
Crysis allora prese il pugnale, si inginocchiò di nuovo e cominciò a scrivere: “QUI GIACCIONO I CADUTI DI
BERGAMOON: UN POPOLO CORAGGIOSO E UN GRANDISSIMO CODARDO.”
Valery fece diventare la terra un blocco di pietra, creando una lapide.
“Sei un veggente?” Chiese lei.
“No.” Rispose lui. “E tu?”
“No.” Replicò lei. “Quello non riesco a farlo, ma tu perché pensi che morirai qui?”
“Perché non me ne andrò mai di qui.” Rispose lui. “Questa è casa mia, anche se ormai non c’è più niente.”
“Sei sicuro che sia casa tua?” Chiese lei.
Crysis la guardò male, dopodiché si sedette per terra con aria, sbuffando.
“Voglio che tu mi dica tutto quello che sai su questa storia.” Disse lui, scrutando l’orizzonte.
Valery si sedette accanto a lui e, dopo aver fatto materializzare una coppa piena d’acqua fra le mani del
ragazzo, cominciò a parlare: “Come ti dissi qualche ora fa: io sono una ninfa della foresta. Noi nasciamo con
il compito di proteggere la foresta, appunto, e tutti gli animali che ci vivono dentro. La nostra razza strinse
un forte legame con gli esseri umani: un legame pacifico. Molti anni fa, un gruppo di stregoni dei ghiacci
invasero queste terre, minacciando di ricoprire la foresta di Walgreens di ghiaccio. Noi ninfe siamo
pacifiche, così, Il nostro capovillaggio decise di accordarsi con gli stregoni, sigillando il tutto con un anello di
cristallo: la foresta non sarebbe stata attaccata, in cambio però le ninfe non sarebbero intervenute nella
guerra contro gli esseri umani e per assicurarsi che non venissimo a contatto con gli umani, gli stregoni
lanciarono un incantesimo: sarebbe stato impossibile per le ninfe uscire dalla foresta di giorno. Una notte
tua madre non trovò tuo padre sulla collina, allora decise di rientrare. Il giorno dopo, sentì delle urla
familiari provenienti dall’esterno della foresta e, avendo riconosciuto la voce di tuo padre, Nyx provò ad
uscire, ma finì intrappolata in un’illusione ottica nella quale continuava a camminare fra gli alberi senza una
meta.”
“E tu come hai fatto a sfuggire all’illusione?” Chiese lui, interrompendola.
“Io sono uscita di notte e non sono più rientrata.” Rispose lei seccata. “Ora lasciami finire. Il nostro
capovillaggio, dopo aver realizzato di aver condannato a morte gli esseri umani, lanciò una profezia: un
giorno, l’amore vero tra una ninfa femmina sfuggente e un uomo maschio ardente porterà alla nascita di un
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prescelto, di un bambino che vivrà fra gli uomini per assorbirne le emozioni e, quando avrà perso tutto,
risveglierà il potere antico delle ninfe. Per sconfiggere gli stregoni, nascerà con un cuore fatto di ghiaccio
ma, essendo nato dall’amore, per la legge dell’equilibrio, non potrà mai innamorarsi. Questo prescelto sarà
immune ai loro incantesimi, come lo siamo noi, e sarà spinto dalle emozioni, come lo erano loro.”
Valery indicò la lapide, lasciando a Crysis il tempo di risponde, ma il ragazzo rimase in silenzio.
“Una notte...” Riprese Valery. “Una ninfa femmina di nome Nyx conobbe un uomo nella foresta:
quell’uomo era tuo padre. I due si vedevano di notte e lui le insegnò ad amare, così, nove mesi dopo,
nacque un bambino con gli occhi azzurri e con un cuore di ghiaccio: quello di cui parlava la profezia. Quel
bambino eri tu. Ricordo perfettamente la notte in cui Nyx ti portò da Virgo: ti affidò a lui affinché ti facesse
crescere e, per assicurarsi che tu sopravvivessi abbastanza da far avverare la profezia, io mi finsi una
bambina orfana ed entrai a far parte della vostra famiglia… in tutto ciò, mi occupavo in segreto di fornire
cibo e altre cose all’intero villaggio.”
Crysis rimase in silenzio a fissare il tramonto.
“Hai intenzione di rimanere in silenzio tutto il tempo?” Chiese lei.
“Tutto quello che mi stai dicendo… beh, è un po’ di roba da assimilare.” Disse lei. “Perché il prescelto deve
perdere tutto?”
“Perché la morte provoca le emozioni più grandi.” Rispose lei. “Almeno questo è quello che crede una ninfa
che non ha mai conosciuto i sentimenti.”
“Ho capito.” Rispose lui, concedendosi la caduta di una lacrima. “Dovrei avercela a morte con te perché hai
lasciato che Matheus e gli altri morissero, ma questo non li riporterebbe in vita… posso farti un’altra
domanda?”
“Certo.” Rispose lei. “Sono qui apposta.”
“Non c’entra niente con tutta questa storia, però ho bisogno di saperlo.” Disse Crysis. “Tu non hai mai
amato Matheus, giusto?”
Valery fece un lungo sospiro, dopodiché cominciò a parlare: “Noi nasciamo da alcuni alberi: da quelli con il
tronco rosso nascono le femmine e da quelli con il tronco verde nascono i maschi. Noi siamo perfetti così
come siamo perché nasciamo da una cosa sola, gli esseri umani invece nascono da due creature diverse:
per questo si sentono incompleti. I tuoi simili ci spiegarono tempo fa che questa sensazione sta alla base
della loro emotività: noi non sappiamo cosa siano le emozioni, per certi versi abbiamo cercato di
apprenderle da voi. Io non so cos’è l’amore, però ero molto affezionata a tuo fratello: siamo cresciuti, in un
certo senso, insieme… eravamo una famiglia… un po’ come…”
“Io e Annabell?” Chiese Crysis.
“Se ti fossi innamorato… saresti morto.” Rispose Valery.
“Credo che nemmeno questo abbia più importanza ormai.” Replicò lui.
“Ho una cosa per te.” Disse lei, estraendo un piccolo contenitore in vetro, con all’interno un liquido giallo-
trasparente, da una tasca del vestito.
“Che cos’è?” Chiese Crysis, afferrando il contenitore con le dite.
“Questa è una provetta.” Rispose Valery. “Dentro ci sono le ultime lacrime di Matheus: quando vorrai dargli
l’ultimo saluto, bevile… chiudendo gli occhi, potrai vedere a cosa stava pensando mentre piangeva.”
“Questa è la cosa più normale che abbia sentito oggi.” Rispose lui, continuando a osservare la provetta.
“Noi usiamo le lacrime per comunicare.” Disse Valery. “Quando piangiamo possiamo scegliere i ricordi o i
messaggi da imprimere nelle lacrime, ma con tuo fratello è stato troppo tardi.”
“Ti ringrazio.” Disse Crysis stringendo la provetta nella mano destra.
“E, in caso te lo stessi chiedendo…” Disse lei. “Io sapevo tutto. Per questo ho fatto organizzare la festa:
volevo concedere a quei ragazzi un ultimo momento di felicità.”
“Avresti potuto concedergli una vita di felicità, ma se li avessi fermati, non si sarebbe avverata la profezia,
vero? Ti importava solo questo…” Intervenne lui. “Tu adesso cosa farai?”
“Il mio compito è finito.” Rispose lei. “Il capovillaggio mi ha detto chiaramente che non devo costringerti a

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tornare con me nella foresta, anche se tua sorella è là con noi e questa potrebbe essere una buona
occasione per conoscere tua madre.”
“Lei penso di averla già conosciuta.” Rispose lui, alzandosi. “Ti ringrazio, ma non verrò con te: di’ a Yulia che
le ho voluto tanto bene e, se puoi, prenditi cura di lei.”
“Mi trovo costretta ad accettare la tua decisione.” Disse lei. “Ma prima di andarmene vorrei ricordarti
quanto tu sia importante per noi…”
“Non mi interessa.” Rispose Crysis. “Non mi interessa se mia madre è una ninfa, una strega o una
marmotta, non mi interessa se ho dei poteri strani o se il mio cuore è fatto di ghiaccio o di pietra: io sono
cresciuto in mezzo agli uomini e sono uno di loro. Come voi avete lasciato che i miei fratelli venissero
sterminati, io potrei benissimo lasciare che la vostra foresta venga distrutta. Potrei, ma io sono meglio di
così, peggio di tutti i miei compagni, ma meglio di tutti voi. Ti aiuterò, ma non ora: prima c’è una persona
che devo provare a salvare. Lei devo salvarla da solo: se la salvassi con l’aiuto di qualcun altro, allora non
meriterei nemmeno un decimo dell’amore che mi ha dato… e che io, a quanto pare, non sono riuscito a
darle.”
Valery si voltò e montò in sella a Seya.
“Il sole sta scendendo, presto la foresta sarà accessibile: ti lascio il mio pugnale.” Disse la ninfa. “Prendilo, ti
aiuterà a sopravvivere.”
Valery materializzò un frutto giallo, molto simile a un limone, e lo lanciò verso Crysis, che lo prese al volo e
cominciò a studiarlo. Seya spiccò il volo per raggiungere diretta verso la foresta: Crysis rimase solo e si
sedette per terra, stringendo fra le mani le lacrime del fratello.
“È forse questa la solitudine?”

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IL TRAMONTO SOPRA BERGAMOON

Crysis stava dormendo appoggiato a un albero vicino all’ingresso della foresta. Dei cristalli di ghiaccio si
stavano avvicinando a lui: nel corso della notte, essi avevano ricoperto l’intero campo di battaglia,
compreso ciò che rimaneva di Bergamoon. La foresta invece sembrava immune a quella cortina. Il ghiaccio
stava cominciando a ricoprirgli il piede, quando il ragazzo si svegliò improvvisamente e, appena si rese
conto della situazione, si alzò, togliendosi il ghiaccio di dosso. Crysis cominciò a guardarsi intorno,
interrogandosi sul da farsi. Pian piano, stava realizzando la vera natura di ciò che gli era accaduto quella
nefasta notte, notando dei dettagli ai quali non aveva dato importanza, come quella creatura nana di nome
Merlo che aveva sorvolato il campo di battaglia durante l’incendio: Ansene lo aveva chiamato “stregone” e
ora non gli sembrava così strano che lo fosse veramente. Il ragazzo si accorse che la provetta, tappata, era
caduta a terra. Istintivamente la raccolse e decise che quello era il momento di farsi un viaggio nei ricordi,
bevendo il contenuto della provetta.
Davanti ai suoi occhi si calò un fastidioso filtro seppia: un giovane Matheus stava camminando per le strade
di una vecchia Bergamoon con in braccio un pallone tutto rattoppato. Le sue ginocchia erano piene di graffi
freschi e il piccolo era ad un passo dallo scoppiare a piangere. Si fermò vicino a una capanna, dalla quale
uscì una bambina con la testa grande e con dei capelli ricci e neri.
“Ti sei fatto male di nuovo?” Chiese lei con aria fredda.
“Sì.” Rispose lui. “Volevano rubarmi il pallone.”
“Chi?” Replicò lei.
“Altri bambini.” Disse lui.
“Li hai picchiati?” Chiese lei.
“No.” Rispose lui. “Mi hanno picchiato loro, ma almeno ho protetto il pallone.”
“Certo che siete proprio strani.” Replicò lei. “Vieni dentro che ti bendo le ferite.”
I due bambini entrarono nella capanna e Matheus si sedette su una sedia, mentre la bambina andò a
prendere delle bende.
“Chiudi gli occhi.” Disse lei, prendendogli la gamba.
Matheus chiuse gli occhi e li riaprì poco dopo: la ferita non c’era più, ma Valery stava comunque ricoprendo
il ginocchio del bambino con una benda.
“Ho fatto.” Disse lei, rialzandosi.
“Grazie Valery.” Rispose lui. “Ti posso fare una domanda?”
“Lo stai già facendo.” Rispose lei seccamente.
Matheus ci rimase male e se ne stette in silenzio.
“Dai su.” Riprese Valery. “Chiedimi quello che vuoi.”
Il bambino prese coraggio, dopodiché chiese: “Posso darti un bacio?”
“No.” Rispose lei. “Tu sei un bambino, io… potrai darmi un bacio quando sarai più grande, va bene?”
“Sì.” Rispose lui sorridendo. “Grazie.”
“Ora esci.” Disse lei.
Il bambino corse fuori tutto contento, dove incontrò suo padre Virgo, il quale era in piedi e stava tenendo in
braccio due bambini.
Crysis aprì gli occhi, svegliandosi da quella catalessi.

Nel castello dei ghiacci, una persona completamente ricoperta da un cappuccio nero si stava aggirando per
i corridoi in maniera furtiva, come se stesse nascondendo qualcosa, quando andò a sbattere contro Hugò.
“S… Salve signore.” Disse la persona, rivelando di avere una voce femminile.
“Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.” Disse lo stregone. “Prendi questo e portalo alla futura regina.”

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Hugò porse un vestito da principessa bianco alla ragazza, che lo prese e si diresse subito verso la cella. Nel
frattempo, era cominciato un forte temporale.

Crysis stava cercando un modo per ripararsi dalla pioggia. Il ragazzo si spogliò dei vestiti e dell’armatura,
rimanendo nudo. Dopo aver appeso i vestiti ai rami di un albero si sedette contro di esso, rimanendo sotto
l’acqua. In tutto quel trambusto, Crysis aveva sempre tenuto in mano la provetta e cominciò a fissarla.
“Questo potrebbe darmi la forza che mi serve.” Disse lui. “O potrebbe stroncarmi definitivamente.”
Crysis cominciò a piangere dentro la provetta, dopodiché ne bevve tutto il contenuto in un solo sorso.
Filtro seppia: un gruppo di adolescenti si stava allenando all’interno del campo d’addestramento. Una
giovane Annabell stava sconfiggendo tutti i suoi avversari con le spade di legno, quando venne sfidata a
duello da un giovane Crysis. Gli altri ragazzi se ne stavano intorno a fare il tifo per i due combattenti. Crysis,
dopo qualche schivata, riuscì a disarmare la ragazza: Annabell non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi che il
ragazzo la soprese con un bacio, ma la ragazza ne approfittò per voltarsi e farlo ribaltare, facendo leva con il
suo braccio. Crysis era a terra e tutti cominciarono a ridere di lui. Annabell gli porse la mano per aiutarlo,
ma Crysis ne approfittò per farla cadere a terra con lui.
“Siamo pari adesso.” Disse il ragazzo, rialzandosi.
I due furono interrotti dal suono di un corno: Crysis aiutò Annabell a rialzarsi, dopodiché i due cominciarono
a correre verso il centro del villaggio. Videro un gruppo di soldati stavano trasportando due barelle, sopra le
quali erano presenti due salme: un uomo con i capelli a caschetto bruni e con un paio di folti baffi e una
donna bionda. I due ragazzi arrivarono in tempo per sentire un soldato dire: “Virgo e Monisia sono morti.”
Fra la folla c’erano anche Matheus e Valery, la quale teneva in braccio una bambina con in testa due ciuffi
biondi.
“Povera bambina.” Disse Valery. “Appena nata e ha già perso entrambi i genitori.”
Matheus era sconvolto. Il soldato che aveva parlato poco prima si avvicinò a lui e, passandogli una mano fra
i capelli, gli disse: “Tuo padre era un eroe: tu diventerai proprio come lui.”
Crysis iniziò a correre e, passando attraverso la folla, arrivò fino alla collina, dove scoppiò a piangere, in
preda alla disperazione. Venne raggiunto poco dopo da Annabell, che si sedette accanto a lui e lo abbracciò.
I due rimasero in silenzio per delle ore a fissare l’orizzonte, quando la ragazza decise di rompere il silenzio.
“Il tramonto è sempre bello.” Disse lei. “È il ritratto della malinconia.”
Crysis però rimase in silenzio, dopodiché, guardandola negli occhi, disse: “Entrerò nell’esercito con
Matheus.”
“Entreremo.” Rispose lei. “Ci vuole qualcuno che ti protegga.”
I due si abbracciarono, stringendosi con tutta la loro forza.
“Dobbiamo diventare grandi.” Disse Annabell.
I due ragazzi cominciarono a baciarsi sopra la collina, mentre il sole sopra di loro lasciava spazio alla notte.
Crysis si riprese dal ricordo e strinse con forza la provetta, dopodiché si rialzò e la mise in una delle tasche
dalla cotta, appesa ad un ramo. Il ragazzo si rialzò e raccolse il pugnale che Valery gli aveva lasciato.

Annabell si stava allenando a lanciare dei frammenti di ghiaccio contro la parete dalla quale li aveva
staccati, quando udì la porta della cella aprirsi. Nella stanza entrò la ragazza con il mantello nero.
“Chi sei tu?” Chiese Annabell.
“Sono un’amica.” Rispose lei. “Voglio aiutarti.”
La ragazza tirò fuori le braccia dal mantello: nella mano destra teneva il vestito che le aveva dato Hugò e in
quella sinistra teneva un libro molto vecchio e un cristallo rosa, grande quanto la sua mano.
“Io non mi fido di te.” Disse Annabell.
La ragazza le appoggiò il vestito sulla spalla sinistra, passandole la mano fra i capelli. Annabell riuscì quindi a
guardarla negli occhi, anzi, nell’occhio.
“Tu…”

32
La pioggia aveva terminato di cadere e Crysis si era rivestito, anche se il giovane si era abituato bene alla
bassa temperatura.
“Dovrei andare a caccia.” Si disse fra sé e sé, guardando il pugnale.
Crysis cominciò a guardarsi intorno e notò una lepre con il manto bruno, che lo stava fissando. Il ragazzo
alzò il pugnale sforzandosi di mantenere aria minacciosa, anche se la sua postura non era molto
convincente.
“Mi dispiace piccolo.” Gli disse. “Devo ucciderti.”
I due animali si guardarono intensamente e, dopo qualche secondo, Crysis abbassò la guardia e tornò a
sedersi contro l’albero. La lepre si avvicinò a lui e cominciò ad annusargli le mani, allora Crysis tirò fuori
dalla tasca il limone che gli aveva lasciato Valery. Con il pugnale divise in due il frutto e ne offrì metà alla
lepre, che cominciò a mangiarlo. Anche il ragazzo fece lo stesso e, appena lo mise in bocca, si sentì
rinvigorito: tutto d’un tratto, il morso della fame era svanito.
“Per oggi sei salvo.” Disse Crysis alla lepre, che, in risposta, gli morse un dito.
“Che caratteraccio.” Commentò lui, accarezzandolo sulla testa.
La lepre però scappò nel bosco, salvo tornare poco dopo, tenendo in bocca una castagna. La lepre la fece
cadere verso Crysis, come per offrirgliela. Il ragazzo la prese in mano e la aprì, sotto gli occhi della lepre, che
continuava a fissarlo, ma che non aveva ancora emesso nessun verso.
“Va bene, va bene.” Disse Crysis. “La mangio.”
Mentre Crysis mangiava la castagna, la lepre gli saltò addosso e gli morse nuovamente il dito: con il muso
sembrava indicare verso l’orizzonte. Il ragazzo quindi si voltò e vide che sulla terra rossa, tomba dei suoi
vecchi compagni, ormai completamente ricoperta dal ghiaccio, stava camminando verso la sua collinetta
una persona con indosso un mantello nero, che le ricopriva tutto il corpo. Crysis si sdraiò a terra,
continuando a osservarla, tenendo ben stretto il pugnale. Quella persona si fermò vicino alla lapide per
osservarla, dopodiché riprese ad avvicinarsi alla collinetta dove ai trovava l’entrata della foresta, da dove
Crysis e la lepre stavano osservando la scena.
“Rimani qui.” Disse il ragazzo alla lepre.
Crysis si alzò e cominciò a camminare verso le macerie di Bergamoon. La lepre, nonostante le avvertenze
del ragazzo, lo seguì lungo il suo cammino. Crysis non sapeva bene come gestire questa situazione, ma era
sicuro che rimandare il confronto non sarebbe servito a nulla: se qualcuno fosse venuto per catturarlo,
avrebbe dovuto affrontarlo faccia a faccia, stregoni o umani che fossero. Crysis si fermò sulla vecchia
collinetta di Bergamoon, seguito dalla lepre, pronto al combattimento. La persona incappucciata si fermò a
circa cinque metri da Crysis.
“Non ti avvicinare!” Intimò il ragazzo.
“Peccato.” Rispose lei con una voce che gli apparve familiare. “Era venuta proprio per avvicinarmi.”
La ragazza si levò il cappuccio, mostrando un volto molto più che familiare.
“Annabell…”
La ragazza si tolse il mantello, rivelando la solita tenuta in pelle rossa, e cominciò a correre verso Crysis,
abbracciandolo. Il ragazzo però rimase impassibile: non riusciva a capacitarsi di quello che stava
succedendo.
“Cosa c’è?” Gli chiese lei staccandosi. “Non sei contento di vedermi?”
“Come hai fatto?” Replicò Crysis sconvolto.
“Mi aspettavo un’accoglienza migliore.” Disse lei.
“Non c’è tempo.” Disse lui, afferrandole il braccio. “Il sole sta per tramontare: dobbiamo andare nella
foresta.”
“Ma sei impazzito?” Replicò lei, staccandosi dalla presa.
“Sono appena evasa da un castello.” Disse lei. “Ho bisogno di riposarmi un attimo.”
Crysis sospirò, dopodiché si sedette per terra e disse: “Va bene, tanto abbiamo tutta la notte…”
“Cosa vorresti fare nella foresta?” Chiese lei con aria maliziosa.

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“Ti spiegheranno tutto loro.” Rispose Crysis con aria fredda.
“Non mi interessa.” Disse lei sedendosi accanto a lui. “Voglio solo stare con te.”
Annabell si appoggiò al ragazzo, gli prese un braccio e appoggiò la testa sulla sua spalla. Nel frattempo, la
lepre si mise in mezzo ai due e la ragazza, presa da uno strano entusiasmo, la prese in braccio.
“Vedo che hai fatto amicizia.” Disse lei.
Crysis la guardò negli occhi con aria inquisitrice: “Come hai fatto a scappare?”
“Mi ha aiutato Bella.” Rispose lei rattristita. “Mi tenevano in una cella piena di ghiaccio e lei è venuta a
liberarmi, mi ha dato questo mantello ed è rimasta nella cella al mio posto.”
“Bella ha fatto questo?” Chiese Crysis incredulo.
“Non mi credi?” Replicò lei. “Pensi che non ne sarebbe capace?”
“No, ti credo.” Rispose lui. “Solo che non gli stavi molto simpatica.”
“Beh, la guerra fa fare cose strane alla gente.” Disse la ragazza.
“Perché?” Chiese lui.
“In che senso?” Replicò lei.
“Perché l’hai lasciata lì?” Chiese lui. “Perché non siete tornate insieme?”
La lepre sfuggì dalle mani di Annabell.
“Voleva redimersi.” Rispose lei. “Lei faceva parte del gruppo dei traditori, ma si è pentita e mi ha fatto
scappare!”
“E ora sei tornata da me.” Disse il ragazzo. “E ci siamo ritrovati su questa collina.”
“Abbiamo passato tanti bei momenti qui.” Rispose lui.
“Soprattutto uno…” Disse lui.
Crysis raccolse un rametto da terra, estrasse il pugnale e cominciò a levigarlo.
“Te la ricordi la fionda?” Chiese lui.
“Certo!” Rispose lei.
“Si è carbonizzata durante l’incendio.” Disse lui.
“Oh, mi dispiace tesoro.” Rispose lei. “Mi ricordo che ci giocavi sempre…”
Crysis chiuse gli occhi, dopodiché pugnalò la ragazza al collo! Crysis si alzò in piedi puntando l’arma contro
di lei.
“La fionda era di Annabell!” Esclamò il ragazzo. “Lei non mi ha mai chiamato tesoro e, soprattutto, se
qualcuno l’avesse liberata, non l’avrebbe mai lasciata a marcire al suo posto.”
La ragazza, che aveva iniziato a sanguinare copiosamente dal collo, mise la mano sinistra in una delle tasche
del vestito ed estrasse un cristallo rosa, all’interno del quale c’era un capello. La ragazza lo fece cadere e il
suo aspetto cominciò a mutare: dopo qualche secondo, si rivelò per la persona che era veramente.
“Bella…”
Crysis corse al capezzale della ragazza, anche lei con una cicatrice al posto dell’occhio sinistro, e provò a
tamponarle la ferita con le mani, ma l’operazione non sembrava portare effetti positivi.
“Fermati Crysis.” Disse lei ansimando. “Fermati: me lo merito.”
“Zitta.” Rispose lui.
“Sono stata zitta per tutta la vita.” Replicò lei. “Ora, almeno in punto di morte, voglio parlare io.”
“Allora cerca di non stancarti troppo.” Disse lui.
“L’ho vista Crysis.” Disse lei. “Ho visto Annabell segregata in una cella: non so perché l’abbiano rapita, ma
quello che ci ha cavato gli occhi ha detto che lei sarà la futura regina. Esplorando il castello, ho trovato un
libro che spiegava come usare degli oggetti per fare degli incantesimi semplici, così ho rubato un capello ad
Annabell e mi sono fatta passare per lei grazie a quel cristallo rosa.”
“Ma perché l’hai fatto?” Chiese Crysis, ancora impegnato a tamponare la ferita.
“Perché era l’unico modo per stare con te.” Rispose lei. “Tu hai sempre avuto occhi solo per lei.”
“Siamo cresciuti insieme…” Replicò Crysis.
Nella sua mente cominciavano a riecheggiare le parole di Valery.

