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Amery
Come in Alto
Così in Basso
I I – Il sangue dei gemelli
Copyright © 2022, by Gee J.R. Amery
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che hai scelto
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questo viaggio
Prologo
«Sbatteteli in cella!»
«Bugiardi!»
«No! Lasciateli andare!»
«Sono dei traditori bastardi!»
Le Dominazioni cercavano di riportare l’ordine in aula, purtroppo
senza successo.
La situazione era ingestibile, nemmeno le numerose guardie
presenti riuscivano a sedare o placare gli animi con la minaccia delle
armi.
Gli spettatori erano furiosi con gli imputati che ancora non
avevano fatto la loro comparsa e che, di lì a poco, sarebbero stati
giudicati. I cittadini di Sila minacciavano di venire alle mani, alcuni
provavano a saltare giù dagli spalti. Il vociare concitato, le grida
rabbiose e gli insulti si udivano da un capo all’altro dell’aula di
tribunale.
I portoni si aprirono, entrarono due Potestà armate, che a ogni
passo facevano tintinnare le gambe metalliche.
I cinque Arcangeli scortati e ammanettati, al seguito.
Le grida e gli insulti si intensificarono.
Gabriel, in testa, zoppicante e sanguinante, veniva strattonato da
due guardie verso l’imminente giudizio. Mantenere la calma gli
veniva difficile, lo scontro con Baal e l’addio a Odry l’avevano
debilitato più del previsto.
Mathael, subito dietro, camminava a testa alta, ma anche lei,
come gli altri, iniziava a risentire degli effetti della battaglia. Non
degnò di uno sguardo i Serafini, seduti in prima fila sulla destra, e
nemmeno un singolo cittadino furioso.
Michael invece si guardava intorno senza capacitarsi di tutto
quell’odio. Si erano lasciati sfuggire l’ultima reliquia, questo era
indubbio, ma nessuno capiva il sacrificio di averci provato
affrontando l’esercito di uno dei demoni più forti? Erano ciechi forse?
O le loro menti erano state plagiate?
Raziel portava, con un misto di stizza e orgoglio, delle nuove ferite
provocate da una piccola rissa scatenatasi prima del loro ingresso.
Sollevò entrambe le mani per mostrare il dito medio a chiunque
incrociasse il suo sguardo. Sputò in terra e in tutta risposta venne
spinto da uno degli accompagnatori armati.
Uriel era l’ultimo, serio e preoccupato come non si era mai visto.
Ascoltava con attenzione e scandiva dentro di sé le frasi di disprezzo
che riusciva a distinguere. Da lì in poi la vita sarebbe stata un
inferno, ne era certo.
In alto la bandiera della giustizia veniva agitata da un vento
impetuoso. Sembrava che anche Dio fosse in collera.
Tutti gli occhi erano puntati sui cinque, compresi quelli di Chris e
dei compagni. Yovus incoraggiava una buona parte della platea a
inveire contro di loro. «Sono dei traditori!» gridò. «Non hanno diritto
a un processo, dovrebbero essere banditi all’istante!»
«Non meritano le ali! Avremmo dovuto già gettarli sulla Terra!» gli
diede manforte Hamenam.
Le Dominazioni decisero di approfittare dell’arrivo degli Arcangeli
per far leva sulla curiosità del popolo e farlo tacere. Si scambiarono
uno sguardo eloquente e rimase in piedi solo il più anziano. I simboli
enochiani sulle labbra si illuminarono e la sua voce tuonò nell’aria.
«Parlo per Dio e con Dio, Nostro Signore».
Il chiasso si tramutò in mormorio per rispetto di quelle parole.
I pochi che ancora stavano protestando, tacquero quando lo
stesso aggiunse: «Gli imputati saranno trattenuti accettando la
volontà di Dio, se egli deciderà che dovranno essere puniti o se
deciderà che è la libertà ciò che meritano».
«È inammissibile!» protestò Chris, battendo un pugno sulla
seduta, seguito a ruota da altri suoi pari che riaccesero la miccia
della discussione.
«Non ammetto che le vostre lamentele siano per noi fonte di
disturbo» disse aspro il giudice. «Giudichiamo per mano di Nostro
Signore, ciò che diremo sarà legge».
Chris si zittì astioso e, sotto consiglio di Holian, cercò di darsi un
contegno, saettando occhiate irose contro i cinque.
«Bene» enunciò la Dominazione con ritrovata calma. «Visto che
gli animi sono infiammati, cercheremo di non tirare per le lunghe
questo processo. Al centro dell’aula abbiamo gli Arcangeli che sono
scesi con le proprie legioni sulla Terra senza consenso e hanno
cacciato un esercito demoniaco. Come possiamo notare, essi sono
solo cinque, in quanto sul campo mancavano Cassiel Blanchett, che
si trova attualmente in prigione, e il suo gemello Raphael». Si voltò
prima a destra e poi a sinistra con entrambe le mani sollevate per
bloccare qualsiasi commento. «Nell’oggettività dei fatti, questo è ciò
che è accaduto». Poi sedette.
La donna, sua collega, si voltò verso gli imputati e domandò: «C’è
altro che dovremmo sapere?»
«Favoreggiano il nemico!» Chris scattò in piedi, rispondendo per
primo. «Abbiamo le registrazioni della battaglia, dall’inizio alla fine.
Collaborano con i demoni, Satan è uno di loro; avete una vaga idea
di quanto pericoloso sia lui da solo?»
Alcune frasi di protesta si levarono dagli spalti, ma vennero zittite
dalle Dominazioni. Tornato il silenzio, la donna commentò: «Questa
affermazione mi porta al precedente processo e alla confessione
della presenza di demoni nascosti sul piano terrestre». Poi ordinò:
«Mostrateci ciò che avete».
Chris non perse tempo. Chiese a Holian di portare un dispositivo
USB allo stesso angelo che in precedenza si era occupato di
mostrare le prove. Venne collegato alla sfera che proiettò a
mezz’aria due icone video. La prima venne selezionata e avviata:
durava ore.
«Questa è la battaglia. Consiglio di accelerare la velocità di
riproduzione per ovvi motivi. Come ben saprete, il globo di cui si
serve il Cherubino Barakiel può vedere qualsiasi luogo della Terra e
anche oltre, se solo non fosse proibito dal millenario Patto delle
Anime. Il tutto viene registrato e conservato. Quel giorno, in
particolare, nella sala di controllo, chiunque ha potuto assistere a ciò
che stava accadendo». Chris parlò come un fiume in piena:
«Abbiamo raccolto anche le testimonianze di coloro che erano
presenti, con tanto di firma e giuramento solenne, tutte persone
disposte a testimoniare qui, oggi, se solo lo voleste. Abbiamo visto
gli Arcangeli aiutare quattro demoni: Satan di cui ho accennato
poc’anzi, Odry, colei che Gabriel ha portato al DEM, Belial, il figlio
bastardo di Lucifer, e un demone sconosciuto che, a quanto pare, ha
rubato il nostro Graal. Oltre al danno, la beffa: hanno aiutato un
ladro».
Mathael lo squadrò con disprezzo. «A nostra insaputa» dichiarò,
ma venne ignorata.
Le riprese scorrevano davanti agli occhi di tutti, il pubblico era
troppo preso dallo spettacolo per potersi lamentare. Un coro
orripilato spezzò il discorso di Chris: era stata appena mostrata la
scena del soldato incastrato negli spallacci di Gabriel per un errore
di Zachary.
Il Serafino colse lo spunto: «Vedete i loro volti? Questi disgraziati
hanno nascosto e aiutato dei mostri che godevano della sofferenza e
della morte del prossimo!»
Negli animi di chi stava dalla parte dei Serafini la rabbia verso i
traditori cresceva sempre di più.
A Michael non interessava seguire il video, sapeva bene com’era
andata; se avesse chiuso gli occhi avrebbe rivisto tutto. Ciò su cui
era concentrato andava oltre: gli spettatori seguivano le riprese,
rapiti dalle scene di battaglia e sangue incorniciate dagli attacchi
infuocati di Uriel, di Odry e Zachary; chi era riuscito a staccare gli
occhi dallo schermo giudicava gli Arcangeli con espressioni
disgustate. Alcuni, i peggiori, mostravano una grande delusione
scuotendo il capo. Si pose di nuovo la domanda: “Davvero non
riescono a capire? Un’eternità passata a servire il DEM, il Paradiso,
gli angeli, innumerevoli secoli a proteggere il genere umano. Ma è
più semplice puntare il dito che aprire gli occhi”.
«Le prove sono schiaccianti, tagliamo loro le ali!» L’accusa di
Yovus riportò Michael alla realtà.
Raziel non riuscì più a trattenersi: troppo scherno, troppe accuse
ingiuste, troppa rabbia da sfogare. «Ci siamo battuti contro Baal per
impedirgli di rubare una reliquia. Se fosse stato per voi senza palle,
ora avremmo fottute orde di demoni a spasso sulla Terra a fare
chissà quali casini!»
«Sciocchezze!» controbatté il Serafino Kazel. «Usate la cacciata
di Baal come scusa per nascondere l’alleanza con quei bastardi.
Poi? Cosa farete? Qual è il vostro intento?»
«Ma che cazzate spari, Kazel!» Raziel batté un pugno sul banco di
fronte a lui. «Abbiamo salvato gli umani e voi vi preoccupate se
quattro demoni erano dalla nostra parte? Ma che avete di
sbagliato?»
I simboli sulla bocca della Dominazione anziana brillarono e
questa fece per dire qualcosa, ma Mathael prese la parola.
«Abbiamo fatto qualcosa di importante. Si tratta di un passo avanti
dopo millenni: due opposte fazioni che collaborano per schiacciare
un nemico comune. Non tutti i demoni sono alleati, come non lo
sono gli angeli» sfidò Chris con uno sguardo glaciale. «Mi pare il
caso di ammettere che il Patto delle Anime sia divenuto obsoleto».
«Tu, razza di cagna ignorante! Come osi?» tuonò il Serafino
scattando in piedi. «Il Patto è frutto di uno degli accordi più difficili
mai raggiunti. I nostri antichi predecessori ci hanno creduto e l’hanno
stipulato per mantenere un perfetto equilibrio tra i mondi. Come puoi
sputare su qualcosa su cui hai giurato fedeltà?»
«Posso» la risposta della donna spiazzò chiunque, Dominazioni
comprese «e non ho problemi ad ammetterlo. E sai perché? Perché
è stato inutile e fin dall’inizio non è stato rispettato, altrimenti il
Distretto per l’Equilibrio dei Mondi non avrebbe avuto senso di
esistere, non trovi?»
I volti di Uriel e Michael si illuminarono e, Gabriel girò il capo verso
la collega, sorpreso da quella considerazione su cui non si era mai
soffermato. Raziel batté un altro pugno sul banco. «Ben detto!»
Prima che Chris o qualsiasi altro Serafino potesse ribattere, parlò
la Dominazione donna. «Noi eravamo lì quel giorno, a titolo di
testimoni. Solo le anime più alte hanno avuto l’immenso onore di
partecipare al dibattito e alla stesura del Patto delle Anime».
Mathael serrò la mascella, certa che con quella informazione
intendesse metterla in soggezione. «Nutro un profondo rispetto per
coloro che gli hanno dato vita e sono certa che in entrambe le fazioni
ci fosse la volontà di risolvere le cose. Ma ammettiamolo: l’ingenuità
e la sconfinata fiducia nel prossimo hanno portato il Paradiso a
chiudere gli occhi. E ora siete ciechi verso qualsiasi cosa. Non volete
ammettere che il tempo di quel concordato sia passato, non volete
ammettere che quattro demoni abbiano avuto il cuore di aiutarci. Ma
soprattutto non volete ammettere che noi Arcangeli abbiamo fatto
tanto per voi e che i Serafini, che hanno in pugno le vostre menti,
invece, non si siano mossi per venire in nostro aiuto. Se sono morti i
nostri soldati, i vostri figli, mariti, fratelli… è anche per colpa loro».
Il vociare dal pubblico riprese impetuoso.
«E se anche fosse?» S’intromise Hamenam. «Il trattato è legge e
come tale va rispettato. Voi non l’avete mai fatto, non avete
nemmeno mai rispettato gli ordini del vostro superiore».
E Dunne aggiunse a gran voce, spazientito, rivolgendosi ai giudici:
«Ci stiamo dimenticando del succo della questione: hanno intrapreso
rapporti col nemico. Abbiamo le prove, che volete in più?»
Uriel prese un respiro profondo, poi parlò: «Hanno bisogno del
nostro aiuto per rivoltarsi contro Lucifer!»
Michael lo guardò con tanto d’occhi, non era sicuro se fossero le
cose giuste da dire. Ma tacque.
Il turco proseguì: «Il loro contributo è stato fondamentale per
schiacciare il nemico, grazie al quale Gabriel ha potuto annientare
Baal. Sempre grazie a loro abbiamo ottenuto informazioni che da
soli non avremmo mai potuto ottenere. Come avrete immaginato, noi
diamo qualcosa a loro e viceversa. Ormai è inutile tergiversare: sì,
abbiamo collaborato con alcuni demoni. E ora abbiate il coraggio di
dirmi che non avreste approfittato di una tale fonte di informazioni sul
nemico pur di rafforzare il DEM, il controllo che la struttura vanta da
tempo immemore e uccidere Lucifer».
«Avete agito alle spalle di tutti noi» continuò Dunne, ricevendo
manforte dai colleghi.
Gabriel strinse i pugni, la sola vista di Chris lo infastidiva a tal
punto da trarre soddisfazione nell’immaginarne il pestaggio.
Raziel scattò fuori dalla postazione sfuggendo al controllo, quasi
raggiunse Chris ma due guardie lo bloccarono in tempo. «Sei un
coglione Chris, hai merda nel cervello!» gridò, allungando le mani
ammanettate verso di lui. Intanto le scorte armate lo allontanavano
con una certa fatica. «Vuoi farci credere che se te ne avessimo
parlato, tu ci avresti dato via libera? Ci avete lasciati soli in mezzo ai
demoni, ai cadaveri dei nostri alleati. Avete portato a vostro sfavore
la chiara prova che siete rimasti a guardare!»
Yovus e Hamenam scoppiarono a ridere. «Taci, razza di
imbecille!» gridò il primo.
Il secondo si accodò. «Abbiamo agito in tal modo per organizzare
un piano. Il torto è dalla vostra parte, non dalla nostra. Non siamo
certo stati noi ad agire senza avere una tattica o qualsivoglia
organizzazione da seguire, cosa per cui, tra l’altro, siete stati
addestrati».
Chris sorrise strafottente e applaudì, confermando quanto appena
detto. «Dentro il vostro gruppo c’è sempre stato del marcio.
Guardatevi, siete l’abominio della nostra razza: disorganizzati,
irrispettosi, traditori. Non vi pentite delle vostre scelte sbagliate, di
aver dato un tetto al nemico e per esso siete disposti a scendere a
ogni compromesso».
