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Amery
Come in Alto
Così in Basso
I I – Il sangue dei gemelli
Copyright © 2022, by Gee J.R. Amery
Tutti i diritti riservati.
A te
che hai scelto
di proseguire
questo viaggio
Prologo
«Sbatteteli in cella!»
«Bugiardi!»
«No! Lasciateli andare!»
«Sono dei traditori bastardi!»
Le Dominazioni cercavano di riportare l’ordine in aula, purtroppo
senza successo.
La situazione era ingestibile, nemmeno le numerose guardie
presenti riuscivano a sedare o placare gli animi con la minaccia delle
armi.
Gli spettatori erano furiosi con gli imputati che ancora non
avevano fatto la loro comparsa e che, di lì a poco, sarebbero stati
giudicati. I cittadini di Sila minacciavano di venire alle mani, alcuni
provavano a saltare giù dagli spalti. Il vociare concitato, le grida
rabbiose e gli insulti si udivano da un capo all’altro dell’aula di
tribunale.
I portoni si aprirono, entrarono due Potestà armate, che a ogni
passo facevano tintinnare le gambe metalliche.
I cinque Arcangeli scortati e ammanettati, al seguito.
Le grida e gli insulti si intensificarono.
Gabriel, in testa, zoppicante e sanguinante, veniva strattonato da
due guardie verso l’imminente giudizio. Mantenere la calma gli
veniva difficile, lo scontro con Baal e l’addio a Odry l’avevano
debilitato più del previsto.
Mathael, subito dietro, camminava a testa alta, ma anche lei,
come gli altri, iniziava a risentire degli effetti della battaglia. Non
degnò di uno sguardo i Serafini, seduti in prima fila sulla destra, e
nemmeno un singolo cittadino furioso.
Michael invece si guardava intorno senza capacitarsi di tutto
quell’odio. Si erano lasciati sfuggire l’ultima reliquia, questo era
indubbio, ma nessuno capiva il sacrificio di averci provato
affrontando l’esercito di uno dei demoni più forti? Erano ciechi forse?
O le loro menti erano state plagiate?
Raziel portava, con un misto di stizza e orgoglio, delle nuove ferite
provocate da una piccola rissa scatenatasi prima del loro ingresso.
Sollevò entrambe le mani per mostrare il dito medio a chiunque
incrociasse il suo sguardo. Sputò in terra e in tutta risposta venne
spinto da uno degli accompagnatori armati.
Uriel era l’ultimo, serio e preoccupato come non si era mai visto.
Ascoltava con attenzione e scandiva dentro di sé le frasi di disprezzo
che riusciva a distinguere. Da lì in poi la vita sarebbe stata un
inferno, ne era certo.
In alto la bandiera della giustizia veniva agitata da un vento
impetuoso. Sembrava che anche Dio fosse in collera.
Tutti gli occhi erano puntati sui cinque, compresi quelli di Chris e
dei compagni. Yovus incoraggiava una buona parte della platea a
inveire contro di loro. «Sono dei traditori!» gridò. «Non hanno diritto
a un processo, dovrebbero essere banditi all’istante!»
«Non meritano le ali! Avremmo dovuto già gettarli sulla Terra!» gli
diede manforte Hamenam.
Le Dominazioni decisero di approfittare dell’arrivo degli Arcangeli
per far leva sulla curiosità del popolo e farlo tacere. Si scambiarono
uno sguardo eloquente e rimase in piedi solo il più anziano. I simboli
enochiani sulle labbra si illuminarono e la sua voce tuonò nell’aria.
«Parlo per Dio e con Dio, Nostro Signore».
Il chiasso si tramutò in mormorio per rispetto di quelle parole.
I pochi che ancora stavano protestando, tacquero quando lo
stesso aggiunse: «Gli imputati saranno trattenuti accettando la
volontà di Dio, se egli deciderà che dovranno essere puniti o se
deciderà che è la libertà ciò che meritano».
«È inammissibile!» protestò Chris, battendo un pugno sulla
seduta, seguito a ruota da altri suoi pari che riaccesero la miccia
della discussione.
«Non ammetto che le vostre lamentele siano per noi fonte di
disturbo» disse aspro il giudice. «Giudichiamo per mano di Nostro
Signore, ciò che diremo sarà legge».
Chris si zittì astioso e, sotto consiglio di Holian, cercò di darsi un
contegno, saettando occhiate irose contro i cinque.