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“Tu la amavi.” Disse Bella. “Era giusto che stessi con lei… è tutta colpa mia…”
“Di cosa è colpa tua?” Chiese Crysis.
“Avrei veramente tante cose da dirti.” Rispose lei. “Ma credo che non avrò il tempo di farlo.”
Bella cominciò a piangere, allora Crysis estrasse la provetta dalla tasca del vestito e gliela appoggiò vicino
all’occhio.
“Ascoltami adesso.” Disse lui. “Pensa intensamente a tutto ciò che vorresti dirmi.”
“Ve bene.” Rispose lei. “Crysis… mi dispiace.”
Annabell chiuse l’occhio che le rimaneva e smise di piangere. Crysis appoggiò la testa tra il collo e il petto
della ragazza: il suo cuore non batteva più.

35
LACRIME TRISTI

Annabell stava dormendo con indosso la coperta contro la parete di ghiaccio: la ragazza non si era accorta
della presenza di Hugò all’interno della stanza.
“Dagli umani dormivi a quest’ora?” Gli chiese lui, cercando di svegliarla.
La ragazza ebbe un sobbalzo, ma si svegliò: “Ciao.”
“Hai provato il vestito?” Chiese lui.
Annabell si alzò in piedi e fece cadere la coperta, mostrandosi con indosso il vestito bianco, ornato di pietre
azzurre.
“Dove hai preso quella coperta?” Chiese di nuovo lui.
“Me l’ha data un amico.” Rispose lei, guardando in basso.
Hugò cominciò a guardarsi intorno, dopodiché indietreggiò, invitandola a seguirlo.
“Non mi fido di te.” Disse la ragazza.
Hugò puntò un dito contro la ragazza e da esso fece uscire un cristallo di ghiaccio appuntito, che cominciò
ad allungarsi fino ad arrivare a poggiarsi sulla trachea di Annabell.
“La scelta è tua ragazzina.” Disse lo stregone.
“Non puoi farmi niente.” Rispose lei, spostando il cristallo. “Il re mi vuole viva, no? Allora non puoi farmi
niente.”
Hugò fece cadere il cristallo e le disse: “Se ti raggiungesse lui qui, potrebbero succedere delle cose molto
brutte… ma al re non piace lasciare le sue stanze.”
“E a me non piace vestirmi da bambola.” Replicò lei.
“Però te lo sei messa il vestito.” Ribatté lui.
“Qualcuno ha rubato i miei.” Rispose lei.
“Stiamo perdendo troppo tempo qui.” Disse Hugò.
“Allora andiamo!” Rispose Annabell, superando lo stregone.
“Sai cosa ti succederebbe se provassi a scappare, vero?” Le chiese Hugò.
Annabell uscì dalla stanza e vide per la prima volta da cosciente i corridoi del palazzo: le pareti erano in
pietra grigia, con delle scaglie di ghiaccio che uscivano dalle incastonature delle pietre. Hugò la seguì fuori
dalla cella e la accompagnò attraverso una serie di stretti corridoi fino ad un portone, che lo stregone aprì
con la sola imposizione della mano. I due cominciarono a camminare sopra un pavimento di pietre: la
stanza era un lungo corridoio, che conduceva ad un trono interamente composto di ghiaccio.
“È lui?” Chiese Annabell.
“Porta rispetto.” Rispose Hugò.
I due cominciarono a camminare verso il trono: Annabell notò che Hugò non osava alzare lo sguardo verso
il re, mentre la ragazza continuava a camminare a testa alta, fino ad arrivare a circa un metro dal sovrano.
“Mio re…” Disse Hugò.
“Non servono introduzioni…” Lo interruppe Duezerox. “Per ciò che mi appartiene.”
“Ti piacerebbe.” Rispose lei.
“Mettiti in ginocchio!” Le ordinò Hugò.
“Ma quanta tensione che c’è nell’aria!” Esclamò il re. “Hugò, puoi lasciarci da soli? Voglio insegnarle una
cosa…”
“Con molto piacere, sire.” Rispose Hugò.
Lo stregone guardò male la ragazza, dopodiché lasciò la stanza innervosito.
“Cosa vuoi da me?” Gli chiese lei.
“Ho davanti a me una donna forte che porta il nome di Annabell e che è stata scelta dal destino come
nostra futura regina.” Disse lui. “Cosa pensi che possa volere da te?”
“Regina? Nessuno mi ha interpellato in questa decisione.” Rispose lei.
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“Meraviglioso…” Disse lui, come se fosse assuefatto da quella risposta. “Siediti da qualche parte: ci sono
molte cose che devi sapere.”

Il sole ormai era tramontato e Crysis stava camminando tenendo in braccio il corpo di Bella. Il ragazzo lo
portò vicino alla lapide di Bergamoon e cominciò a scavare sul terreno, nonostante la fastidiosa presenza
del ghiaccio. Questa volta non scavava con la stessa veemenza della prima volta, forse perché i rapporti con
la ragazza non erano così forti, forse perché anche uccidere dopo tutto ciò che era successo aveva perso la
sua importanza. Dopo aver finito di scavare, posizionò il corpo nella buca e la ricoprì di terra. Crysis riprese
a camminare verso la foresta e, quando tornò all’albero, venne raggiunto dalla lepre. Il ragazzo la prese in
braccio e cominciò a guardarla negli occhi.
“Mi proteggerai tu?” Le chiese. “Sto impazzando.”
Crysis estrasse la provetta con le lacrime e, dopo averla fissata, la bevve tutta d’un sorso.
Filtro seppia: una bambina con i capelli neri stava camminando per il villaggio, una moltitudine di persone
stava correndo in senso contrario rispetto a lei. Tutti sembravano nel panico e la bambina si accorse che
c’era una parte del villaggio che stava prendendo fuoco.
“La mia casa…” Disse lei.
La bambina cominciò a correre verso casa sua, cercando di entrare. Continuava a chiamare i suoi genitori,
ma nessuno rispondeva e, una volta entrata, tutto il materiale esplosivo cominciò a esplodere. La bambina
cercò di scappare, ma venne colpita da una trave di legno, svenendo. La ragazza si svegliò in una capanna,
sdraiata su un lettino e coperta dalla lana.
“Ti senti bene?” Gli chiese un bambino con gli occhi azzurri, seduto accanto a lei.
“Chi sei tu?” Chiese lei. “Dove mi trovo? Dove sono i miei genitori?”
“Li hanno trovati morti nell’incendio, mi dispiace tanto.” Rispose lui. “Io sono Crysis: tu come ti chiami?”
“Mi chiamo Bella.” Rispose lei.
“Si è ripresa?” Chiese Virgo entrando nella casupola.
“Sembra stare bene.” Rispose il piccolo Crysis.
“Deve stare anche lei con noi?” Chiese una bambina bruna raggiungendoli.
“No, Annabell.” Rispose Virgo. “Vivrà con la famiglia di Sineme: sono già venuti a prenderla.”
Allora Crysis aiutò Bella a rialzarsi e tutti insieme uscirono dalla capanna. Ad aspettarli, c’era lo stesso
soldato con i capelli lunghi che Crysis aveva visto nel ricordo della morte del padre, accompagnato da un
bambino, che si presentò alla ragazza, dicendo di chiamarsi Ansene. Sineme prese con sé la bambina e la
portò via. Bella, mentre veniva portata via, si voltò verso la famiglia di Virgo e vide Annabell fare delle
smorfie, mentre Crysis la salutava.
Circa quindici anni dopo, i ragazzi facevano già parte dell’esercito di Bergamoon: la generazione dei loro
padri era stata completamente sostituita dalla loro. I soldati erano appena tornati da una battaglia e Crysis
stava parlando con Tyanas: “…mi sembra normale vedersela brutta.”
“Io dico di no!” Dalle retrovie intervenne Ansene.
“C’è qualche problema?” Intervenne Valery.
“Sì.” Replicò il soldato con un’evidente aria isterica. “È da quando siamo nati che combattiamo: sono
passati più di vent’anni e non è cambiato nulla.”
“Una cosa è cambiata.” Intervenne Karnay. “Abbiamo perso i nostri genitori.”
“E questa cosa come dovrebbe condizionare il nostro operato?” Intervenne Tyanas.
“Volete forse unirvi ai nemici?” Aggiunse Lorelyn.
Valery estrasse la sua spada, ma Crysis la fermò con il braccio. Anche Bella si mise in mezzo.
“Vi prego, non litigate: la situazione è già complicata di suo.” Disse quest’ultima.
Crysis abbassò lo sguardo, cercando quello di Ansene, che non faceva dell’altezza la sua qualità migliore,
dopodiché si mise la mano fra i capelli bruni e se ne strappò una ciocca.
“Fra questi c’è molto più sangue di quanto tu ne abbia mai visto, pensi che gli altri non sappiano che
quando c’è da combattere ti nascondi sempre? Nonostante ciò, tutti ti trattano con rispetto perché sei un
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nostro compagno!” Disse prima di andarsene.
“Quanto è bello quando si arrabbia.” Disse Bella guardandolo.
“Questo non mi sembra il momento delle adulazioni! Ti sentisse Annabell poi…” Intervenne Valery.
“Matheus! Seguimi!”
E anche loro se ne andarono, seguiti da Lorelyn e Tyanas. Rimasero quindi Ansene, Bella e Karnay, che si
incamminarono verso l’infermeria.
“Dovreste cercare di calmarvi.” Disse Bella.
“Ma quale calmarsi.” Rispose Ansene. “Ci sono cascati tutti.”
“Ah, quindi non eri serio?” Intervenne Karnay.
“No!” Rispose Ansene. “Volevo solo distrarli e magari cercare di farli litigare fra di loro.”
“Distrarli per fare cosa?” Chiese Karnay.
“Come per fare cosa?” Chiese Ansene. “Abbiamo mandato Marx a contrattare con l’esercito nemico! Te lo
sei scordato? Ho detto agli altri soldati che è stato ferito con un dardo infuocato e che deve stare in
isolamento, così da dargli il tempo di tornare qui.”
“Quindi sei veramente sicuro?” Chiese Bella.
“Certo che sono sicuro!” Rispose Ansene. “Sono stanco di questa vita: meglio traditore che morto.”
“Sono d’accordo!” Intervenne Karnay.
“E non ci pensi a tutti gli altri?” Chiese Bella.
“E gli altri ci pensano a noi?” Replicò Ansene. “A me sembrano un gruppo di ragazzini che giocano a fare gli
eroi: pensi che a loro interessi qualcosa di te?”
“Certo che gli interessa!” Rispose Bella. “Siamo tutti sulla stessa barba…”
“Se lui ci tenesse veramente, starebbe con te invece che con quella.” Disse Ansene, andandosene via con
Karnay, al quale ordinò di andare a cercare Crysis per confondergli le idee.
Il giorno dopo, Crysis aveva appena lasciato l’infermeria, quando Bella uscì per aiutare Marx a rialzarsi da
terra. Una volta rientrati, la ragazza gli sciolse la benda che gli copriva completamente la testa.
“Grazie.” Disse Marx, sistemandosi i ricci bruni. “Non respiravo più.”
Il suo volto era in perfette condizioni, l’unica eccezione era una cicatrice, presente sull’occhio sinistro.
“Ti fa male?” Chiese la ragazza.
“Pensavo peggio.” Rispose lui.
“Quindi anche gli altri doneranno gli occhi?” Chiese lei.
“Sì.” Rispose lui. “E tu sarai la prossima: sotto il lettino c’è qualcosa per te.”
Bella guardò sotto il lettino e ci trovò un sacco, con all’interno un’armatura completamente nera, identica a
quella dell’esercito degli stregoni.
“Quando attaccheranno?” Chiese lei.
“Attaccheremo…” Rispose lui. “Questa notte.”
“E come?” Replicò lei. “Il villaggio è inaccessibile.”
“Questo non lo so.” Rispose lui. “A me hanno detto di rimanere qui e di prepararmi per l’incendio.”
“L’incendio?” Chiese lei.
“Vogliono distruggere l’intero villaggio.” Rispose lei.
“Quando?” Chiese lei.
“Questa notte ti ho detto!” Rispose lui. “Il tuo compito è aspettare i nostri compagni all’ingresso del
villaggio.”
“Per invaderlo?” Chiese lei.
“No.” Rispose lui. “Nessuna invasione: Annabell e Crysis saranno di guarda, come sempre: il vostro
obbiettivo sarà rapire Annabell e uccidere Crysis.”
“Cosa?” Intervenne lei.
“Nel frattempo, uno stregone, qualsiasi cosa sia, porterà Ansene e Karnay qui.” Disse lui. “Il nostro compito
sarà quello di appiccare l’incendio.”

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Bella lasciò l’infermeria e cominciò a camminare lungo le strade del villaggio, arrivando sulla collina. La
ragazza cominciò a piangere, sentendosi in colpa per quello che stava per succedere.
Qualche ora dopo, Bella si trovava alla festa, evidentemente ubriaca e stava ballando per le strade della
città, agitando una lancia nera, quando incocciò contro Tyanas.
“Stai andando alla festa?” Chiese lui.
“No!” Rispose lei euforicamente. “Sto andando a prepararmi!”
“Per la festa?” Chiese lui, stranito.
“Per l’attacco!” Rispose lei.
Tyanas la guardò incuriosito e lei realizzò cosa aveva appena detto: Tyanas la portò in un vicolo isolato.
“Dimmi tutto quello che sai.” Le disse lui.
“Abbiamo fatto una cazzata!” Rispose lei, cominciando a piangere.
“Stai calma, va bene?” Replicò Tyanas. “Dimmi cos’è successo.”
“io, Ansene e gli altri ci siamo uniti agli stregoni.” Disse lei.
“Gli stregoni?” Chiese lui.
“I nemici.” Rispose lei. “I nostri nemici sono stregoni! Capisci che cosa assurda?”
“Va bene, sei ubriaca…” Disse lui. “E io che ti do anche retta…”
“No!” Replicò lei. “Cioè sì, ma devi credermi! Questa notte morirete tutti! Devi fare qualcosa!”
“Anche se fosse vero, credo che a questo punto non ci sia niente da fare.” Rispose lui. “Se hanno deciso di
attaccare il villaggio a sorpresa è finita.”
“No! Non è finita!” Replicò lei. “Se vi organizzate adesso potete farcela!”
“Puoi ripetere?” Chiese lui.
“Santyas non è il momento!” Replicò lei. “Io ho fatto una cazzata, ma tu puoi rimediare: vai da Crysis e
preparatevi a combattere!”
“Sono sicuro che lui voglia lottare per la sopravvivenza.” Disse Tyanas. “Ma io no: io sono stanco di questa
vita.”
“E vuoi condannare tutti gli altri?” Chiese Bella furente.
“No.” Rispose lui. “Tu stai condannando tutti gli altri: nessuno ti impedisce di dire loro quello che sai.”
“Non mi crederebbe nessuno!” Replicò Bella.
“Questo è un tuo problema.” Disse Tyanas, dopodiché se ne andò.
Bella si appoggiò al muro, mettendosi le mani in faccia.
Circa un’ora dopo, Bella aveva raggiunto Crysis alla festa, incrociandosi con Tyanas. Bella si avvicinò a Crysis
con un bicchiere in mano.
“Lo vuoi?” Chiese lei.
“No, grazie.” Rispose lui in modo secco.
“Come sei rigido.” Replicò lei, bevendo dallo stesso bicchiere.
“Sono di guardia.” Rispose lui.
“No, sei solo antipatico.” Replicò lei, mettendosi a ridere.
La ragazza cominciò a guardarlo intensamente negli occhi, dopodiché riprese a parlare in modo
ammiccante: “Devo dirti un segreto.”
“Non mi interessa.” Rispose lui.
“Ma è importante!” Replicò lei.
“Bella… sei ubriaca.” Disse Crysis.
“Tu che ne sai?” Replicò lei, mettendosi a ridere. “Devo dirti una cosa: abbiamo fatto una ca…”
La ragazza non fece in tempo a terminare la frase che intervenne una frenetica Annabell, che prese le mani
di Crysis e lo convinse ad alzarsi.
“Dai, vieni con me!” Gli disse.
Crysis decise di assecondarla, senza degnare nemmeno uno sguardo a Bella, che non la prese bene. La
ragazza scappò dalla festa e corse dritta verso l’infermeria, dove trovò e indossò l’armatura nera. Bella uscì

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dall’infermeria e si avvicinò in modo furtivo alla collinetta, passando attraverso i cespugli. Lungo la strada,
riuscì a sentire la voce di Lorelyn intonare un canto, arrivata alla collinetta, si nascose dentro un cespuglio.
Qualche ora dopo, Crysis e Annabell arrivarono alla collinetta e si sedettero lì sopra.
“Ora devo aspettare solo che li attacchino.” Si disse fra sé e sé.
Passarono altre ore e i due ragazzi vennero attaccati dai soldati nemici. Bella uscì dal nascondiglio, giusto in
tempo per sentire Crysis dire ad Annabell di scappare verso il villaggio. La soldatessa riuscì quindi a
intercettarla e a colpirla sulla testa con la lancia.
“Capisco…” Disse il ragazzo. “Fatevi avanti.”
Crysis raccolse un sasso e riuscì a colpire un nemico sulla fionda, ma ben presto si ritrovò tutti gli altri
nemici addosso: questi lo colpivano con delle lance completamente nere, ma senza mai affondare il colpo.
Crysis cercava di difendersi con calci e pugni, in più di un’occasione provò a urlare, ma i nemici
continuavano a mettergli le mani in faccia nel tentativo di bloccarlo. Ogni volta che tentava di disarmare un
nemico, un compagno lo colpiva con la lancia. Una di queste armi lo colpì alla coscia sinistra, procurandogli
una ferita copiosa. Il ragazzo cadde in ginocchio e nemici, compresa Bella, cominciarono a colpirlo in testa.
Crysis allora cominciò a strisciare per proteggere Annabell. I soldati riuscirono a fatica a spostare il corpo di
Crysis, il quale, nonostante stesse perdendo grandi quantità di sangue, continuava a scalciare e a tentare di
urlare. Hugò osservava tutto dall’alto: “Prendetela.” Disse lui.
Un secondo gruppo di soldati intervenne per sollevare Annabell e cercare di portarla via. Crysis cominciò a
dimenarsi con un animale per salvarla ed ogni volta che faceva un piccolo passo in avanti per liberarsi
veniva colpito da una bastonata in testa. Anche Annabell provava a liberarsi, ma si sentiva completamente
paralizzata: dei cristalli di ghiaccio si stavano formando attorno alla ragazza. Annabell era immobile e
riusciva a muovere solo gli occhi, con i quali riuscì a vedere Crysis crollare a terra sotto i colpi dei nemici.
“Andiamo.” Ordinò Hugò dall’alto.
Lo stregone attirò il corpo della ragazza imponendo le mani, i soldati cominciarono a correre via e anche
quelli che si stavano occupando di Crysis fecero per andarsene. Uno dei soldati però fermò Bella e le ordinò
di ucciderlo. Così il ragazzo rimase da solo contro di lei, che però non ebbe il coraggio di finire il lavoro e
scappò con gli altri soldati.
Qualche giorno dopo, Bella, incappucciata nel castello dei ghiacci, consegnò il suo occhio sinistro ad Hugò,
che le incise la cicatrice.
Il giorno successivo, Hugò la incontrò di nuovo e le consegnò un vestito bianco. Bella si recò quindi da
Annabell, la quale si stava allenando a lanciare dei cristalli di ghiaccio contro la parete dalla quale li aveva
staccati, quando udì la porta della cella aprirsi.
“Chi sei tu?” Chiese Annabell.
“Sono un’amica.” Rispose Bella. “Voglio aiutarti.”
La ragazza tirò fuori le braccia dal mantello: nella mano destra teneva il vestito che le aveva dato Hugò e in
quella sinistra teneva un libro molto vecchio e un cristallo rosa, grande quanto la sua mano.
“Io non mi fido di te.” Disse Annabell.
La ragazza le appoggiò il vestito sulla spalla sinistra, passandole la mano fra i capelli. Annabell riuscì quindi a
guardarla negli occhi, anzi, nell’occhio.
“Tu…”
Bella colpì Annabell con il libro sulla mascella, facendola cadere. Bella la rialzò e la spinse contro il muro di
ghiaccio, facendola svenire, dopodiché le strappò un capello e aprì il libro. Arrivata alla pagina desiderata,
cominciò a leggere e inserì meticolosamente il capello nel cristallo rosa. Prendendo in mano il cristallo, i
lineamenti di Bella si trasformarono in quelli della rivale in amore, con suo sommo piacere.
“Ora dammi i tuoi vestiti.” Le disse.
Crysis aprì finalmente gli occhi, sconvolto da ciò a cui aveva appena assistito. I ricordi di Bella lo avevano
segnato, lo avevano rattristito, ma gli avevano donato una certezza: Annabell era ancora viva.
“Ora so cosa fare.” Si disse.

40
Crysis prese la lepre in braccio e la accarezzò un’ultima volta.
“Torna nella foresta.” Le disse. “Grazie per la compagnia.”
La lepre scese dalle sue braccia e scappò nella foresta, dopodiché il ragazzo si appoggiò di nuovo all’albero,
chiudendo gli occhi.

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SOTTO LA PIOGGIA

Crysis si svegliò con un forte dolore alla schiena: nonostante avesse dormito per tutta la vita sopra letti di
fortuna, niente era più scomodo di quel vecchio albero. Il ragazzo cominciò a pensare intensamente,
cercando di immaginarsi l’andamento dei fatti: si immaginava in piedi, circondato da stregoni tutti identici a
Merlo e da soldati con le armature nere. Crysis si sarebbe offerto come ostaggio in cambio della liberazione
di Annabell, alla quale avrebbe consegnato la provetta.
Crysis si alzò in piedi e cominciò a guardare il sole: era circa mezzogiorno e la sua missione non poteva
attendere. Fece un piccolo sorso dalla provetta e vide sé stesso accanto all’albero mentre parlava: “Ciao
Annabell, se stai vedendo questo significa che il mio piano ha funzionato e che io sono in prigione, mentre
tu sei libera. Appena il sole sarà calato, vai nella foresta, cerca Valery e spiegale come sono andate le cose:
al resto penseranno loro.”
Crysis riaprì gli occhi, chiuse la provetta e la mise nella tasca dei pantaloni, dopodiché cominciò a
camminare, senza portarsi dietro l’armatura: il suo obbiettivo era quello di risultare il più indifeso possibile,
in modo che i nemici non lo considerassero una minaccia.

Hugò stava fissando una parete trasparente. Ritornato in sé, lo stregone pareva terrorizzato: come se fosse
appena uscito da un incubo, o come se avesse visto qualcosa di spaventoso. Hugò cominciò a camminare
nei corridoi del castello dei ghiacci, continuando a ripetere la medesima coppia di parole: “Una freccia.” La
sua camminata frenetica venne fermata da un incontro molto speciale: quello con suo figlio. Il piccolo Tom
lo fissava con i suoi enormi occhi neri, ma non pronunciava nessuna parola.
“Figlio mio.” Gli disse. “C’è qualcosa che ti turba?”
“No.” Rispose lui. “Sei tu che sembri turbato.”
“A dire il vero: sì, lo sono.” Rispose lui.
“Hai avuto un’altra visione strana?” Chiese il bambino.
“Sei un bambino perspicace.” Disse Hugò, cercando di ostentare sicurezza. “Penso che sia arrivato il
momento di… andare in vacanza!”
“Cos’è una vacanza?” Chiese Tom.
“Un viaggio, figlio mio.” Rispose di nuovo. “Un semplice viaggio.”
“Andiamo a vedere degli umani?” Chiese il bambino con entusiasmo.
“Sì!” Rispose Hugò. “Ti porto a vedere degli umani.”
“Cosa sta succedendo qui?!”
Hugò si voltò e vide Merlo intento a fissarlo, nel frattempo, all’esterno aveva cominciato a piovere.