«Gli abomini son sempre stati allontanati» commentò Kazel.
«Seguendo la legge, son stati buttati angeli che hanno commesso
reati meno gravi. Loro devono essere il nuovo esempio. Nessuno di
noi lavora sodo per permettere a gente del genere di portare alla
rovina il nostro sistema».
Uriel scosse il capo. «Portare alla rovina il sistema? Non vi
sembra di esagerare?»
«Il turco non comprende proprio» rise Chris. Si avvicinò agli
imputati, tenuto sotto controllo dalle guardie. «Devo ricordarti che
Raziel ha un’umana per cameriera e che ora, a causa vostra e dei
vostri amici cornuti, è a conoscenza della nostra esistenza e
dell’identità di ognuno di voi?»
Il pubblico ammutolì.
Dunne era fiero di aver zittito tutti quanti: gli umani dovevano
restare al di fuori degli affari angelici e demoniaci e vivere credendo
di essere gli unici esseri viventi intelligenti e superiori. Una delle
prime e più importanti regole del Patto.
I cittadini ripresero a parlare. «A quante persone lo avrà detto
l’umana?» era la domanda più comune. «Quanto tempo ci vorrà
prima che la notizia venga divulgata?» Qualcuno, invece, restava
positivo, certo che pochi esseri umani in tutta la Terra ci avrebbero
creduto.
Il Serafino approfittò del brusio in crescita, si avvicinò al volto di
Raziel e sibilò: «Vi schiaccerò a uno a uno, farò lo stesso con i vostri
amici infernali e la tua puttana francese, così eviteremo che si venga
a sapere di noi».
L’Arcangelo smise di pensare.
Lo colpì con una testata sul naso, lasciandolo stordito e
sanguinante.
Un boato riempì l’arena.
Chris portò una mano sotto le narici e si lasciò scappare un breve
ghigno divertito. Proprio ciò che voleva. Scattò in avanti e saltò
sopra il banco dell’imputato, colpendolo in viso con un destro
micidiale che mandò Raziel a terra.
La rissa era iniziata.
Le Dominazioni scattarono in piedi imponendo l’ordine, ma
nessuno le considerò.
Michael non aspettava altro, lo stesso fu per Gabriel che ben
volentieri raggiunse Dunne e gli sferrò una seconda testata, imitando
il collega.
Uriel si allontanò dalla postazione per andare a bloccare il
Serafino, ma si trovò immischiato nella zuffa senza volerlo. Gli arrivò
una ginocchiata sullo stomaco che lo fece piegare in avanti.
Lo stesso gruppo di Serafini corse a dare manforte al compagno.
«Siete quattro contro uno, bastardi!» disse Kazel menando un
pugno in faccia a Michael seguito da un altro che colpì Uriel su un
fianco.
Le voci dei giudici quasi assordarono gli spalti, ma nessuno dei
partecipanti alla zuffa parve sentirle.
La situazione era degenerata in meno di cinque minuti e la platea
tifava i favoriti come fossero a uno scontro di boxe di gruppo.
Fu però uno schizzo di sangue sulla tunica della Dominazione più
giovane a far perdere loro la pazienza: era stato raggiunto il limite.
I tre sollevarono le braccia all’unisono. I rabbiosi e agitati Arcangeli
e Serafini vennero sorpresi da una invisibile forza che li costrinse a
fermarsi di colpo. Ogni muscolo si era irrigidito e quasi fecero fatica
a respirare, costretti a una semi apnea. Potevano solo muovere gli
occhi, spostare lo sguardo febbrile e agitato per trovare la causa del
loro stato.
Nessuno spettatore ebbe più il coraggio di parlare. Nessuno aveva
mai visto le Dominazioni così furiose, tantomeno si era mai vista una
scena simile in tribunale.
«È una vergogna!» gridò il giudice più anziano. «Questo è un
luogo in cui calma e serietà sono le parole d’ordine. Dove credete di
essere?»
I presi in causa non poterono far altro che ascoltare.
«Verrete puniti tutti quanti, e non importa che siate Serafini o
Arcangeli. La vostra condotta è stata deplorevole, un errore che
segnerà di certo in negativo la carriera di ognuno di voi. Decideremo
le vostre condanne in separata sede» affermò con tono grave. «Ci
aggiorniamo tra ventiquattro ore. Allo scadere saprete quale sarà la
vostra sorte».
La Dominazione donna aggiunse: «Ora libereremo i vostri corpi
così sarete in grado di muovervi per essere scortati nelle segrete. Vi
avverto: nessun passo falso».
Entrarono in aula una decina di Potestà con nuove manette per i
Serafini. Come promesso, a tutti venne concessa la libertà di
movimento e vennero scortati fino al DEM.
II
III
«Un padre che maltratta i propri figli non è degno di tale nome e
voi siete tutti figli suoi. Ma è giunto il momento di impugnare le armi
e digrignare i denti, è giunto il momento per voi di riprendere in mano
le vostre vite e la vostra terra!»
Un grido di assenso si levò dalla folla, così alto e potente da far
vibrare le vetrate del castello.
Erano in visibilio, entusiasti, carichi.
Lucifer strinse i pugni.
II
III
II
«Ti ho già detto che non sopporto quando mi fissi» sbottò Odry
rompendo il silenzio. La cena era terminata da qualche ora, ma lei
non si era mossa dal tavolo e Satan stava finendo di riporre i piatti
appena lavati dentro lo sgocciolatoio.
«E io ti ho già detto che non posso farci nulla». Il demone sospirò
scuotendo il capo con dissenso. «Sono preoccupato, non puoi
impedirmi di esserlo».
«Non fissarmi. Punto». Risentita si alzò per prendersi da bere.
«D’accordo. Scusa». Satan si asciugò le mani e riappese il
canovaccio al gancio accanto al lavabo. Si voltò mantenendo lo
sguardo basso, poi si sedette a tavola. Di sottecchi osservò la spilla
appuntata alla maglia dell’amica, poi si sentì in difetto e si concentrò
sull’orologio da parete: erano le nove di sera. «Odry… ti va di
parlare?»
«No» borbottò lei. Chiuse il frigo e stappò una bottiglia di birra.
«Non prendermi in giro, dai… Ti conosco molto bene, so che vuoi,
te lo leggo negli occhi. Inoltre non abbiamo più avuto modo di stare
insieme, da soli, come abbiamo sempre fatto. Ti osservo e…»
«E infatti mi dai fastidio». Odry gli riservò un’occhiata risentita, ma
tornò a sedersi di fronte a lui.
«Finiscila e fammi finire». La rossa aggrottò le sopracciglia, ma
non osò ribattere. «Come dicevo, ti osservo. L’ho capito che non
smetti mai di pensare a Zachary, è una cosa continua. Quando
invece pensi di essere sola, vedo che con i droni segui Balthazar da
lontano senza mai provare a contattarlo. Perché non vuoi avere un
dialogo nemmeno con lui?»
«Non sono affari tuoi di come mi sento e cosa penso, quindi esci
dalla mia testa, manipolatore del cazzo».
La delusione nel volto di Satan fu evidente. «Se insultarmi ti farà
sentire meglio, fa’ pure, ma non puoi continuare a comportarti in
questo modo. Sto cercando di aiutarti».
Odry non rispose, prese un lungo sorso dalla bottiglia. “Riesce
sempre a farmi sentire in colpa” pensò.
«Io ti sono vicino e lo sarò sempre. Sai molto bene che su di me
puoi fare affidamento. Sono preoccupato per te, tutti lo siamo.
Eppure, nessuno si espone più perché allontani chiunque».
«Cosa dovrei risponderti? Anzi, rettifico, cosa vorresti che ti
rispondessi? Che vorrei staccare la spina perché non riesco a
vivere? Ho paura di non poter continuare così».
Satan annuì come se avesse immaginato una risposta del genere.
«Vorrei che ti aprissi con me. Certo, non è un obbligo, ma sfogarti ti
farebbe bene e ti invito a continuare. Parlami di questo: perché non
riesci a vivere?»
Odry si sporse verso di lui rabbiosa. «Davvero non riesci a
capirlo? Ti sembra vita, questa? Da quanto siamo fuggitivi? Sono
passati quattro mesi».
«Non sono mica un’estensione del tuo cervello per capirti a fondo,
per questo sto chiedendo» fece spallucce e la indicò. «Tu reagisci in
un modo, io in un altro. Sto male anch’io, mi sento inutile e
impotente, mi sento un peso per Ania, per gli Arcangeli… Tu soffri
anche per aver scoperto di avere un padre e un fratello di sangue,
ma soprattutto per un fratello che ha tradito tutti noi e te in primo
luogo. È proprio di questo che vorrei tu parlassi». Sorrise mesto. «Ti
sei sempre esposta. Fossi stata la Odry di un tempo ti saresti
comunque messa in comunicazione con loro, in un modo o nell’altro.
Stavolta invece qualcosa ti frena».
Odry si irrigidì, strinse la presa sulla bottiglia. «Io voglio essere
libera, Satan. Voglio vivere in tranquillità, mentre avere un contatto
con loro implicherebbe la nascita di un milione di altri problemi! Ecco
cosa mi frena!»
«Non posso darti torto» ammise lui «ma cosa faresti se avessi la
possibilità di entrare in contatto con Zachary?»
«A parte ucciderlo?» Odry tamburellò le dita sul tavolo e si agitò
sulla sedia.
Satan colse al volo i segni di disagio ma attese. Lo sguardo
puntato sul volto dell’amica ogni tanto, però, cadeva sulla spilla.
La demonessa si morse le labbra. «Non so cosa farei se lo
vedessi, vorrei chiedergli così tante cose da non saper dare voce a
nessuna di esse. Per esempio, vorrei chiedergli come è
sopravvissuto da bambino. O se… prova le stesse cose che provo
io».
Il rosso notò l’imbarazzo sul suo volto. Non commentò: doveva
essere già abbastanza difficile per lei aprirsi e ammettere quelle
cose, prima di tutto a se stessa.
«Vorrei chiedere perché il suo fuoco è così diverso dal mio,
scoprire se oltre a ciò ci sono altre differenze tra noi. A volte penso
che in quei giorni avrei potuto avvicinarmi di più a lui» sorrise al
pensiero di quella possibilità «e chissà se la nostra vicinanza
avrebbe potuto fargli cambiare idea sul suo piano».
Satan sorrise di rimando.
«Comunque vorrei avere delle risposte, anche se magari lui non
può darmele. Non so…» Odry sospirò.
Il demone poggiò gli avambracci sul tavolo, sporgendosi nella sua
direzione come stesse entrando in una confidenza. «Le parole
verrebbero da sé. E mi dispiace per il fatto che proprio lui si sia
comportato in quel modo. Sarebbe bello
se fosse sotto il giogo di Lucifer, no? Se avesse agito in quel
modo perché costretto, così voi avreste la possibilità di
conoscervi…»
Lei continuò la frase: «E magari avere il bel rapporto che Vicky ha
con le sorelle».
«Tutto questo, però, potresti averlo con Balthazar…»
Satan la vide sussultare e immaginò che il solo udire quel nome le
avesse fatto attorcigliare le budella. «Balthazar… ancora fatico a
crederci». Si passò le mani sul viso strofinando con forza. «Tutta
questa faccenda è assurda, cos’altro capiterà domani? Ci sono altre
cose che devo scoprire? Non ce la faccio più».
Il pesante sospiro dell’amico la costrinse a guardarlo: il volto
marcato da un sorriso pieno di tenerezza. «Odry…» disse lui
«perché stai sviando il discorso? Dovresti davvero provare a
interagire con lui. Quando tutto questo finirà, potrai avere una vera
famiglia. La tua famiglia. Non sprecare l’occasione, tu che puoi…»
«Io che posso cosa, Satan? Chissà se mai potrò fare qualcosa!
Contattare Balthazar per dirgli: “Ciao papà, ti va di essere una
famiglia felice?” Mi prendi per il culo? C’è una crepa immensa tra noi
ormai e non so se riusciremo mai a richiuderla».
«Ti manca molto?»
«Ogni minuto». Odry fu lapidaria, distolse lo sguardo scacciando
una lacrima con il dito.
«Penso che anche a lui tu manchi tanto e non credo che la crepa
che sostieni esserci sia così reale. In verità – permettimi di dirtelo –
ultimamente ti crei problemi per cose inutili. Sono sicuro che vi
rivedrete presto».
Odry non rispose, restò con la testa voltata dal lato opposto, un
gomito poggiato sullo schienale della sedia mentre con la mano
scacciava via le lacrime in un sostenuto silenzio.
Avrebbe voluto rivedere Balthazar, questo sì. Eppure una brutta
sensazione non l’aveva mai abbandonata, soprattutto nell’ultimo
periodo, e questa le sussurrava che no, non si sarebbero mai più
rivisti.
16 febbraio 2012 d.C.
Baraccopoli, 20° Distretto – Confine della Capitale, Inferno
II
Belial era seduto sul divano da almeno due ore. Non aveva
dormito e non aveva fatto colazione tanto era agitato. “Fammi
scendere prima che impazzisca” pensò, in realtà rivolto a Odry.
Guardò il generatore che emetteva un continuo ronzio, diventato
ormai parte integrante della quotidianità. Poi, di sottecchi, osservò la
demonessa.
Quella scolò in un sol colpo il rum corretto con un poco di
caffèlatte, poi aprì un piccolo sportello laterale del marchingegno
rumoroso e iniziò a trafficare con alcuni cavi. «Come ho detto ieri, la
carica reggerà solo due viaggi: andata e ritorno. Usa il nostro
collegamento solo se dovessi renderti conto che il piano non può
essere portato a termine. Non dovrai lasciare nulla indietro. Per
ridurre al minimo i danni, dovrai prima immergerti e versare l’Etere in
un secondo momento; rompi la provetta, stappala, fa’ come vuoi.
Comunque comunicheremo tramite questo» gli consegnò un
auricolare. «Toccalo due volte per aprire la chiamata, un solo tocco
per chiuderla. Chiaro?»
Belial annuí, inserì l’auricolare e prese un respiro profondo.
La tensione tra loro era ancora palpabile. Non una parola in più
venne pronunciata. A stento si scambiarono uno sguardo.
Satan li raggiunse, anche lui a corto di sonno e assai angosciato.
«Sicura che funzionerà?»
La rossa rimase in silenzio per diversi secondi, poi ammise: «Non
sono ancora riuscita a collaudarlo».
«Quindi potrebbe anche non funzionare?» sbottò l’amico.
Odry non rispose, la sua espressione era tutt’altro che
rassicurante. Si limitò ad avvicinarsi al pc portatile poggiato sul
divano, accanto a Belial, e a impostare le coordinate. Poi sollevò il
generatore e raggiunse il cortile retrostante della villa, poggiandolo
sull’erba, al centro. Accese i convertitori che azionarono il
movimento di generazione delle onde quantiche per attivare il
portale, il quale si materializzò poco distante dal marchingegno e
iniziò a vorticare lento per poi acquisire maggiore velocità e intensità,
illuminando l’erba e le piante circostanti con la sua luce violacea.