«Bene» enunciò la Dominazione con ritrovata calma. «Visto che
gli animi sono infiammati, cercheremo di non tirare per le lunghe
questo processo. Al centro dell’aula abbiamo gli Arcangeli che sono
scesi con le proprie legioni sulla Terra senza consenso e hanno
cacciato un esercito demoniaco. Come possiamo notare, essi sono
solo cinque, in quanto sul campo mancavano Cassiel Blanchett, che
si trova attualmente in prigione, e il suo gemello Raphael». Si voltò
prima a destra e poi a sinistra con entrambe le mani sollevate per
bloccare qualsiasi commento. «Nell’oggettività dei fatti, questo è ciò
che è accaduto». Poi sedette.
La donna, sua collega, si voltò verso gli imputati e domandò: «C’è
altro che dovremmo sapere?»
«Favoreggiano il nemico!» Chris scattò in piedi, rispondendo per
primo. «Abbiamo le registrazioni della battaglia, dall’inizio alla fine.
Collaborano con i demoni, Satan è uno di loro; avete una vaga idea
di quanto pericoloso sia lui da solo?»
Alcune frasi di protesta si levarono dagli spalti, ma vennero zittite
dalle Dominazioni. Tornato il silenzio, la donna commentò: «Questa
affermazione mi porta al precedente processo e alla confessione
della presenza di demoni nascosti sul piano terrestre». Poi ordinò:
«Mostrateci ciò che avete».
Chris non perse tempo. Chiese a Holian di portare un dispositivo
USB allo stesso angelo che in precedenza si era occupato di
mostrare le prove. Venne collegato alla sfera che proiettò a
mezz’aria due icone video. La prima venne selezionata e avviata:
durava ore.
«Questa è la battaglia. Consiglio di accelerare la velocità di
riproduzione per ovvi motivi. Come ben saprete, il globo di cui si
serve il Cherubino Barakiel può vedere qualsiasi luogo della Terra e
anche oltre, se solo non fosse proibito dal millenario Patto delle
Anime. Il tutto viene registrato e conservato. Quel giorno, in
particolare, nella sala di controllo, chiunque ha potuto assistere a ciò
che stava accadendo». Chris parlò come un fiume in piena:
«Abbiamo raccolto anche le testimonianze di coloro che erano
presenti, con tanto di firma e giuramento solenne, tutte persone
disposte a testimoniare qui, oggi, se solo lo voleste. Abbiamo visto
gli Arcangeli aiutare quattro demoni: Satan di cui ho accennato
poc’anzi, Odry, colei che Gabriel ha portato al DEM, Belial, il figlio
bastardo di Lucifer, e un demone sconosciuto che, a quanto pare, ha
rubato il nostro Graal. Oltre al danno, la beffa: hanno aiutato un
ladro».
Mathael lo squadrò con disprezzo. «A nostra insaputa» dichiarò,
ma venne ignorata.
Le riprese scorrevano davanti agli occhi di tutti, il pubblico era
troppo preso dallo spettacolo per potersi lamentare. Un coro
orripilato spezzò il discorso di Chris: era stata appena mostrata la
scena del soldato incastrato negli spallacci di Gabriel per un errore
di Zachary.
Il Serafino colse lo spunto: «Vedete i loro volti? Questi disgraziati
hanno nascosto e aiutato dei mostri che godevano della sofferenza e
della morte del prossimo!»
Negli animi di chi stava dalla parte dei Serafini la rabbia verso i
traditori cresceva sempre di più.
A Michael non interessava seguire il video, sapeva bene com’era
andata; se avesse chiuso gli occhi avrebbe rivisto tutto. Ciò su cui
era concentrato andava oltre: gli spettatori seguivano le riprese,
rapiti dalle scene di battaglia e sangue incorniciate dagli attacchi
infuocati di Uriel, di Odry e Zachary; chi era riuscito a staccare gli
occhi dallo schermo giudicava gli Arcangeli con espressioni
disgustate. Alcuni, i peggiori, mostravano una grande delusione
scuotendo il capo. Si pose di nuovo la domanda: “Davvero non
riescono a capire? Un’eternità passata a servire il DEM, il Paradiso,
gli angeli, innumerevoli secoli a proteggere il genere umano. Ma è
più semplice puntare il dito che aprire gli occhi”.
«Le prove sono schiaccianti, tagliamo loro le ali!» L’accusa di
Yovus riportò Michael alla realtà.
Raziel non riuscì più a trattenersi: troppo scherno, troppe accuse
ingiuste, troppa rabbia da sfogare. «Ci siamo battuti contro Baal per
impedirgli di rubare una reliquia. Se fosse stato per voi senza palle,
ora avremmo fottute orde di demoni a spasso sulla Terra a fare
chissà quali casini!»