La pioggia, di solito nemica del ghiaccio, sembrava non avere alcuna speranza di scalfirlo. Crysis stava
camminando sulla terra dove erano sepolti i suoi compagni, armato solamente del pugnale che gli aveva
lasciato Valery. Quella sarebbe stata la missione più importante della sua vita: l’aveva organizzata nei
minimi dettagli la sera prima, ma più ci rifletteva e più il suo piano risultava fallace. Qualora non avessero
accettato lo scambio, si sarebbe trovato indifeso nella fossa dei leoni. Avrebbe potuto scappare nella
foresta per chiedere aiuto alle ninfe, ma in cuor suo non riusciva a fidarsi completamente di loro: non
avevano mostrato pietà quando si era trattato di condannare i suoi amici, lasciandoli morire, affinché il
prescelto “perdesse tutto”. Addirittura, Valery aveva scelto di sacrificare il suo “compagno” per far avverare
la profezia. Crysis si sentiva un semplice strumento, che cercava di sfuggire dalle mani di chi voleva usarlo,
per tornare fra le braccia di chi teneva veramente a lui. Quella persona era più importante delle ninfe, della
foresta, degli stregoni e di qualsiasi profezia: era più importante della sua stessa vita. Mentre stava
camminando, cominciò a notare che c’era qualcuno che lo stava seguendo: voltandosi, vide un piccolo
scoiattolo bruno, che si fermò appena Crysis cominciò a fissarlo.
“Attraggo più animali che nemici in questi giorni.” Si disse.
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Il ragazzo proseguì il suo cammino, ignorando lo scoiattolo, il quale continuò comunque a seguirlo. Crysis ci
mise circa due ore, ostacolato dalla forte pioggia, a superare il campo di battaglia: non si era mai spinto così
tanto verso il fronte nemico e non aveva idea di cosa ci fosse oltre. Crysis salì su un rialzo in terra rossa e
cominciò a scrutare l’orizzonte: sotto di lui c’era una discesa molto ripida, che collegava il campo di
battaglia a un cratere enorme, al centro del quale, c’era un castello costruito in pietra grigia, circondato da
un enorme pavimento di ghiaccio. Una serie di fiaccole spente, poste su entrambi i lati, delineava un
corridoio, che conduceva all’entrata nel castello. Il luogo sembrava desolato, ma trattandosi di stregoni,
qualunque cosa essi fossero, sicuramente quella era una trappola. Crysis cominciò ad avvertire una forte
fitta al cuore: “Non mi tradire adesso.” Si disse.
Il ragazzo cominciò a scendere, ma si accorse subito che intorno al castello c’era qualcosa che prima non
c’era: un’intera legione di soldati in armatura nera. Davanti a loro, come due potenti generali, c’erano
Merlo, il mago nano in bianco, e un altro stregone, molto più simile a un uomo: era Hugò, che Crysis aveva
visto di sfuggita durante il rapimento di Annabell.
“Quelli mi stanno aspettando.” Si disse il soldato.
Crysis riprese a scendere e, man mano che proseguiva, gli sembrava che il numero di soldati aumentasse
sempre di più. Anche lui aveva un alleato: quel piccolo scoiattolo che non aveva mai smesso di seguirlo.
Terminata la discesa, Crysis cominciò a guardare verso il castello, mantenendo impressa sul volto
un’arrogante aria di sfida: si trovava da solo contro un esercito intero, ma non poteva mostrarsi debole. Lo
scoiattolo cominciò a squittire, attirando l’attenzione del ragazzo, che decise di raccoglierlo e di tenerlo in
mano.
“Se vuoi restare qui, è meglio che tu rimanga vicino a me.” Gli disse.
Lo scoiattolo saltò verso il suo collo e si nascose sotto il suo vestito. Crysis cominciò a camminare verso il
suo destino.
“Come comitato d’accoglienza lascia molto a desiderare.” Disse il ragazzo, che di certo non puntava sulla
simpatia.
I soldati nemici puntarono subito le loro balestre contro Crysis, ma Hugò allargò il braccio destro, intimando
loro di fermarsi.
“Sei uno stregone?” Chiese Crysis.
“Sì.” Disse Hugò, cominciando ad avanzare. “Hai molto coraggio a presentarti qui tutto solo: che fine ha
fatto quella traditrice?”
“C’è stato un malinteso: lei non è più tra noi.” Rispose il ragazzo.
“Insomma… hai già cominciato a combattere!” Replicò lo stregone.
“Non sono qui per combattere.” Disse Crysis. “Ma per negoziare.”
“E tu ti presenti armato a una negoziazione?” Chiese Hugò.
“Hai ragione.” Rispose Crysis. “Avrei dovuto presentarmi a casa del nemico a mani nude per farmi
ammazzare! Ma come ragionate voi?”
“E pensi che quel pezzo di ferro possa aiutarti in qualche modo?” Chiese Hugò.
“Sempre meglio di niente.” Rispose Crysis.
“Il tuo temperamento arrogante mi dà sui nervi.” Disse Hugò. “Ma qui al castello dei ghiacci siamo tutti
stregoni onesti, pertanto, il re Duezerox II ti darà udienza… ma solo se supererai una prova.”
“Hai visto che ho fatto bene a portarmi un’arma?” Rispose Crysis. “Di che prova si tratta?”
“A noi non piacciono i perdenti.” Rispose Hugò. “E mi risulta che tu abbia perso il tuo ultimo scontro:
quando abbiamo dato fuoco al tuo inutile villaggio.”
“Arriva al punto.” Intervenne Crysis, facendosi più serio.
“Oggi potrai sfidare i tre soldati che ti hanno tradito, condannando a morte i tuoi simili.” Rispose Hugò. “Se
riuscirai a sconfiggerli, allora ti ascolteremo.”
“Questa non è una prova.” Disse Crysis. “È un sogno che si avvera!”
I soldati cominciarono a circondare il ragazzo, creando un cerchio. Dalla massa ne uscirono tre, che,

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togliendosi gli elmi, rivelarono volti familiari. Hugò indietreggiò, lasciando il campo ai tre traditori.
“Ero sicuro che non ti avrei più rivisito!” Esclamò Ansene.
“Come hai fatto a sopravvivere?” Chiese Karnay.
“Non potevo morire con colpo alle spalle!” Rispose Crysis. “E non potevo andarmene senza prima avervela
fatta pagare.”
“Sei arrabbiato perché abbiamo dato fuoco alla tua casetta?” Chiese Marx, prendendolo in giro.
“Era anche la tua…” Disse Crysis sottovoce. “Ora fatevi sotto!”
I traditori si avvicinarono lentamente: Crysis teneva la guardia alta, ma per sconfiggere tre nemici aveva
bisogno di una strategia. Il primo ad attaccare fu Karnay, ma il suo fendete di spada venne bloccato dal
pugnale di Crysis, che con un calcio al ventre lo fece indietreggiare. Marx provò ad attaccarlo alle spalle, ma
subì una gomitata sul volto, Karnay provò ad attaccare di nuovo, ma ricevette un altro calcio alle gambe,
che lo fece cadere. Crysis si gettò nuovamente su Marx, continuando a colpirlo con il suo pugnale: Marx
riusciva a parare i colpi, ma il suo avversario stava solo cercando di prendere tempo. Karnay provò ad
attaccarlo nuovamente alle spalle, ma Crysis aspettava solo quello, infatti, si spostò appena sentì il
fendente avvicinarsi. Karnay colpì con la sua spada l’armatura di Marx, facendolo cadere a terra. Crysis
impiantò il pugnale nella schiena di Karnay, dopodiché gli sussurrò qualcosa nell’orecchio: “Cosa si prova?”
Crysis si scagliò allora contro Ansene, che era rimasto indietro e che questa volta era armato solo di una
spada, che usò solo per difendersi. L’impeto di Crysis sarebbe stato difficile da contenere per chiunque, ma
Ansene aveva comunque due alleati, pronti ad aiutarlo. Karnay e Marx provarono a bloccargli le braccia, ma
Crysis riuscì a liberarsi grazie al suo pugnale, non risparmiando rasoiate precise ai suoi avversari. Crysis
riuscì a sfregiare il viso di Marx e a ferire Karnay alla gamba, sotto lo sguardo di Ansene, che provò a
strisciare verso i soldati degli stregoni. La sua fuga però subì un arresto quando Crysis gli piantò il pugnale
nel piede, dopodiché lo trascinò al centro del cerchio, vicino agli altri due. Crysis lo prese per il collo da
terra e cominciò a riempirgli il volto di pugni.
“Questi sono per tutte le persone a cui avete fatto del male.” Disse lui, continuando a colpirlo. “Quella
cicatrice sull’occhio sarà la ferita meno grave che avrai in faccia.”
“Colpirmi non ti restituirà il tuo mondo.” Rispose Ansene.
Crysis allora si fermò, lo prese per il collo e lo guardò intensamente nell’occhio.
“Tu non sei un uomo.” Gli disse Crysis. “Tu hai sacrificato la vita di tutti quelli che ti volevano bene perché
sei un egoista: tu hai sempre voluto essere il numero uno e vedevi in me un ostacolo insormontabile. Ora se
uno dei tanti soldati di questo esercito, niente di diverso rispetto a quello che eri prima, con la differenza
che se tu morissi ora a questi non importerebbe nulla. Ora dimmi: ne è valsa la pena? E a proposito di pena:
questa è l’unica sensazione che provo quando ti guardo. Sei talmente insignificante, che non ho neanche
voglia di ucciderti.”
Crysis mollò la presa e cominciò a camminare, superando anche Karnay e Marx.
“Penso di aver vinto!” Esclamò guardando Hugò.
Lo stregone però alzò il braccio con aria minacciosa: i soldati puntarono le loro balestre verso Crysis.
“Sparate.” Ordinò lo stregone.
Crysis chiuse gli occhi, utilizzando le braccia per pararsi il viso. Le frecce però non colpirono lui, bensì, i tre
traditori.
“Sono morti strisciando.” Disse Hugò. “Esattamente come hanno vissuto.”
Lo stregone, con la sola imposizione delle dita, congelò i loro corpi e, scioccando le dita, li distrusse: di loro
non rimase niente. Crysis si guardò intorno, concedendosi un sospiro di sollievo: la morte dei vecchi
compagni non lo aveva smesso di un millimetro. Quella sensazione di quasi-benessere però venne presto
turbata da un rumore: una serie di applausi che si faceva sempre più forte.
“Schiena dritta soldato.” Disse Hugò. “Il re è arrivato.”
Dal portone del castello, uscì una creatura molto simile ad un uomo: era alto, portava dei lunghi capelli
bianchi e indossava una lunga tunica bianca, identica a quella di Hugò. Sulla mano destra portava un anello

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di cristallo di colore oro. Il re aveva un occhio azzurro, il destro, e uno marrone, il sinistro e trasmetteva un
inquietante senso di freddezza e potenza. Il suo passo era sicuro, nonostante la corporatura magra, ma era
il suo sguardo, dipinto su un pallido viso allungato, a conferirgli una forte aura di terrore. Non aveva armi
con sé, ma aveva in mano un lungo bastone con un cristallo azzurro incastonato nella parte superiore.
“Ti presento il nostro sovrano: Duezerox II.” Disse Merlo, che fino ad allora era rimasto in completo silenzio.
Crysis fece di tutto per ostentare una sicurezza che non aveva, inoltre, aveva lasciato il pugnale incastonato
nel piede di Ansene, pertanto, era completamente disarmato e circondato dai nemici.
“Sono venuto per negoziare!” Esclamò Crysis.
“Giovane guerriero.” Esclamò il re. “Non ti sei neanche presentato e pretendi di essere ascoltato.”
“Sono stanco di questi giochetti.” Rispose Crysis. “Ho superato la tua prova: cos’altro vuoi ancora?”
Crysis alzò lo sguardo e solo allora si accorse che il sole era calato e che le fiaccole avevano cominciato ad
ardere di un tiepido fuoco verdognolo, nel frattempo, tutti i soldati avevano nuovamente puntato la
balestra contro di lui.
“Abbassate le armi soldati.” Disse Duezerox. “Il ragazzino sembra molto impaziente di parlare, quindi prego:
parla!”
“Quando avete distrutto Bergamoon avete rapito una ragazza.” Disse Crysis. “Sono venuto per portarla
indietro.”
Duezerox mutò espressione: all’’inizio lo guardò male, dopodiché si guardò intorno e cominciò a ridere,
invitando tutti i soldati a fare lo stesso. Crysis mantenne uno sguardo serio e disse: “Anche i tre che sono
morti ridevano prima.”
E tutti smisero di ridere, compreso il re.
“Cosa offri in cambio?” Chiese Deuzerox.
“Mi offro io.” Rispose il ragazzo. “Liberate lei e imprigionate me.”
Il re si voltò verso i suoi soldati, dopodiché il suo sguardo si mise a cercare gli occhi di Hugò, prima di
tornare a incrociare gli occhi azzurri.
“Perché mai uno come te dovrebbe fare una cosa del genere?” Gli chiese.
“Perché ho fatto una promessa.” Rispose Crysis.
“Ti sbagli ragazzino.” Replicò Deuzerox. “Sono gli altri che ti hanno messo in mezzo.”
“Non ti capisco.” Rispose Crysis, mentendo spudoratamente.
“Tu ti chiami Crysis, non è vero?” Chiese il re.
Il ragazzo si morse la lingua: ormai era chiaro che lo stregone sapesse tutto della profezia, probabilmente
sapeva molto di più rispetto a quello che sapeva Crysis.
“Avvicinati ragazzo.” Lo invitò Duezerox. “Ho una cosa per te.”
Il re tirò fuori dalla tasca del vestito una sfera di cristallo completamente bianca.
“Questa pioggia è fastidiosa, vero?” Disse il re. “Perché non entri nel castello?”
“Sto bene qui.” Rispose Crysis.
Duezerox si avvicinò lentamente al ragazzo e gli porse la sfera.
“Sai cos’è questa?” Gli chiese.
“No.” Rispose Crysis, prendendolo fra le mani.
“È una profezia.” Ripose Duezerox. “Quando ne viene lanciata una, la sua essenza può venir trasferita in
alcuni oggetti, come questa sfera. Ogni oggetto reagisce in modo diverso: queste sfere ti possono mostrare
tutto ciò che è legato alla profezia. Guardala bene e cerca di comprendere quale futuro ti attende.”
Crysis allora cominciò a guardare nella sfera: il mondo intorno a lui venne avvolto completamente da un
fumo bianco, che lo trasportò all’interno di una foresta. Crysis cominciò a camminare fra gli alberi, fino ad
arrivare in uno spazio circolare senza arbusti, all’interno della quale un gruppo di ninfe, maschi e femmine,
avevano circondato un giovane maestro Gambron, che Crysis non aveva mai visto prima. Le ninfe
continuavano a chiedergli cosa ne sarebbe stato di loro e il maestro ordinò a tutti di fare silenzio.
“Continuare a combattere contro quegli stregoni era troppo rischioso.” Disse lui. “Non solo per noi, ma

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soprattutto per la nostra foresta. Saranno anni molto duri per noi ninfe, ma dobbiamo resistere… o i
genitori della piccola saranno morti invano.”
Gambon fece combaciare i polpastrelli delle sue dita e soffiò nello spazio creatosi fra le mani, creando una
sfera di luce bianca, la quale cominciò a levitare lentamente verso il cielo.
“Io profetizzo!” Esclamò lui. “Che un giorno, l’amore vero tra una ninfa femmina sfuggente e un uomo
maschio ardente porterà alla nascita di un prescelto, di un bambino che vivrà fra gli uomini per assorbirne
le emozioni e, quando avrà perso tutto, risveglierà il potere antico delle ninfe, sciogliendo il nefasto
accordo. Questo bambino combatterà gli stregoni, ma la battaglia più feroce sarà con sé stesso: per la legge
dell’equilibrio della natura, essendo il prescelto nato dall’amore, non potrà mai innamorarsi, non potrà mai
provare il sentimento più forte, pena lo scioglimento del suo cuore di ghiaccio.”
La sfera di luce cominciò a scendere verso il basso, ma, improvvisamente, la sfera prese un’altra direzione.
“Non ha importanza chi ha la profezia.” Disse Gambon. “L’importante è che si avveri.”
La sfera continuò il suo percorso, seguita da Crysis, finendo in una mano rugosa, che portava un anello di
cristallo a un dito.
Il mondo intorno a Crysis si trasfigurò di nuovo: il ragazzo fece appena in tempo ad assistere alla raccolta
della profezia da parte di Duezerox, che venne catapultato in mezzo agli alberi, a notte fonda. Crysis sentì il
rumore degli zoccoli di un cavallo avvicinarsi a lui, dopodiché notò che sull’albero più vicino a lui c’era un
uomo che si stava arrampicando, cercando di raccogliere delle mele. Egli però scivolò, cadendo a terra e
sbattendo la testa. Crysis lo riconobbe appena lo vide in faccia: era Virgo, suo padre. Il ragazzo fece per
aiutarlo, ma venne anticipato dall’arrivo di una donna, completamente vestita di bianco, la quale,
scendendo dal suo cavallo, si gettò al capezzale dell’uomo. Anche lei aveva un aspetto familiare: era la
creatura che veniva a trovare Crysis “in visione” sulla collina. La donna gli curò la ferita alla testa,
utilizzando la magia, dopodiché si mise ad aspettare il suo risveglio. Quando Virgo si svegliò, lei si presentò
a lui, raccontandogli di averlo trovato steso a terra: lei disse di chiamarsi Nyx e che era una ninfa della
foresta. Inizialmente, l’uomo era confuso dalle parole della donna (e come dargli torto), ma quando lei
cominciò a raccontargli la storia della sua gente, l’uomo cominciò a fidarsi.
“Gli uomini che combattono contro di voi.” Gli disse lei. “Sono al servizio degli stregoni che ci hanno chiuso
nella foresta.”
“Quindi non potete uscire di qui?” Chiese Virgo.
“Possiamo uscire solo di notte.” Rispose lei. “Quando voi dormite: per questo non ci siamo mai incontrati.”
“E tu sei mai uscita?” Chiese Virgo.
“No.” Rispose lei. “Ho tante cose di cui occuparmi qui dentro e…”
“Andiamo!” Esclamò lui, alzandosi.
“Andiamo dove?” Chiese lei, seguendolo.
“Voglio mostrarti che c’è un mondo oltre questi alberi.” Disse lui. “Useremo il tuo cavallo.”
L’equino però nitrì, mostrandosi infastidito.
“Non gli piace essere chiamato cavallo.” Disse Nyx.
Solo ad allora Virgo notò il corno sulla sua fronte e la coppia di ali. I due cavalcarono l’unicorno e corsero
via, seguiti dal loro futuro figlio, trasformando ancora una volta il mondo intorno a loro. Crysis si ritrovò in
una vecchia Bergamoon, vicino alla casupola dove abitava da piccolo con la sua famiglia. All’interno della
capanna, Virgo e Nyx stavano parlando, mentre la ninfa teneva in braccio un piccolo Matheus, il quale
aveva all’incirca quattro anni. Virgo allora raccontò che la sua prima compagna, Sereny, morì subito dopo il
parto, costringendolo a crescere il ragazzo da solo. Il mondo si trasformò di nuovo e seguirono numerose
scene nelle quali Virgo e Nyx si incontravano sulla collina di Bergamoon e, man mano che si susseguivano gli
incontri, la pancia di Nxy era sempre più grande. Una sera la ninfa non si presentò all’appuntamento. Virgo
allora entrò nella foresta per cercarla, seguito da Crysis. L’uomo non ci mise molto a trovarla: era insieme a
un’altra donna e a un unicorno bianco alato, diverso dal solito. Nyx teneva in braccio un fagotto, all’interno
del quale c’era un bambino.

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“Scusami per il ritardo Virgo.” Disse lei. “Ero impegnata: vuoi prenderlo in braccio?”
L’uomo si aggiustò i baffi, dopodiché, sorridendo, prese in braccio il bambino e cominciò a guardarlo negli
occhi.
“Ha gli occhi come i tuoi.” Disse Nyx.
“Gliel’hai già dato un nome?” Chiese Virgo.
“L’ho chiamato Crysis.” Rispose lei. “Perché quando è nato si è messo a piangere e nella lingua antica degli
stregoni…”
“Come fanno tutti i bambini, no?” Chiese Virgo. “Tutti i bambini piangono quando nascono.”
“No, noi nasciamo dagli alberi.” Rispose Nyx. “Perché mai dovremmo piangere?”
“Ha senso.” Rispose lui, ridendo.
“Non vorrei interrompere il bel momento…” Intervenne l’altra ninfa.
“Hai ragione Valery.” Disse Nyx. “Virgo, ti ricordi quando ti ho parlato della profezia?”
“Mi ricordo tutto Nyx.” Rispose l’uomo. “Questo bambino sarà la salvezza di tutti noi.”
“È per questo che è venuta anche lei.” Disse Nyx. “Ti presento Valery, una delle combattenti migliori della
nostra specie: uscirà dalla foresta e seguirà il bambino nel corso della sua crescita.”
“Vi aiuterò anche con il cibo e tutte quelle cose di cui avete bisogno voi umani.” Intervenne Valery.
La ninfa alzò la mano destra e, passandosela davanti al volto, trasfigurò il suo corpo, assumendo l’aspetto di
una bambina dai capelli ricci e mori.
“Io vi verrò a trovare tutte le notti.” Disse Nyx.
Nel frattempo, Valery aveva trasfigurato anche l’unicorno Seya, facendogli assumere l’aspetto di un
normale cavallo bianco.
“Promettimi che non dirai a nessuno della profezia.” Disse Nyx.
“Perché?” Chiese Virgo.
“Perché potresti spaventare gli altri umani.” Intervenne Valery.
“E con il bambino invece?” Chiese Virgo. “Come devo comportarmi?”
“Decideremo volta per volta.” Rispose Nyx. “Sarebbe meglio se scoprisse della profezia solamente una volta
avveratasi.”
Nyx si avvicinò a Virgo e diede un bacio sulla fronte al bambino, dopodiché salutò Virgo e Valery. I due,
insieme al bambino e al “cavallo”, tornarono a Bergamoon, seguiti dal Crysis del presente, e sulla strada
Virgo raccontò a Valery che il giorno precedente c’era stata una battaglia violentissima e molti bambini
erano rimasti orfani. I padri di famiglia erano soliti adottare gli orfanelli e portarli a casa, pertanto, dirà a
tutti che Valery è un’orfana e che, da lì in avanti, avrebbe vissuto con loro. Arrivati in prossimità dalla
casupola, i due incontrarono Matheus, che stranamente era rimasto sveglio.
“Figliolo.” Disse Virgo. “Lei è Valery, da oggi vivrà con noi.”
“Anche lui è un orfano?” Chiese Matheus, indicando il bambino.
“No.” Rispose Virgo. “Questo è tuo fratello: si chiama Crysis e dovrai proteggerlo. Perché non lo metti nella
culla insieme alla bimba che abbiamo trovato ieri?”
Virgo allora prese in braccio il fratellino e disse a Valery di seguirla. I due entrarono nella casupola e
Matheus appoggiò il piccolo Crysis in una culla, all’interno della quale c’era anche un’altra bambina, nata da
pochi mesi.
“Lei l’abbiamo trovata ieri, dopo la battaglia.” Disse Matheus. “Non è bellissima? È così bella che mio padre
l’ha chiamata Annabell.”
Crysis, dopo aver assistito alla scena, cominciò a scuotere la testa nel tentativo di uscire da quel loop di
ricordi. Il mondo intorno a lui cominciò a trasformarsi di nuovo, ritornando alla vita reale.
Crysis fece cadere la sfera a terra, distruggendola. La sfera però. Si ricreò da sola e Duezerox la richiamò a
sé con la mano.
“Avevo visto abbastanza.” Disse Crysis, tenendo la testa abbassata.
Il ragazzo, nonostante fosse già a conoscenza dei dettagli più importanti della profezia, venne investito da

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una forte scarica di emozioni e cominciò a tremare.
“Cosa c’è PRESCELTO?” Chiese Duezerox con aria arrogante. “Perché stai tremando? Hai forse paura?”
“Quindi sapevi tutto.” Disse Crysis, tenendo la testa bassa.
“Ridimmelo guardandomi, PRESCELTO.” Rispose il re. “Sei un eroe? Comportati da eroe. Oh, aspetta: forse
il PRESCELTO sperava di passare inosservato, sperava di presentarsi qui in veste di cavalier servente per
salvare la donzella in pericolo… ma ora è diventato lui la donzella in pericolo.”
Allora Crysis alzò la testa ed esclamò: “Come parlatore sei bravo, ma come stratega fai veramente schifo!”
“Oh, il PRESCELTO ha ritrovato gli attributi.” Rispose Duezerox, ridendogli in faccia.
“Se sapevi tutto di me, perché non mi hai ucciso quando ero un bambino?” Chiese Crysis.
“Avrei dovuto?” Replicò il re. “Due dei miei uomini hanno sterminato tutta la tua gente schioccando le dita,
uno di loro è ancora un bambino, giusto per farti capire la nostra potenza: pensi davvero che io, il re
indiscusso di tutti gli stregoni dei ghiacci, possa temere un bambino dal cuore di ghiaccio? Forse sarai
immune ai nostri incantesimi, ma da solo non vali niente.”
Duezerox cominciò a camminare verso il suo castello, lasciando Crysis impietrito sotto la pioggia, ma si
fermò prima di entrare dal portone.
“E qui, entro in gioco io.” Disse il re.
Duezerox riprese ad avvicinarsi verso Crysis, fermandosi però a due metri da lui.
“Io so quello che provi, ragazzo.” Disse il re. “Tu hai trascorso tutta la tua vita a lottare per la sopravvivenza,
tua e delle persone che ti stavano intorno. Fra queste, c’era anche una ninfa, giusto? La profezia non può
mentire! Quella era una ninfa che viveva con voi e che aveva il compito di proteggerti. Il risultato? Lei ha
lasciato che tutti i tuoi compagni morissero e non mi sembra che ti abbia aiutato nel combattimento contro
i tre traditori, quindi perché mai dovresti schierarti con loro? Ma, aspetta: tu sei qui da solo, non ci sono
ninfe con te, dico bene? Quindi, sei venuto per unirti a noi! Sarebbe la scelta migliore, non credi?”
“No.” Rispose Crysis. “Sono venuto solo per Annabell.”
Duezerox sogghignò, dopodiché guardò verso i suoi soldati e disse: “Il PRESCELTO è venuto per Annabell e
chi siamo noi per impedirgli di vederla? Portate qui la futura regina!”
“Non sarà mai tua moglie.” Esclamò Crysis. “Te lo giuro sulla mia stessa vita.”
“Non hai capito.” Disse Duezerox sogghignando. “Io non voglio sposarla: lei è mia figlia!”
Silenzio.
Tuono.
Perfino la natura sembrava scioccata.
Annabell uscì dal portone assieme al piccolo Tom. La ragazza indossava il vestito bianco, da principessa più
che da regna, camminava con il portamento di una principessa, ma l’espressione sul suo volto era la
rappresentazione del dramma interiore che stava vivendo. Crysis la scrutava da lontano, ma era come se
entrambi avessero paura di guardarsi negli occhi.
“Sei sorpreso?” Chiese Duezerox, canzonandolo. “Fra poco ti sarà tutto più chiaro: Hugò! Spiega al ragazzo
come funzionano le cose nel nostro castello: io voglio passare un po’ di tempo con mia figlia.”
Il re diede le spalle a Crysis e cominciò a camminare verso la ragazza. Crysis strinse i pugni, la pioggia
scendeva sempre più forte: Duezerox le toccò i capelli, Annabell abbassò lo sguardo in segno di disgusto.
“Pensi che solo le ninfe si siano interessate agli esseri umani?” Chiese Hugò, mettendosi fra la famiglia reale
e Crysis. “Anche noi stregoni vi abbiamo studiato e abbiamo capito che siete creature interessanti. Allora
abbiamo cominciato a lasciare i nostri discendenti nei vari villaggi che ci sono qui intorno, per poi venire a
riprenderli una volta manifestatisi i loro poteri. Di solito questi si risvegliano intorno ai dieci anni, ma ci
possono essere anche dei casi particolari: mio figlio li ha risvegliati dopo quattro anni, la cara Annabell
invece ce ne ha messi più di venti. I villaggi che attacchiamo sono pieni di orfani di guerra ed è impossibile
per le scimmiette accorgersi che ci sono dei bambini in più: così, gli uomini carichi di buoni sentimenti,
come lo era tuo padre, prendono con sé i bambini, senza farsi troppe domande, e li crescono come se
fossero loro figli. Il fatto che tu e lei siate cresciuti insieme è stato totalmente casuale: il vostro rapporto si è