Belial e Satan l’avevano seguita.
«Tra pochi istanti saremo pronti» annunciò lei.
Il rosso si voltò verso il ragazzo, lo guardò per un attimo e poi lo
strinse con impeto. «Ti prego, fa’ attenzione» e il giovane rispose
alla stretta con un leggero imbarazzo.
Odry nemmeno lo guardò.
Una volta dato il via, entrò nel portale per non prolungare l’ansia
che lo corrodeva.
«Ti prego, dimmi che lo riporterai a casa tutto intero» disse Satan
avvicinandosi a Odry che annuì piano, ribattendo con ironia: «Abbi
fede».
II
III
II
III
Lesse una alla volta le lettere contenute nel primo cerchio esterno.
“Balthael” pensò. “Ma non è più questo il tuo nome”.
Studiò linee e simboli per capire da dove iniziare. Prese il gessetto
e lo rigirò tra le dita macchiandole di rosso, poi si chinò poggiando
sui talloni e con cautela iniziò a tracciare il primo cerchio. Si accertò
fosse abbastanza grande da poter contenere tutti gli elementi
previsti in maniera chiara e continuò.
La concentrazione venne spezzata più volte dal timore di come si
sarebbero potuti evolvere i fatti. Anche solo averci provato l’avrebbe
messo nei guai. “Tanto vale andare fino in fondo” si consolò.
Il foglio si agitava sotto la forza del vento e l’Arcangelo dovette
bloccarlo a terra con la mano libera e la punta della scarpa. Ebbe
non poche difficoltà a terminare il sigillo a causa della scarsa
illuminazione: le nuvole erano aumentate e avevano coperto quasi
del tutto il sottile spicchio di luna.
“Ora viene la parte complicata” pensò. Girò il foglio e diede una
fugace occhiata alle frasi scritte di suo pugno alcuni giorni prima.
Avrebbe solo dovuto leggerle. In realtà la parte complicata sarebbe
stata andare contro ciò che aveva sempre difeso con onore.
Ma per Cassiel avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Espose il testo alla scarsa luce, sforzò la vista e si schiarì la gola.
«Per la tromba dell’Apocalisse, ai tuoi piedi, Balthael, deponiamo il
terribile bacio, in lode di tutte le tue iniquità». Rabbrividì. «Dacci la
tentazione immorale, ogni sorta di condanna e il potere immenso di
giudicare».
Raphael alzò lo sguardo e rimase in attesa. Attorno non vi era
altro che silenzio, si abbassò di nuovo sul testo accertandosi di
averlo letto in maniera corretta.
Mancava l’ultimo tocco.
Evocò il fioretto e con la punta si ferì il palmo della mano,
abbastanza in profondità da far colare sei gocce di sangue al centro
del sigillo, che s’illuminò. Ripiegò in tutta fretta il documento, lo
ripose in tasca e lo stesso fece col gessetto. Deglutì, mentre le linee
da lui tracciate iniziarono a pulsare.
L’aria si riempì di un vociare grave, un tono che gli ricordò antiche
preghiere di monaci. “No, non sono voci” ragionò dopo un attimo di
attenzione. “È un ronzio. Sono mosche”.
Il fugace bagliore dell’arma che veniva riportata indietro e quello
del cerchio rischiararono una figura in piedi dall’altra parte del ponte.
Balthazar lo squadrò da capo a piedi, tra le dita di una mano
teneva un sigaro, l’altra era in tasca. Indossava un completo prugna
gessato e un foulard nero abbinato a scarpe e guanti in pelle.
Raphael aggrottò la fronte, ce l’aveva fatta. E mentre estraeva una
garza con la quale bloccare il flusso di sangue, osservava il demone
venire verso di lui.
«Raphael» disse l’altro in finto tono amichevole. «Vedo che hai
cambiato corpo nel corso di questi millenni».
«Tu, invece, hai mantenuto lo stesso, Balthael. Ma ti trovo bene».
Il sorriso del demone s’indebolì e lo sguardo divenne sprezzante.
«Mi chiamo diversamente, dovresti saperlo».
Erano passati cinque secoli e Balthael non aveva fatto altro che
vagare senza meta in cerca di cibo e acqua. La voglia di vivere non
si era mai spenta. Aveva iniziato a nascondersi da belve pronte a
cibarsi di lui e da uomini che cercavano di ucciderlo appena lo
vedevano.
L’aspetto era mutato, il risentimento e l’odio l’avevano reso un
essere diverso.
La pelle, putrefatta in parecchi punti, era infestata di mosche ed
emanava un forte odore di decomposizione. Tempo addietro era
riuscito, con grande forza di volontà, a raddrizzare il bacino e a
fissarlo, ma aveva impiegato tanto per riprendere a camminare. Il
busto ormai era flesso in avanti, la schiena curva, una gamba
doveva essere trascinata.
Spesso aveva ragionato sul senso di quella vita che detestava, di
un’esistenza fatta di sopravvivenza, senza scopo. Un angelo che di
divino non aveva più nulla. Un essere che non poteva vivere e non
aveva il permesso di morire.
Aveva ragionato anche sulla morte, un desiderio così ardente da
farlo piangere ogni notte. Ma lo stesso Dio che l’aveva cacciato, gli
impediva di raggiungerla.
Eppure, sarebbe stata l’unica gioia.
Chris trascinò Agatha fino alla porta di servizio e lì, per evitare che
le sue grida attirassero l’attenzione degli ultimi impiegati rimasti al
DEM, con un calcio nello stomaco la fece tacere. Salì le scale
ignorando i lamenti di dolore della succube e giunto al pian terreno
passò per il giardino, raggiungendo l’uscita secondaria.
«Questa è la via che hai utilizzato per aiutare i tuoi amici demoni,
giusto?»
Quel tono terrorizzò Agatha che prese a piagnucolare.
Chris sapeva molto bene quali strade e vicoli prendere per evitare
le zone ancora vive nonostante l’ora tarda. Sapeva anche come
agire nel caso in cui qualche sfortunato l’avesse visto.
«Papà ti prego…»
«Non osare chiamarmi così, non sono più tuo padre!» con uno
strattone le intimò di seguirlo, infastidito dall’incedere sofferente ma
lei a stento si reggeva in piedi. «Cammina!» le ringhiò.
Procedettero fino a uscire da Sila, oltrepassare la barriera di Etere
e quella delle grandiose statue bianche.
Agatha piangeva supplicandolo di risparmiarla. Aveva capito cosa
intendeva fare ed era certa che a ciò non sarebbe sopravvissuta.
Di fronte a loro, attraversata da una patina di Etere che ne
delimitava il confine, vi era il Pozzo dell’Infedele, la voragine
provocata da Lucifer durante la caduta.
Dunne la spinse a terra e il volto della ragazza si ritrovò a un
millimetro da quel buco terribile.
Lei si voltò un istante, si specchiò negli occhi crudeli di Chris che
la sovrastava e in quel breve attimo comprese quanto troppo in là si
fosse spinta. «Papà» ripetè a mezza voce; staccarsi dal suo sguardo
le era impossibile. Sarebbe voluta scappare, ma era pietrificata dal
terrore.
Chris avanzò minaccioso. «Vai all’Inferno».
L’afferrò per i fianchi e la gettò nel Pozzo.
Le grida della ragazza vennero inghiottite dal vuoto.
II
III
II
III
II
III
«Devi essere certo di ciò che fai, te l’ho detto mille volte! Ormai hai
diciassette anni, quando lo capirai?» Karasi era furiosa.
Zachary provava e riprovava a controllare i turbini di fuoco. La
donna gli aveva insegnato la nuova tecnica una settimana prima e a
lui sembrava la cosa più complicata che avesse mai fatto nella vita.
Lei aveva mantenuto la sua parola, tenendolo con sé e
insegnandogli negli anni come controllare e usare il proprio potere. Il
tutto mentre si spostavano come nomadi.
Gli aveva rivelato la sua vera natura e la sua identità: era una
potente sciamana e padroneggiava la magia antica dei vecchi
Korkur – un ordine sacerdotale ormai estinto –, un potere con il
quale era riuscita a mettersi in salvo in centinaia di situazioni. Aveva
passato quattrocento anni a nascondersi da qualcuno, ma non gli
aveva mai rivelato di chi si trattasse.
E non aveva mai perso tempo a rinfacciargli quanto per lei, a
volte, lui fosse un problema.
Il ragazzino, infatti, attirava l’attenzione a causa del colore dei
capelli, una particolare sfumatura di rosso caratteristica del popolo
della Nura, decimato diciassette anni prima. Ma non solo. Gli
incidenti col fuoco che spesso, a causa di emozioni forti, gli erano
capitati, avevano insospettito gli abitanti di ogni villaggio o paese nei
pressi dei quali si accampavano. Quella volta avevano trovato un
posticino sicuro in una miniera abbandonata e sarebbe stato difficile
scovarli.
«Possibile che dopo anni ancora tu non abbia capito come
controllare i tuoi attacchi? Mi stai solo facendo perdere tempo!»
incalzò Karasi.
Zachary, capelli lunghi fino alle spalle e mossi, sul viso
un’espressione furiosa, si voltò verso di lei per rispondere in malo
modo col dito puntato nella sua direzione, e per errore fuggì una
fiammata nera a zampilli che lei, con una barriera, evitò. «Scusa, ma
te lo meriti, fai sempre la stronza quando mi alleno!»
«Non sono io la stronza, qui!» La donna si alzò con fare
minaccioso. «Ti alleno da troppo tempo, il tuo fuoco è diventato
oscuro e potente solo grazie alla mia magia, ma non riesci a fare la
metà delle cose che dovresti saper fare. Non mi sorprende che ben
tre famiglie ti abbiano trattato come un rifiuto».
Zachary serrò la mascella. «E a me non sorprende che tu stia
fuggendo da qualcuno che ti vuole morta».
«Senti un po’» Karasi lo afferrò per un orecchio «con chi credi di
avere a che fare? Io ti ho preso perché ho bisogno di te, ho grandi
progetti e anche tu hai bisogno di me. Hai un enorme potenziale, ma
il tuo più grosso difetto è che prendi alla leggera ogni cosa che dico
e non credi abbastanza nelle tue capacità».
Zachary la spinse via, liberandosi. «Nemmeno tu credi in me».
La donna sospirò e mise le mani avanti. «D’accordo, facciamo un
passo indietro. Hai ragione, ho detto qualcosa di orribile: sono
impaurita, ho il timore che ogni giorno ci trovino e possano separarci.
Tu, poi, sei riconoscibile e fai danni ovunque perché non riesci a
controllare te stesso e il tuo potere».
Il ragazzo l’ascoltò, confuso.
«Quindi d’ora in poi proveremo a comportarci in modo diverso. Io
sarò più calma e lavorerò insieme a te sulle tue emozioni; tu, invece,
mi darai retta. Ho più esperienza e ricordati che senza di me saresti
morto di fame in mezzo alla neve molto tempo fa».
Zachary borbottò un insulto e si limitò a quello, conscio di non
avere scelta. Poi la guardò mentre si allontanava per attizzare il
fuoco. Non aveva torto, tutto sommato lo trattava come un figlio e
cercava di aiutarlo e di renderlo più forte. E non riuscì a immaginare
la sua vita senza quella che ormai era diventata per lui quasi una
madre.
Mosse un passo verso di lei, impacciato e mortificato. Si finse
interessato a ciò che faceva, mentre lei lo ignorava. Poi si avvicinò
fino a che a Karasi fu impossibile far finta di nulla.
«Che vuoi?» sbottò la sciamana.
«Non mi hai mai detto da chi scappi. Mi trascini con te in lungo e
in largo, ma non so da chi fuggiamo».
Karasi sbuffò e si sedette su una folta pelliccia piegata più volte.
«Da Capricorno, mio fratello. Mi dà la caccia per essermi opposta a
una pazzia architettata da lui e Asmodeus, un altro fratello.
Capricorno è astuto, si è proprio meritato il titolo di regnante alla
morte di nostro padre. Non mi sorprende che ogni volta siamo a un
soffio dal venire beccati».
«Quale pazzia?» domandò il ragazzo, curioso.
«Non sono affari tuoi». La donna sospirò e Zachary ebbe
l’impressione che volesse dire dell’altro. Infatti, lei aggiunse: «Senti,
è giusto che ti dica il motivo per cui ho deciso di tenerti con me e
allenarti».
Il rosso le si sedette di fronte, senza smettere di fissarla. «Volevi
una guardia del corpo, ci avrei scommesso».
«No, cretino. Te l’ho già detto che è qualcosa di più importante. Tu
sei destinato a molto più di questo, sei destinato al mondo e lui a te.
Ma non quello in cui viviamo; un mondo diverso».
Zachary scoppiò a ridere e smise solo quando venne
schiaffeggiato. «Ascoltami, imbecille!» tuonò la donna, facendogli
abbassare lo sguardo. «È per questo che ti tengo al sicuro, che ti
alleno e ti potenzio. Tu vieni da un popolo che non esiste più, sei un
sopravvissuto, esattamente il sopravvissuto che cercavo da tempo».
Il ragazzo sgranò gli occhi e rabbrividì. Cosa intendeva? Come
richiamato dal proprio potere, si osservò i palmi delle mani, che lei
afferrò con vigore.
«Il fuoco brucia, purifica, unisce. Ti scorre nelle vene da quando
per la prima volta hai riempito d’aria i polmoni, anzi, da molto prima!
Avrai il potere, sarai il potere».
Gli occhi celesti di Zachary brillarono d’eccitazione. Per la prima
volta si sentì parte di qualcosa di grande; assaporò il concetto di
destino, di qualcosa che avrebbe potuto compiere solo lui. Grazie a
poche parole si sentì speciale e unico. Tremava.
«Ma prima di ottenere tutto questo, prima di compiere la missione
per cui sei nato, dovrai uccidere una persona».
Il demone si bloccò. Uccidere qualcuno? Come avrebbe potuto?
La paura lo pervase, ma non glielo diede a vedere: voleva renderla
fiera. Quindi si fece coraggio e annuì, ricambiò la stretta delle mani e
la guardò così intensamente da renderla orgogliosa. Percepì un
nuovo calore, una nuova scintilla di vita. «Dimmi cosa devo fare».
II
III
Passi veloci, agitati. Voci infervorate fuori dalla villa a Notting Hill.
Tutto ciò attirò l’attenzione dei presenti in casa.
Karen si era appena alzata per portare i piatti sporchi in cucina,
quando quei rumori la fecero voltare di scatto verso l’ingresso; gli
altri lo stesso.
«Aiutateci!»
Satan scattò in piedi e corse ad aprire, dietro di lui Raphael. Gli
bastò abbassare la maniglia per venire travolto da tutti gli Arcangeli.