«Sciocchezze!» controbatté il Serafino Kazel. «Usate la cacciata
di Baal come scusa per nascondere l’alleanza con quei bastardi.
Poi? Cosa farete? Qual è il vostro intento?»
«Ma che cazzate spari, Kazel!» Raziel batté un pugno sul banco di
fronte a lui. «Abbiamo salvato gli umani e voi vi preoccupate se
quattro demoni erano dalla nostra parte? Ma che avete di
sbagliato?»
I simboli sulla bocca della Dominazione anziana brillarono e
questa fece per dire qualcosa, ma Mathael prese la parola.
«Abbiamo fatto qualcosa di importante. Si tratta di un passo avanti
dopo millenni: due opposte fazioni che collaborano per schiacciare
un nemico comune. Non tutti i demoni sono alleati, come non lo
sono gli angeli» sfidò Chris con uno sguardo glaciale. «Mi pare il
caso di ammettere che il Patto delle Anime sia divenuto obsoleto».
«Tu, razza di cagna ignorante! Come osi?» tuonò il Serafino
scattando in piedi. «Il Patto è frutto di uno degli accordi più difficili
mai raggiunti. I nostri antichi predecessori ci hanno creduto e l’hanno
stipulato per mantenere un perfetto equilibrio tra i mondi. Come puoi
sputare su qualcosa su cui hai giurato fedeltà?»
«Posso» la risposta della donna spiazzò chiunque, Dominazioni
comprese «e non ho problemi ad ammetterlo. E sai perché? Perché
è stato inutile e fin dall’inizio non è stato rispettato, altrimenti il
Distretto per l’Equilibrio dei Mondi non avrebbe avuto senso di
esistere, non trovi?»
I volti di Uriel e Michael si illuminarono e, Gabriel girò il capo verso
la collega, sorpreso da quella considerazione su cui non si era mai
soffermato. Raziel batté un altro pugno sul banco. «Ben detto!»
Prima che Chris o qualsiasi altro Serafino potesse ribattere, parlò
la Dominazione donna. «Noi eravamo lì quel giorno, a titolo di
testimoni. Solo le anime più alte hanno avuto l’immenso onore di
partecipare al dibattito e alla stesura del Patto delle Anime».
Mathael serrò la mascella, certa che con quella informazione
intendesse metterla in soggezione. «Nutro un profondo rispetto per
coloro che gli hanno dato vita e sono certa che in entrambe le fazioni
ci fosse la volontà di risolvere le cose. Ma ammettiamolo: l’ingenuità
e la sconfinata fiducia nel prossimo hanno portato il Paradiso a
chiudere gli occhi. E ora siete ciechi verso qualsiasi cosa. Non volete
ammettere che il tempo di quel concordato sia passato, non volete
ammettere che quattro demoni abbiano avuto il cuore di aiutarci. Ma
soprattutto non volete ammettere che noi Arcangeli abbiamo fatto
tanto per voi e che i Serafini, che hanno in pugno le vostre menti,
invece, non si siano mossi per venire in nostro aiuto. Se sono morti i
nostri soldati, i vostri figli, mariti, fratelli… è anche per colpa loro».
Il vociare dal pubblico riprese impetuoso.
«E se anche fosse?» S’intromise Hamenam. «Il trattato è legge e
come tale va rispettato. Voi non l’avete mai fatto, non avete
nemmeno mai rispettato gli ordini del vostro superiore».
E Dunne aggiunse a gran voce, spazientito, rivolgendosi ai giudici:
«Ci stiamo dimenticando del succo della questione: hanno intrapreso
rapporti col nemico. Abbiamo le prove, che volete in più?»
Uriel prese un respiro profondo, poi parlò: «Hanno bisogno del
nostro aiuto per rivoltarsi contro Lucifer!»
Michael lo guardò con tanto d’occhi, non era sicuro se fossero le
cose giuste da dire. Ma tacque.
Il turco proseguì: «Il loro contributo è stato fondamentale per
schiacciare il nemico, grazie al quale Gabriel ha potuto annientare
Baal. Sempre grazie a loro abbiamo ottenuto informazioni che da
soli non avremmo mai potuto ottenere. Come avrete immaginato, noi
diamo qualcosa a loro e viceversa. Ormai è inutile tergiversare: sì,
abbiamo collaborato con alcuni demoni. E ora abbiate il coraggio di
dirmi che non avreste approfittato di una tale fonte di informazioni sul
nemico pur di rafforzare il DEM, il controllo che la struttura vanta da
tempo immemore e uccidere Lucifer».