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rafforzato in modo totalmente naturale ed è solo grazie a te se oggi lei assomiglia più a una principessa che
a una strega. A proposito di Annabell, quando un bambino viene al mondo, viene prelevato al piccolo del
sangue e questo viene versato all’interno di un cristallo, che si romperà una volta che i poteri del piccolo si
saranno risvegliati. Allora mandammo uno stregone sul campo di battaglia con l’obbiettivo di portarla al
castello, ma lui fallì e venne eliminato. La volta successiva, il re mandò me medesimo a recuperare sua figlia
e, come puoi vedere, io non ho fallito.”
Crysis mantenne per tutto il tempo la testa bassa. Tom cominciò a tirare il vestito di Annabell, attirando la
sua attenzione.
“Perché quel ragazzo sta così male?” Chiese Tom.
“Perché il suo mondo è stato completamente annientato.” Rispose Deuzerox.
“Annabell!” Esclamò Crysis, alzando la testa e guardandola negli occhi. “Dimmi che di tutta questa storia
non ne sapevi niente.”
“Non poteva saperlo.” Intervenne Duezerox. “Garantisco io per lei: io sono onesto anche se siamo nemici e,
per dimostrarti che sono un sovrano sincero, voglio dimostrarti che non ti sto mentendo e che Annabell è
una strega. Figlia mia, fagli vedere quello che ti ho insegnato l’altra sera.”
Annabell fece un passo in avanti e, sotto lo sguardo inquisitorio del padre, cominciò a concentrarsi: molto
faticosamente, fra le sue mani cominciò a formarsi un piccolo cristallo di ghiaccio appuntito, abbastanza
storto e sproporzionato.
“Basta così.” Le disse il re.
Annabell si accasciò per terra con il fiatone, stremata dalla fatica, tenendo in mano il pezzo di ghiaccio.
Duezerox allora cominciò ad avvicinarsi nuovamente a Crysis, arrivando ad un metro da lui. Il re allungò la
mano verso di lui e cominciò ad accarezzargli la testa.
“Non sei stanco di soffrire?” Gli chiese Duezerox. “Ora che sai la verità: cosa vuoi fare? Pensaci bene: loro
cosa ti offrono? Di combattere contro la persona a cui tieni di più in assoluto per difendere chi ti ha
cresciuto a pane e bugie? Gli stessi che hanno lasciato che tutti i tuoi compagni morissero senza fare
niente? Tu meriti di meglio: tu sei il Prescelto! Ora, guarda verso il castello e guarda cosa ti offro io.”
Duezerox indicò sua figlia.
“Io ti offro tutto ciò che hai sempre voluto.” Continuò lui. “Una vita con lei. Guarda quanto è bella: lo sai
meglio di me, no? Siete cresciuti insieme, il tuo cuore di ghiaccio non si è sciolto come quelle fatine
avrebbero voluto: si è addirittura rafforzato grazie al contatto con la futura regina dei ghiacci. Tu non sei
destinato a combattere contro di noi: tu sei destinato a restare con noi e dare vita alla creatura più potente
di tutti i tempi. Pensaci Crysis, tu sei il figlio di una ninfa e di un essere umano, lei è una strega: pensa a
tutte le cose meravigliose che potreste fare insieme.”
Duezerox si mise di nuovo davanti a lui, riprese a guardarlo negli occhi e gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Ora capisco Tyanas.” Disse e bassa voce fra sé e sé.
“Vieni con me.” Gli disse il re. “Torna da lei.”
Crysis fece un passo in avanti, ma in quel momento lo scoiattolo, rimasto nascosto sotto il vestito per tutto
il tempo, uscì dal colletto del vestito e morse un dito dello stregone. Duezerox indietreggiò dal fastidio, lo
scoiattolo saltò a terra, rivelando la sua vera identità.
“Tieni giù le mani da mio figlio.” Disse Nxy, palesatasi davanti a Crysis.
La ninfa alzò l’indice e il medio della mano destra e ci soffiò una fiammella sopra, dopodiché cominciò ad
agitare la mano, creando un vortice circolare di fuoco, per allontanare gli stregoni. Apparve un fulmine nel
cielo scuro, come se volesse fare da apripista ai sette unicorni alati che invasero la zona. Da sopra gli equini
venivano scoccate delle frecce infuocate, Nyx fece sparire il fuoco e si trasformò in un passero, dopodiché
volò via. Un unicorno si avvicinò a Crysis e il suo cavaliere, completamente coperto da un’armatura con
tanto di elmo spartano, lo afferrò da dietro, sollevandolo dal colletto del vestito. L’animale si alzò in volo,
seguito da tutti i suoi simili.
“È così allora?!” Esclamò Duezerx. “Avete deciso di rompere la nostra alleanza?!”

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“Tom…” Disse Annabell allo stregone, mentre suo padre continuava ad imprecare.
“Dimmi.” Rispose lui.
“Sei un bravo bambino.” Disse lei, accarezzandogli la testa.
“… Io, il re degli stregoni dei ghiacci…” Imprecò il re. “Duezerox II, rompo la nostra alleanza.”
Il re spezzò l’anello di cristallo e cominciò ad agitare il suo bastone.
“Avrete sulla coscienza la morte di quegli stupidi muli!” Esclamò lui.
Annabell cominciò a correre verso il re e lo colpì al braccio destro con il suo cristallo di ghiaccio,
tranciandogli a fatica i muscoli dell’arto. Duezerox iniziò a perdere grosse quantità di sangue dalle ferite,
Annabell alzò il cristallo per colpirlo in testa, ma il re riuscì ad afferrare il bastone con il braccio sinistro e a
indirizzarlo contro Annabell: la principessa venne colpita da una forte onda di energia, che la spedì contro
una parte del castello. Sempre grazie al bastone, lanciò quattro cristalli appuntiti, che la colpirono ai polsi e
alle caviglie, inchiodandola al muro.
“Hugò!” Esclamò il re. “Pensaci tu!”
Crysis era riuscito da poco a salire in groppa all’unicorno, perdendosi completamente la scena.
L’unicorno si fermò in alto, il cavaliere si alzò in piedi e, rimanendo in equilibrio, riuscì a voltarsi, ad
appoggiare un piede sulla spalla di Crysis e a puntare una freccia con l’arco che prima portava a tracolla.
Hugò stava lanciando dei cristalli contro gli altri unicorni, che si stavano impegnando per cercare di
schivarli. Il cavaliere prese la mira e scoccò la freccia verso il basso. Il dardo fece lo slalom fra le gocce
d’acqua e centrò Hugò perfettamente nell’occhio verde, quello sinistro, quello umano. Lo stregone vide la
freccia all’ultimo momento e fece solo in tempo a rammaricarsi di essere un sensitivo: Hugò cadde a terra
senza vita. Merlo si avvicinò a lui e gli strappò l’occhio destro!
“Ora potrai finalmente essere utile a qualcuno.” Disse lo stregone.
Gli unicorni alati, nel frattempo, erano riusciti tutti a scappare senza ferite. Al castello, Duezerox si era
avvicinato minacciosamente ad Annabell.
“È l’amore che ti porta a tradire la tua famiglia o solo la tua stupidità?” Le chiese.
“Tu non sai cos’è l’amore.” Rispose lei. “Non ti azzardare a parlarne.”
“Liberala subito.” Disse Tom con aria minacciosa.
“Perché non vai da tua padre?” Chiese il re. “Ha bisogno d’aiuto.”
Il bambino guardò verso Annabell, dopodiché cominciò a camminare verso Hugò. Duezerox guardò
nuovamente sua figlia negli occhi, dopodiché le disse: “Tu per amore mi hai tradito: io per amore ti
maledico!”

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“NON GUARDARMI”

Gli unicorni atterrarono vicino all’entrata della foresta di Walgreens e proseguirono galoppando via terra.
La foresta era piena di piccoli sentieri capillari, delineati da alberi enormi, di diversi tipi e colori. Nella
radura si potevano scorgere degli spiazzi privi di piante e degli arbusti ancora più grandi: sopra le loro
cortecce c’erano delle incisioni, che delineavano delle strutture simili a delle porte. Era in questi alberi che
le ninfe venivano. Nel frattempo, si era fatta l’alba, ma l’anello dell’alleanza era stato distrutto,
permettendo alle ninfe di poter rientrare nella foresta. La corsa degli unicorni bianchi si arrestò all’arrivo
nei pressi di una radura molto più grande delle altre. Ad attendere l’arrivo dei cavalieri, c’era una nitrita
folla di ninfe, di tutti generi ed età, che cominciarono ad esultare non appena gli equini si fermarono vicino
a loro. Il cavaliere che aveva salvato Crysis scese con molta eleganza dall’animale, rivelando una particolare
bassezza.
“Riesce a scendere da solo?” Chiese al ragazzo.
Crysis, ancora scioccato dagli avvenimenti precedenti, scese molto lentamente dall’unicorno, causando
l’esultanza della folla. Le ninfe gridavano al ritorno del prescelto, alla liberazione e all’inizio di una nuova
vita. Crysis si guardava intorno sbalordito: gli ultimi giorni di completo isolamento lo avevano abituato alla
solitudine e, dopo tanta sofferenza, vedere tutta quella gente acclamarlo lo straniva, probabilmente
nemmeno gli faceva piacere. Accanto a lui, il cavaliere si tolse l’elmo, mostrando il suo aspetto leggiadro:
una lunga treccia nera faceva da ornamento a un viso splendidamente pallido, dai lineamenti e dagli zigomi
puliti, che facevano da cornice a due piccoli occhi nocciola. Le sue orecchie a punta non furono il dettaglio
che lo colpì maggiormente.
“Sei una ragazza.” Disse Crysis.
“E allora?” Rispose lei indispettita. “Ringraziami e goditi la folla.”
Crysis subì il colpo, dopodiché fece un paio di passi in avanti per il giubilo della gente, constatando che la
pioggia si era finalmente fermata.
“Fate largo!” Esclamò qualcuno dalle retrovie.
La folla si aprì, creando un corridoio che puntava dritto a una ninfa molto alta, un uomo, che portava un
lungo vestito grigio, dello stesso colore dei suoi lunghi capelli e della sua lunga barba. Crysis non aveva
dubbi: era la stessa ninfa che aveva visto nella profezia. La ninfa iniziò a camminare verso di lui,
raggiungendolo.
“Mi avevano detto che eri cresciuto, ma non pensavo così tanto.” Disse lui, accarezzandogli il viso.
“Tu sei quello che ha lanciato la profezia, giusto?” Chiese Crysis.
“Sì, sono proprio io.” Rispose lui. “Un tempo ero il capovillaggio di questa radura, ma ora tutti si rivolgono a
me con lo pseudonimo di Maestro Gambon.”
“Fatemi vedere mio figlio!” Una voce si alzò dalla zona dove si erano fermati i cavalieri.
Essi si guardarono intorno per capire chi avesse parlato, quando un passero atterrò in zona vuota e assunse
le sembianze di Nyx. La ninfa si avvicinò a Crysis e lo strinse a sé con l’affetto che solo una madre poteva
provare per suo figlio.
“Erano anni che sognavo di farlo.” Disse Nyx, guardandolo negli occhi.
La ninfa lo abbracciò di nuovo, galvanizzando nuovamente la folla. Nel frattempo, anche gli altri cavalieri si
erano tolti l’elmo: erano tutte donne e, fra queste, c’era una vecchia conoscenza di Crysis.
“Sei stata grande Jessamyn.” Disse Valery, avvicinandosi al cavaliere dalle orecchie a punta.
“Ho fatto il mio dovere.” Rispose lei. “Il mio Hyoga si è ferito a una zampa: lo porto alla stalla.”
La ragazza abbandonò il posto nell’indifferenza generale: tutti erano concentrati a celebrare il ritorno del
prescelto.
“Giovane Crysis.” Si annunciò Gambon. “C’è un’altra persona che ti vorrebbe vedere.”
Una ninfa donna anziana avanzò in mezzo alla folla: teneva per mano una bambina bionda.
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“Yulia!” Esclamò il ragazzo.
La bimba cominciò a correre verso di lui, che abbassandosi la abbracciò e la prese in braccio.
“Non ti lascerò più da sola.” Le sussurrò nell’orecchio.
Ancora una volta la folla esultò: Crysis cominciava a trovarla alquanto fastidiosa poiché, dal suo punto di
vista, non c’era proprio niente da festeggiare.
“Mi stai schiacciando.” Gli sussurrò la piccola.
Crysis allora la lasciò subito, scusandosi. La bimba era felice di vederlo, ma sul suo volto iniziava a comparire
un’espressione turbata.
“Quello che dicono questi signori…” Disse Yulia. “È vero?”
“Cosa ti hanno detto?” Chiese lui.
“Gli abbiamo detto tutto.” Intervenne Valery, raggiungendolo. “Sono felice di rivederti.”
“Avevo capito che voi non provaste emozioni.” Rispose Crysis, con aria seccata.
Il ragazzo cominciò a muovere la mano all’indietro per cercare la bambina, ma questa lo aveva superato per
andare ad abbracciare Valery.
“Sembra che ti abbia riconosciuta.” Disse Crysis.
“Sembra che questo ti dia fastidio.” Rispose Valery. “Facevo anch’io parte della sua famiglia: anche se ho
cambiato aspetto, sono sempre io.”
“Non cominciate a discutere.” Intervenne Nyx. “Non costringermi a punirti come farebbe una madre.”
Le parole della ninfa erano molto dolci e l’ennesimo carezza su posò sul volto del ragazzo, che però si
ritrasse, non cogliendo l’ironia di quella frase.
“Sarebbe una novità.” Rispose Crysis.
Il clima tutto d’un tratto si fece molto meno festoso.
“Il ragazzo ha bisogno di riposare.” Intervenne Gambon. “Vuoi seguirmi?”
“Non penso di avere altra scelta.” Rispose Crysis. “Torno subito Yulia.”
Il ragazzo cominciò a seguire la ninfa, passando attraverso un sentiero alberato.
“Ci sarebbero veramente tante cose che vorrei dirti.” Disse Gambon.
Ma Crysis non rispose.
“C’è qualcosa in particolare che vorresti sapere?” Replicò la ninfa.
“Quanto tempo.” Rispose Crysis. “Tra quanto tempo vi attaccheranno?”
“Gli stregoni vi attaccavano ogni tre giorni.” Rispose Gambon. “Non credo che cambieranno modus
operandi.”
“Come fa a sapere questa cosa?” Chiese Crysis.
“Valery e Nyx comunicavano costantemente, sia quando lei tornava nella foresta, sia quando tua madre
veniva a trovarti.” Rispose Gambon.
“Ho sentito abbastanza.” Concluse Crysis.
I due arrivarono nei pressi di un’enorme quercia, nella cui corteccia era incisa una porta.
“Aprila.” Disse Gambon.
Crysis, timidamente, allungò il braccio verso la corteccia e aprì la porta, dopodiché entrò all’interno della
quercia, seguito dalla ninfa. L’interno dell’albero era completamente dipinto di grigio, con dei ricami dorati
sulle pareti. All’interno della “stanza” c’era una specie di vasca argentea, completamente vuota posizionata
in mezzo.
“Hai delle preferenze sulla temperatura?” Chiese la ninfa.
“In che senso?” Chiese Crysis.
Gambon cominciò a toccare le pareti della vasca, la quale cominciò a riempirsi d’acqua. Crysis fece dei passi
indietro, quasi non si fidasse di lui.
“Non credo che questa sia la cosa più strana che tu abbia visto oggi.” Disse Gambon sorridendo. “L’acqua
rimarrà calda finché non uscirai dalla vasca: puoi spogliarti tranquillamente, la porta della quercia non può
essere aperta dall’esterno se c’è qualcuno al suo interno.”

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La ninfa dunque uscì dalla quercia, chiudendo la porta. Crysis allora toccò l’acqua, scottandosi: era bollente,
come piaceva lui. Il ragazzo allora si spogliò, chiedendosi continuamente se si potesse fidare o meno di
tutta quella gente. Crysis entrò nella vasca e solo in quel momento si rese conto di essere di nuovo solo.
Quel bagno, che avrebbe dovuto essere rilassante, si trasformò in una sequela di pensieri pungenti, molti
dei quali, non potevano che riguardare Annabell: la ragazza con cui aveva vissuto tutta la sua vita, con cui
aveva condiviso tutti i suoi dolori, ma che non aveva mai compreso fino in fondo. Quanto era forte il loro
rapporto alla luce di tutto quello che aveva scoperto quel giorno? Lei, la persona più importante della sua
vita, quella che aveva giurato di proteggere, quella che più di tutti lo aveva avvicinato al concetto di amore,
ora era una nemica e non una qualsiasi: la figlia del re, l’uomo che sulla coscienza, qualora ne avesse avuta
una, aveva la vita di tutti i suoi amici e compagni, compreso suo fratello. L’esercito degli stregoni aveva
tormentato Bergamoon per tantissimi anni: lui e Annabell avevano fortificato il loro legame combattendo
contro di loro, salvandosi la vita a vicenda in più occasioni. Ora cosa fare? Con che coraggio avrebbe
combattuto contro di lei? E quanta colpa aveva la ragazza in tutto ciò che era successo? Crysis era sicuro
che lei non sapesse nulla e che fosse sconvolta tanto quanto lui: i due però rimanevano comunque in due
schieramenti opposti. O almeno così sembrava: Crysis infatti si stava per gettare fra le mani di Duezerox, il
quale aveva tutte e due le cose che il ragazzo desiderava, Annabell e la verità. La tanta agognata verità,
sbattutagli in faccia senza la minima empatia da Valery, la quale, nonostante i molti anni passati fra gli
umani, non era mai riuscita a comprendere i loro sbalzi emotivi. In quello specifico momento, Crysis aveva
bisogno di tempo, aveva bisogno di conforto, ma ottenne delle risposte crude, insensibili e vaghe. Sì, Crysis
si sarebbe unito agli stregoni, come avrebbe fatto qualunque essere umano traumatizzato, ma non sarebbe
riuscito a dimenticare le atrocità subite dai suoi compagni e avrebbe sicuramente cercato la fuga con
Annabell. Sarebbe sicuramente tornato nella foresta, ma le ninfe lo avrebbero accettato dopo il
tradimento? Probabilmente sì, era pur sempre il prescelto, ma avrebbero accettato la principessa degli
stregoni? Probabilmente no, visto che queste creature non conoscono le emozioni, non conoscono l’amore
e non avrebbero capito le motivazioni per le quali il loro prescelto non sarebbe riuscito a vivere senza di lei,
anzi, si sarebbero chiesti cosa ci facesse lui ancora in vita: l’amore avrebbe dovuto ucciderlo, no? i pensieri
gli dilaniarono la mente, portandolo in poco tempo a lasciarsi andare alla morsa della stanchezza,
addormentandosi in mezzo all’acqua.
Nella radura intanto, Gambon, Nyx e Valery stavano assistendo alla scena grazie ad una fontana: lo
specchio dell’acqua mostrava il suo volto addormentato, mentre una statua a forma di pappagallo
riportava, parola per parola, i suoi pensieri.
“Il mio cucciolo ha bisogno di risposte.” Disse Nyx a Gambon.
“Voglio parlarci io.” Disse Valery.

Annabell si trovava di nuovo nella cella ghiacciata: aveva delle bende intorno ai polsi e alle caviglie e se ne
stava rannicchiata contro una parete. La principessa si era ormai abituata alla temperatura del castello, ma
il suo cuore era ancora caldo: umano. Forse era proprio per questo che si sentiva tremendamente sconfitta,
che per la prima volta nella vita non riusciva a trovare la forza per continuare a combattere. L’unica sua
consolazione in quel clima tetro era quello stregone-bambino che continuava a venire a trovarla,
disubbidendo agli ordini del re. Annabell gli ripeteva continuamente che, se avesse continuato a fare di
testa sua, avrebbe rischiato di essere punito, come è successo con lei. Lui però le rispondeva sempre che,
con la morte di suo padre, c’era solo una persona verso cui provava affetto: la principessa. Il loro rapporto
si basava su un bisogno reciproco di qualcuno che li aiutasse a scappare da quella realtà che entrambi, per
motivi diversi, ripudiavano. Il piccolo stregone era tanto ingenuo quanto potente: lui non capiva come mai
Annabell stesse soffrendo così tanto, ma quando capì che Hugò era morto cominciò a sentirsi strano, come
se gli mancasse qualcosa. I due si ritrovavano appoggiati alla parete di ghiaccio: la ragazza cercava di
saperne di più sulla sua famiglia, ma le risposte che otteneva erano sempre vaghe. Il bambino non aveva
mai conosciuto la sua madre naturale: ognuno degli altri ragazzi al suo vecchio villaggio ne aveva una, ma
lui invece no, sapeva solo che Hugò era suo padre e che doveva rispondere agli ordini del re.
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“È un destino davvero crudele il nostro.” Gli disse lei.
Annabell, mentre parlava, era solita giocare con dei minuscoli cristalli di ghiaccio, che creava e distruggeva
continuamente con le mani.
“Non sei proprio capace.” Gli disse Tom.
“Dovresti insegnarmi.” Rispose lei sorridendo: il primo sorriso da quando era stata imprigionata di nuovo.
“Solo se tu mi insegni a usare le armi.” Replicò lui.
“Cosa te ne fai di un’arma quando puoi creare delle tempeste di ghiaccio?” Chiese lei.
“Era per non farti sentire inutile.” Rispose lui. “Allora andiamo?”
“Dove?” Chiese lei.
Tom passò attraverso la parete, lasciando Annabell da sola. La ragazza allora si alzò in piedi, rimanendo
confusa, dopo pochi secondi però la parete esplose! Il bambino la guardava da fuori e la invitava a
raggiungerlo, così Annabell passò attraverso il buco creatosi nella parete e lo raggiunse all’esterno.
“Da quanto tempo lo sai fare?” Chiese lei.
“In che senso?” Replicò lui.
“Perché non mi hai liberata subito sa potevi distruggere la parete?” Chiese di nuovo lei.
“Non me l’hai mai chiesto.” Rispose lui.
Annabell cominciò a guardarsi intorno, in cerca di qualche spiraglio di libertà, ma si rese presto conto che il
perimetro del cratere era pieno zeppo di soldati: l’attacco degli unicorni alati aveva insegnato qualcosa
sulla sicurezza al re.