Saltò all’occhio Michael che imbracciava due spade, ferito e con le
ali percorse da piccoli spasmi, aiutato da Uriel che lo invitò a
distendersi sul divano. Anche il turco perdeva sangue, così come
Mathael, anch’essa dagli arti piumati. Raziel era nervoso e pesto e la
sua comparsa fu seguita dal rumore di piatti in frantumi. Karen gli si
sarebbe gettata addosso se solo fosse stato meno malmesso.
L’ultimo a entrare, e chiudere la porta, fu Barakiel che rimase in
disparte mentre tutti si preoccupavano per i feriti.
Gabriel lo osservava, cupo: l’abbigliamento che indossava era
rimasto indietro di millenni a causa dell’isolamento. La tunica bianca
dalle maniche larghe, impreziosita da cuciture e merletti argentati,
era lunga fino a coprire i piedi e stretta in vita da una fusciacca
abbinata.
Raphael si avvicinò a Michael. «È stato Chris?»
«Lui e i suoi amici» rispose Uriel.
Satan portò le mani tra i capelli, incredulo. «Come avete fatto a
scappare?» Tastò Mathael con attenzione per accertarsi che non
avesse ferite gravi.
«Michael ha tenuto occupato Chris, Raziel ha fatto lo stesso con
Yovus e Holian» rispose lei «ma senza Barakiel non ci saremmo mai
riusciti» e il demone, di tutta risposta e visibilmente preoccupato, la
strinse facendo attenzione a non farle male, lasciandola senza
parole.
Karen aveva costretto Raziel a sedersi su una poltrona, pronta a
occuparsi personalmente delle medicazioni; la tensione l’ammutoliva
e l’Arcangelo trovò la forza di sorriderle e stringerle una mano.
«Chi è lui?» Vicky si aggregò alla conversazione indicando lo
sconosciuto che, intanto, stava abbottonando la camicia.
«Barakiel, il Cherubino che ha sempre tenuto d’occhio i movimenti
sulla Terra» rispose Michael «e se non vi dispiace avrei bisogno di
attenzioni anche io perché ho crampi alle ali, buchi quasi ovunque e
una mano che mi cadrà da un momento all’altro».
«Raphael si occuperà di te, resisti ancora un pochino». Ania
sbucò da dietro la schiena del francese. Gli si affiancò e gli sistemò i
cuscini per farlo stare comodo creando una nicchia confortevole.
«Non capisco» Odry avanzò grattandosi la fronte. «Voi siete stati
attaccati dai Serafini e nessuno del vostro dipartimento è
intervenuto?»
Barakiel rispose: «I Serafini hanno preso il controllo di tutte le
forze armate del DEM, dopodiché hanno ucciso chiunque e hanno
provato a fare lo stesso con noi».
Gabriel scosse il capo. «Le Dominazioni che facevano?
Dormivano?»
«Sono morte anche loro».
Raphael, Gabriel e Mathael, che non ne erano al corrente,
rimasero scossi dalla notizia.
«Cioè fammi capire. Hanno sterminato l’intero dipartimento e ora
regnano sovrani e incontrastati?» Odry era allucinata.
«Sì, il DEM ora è sotto il loro comando» confermò il Cherubino.
«Dobbiamo trovare il modo di tornare su» convenne Gabriel.
«Calmo, dobbiamo ragionare» lo rimbeccò Raphael, alle prese
con Michael.
«Sì! Andiamo!» ribatté Raziel scattando in piedi, ma ricevette un
colpo sulla spalla da Karen che, agitata, lo costrinse a tornare
seduto.
«Non impiegheranno molto a trovare il nostro nascondiglio per
provare ad ammazzarci» continuò la rossa ricevendo in risposta lo
sguardo crucciato di Satan che non smetteva di stringere Mathael al
petto.
Odry sospirò; tutto le sembrò sul punto di crollare. Non riusciva ad
avere più il controllo di niente. Si passò una mano sulla fronte umida,
la stanza sembrò minuscola e soffocante, la vista le tremava. «Devo
prendere aria» disse allontanandosi a grandi passi.
«Loro non riusciranno a conoscere la nostra posizione» ragionò
Mathael «perché non c’è più Barakiel a localizzarci! Nessuno di loro
ha un potere tale per prendere il suo posto lassù».
«Se vogliono, un modo lo trovano». Gabriel indicò il Cherubino.
«Non si faranno fermare da questo».
Quello confermò «Ne sono certo anch’io. Si inventeranno qualsiasi
cosa pur di risultare credibili e se al DEM andranno nuovi Cherubini
e Arcangeli, non avranno problemi a trovare un sostituto».
Un ricordo entusiasmò Mathael, i suoi occhi brillarono.
«Schneider! Possiamo chiedere aiuto a lui!»
«Chi?» domandò Raphael, perplesso.
«Giusto!» rispose Uriel. «Constantine Schneider è un Serafino del
DEP, il Distretto per l’Equilibrio del Paradiso, ingaggiato dopo la
vostra scomparsa».
«Con uno stile incredibile» aggiunse Michael, debole.
«E come farete a contattarlo se non potete salire in Paradiso?
Immagino voi siate ricercati» considerò Vicky.
«Troveremo un modo di sicuro» dichiarò Uriel, con più speranza
che sicurezza.
«La notizia viaggerà» affermò Raphael «e giungerà anche a quel
Distretto. Alcuni saranno dalla loro parte, ma possiamo sperare in
questo Schneider e nel suo appoggio».
Mathael annuì con fermezza. «Ne sono certa».
«C’è da fidarsi? Insomma, sembra quasi che da voi sia pieno di
despoti e assassini tanto quanto da noi» continuò la succube,
scodinzolando nervosa.
«Di lui sì» precisò la donna angelo. «Voglio fidarmi come avete
fatto voi con noi, senza avere la certezza di svegliarvi sulla Terra o in
Paradiso dietro le sbarre».
La succube ammutolì e Satan strinse con vigore Mathael una
seconda volta. «Sono così felice di vederti e vedere che sei sana e
salva» e Mathael gli sorrise mesta.
Raphael interruppe il discorso rivolgendosi ad Ania: «Recupera
uno straccio da piegare e faglielo mordere».
La ragazza annuì e si allontanò per recuperare l’occorrente. Salì al
piano superiore e prese il primo asciugamano che le capitò a tiro. Lo
arrotolò e lo portò a Michael, imponendogli di mordere forte. Poi si
sedette accanto a lui stringendogli la mano con entrambe le sue e lo
guardò con intensità. «Coraggio».
Raphael iniziò a massaggiargli le ali tremanti e contratte. L’altro
riuscì a resistere alcuni minuti poi iniziò a ringhiare per il dolore, la
rabbia e per essere stato impotente di fronte al massacro al DEM e
aver lasciato che Chris lo riducesse in quello stato.
Era davvero diventato un debole? Durante il combattimento si era
sentito una vera e propria nullità.
Michael, il fiero Arcangelo che aveva cacciato il crudele Lucifer dal
Paradiso. Tutta la fama e la gloria che si portava dietro erano solo
menzogne.
Lo sguardo vagò sulle pareti, evitando quello degli amici. La
vergogna lo stava schiacciando.
Ania gli accarezzò i capelli, percependo il suo stato d’animo.
«Raph fai presto, non ha una bella cera e non vorrei che
svenisse». Vicky si era avvicinata a controllare la situazione e
sorrise a Michael cercando di sdrammatizzare.
Barakiel quasi trasalì, riprendendosi dal suo rispettoso silenzio.
«Abbiamo lasciato tutte le armature all’interno dell’armeria! È un
vero problema non averle dietro».
Mathael si staccò da Satan e si voltò verso il compagno. «Sono
nata previdente e ho nascosto qualcosa a casa di Ania, col suo
consenso».
«A proposito, Mathael, noi abbiamo diversi problemi qui» avanzò
Satan passandosi una mano tra i capelli. «Il generatore non
funziona, Belial è bloccato all’Inferno e non abbiamo idea se sia vivo
o morto».
L’espressione della donna angelo mutò e divenne una smorfia di
orrore. «Come mai Odry non ha ancora aggiustato il generatore?»
Satan sospirò. «Non ci riesce, non… non sta bene».
E Mathael cercò di trovare nel suo sguardo qualche altra
informazione, ma preferì non chiedere oltre notando la
preoccupazione di Satan. «Ne parliamo dopo» rispose quasi
sussurrando.
«Finito» enunciò Raphael «Ora procedo con i fori e i tagli. Michael
te la senti?»
«Sì».
«Posso fare qualcosa per voi?» domandò Barakiel in imbarazzo.
«Ora no. In futuro ci sarai di grande aiuto» rispose il francese.
Raziel, per tutto il tempo, era stato sottoposto alle premurose cure
di Karen. Aveva seguito i discorsi dei presenti, ma poi si era arreso
alla vista dell’umana. Lei aveva disinfettato e coperto le ferite come
se le sue condizioni fossero gravi quanto quelle di Michael.
«Oh Seigneur, merci de l’avoir sauvé[5]» la sentì dire tra sé, ignara
che lui potesse comprendere qualsiasi lingua. «C’est un miracle qu’il
soit encore en vie[6]».
E lui sorrise compiaciuto.
Infine l’aveva seguita fino al terzo piano.
«Può stare nella mia camera» gli disse, sistemando al meglio le
coperte. «Io dormirò con Georgette, nella stanza accanto. Così, se
dovesse avere problemi, potrà chiamarmi senza indugio».
Raziel ringraziò con un cenno del capo mentre lei si apprestava a
svuotare l’armadio, e rispose: «Smetti di essere così formale con
me, pensavo avessi iniziato a darmi del tu dopo il nostro ultimo ballo
in giardino».
Karen fremette, ma non lo guardò. «Non mi ha mai dato il
permesso, io sono la sua governante e…»
«E visto come si son messe le cose, pensavo avessi smesso di
esserlo. Non c’è più una casa, a Budapest, da gestire».
«D’accordo» la francese posò gli abiti sul letto ed estrasse una
valigia da sotto di esso che aprì di fronte al comodino.
«Come ti trovi con queste persone?»
«È come se fossero tutti figli miei, qui non ci si annoia mai:
litigano, urlano, ma sono tutti così divertenti e ci si prende cura a
vicenda». Sistemò con imbarazzo la biancheria nella valigia. «Sto
davvero bene qui».
«Sei sempre stata molto materna». L’Arcangelo sedette ai piedi
del letto ignorando i dolori.
«Chissà se un giorno potrò essere madre».
E lui percepì quanto il fatto di non esserlo le pesasse come un
macigno.
Karen aveva trentadue anni e non aveva costruito nulla di
concreto, possedeva solo un minuscolo appartamento in Francia
lasciatole in eredità dalla madre quando era venuta a mancare.
«Senti, guardami» le disse raggiungendola. Quando lei, sorpresa,
obbedì, lui continuò: «Mi sono sempre posto dei limiti nei tuoi
confronti. L’ho fatto per rispettare la memoria di Ephenael, poi per
tenere ben distinte la vita di un angelo e quella di un’umana,
seguendo così le regole del Trattato. Quando ho iniziato a vedere
che la convivenza tra angeli e demoni poteva essere possibile, mi
son detto: “Perchè non dovrebbe esserlo anche tra angeli e
umani?”» La accarezzò e lei sussultò per la dolcezza e la profonda
calma che non aveva mai esternato prima. «Quando ero in cella ho
sviluppato una consapevolezza che mi ha fatto male, tu nemmeno
sai quanto, ma che mi ha dato anche una forza enorme. Mi son reso
conto di aver perso tempo, di non averti dimostrato prima quanto per
me tu sia meravigliosa, quanto valga la pena infrangere le regole del
Paradiso per te. Mi farei strappare le ali se ciò mi permettesse di
svegliarmi accanto a te ogni giorno».
Karen sentì le lacrime salire con prepotenza, lo sguardo si perse
nella profondità degli occhi neri dell’uomo di fronte a lei.
Come avrebbe potuto vivere con lei? Sarebbe invecchiata,
l’avrebbe lasciato presto.
«Lei è… sei crudele» rispose con voce spezzata. «Lo vedo come
mi guardi da quando sei tornato. È uno sguardo che hai sempre
avuto, certo, ma… sei diverso. E mi fa male. Con gli altri sei
scontroso, con me sei gentile. Non puoi illudermi in questo modo!»
Raziel sollevò le mani sul suo bel volto, ma lei le scansò. «Come
puoi dirmi tutto ciò sapendo che la mia vita sarà breve e insulsa?
Come osi afferrare il mio cuore sapendo che non potrai tenerlo per
sempre? Non voglio che tu stia insieme a una vecchia che non potrà
più camminare da sola. Questa è una cosa che non voglio tu veda».
«Io voglio solo rifarmi una vita degna con una donna degna. E tu
lo sei. Sei perfetta, voglio stare con te, anche a costo di farti da
bastone della vecchiaia, e poi portarti i fiori freschi ogni mattina
quando sarai sotto una lastra di pietra. E anche se dovessi tornare
come angelo o demonessa anziana, ti prenderei lo stesso».
«Non è giusto…»
«Ti prego, non piangere. Accetta questo amore che intende averti
fino all’ultimo respiro. Se me lo impedissero, passerei sui loro
cadaveri. Se mi imprigionassero per starti lontano, mi ribellerei pur di
farmi cacciare. Ma tu guardami negli occhi e dimmi che non mi vuoi,
solo allora mi rassegnerò e ti lascerò vivere come desideri».
Karen aveva amato Raziel anche in presenza dell’ormai defunta
moglie e di certo non si sarebbe mai aspettata che lui potesse
provare qualcosa per lei. Mandò giù un nodo alla gola, accettò il suo
tocco: le mani calde, ruvide a causa delle armi e degli allenamenti,
ma rassicuranti. Non aveva nulla da perdere, soltanto la possibilità di
stare accanto all’uomo che amava.
Gli poggiò le mani sul petto, sfiorò la catenina d’oro col crocifisso.
Chiuse gli occhi, lasciando che le dita dell’Arcangelo affondassero
tra le onde dorate dei suoi capelli, e scendessero sul collo, e giù fino
alle spalle. Gli si fece più vicino, si aggrappò alla stoffa bianca della
canottiera ormai rovinata. Aprì gli occhi.
Raziel le sollevò il mento con un dito; l’altra mano sulla schiena
scendeva ancora, pericolosa. E con un impeto trattenuto da troppo
tempo, la baciò con forza lasciandola senza fiato; lei rispose
stringendolo più che poteva. Gli si aggrappò alle braccia forti, alle
spalle, di nuovo alla canottiera dando l’impressione di volergliela
strappare di dosso e lui seguì quel desiderio levandola. «Ti amo così
tanto» ammise Karen con quel suo adorabile accento.
«Ora ti dimostro quanto ti adoro io».
«Ma potrebbe essere sconveniente, c’è una bambina… E sei
ferito!» balbettò con le guance in fiamme.