«Avete agito alle spalle di tutti noi» continuò Dunne, ricevendo
manforte dai colleghi.
Gabriel strinse i pugni, la sola vista di Chris lo infastidiva a tal
punto da trarre soddisfazione nell’immaginarne il pestaggio.
Raziel scattò fuori dalla postazione sfuggendo al controllo, quasi
raggiunse Chris ma due guardie lo bloccarono in tempo. «Sei un
coglione Chris, hai merda nel cervello!» gridò, allungando le mani
ammanettate verso di lui. Intanto le scorte armate lo allontanavano
con una certa fatica. «Vuoi farci credere che se te ne avessimo
parlato, tu ci avresti dato via libera? Ci avete lasciati soli in mezzo ai
demoni, ai cadaveri dei nostri alleati. Avete portato a vostro sfavore
la chiara prova che siete rimasti a guardare!»
Yovus e Hamenam scoppiarono a ridere. «Taci, razza di
imbecille!» gridò il primo.
Il secondo si accodò. «Abbiamo agito in tal modo per organizzare
un piano. Il torto è dalla vostra parte, non dalla nostra. Non siamo
certo stati noi ad agire senza avere una tattica o qualsivoglia
organizzazione da seguire, cosa per cui, tra l’altro, siete stati
addestrati».
Chris sorrise strafottente e applaudì, confermando quanto appena
detto. «Dentro il vostro gruppo c’è sempre stato del marcio.
Guardatevi, siete l’abominio della nostra razza: disorganizzati,
irrispettosi, traditori. Non vi pentite delle vostre scelte sbagliate, di
aver dato un tetto al nemico e per esso siete disposti a scendere a
ogni compromesso».
«Gli abomini son sempre stati allontanati» commentò Kazel.
«Seguendo la legge, son stati buttati angeli che hanno commesso
reati meno gravi. Loro devono essere il nuovo esempio. Nessuno di
noi lavora sodo per permettere a gente del genere di portare alla
rovina il nostro sistema».
Uriel scosse il capo. «Portare alla rovina il sistema? Non vi
sembra di esagerare?»
«Il turco non comprende proprio» rise Chris. Si avvicinò agli
imputati, tenuto sotto controllo dalle guardie. «Devo ricordarti che
Raziel ha un’umana per cameriera e che ora, a causa vostra e dei
vostri amici cornuti, è a conoscenza della nostra esistenza e
dell’identità di ognuno di voi?»
Il pubblico ammutolì.
Dunne era fiero di aver zittito tutti quanti: gli umani dovevano
restare al di fuori degli affari angelici e demoniaci e vivere credendo
di essere gli unici esseri viventi intelligenti e superiori. Una delle
prime e più importanti regole del Patto.
I cittadini ripresero a parlare. «A quante persone lo avrà detto
l’umana?» era la domanda più comune. «Quanto tempo ci vorrà
prima che la notizia venga divulgata?» Qualcuno, invece, restava
positivo, certo che pochi esseri umani in tutta la Terra ci avrebbero
creduto.
Il Serafino approfittò del brusio in crescita, si avvicinò al volto di
Raziel e sibilò: «Vi schiaccerò a uno a uno, farò lo stesso con i vostri
amici infernali e la tua puttana francese, così eviteremo che si venga
a sapere di noi».
L’Arcangelo smise di pensare.
Lo colpì con una testata sul naso, lasciandolo stordito e
sanguinante.
Un boato riempì l’arena.
Chris portò una mano sotto le narici e si lasciò scappare un breve
ghigno divertito. Proprio ciò che voleva. Scattò in avanti e saltò
sopra il banco dell’imputato, colpendolo in viso con un destro
micidiale che mandò Raziel a terra.
La rissa era iniziata.
Le Dominazioni scattarono in piedi imponendo l’ordine, ma
nessuno le considerò.
Michael non aspettava altro, lo stesso fu per Gabriel che ben
volentieri raggiunse Dunne e gli sferrò una seconda testata, imitando
il collega.
Uriel si allontanò dalla postazione per andare a bloccare il
Serafino, ma si trovò immischiato nella zuffa senza volerlo. Gli arrivò
una ginocchiata sullo stomaco che lo fece piegare in avanti.
Lo stesso gruppo di Serafini corse a dare manforte al compagno.
«Siete quattro contro uno, bastardi!» disse Kazel menando un
pugno in faccia a Michael seguito da un altro che colpì Uriel su un
fianco.