Crysis si svegliò con un forte dolore al collo: la posizione nella quale si era addormentato non era certo delle
più comode. L’acqua era ancora calda, esattamente come l’aveva lasciato Gambon quando ha riempito la
vasca. Il ragazzo uscì dall’acqua, rendendosi conto del fatto che la sua pelle si stesse asciugando a contatto
con l’aria. Una volta fuori dalla vasca, si mise i pantaloni e uscì dalla quercia. Fuori trovò una sorpresa: una
grande cesta piena di frutta, pane e bevande, sopra la quale sedeva una lepre dal manto bruno.
“Chi non muore si rivede.” Disse Crysis avvicinandosi.
“Ehi ragazzo! Sei tu quello che si diverte a farsi accoltellare, mica io.” Rispose la lepre, rivelando una buffa
voce maschile.
“Tu, tu parli?” Chiese Crysis sorpreso.
“No.” Rispose la lepre. “Sei tu che riesci a capirmi: sei per metà una ninfa, non ti ricordi?”
“Ecco perché da ero piccolo sentivo tutte quelle voci: pensavo di essere pazzo… ma scusa, io ero per metà
ninfa anche al nostro primo incontro.” Rispose lui.
“Piccolo cucciolo traumatizzato, se mi fossi messo a parlare con te come avresti reagito?” Replicò la lepre.
“E comunque uno che scambia sua madre per una visione non mi sembra proprio appostissimo.”
“In effetti…” Rispose lui.
“Le ninfe mi avevano mandato fuori per tenerti d’occhio.” Disse la lepre. “Quando poi hai deciso di andare
a morire dagli stregoni non ho potuto fare altro che avvertirle, così tua madre ti ha seguito trasformata da
scoiattolo.”
“Ora è tutto più chiaro.” Disse Crysis afferrando una mela dal cesto.
“Sì.” Rispose la lepre. “Ma, a proposito di chiarimenti…”
Valery, vestita con una tunica bianca che le copriva tutto il corpo, sbucò fuori da dietro un albero lì vicino e,
schioccando le dite, sostituì i vestiti malconci di Crysis con una tenuta nuova: pantaloni e cotta azzurro-
argento, molto simile al colore della pelle di una trota.
“Suppongo che tu abbia bisogno di spiegazioni.” Disse la ninfa.
“Meno di quanto tu creda.” Rispose lui con aria fredda.
“Prendi un po’ di cibo.” Disse lei. “Devo mostrarti una cosa.”
“Posso scegliere?” Chiese lui arrogantemente.
“Lo so che mi odi.” Rispose lei con aria triste. “Ma ormai siamo sulla stessa barca.”
“Dove vuoi portarmi?” Chiese lui.
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“Seguimi.” Disse lei, cominciando a camminare verso un sentiero alberato.
“Ottenere informazione da te è più difficile che vincere una guerra.” Commentò Crysis.
Il ragazzo la seguì lungo il sentiero.
“Noi non siamo proprio dei grandi comunicatori.” Commentò Valery lungo il cammino.
“Però avete un capovillaggio.” Rispose Crysis.
“Il maestro Gambon è la ninfa più anziana, nata dal primo albero della foresta di Walgreens.” Disse Valery.
“Lui ha vissuto per centinaia di anni, ma non è mai riuscito a comprendere le emozioni. Lui tiene a tutti noi
come se fossero suoi figli, ma non riesce a vedere al di là di questi alberi.”
“Per questo ha condannato a morte la mia gente?” Chiese Crysis.
“Si rese conto del suo errore solo quando era troppo tardi.” Rispose Valery. “Per questo lanciò la profezia.”
“E pensate che basti una sfera luminosa per sconfiggere gli stregoni?” Chiese Crysis.
“Tu sei molto più di questo.” Rispose Valery. “Ma queste cose non spetta a me dirtele: il mio compito è farti
capire quanto sia importante il tuo compito.”
I due arrivarono al cospetto di una creatura enorme, di colore verde smeraldo, che dormiva rannicchiata su
sé stessa. Si riuscivano ad intravedere quattro zampe, una lunga coda squamata e due grandi ali, schiacciate
lungo il corpo muscoloso della creatura. Il muso dell’animale rimaneva nascosto sotto la coda e Crysis non
sarebbe di certo andato a disturbarlo.
“Che cos’è?” Chiese il ragazzo.
“Lui è un drago.” Rispose Valery. “Si chiama Akorw.”
“Oh, e io che non mi ero ancora abituato agli unicorni…” Rispose Crysis.
“E non hai ancora visto tutte le creature che abitano questa foresta.” Replicò la ninfa. “Voi umani siete così
presi a pensare a voi stessi da non accorgervi delle meraviglie che avete intorno.”
“Non mi sembri nella posizione di poter giudicare qualcuno.” Disse Crysis.
“Hai ragione.” Disse lei. “Anche se lui non è originario di questa foresta, ti deve spiegare un po’ di cose.”
Il drago si svegliò, facendo sobbalzare il ragazzo, e si alzò sulle zampe, aprendo le ali: Crysis si sorprese nel
notare come il suo muso allungato fosse estremamente liscio e assolutamente non minaccioso, non
sembrava un drago cattivo, bensì un povero rettile indifeso.
“Posso capire anche lui?” Chiese il ragazzo.
“Ci riesci con una lepre.” Rispose Valery. “Vuoi che tu non ci riesca con un drago?”
“Ti ringrazio per l’introduzione, dolce ninfa.” Disse Akorw, svelando una voce molto profonda. “Tu dovresti
essere Crysis, il prescelto della profezia. Vieni pure avanti e posa la tua mano sulla mia testa.”
Il ragazzo, nonostante il palese timore, si avvicinò e cominciò ad accarezzarlo.
“Ora ti faccio un po’ meno paura?” Chiese lui.
“Non è questione di paura…” Rispose Crysis imbarazzato.
“Hai passato dei giorni molto difficili.” Replicò Akorw. “Ora siediti e ascolta questa storia. In un posto non
molto lontano da qui, c’è un piccolo arcipelago di nome Noa: un tempo, questo era abitato da draghi, con le
squame di diversi colori, fra i quali, c’era anche mio padre, Biry, un drago color verde pistacchio. Sotto il
terreno, erano stati costruiti dei villaggi sotterranei, all’interno dei quali abitavano gli esseri umani. Un
nefasto giorno, un gruppo di uomini, capitanato da un uomo della famiglia Hearst, uscì dal terreno e uccise
a sangue freddo la nostra regina Saphira: una splendida dragonessa color zaffiro. I draghi decisero di
ripararsi in un regno immaginario, dove avrebbero potuto vivere in tranquillità, ma decisero di mantenere
saldo il legame con gli uomini, concedendo all’assassino di Saphira e ad alcuni discendenti della sua famiglia
di poter comunicare con loro. Lasciarono dunque un cucciolo di drago, nascosto nel cuore in un’isola
artificiale, creato con le squame essiccate degli altri draghi. Quel cucciolo ero io e il mio compito era quello
di comunicare con i membri della famiglia Hearst, saltando di volta in volta una generazione. Finché la
famiglia fosse rimasta in salute, non avrebbero avuto bisogno del mio aiuto, ma dovetti intervenire dopo
circa 200 anni per aiutare due discendenti in difficoltà: Stephen e Joan. Il secondo perse la vita, lasciando il
comando dell’intero arcipelago al primo e a sua moglie Veronica. Risolta un’intricata situazione, io ritornai

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nella mia isola per consultare il Muro del destino: un muro, appunto, capace di rivelare il destino di
chiunque. In pratica, se tu scrivessi il tuo nome, ti ritroveresti davanti al tuo destino. Così appresi che,
quando Stephen e Veronica sarebbero morti, ben due eserciti ne avrebbero approfittato per cercare di
conquistare il territorio, ma sarebbero stati fermati da due fratelli: Luke e Paul. Il primo avrebbe sconfitto la
morte e avrebbe avuto il compito di riportare il regno agli antichi fasti, mentre il secondo avrebbe realizzato
la leggenda del Solitario, sconfiggendo i suoi nemici e ritirandosi successivamente a vita privata insieme al
mio futuro figlio, Orik, e alla sua famiglia. Infatti, nel corso della sua avventura, Paul aveva conosciuto una
ninfa donna, tale e quale a quelle che ci sono in questa foresta. I due avrebbero dovuto avere un figlio, di
nome Cryce, nome molto simile al tuo, tra l’altro. Lui, dopo che sarà l’unico rimasto in vita in una guerra
devastante, avrebbe deciso di far tornare sulla terra ferma i draghi. Ma questo cucciolo, esattamente come
il mio, non vide mai la luce. Il padre di Dora, la ninfa, odiava gli esseri umani e non poteva sopportare che
sua figlia fosse stata messa incinta da uno di loro, così, probabilmente mentre io, Paul e Orik
combattevamo contro i nemici, lui si mise in viaggio per cercare uno stregone delle fiamme: si chiamava
Christian ed era famoso per essere riuscito a creare un incantesimo che permetteva all’utilizzatore di
tornare indietro nel tempo. Lo cercò in lungo e in largo per un intero anno prima di riuscire a trovarlo nei
pressi di un vulcano. Christian gli promise che lo avrebbe aiutato e lo seguì fino all’Arcipelago. Il padre della
ninfa voleva uccidere Paul prima dell’incontro con la figlia, ma qualcosa andò storto: Christian infatti, dopo
il vigliaccio assassinio di Paul, uccise l’uomo e diede fuoco all’intero Arcipelago. Io avrei voluto lasciarmi
divorare dalle fiamme, ma lui venne a cercarmi: lì riuscii a vederlo per la prima volta. Era alto, con i lunghi
capelli molto lisci e lucenti di un nero intensissimo. La sua pelle era bianchissima, portava un pizzetto
lungho, ma molto sottile. Era coperto da un mantello nero e rosso, ma la cosa più inquietante di quello
stregone erano i suoi occhi gialli, come quelli di una vipera. Io cercai di rifugiarmi nel regno dei draghi, ma
lui ne approfittò per entrarci e per sigillarlo dall’interno. Io, che ormai avevo perso tutti i miei cari, riuscii a
volare via nonostante le ferite e a rifugiarmi in questa foresta, dove venni accolto da queste meravigliose
creature. Per quanto riguarda i miei fratelli draghi, ho provato più volte a raggiungerli, ma non ci sono mai
riuscito: probabilmente li ha uccisi tutti. Sono abbastanza sicuro che quello stregone sia ancora in
circolazione, ma comunque non è questo il punto. Arrivato a questo punto, ti starai chiedendo perché ti ho
raccontato tutta questa storia.”
“Un po’ sì.” Rispose Crysis.
“Io so cosa significa essere soli.” Disse Akorw. “So cos’hai provato quando hanno dato fuoco al tuo villaggio
e quando ti sei sentito da solo contro il mondo. So anche che in questo momento non vorresti essere qui e
che provi un forte risentimento verso le ninfe, soprattutto verso tua madre. Ma spero che questa storia ti
abbia fatto capire che tu non sei l’unico che sta soffrendo. Io e te siamo simili, ma anche profondamente
diversi: io, come te, non voglio la vendetta, non voglio che tutte queste creature continuino a soffrire, ma, a
differenza tua, io non posso fare più niente per difendere la tua famiglia, tu invece sì. Anche se la odi
perché ti ha mentito per tutta la vita, Nyx rimane tua madre e, mentre tu ti stavi per consegnare ai nemici,
lei si è fatta avanti per difenderti: ha rischiato la vita per te e questa cosa non può passare in secondo
piano.”
“Tu come le sai tutte queste cose?” Chiese Crysis, evidentemente turbato.
“Noi gli raccontiamo sempre tutto nei minimi dettagli.” Intervenne Valery. “Si può dire che sia il nostro
consigliere.”
“Ti ringrazio Akorw.” Disse Crysis. “Spero di rivederti presto.”
“Ti voglio dire solo un’ultima cosa.” Rispose Akorw. “Ti è stato concesso di sbagliare perché sei giovane e
quando i cuccioli sbagliano, gli adulti devono intervenire per sistemare le cose: questo non ti rende meno
importante. Ricordatelo sempre.”
Crysis, trattenendo a stento le lacrime, scelse di inchinarsi davanti al drago, nel goffo tentativo di
nascondere il volto, dopodiché guardò Valery.
“Vuoi che ti porti da lei?” Gli chiese.

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“No.” Rispose Crysis. “Prima c’è un’altra persona che vorrei vedere.”
Il ragazzo salutò Akorw e si incamminò nel sentiero da cui erano arrivati. Anche Valery salutò il drago,
dopodiché raggiunse il ragazzo.
“Ieri sono stato portato via da una ragazza, giusto?” Chiese Crysis mentre camminava.
“Non mi sembra il momento…” Rispose Valery.
“Vorrei ringraziarla.” Rispose Crysis.
“Non credo che ci riuscirai.” Disse Valery. “Jessamyn è molto riservata.”
“Il prescelto dovrà pur avere dei privilegi, no?” Disse Crysis.
“Vedo che comincia a piacerti essere al centro dell’attenzione…” Rispose la ninfa.
“Non mi piace.” Rispose lui. “Ma non capita tutti i giorni che qualcuno ti salvi la vita, quindi vorrei
ringraziarla.”
“Non succede spesso, ma ultimamente è successo un po’ di volte.” Rispose Valery.
Crysis si fermò e cominciò a guardarla male.
“Lei sta sembra al maneggio degli unicorni.” Continuò la ninfa. “Ti ci posso accompagnare…”
I due cominciarono a camminare nuovamente in mezzo agli alberi e Crysis approfittò di quei giorni di
straniante tranquillità per osservare la vita di tutti i giorni delle ninfe, le quali passavano la maggior parte
del loro tempo girovagando per quella foresta, che mai come in quei giorni sembrava in fermento.
“Ti posso chiedere una cosa?” Chiese Crysis mentre camminava.
“Certo.” Rispose lei. “La tua educazione mi sorprende.”
“Tu hai detto che avevi organizzato la festa per concedere agli altri un’ultima serata felice…” Disse Crysis.
“Ma come facevi a sapere che ci avrebbero attaccato quella sera?”
“Beh, immagino che ora tu sia pronto a conoscere tutta la storia…” Rispose lei.
“Quindi c’è altro che non so.” Replicò lui.
“Non molto.” Disse Valery. “Noi eravamo a conoscenza della pratica che usano gli stregoni con i loro figli,
pertanto, eravamo abbastanza sicuri che ci fosse un nemico in mezzo a voi, ma non potevamo sapere che
fosse Annabell. Dopo la nostra ultima battaglia insieme però, mentre le curavo la ferita sulla spalla, mi disse
che, quando si era sentita in pericolo, aveva cominciato a sentire freddo e avevo notato che un ciuffo
d’erba vicino a lei si era ricoperto di brina. Le chiesi se fosse in grado a produrre del ghiaccio con le mani,
ma non ne era ancora capace. Ho pensato che fosse comunque troppo tardi e, di notte, mi recai a cavallo
sulla collinetta, dove ti vidi parlare con tua madre. Appena sentì gli zoccoli, lei se ne andò, ricordi? Ci
incontrammo nella foresta, le spiegai la situazione e mi disse che ormai era troppo tardi: gli stregoni
sarebbero presto arrivati a prenderla. Abbiamo pensato che sarebbe stato meglio ucciderla, ma tu non ce lo
avresti mai perdonato.”
“Perché non mi hai detto niente?” Chiese lui con aria afflitta.
“Perché non mi avresti creduto.” Rispose Valery. “Voi umani faticate ad accettare quello che non vorreste
fosse reale.”
“Sapevi anche di Tyanas?” Chiese lui.
“No.” Rispose lei. “Dovrei sapere qualcosa?”
“L’ho visto in un ricordo di Bella…” Rispose lui.
“Chi?” Intervenne lei.
“Una… una nostra concittadina.” Rispose lui, non volendo additarla come traditrice. “Purtroppo l’ho uccisa
per sbaglio, scambiandola per un nemico…”
“Testardo e maldestro insomma…” Intervenne Valery.
“Comunque…” Riprese lui. “L’ho visto in un ricordo: lei era ubriaca e gli ha confessato del tradimento di
Ansene, ma lui non ha detto niente.”
“E la cosa ti sorprende?” Chiese lei.
“Beh, sì.” Rispose lui.
“Allora non l’hai mai conosciuto per davvero.” Rispose lei. “Lui era molto più profondo di ciò che pensi: l’hai

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sentito il suo discorso, no? Era stanco della vita che faceva, di queste lotte continue per la sopravvivenza:
voleva morire ed è morto felice… ha perfino fatto in modo che tu sopravvivessi… beh, se non ti avesse
trattenuto lui al villaggio, ci avrei pensato io.”
“Ma perché voleva che sopravvivessi?” Chiese lui.
“Perché eri l’unico che poteva fare qualcosa.” Rispose lei. “Eri l’unico che aveva qualcuno per cui vivere.”
“Qualcuno di cui non ero innamorato a quanto pare…” Disse lui.
“Questo lo dici tu.” Rispose lei. “La verità è che la profezia è stata lanciata da qualcuno che non aveva la
minima idea di che cosa fosse l’amore. I sentimenti sono personali: solo tu puoi sapere cosa provi per lei e,
se per te Annabell è così importante, allora che senso ha farsi mille domande su una semplice parola? Io
penso che la cosa importante non sia cosa provi per una persona, ma cosa sei disposto a fare per quella
persona.”
Crysis decise di rimanere in silenzio: nella sua mente cercava di sistemare i pensieri, ma cominciava a
sentirsi rincuorato da quelle parole. Chi invece non era proprio in vena di parola era Jessamyn, che al centro
di una radura si stava occupando di una nove unicorni: Seya, Syrio, Sean, Iky, Hyoga, Tenma, Jaku, Ban e
Naki. Seya, con un nitrito, annunciò l’arrivo nel posto di Valery e Crysis. La ninfa andò subito ad
accarezzarlo, mentre Jessamyn rimase ad occuparsi del suo Hyoga, senza degnare di uno sguardo nessuno
dei due. Crysis, lievemente intimorito, si avvicinò a lei, attirando l’attenzione di Hyoga, che si mise a
sbuffare. La ragazza era vestita in modo diverso rispetto a tutte le altre ninfe: indossava un vestito molto
simile a quelli che Valery distribuiva ai cittadini di Bergamoon, ma invece che rossa, la pelle del vestito era
azzurra. Dalle spalle pendeva un mantellino nero, che le arrivava fino al fondoschiena, i pantaloni invece
erano grigi e Crysis fu sorpreso nel notare che la ragazza fosse a piedi scalzi. Così guardò verso Valery e ben
presto si rese conto di essere l’unico in quella foresta i cui piedi non erano a stretto contatto con la natura.
“Tu…” Disse lui.
L’unicorno alato sbuffò di nuovo.
“Voi?” Riprese lui. “Mi avete salvato questa notte.”
Ancora una volta però la bassa guerriera non proferì parola.
“Ti volevo solo ringraziare.” Disse lui.
“Ho solo compiuto la mia missione.” Rispose lei con aria fredda.
Jessamyn, rispondendo, prese il mantellino con le mani e se lo strinse attorno, nel vano tentativo che il
ragazzo non notasse il suo seno prosperoso, che era comunque coperto dal vestito da guerriera. Crysis notò
che nella sua treccia nera si erano incastrate delle foglie, allora lui provò a togliergliele, ma Jessamyn lo
freddò con uno sguardo: i suoi grandi occhi verdi erano più pericolosi delle sue frecce.
“Cosa pensavi di fare?” Chiese lei con aria di sfida.
“Niente, io…” Rispose Crysis.
“Essere il prescelto non ti dà nessun tipo di privilegio, chiaro?” Intervenne lei.
“Io veramente…” Provò a giustificarsi Crysis, ma questa volta venne interrotto da qualcun altro.
“Devi perdonarlo Jessamyn.” Intervenne Valery. “Lui non ha mai avuto a che fare con gli elfi.”
“Con gli elfi?” Chiese lui.
“Sì.” Rispose Jessamyn. “Mio madre era una ninfa e mio padre un elfo: qualche problema?”
“Assolutamente no.” Rispose lui. “Anzi, forse qui sei l’unica che può capirmi…”
“Non mi interessa, non devi rivolgermi la parola, ma soprattutto, non mi devi guardare, capito?” Replicò lei.
“Non guardarmi!”
“Jessamyn!” Intervenne Valery. “La missione…”
“Quale missione?” Chiese lui.
“Tenerti in vita!” Rispose lei. “Il mio compito è quello di tenerti in vita finché non scenderemo in guerra.
Già, perché per colpa tua dovremmo combattere contro di nuovo quei maledetti stregoni!”
“Per colpa mia?” Chiese lui.
“Se tu fossi venuto qui fin da subito invece di consegnarti ai nemici, ora non dovremmo combattere.”

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Rispose lei.
“E cosa sarebbe cambiato?” Chiese lui. “Anche se fossi venuto subito qui avreste dovuto comunque
combattere contro gli stregoni prima o poi.”
“Vedi cosa succede quando si ospitano gli essere umani?” Intervenne Gambon dalle retrovie.
Gambon, vestito con la consueta veste grigia, entrò nella radura assieme a Nxy, in tenuta bianca, e alla
piccola Yulia, la quale sembrava essere a suo agio vestita come una piccola ninfa. Lo strano gruppo portava
con sé degli oggetti: Gambon e Nyx portavano in due uno scrigno argenteo molto lungo, mentre la piccola
stringeva fra le mani una teca di vetro pieno d’acqua.
“Gli esseri umani non si trovano a loro agio nel silenzio.” Rispose Nyx, sorridendo.
“Valery mi ha detto che il tuo cucciolo è molto testardo.” Disse Gambon.
“E confermo tutto.” Intervenne la ninfa.
“Sì, anche io.” Sentenziò Jessamyn.
“Ma non perdiamoci in chiacchiere.” Disse Gambon. “Crysis: io e la tua famiglia abbiamo qualcosa per te.”
Yulia si avvicinò al fratello, porgendogli la teca: il ragazzo la prese in mano e cominciò a fissarne il
contenuto. In mezzo all’acqua c’era un prisma triangolare trasparente.
“Che cos’è?” Chiese lui incuriosito.
“Come sai, quando viene evocata una profezia, questa può trasferirsi in degli oggetti, come la sfera hai
provato a distruggere.” Disse Nyx. “Oltre a quella sfera, la profezia si è trasferita in altri due oggetti: uno di
questi è il prisma che tieni in mano.”
“E cosa dovrei farci?” Chiese lui.
“Niente.” Intervenne Gambon. “Quello è il tuo cuore.”
Crysis ebbe un sussulto e cominciò a toccarsi il petto con la mano: il suo cuore batteva.
“Non è materialmente il tuo cuore.” Riprese Gambon. “Ma un oggetto che ne fa le veci.”
“No, non vi seguo.” Rispose Crysis.
“Quel cristallo manifesta le reazioni del tuo cuore.” Intervenne Jessamyn. “Se il tuo dovesse rompersi,
anche quello farà la stessa fine.”
“Ma non succederà, vero?” Intervenne Yulia con aria preoccupata.
“No, piccolina.” Rispose Crysis rincuorandola. “Non succederà finché questo lo terrai tu.”
Il ragazzo consegnò la teca nelle mani della bambina, dopodiché le accarezzò i capelli.
“Vogliamo andare avanti?” Chiese Jessamyn con aria stizzita. “Ho ancora molto da fare qui.”
“C’è ancora un oggetto che dobbiamo darti.” Disse Nyx.
“E questo sicuramente servirà più a te che alla tua sorellina.” Concluse Gambon.
Le ninfe aprirono lo scrigno argenteo: al suo interno c’erano dei cubetti di ghiaccio trasparenti.
“Metti la mano dentro.” Disse Nyx. “C’è qualcosa per te.”
Crysis mise la mano in mezzo ai cubetti di ghiaccio, venendo a contatto con un oggetto metallico. Il ragazzo
riuscì ad afferrarlo e ad estrarlo dallo scrigno: era una spada. L’arma era molto diversa da quelle con cui
aveva avuto a che fare: era molto spessa, l’elsa e la guardia erano blu notte, mentre la grossa lama era di
un delicatissimo turchese ed aveva ricamate delle incisioni dorate che abbracciavano la lama fino alla
punta, intrecciandosi continuamente fra di loro.
“Questa spada è stata forgiata da me in persona, affinché contenesse la profezia.” Disse Gambon.
“Quest’arma può essere utilizzata solo dal prescelto e può sprigionare un grande potere.”
“Quale?” Chiese Crysis continuando a fissarla.
Nyx si staccò dal gruppo e materializzò in mezzo alla radura un grosso pannello di pietra.
“Concentrati sulla spada e sferra un montante verso la pietra.” Disse Nyx.
“È troppo lontana.” Intervenne Jessamyn. “Non ce la farà mai.”
“Non deve colpirla.” Rispose Gambon. “Ti sorprenderai di ciò che può fare la turchese.”
Crysis allora cominciò a fissare la roccia, percependo un grosso potere al suo interno, dopodiché cominciò a
fissare la pietra e, con la mano tremante, sferrò il montante all’aria: una forte scarica di vento gelato colpì

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la pietra, facendola a pezzi! Il contraccolpo fece cadere Crysis.
“Impressionante.” Disse Nyx.
“È anche meglio del previsto.” Intervenne Gambon.
“Saprà controllarla?” Chiese Valery.
“No.” Rispose Jessamyn. “È esausto dopo un singolo utilizzo… ma se imparasse a usarla…”
Crysis aveva il fiatone e non riusciva a staccare lo sguardo della sua nuova spada. Nyx e Valery lo aiutarono
a rialzarsi, stando attente a non entrare in contatto con la spada.
“Ora dovrai imparare a combattere con lei.” Disse Gambon.
“Ti addestrerò come feci con tuo padre molti anni fa.” Disse Nyx. “Non sarà facile padroneggiare quella
spada.”
“Cominciate subito.” Intervenne Gambon.
“Vieni con me?” Chiese Nyx a suo figlio.
Crysis annuì, passò le mani dietro la testa di Yulia e cercò di prenderle la mano, dopodiché i due fratelli
cominciarono a seguire la ninfa, sotto lo sguardo attento di Gambon.
“Jessamyn, la tua missione è terminata.” Disse lui, guardandoli andare via.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” Chiese Jessamyn.
“No.” Rispose lui. “Quel potere è molto più forte di quanto pensassi e il ragazzo ha già dimostrato di essere
pericolosamente incerto. Domani attaccheremo gli stregoni prima che possano farlo loro e lui rimarrà qui
con la bambina.”
“Dovremmo privarci dell’arma più potente che abbiamo?” Chiese Jessamyn protestando.
“Non possiamo portarlo con noi: è troppo pericolo.” Rispose Gambon. “Nessuno ci assicura che, una volta
incontrata la strega, non ci volterà le spalle di nuovo.”
“E allora perché dargli la spada?” Chiese Jessamyn.
“Perché, nello scenario più tragico, dovrà difendere la foresta da solo.” Rispose Gambon.
“Crysis non ci tradirebbe mai.” Intervenne Valery. “Io ho imparato a conoscere lui e i suoi simili e ho capito
che spesso loro agiscono in preda alle emozioni: è come se staccassero completamente il cervello e
smettessero di pensare.”
“Quindi non voleva consegnarci agli stregoni?” Chiese Jessamyn.
“Questo dovreste chiederlo a lui.” Rispose Valery. “Ma, Maestro, mi permetta di dargli un consiglio: invece
di estrometterlo direttamente, perché non prova a parlare con lui?”
“Non è un’arma.” Riprese lei, guardando Jessamyn. “È una persona fragile: è un essere umano, loro sono
complicati.”
“Ora lasciamo che si alleni.” Rispose Gambon. “Al resto penseremo più tardi.”