«Quindi hai intenzione di gridare?» Raziel sorrise eccitato,
recuperando l’espressione malefica che lo caratterizzava.
Karen non riuscì a rispondere in maniera sensata, era accaldata e
confusa ma poi si lasciò andare alle carezze dell’angelo che si era
fatto più audace. Chiuse gli occhi. Era tanto immersa nella passione
che quando li riaprì si trovò distesa sul letto, sotto di lui, impaziente
di provare il folle piacere che le avrebbe donato. Lo aiutò a spogliarsi
e si fece spogliare, si lasciò baciare ovunque e trattare in un modo
che la faceva sentire dea e preda al tempo stesso. Divaricò le
gambe, rispose a un bacio passionale, spalancò gli occhi quando lo
sentì entrare: le labbra di Raziel erano macchiate del suo rossetto.
Si persero in un turbine di desiderio.
Karen si dimostrò meno pudica del previsto. Spettinata e con il
rossetto disfatto, lo incoraggiava a spingere più forte, lo toccava
bramosa, godendosi fino in fondo il momento. Raziel traeva piacere
da ogni respiro, da ogni curva e morbidezza, dalla sua vista e dal
languido calore. Sentirla gemere in francese non faceva altro che
renderlo più impetuoso.
La passione andava di pari passo con la malinconia che Karen e
Raziel provavano stringendosi tra le braccia. Si appartenevano e
quell’atto d’amore fu un marchio a fuoco sulla pelle, un patto eterno
che sarebbe andato oltre il tempo.
Le parole che Odry gli aveva detto dopo l’esplosione a Istanbul gli
rimbombarono nel cervello. “Sta diventando sempre più forte” pensò
con orrore. Impotente, spostò lo sguardo su Odry: stava riversa a
terra con le mani premute sulla testa.
«Basta, basta, basta non voglio più sentirti, basta!» strillò lei.
L’aria si fece irrespirabile, bollente e pesante. La sabbia intorno a
Odry divenne vetro e l’Arcangelo capì: ciò che sarebbe capitato a
breve non avrebbe potuto paragonarsi a quanto accaduto a Istanbul
o al Quartier Generale.
«Vattene via, ti prego!» gridò in un attimo di lucidità la demonessa,
con gli occhi carichi di lacrime.
Gabriel si rivide nell’affollata abitazione in Turchia, diviso tra il
volerla salvare senza sapere come fare e il voler salvare se stesso
da quella potenza distruttiva.
E per la terza volta fu costretto ad abbandonarla al suo destino.
Si voltò e spiegò le ali per accorrere da quei giovani esposti al
pericolo, ma non fece in tempo: Odry esplose prima, travolgendoli.
Il bagliore fu così forte da illuminare a giorno la spiaggia per
miglia. Vapore caldo si alzò dal mare, entro il perimetro
dell’esplosione, la temperatura divenne insostenibile come dentro un
vulcano. Gli studenti più in là non fecero nemmeno in tempo a
realizzare cosa stesse accadendo.
Gabriel fu costretto a smaterializzarsi.
Attese per un tempo indeterminato tra le nuvole, osservando con
raccapriccio le condizioni in cui versava la spiaggia.
La sabbia era diventata una grande distesa di vetro, non vi erano
corpi carbonizzati, solo polvere. Dall’acqua continuava a uscire un
vapore denso e nervoso. Le rocce della scogliera erano annerite e
roventi.
Odry giaceva inerme.
Gabriel scese a terra; lo strato vetrificato, si rompeva sotto il suo
peso a ogni passo. Le si avvicinò e la prese tra le braccia,
stringendola d’istinto.
Le ambulanze si udirono da lontano: era ora di tornare a casa.
II
Voci.
Erano sconnesse in un primo impatto, ma più il tempo seguiva il
suo corso, più Odry riusciva a distinguerle. Erano due, entrambe dal
tono preoccupato.
Riconobbe la prima come quella di Satan e la seconda come
quella di Vicky.
«Sono tre giorni che dorme».
«Lascia che dorma, se lo merita».
“Sono a casa?” Odry cercò di muoversi, ma le lenzuola
sembravano pesare come massi sul suo corpo. Provò ad aprire gli
occhi e, nonostante la camera fosse al buio, lo spiraglio di luce
proveniente dal corridoio la infastidì. Era da sola, di certo gli amici
erano fuori dalla stanza. Portò una mano alla testa, le doleva da
impazzire ma, stranamente, era silenziosa. Tentò una seconda volta
di muoversi, riuscì a mettersi seduta e una forte nausea la fece
barcollare. Chiuse gli occhi compiendo profondi respiri per
controllare i conati e spostò le coperte per alzarsi; cadde in
ginocchio e il rumore allarmò chi stava dietro alla porta.
«Vado a chiamare Raphael e Gabriel» disse Vicky, correndo giù
dalle scale.
Satan aprì piano e le andò in aiuto, sorreggendola tra le braccia.
«Sei a digiuno e non sei in forze, non dovresti muoverti» le disse
accarezzandole i capelli, ma Odry scosse il capo.
«Perché sono qui?»
Satan ringraziò lo stordimento dell’amica che le impedì di notare la
sua espressione preoccupata. Non rispose, in effetti non aveva idea
di cosa dirle.
Raphael li raggiunse pochi attimi dopo. Odry ebbe il tempo di udire
solo la sua voce: un capogiro più forte degli altri le fece perdere di
nuovo i sensi.
Si risvegliò dopo quattro ore, distesa nel letto, le coperte fino al
bacino. Raphael era seduto accanto a lei. Una stretta intorno al
braccio le fece intuire che l’Arcangelo le stava misurando la
pressione. Le parlò, ma la voce le giunse ovattata.
«Che cosa mi è successo?» domandò flebile.
«Sei debole, poi ti spiego» si limitò a rispondere il francese; Odry
annuì qualche secondo in ritardo. «Ti va di andare nel caminetto?»
propose lui.
«Prima voglio sapere che cosa mi è accaduto».
«Hai perso il controllo delle tue facoltà, poi i sensi e hai dormito
per tre giorni».
«…cosa?» quella notizia la svegliò quasi del tutto. «Io non ricordo
nulla».
«È normale» ribatté Raphael alzandosi e facendosi da parte.
«Deve essere stato traumatico. Ora andiamo in soggiorno: il camino
è già acceso».
Gabriel comparve nel campo visivo della demonessa, taciturno. La
prese in braccio e la portò fuori dalla stanza. Il francese al seguito.
La luce le fece male e nascose il viso contro il petto
dell’Arcangelo, la testa le doleva a ogni passo compiuto da Gabriel e
quando furono al pian terreno tutti ammutolirono.
Satan spense il televisore, che dalla mattina presto mandava in
onda le immagini terribili di quanto successo alla spiaggia. Cercò di
sorriderle. «Ti ho fatto qualcosa da mangiare immagino tu sia
affamata».
Odry scosse il capo.
«Uscite tutti» ordinò Raphael e nessuno osò ribattere.
La stanza si svuotò e lei venne posizionata accanto alla brace; da
sola entrò tra le fiamme. Gabriel si spostò in un angolo del soggiorno
a osservare.
L’altro Arcangelo si sedette su una poltrona, in attesa che lei fosse
in grado di parlare e pensare a mente lucida.
Lo stesso fece Satan che, mordendosi le labbra, si accomodò
poco distante da Raphael.
«Non sopporto questo silenzio, abbiate il coraggio di dirmi ciò che
è successo». Rabbiosa, Odry puntò lo sguardo di cristallo su ognuno
di loro.
«Sei scappata e Cooper ti ha raggiunta» spiegò Blanchett. «Avete
litigato, hai perso il controllo, hai preso fuoco e sei esplosa».
«Come a Istanbul» aggiunse Satan.
«Molto peggio di Istanbul» precisò Gabriel.
Odry strinse i pugni e alzò la voce, disperata. «Lo sapevo, sapevo
che sarebbe successo! Per questo me n’ero andata!»
«Ti prego calmati, non ti fa bene questo stato d’animo» provò
pacato Satan, ma Odry ormai era partita.
«Lo sapevo che non potevo stare con voi, è pericoloso e mi avete
chiuso qui ancora una volta. Siete pazzi?»
Il fuoco avvampò bruciando le frange del tappeto che Satan si
affrettò a spegnere con il piede. «Gabriel ti ha portata qui perché ha
avuto paura che morissi o peggio… avrebbero potuto trovarti altre
persone. Siamo in bilico, senza certezze e ha voluto portarti al
sicuro».
«Ma voi non siete al sicuro!»
«A proposito di questo… c’è una cosa che non avrei mai voluto
arrivare a fare, ma viste le circostanze sono costretto». Satan mise
una mano in tasca ed estrasse un piccolo dispositivo.
Sia Odry che Raphael e Gabriel lo osservarono con un misto di
timore e curiosità.
«Mi dispiace Odry, non odiarmi ma è per il bene di tutti».
«Che cosa vuoi fare?» gli domandò.
La risposta arrivò presto.
La collanina che le aveva regalato si animò: prima la catenella
divenne più spessa e più robusta, poi si accorciò scomparendo
all’interno del ciondolo, stringendole il collo.
Odry portò le mani tremanti sul metallo freddo. «Mi hai messo…
mi hai messo un collare? Come cazzo ti permetti?!» strillò.
«Toglimelo subito!»
«Non posso, è per il bene di tutti». Satan si accigliò, mortificato.
Raphael e Gabriel si irrigidirono per la sorpresa. Solo quest’ultimo
riuscì a fare un passo in avanti per comprendere meglio. «Che
diavolo è quella roba?»
Satan sospirò. «Ho commissionato questo collare a un artigiano
del Kokilon di Londra – senza farmi riconoscere – dopo che siete
tornati dal Quartier Generale. Ci sono voluti diversi mesi per metterlo
a punto: serve per impedirle di perdere il controllo, è dotato di
rilevatori in grado di resistere ad altissime temperature e rilasciare,
quando necessario, una scarica elettrica in grado di metterla fuori
gioco e impedirle di esplodere».
«Lurido figlio di puttana!» Odry si lanciò fuori dal camino con la
chiara intenzione di mettergli le mani al collo, ma una scarica le
percorse il corpo facendola cadere in ginocchio col fiato mozzo e
spasmi alle articolazioni. «Ti ammazzo, ti ammazzo Satan, giuro che
ti ammazzo» sibilò.
«Mi dispiace, ma qui ci sono persone ferite, altre non sono in
grado di difendersi e c’è una bambina. Io devo poter proteggere tutti
loro».
Un pugno di Gabriel gli sfiorò il volto, Raphael aveva trattenuto il
collega giusto in tempo. «Si fidava di te! Ma che cazzo ti dice il
cervello?!»
«Ragiona Gabriel! Questa casa è composta per il settanta
percento di legno e noi stiamo vivendo con una bomba pronta a
esplodere! C’è una bambina qui e a prescindere nessuno di noi è
abbastanza potente da potersi proteggere da lei». Il demone si alzò
in piedi affrontandolo. «Tu eri lì, hai visto quello che ha fatto: il mare
è evaporato, i pesci sono morti, quasi tutta la sabbia è diventata
vetro e quindici innocenti sono stati ridotti in cenere!»
Gabriel non poté controbattere.
Odry spalancò gli occhi. Con le poche forze recuperate si alzò e a
grandi passi raggiunse le scale dove tutti stavano origliando.
«Levatevi di torno!» sbottò, spingendo chiunque avesse davanti per
farsi strada. «Per me siete morti! Tu più di tutti» sibilò contro Satan.
Vicky le corse dietro seguita da Uriel e Michael, Gabriel provò a
raggiungerla, ma Raphael ordinò a gran voce, prima che qualcuno
potesse anche solo sfiorarle una spalla. «Basta! Dovete lasciarla in
pace una volta per tutte». Si voltò verso Gabriel che lo guardava con
rabbia. «Soprattutto tu, perché se è successo ciò che è successo è
anche a causa della vostra litigata».
«Sarebbe esplosa lo stesso» si intromise Mathael.
«Non lo puoi sapere» ribatté il francese. «Forse le sarebbe
bastata qualche ora in riva al mare per rilassare i nervi».
Gabriel lo spinse e tutti, d’istinto, indietreggiarono. «Si sarebbe
calmata come? Da sola con i suoi pensieri e con quella voce nella
testa che la sta facendo impazzire?»
«Non osare più toccarmi con un solo dito, ti avverto».
«Raphael ha ragione!» Vicky mosse qualche passo in avanti.
«Ha subìto una grossa dose di stress occupandosi di mille cose e
sapere che Belial non riesce a tornare la corrode nel profondo.
Anche se te la prendi con lui non sistemerai le cose!» la succube si
accostò al francese e diede una spinta a Gabriel.
«Quale voce? Di quale voce state parlando?» s’intromise Satan
allarmato e infastidito dalla rivelazione.
«Come? Non lo sai?» Gabriel ignorò Vicky avvicinandosi di più,
quasi schiacciandola contro Raphael. «È da mesi ormai che una
voce le urla nel cervello e le impedisce di dormire».
Satan si voltò verso Raphael. «Tu lo sapevi… lei te l’ha confidato
e non hai detto nulla, di’ la verità».
«Avrei dovuto dirlo per ottenere cosa? Uno scimmione apprensivo
sempre incollato a lei e un ansioso patologico che le gira intorno e la
fa stare peggio?»
Anche Satan diede in escandescenze e colpì Raphael sullo
zigomo. «Tu sapevi e non hai parlato! Ci hai tenuto all’oscuro di
tutto, potevamo morire!» gridò provando a colpirlo ancora ma Vicky
lo spinse con forza. «Non toccarlo!»
Uriel si avvicinò per dare manforte alla succube e provare a far
ragionare Raphael. «Non siamo bambini, avremmo potuto discutere
come persone civili della situazione, se qualcuno avesse parlato».
«Tu ragioni da persona matura» rispose il francese
massaggiandosi la guancia dolente «ma qui c’è chi perderebbe il
controllo, facendosi sopraffare dall’ansia e dalla paura».
«Sei stato meschino, Raphael, meritavamo di essere messi a
conoscenza di una simile condizione. È addirittura peggio di quanto
pensassi!» Satan aprì le braccia facendole ricadere sui fianchi. «Ma
dopotutto a te che doveva importare? Tu non vivevi qui, a te non
interessava minimamente di nessuno di noi, eppure quando tuo
fratello è stato cacciato sei venuto a chiedere aiuto come un bravo
opportunista!»
Vicky lo schiaffeggiò e Raphael le si pose di fronte, invitandola a
calmarsi. «Non l’ho fatto in malafede e non ritengo di aver agito da
opportunista. Lei si è confidata solo con me, in quanto suo medico, e
Cooper».
«Si fidava di noi» continuò Gabriel rivolto ora al demone.