Le voci dei giudici quasi assordarono gli spalti, ma nessuno dei
partecipanti alla zuffa parve sentirle.
La situazione era degenerata in meno di cinque minuti e la platea
tifava i favoriti come fossero a uno scontro di boxe di gruppo.
Fu però uno schizzo di sangue sulla tunica della Dominazione più
giovane a far perdere loro la pazienza: era stato raggiunto il limite.
I tre sollevarono le braccia all’unisono. I rabbiosi e agitati Arcangeli
e Serafini vennero sorpresi da una invisibile forza che li costrinse a
fermarsi di colpo. Ogni muscolo si era irrigidito e quasi fecero fatica
a respirare, costretti a una semi apnea. Potevano solo muovere gli
occhi, spostare lo sguardo febbrile e agitato per trovare la causa del
loro stato.
Nessuno spettatore ebbe più il coraggio di parlare. Nessuno aveva
mai visto le Dominazioni così furiose, tantomeno si era mai vista una
scena simile in tribunale.
«È una vergogna!» gridò il giudice più anziano. «Questo è un
luogo in cui calma e serietà sono le parole d’ordine. Dove credete di
essere?»
I presi in causa non poterono far altro che ascoltare.
«Verrete puniti tutti quanti, e non importa che siate Serafini o
Arcangeli. La vostra condotta è stata deplorevole, un errore che
segnerà di certo in negativo la carriera di ognuno di voi. Decideremo
le vostre condanne in separata sede» affermò con tono grave. «Ci
aggiorniamo tra ventiquattro ore. Allo scadere saprete quale sarà la
vostra sorte».
La Dominazione donna aggiunse: «Ora libereremo i vostri corpi
così sarete in grado di muovervi per essere scortati nelle segrete. Vi
avverto: nessun passo falso».
Entrarono in aula una decina di Potestà con nuove manette per i
Serafini. Come promesso, a tutti venne concessa la libertà di
movimento e vennero scortati fino al DEM.
II
III
«Un padre che maltratta i propri figli non è degno di tale nome e
voi siete tutti figli suoi. Ma è giunto il momento di impugnare le armi
e digrignare i denti, è giunto il momento per voi di riprendere in mano
le vostre vite e la vostra terra!»
Un grido di assenso si levò dalla folla, così alto e potente da far
vibrare le vetrate del castello.
Erano in visibilio, entusiasti, carichi.
Lucifer strinse i pugni.
II
III
II
«Ti ho già detto che non sopporto quando mi fissi» sbottò Odry
rompendo il silenzio. La cena era terminata da qualche ora, ma lei
non si era mossa dal tavolo e Satan stava finendo di riporre i piatti
appena lavati dentro lo sgocciolatoio.
«E io ti ho già detto che non posso farci nulla». Il demone sospirò
scuotendo il capo con dissenso. «Sono preoccupato, non puoi
impedirmi di esserlo».
«Non fissarmi. Punto». Risentita si alzò per prendersi da bere.
«D’accordo. Scusa». Satan si asciugò le mani e riappese il
canovaccio al gancio accanto al lavabo. Si voltò mantenendo lo
sguardo basso, poi si sedette a tavola. Di sottecchi osservò la spilla
appuntata alla maglia dell’amica, poi si sentì in difetto e si concentrò
sull’orologio da parete: erano le nove di sera. «Odry… ti va di
parlare?»
«No» borbottò lei. Chiuse il frigo e stappò una bottiglia di birra.
«Non prendermi in giro, dai… Ti conosco molto bene, so che vuoi,
te lo leggo negli occhi. Inoltre non abbiamo più avuto modo di stare
insieme, da soli, come abbiamo sempre fatto. Ti osservo e…»
«E infatti mi dai fastidio». Odry gli riservò un’occhiata risentita, ma
tornò a sedersi di fronte a lui.
«Finiscila e fammi finire». La rossa aggrottò le sopracciglia, ma
non osò ribattere. «Come dicevo, ti osservo. L’ho capito che non
smetti mai di pensare a Zachary, è una cosa continua. Quando
invece pensi di essere sola, vedo che con i droni segui Balthazar da
lontano senza mai provare a contattarlo. Perché non vuoi avere un
dialogo nemmeno con lui?»
«Non sono affari tuoi di come mi sento e cosa penso, quindi esci
dalla mia testa, manipolatore del cazzo».
La delusione nel volto di Satan fu evidente. «Se insultarmi ti farà
sentire meglio, fa’ pure, ma non puoi continuare a comportarti in
questo modo. Sto cercando di aiutarti».