Le spade di ghiaccio cozzavano l’una contro l’altra: Tom aveva imparato in fretta come difendersi usando
l’arma, ma ancora più in fretta aveva imparato ad affondare i suoi colpi. Annabell riusciva a difendersi in
modo aggraziato soprattutto grazie alla differenza di statura, che non permetteva al giovane stregone di
attaccare la parte alta del suo corpo. Tom avrebbe potuto benissimo librarsi in volo e mettere in seria
difficoltà la principessa, ma non voleva farla sentire peggio di come già stava: lui non la capiva, ma si
sforzava di assecondarla in ogni suo gesto. Probabilmente l’avrebbe perfino aiutata a scappare, se solo lei
glielo avesse chiesto, ma il progetto era fin troppo ambizioso: a giorni ci sarebbe stata una guerra e, con
tutte le truppe sull’attenti, sarebbe stato un suicidio. Inoltre, non era a conoscenza della reale potenza del
re, ma immaginava fosse molto più forte del bimbo prodigio. L’addestramento sembrava più un momento
di svago per i due, che più si scambiavano colpi, più cementificavano il loro rapporto: lui, bambino
pericoloso, ma terribilmente ingenuo, lei, donna forte, terribilmente umana. Improvvisamente, Annabell si
bloccò: nella sua testa vide Merlo piombare dall’alto su Tom. A riportarla alla realtà ci pensò il bambino,
colpendola ad un braccio, disarmandola.
“Ti ho fatto male?” Chiese lui.
“No.” Rispose lei, toccandosi la ferita. “Vedi cosa succede quando ci si distrae?”
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“Perché ti sei distratta?” Chiese lui.
“Ehm… freddo.” Rispose lei. “Fa freddo: penso che dovrei rientrare.”
Annabell guardò in alto e vide delle stalattiti di ghiaccio piombare verso di loro! La ragazza si lanciò indietro
per evitare l’impatto, Tom invece rimase fermo, venendo colpito in pieno. Merlo scese dall’alto e si
posizionò sopra il corpo immobile del bambino e cominciò a guardare verso Annabell: solo in quel
momento la ragazza si accorse che, sotto al cappello e ornato dalla lunga barba bianca, c’era una pelle
molto scura. Nonostante fosse alto poco più di Tom, riusciva comunque ad incutere terrore. Merlo
cominciò a lanciare dei cristalli verso Annabell, che dovette materializzare una sorta di scudo di ghiaccio
abbastanza improvvisato per riuscire a difendersi. Notando che lo scudo si stava sgretolando, optò per
lanciarlo contro il nemico, come se fosse un disco, costringendo Merlo a schivarlo. Annabell provò ad
avvicinarsi, ma venne sopraffatto da un’ondata di vento gelato, che la fece capitombolare a terra.
Ritrovatasi in posizione prona, la ragazza provò a rialzarsi, ma aveva la nausea e sembrava aver perso
totalmente l’equilibrio. Percepiva i suoni e gli odori in modo strano e, nonostante non fosse il momento più
indicato, la sua vescica sembrava sul punto di esplodere. A coronare la situazione, Annabell si mise a
vomitare.
“E tu saresti l’erede al trono?” Chiese ironicamente Merlo. “Ma tanto non ci arriverai.”
Lo stregone cominciò ad avvicinarsi lentamente a lei, ma fece l’errore di sottovalutare il piccolo Tom: il
giovane stregone si rialzò in piedi, mostrando un profondo taglio lungo la spalla destra.
“Lasciala stare.” Disse lui con aria minacciosa.
“Rimani a terra, verme!” Rispose lui, continuando a camminare. “Dopo farai la fine di tuo padre.”
Tom allora cominciò a urlare e scatenò il più forte vento gelato che avesse mai generato. Merlo cercò di
bloccarlo con l’imposizione delle mani, ma venne facilmente travolto: lo stregone cominciò a rotolare a
terra. Tom si scagliò contro di lui, generò un cristallo nella mano destra e gli tranciò il collo, decapitandolo!
Annabell era terrorizzata: non aveva mai visto Tom comportarsi così. La ragazza provò a rialzarsi, ma non
riusciva a proprio a reggersi in piedi.
“Ti senti bene?” Le chiese il bambino.
“No.” Rispose lei. “Non riesco a rialzarmi.”
“Vuoi una mano?” Chiese lui.
“No.” Rispose lei. “Tranquillo: faccio da sola.”
I due rimasero in silenzio per un po’, dopodiché Annabell pose lo sguardo sul corpo di Merlo e non riuscì a
nascondere la sua espressione terrorizzata.
“Si è comportato male.” Disse Tom. “È stato cattivo.”
“Ma tu sei buono, giusto?” Chiese lei, preoccupata.
“Tu sei sempre stata brava con me.” Rispose lui. “Non ho motivi per avercela con te: tu sei arrabbiata con
me?”
“No.” Rispose lei. “No, non sono arrabbiata, ma sono molto preoccupata.”
I due giovani stregoni erano stati circondati da un’intera legione di soldati in armatura nera.
“Spostatevi!” Sentenziò Duezerox dall’alto.
I soldati gli lasciarono spazio, permettendogli di posare i piedi a terra.
“Che situazione deplorevole.” Disse Duezerox. “Diceva di essere il migliore dei miei sottoposti, si era
candidato a sostituire Hugò come generale, ma è stato sconfitto da due ragazzini.”
“L’hai mandato tu?” Gli chiese Annabell, rialzandosi.
“Ma certo!” Rispose lui. “Pensi che si sarebbe azzardato ad uccidervi senza il mio permesso?”
“Gli hai dato il permesso di ucciderci…” Disse Annabell, incredula.
“Non sono un padre apprensivo.” Rispose lui. “Affoga o nuota, principessa.”
“Non ti darò la soddisfazione di vedermi affogare.” Replicò lei.
Annabell fece materializzare nella sua mano un pezzo di ghiaccio appuntito, dalla forma lontana a quella del
pugnale che sperava di generare, ma in quelle condizioni non poteva chiedere molto di più al suo corpo.

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“Vuoi sfidarmi?” Le chiese Duezerox, materializzando nella sua mano una lunga lancia di ghiaccio.
“Non la toccare!” Intervenne Tom.
“Figlia mia, ti fai difendere dalla servitù?” Chiese ironicamente il re.
“Giovane stregone.” Riprese Duezerox, rivolgendosi a Tom. “Questa ragazza ha una cattiva influenza su di
te. Dovresti concentrarti sulle tue mansioni invece di perdere tempo con lei.”
“Lei è mia amica.” Rispose lui.
“No, piccolino.” Replicò Duezerox con un’insolita serenità. “Lei ha vissuto per molti anni con gli umani: non
ti puoi fidare di lei. È diversa da te: io invece sono come te… sarò il tuo nuovo papà.”
“Non fidarti di lui!” Intervenne Annabell.
“Uomini!” Esclamò il re. “Usate il cadavere come pasto, poi portate la ragazza nella sala della lastra: mi
raccomando, fate in modo che guardi!”
Duezerox si avvicinò a Tom e gli mise la mano sulla testa, dopodiché lo spinse a seguirlo. Il giovane stregone
si voltò verso Annabell, che lo salutò con aria afflitta. La ragazza venne bloccata dai soldati e fu costretta ad
assistere ad un brutale episodio di cannibalismo: gli stregoni infatti non avevano bisogno di mangiare o di
bere per sopravvivere e trascuravano completamente i bisogni dei loro soldati, che, per sopravvivere, erano
costretti a procurarsi un sostentamento nei dintorni del castello, facendo attenzione a non allontanarsi
troppo. Quel momento fu una liberazione per tutti quei soldati affamati: non solo avevano un corpo con il
quale nutrirsi, ma era il corpo di uno dei loro padroni. Annabell aveva patito i morsi della fame solo nei
primi giorni di prigionia: il suo corpo non aveva bisogno di mangiare, ma il suo cervello ne era convinto,
poiché era cresciuta con le abitudini, e quindi anche con i bisogni, degli esseri umani. In quel momento,
anche avesse avuto fame, il senso sarebbe svanito subito dal disgusto.

La spada turchese era pesantissima e i movimenti di Crysis ne risentivano: in mezzo ad una grande radura,
Nyx stava dando al figlio una lezione di stile e di tecnica. La ninfa si muoveva con grazia e continuava a
infliggere colpi leggeri con la sua piccola spada, colpi che andavano sempre a colpire volontariamente la
turchese, che in quel momento sembrava più un peso che un’arma micidiale. Oltre alla sua pesantezza, il
grande problema era presente nella testa di Crysis che, dopo aver visto l’energia che essa poteva
sprigionare, aveva paura di fare dei movimenti sbagliati, facendo così del male a qualcuno. Sua madre gli
ripeteva di sciogliersi e che la spada era una sua alleata, ma il ragazzo era terribilmente rigido e insicuro.
Nyx provò a provocarlo, appellandosi alle sue responsabilità.
“Ricordati che la nostra salvezza dipende da te!” Gli ripeteva.
“Questa non è la mia guerra!” Avrebbe tanto voluto rispondergli.
Invece Crysis abbassava la testa e si limitava a difendersi: nella sua mente si susseguivano le immagini della
nottata precedente e quelle creata dalla sua immaginazione dopo l’incontro contro Akorw. L’impossibilità
di salvare le persone che si amano è la sensazione più terribile che un uomo possa provare, eppure quel
ragazzo cercava disperatamente delle motivazioni: cercava di convincersi di aver scelto la sponda giusta,
ma, ogni volta che ci rifletteva, si rendeva conto che lui non aveva scelto proprio niente. Lui non aveva
scelto di essere il ragazzo della profezia, non aveva scelto di veder distrutto il suo villaggio (perdere tutto) e
non aveva nemmeno scelto per chi combattere. Poteva però scegliere fra due opzioni: fare il bambino o
fare la cosa giusta, ma sarebbe stato in grado di mettere da parte sé stesso per combattere una causa che
non sembrava appartenergli. E quella signora leggiadra che lo stava colpendo con la sua spada come si
permetteva di urlargli contro dopo che per tutti questi anni non gli aveva mai detto nulla: quanto valeva la
sua figura di madre? Crysis non riusciva a darsi risposte, ma questi pensieri iniziarono a generare in lui delle
sensazioni negative: la sua spada percepì tutto e cominciò a muoversi, quasi fosse spinta da una volontà
propria. Con due affondi riuscì a disarmare Nyx, concludendo il tutto liberando per la seconda volta il vento
di ghiaccio. A poco valsero gli avvertimenti di una ninfa preoccupata che si vede arrivare addosso
un’energia molto potente: Nyx però rimase sul posto, facendosi colpire volontariamente. Questa volta
Crysis non cadde, ma ci mise qualche secondo per rendersi conto di cosa fosse successo.
“Devi imparare a gestire le emozioni.” Disse Nyx.
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Crysis pose il suo sguardo su di lei e notò con sorpresa che la ninfa non si era fatta nemmeno un graffio.
“È facile per voi.” Disse lui, con aria scocciata.
Crysis cominciò a respirare a fatica, stremato dall’addestramento e da quello sfogo: la madre quindi si
avvicinò a lui e provò ad abbracciarlo, ma il ragazzo fece un passo indietro, usando la spada per proteggersi.
“Sono stanco.” Disse Crysis.
Il ragazzo si voltò e fece per andarsene, ma Nyx fece materializzare un laccio d’erba a terra, facendo
inciampare suo figlio, che capitombolò a terra, sbattendo la faccia.
“Allora riposa.” Disse la ninfa ridendo.
Nyx allora si sedette accanto al figlio che, dopo essersi sistemato il naso, si mise accanto a lei, mantenendo
un’espressione infastidita.
“Qui non ci sarà la collina, però anche la foresta ha il suo fascino.” Disse Nyx.
“Non ti conviene parlare di quella collina.” Rispose lui. “Non ti conviene parlare di tante cose.”
La ninfa cambiò subito espressione, cercando di comprendere i sentimenti del figlio. Nel frattempo, il Sole
decise di non volersi immischiare nella faccenda e cominciò a calare per lasciare spazio alla Luna. Nel
frattempo, la pelle di Nyx si era illuminata, ricordando al ragazzo i loro primi incontri, quando pensava che
quella creatura fosse solamente una visione: mai si sarebbe immaginato che quella fosse la luce di una
ninfa, sprigionata per consentire a queste creature di illuminare l’oscuro paesaggio notturno.
“Mi rendo perfettamente conto che, per i vostri canoni, non sono stata una madre esemplare…” Disse lei.
“Non sei stata una madre proprio.” Intervenne lui.
“Da noi non ci sono madri o figli.” Rispose lei. “Però ho cominciato a fare un po’ di pratica con la tua
sorellina.”
Yulia, nel frattempo, stava dormendo sopra un giaciglio di foglie lì vicino.
“Noi siamo cresciuti praticamente da soli.” Disse Crysis. “Nostro padre era sempre impegnato a combattere
per il nostro villaggio: se non ci fosse stata Valery probabilmente non saremmo durati molto.”
“Vostro padre era un uomo molto dolce.” Rispose lei. “Mi piacerebbe mostrarti qualcosa di lui.”
“Sono stanco di vivere nei ricordi.” Replicò lui. “È una fortuna che si sia rotta la provetta.”
“Vorresti voltare pagina?” Chiese lei.
“Vorrei capire quale madre possa mentire a suo figlio per più di vent’anni.” Rispose lui.
Nyx ci rimase parecchio male.
“Perché non mi avete detto niente?” Continuò lui.
“Non sei stanco di sentire parole su parole?” Chiese lei.
“Sono più stanco di dovervele togliere sempre di bocca.” Rispose lui.
“Va bene…” Rispose lei. “Il Maestro Gambon non voleva che gli altri umani sapessero della profezia: non li
riteneva in grado di gestire una cosa così grande. L’unico che ne era a conoscenza, per forza di cose, era tuo
padre, ma anche lui non godeva di piena fiducia: per questo è stata mandata Valery in missione. Tu non te
lo ricordi, ma quando eri piccolo venivo spesso a trovarti: non me lo riesco a spiegare, ma, sento tutt’ora
che tu sia una parte di me.”
“E perché non ci sei venuta tu in missione?” Chiese lui.
“Secondo il Maestro mi sarei fatta troppo coinvolgere.” Rispose lei. “Pensa che sono stata rimproverata per
aver morso quello stregone… però, ecco: questo è per farti capire che, anche se in un modo un po’ bizzarro,
ho sempre cercato di prendermi cura di te…”
Crysis alzò lo sguardo verso il cielo, dopodiché impugnò la spada con entrambe le mani e cominciò a
fissarla, poi riprese a parlare: “In quel momento io ho pensato solo a lei…”
“Lo so.” Rispose lei, sorridendo. “Per quel che può valere: io ho pensato solo al mio cucciolo.”
“Beh, ora sono qui.” Rispose lui.
“E ì vorresti che fosse qui anche lei?” Chiese Nyx. “Giusto?”
“Non la accettereste mai.” Rispose lui.
“Ne sei sicuro?” Chiese lei. “Allora domani ti farò ricredere.”

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“Domani?” Chiese lui.
“Domani ci sarà la grande battaglia.” Rispose lei. “Lo so: sei confuso. Il Maestro ti aveva detto un’altra cosa,
ma io mi fido di te: so che non ci tradiresti mai. Vorrei che tu combattessi con noi domani, ma questa cosa
non dipende da me.”
“Dipende da Gambon.” Disse Crysis.
“No.” Rispose la ninfa. “La scelta dipende da te: non sei stanco di essere trascinato da una parte all’altra
senza poter dire niente? Se domani mattina vorrai combattere, allora combatterai: tu sei il prescelto Crysis!
E se vorrai portare una strega fra di noi, allora lo accetteremo.”
Il ragazzo a quel punto si alzò in piedi e, fissando la Luna, cominciò a stringere con forza la spada,
dopodiché si voltò verso la madre e disse: “Ho voglia di combattere.”
I due ripresero quindi a combattere, ma questa volta con una ritrovata serenità, con la naturalezza con la
quale due cuccioli giocano facendo la lotta. La ninfa si ritrovò più volte a notare le grandi somiglianze fra i
loro stili di combattimento: Virgo evidentemente lo aveva addestrato bene. Crysis sembrava essere
finalmente a suo agio nel combattere con la spada turchese, vero simulacro delle sue responsabilità nei
confronti del popolo delle ninfe, un popolo al quale non sentiva di appartenere, ma che doveva comunque
difendere, banalmente, perché era la cosa giusta da fare. Da buon essere umano però, le sue azioni
nascondevano un abisso di egoismo: voleva portare Annabell “a casa” e voleva vendicare il suo vero
popolo, i suoi veri fratelli. Quel momento madre-figlio però, non era destinato a proseguire a lungo, poiché
nella radura era appena arrivato il Maestro Gambon. I due si fermarono appena si accorsero della sua
presenza: il capovillaggio aveva preso in braccio la piccola Yulia e aveva cominciato goffamente a cullarla,
facendola però svegliare.
“Questo cucciolo ha bisogno di un letto per dormire.” Disse il Maestro.
“Provvederò a portarla al mio albero, Maestro.” Rispose Nyx.
La ninfa quindi sorrise a suo figlio, dopodiché si avvicinò a Gambon e prese la bambina, ma prima di
andarsene, freddò il capovillaggio con uno sguardo gelido. Una volta rimasti soli, il Maestro cominciò ad
avvicinarsi a lui: fin da subito, si percepì una grande tensione fra i due. Tanto legati, quanto sconosciuti.
“Come sta proseguendo l’addestramento?” Chiese Gambon.
“Bene.” Rispose Crysis. “Mi sento pronto.”
“Hai ancora qualche giorno, ragazzo.” Rispose Gambon. “Non affrettare i tempi.”
“Preferisco fare di testa mia.” Rispose Crysis. “Sono testardo.”
Il Maestro sorrise.
“Tu non mi sopporti proprio, non è vero?” Chiese la ninfa.
“Voi ninfe non mi avete dato molti motivi per apprezzarvi.” Rispose Crysis. “Come quella ragazza: la
mezzelfa.”
“Quella che ti ha salvato la vita?” Chiese Gambon. “Tu e lei avete una storia molto simile.”
“Mio padre era un elfo?” Chiese Crysis con aria arrogante.
“No, tuo padre è una figura che mi è totalmente ignota.” Rispose Gambon. “Però conoscevo i genitori di
Jessamyn quando erano ancora in vita: sono morti nel corso del nostro primo incontro con gli stregoni. Fu
una battaglia brutale: i loro incantesimi non avevano effetto su di noi, ma con la loro spietatezza riuscirono
a sconfiggerci a mani nude. Dopo quella battaglia, io e Duezerox sigillammo il famoso accordo ed io invocai
la profezia della tua nascita: lo feci sostanzialmente perché mi sentivo in colpa nei confronti degli umani
che avevo appena condannato. Quanto a Jessamyn: lei odia la guerra a causa della perdita dei genitori e la
sola idea di combattere di nuovo la spaventa, nonostante ciò, si è offerta volontaria per venirti a prendere.”
“Quindi è per questo che mi odia.” Commentò Crysis. “Non vuole nemmeno che la guardi.”
“Quello è a causa della sua altezza.” Rispose Gambon, ridendo. “Fa così con tutti.”
“Ho un’altra domanda.” Disse il ragazzo. “Valery mi aveva detto che avrei dovuto scegliere da solo.” Disse
Crysis. “Allora perché poi siete venuti a prendermi? Non potevate costringermi fin da subito?”
“Ero sicuro che il prescelto avrebbe scelto di venire dalla nostra parte.” Rispose il Maestro. “Ma ignoravo

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quanto potesse essere forte la vostra spinta emotiva. Siamo intervenuti prima che fosse troppo tardi, ma
ora tu non ti fidi di noi e nemmeno noi di te. Quando ho letto i tuoi pensieri nella vasca, e lo so che è una
cosa che non andrebbe fatta, ho visto solo un grande caos: effettivamente, tu non hai motivi per
combattere dalla nostra parte…”
“Ti sbagli.” Lo interruppe Crysis. “Ci popolerei un intero villaggio con i motivi che ho per combattere.”
“Allora ci vediamo fra qualche giorno.” Rispose Gambon. “Cerca di non farti troppo male.”
“Ho un’ultima domanda.” Disse Crysis. “Tu non ti fidi degli esseri umani, ma hai evocato una profezia che li
riguardava: me ne sfugge il senso.”
“Non tutte le profezie possono essere evocate.” Rispose Gambon. “Avrei potuto profetizzare che un giorno
sarebbe nata una ninfa che ci avrebbe liberati, ma non sarebbe mai accaduto. Quando ho profetizzato la
tua nascita invece si è creata la sfera, si è creato il cuore e una normalissima spada, prima di essere
abbellita da me, è diventata un’arma magica: questo perché la tua nascita era già scritta, io l’ho solamente
annunciata.”
Dopo aver risposto, il Maestro si alzò e se ne andò dalla radura: andandosene, si incrociò con Nyx e i due si
scambiarono degli sguardi complici.
“Le ninfe non dormono, giusto?” Chiese lui, sentendola arrivare.
“Giusto.” Rispose lei.
“E io sono per metà ninfa, giusto?” Chiese di nuovo lui.
“È giusto anche questo.” Rispose di nuovo lei.
“Allora non perdiamo tempo.” Concluse lui. “Ho solo una notte per imparare a usare questa spada!”

Annabell era seduta sopra una lunga lastra di ghiaccio, dando le spalle alla porta d’ingresso. La ragazza, che
non aveva poi molto da fare se non guardare fuori l’immensa vetrata, era riuscita a materializzare una
sottospecie di spada: abbastanza piccola e lievemente storta. La principessa cercava di limare la “lama”,
passando con il dito sopra ai lati, dopodiché si impegnò a cercare di rafforzare l’intera arma. Il suo
minuzioso lavoro venne interrotto dall’arrivo del re, che si affrettò a chiudere subito il portone.
“Cosa gli hai fatto?” Chiese Annabell, continuando a dargli le spalle.
“L’ho addestrato affinché combatta come un vero stregone.” Rispose il re.
“Non siete rimasti nemmeno in dieci stregoni in questo castello.” Disse Annabell, guardandolo con aria di
sfida. “E nessuno dei tuoi tirapiedi ha le capacità per guidare l’esercito: avete perso.”
Duezerox scoppiò a ridere copiosamente.
“Ridi per non piangere?” Chiese lei, arrogantemente.
“No.” Rispose lui. “Rido di te e della tua umana ingenuità. Io non ho bisogno di un esercito per vincere le
mie guerre: sono io il mio esercito. Quegli stupidi umani non sono altro che una riserva di occhi per i miei
incantesimi.”
“E allora perché non ti sei mai fatto avanti?” Chiese Annabell.
“Perché io non mi abbasso a combattere con delle creature inferiori!” Rispose Duezerox. “Se fosse stato per
loro, starei ancora aspettando il tuo ritorno.”
“Rapimento.” Intervenne lei. “Mi avete rapita, non sono tornata io e, sinceramente, avrei preferito morire
in mezzo alle creature inferiori piuttosto che venire segregata qui!”
Sul volto di Duezerox si palesò un piccolo broncio. Il re cominciò ad avvicinarsi lentamente alla ragazza,
arrivando a pochi centimetri da lei: Duezerox le appoggiò le dita sul volto, simulando una rigida carezza.
Annabell fremeva, stringendo la sua spada ghiacciata nella mano.
“Vedi, creatura minuscola.” Disse il re. “Tu, per me, sei già morta!”
Annabell provò a colpire la mano del padre con la lama, ma il re riuscì a schivare il colpo: ci riuscì con il
primo ma non con il secondo! La ragazza riuscì a direzionare il colpo verso il volto di Duezerox:
sfregiandolo! Il re cominciò a indietreggiare verso il portone della stanza, alternando delle grida di dolore a
delle risate.

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“Non guardarmi!” Esclamò Annabell, rabbiosamente.
“Tanto morirai comunque.” Disse il re, ridendo, dopodiché uscì sbattendo il portone.

Le ore passavano lentamente: nella foresta, Nyx e Crysis danzavano scambiandosi colpi di spada, mentre
nel castello, da sola, anche Annabell sembrava che stesse ballando, agitando graziosamente la sua arma,
sempre più simile a una normale spada, ma se la coppia madre-figlio sembrava rafforzarsi colpo dopo
colpo, lo stesso non si poteva dire per la principessa dei ghiacci, che non si nutriva da quando era stata
portata al castello e che doveva spesso fermarsi, stringendosi la pancia.

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UNA BATTAGLIA DA RICORDARE

Il sole era sorto in cielo. L’esercito delle ninfe era stanziato alle porte della foresta: Gambon era in prima
linea, dietro di lui, una legione di fanti che indossavano un’armatura che copriva solo la zona del petto,
delle spalle e l’intera schiena. Ogni soldato aveva scelto l’arma con la quale combattere: c’era chi aveva
scelto la spada, piccola o grossa che fosse, chi si portava dietro un arco con frecce e chi si era attrezzato
letteralmente con ciò che aveva trovato vicino al proprio albero. Ai lati di questa legione, c’erano due file di
unicorni bianchi alati, l’una capeggiata da Valery e Seya, l’altra capeggiata da Jessamyn e Hyoga. Gambon,
che brandiva una lunga lancia diamantata, attendeva solo l’arrivo di Nyx.

Duezerox fissava dall’alto l’avanzata del suo esercito di uomini, godendosi lo spettacolo da una lastra di
ghiaccio che levitava sopra di loro: il re, che osservando il contenuto della profezia era venuto a sapere
delle intenzioni bellicose delle ninfe e dell’imminente attacco, non aveva comunque intenzione di
muoversi. Non aveva paura di quelle fatine, come le chiamava lui, che, secondo la sua visione delle cose,
non si sarebbero allontanate troppo dalla loro preziosa foresta.

Crysis stava camminando in mezzo agli alberi, tenendo per mano la piccola Yulia, che a sua volta teneva con
sé la teca con il cuore di ghiaccio. I due erano seguiti da Nyx e dalla sua lepre, che continuava a sbraitare,
contestando la pessima decisione che i due stavano per prendere.
“Non ti preoccupare Beppe.” Gli rispondeva Nyx. “Sappiamo quello che stiamo facendo.”
“Tu sì.” Replicava lui. “Ma lui no!”
Il variopinto gruppo arrivò nei pressi di Akorw.
“Alla fine hai fatto la cosa giusta.” Disse il drago.
“Devo chiederti un favore.” Disse Crysis con aria serena.
“Vuoi che protegga il cucciolo?” Chiese lui.
Il ragazzo si mise in ginocchio e guardò negli occhi la sorella.
“Rimani qui con il lucertolone.” Le disse. “Io tornerò presto.”
“Va bene.” Rispose lei.
Crysis le diede un bacio sulla fronte, dopodiché guardò negli occhi il drago, che però si limitò a sbuffare
dalle grandi narici. Yulia cominciò ad accarezzare il muso di Akorw.
“Sei brutto.” Disse lei.
“Sono vecchio.” Rispose lui, chiudendo gli occhi.
“Dobbiamo andare.” Disse Nyx dalle retrovie.
Crysis allora si voltò verso di lei, che, toccandogli il petto con la mano aperta, materializzò un’armatura
identica a quella che indossava quando combatteva insieme ai suoi amici, solo più pulita e più resistente. Il
busto era completamente coperto, le braccia erano protette da gomitiere e polsini rinforzati in acciaio.
Anche le gambe erano completamente coperte e quella parte dell’armatura erano tenuta avvinghiata al
corpo da un cinturino che, oltre a una fodera per la spada turchese, ne aveva un’altra, all’interno della
quale c’era un’altra spada, più piccola e maneggevole.
“Sembri proprio tuo padre.” Disse Nyx.
“Non credo.” Rispose lui. “Non mi piacciono i baffi.”
Il ragazzo sorrise, dopodiché cominciò a camminare insieme a Nxy, lasciando Beppe a “fare la guardia” a
Yulia e ad Akorw.