Satan non ci vide più e stavolta il pugno se lo prese Gabriel che,
però, non reagì. «Mi sono stancato di te e del tuo atteggiamento! Tu
non sei niente per lei, mettitelo bene in testa. Come non ha voluto
me al suo fianco, non ha voluto nemmeno te».
La pazienza di Gabriel si esaurì. Si gettò su Satan, afferrandolo
per il collo e attaccandolo alla parete. Mathael si interpose tra loro e,
aiutata da Molly, la sorella muscolosa di Vicky, riuscì a spingere via
Gabriel. «Smettila di fare il coglione e vattene via da qui. Vai in una
stanza o fuori in giardino, basta che tu la smetta di comportarti in
questo modo».
Satan si portò una mano al collo senza smettere di guardare
Gabriel con odio. «È sempre colpa tua» gli disse prima di andarsene
dal salotto.
Vicky guardò Raphael apprensiva, gli prese il viso con una mano.
«Stai bene?»
«Non ti preoccupare, sono duro anche io» la rassicurò, poi la sua
attenzione venne catturata da Gabriel intento a farsi largo per
andare nel giardino retrostante e prendere una boccata d’aria.
«Che nessuno lo raggiunga» disse Mathael. «Fatelo sbollire».
«E Odry?» Karen si avvicinò.
«Uscirà per smaltire la rabbia e non ci darà modo di contattarla»
considerò il francese. «Se non dovesse rientrare entro il pomeriggio,
direi di cercarla».
In effetti che ne sarebbe stato del patto stipulato con Balthazar e
della liberazione di Cassiel, se lei fosse scomparsa? Raphael si
sentì un egoista, ma si consolò giustificando la doppia utilità della
presenza di Odry. “Dovremmo cercarla anche prima del pomeriggio”
ragionò.
«Allontanatevi dall’ingresso». Ania aveva appena raggiunto gli
altri, che la guardarono perplessi. «Allontanatevi. Adesso».
La porta esplose. Le schegge volarono ovunque e qualcuno venne
colpito; una vampata di calore insopportabile pervase la stanza.
Sulla soglia comparve Zachary, con un cappello a falda larga e un
lungo cappotto, entrambi neri. «Odry! Dove sei?» esordì a gran
voce.
I presenti impiegarono alcuni istanti per realizzare cosa stesse
accadendo, ma poi attaccarono.
Una fiammata blu di Uriel lo raggiunse insieme a un’onda d’urto di
Satan, ma lui si protesse con una barriera di fiamme scure: il
pavimento sotto di lui annerì. Raphael e Mathael evocarono le
spade. Il primo gli si lanciò addosso e il fendente colpì lo scudo
fiammeggiante senza infrangerlo. Subito dopo la donna entrò con un
dritto tondo, ma il colpo andò a vuoto.
Michael lo attaccò alle spalle con la speranza di cogliere una falla;
anche lui fallì miseramente.
Zachary aveva dimostrato in pochi secondi tutta la sua resistenza
e gli Arcangeli percepirono in lui la presenza del Graal a dargli
potere. «Mi spiace deludervi, ma non ho tempo da perdere». Ci fu un
improvviso ampliamento della barriera che ustionò i due Arcangeli
più vicini.
Prima che Raziel potesse attaccare, una lingua di fuoco afferrò
Karen e la trascinò verso il demone che la usò come ostaggio. «Ora
le mie fiamme non le faranno del male» disse braccandola «ma
osate fare un solo passo e le capiterà qualcosa di brutto».
«Lasciala, bastardo!» gridò l’ungherese e si lanciò per provare ad
abbattere lo scudo, ma non ci fu verso: dovette assistere al terrore di
Karen mentre Zachary la trascinava su per le scale. Dietro di lui una
lunga bruciatura sul pavimento.
«Collabora e non sarà poi così spaventoso» le sussurrò
quest’ultimo.
Gabriel gli si materializzò davanti. «Lasciala, vigliacco, o ti spezzo
le ossa».
Raziel gli chiuse la strada da sotto, bloccandolo in mezzo alla
rampa, Satan gli si affiancò, le mani in posizione d’attacco avvolte da
un’aura oscura. «Sei da solo e circondato. Ma sei anche in tempo
per liberarla e sparire».
Zachary rise. Con sguardo di sfida caricò Karen sulla spalla
facendola gridare ancora, poi aprì un piccolo varco nello scudo,
proprio di fronte al volto della francese. «Dovreste avere una bella
mira per non deturparle il viso. Quindi non vi conviene attaccarmi
ancora».
III
Odry si ritrovò segregata al primo piano di un edificio
abbandonato. Era in una stanza con una finestra dai vetri sporchi;
sempre sotto sorveglianza. Stava distesa su un letto, scomodo e
puzzolente, a ridosso di una parete, vicino a un comodino
impolverato.
Quella stessa sera, la serratura della porta scattò e quando si aprì
Odry vide Zachary entrare.
Si irrigidì, gli occhi puntati su di lui al fine di cogliere ogni minimo
movimento. Poi, una busta di carta con il logo di un ristorante cinese
attirò la sua attenzione più di tutto. Zachary chiuse la porta e le si
avvicinò. «Ho comprato la cena» le disse in un tono che lei non
seppe decifrare.
Odry alzò un sopracciglio «La cena. Vuoi avvelenarmi?»
«L’avrei già fatto, cretina». Il demone sedette sul letto ed estrasse
le confezioni di cibo ancora caldo e quattro lattine di birra.
Odry rimase colpita. “Alcolici? Pensavo volesse tenermi a secco”.
Incerta, allungò una mano verso una di esse. «Fa che non siano
analcoliche o ti prendi un pugno in faccia».
«Sono alcoliche, ma sono così blande che ti sembrerà di bere
succo di frutta» sghignazzò lui scartando il suo riso con frutti di mare
«o pensavi che mi fossi rincoglionito?»
«Lo sei già, ti sei fatto fottere il cervello da quella strega che ti porti
appresso» frugò nella busta. «Cosa hai preso per me?»
Lui ignorò la prima considerazione e rispose: «Noodles con manzo
piccante e un’alternativa di sole verdure». Attese che la sorella
iniziasse a mangiare e disse: «Pensavo avresti reagito in modo
diverso».
«Sto facendo il tuo gioco, non ho molte alternative se non
partecipare a questa partita come parte attiva».
«Wow, hai svelato il tuo segreto! Io, però, non sto affatto
giocando».
«Tu hai sempre giocato, dal primo momento che ci siamo
incontrati e hai mosso il tuo pezzo contro il re quando hai preso il
Graal» si portò alla bocca le bacchette, si sporse verso di lui e
abbassò la voce. «La domanda ora rimane questa: quanto aspetterai
prima di tentare lo scacco?»
«Scacco? Già fatto quando ho preso la reliquia, sorellina» rispose
lui come fosse ovvio. «Ho davvero fame e ho preso la cena perché
avevo davvero intenzione di cenare con te».
«No, so per certo che quella non era la tua mossa decisiva per
chiudere la partita. Ma del resto come posso crederti? Eri la mia
famiglia».
«Lo sono ancora, il sangue non mente. Sta a te scegliere se
tagliarmi fuori o meno, ma rimarrò sempre tuo fratello. Lo stesso che
ti prometteva di portarti a vedere i prati verdi e il cielo azzurro».
Odry sentì la gola chiusa in una morsa. Le lacrime pizzicarle gli
occhi. «Un fratello che mi ha tradito e che ha smarrito la ragione, che
mi ucciderà o che mi costringerà a ucciderlo».
Zachary scosse il capo e mandò giù un boccone. «Non finirà in
questo modo. Ti ho cercata tutto questo tempo e intanto osservavo
la nostra prima e ultima foto. Non avevo niente, solo il tuo ricordo».
«Sei ancora in tempo Zac… liberati di quella strega, ritrova te
stesso! Credi che non abbia notato come cambi atteggiamento
quando lei è nei paraggi o ti dà un semplice ordine?» lo disse con
impeto, sbattendo la confezione di noodles contro il materasso.
«Abbi un po’ di rispetto per il cibo» la fulminò. «E poi sono già
libero. Il fatto è che le devo tutto».
«Non le devi nulla! Ti stai rovinando la vita e la stai rovinando a
tutti coloro che ti stanno intorno». Riprese a mangiare, risentita.
«È vero che ho faticato per essere ciò che sono ora. Ma se non mi
avesse accolto… In ogni caso sono qui per godermi in santa pace
questo pasto con te» sorrise con una punta di amarezza. «Beh? Non
mi chiedi qual è il mio piano?»
«Me lo diresti? Non ci credi nemmeno tu» sospirò irritata. «Io
rivorrei solo mio fratello».
«Voglio unire i mondi». La risposta fu spiazzante, e ciò che la
spaventò fu la nota di orgoglio nella voce e nell’espressione di
Zachary.
«Questo è impossibile» con fatica Odry mandò giù il boccone.
«Quella strega ti ha fatto il lavaggio del cervello».
«È più che possibile, invece!» Zachary mise la confezione di riso
ormai a metà sul comodino accanto al letto e aprì una lattina di birra.
«Ma ci pensi? Niente più rotture di palle da parte degli angeli non
appena mettiamo piede sul suolo terrestre, e sai perché? Perché il
pavimento su cui cammineremo sarà lo stesso».
«Questa cosa non potrà mai accadere perché prima che accada ci
sarà una guerra così grande che porterà, con molta probabilità,
l’estinzione delle nostre specie. Non devi credere a tutto quello che ti
dicono, Zac».
«Ho un piano per eliminare chi potrebbe crearci questo tipo di
problemi, non ti preoccupare».
Odry ebbe un brivido lungo la schiena che le salì fino alla nuca.
Non rispose, si concentrò sulla cena bevendo con avidità quanto più
alcol poteva.
«Pensavo ti attizzasse il mio piano» ammise Zachary dopo alcuni
minuti di silenzio, riempiti solo dal cibo e dalla birra. «Pensavo
volessi vivere con Gabriel Cooper».
Odry fece crollare le spalle, si sentiva vulnerabile. «Sì, lo voglio
più di qualsiasi altra cosa al mondo. Lo amo ma se ti permettessi di
attuare questo tuo piano folle non ci sarebbe alcun posto in cui
vivere per noi».
Lui ruotò gli occhi e sbuffò. «Che pallosa! E perché no? Il mio
obiettivo è proprio questo!»
«Perché ci ammazzerai tutti! Ti ho già spiegato che questa cosa
non può accadere! Devi capirlo, ragionare con la tua testa non con
quella di coloro che ti manipolano!» Odry sbottò soffocando la voce.
Una mano lo aveva afferrato per la maglia.
Zachary però rimase impassibile. «Se mamma e papà non fossero
stati costretti a nascondersi, pensi che saremmo a questo punto io e
te?»
«Sono stati costretti per via di Lucifer! Lui ha mandato Balthazar
da loro come spia, non aveva previsto che si sarebbe innamorato.
Hanno fatto di tutto per salvarci da lui!»
«Appunto, è proprio ciò che voglio dire. Se fossero stati liberi noi
adesso vivremmo in pace. Invece tu sei disturbata, io pure».
«Disturbata? Come cazzo ti viene in mente una cosa simile?
Guarda che ti spacco la faccia! E poi come sai tutte queste cose?»
«Me l’ha detto Karasi con una delle sue magie» continuò l’altro,
minimizzando con un gesto della mano «e comunque ciò che è
accaduto a loro potrebbe capitare anche a te e a Cooper».
«Tu mi stai privando di vivere con lui, di dirgli cosa provo, ti rendi
conto di questo?»
Zachary scoppiò a ridere. «Ma per favore! L’ultima volta che vi ho
visti a momenti non riuscivate nemmeno a guardarvi negli occhi!
Vuoi farmi credere che adesso avresti le palle?»
Odry strinse i denti. «Tu non hai idea di quello che è accaduto tra
noi, non è così semplice, lui non è abituato e io…»
Lo guardò per una frazione di secondo, distolse lo sguardo, ma
poi tornò sui suoi occhi, così identici e al contempo diversi dai propri.
Occhi che trasmettevano una marea di messaggi diversi. “Provo
tenerezza per te” e “Sappi che con me puoi parlare”.
«Karasi è tutto per me» disse lui. «Ma io per lei non sono niente,
l’ho capito da molto tempo. Eppure, mi tiene incatenato, e io ho così
bisogno di qualcuno che le lascio le redini di me stesso. Tu hai
Gabriel e potresti averlo per sempre…»
«E se quello che lui prova per me non fosse amore ma solo…
l’illusione di un qualcosa di diverso da ciò che ha sempre
conosciuto? Come un incantesimo che, una volta finita la magia,
scompare lasciando solo dolore» sorrise amara «Se avessi dato
retta al mio cuore non gli avrei mai permesso di lasciare il mio letto e
lo avrei baciato così tante volte da lasciarlo senza fiato».
«Forse non avrebbe cambiato il corso degli eventi». All’improvviso
Zachary tornò serio.
«Verrà a cercarmi, so che lo farà e lo sai anche tu. Se fossi in voi
pregherei gli dèi che non mi trovi mai» Odry gli riservò la medesima
occhiata.
Lo sguardo di lui prese un’altra sfumatura, mutando così
velocemente da farla preoccupare. «Bene! Questa è una bella
notizia! Speriamo faccia presto, allora!» Riprese a mangiare con un
sorriso stampato sul volto, così soddisfatto da farlo sembrare
euforico.
“Ti prego non venire, ti scongiuro, stavolta non venire” Odry lo
pensò con talmente tanta forza che credette di averlo detto ad alta
voce.
Silenziosa, riprese a mangiare.
Poi ripensò al piano folle del fratello, del quale non aveva voluto
sapere i dettagli. Pensò alla pazzia e alla speranza che muoveva lui
o la strega che lo manipolava.
E anche a quanto avrebbe sacrificato se avesse avuto la certezza
che quello stesso folle piano si sarebbe potuto realizzare. Per
Gabriel.
Non si torna indietro
Il giardino del DEM era rigoglioso e ben curato, Malik non l’aveva
mai visto da così vicino. In realtà non aveva mai visto un giardino del
genere.
Per l’occasione indossava abiti migliori rispetto a quelli utilizzati
per lavorare in fabbrica; non era ricco e una camicia bianca ben
stirata per lui era il massimo. Il naso rotto, steccato e bendato. Entrò
e si avvicinò alla reception per chiedere di Chris.
«Se non ha un appuntamento con lui, non posso farla entrare. Mi
spiace» rispose la donna sulla cinquantina dietro il banco.
«Ma sono venuto adesso proprio perché so che è in pausa!»
Quella fu irremovibile. «No. Il signor Dunne può accoglierla
dopodomani alle nove del mattino. E mi serve anche un suo
documento».
“Cavolo, non posso nemmeno mentire sulla mia identità. E se lui
dovesse scoprire che l’appuntamento è con me, lo annullerebbe”
pensò. «Devo valutare in base ai miei orari di lavoro» rispose. «A
quale piano si trova, nel caso?»