Odry non rispose, prese un lungo sorso dalla bottiglia. “Riesce
sempre a farmi sentire in colpa” pensò.
«Io ti sono vicino e lo sarò sempre. Sai molto bene che su di me
puoi fare affidamento. Sono preoccupato per te, tutti lo siamo.
Eppure, nessuno si espone più perché allontani chiunque».
«Cosa dovrei risponderti? Anzi, rettifico, cosa vorresti che ti
rispondessi? Che vorrei staccare la spina perché non riesco a
vivere? Ho paura di non poter continuare così».
Satan annuì come se avesse immaginato una risposta del genere.
«Vorrei che ti aprissi con me. Certo, non è un obbligo, ma sfogarti ti
farebbe bene e ti invito a continuare. Parlami di questo: perché non
riesci a vivere?»
Odry si sporse verso di lui rabbiosa. «Davvero non riesci a
capirlo? Ti sembra vita, questa? Da quanto siamo fuggitivi? Sono
passati quattro mesi».
«Non sono mica un’estensione del tuo cervello per capirti a fondo,
per questo sto chiedendo» fece spallucce e la indicò. «Tu reagisci in
un modo, io in un altro. Sto male anch’io, mi sento inutile e
impotente, mi sento un peso per Ania, per gli Arcangeli… Tu soffri
anche per aver scoperto di avere un padre e un fratello di sangue,
ma soprattutto per un fratello che ha tradito tutti noi e te in primo
luogo. È proprio di questo che vorrei tu parlassi». Sorrise mesto. «Ti
sei sempre esposta. Fossi stata la Odry di un tempo ti saresti
comunque messa in comunicazione con loro, in un modo o nell’altro.
Stavolta invece qualcosa ti frena».
Odry si irrigidì, strinse la presa sulla bottiglia. «Io voglio essere
libera, Satan. Voglio vivere in tranquillità, mentre avere un contatto
con loro implicherebbe la nascita di un milione di altri problemi! Ecco
cosa mi frena!»
«Non posso darti torto» ammise lui «ma cosa faresti se avessi la
possibilità di entrare in contatto con Zachary?»
«A parte ucciderlo?» Odry tamburellò le dita sul tavolo e si agitò
sulla sedia.
Satan colse al volo i segni di disagio ma attese. Lo sguardo
puntato sul volto dell’amica ogni tanto, però, cadeva sulla spilla.
La demonessa si morse le labbra. «Non so cosa farei se lo
vedessi, vorrei chiedergli così tante cose da non saper dare voce a
nessuna di esse. Per esempio, vorrei chiedergli come è
sopravvissuto da bambino. O se… prova le stesse cose che provo
io».
Il rosso notò l’imbarazzo sul suo volto. Non commentò: doveva
essere già abbastanza difficile per lei aprirsi e ammettere quelle
cose, prima di tutto a se stessa.
«Vorrei chiedere perché il suo fuoco è così diverso dal mio,
scoprire se oltre a ciò ci sono altre differenze tra noi. A volte penso
che in quei giorni avrei potuto avvicinarmi di più a lui» sorrise al
pensiero di quella possibilità «e chissà se la nostra vicinanza
avrebbe potuto fargli cambiare idea sul suo piano».
Satan sorrise di rimando.
«Comunque vorrei avere delle risposte, anche se magari lui non
può darmele. Non so…» Odry sospirò.
Il demone poggiò gli avambracci sul tavolo, sporgendosi nella sua
direzione come stesse entrando in una confidenza. «Le parole
verrebbero da sé. E mi dispiace per il fatto che proprio lui si sia
comportato in quel modo. Sarebbe bello
se fosse sotto il giogo di Lucifer, no? Se avesse agito in quel
modo perché costretto, così voi avreste la possibilità di
conoscervi…»
Lei continuò la frase: «E magari avere il bel rapporto che Vicky ha
con le sorelle».
«Tutto questo, però, potresti averlo con Balthazar…»
Satan la vide sussultare e immaginò che il solo udire quel nome le
avesse fatto attorcigliare le budella. «Balthazar… ancora fatico a
crederci». Si passò le mani sul viso strofinando con forza. «Tutta
questa faccenda è assurda, cos’altro capiterà domani? Ci sono altre
cose che devo scoprire? Non ce la faccio più».