Annabell si era svegliata: aveva dormito appoggiata alla grande lastra e la sua schiena sicuramente non ne
aveva giovato. Rialzandosi, la principessa notò una scritta incisa proprio sulla lastra: “LA GUERRA È
COMINCIATA: IL TUO DESTINO È SEGNATO.”

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Gambon si tolse il cappello a punta, fissando l’orizzonte.
“Siete pronti?” Chiese, rivolgendosi al suo esercito.
Alcune ninfe risposero, ma la maggior parte di esse si trovarono impegnate a dividere in due la formazione:
Nyx e Crysis cominciarono a camminare in mezzo a loro. Gambon si voltò e, con somma sorpresa, si ritrovò
di fronte ai due: il capovillaggio sembrava quasi impaurito, mentre era completamente diversa
l’espressione incisa sul volto di Crysis. Il ragazzo aveva degli occhi velenosi: era determinato, era arrabbiato,
era pronto.
“Cosa significa questo, Nyx?” Chiese Gambon.
“Crysis vuole combattere.” Rispose lei. “Ed io sono d’accordo con lui.”
“Non era questo ciò che avevamo pattuito.” Replicò Gambon.
“Abbiamo parlato di scelte questa notte.” Intervenne Crysis. “Bene, questa è la mia scelta.”
Valery e Jessamyn scesero dai rispettivi unicorni e si avvicinarono ai tre.
“Digli anche tu che è una pessima idea.” Disse Gambon, rivolgendosi a Valery.
“Gliel’avevo detto, Maestro.” Rispose lei, sorridendo. “Lui è testardo.”
“Smettiamola con questa farsa!” Intervenne Jessamyn. “Questo qui non può andare in guerra da solo…”
“Finalmente…” Disse Gambon.
“Per questo gli coprirò le spalle.” Continuò lei.
“Jessamyn…” Intervenne Gambon.
“Maestro…” Disse Jessamyn. “Ho sempre seguito i suoi insegnamenti, ma questa volta devo dirle che si sta
sbagliando.”
“Siete sicuri che io mi stia sbagliando?” Chiese Gambon. “Ho sempre preso ogni decisione per il vostro
bene, chi sarebbe costui per mettermi in dubbio?”
Crysis lo guardò negli occhi e con tono arrogante rispose: “Sono il prescelto.”
Il ragazzo lo superò e scagliò un montante verso il cielo, generando un forte gelato: l’impatto con le nuvole
causò una breve, ma significativa, nevicata. Gambon era sorpreso, quasi deluso dalla potenza della spada:
ora era costretto a fare un passo indietro. Il Maestro pose la sua mano destra la testa di Jessamyn e le
disse: “Tutto questo ora è tuo.”
Gambon salì in groppa a Hyoga, Nyx indietreggiò, inserendosi nella prima linea di soldati, Valery tornò a
cavallo, mentre Crysis si posizionò accanto a Jessamyn.
“Materializzate gli elmi!” Esclamò la mezzelfa.
Sulle teste delle ninfe si materializzarono degli elmi grigi in stile spartano.
“Per Walgreens!” Esclamò Jessamyn, causando il giubilo della folla.
Crysis si voltò verso le ninfe egli sembrò di vedere accanto a loro un trio di soldati pronti a combattere:
Lorelyn, Tyanas e Matheus.
“Per Bergamoon.” Sussurrò fra sé e sé.
L’intero esercito cominciò a correre in campo aperto, calpestando il ghiaccio e distruggendolo: Jessamyn e
Crysis stavano davanti alla fanteria, mentre ai lati l’ala degli unicorni si era aperta. Otto unicorni, disposti
sui due lati, si alzarono in volo, dirigendosi verso il castello, mentre il nono proteggeva da dietro l’intera
legione.
“Stanno cercando i soldati nemici.” Disse Jessamyn.
Presto infatti tutti e otto tornarono indietro e cominciarono ad aleggiare sopra la fanteria. Un esercito di
soldati in armatura nera cominciò ad avanzare verso le ninfe. Fra le due fazioni c’erano circa 500m di
distanza e, non appena Crysis riuscì a vederli, estrasse la spada turchese dalla fodera.
“Cosa vuoi fare?” Gli chiese Jessamyn.
“Fidati di me.” Rispose lui.
Crysis cominciò a correre con maggiore intensità, Jessamyn allora alzò la mano e tutte le ninfe rallentarono,
permettendo a Crysis di distanziarli. Il ragazzo cercò di bloccare la sua avanzata, rallentando con i piedi:
Crysis fece un piccolo salto e scagliò un montante contro l’esercito nemico. Un vento gelato colpì i soldati,

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annientando la prima linea! Crysis stava per cadere all’indietro per lo sforzo, ma venne sostenuto da
Jessamyn.
“Devi stare attento quando usi la spada!” Lo ammonì la mezzelfa.
Crysis si rimise in piedi e inserì la spada nella fodera, dopodiché le ninfe ripresero a correre e, poco dopo, i
due eserciti si scontrarono! Mentre dagli unicorni piovevano frecce dirette verso i nemici, a terra gli eserciti
combattevano con umana violenza. Jessamyn e Crysis combattevano schiena contro schiena. La mezzelfa
scagliava delle frecce contro i soldati, mirando alle gambe: in quel caos era troppo rischioso mirare in alto.
Jessamyn riusciva anche a difendersi dai colpi di spada nemici grazie a un piccolo scudo circolare
posizionato sul braccio sinistro. La sua altezza permetteva a Crysis di colpire i nemici alla testa ogni volta
che Jessamyn li bloccava con il suo scudo: questa azione lo esponeva a dei grossi pericoli quando si voltava,
pericoli che venivano sventati dalla mezzelfa, che, tenendo l’arco appeso al braccio, vicino allo scudo,
riusciva a voltarsi in tempo per colpire i nemici al ventre con le sue frecce. Crysis combatteva con la spada
piccola donatagli dalla madre e ricorreva alla spada turchese solo quando si sentiva in difficoltà, facendo
attenzione a non usare il potere del vento gelato. Le altre ninfe preferivano difendersi piuttosto che
attaccare, nella speranza che i cavalieri ferissero a morte i nemici, o che questi si stancassero. Nyx schivava
gli affondi nemici con estrema eleganza e infliggeva dei colpi leggeri, ma letali, in alcuni punti specifici con
la sua spada. Dalla calca, un soldato nero riuscì a superare tutte le ninfe e cominciò a correre verso la
foresta. Hyoga scese subito dal cielo, bloccandogli la strada. Il soldato provò ad attaccare l’unicorno, che
però riuscì a schivare il colpo, saltando: Gambon si fece cadere con una capriola all’indietro e, trovatosi di
fronte al nemico, lo perforò con la sua lancia diamantata. Hyoga ritornò accanto a lui, che, dopo averlo
accarezzato, gli disse: “Dobbiamo difendere la foresta, amico mio.”
Più avanti, le spade continuavano a cozzare le une contro le altre: le armature nere cominciavano
progressivamente a lacerarsi sotto i colpi delle armi delle ninfe. Dalle retrovie, all’improvviso, si alzò un
grido: “Attaccate gli unicorni!”
Una seconda legione di soldati neri si unì al conflitto e, fra questi, c’erano dei soldati armati di lance: questi
cominciarono a scagliare le armi verso il cielo. Gli obbiettivi erano diversi: se le lance non avessero colpito
gli unicorni, sarebbero sicuramente atterrate addosso a qualcuno. Gli unicorni cominciarono a volare in
alto, cercando di schivare le lance: quest’operazione mandò in confusione le ninfe, che cominciarono a
subire l’avanzata dei nemici.
“Stacchiamoci dalla mischia!” Ordinò Jessamyn.
Crysis allora sollevò la mezzelfa, prendendola in braccio e cominciò a correre verso la foresta: Crysis si fece
largo grazie alle dimensioni della spada turchese, mentre Jessamyn continuava a scagliare frecce anche da
quella scomoda posizione. Arrivati fuori dalla mischia, Jessamyn tornò a poggiare i piedi per terra e i due
incontrarono Gambon: gli uomini incrociarono gli sguardi.
“Ottima idea.” Disse la ninfa.
Crysis allora si voltò verso la mischia e sferrò un nuovo montante ventoso: le ninfe non subirono danni,
mentre i soldati neri vennero spazzati via! Jessamyn salì in groppa a Hyoga e intimò Crysis di raggiungerla: i
due cominciarono a volare, superando la linea nemica. Dietro di essa però non c’era il vuoto: dal castello
continuavano a uscire soldati armati, come se si stessero moltiplicando.
“Così non va bene.” Disse Crysis.
“Zitto umano.” Rispose Jessamyn. “Ci penso io.”
La mezzelfa tirò fuori dalla fodera che portava a tracolla una freccia cristallizzata, color blu elettrico, che
teneva al suo interno un liquido cremoso. Jessamyn puntò la freccia a metà strada fra il cratere dove si
trova il castello e il punto in cui i due eserciti stavano combattendo. La freccia scoccò, ma invece di colpire il
terreno, colpì al petto un soldato nemico, trasformandolo in acqua!
“Merda!” Esclamò Jessamyn.
“Cosa?” Chiese Crysis. “Non era quello il tuo obbiettivo?”
La mezzelfa prese un’altra freccia blu e, dopo aver mirato nello stesso punto, scoccò la freccia, che questa

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volta colpì il terreno: la terra si sgretolò, trasformandosi in una gigantesca pozza d’acqua! I soldati neri
cominciarono a cadere nella pozza: le ninfe a terra cominciarono a correre verso la foresta, mentre dagli
altri unicorni cominciò a piovere una grandine di frecce!
“Ma come hai fatto?” Chiese Crysis con aria sconvolta.
“Ho incantato le mie frecce.” Rispose Jessamyn. “Mi sembra ovvio.”
Crysis non fece in tempo a sussurrare: “Mi sembra ovvio.”; che Hyoga tornò a terra, posizionandosi all’inizio
della discesa del cratere. I due scesero dall’unicorno e vennero raggiunti dal resto delle ninfe, che corsero
sull’acqua facendo particolare attenzione a colpire i sopravvissuti all’attacco di Jessamyn.
“State bene?” Chiese Valery, scendendo da Seya.
“Stiamo meglio di loro.” Rispose Jessamyn.
L’intero esercito cominciò a guardare verso il castello, tutti quanti indecisi sul da farsi.
“Riesci a fare la stessa cosa di prima anche con quello?” Chiese Crysis.
Jessamyn lo guardò male e si rifiutò di rispondere.
“Cosa c’è di diverso?” Insistette Crysis.
“Il castello sarà sicuramente protetto da qualche barriera.” Rispose Valery. “Non sottovalutare il nemico.”
“Dobbiamo attaccare frontalmente.” Intervenne Nyx dalle retrovie.
Nel frattempo, quattro stregoni vestiti di bianco uscirono dal castello, accompagnati da un altro gruppo di
soldati.
“Non abbiamo molto tempo.” Disse Crysis.
“Arceri! siete pronti?” Esclamò Jessamyn. “Dardi infuocati verso i soldati: sono gli unici non protetti! Poi
attaccheremo frontalmente!”
“Vuoi attaccare gli stregoni frontalmente?” Chiese Gambon.
“Voglio che la finiate di parlare!” Esclamò la mezzelfa. “Siete pronti?”
L’esercito venne distratto da un’esplosione! Gli alberi della foresta di Walgreens stavano cadendo uno dopo
l’altro!
“Spostatevi!” Ordinò Jessamyn.
La mezzelfa e Crysis passarono in mezzo alle altre ninfe.
“Dobbiamo tornare indietro.” Disse Crysis.
“No.” Rispose Jessamyn. “Sarà sicuramente una trappola.”
“O forse mia sorella sta morendo!” Replicò Crysis.
Alle esplosioni si unirono presto anche delle fiamme.
“Ora cosa mi dici?” Chiese Crysis in preda all’agitazione.
“Maestro!” Esclamò Jessamyn.
“Ci pensiamo noi!” Rispose lui.
La mezzelfa fischiò e venne subito raggiunta da Hyoga: Jessamyn ci salì in groppa, dopodiché cominciò a
guardare Crysis.
“Hai cambiato idea?” Gli chiese arrogantemente.
Il ragazzo salì in groppa all’unicorno: Hyoga cominciò a correre verso la foresta e, dopo aver preso velocità,
spiccò il volo!
“Arceri!” Ordinò Gambon. “Attaccate!”
Tutte le ninfe materializzarono un arco fra le loro mani e scagliarono decine di frecce infuocate contro i
soldati nemici: l’atmosfera si riempì di folli grida, alcuni soldati stramazzarono a terra, torturate delle
fiamme blu scagliate dalle ninfe.
“Resistete fratelli e sorelle!” Esclamò Gambon. “Falange!”
Gli archi si trasformarono in delle lance appuntite e, sotto il comando del capovillaggio, le ninfe scesero
all’interno del cratere, scagliandosi contro i soldati nemici. L’impatto fu devastante: alcune ninfe caddero a
terra stremate, altre rimasero in piedi a combattere contro dei nemici che stavano lentamente prendendo
fuoco all’interno di uno scenario demoniaco. Ancora una volta, le ninfe preferirono difendersi, aspettando

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che il loro fuoco incantato facesse il lavoro sporco. Nyx si muoveva fra la folla, infliggendo dei colpi precisi
ai punti vitali dei nemici con la sua spada: la sua danza della morte però non riscosse l’interesse dei quattro
stregoni, i quali continuavano ad osservare passivamente la distruzione del proprio esercito. Era chiaro che
a quelle creature non importasse nulla della vita di quegli uomini e che stessero aspettando solo l’ordine di
attaccare. L’atteggiamento difensivo delle altre ninfe però non aiutava la donna nella sua battaglia: il fuoco
incantato stava logorando i nemici troppo lentamente e questi, per puro istinto di sopravvivenza, stavano
cominciando ad avere la meglio sulle ninfe stremate. C’era un motivo per cui le ninfe si erano armate:
materializzare gli archi e le lance era un’operazione molto dispendiosa, concepita da Gambon come
manovra risolutiva. L’effetto sperato però era molto diverso dal risultato ottenuto: gli stregoni avevano
paura del fuoco, ma quei soldati, infuocati o meno, stavano comunque lottando per la propria
sopravvivenza. In quegli attimi vennero fuori tutti i limiti bellici delle ninfe: la loro natura pacifica non gli
permetteva di approfittare dei loro poteri e le uniche che si stavano ben comportando sul campo di
battaglia furono quelle che avevano già avuto a che fare con gli esseri umani, dai quali avevano imparato le
emozioni, ma anche come azzerarle. Valery raggiunse Nyx e si appoggiò alla sua schiena: usava due lame
per pararsi, dopodiché usava una delle due per infilzare i nemici come se fossero dei prosciutti. Nyx per
difendersi preferì usare le maniere forti: cominciò a soffiare del fuoco dalla bocca, formando un cerchio
protettivo per lei e Valery. Nyx cominciò a piegarsi verso il basso e, allargando la braccia e aprendo le mani,
controllava l’allargarsi del fuoco. Le ninfe in difficoltà ne approfittarono per rifugiarsi all’interno di quella
coltre, mentre i nemici ormai non avevano scelta: dovevano morire carbonizzati. Un soldato provò a
ribellarsi: entrò nel cerchio, coprendosi di fuoco e cominciò a correre disperatamente verso Nyx, che venne
però difesa da Valery che, dopo essersi messa in mezzo, materializzò una lancia di pietra nella sua mano e
la usò per infilzare il nemico come uno spiedino. Valery, dallo sforzo, cadde a terra, perdendo l’elmo.
“Devi resistere Valery!” Disse Nyx, mentre sudava copiosamente.
Valery fece per rialzarsi, ma tutto d’un tratto, il calore era cessato: il fuoco si era spento. Aveva cominciato
a nevicare e, nel giro di pochi secondi, l’intero cratere si era riempito di neve. Le ninfe cominciarono a
guardarsi intorno, incredule. Anche Nyx cadde a terra, costringendo Gambon a scendere in campo a cavallo
di Seya.
“Questa è opera di Duezerox.” Disse Gambon.
Il re però non si era ancora fatto vedere sul campo di battaglia: era il momento dei quattro stregoni.
“Indietreggiate miei cari.” Ordinò Gambon con serenità. “Le ninfe vengono al mondo per aiutare gli abitanti
della foresta. Negli anni però ci siamo dimenticati quanto sia importante la collaborazione con le creature
che proteggiamo: ammirate!”
Gambon si ferì una mano con il corno di Seya, dopodiché cominciò a stringerlo con entrambe le mani:
l’unicorno si alzò su due zampe e aprì le ali. I quattro stregoni avanzarono verso le ninfe, Seya sbatté le ali,
generando un vento di piume argentate che si scagliò contro i quattro stregoni: essi non indossavano
nessuna armatura, considerata una “cosa da umani”, e vennero quindi colpiti in pieno dalle piume, che con
una serie di micro-tagli lungo tutto il corpo, li fecero cadere a terra in una pozza di sangue. Seya abbassò le
ali, Valery si alzò da terra e si appoggiò al suo unicorno.
“Abbiamo vinto?” Chiese lei.
“Ne manca uno.” Rispose Nyx, alzandosi.
“Manca il peggiore di tutti.” Intervenne Gambon.
Calò il silenzio sul campo di battaglia, interrotto solamente dai respiri affannosi dalle ninfe.
Applausi.
Una lancia di ghiaccio cadde dall’alto diretta verso Seya! Ma Gambon riesce a distruggerla con la sua lancia
diamantata.
“I tuoi incantesimi non funzionano su di noi.” Disse Gambon. “Duezerox!”
Il re scese lentamente dall’alto e si sistemò davanti all’entrata del castello.
“Arrenditi Duezerox!” Esclamò Gambon. “Non puoi sconfiggere un intero esercito.”

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Il re sorrise e cominciò a muovere le dite dalla mano sinistra. Attorno alle ninfe, si sollevarono i corpi morti
dei soldati, animati dalla magia dello stregone e nuovamente pronti a combattere.
“Non posso?” Chiese lui, ironicamente.

“Lo vedo!” Esclamò Crysis.


Il ragazzo lo aveva riconosciuto: era il bambino che aveva accompagnato Annabell fuori dal castello. Tom
stava cercando di abbattere la foresta, ma aveva trovato un degno avversario lungo il suo cammino: un
vecchio drago con le squame verde smeraldo stava combattendo a distanza contro il giovane stregone,
cercando di difendere il suo territorio, direzionando le sue fiamme verso l’avversario. Il ghiaccio di Tom
però sembrava più potente e, quando il drago schivava gli attacchi del nemico, almeno due alberi della
foresta cadevano a terra.
“Avvicinati più che puoi!” Disse Crysis.
“Cosa vuoi fare?” Chiese Jessamyn.
“Fidati di me!” Rispose Crysis.
Hyoga cominciò a volare ancora più in alto, Crysis cercò di alzarsi in piedi sull’unicorno, nonostante il
precario equilibrio.
“Ti schianterai al suolo!” Lo ammonì Jessamyn.
Crysis saltò dall’unicorno! Estrasse la spada turchese dalla fodera e posizionò le braccia sopra la testa:
Crysis stava per precipitare sullo stregone. La spada colpì la spalla di Tom, riaprendo la ferita del giorno
prima! Entrambi caddero a terra. Hyoga atterrò sul terreno e Jessamyn corse subito al capezzale di Crysis,
cominciando ad insultarlo. La mezzelfa estrasse il frutto giallo da uno scompartimento dell’armatura e lo
mise in bocca al ragazzo, che si riprese poco dopo, sputandolo via.
“Non è il momento di fare pazzie!” Lo ammonì Jessamyn.
“Almeno ha funzionato.” Chiese lui, cercando rialzarsi.
Akorw atterrò vicino a loro e cominciò a ruggire contro i due: era grosso quanto otto Jessamyn, ma la
mezzelfa non sembrava intimorita.
“Grazie per l’accoglienza.” Commentò Crysis.
Jessamyn caricò un dardo sull’arco e lo scagliò verso lo stregone… che venne protetto da un muro di
ghiaccio issatosi davanti allo stregone! Quando questo si sgretolò, tutti videro che Tom si era rialzato senza
un braccio! Quello che Crysis aveva colpito con la spada! Lo stregone però non sembrava intenzionato a
smettere di combattere e, puntando l’unica mano rimasta verso la foresta, scagliò nuovamente un vento
gelato contro gli alberi!
“Ora basta!” Esclamò Crysis, lanciando un montante con la turchese!
Tom venne colpito in pieno, facendolo rotolare lontano lungo il terreno.
“È morto?” Chiese Crysis, cadendo su un ginocchio, tenendosi in piedi grazie alla spada.
“No.” Rispose Akorw. “Quel cucciolo ha qualcosa di speciale.”
“Dov’è Yulia?” Chiese Crysis.
“Sta bene.” Rispose il drago. “Ma dobbiamo impedire allo stregone di colpire la foresta.”
Tom si rialzò di nuovo e cominciò ad avvicinarsi all’insolito trio.
“Tu sei l’umano triste.” Disse lo stregone sottovoce. “Vuoi farmi soffrire quanto hai sofferto tu.”
“Stregone!” Esclamò Crysis. “Io ti sfido a duello!”
“Un duello?” Chiese lui, con aria confusa.
“Sì.” Rispose Crysis. “Io contro di te, uno contro uno, senza coinvolgere né la foresta, né gli altri presenti.”
Tom rimase in silenzio, dopodiché lanciò un colpo di vento verso il trio: il colpo si abbatté solamente su
Crysis, come se la sua sola presenza avesse convogliato su di sé il colpo del nemico.
“Lo sapevo.” Commentò Tom. “I miei incantesimi non hanno effetto su di te.”
Lo stregone puntò di nuovo il braccio verso la foresta.
“Non muoverti!” Esclamò Crysis. “Non costringermi a tagliarti anche l’altro braccio!”
“Rinuncia alla spada.” Rispose lui.
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“Cosa?” Chiese Crysis.
“Io non attaccherò la foresta e tu non userai quella spada.” Rispose Tom.
Crysis allora si passò la lama fra le mani, continuando a guardarla, dopodiché si voltò verso Jessamyn,
consegnandole la spada.
“Sei andato fuori di testa?” Reagì lei.
“Non ho bisogno di questa spada.” Rispose lui. “Basto io.”
Crysis si voltò verso Tom ed estrasse dalla fodera la spada donatagli dalla madre. Anche Tom fece lo stesso,
ma la sua spada era molto più lunga e sottile di quella di Crysis: più che una spada, sembrava una lunga e
sottile punta. I due contendenti si avvicinarono l’un l’altro e formarono un cerchio camminando.
All’improvviso, Tom avanzò con una rapidità tale che nessuno degli “spettatori” riuscì a percepirne il
movimento. Crysis riuscì a difendersi con la sua spada, bloccando la punta. Il ragazzo riuscì a rispondere con
un calcio sul petto del basso nemico, che però reagì velocemente, tornando ad attaccare. Crysis riusciva a
malapena a difendersi, nonostante il suo avversario avesse un braccio solo e stesse perdendo copiose
quantità di sangue. Negli occhi di quel bambino c’era rabbia pura: Tom era stato privato dalla compagnia
dell’unica persona rimasta in vita che gli aveva dimostrato affetto e gli era stato promesso da un sovrano
crudele che avrebbe potuto rivedere la sua principessa una volta terminata la guerra. Tom aveva delle
motivazioni per combattere: le stesse che muovevano anche Crysis. In quella battaglia non avrebbe vinto la
spada più affilata, ma il sentimento più forte. Crysis provò a reagire, ma i colpi affilati, inflitti con uno stile
tremendamente familiare, raggiunsero l’armatura del ragazzo, sfregiandola nella zona addominale. Tom
provò ad affondare il colpo, ma Crysis riuscì a bloccare la punta, premendola contro il fianco, dopodiché
provò a colpire l’avversario alla testa. Tom si abbassò e colpì l’addome di Crysis con una testata, facendolo
indietreggiare. Il bambino si ferì alla testa, ma decise di continuare a combattere, scagliandosi contro
l’avversario: Tom fece materializzare un cristallo di ghiaccio appuntito nella mano e provò a colpire Crysis.
L’impatto avvenne, ma Crysis non si fece niente. Il ragazzo provò di nuovo a colpire lo stregone alla testa,
ma Tom riuscì a spostarsi in tempo, procurandosi “solo” una ferita sulla tempia. I due erano divisi da un
paio di metri, ma Tom era ferito e disarmato.
“Arrenditi.” Disse Crysis.
Tom cominciò a muovere le dite in modo strano e macchinose: Crysis cominciò a urlare dal dolore! La punta
di Tom si era conficcata sotto l’’ascella del rivale ed era riuscita a trapassargli la spalla sinistra. Tom riprese
a manovrare l’arma con le dita, facendola ritornare a sé. Crysis cominciò a tenersi la spalla con la stessa
mano con la quale teneva la spada, nel frattempo, Tom direzionò nuovamente la punta contro di lui. Crysis
provò a difendersi con la spada, ma la sua traiettoria virò improvvisamente, conficcandosi nel suo ginocchio
sinistro! Crysis cadde a terra, lasciando cadere la spada, ma usando la mano per trattenere la punta.
Jessamyn non riusciva più a starsene ferma e cominciò a rovistare nella sua fodera, alla ricerca di una
freccia particolare.
“Vieni a prendertela.” Disse Crysis con arroganza.
Tom mosse le dita verso di sé, riuscendo a liberare la sua punta! La lama si fermò, dopodiché si scagliò
contro un Crysis a terra, in ginocchio e con una piccola spada a fargli da scudo. L’arma si stava avvicinando
pericolosamente a Crysis, che però vide sfrecciare davanti ai suoi occhi una freccia rossa che si trasformò in
un bracciale, munito di scudo, che intercettò la punta di Tom! I due contendenti cominciarono a guardarsi
intorno e videro Jessamyn con in braccio il suo arco e senza più il suo bracciale munito di scudo. Appena
Tom la vide, si diresse rapidamente verso di lei e, dopo averla guardato in cagnesco, le prese il collo,
cominciando a stringerla.
“Non dovevi intrometterti!” Intimò lui.
Crysis intervenne, afferrandogli la testa da dietro e spingendolo a terra. Crysis cominciò a colpirlo con la
spada, lacerandogli la guancia e ferendolo ovunque riuscisse: la tunica di Tom era ormai completamente
insanguinata. Il giovane stregone però, aveva ancora un’arma a sua disposizione: quella maledetta punta.
Nonostante i colpi di Crysis, Tom riprese a manovrare la sua arma con le dita, direzionandola verso la

73
schiena del suo nemico.
“Girati!” Esclamò Jessamyn.
Crysis prese Tom per il collo e, sollevandolo, lo usò come scudo: la punta perforò il torace dello stregone,
sbattendo contro l’armatura di Crysis! Il ragazzo lo guardò negli occhi per qualche secondo, dopodiché lo
lasciò cadere. La punta aveva bucato anche la sua armatura, ma si era fermata prima dell’impatto con lo
sterno. Anche Crysis cadde a terra, stremato.
“Trattale bene.” Furono queste le ultime parole pronunciate dal piccolo Tom.
Jessamyn puntò una freccia contro il corpo dello stregone, ma Akorw la fermò, dicendole che sarebbe stato
tutto inutile: Tom era morto. Jessamyn allora corse al capezzale di Crysis e cominciò a curargli la ferite più
profonde, premendo con le mani, mantenendo però lo sguardo verso il castello, dove si stava ancora
consumando una battaglia.