«Quarto» rispose l’altra, gelida.
Malik ringraziò e salutò, uscendo avvilito. Non poteva aspettare il
Serafino lì fuori, presto sarebbe dovuto tornare in fabbrica e non
sapeva quanto comoda se la sarebbe presa Chris.
“Ma ogni struttura ha un’uscita di sicurezza”.
Questa idea, arrivata come un lampo, lo costrinse a fermarsi a
metà del viale.
Quindi, con la speranza di non venir ripreso dalle telecamere e
bloccato dalle guardie, tornò indietro e percorse la fascia laterale di
giardino che l’avrebbe condotto all’ingresso retrostante.
Avrebbe trovato Chris e l’avrebbe convinto a lasciare in pace sia
lui che Agatha. Non poteva costringerlo a provare simpatia per lui,
ma Dunne non aveva nemmeno il diritto di intromettersi nella
relazione di una figlia maggiorenne.
Una volta entrato, procedette su per le scale di servizio fino al
quarto piano e aprì la porta di emergenza.
L’ambiente era calmo e meno affollato rispetto al piano terra, un
via vai di clienti e impiegati; e fu fortunato perché, grazie al suo
abbigliamento, venne scambiato per un frequentatore della struttura,
forse dei piani bassi.
Malik cercò di capire come e dove avrebbe potuto trovare Chris e
fu proprio la sua voce, mentre era intento a chiacchierare con alcuni
colleghi, a condurlo nel salotto che accoglieva le pause dei Serafini.
Il ragazzo si specchiò nel vetro di un quadro floreale e sistemò i
capelli biondi a spazzola, si diede coraggio e si palesò di fronte ai
pezzi grossi.
«Buongiorno signor Dunne, posso parlarle?»
Chris, oltraggiato, lo squadrò da capo a piedi. «Tu? Come hai fatto
a passare la reception?» si alzò, seguito dagli sguardi incuriositi dei
colleghi.
«Poi glielo spiego. Vorrei solo scambiare qualche parola con lei».
«Tu e io non abbiamo niente da dirci e vedi di filare via all’istante
se non vuoi che chiami la sicurezza!»
Malik notò un misto di perplessità e divertimento tra gli altri
Serafini. Uno di loro, con i capelli chiari, mossi e lunghi fino alle
spalle, scosse la testa, indignato. Ma pensò che, se avesse giocato
bene le sue carte, avrebbe potuto far leva sul loro possibile
appoggio.
«Io non posso costringerla ad apprezzarmi, ma lei non può
impedire a sua figlia e a me di vederci».
«Posso eccome! Devi capire una cosa, io ho degli standard e mia
figlia anche» si avvicinò con un sorriso odioso stampato sul viso.
«Per lei sei solo un passatempo, non andrebbe mai fino in fondo con
un pezzente come te».
Holian sorrise sotto i baffi, mescolando il suo caffè.
«Questo è quello che vuole credere lei e far credere pure a me.
Ma io lo vedo lo sguardo di sua figlia e riconosco qualcosa di più
profondo».
Chris rise e con lui i suoi compagni. Si grattò la fronte con il
mignolo ingioiellato e scosse il capo «Sei patetico, ingenuo e mi hai
stancato! Vattene, non te lo voglio ripetere».
Malik serrò la mascella e gli puntò un dito contro. «Sa che le
dico?» disse nervoso, attirando l’attenzione dei presenti. «Lei può
avere influenza qui dentro e a casa sua, ma fuori da queste e quelle
mura lei non è nessuno. Io amo sua figlia e intendo renderla molto
più felice di quanto possa fare un ricco spocchioso come voi. Perché
non compro l’amore degli altri, io».
Chris, come il giorno precedente, gli sferrò un pugno che lo fece
stramazzare a terra. «Chiama la sicurezza, Kazel, abbiamo
un’infestazione di topi» lo guardò con disgusto e in cambio ricevette
l’approvazione del collega.
In pochi minuti Malik fu trascinato fuori, attraversando gli ambienti
di lavoro per mostrare cosa accade ai trasgressori.
Il ragazzo stringeva i denti per sopportare il dolore al naso rotto, e
la vergogna che gli provocavano le spinte delle guardie e le occhiate
dei curiosi.
Lo cacciarono in malo modo e lui si ritrovò nei giardini.
Con la camicia intrisa del suo stesso sangue, brucianti fitte che dal
setto nasale si ramificavano nel viso e il cuore che batteva a mille,
provò a ignorare altri sguardi invadenti. Avanzò e udì una risatina,
strinse i pugni e lanciò un’occhiata di fuoco in quella direzione.
Il mondo gli crollò addosso.
Vide Agatha dietro un grosso albero, mentre toccava con malizia i
bicipiti di un uomo alto e muscoloso.
Malik si fermò d’improvviso e gli parve che anche il suo cuore si
fermasse, soprattutto quando la ragazza fece chinare l’uomo per
baciarlo sulle labbra.
A cosa era servito tutto l’impegno che ci aveva messo nella loro
relazione?
Un groppo in gola gli impedì di parlare, le gambe si mossero verso
Agatha senza però completare il tragitto: le guardie della sicurezza,
ancora dietro di lui per controllare che se ne andasse per davvero, lo
raggiunsero e lo atterrarono con alcuni pugni sulla schiena e sui
fianchi.
Il trambusto allarmò chiunque fosse nei paraggi e quando la vide
spostare l’attenzione da Gabriel a sé, lesse nella sua espressione il
panico per essere stata scoperta.
Il ragazzo, alla fine, si alzò e uscì dal cancello del DEM col cuore
spezzato.
«Tienilo fermo!»
«Facile a dirsi! Non so se l’hai notato, ma è enorme questo qui!»
«Tu tienilo il più possibile, io farò in fretta».
Malik, stordito per essere stato tramortito all’uscita dal lavoro, non
riuscì a realizzare ciò che gli stava accadendo intorno.
Quelle frasi gli giunsero distorte.
Alcune mani cercavano di tenerlo ben saldo al suolo, ma non
seppe dire quante fossero. Provò a focalizzarsi sulla luce calda di un
lampione sopra di lui.
«Hai bagnato il filo nell’Etere?»
«Certo che sì».
Percepì due ginocchia bloccargli il capo e la sagoma di una
persona togliergli la luce.
Alcune dita gli afferrarono le labbra serrandole tra loro e altro
dolore lo costrinse ad agitarsi per liberarsi.
«Si è svegliato, devi fare in fretta Holian!» continuò la prima voce.
«Zitto!» rispose l’altro. E senza indugio iniziò a cucirgli le labbra.
Malik si agitava come un forsennato, i sensi purtroppo tutti vigili.
Le grida soffocate rischiavano di mettere in allarme eventuali
passanti, ma per sua sfortuna nessuno lo aiutò.
«Ho quasi fatto, Chris. Cerca di tenere fermo questo bestione, sto
facendo fatica».
Il ragazzo pianse dopo aver udito quel nome e tutta la frustrazione
riuscì, in quel momento, a cancellare il resto.
«Ho finito!»
Malik si sentì agguantare dalle mani fredde di Dunne che lo
girarono supino, poi un’improvvisa smaterializzazione lo fece
trasalire.
L’aria nel posto in cui si trovavano era fresca, la luce era forte,
come fosse giorno.
Aprì gli occhi pieni di lacrime e ciò che vide lo fece quasi svenire.
Si trovava ai confini del Paradiso. Di fronte vi era una grossa
voragine piena di Etere che galleggiava come acqua in una piscina:
il Pozzo dell’Infedele.
Una fitta lancinante alla schiena gli strappò un grido trattenuto dai
fili che gli lacerarono le labbra cucite. Chris gli aveva affondato la
lama di un coltello in mezzo alle scapole; i suoi colleghi rimasero a
guardare.
L’arma calò con violenza inaudita più e più volte per strappargli le
due ali bianche e le grida ovattate di Malik inondarono la placida
landa.
Ben presto l’erba si macchiò di sangue.
Il Serafino, dopo una decina di pugnalate, si chinò su di lui, lo
afferrò per i capelli e gli avvicinò la bocca all’orecchio. «Buona
permanenza sulla Terra, straccione».
Il ragazzo lo percepì sorridere e in un secondo venne catapultato
dentro la voragine.
II
II
II
III
IV
«Sei il principe, è ovvio che ti seguiranno. Odry e Satan ti avranno
anche aiutato, ma non ti hanno regalato una personalità. Tu ne hai
una, sfruttala, perché sarà grazie a quella che il popolo
s’infiammerà».
Belial annuì, grato per quelle parole.
Il giovane aveva passato giorni ad ascoltare e a capire il piano di
Zachary e Karasi. Era studiato bene, ma ancora in fase di
perfezionamento.
«L’ispirazione principale mi è stata data da Raziel e Karen» disse
ancora il gemello di Odry. «Noi demoni e gli angeli sappiamo molto
bene l’esistenza degli uni e degli altri. Gli umani credono in noi,
anche se la maggior parte non al cento per cento; di sicuro non
vivrebbero sonni tranquilli nel vederci in carne e ossa. Ma una volta
che prenderanno piena consapevolezza di noi come possibili
conviventi in questo mondo, accadranno le unioni che ci
aspettiamo».
Belial non era affatto convinto. Era a conoscenza del fatto che gli
esseri umani faticavano a tollerare le differenze tra di loro e con
esseri soprannaturali sarebbe stato anche peggio.
L’altro demone, come ad avergli letto nel pensiero, aggiunse: «È
vero, gli esseri umani allontanano ciò che li terrorizza. Ma noi non
siamo come loro, non possiamo permettere che un essere umano
sia a capo di tutto: dovremmo prendere le redini del nuovo mondo».
Odry era costretta a udire il lento processo del lavaggio del
cervello del principe.
Il ragazzo era trattato con amore e una certa confidenza, che lui
apprezzava; Zachary aveva visto come in precedenza era stato
trattato e aveva azzeccato il nuovo approccio. La demonessa aveva
provato svariate volte a far ragionare Belial, senza però riuscirci.
Corrosa dal senso di colpa per come lei e Belial si erano lasciati,
tutto ciò che poteva fare era restare inerme, legata mani, piedi e
collo a delle catene attaccate al muro in quello che era divenuto la
sua nuova prigione dopo essere scappata dalla vecchia stanza e
aver provato a salvare Georgette: il seminterrato.
Abbassò la testa, esausta.
Alle dieci del mattino la porta venne aperta.
Belial entrò, tra le mani un vassoio di plastica con un piatto pieno
di carne e un tozzo di pane. Socchiuse con un colpo d’anca e la
raggiunse, poggiando il pasto su una panca posizionata accanto alla
brandina a mo’ di comodino.
«Hai fame?»
«No» Odry non alzò il capo.
«Non avevo dubbi». Il ragazzo le sedette accanto, prese il piatto e
glielo porse.
«Non devi ascoltare quello che ti dicono… loro mentono, tutti,
nessuno escluso e tu non devi dar loro ascolto. So che mi detesti e ti
capisco, ma non permettere che ti prendano, non voglio che ti
facciano del male!» Odry spostò il piatto e puntò sul ragazzo il suo
sguardo di solito cristallino, ma in quell’ultimo periodo spento.
«Mangia, Zachary non vuole che tu deperisca» le sorrise. «Come
pensi di tornare in forze, altrimenti?»
«Tu non capisci! Non devi credere a ciò che ti dice, le sue parole
sono veleno e lui mente ogni fottutissimo istante. Belial, devi darmi
ascolto stavolta».
«Lo so» rispose il principe in un sussurro. «I poteri della strega
non funzionano su di me e credo anche di essere abbastanza
cresciuto per distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è».
Lo sguardo di Odry si rilassò e in un impeto lo strinse,
abbracciandolo forte. Non gli disse nulla, non ci riuscì. La voce era
rimasta bloccata in gola. Chiuse gli occhi e serrò la presa sulla
schiena del ragazzo che ricambiò più che volentieri, trattenendo le
lacrime.
«È il tuo modo per chiedermi scusa?»
«Dillo un’altra volta e ti spacco la faccia». Odry si allontanò
sorridendo, poi tornò seria puntando gli occhi in quelli del principe.
«Dobbiamo organizzarci e trovare il modo di sabotarli dall’interno».
«Mangia!» la esortò lui ad alta voce, tornando a farsi capire dagli
altri. «Tra poco torno a ritirare il piatto vuoto».
Odry si limitò ad annuire ed entrambi si scambiarono un’occhiata
significativa.
Belial andò via, ma lei di mangiare ancora non se la sentiva.
Karasi inoltre aveva espressamente vietato a chiunque di
somministrarle alcolici di qualsiasi tipo, così da poterla tenere sotto
controllo, e lei si sentiva sempre più debole.
Le ore passavano lente, chiusa in quella specie di cella non
riusciva a distinguere se fosse mattina o sera, non vi erano finestre e
l’unica fonte di illuminazione era una lampadina vecchia e
impolverata, appesa al soffitto con i cavi a vista.
Ondeggiava.
Odry si era incantata più volte su quel movimento ferendosi gli
occhi, fino a quando Behetan non l’aveva spenta, lasciandola al
buio.
Tra le tante cose che detestava, restare sola con i suoi pensieri
era la peggiore. Tenere la mente occupata era sempre stata la sua
priorità, e ora era sopraffatta da tutto e tutti. La voce nella testa tornò
e sembrò sussurrarle parole di conforto, parole che lei non riusciva a
comprendere; nonostante tutto la sua compagnia la fece sentire
meno sola.
Pensò a tutta la sua vita, seduta per terra in un angolo sudicio tra
il letto e la parete. Si sentì patetica con quel collare, in trappola come
mai si era sentita. Cercò in tutti i modi di non pensare al tradimento
di Satan e alla discussione avuta con Gabriel, ma fallì. Si guardò le
mani, poi le scarpe e, con stizza, asciugò gli occhi bagnati. «Devo
andarmene» disse a bassa voce stringendo i denti.
II
III
VI
03 gennaio 2026 d.C.
Quartier Generale - Capitale, Inferno
VII
II
III
IV
II
03:03
III
I Serafini si smaterializzarono in una strada di Londra illuminata
dai lampioni e da qualche luce proveniente dalle case circostanti.
Zachary, con loro, indicò la dimora in apparente stato di
abbandono. «Si trova lì, vogliamo entrare?»
«Bada di non fregarci» avanzò Chris, tenendo salda la sacca sulla
spalla.
«Io e Holian restiamo qui, Chris» disse Yovus. «Non mi fido
nemmeno io di questo tizio».
Zachary sospirò. «Perché parlate come se non ci fossi?»
«Perché sei un demone» ammise Holian con una scrollata di
spalle.
«Avanti muoviamoci, non mi va di perdere tempo». Dunne
spazientito si accostò a Zachary ed entrambi raggiunsero la dimora.