Il pesante sospiro dell’amico la costrinse a guardarlo: il volto
marcato da un sorriso pieno di tenerezza. «Odry…» disse lui
«perché stai sviando il discorso? Dovresti davvero provare a
interagire con lui. Quando tutto questo finirà, potrai avere una vera
famiglia. La tua famiglia. Non sprecare l’occasione, tu che puoi…»
«Io che posso cosa, Satan? Chissà se mai potrò fare qualcosa!
Contattare Balthazar per dirgli: “Ciao papà, ti va di essere una
famiglia felice?” Mi prendi per il culo? C’è una crepa immensa tra noi
ormai e non so se riusciremo mai a richiuderla».
«Ti manca molto?»
«Ogni minuto». Odry fu lapidaria, distolse lo sguardo scacciando
una lacrima con il dito.
«Penso che anche a lui tu manchi tanto e non credo che la crepa
che sostieni esserci sia così reale. In verità – permettimi di dirtelo –
ultimamente ti crei problemi per cose inutili. Sono sicuro che vi
rivedrete presto».
Odry non rispose, restò con la testa voltata dal lato opposto, un
gomito poggiato sullo schienale della sedia mentre con la mano
scacciava via le lacrime in un sostenuto silenzio.
Avrebbe voluto rivedere Balthazar, questo sì. Eppure una brutta
sensazione non l’aveva mai abbandonata, soprattutto nell’ultimo
periodo, e questa le sussurrava che no, non si sarebbero mai più
rivisti.
16 febbraio 2012 d.C.
Baraccopoli, 20° Distretto – Confine della Capitale, Inferno
II
Belial era seduto sul divano da almeno due ore. Non aveva
dormito e non aveva fatto colazione tanto era agitato. “Fammi
scendere prima che impazzisca” pensò, in realtà rivolto a Odry.
Guardò il generatore che emetteva un continuo ronzio, diventato
ormai parte integrante della quotidianità. Poi, di sottecchi, osservò la
demonessa.
Quella scolò in un sol colpo il rum corretto con un poco di
caffèlatte, poi aprì un piccolo sportello laterale del marchingegno
rumoroso e iniziò a trafficare con alcuni cavi. «Come ho detto ieri, la
carica reggerà solo due viaggi: andata e ritorno. Usa il nostro
collegamento solo se dovessi renderti conto che il piano non può
essere portato a termine. Non dovrai lasciare nulla indietro. Per
ridurre al minimo i danni, dovrai prima immergerti e versare l’Etere in
un secondo momento; rompi la provetta, stappala, fa’ come vuoi.
Comunque comunicheremo tramite questo» gli consegnò un
auricolare. «Toccalo due volte per aprire la chiamata, un solo tocco
per chiuderla. Chiaro?»
Belial annuí, inserì l’auricolare e prese un respiro profondo.
La tensione tra loro era ancora palpabile. Non una parola in più
venne pronunciata. A stento si scambiarono uno sguardo.
Satan li raggiunse, anche lui a corto di sonno e assai angosciato.
«Sicura che funzionerà?»
La rossa rimase in silenzio per diversi secondi, poi ammise: «Non
sono ancora riuscita a collaudarlo».
«Quindi potrebbe anche non funzionare?» sbottò l’amico.
Odry non rispose, la sua espressione era tutt’altro che
rassicurante. Si limitò ad avvicinarsi al pc portatile poggiato sul
divano, accanto a Belial, e a impostare le coordinate. Poi sollevò il
generatore e raggiunse il cortile retrostante della villa, poggiandolo
sull’erba, al centro. Accese i convertitori che azionarono il
movimento di generazione delle onde quantiche per attivare il
portale, il quale si materializzò poco distante dal marchingegno e
iniziò a vorticare lento per poi acquisire maggiore velocità e intensità,
illuminando l’erba e le piante circostanti con la sua luce violacea.
Belial e Satan l’avevano seguita.
«Tra pochi istanti saremo pronti» annunciò lei.
Il rosso si voltò verso il ragazzo, lo guardò per un attimo e poi lo
strinse con impeto. «Ti prego, fa’ attenzione» e il giovane rispose
alla stretta con un leggero imbarazzo.
Odry nemmeno lo guardò.
Una volta dato il via, entrò nel portale per non prolungare l’ansia
che lo corrodeva.
«Ti prego, dimmi che lo riporterai a casa tutto intero» disse Satan
avvicinandosi a Odry che annuì piano, ribattendo con ironia: «Abbi
fede».
II
III
II
III
Lesse una alla volta le lettere contenute nel primo cerchio esterno.
“Balthael” pensò. “Ma non è più questo il tuo nome”.