I cadaveri dei soldati sotto il controllo di Duezerox stavano avendo facilmente la meglio sulle ninfe, la
maggior parte delle quali non riuscivano nemmeno a difendersi. Lo stregone invece stava tenendo a testa a
Gambon, Valery e Nyx contemporaneamente. Duezerox riusciva a respingere con il suo bastone gli attacchi
dei tre avversari e non sembrava risentire della ferita impartitagli da Annabell qualche giorno prima. Valery
provò a colpirlo con un fendente, ma il re riuscì a bloccare la spada con il bastone e a respingerla con un
calcio nello stomaco, che la fece capitombolare all’indietro. Anche Nyx provò ad avvicinarsi, ma venne
colpita da un corpo, manovrato da Duezeroz, che la fece cadere, ferendola ad un braccio.
“Non sapete fare di meglio?” Li provocò lo stregone. “Siete patetici!”
Duezerox riprese il controllo di un corpo e lo usò per combattere contro Gambon, che a stento riusciva a
difendersi con la sua lancia dai colpi di spada. Valery e Nyx si lanciarono contro il corpo e lo infilzarono da
dietro, ma questo continuava a dimenarsi, sotto le copiose risate di un re in delirio di onnipotenza. Le due
allora si diressero verso Duezerox, riuscendo a difendersi dagli attacchi dei cadaveri. Il re colpì Nyx con una
bastonata nello stomaco e la lanciò via usando il bastone come perno: l’obbiettivo era quello di colpire
Valery, che però si abbassò in tempo, schivando la compagna. Valery lanciò la sua spada verso Duezerox,
che riuscì a schivarla con facilità, ma quella risultò essere una manovra diversiva: Valery si lanciò contro lo
stregone, gli afferrò il collo da dietro e cominciò a mordergli la testa.
“Maestro colpisca!” Esclamò la ninfa.
“Spostati Valery!” Rispose Gambon.
“Colpisca e basta!” Replicò lei.
Gambon allora si avvicinò a loro titubante e alzò la lancia.
“E questo quello che succede quando si passa troppo tempo con gli umani.” Disse Duezerox sottovoce.
“Zitto mostro!” Rispose Valery.
“Si diventa stupidi!” Esclamò il re.
Duezerox la afferrò per i capelli e, con una forza sovrumana, la lanciò contro Gambon! Il capovillaggio
abbandonò la sua lancia per prendere la ragazza al volo.
“E si muore.” Aggiunse il re.
Duezerox si materializzò di fronte a Gambon, attirò la lancia diamantata e cercò di colpire i due al ventre:
Gambon allora si voltò di spalle e spinse via Valery, facendola cadere. La lancia perforò la carne della ninfa:
il corpo di Gambon cadde a terra. Valery, da terra, cominciò a trascinare via corpo sanguinante, il tutto
sotto la risata sadica di Duezerox. Valery posizionò la testa di Gambon sulle sue gambe e cercò di curare le
sue ferite.
“Non sprecare le tue energie con un vecchio come me.” Le disse.
“Lei non può abbandonarci.” Rispose Valery. “Noi abbiamo bisogno di lei.”
“No.” Rispose Gambon. “Voi avete bisogno di essere libere: cosa che io vi ho tolto. Spero che con la mia
morte voi possiate liberarvi dalle mie catene. Nel mio albero, c’è ancora la corona di fiori, quella che avevo
scelto di non indossare più dopo quel giorno: quando tutto questo sarà finito, voglio che tu indossi quella
corona perché…”
74
Il Maestro non fece in tempo a terminare il periodo: improvvisamente, aveva smesso di respirare. Valery
allora si alzò in piedi e cominciò a guardare in cagnesco Duezerox che, nel frattempo, aveva ripreso a
duellare contro Nyx usando il suo bastone. Valery cominciò a camminare verso i due, ma venne attaccata
da un cadavere nemico: la ninfa però riuscì ad afferrargli la spada e a sbatterlo per terra. Valery cominciò a
correre verso i due: Nyx afferrò il bastone di Duezerox, che provò a dimenarsi, ma Nyx riuscì a bloccarlo,
infilzandogli la spalla con la sua spada. Valery alzò la spada, Duezerox riuscì a liberarsi, lanciandosi
all’indietro, ma Valery riuscì a colpirlo comunque: segandogli la mano destra! Il re cadde all’indietro, Valery
prese Nyx e la trascinò via: i corpi dei soldati morti caddero tutti a terra.
“Dobbiamo approfittarne.” Disse Valery.
Nel cratere si scatenò una violenta tempesta di ghiaccio! Talmente potente che l’energia sprigionata
distrusse il portone del castello. Il ghiaccio si frantumava al contatto con le ninfe, ma la tempesta era così
intensa che la loro vista era totalmente offuscata.
“Non dovevate osare.” Disse Duezerox, rialzandosi.
“Ma non si stanca mai!” Esclamò Valery.
“Il mio corpo da stregone non conosce punti deboli!” Rispose il re. “Inoltre, combattere è più facile quanto
puoi attingere energia vitale, risucchiando quella di una stupida ragazzina!”
Valery e Nyx si guardarono negli occhi.
“Non c’è altra soluzione, vero?” Chiese Valery.
“Devo farlo io.” Rispose Nyx, togliendosi l’elmo. “È una cosa che riguarda mio figlio, quindi devo farlo io.”
La ninfa si trasformò in uno scoiattolo e approfittò della confusione per sgattaiolare dentro il castello.
Mentre Duezerox scatenava una tempesta per sfogare la sua rabbia, Nyx si trasformò in un segugio,
cercando di rintracciare l’odore di Annabell, la quale, chiusa nella stanza della lastra, aveva osservato tutto
dalla vetrata. All’improvviso, la porta della stanza esplose! Annabell si voltò verso di essa e vide Nyx entrare
nella stanza. Le due si scambiarono un lungo ed intenso sguardo e il silenzio che le separava era tangibile,
almeno finché Annabell non decise di interromperlo.
“Fa’ quello che devi.” Disse lei. “Non intendo opporre resistenza.”
“Ma non ti vergogni?” La insultò Nyx. “Cosa direbbe mio figlio se ti sentisse dire queste cose?”
“C’è una guerra là fuori.” Rispose Annabell. “Credo tu abbia altre priorità al momento.”
Nyx si tolse la parte superiore dell’armatura, dopodiché puntò la sua spada contro Annabell.
“Tu non hai colpe.” Disse la ninfa. “Ma io voglio un duello leale, almeno potrò guardare mio figlio negli
occhi.”
Annabell allora materializzò una spada di ghiaccio nella sua mano.
“Anche se ti colpissi, non ti farei niente.” Disse la principessa. “Ma se può farti sentire meglio…”

Hyoga atterrò sul ciglio del cratere, Jessamyn e Crysis scesero in fretta dall’unicorno e cominciarono ad
osservare la situazione.
“Duezerox è inavvicinabile.” Disse Jessamyn.
“Io ho un piano.” Rispose Crysis. “Le tue frecce rosse possono trasportare tutto, vero?”
“Sì.” Rispose Jessamyn.
“Proprio tutto?” Chiese lui.
“Vuoi arrivare al punto?” Replicò lei.
Duezerox, nel frattempo, continuava a scatenare tempesta in preda all’ira. Jessamyn prese la mira e scoccò
la freccia rossa! Il dardo riuscì ad attraversare la neve e la pioggia e quando si avvicinò a Duezerox si
trasformò in Crysis! Il prescelto, dopo una capriola in volo, conficcò la spada turchese al centro del petto! I
due caddero a terra, con Crysis che, sopra lo stregone, stringeva la sua arma, guardandolo in cagnesco.
Duezerox però rispose sorridendo e, muovendo un dito dell’unica mano rimasta, lanciò una spada verso il
ragazzo, infilzandogli il fianco destro! Crysis emise un urlo e si accasciò a terra. Duezerox riprese a ridere e
fece per rialzarsi, ma una freccia blu gli si conficcò nell’occhio sinistro, nell’occhio marrone, nell’occhio
umano! Il re degli stregoni cominciò a urlare e, lentamente, il suo corpo cominciò a sciogliersi!
75
La tempesta cessò: Duezerox non c’era più.
Jessamyn, che teneva ancora in mano il suo arco, dopo aver trattenuto il respiro da quando aveva scoccato
la freccia, riprese a respirare, dopodiché, cominciò a scendere nel cratere. Le ninfe sopravvissute
cominciarono a rendersi conto che tutto intorno a loro non si muoveva più e, a poco a poco, tutte
cominciarono ad esultare per la sconfitta degli stregoni. Valery si alzò da terra e si sedette accanto a Crysis,
fece per curarlo, ma il ragazzo le bloccò la mano.
“Non perdere tempo con me.” Disse Crysis, rialzandosi. “Pensa a chi è veramente in difficoltà.”
Il ragazzo si levò l’armatura, ormai piena di tagli, e la sbatté a terra, dopodiché si strappò la tunica,
rivelando un profondo taglio lungo il fianco destro. Jessamyn li raggiunse correndo e venne abbracciata da
Valery.
“È finita?” Chiese la mezzelfa.
“No.” Rispose Crysis, afferrando la turchese. “Ne manca una.”
“Nyx è entrata ad affrontarla.” Disse Valery. “Siamo ancora in tempo per intervenire…”
“Sono.” Rispose Crysis. “È una cosa che devo fare da solo.”
“Almeno fatti curare quella ferita.” Disse Jessamyn.
“Non c’è tempo.” Rispose Crysis. “Occupatevi dei sopravvissuti: io vado.”

Akorw fece ritorno nella foresta e si sdraiò, stremato, vicino a un cespuglio, dentro il quale si era nascosto
la piccola Yulia, che continuava a tenere fra le mani la teneva con il cuore di ghiaccio.

Nella stanza della lastra, Nyx e Annabell stavano duellando: la ninfa non poteva sapere che Duezerox era
morto e continuava a combattere al meglio delle sue possibilità, mentre la strega non faceva altro che
difendersi dai colpi nemici. Nyx però stava faticando parecchio a ottenere dei risultati convincenti: il loro
stile di combattimento era il medesimo e la ninfa non riusciva a trovare nessun punto di accesso. Annabell
rispondeva colpo su colpo e non sembrava che stesse patendo troppe sofferenze, nonostante si toccasse
ripetutamente il basso ventre. Nyx allora decise di dare un taglio a questo duello una volta per tutte: la
ninfa soffiò una piccola sfera di fuoco sulla mano della rivale, la stessa mano con la quale teneva stretta la
spada di ghiaccio. Annabell lasciò cadere l’arma a terra e si voltò, stringendosi la mano, dando le spalle a
Nyx, la quale alzò la sua spada, preparandosi ad affondare il colpo. Annabell però riuscì a usare quella
stessa mano ustionata per afferrare il polso di Nyx: la ninfa aprì la mano istintivamente, facendo cadere la
spada. Annabell afferrò l’arma con la mano sinistra e voltandosi riuscì a colpire la ninfa sotto la clavicola!
Nyx cominciò a camminare all’indietro, con la lama ancora conficcata vicino al suo polmone sinistro. Anche
Annabell indietreggiò, appoggiandosi alla grande lastra, dopodiché si voltò verso la ninfa, la quale cadde
all’indietro, ma venne braccata da due forti braccia.
“Figlio mio.” Disse Nyx, accarezzandogli il viso.
“Ci penso io.” Rispose Crysis. “Tu riposa.”
Il figlio appoggiò la madre alla parete della stanza, dopodiché le tolse la spada dalla spalla, facendola cadere
lì vicino. Solo a quel punto i due sguardi si incrociarono: nessuno dei due aveva intenzione di avvicinarsi
all’altro. L’unica cosa che si muoveva in quella stanza era il sangue che sgorgava dalla ferita al fianco del
ragazzo. Dopo qualche secondo, Crysis estrasse la spada turchese dalla fodera, ma non la stava
impugnando con la giusta forza.
“So che non mi crederai.” Disse Annabell. “Ma io non volevo farle del male: le ho chiesto di uccidermi,
ma…”
“Non mi interessa.” La interruppe Crysis. “Gli stregoni sono tutti morti, compreso tuo padre: la guerra è
finita.”
“Ti sbagli.” Rispose lei. “Ci sono ancora io.”
“No, sei tu che ti sbagli.” Replicò lui stringendo il manico della turchese con forza “È finita Annabell: sei
libera! Non sono qui per ucciderti: voglio portarti a casa.”
Una lacrima scese da uno degli occhi di Crysis.

76
“È molto lodevole da parte tua…” Disse lei, venendo tradita dalle sue stesse lacrime. “Ma io non posso
venire con te.”
“Le ninfe ti accoglieranno come se fossi una di loro.” Rispose lui. “Devi solo venire con me…”
“Non posso…” Replicò lei.
“Perché?!” Esclamò lui.
Dalla rabbia, scagliò un montante con la turchese diretto contro la vetrata: il vento sprigionato distrusse
completamente la vetrata e alcuni frammenti di vetro colpirono anche i due amanti. Annabell fece per
avvicinarsi a Crysis, ma la sua espressione di rabbia inquietava perfino lei. Dopo averlo guardato per un po’
però, cambiò radicalmente espressione: in quel momento, sembrava quasi sollevata.
“Mi mancava la tua non pazienza.” Disse lei, sforzandosi di sorridere.
“Non mi sembra il momento adatto per ricordare i bei momenti.” Rispose Crysis.
“Forse hai ragione.” Rispose Annabell. “Ma ormai mi rimangono solo quelli.”
“Non è vero.” Replicò lui.
“È vero.” Disse lei. “L’ultima volta che ci siamo visti, forse non te ne sei accorto, ma, per aiutarvi a scappare,
ho ferito mio ‘padre’ e lui, per vendicarsi, lanciò una maledizione contro di me: mi ha messa incinta con un
incantesimo.”
I due si guardarono nuovamente negli occhi: Crysis non sapeva cosa rispondere, ma la sua espressione
sconvolta stava parlando per lui.
“Non è un problema.” Disse il ragazzo, rompendo il silenzio. “Se vorrai liberartene, lo ucciderò con le mie
mani, ma se vorrai tenerlo, lo amerò come se fosse mio.”
Mentre parlava però, la sua mano destra continuava a tremare.
“Non è così semplice purtroppo.” Rispose lei. “Le gravidanze degli stregoni non funzionano come quelle
degli uomini: dentro di me non c’è un bambino, ma un parassita. Le ‘streghe’ servono solo a fare da
contenitore: per ogni figlio che nasce, c’è una madre che muore.”
Crysis ormai nemmeno provava più a trattenere le lacrime.
“Come fai a dirmelo con questa tranquillità?” Chiese lui.
“Ho accettato il mio destino.” Rispose lei. “Anzi, mi sento fortunata a vivere i miei ultimi momenti con te.”
“No.” Rispose lui, scuotendo la testa. “Deve esserci una soluzione! Vieni con me, troveremo un modo…”
“Non voglio vivere con questo fardello…” Rispose lei.
“E io non voglio vivere senza di te!” Rispose lui. “Questa guerra non la voglio perdere!”
“Crysis…” Rispose lei. “Siamo innamorati… avevamo perso fin dall’inizio.”
Il ragazzo abbassò la testa e cominciò a sfregarsi la lama le dita.
“Devi farlo.” Disse Annabell. “Io ti sosterrò anche in questo… perché ti amo.”
Crysis, il cui volto era ormai una maschera di lacrime, la guardò un’ultima volta, dopodiché chiuse gli occhi,
sollevò la spada e, dopo alcuni secondi di esitazione, si mosse per sferrare il montante, sussurrando: “Ti
amo.”

La teca con il cuore di ghiaccio esplose in mille pezzi!

La turchese cadde a terra. Crysis alzò lo sguardo verso Annabell: il ragazzo cadde in ginocchio e si accasciò a
terra. Annabell corse subito al suo capezzale, sollevandogli la testa. I due si guardarono negli occhi: Crysis
aveva lo sguardo totalmente perso nel vuoto. La ragazza, anch’essa in piena crisi di pianto, lo accarezzò e lo
baciò, nella speranza di trattenerlo con lei. Ma mentre le labbra danzavano con la vita e la morte, la
turchese aveva iniziato a lacerare il ventre di Annabell, spinta dalla mano di Crysis che, con le ultime forze,
aveva scelto di rispettare la volontà dell’amata. Lei distaccò gli occhi e guardò verso la spada, dopodiché,
dopo un cenno d’intesa, lo baciò di nuovo, per l’ultima volta. Annabell si accasciò a terra e le mani dei due
amanti si incrociarono. Nyx, nonostante la ferita al petto, cominciò a strisciare verso i due. La ninfa, una
volta arrivata accanto al figlio, tirò fuori un piccolo pugnale dal cinturino e lo pugnalò allo sterno!
Dopodiché gli incise il petto e, con una forza sovrumana, riuscì ad aprirgli la gabbia toracica con le mani.

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Nyx fece un profondo respiro, dopodiché, cominciò a soffiare una sottile polvere di ghiaccio all’interno del
petto del figlio. Questa si solidificò in mezzo ai polmoni, assumendo una forma simile a quella di un cuore.
La ninfa, che con l’amore di una madre aveva tentato di sconfiggere la morte, pagò con la vita.

Il cuore riprese a battere.

Gli occhi di Crysis si aprirono.

78
EPILOGO

Qualche ora dopo, una ventina di corpi erano adagiati in mezzo a una radura. Valery, vestita di rosa e con la
corona di fiori che le cingeva la testa, si ergeva davanti a una folla di ninfe e, muovendo le mani, riuscì a
materializzare attorno ai corpi delle bare di cristallo, le quali, affondarono nel terreno. In mezzo alla radura,
si erse una statua di pietra raffigurante uno scoiattolo. Nella parte inferiore della statua, vennero incisi i
nomi delle vittime, fra i quali figuravano quelli di Gambon e di Nyx. Jessamyn, vestita di nero, si staccò dalla
folla e, con un gesto insolito per lei, abbracciò la nuova capovillaggio da dietro.
“La vita…” Disse Valery. “A volte ci mette di fronte a realtà che non vorremmo accettare. Oggi, alcuni dei
nostri fratelli e sorelle, hanno dato le loro vite per far continuare le nostre. Oggi, quei corpi si trovano
sottoterra, ma un giorno, da quei corpi, nasceranno degli alberi e da essi nasceranno a loro volta altre ninfe,
in un ciclo infinito volto a mantenere un equilibrio perfetto.”

Arrivò il tramonto. Crysis, con indosso una fasciatura che gli copriva il torace, stava camminando verso
Bergamoon con in braccio il corpo di Annabell. Dietro di lui, Valery e Yulia lo seguivano silenziosamente.
Giunti alla collina, Valery creò una piccola buca con la sola imposizione delle mani e Crysis ci appoggiò
dentro il corpo di Annabell: il ragazzo le diede un bacio sulla fronte, guardò per l’ultima volta i suoi occhi
azzurri, dopodiché la abbandonò lì, nel luogo dove il loro amore era sbocciato, che ora diventava il luogo
dove il loro amore veniva consegnato all’eternità. Anche Yulia diede l’ultimo saluto ad Annabell, dopodiché,
Valery ricoprì di terra la buca. I tre si voltarono e tornarono verso la foresta.

Notte fonda: Crysis, appoggiato al ramo di un albero, stava fissando la luna, tenendo Beppe in braccio.
All’improvviso, una freccia colpì il tronco d’albero, arrivando a pochi centimetri dalla testa di Crysis. Beppe
ne approfittò per scappare giù dall’albero e Crysis, guardando giù dall’albero, vide Jessamyn con l’arco fra
le braccia. La mezzelfa materializzò una piccola scaletta di germogli e lo raggiunse sul ramo.
“Come stai?” Chiese lei.
“Non lo so.” Rispose Crysis, avvicinandosi.
“Hai fatto un buon lavoro oggi.” Disse Jessamyn. “Il resto non ha importanza. Tu non mi piaci, ma ciò che è
giusto è giusto.”
“Eppure io mi sento sconfitto.” Rispose lui.
“Io invece credo che tu sia la dimostrazione della nostra vittoria.” Disse lei. “Gli stregoni separarono le ninfe
dagli umani perché avevano paura che nascesse uno come te: una creatura in grado di prendere il meglio
delle due razze e di insegnare qualcosa un po’ a tutti.”
“E cosa avrei insegnato?” Chiese lui.
“L’importanza di stare insieme, l’importanza della comunità.” Rispose lei. “L’hai insegnata perfino a me:
oggi, due ibridi hanno messo da parte loro stessi per sconfiggere degli oppressori, per fare del bene agli
altri. Dovresti essere felice…”
“Sai benissimo perché non posso esserlo…” Disse lui.
“Già, l’amore…” Rispose lei.
“Dovremmo abolirla questa parola…” Disse lui.
“Gli umani lo chiamano ‘Amore’, gli stregoni lo chiamano ‘Love’. Le ninfe lo chiamano ‘Veron’, mentre
‘Snakam’ è il nome datogli dagli elfi.” Disse lei. “Ma nessuno è mai riuscito a capire cosa significasse.”
“Io sicuramente no.” Rispose lui. “Non riesco a spiegarmi niente di quello che è successo oggi.”
“Io penso di averlo capito.” Rispose lei. “Il momento in cui ti rendi conto di aver perso tutto ciò a cui tieni.
Questo è l’amore. Almeno lo è per te.”
“Non saprei…” Disse lui.
“Osservando quello che ti è successo, questa è la spiegazione più logica” Rispose lei. “Ma non sei costretto
a trovare una spiegazione per tutto: certe cose succedono e basta… come l’estinzione degli elfi… ma questa
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è un’altra storia.”
“Non è solo questo che mi turba.” Disse lui. “Sento che non dovrei essere qui…”
“Nyx si è sacrificata per te.” Rispose lei. “È morta come una grande guerriera… e una grande madre.”
“Penso che tu abbia ragione.” Rispose lui.
Jessamyn sorrise, dopodiché tornò a fissare la luna.
“Cosa farai ora?” Chiese la mezzelfa.
“Ci stavo pensando proprio prima.” Rispose lui. “In questi giorni, ho capito che non conosco nulla del
mondo che mi circonda e vorrei rimediare: ho ancora una missione da portare a termine.”
“E quale sarebbe?” Chiese lei.
“Troppe persone a me care sono morte perché io rimanga qui a starmene con le mani in mano.” Rispose
lui. “Vorrei almeno provare a cercare un modo per riportarli in vita. Se ci sono stregoni che possono andare
indietro nel tempo, ci sarà sicuramente qualcuno in grado di fare qualcosa per me… almeno spero.”
Jessamyn rimase in silenzio per qualche secondo, dopodiché rispose: “Forse conosco qualcuno che ti può
aiutare.”
“Davvero?” Chiese lui.
Jessamyn lo guardò negli occhi, sorrise, dopodiché saltò giù dall’albero e corse via in mezzo agli alberi.
Crysis rimase così da solo e riprese a fissare la luna, proprio come faceva quando andava di notte sulla
collina di Bergamoon e si sedeva ad aspettare l’arrivo di Annabell o la consueta visita di quella visione
luminosa carica di affetto materno: ma quella notte, l’amore non passò a trovarlo.

FINE

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