Studiò linee e simboli per capire da dove iniziare. Prese il gessetto
e lo rigirò tra le dita macchiandole di rosso, poi si chinò poggiando
sui talloni e con cautela iniziò a tracciare il primo cerchio. Si accertò
fosse abbastanza grande da poter contenere tutti gli elementi
previsti in maniera chiara e continuò.
La concentrazione venne spezzata più volte dal timore di come si
sarebbero potuti evolvere i fatti. Anche solo averci provato l’avrebbe
messo nei guai. “Tanto vale andare fino in fondo” si consolò.
Il foglio si agitava sotto la forza del vento e l’Arcangelo dovette
bloccarlo a terra con la mano libera e la punta della scarpa. Ebbe
non poche difficoltà a terminare il sigillo a causa della scarsa
illuminazione: le nuvole erano aumentate e avevano coperto quasi
del tutto il sottile spicchio di luna.
“Ora viene la parte complicata” pensò. Girò il foglio e diede una
fugace occhiata alle frasi scritte di suo pugno alcuni giorni prima.
Avrebbe solo dovuto leggerle. In realtà la parte complicata sarebbe
stata andare contro ciò che aveva sempre difeso con onore.
Ma per Cassiel avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Espose il testo alla scarsa luce, sforzò la vista e si schiarì la gola.
«Per la tromba dell’Apocalisse, ai tuoi piedi, Balthael, deponiamo il
terribile bacio, in lode di tutte le tue iniquità». Rabbrividì. «Dacci la
tentazione immorale, ogni sorta di condanna e il potere immenso di
giudicare».
Raphael alzò lo sguardo e rimase in attesa. Attorno non vi era
altro che silenzio, si abbassò di nuovo sul testo accertandosi di
averlo letto in maniera corretta.
Mancava l’ultimo tocco.
Evocò il fioretto e con la punta si ferì il palmo della mano,
abbastanza in profondità da far colare sei gocce di sangue al centro
del sigillo, che s’illuminò. Ripiegò in tutta fretta il documento, lo
ripose in tasca e lo stesso fece col gessetto. Deglutì, mentre le linee
da lui tracciate iniziarono a pulsare.
L’aria si riempì di un vociare grave, un tono che gli ricordò antiche
preghiere di monaci. “No, non sono voci” ragionò dopo un attimo di
attenzione. “È un ronzio. Sono mosche”.
Il fugace bagliore dell’arma che veniva riportata indietro e quello
del cerchio rischiararono una figura in piedi dall’altra parte del ponte.
Balthazar lo squadrò da capo a piedi, tra le dita di una mano
teneva un sigaro, l’altra era in tasca. Indossava un completo prugna
gessato e un foulard nero abbinato a scarpe e guanti in pelle.
Raphael aggrottò la fronte, ce l’aveva fatta. E mentre estraeva una
garza con la quale bloccare il flusso di sangue, osservava il demone
venire verso di lui.
«Raphael» disse l’altro in finto tono amichevole. «Vedo che hai
cambiato corpo nel corso di questi millenni».
«Tu, invece, hai mantenuto lo stesso, Balthael. Ma ti trovo bene».
Il sorriso del demone s’indebolì e lo sguardo divenne sprezzante.
«Mi chiamo diversamente, dovresti saperlo».
Erano passati cinque secoli e Balthael non aveva fatto altro che
vagare senza meta in cerca di cibo e acqua. La voglia di vivere non
si era mai spenta. Aveva iniziato a nascondersi da belve pronte a
cibarsi di lui e da uomini che cercavano di ucciderlo appena lo
vedevano.
L’aspetto era mutato, il risentimento e l’odio l’avevano reso un
essere diverso.
La pelle, putrefatta in parecchi punti, era infestata di mosche ed
emanava un forte odore di decomposizione. Tempo addietro era
riuscito, con grande forza di volontà, a raddrizzare il bacino e a
fissarlo, ma aveva impiegato tanto per riprendere a camminare. Il
busto ormai era flesso in avanti, la schiena curva, una gamba
doveva essere trascinata.
Spesso aveva ragionato sul senso di quella vita che detestava, di
un’esistenza fatta di sopravvivenza, senza scopo. Un angelo che di
divino non aveva più nulla. Un essere che non poteva vivere e non
aveva il permesso di morire.
Aveva ragionato anche sulla morte, un desiderio così ardente da
farlo piangere ogni notte. Ma lo stesso Dio che l’aveva cacciato, gli
impediva di raggiungerla.
Eppure, sarebbe stata l’unica gioia.