Il padrone di casa lo condusse sul retro. «Ovviamente» spiegò
«dobbiamo evitare il più possibile di farci notare, quindi useremo
l’entrata secondaria, anche se temo che qualcuno inizierà a
insospettirsi. Potevi evitare di portarti le guardie del corpo».
«Le precauzioni non sono mai troppe. Coraggio apri!»
Zachary tolse il cappello e fece per afferrare la maniglia quando il
colorito rossastro del metallo e una strana sensazione lo bloccarono.
Anche Chris riconobbe in lui un po’ di titubanza, quindi fece un
passo indietro e tese i sensi.
Alla fine il demone si decise e afferrò la maniglia che scoprì
rovente. Non si fece male, ma quel presentimento divenne
minaccioso, così aprì di scatto.
Un’esplosione li investì, schiantandoli contro l’alta parete
perimetrale.
IV
03:15
I
03:45
II
03:48
I
04:00
II
La prima cosa che Zachary e i compagni videro fu il gruppo di
Arcangeli materializzarsi intorno a loro, accerchiandoli.
Satan, proprio di fronte a lui, aveva l’espressione più seria che gli
si fosse mai vista in volto.
Fu la voce tagliente di Lucifer a costringere il gemello di Odry a
voltarsi: «Dunque, hai intenzione di consegnare il Graal oppure devo
venire a strappartelo di mano personalmente?» Il Sovrano passò tra
gli Arcangeli con un sorriso forzato.
Zachary si mostrò sicuro. Assorbì il Graal dentro il proprio corpo,
la pelle tornò ad assumere un colorito umano, niente più vene scure
e grigiore. Li guardò a uno a uno con una certa delusione, ignorando
del tutto l’Imperatore. «Non c’è Odry. Quindi non vi ha raggiunti?»
Karasi strinse i pugni cercando di contenere il nervoso “Devi
pensare prima a Satan” pensò come se lui potesse percepirlo.
«Dammi il Graal» sibilò Lucifer, allungando una mano verso il
demone «dammelo subito».
«Dov’è Odry?»
«Non mi piace ripetere le cose. Ti do l’ultima possibilità di
consegnarmi la reliquia».
«E io ho chiesto dove cazzo è mia sorella».
Attorno a Zachary, come filtrato dal cemento, apparve un cerchio
di fiamme scure; l’espansione fu così veloce che i presenti dovettero
indietreggiare per evitare di venirne investiti. Entro quel perimetro il
pavimento divenne nero e, con un boato, una maestosa e alta torre
di fuoco raggiunse il cielo plumbeo, squarciandolo. Aveva gli occhi
furiosi.
«Lei non è qui! Potrebbe essere morta per quanto mi riguarda»
sbraitò Lucifer. «Ora dammi quella reliquia!»
Satan, preoccupato per la rapida degenerazione degli eventi,
scambiò un’occhiata con Michael che riportò l’attenzione sul nemico:
non intendeva perderlo di vista. Anche se in cuor suo sapeva di
dover tenere d’occhio Lucifer.
Che fine aveva fatto il desiderio di uccidere Zachary per l’affronto
ricevuto?
Lo sguardo del gemello di Odry all’improvviso gli diede i brividi e
una sensazione pericolosa lo investì, così come accadde a Satan.
La perdita di controllo di Zachary provocò un ulteriore
allargamento della colonna di fuoco.
E iniziò la devastazione.
Qualsiasi cosa nel raggio di trecentocinquanta metri venne
investita da un’ondata di fiamme scure. La porzione di giardini
all’interno del perimetro venne rasa al suolo, a Buckingham Palace e
nei palazzi più vicini tutti i vetri andarono in frantumi, lo stesso fu per
le automobili. Solo le abitazioni su cui si fermò il fuoco infernale si
incendiarono e presto le grida e gli allarmi svegliarono il quartiere.
I presenti si guardarono intorno inorriditi. Satan faticò a reggere la
barriera evocata attorno a sé e agli altri. “Dev’essere a causa del
Graal dentro di lui”.
Lucifer scosse il capo, sbuffò annoiato e seccato per l’attesa, ma
per nulla intimorito. D’improvviso scagliò su Zachary una sfera
d’ombra avvolta da scariche elettriche di un viola intenso, con una
potenza che fece tremare l’aria. Il demone volò a una decina di metri
di distanza, battendo la schiena contro un palo che tremò con
violenza sotto l’urto.
La colonna di fuoco, però, rimase stabile per sua silenziosa
volontà.
Satan deglutì con orrore constatando l’autocontrollo del loro
nemico. “Non si torna più indietro” pensò.
III
04:34
IV
04:42
I
04:45
II
05:15
I
05:17
Schneider osservava l’insolita barriera che circondava Sila:
schiere di Troni proteggevano e scrutavano con i numerosi e attenti
occhi il nuovo confine da loro creato. Più indietro, a una decina di
metri di distanza, una Potestà era pronta a ogni evenienza;
camminava su e giù e il ritmico tintinnio dei suoi passi spezzava il
silenzio assoluto dell’area.
Il terreno era insanguinato, cadaveri di guardie giacevano
sull’asfalto delle strade deserte. Fu un sollievo non vedere civili nelle
stesse condizioni.
Nessuno poteva entrare in città, nessuno poteva uscire.
Gli angeli primordiali erano troppi, le altre Potestà dovevano
essere lontane, ma si sarebbero avvicinate subito se avessero
fiutato il pericolo.
Come erano giunti a quel punto?
Il giorno prima il suo DEP aveva ricevuto una chiamata allarmante:
i Serafini a Sila avevano combattuto contro alcuni Arcangeli tra le vie
della città, i lavoratori del DEM non erano tornati a casa e non
rispondevano alle chiamate; sulla facciata e sulle pareti della grande
struttura erano stati appesi cadaveri e la città era stata circondata e
occupata dai Troni.
In effetti molti abitanti di altre città che lavoravano al DEM erano
stati dati per dispersi.
Il Serafino Al Benson, rosso irlandese con una lunga barba
intrecciata, fece l’ultimo tiro di sigaretta, la buttò in terra e la calpestò
con la punta della scarpa laccata. «Sono davvero troppi per noi» e
con un gesto del capo indicò i dieci soldati dietro di loro.
«I miei pensieri sul DEM peggiorano di minuto in minuto, non si
era mai vista una situazione del genere». Schneider indicò la città.
«Sono troppi, hai ragione, ma dobbiamo trovare il modo di passare.
Suggerimenti?»
«Penso che la soluzione più logica sia puntare alla Potestà. I Troni
son veloci, ma noi dobbiamo superarli per raggiungerla e
neutralizzarla. Dobbiamo fare molta attenzione alle gambe: quelle
lame tagliano anche la pietra».
«Concordo, potremmo anche provare a prenderne una in
ostaggio, sempre che non ordini di attaccarci anche a costo di
morire… o che ne arrivino altre».
Il tempo concesso per studiare la situazione cessò: un improvviso
attacco quasi colpì Constantine e Al che erano stati segnalati come
nemici.
Entrambi schivarono due lame di luce dei Troni di fronte a loro, ma
non furono abbastanza veloci da evitarne altre: il primo fu colpito al
collo e il secondo al braccio. Aprirono le ali e si allontanarono di una
decina di metri.
«Cazzo!» esclamò Al scrollando le spalle. «Dobbiamo sfondarli
per poter passare, altrimenti resteremo qui fino a tarda notte».
«In volo?»
«Come fottuti proiettili, amico».
In contemporanea si diedero la spinta con le ali e scattarono in
avanti fulminei, schivando altri attacchi taglienti e aprendosi un
varco.
Erano dentro. Troppo facile.
Infatti, come se li avessero attesi, i Troni lasciarono subito la
postazione al confine per accerchiarli.
I Serafini evocarono le armi per difendersi, colpire e coprirsi le
spalle a vicenda. Fu davvero complicato per loro procedere.
Schneider, agile e con una spada corta per mano, infilzava occhi e
lacerava ali, spingeva via i nemici con i calci. Al li finiva con la sua
mazza d’arme di pietra e ferro. Molti non morivano sul colpo e in
ogni caso ne spuntavano sempre di nuovi.
Una bestia colpì Constantine alla schiena facendolo cadere sul
cemento: il Serafino dovette rotolare a destra per evitare di venire
schiacciato. Si rialzò con un colpo di reni e vide Al Benson distante
almeno quattro metri. «Al! Ci serve una Potestà! È l’unico modo per
fermarli» gridò.
L’altro lanciò con precisione la mazza verso una Potestà che dava
direttive, ma quella con un calcio dimezzò la lunghezza
dell’impugnatura. «Cazzo!» imprecò.
«Dobbiamo isolarla, poi tagliarle le gambe!» gli gridò Constantine.
Si chinò flettendo sulle ginocchia per evitare l’ala di un Trono e con
le spade corte la tranciò di netto.
Il collega non gli rispose, ma il suo avanzare verso la Potestà fu la
chiara dimostrazione che avesse un’idea. O almeno Schneider ci
sperò.
Quindi quest’ultimo forzò la barriera di avversari fluttuanti e
avanzò per potergli dare manforte. Le guardie a disposizione si
sarebbero sacrificate per loro e questa consapevolezza gli fece
male, ma non sarebbero potuti entrare nel cuore di Sila, altrimenti.
All’improvviso udì le grida di Al, zampilli di sangue macchiarono
l’asfalto: la Potestà, con un calcio circolare, gli aveva tagliato una
mano. Senza pensarci due volte, afferrò una delle armi per la lama e
la lanciò contro l’avversario del collega. Riuscì a piantargliela
nell’inguine, strappandogli un grido di dolore stridulo. Il suono attirò
l’attenzione di decine di Troni e di un’altra Potestà a venti metri di
distanza.
Gli esseri primordiali si fiondarono su Al, convinti fosse lui l’artefice
dell’offensiva, ma il Serafino riuscì ad attivare una barriera attorno a
sé e alla Potestà colpita e crollata a terra. Prima che questa potesse
rialzarsi, staccò la testa di pietra e ferro della mazza scoprendo una
lama affilata con cui infilzò più volte l’altra gamba, soffrendo a sua
volta per la mano monca. Il grido della Potestà fu un potente stridio,
così forte che Al temette di perdere l’udito. Abiti e viso macchiati
anche del sangue del comandante, lui stesso ne perdeva in
abbondanza e il dolore iniziava a salire fino al braccio. Le piantò la
lama nel fianco per indebolirla ma non ucciderla e continuò a colpire:
voleva tagliare quanti più nervi e muscoli possibile per rendere
inutilizzabile l’arto.
I Troni, intanto, cercavano di sfondare la barriera.
«Fammi entrare dall’alto!» la voce di Schneider lo sorprese, ma
comprese e obbedì. Al aprì un varco nella parte superiore della bolla
protettiva, in modo da accogliere il collega che vi entrò in volo.
Constantine atterrò con la lama tesa sulla gamba rimasta della
Potestà, recidendola del tutto. Fusi a tendini e vene vi erano cavi.
“Ma che diamine…” pensò.
Proprio in quel momento Al ebbe una fitta al moncherino così forte
da fargli perdere il controllo sulla barriera, che si spense, ma il
collega fu più veloce di qualsiasi altro Trono assetato di sangue e
prese la Potestà agonizzante per usarla come scudo vivente.
Funzionò.
Le creature si bloccarono, i cento occhi fissi sul loro superiore che
non ebbe la forza di dire una parola.
“È una fortuna che non sia in condizioni di lanciare alcun
comando” pensò Schneider. «Al, dobbiamo proseguire. Troveremo
qualcosa per curarti la mano… il polso…»
L’altro ringhiò. «Sì, ho capito. Portiamo questo bastardo con noi».
I Serafini richiamarono le uniche tre guardie sopravvissute che li
raggiunsero, mentre i Troni si tenevano a debita distanza. Al si era
fatto aiutare da uno di loro a snodare la cravatta e legarla attorno al
polso per arrestare la fuoriuscita di sangue.
«Qualcuno ha da accendere?» Al, tremante, indicò la sigaretta
che era riuscito a mettersi in bocca.
Costantine scosse il capo. «È necessario, Al?» Ma uno dei tre
soldati avvicinò un accendino alla bocca del Serafino che si giustificò
con un: «Ora più che mai ne ho bisogno».
Il piccolo gruppo si addentrò a Sila passando da una periferia
deserta a un centro un po’ più vivo.
Constantine riconobbe la differenza rispetto alla prima visita alla
città: gli abitanti erano rari, nessuna macchina, anche lì regnava il
silenzio. I pochi che incrociavano si dileguavano terrorizzati, e i
coraggiosi rimanevano dietro qualche angolo a osservare.
«Siamo qui per voi» annunciò Schneider, faticando per reggere la
Potestà a peso morto. «Siamo del DEP».
Una informazione che non rassicurò più di tanto.
«Sono davvero paralizzati» borbottò Al buttando fuori il fumo.
«Comunque, oltre il reggimento spiegato al confine e quelli che ci
seguono, non ho visto nessuno».
«Chi ci segue?»
Un gran numero di Troni e almeno cinque Potestà stavano alle
costole degli intrusi. Nessuno osava attaccare, di sicuro attendevano
il momento propizio per farlo.
«Dobbiamo sperare che il Signore non faccia morire il nostro unico
capro espiatorio prima di arrivare a destinazione» rimuginò
Schneider. Migliorò la presa sotto le ascelle del comandante.
Lenti, arrivarono ai cancelli del DEM e lo spettacolo che si
presentò davanti ai loro occhi fu agghiacciante: i corpi di tutti i
dipendenti e degli stagisti erano stati appesi sia sul lato sinistro che
sul destro della struttura, e oscillavano piano mossi dal vento.
Le pareti esterne erano rigate da lunghe strisce rosse.
In alto, le tre teste delle Dominazioni erano state infilate sulle
guglie del frontone centrale, dai loro colli spuntavano dei cavi
elettrici; in basso, legati a delle corde, penzolavano i loro corpi.
I Serafini e i loro uomini rimasero con le bocche spalancate a
osservare il martirio esposto con così tanta crudeltà Ma ciò che più
di tutto li mise in allarme fu scoprire la vera natura dei tre giudici
celesti.
«Anche loro?» domandò Schneider stupito.
«Non so che dire…» commentò l’altro.
Posizionato al centro, sotto i corpi delle Dominazioni, vi era
l’Arcangelo Gabriel.
Era l’unico appeso per le braccia tramite robuste catene, in una
posizione che ricordò loro una crocifissione.
«Forse è rischioso entrare» considerò Al.
«Non abbiamo altra scelta. Non possiamo permettere che questo
scempio continui a essere sotto gli occhi di tutti» sibilò Schneider e
fuori di sé si voltò verso i suoi uomini. «Sfondate il cancello!»
«Zitto! L’Arcangelo ha detto qualcosa!» lo interruppe il collega.
Gabriel stava farfugliando, ma loro erano troppo lontani per
potergli leggere le labbra.
«Parli più forte!» gli ordinò Constantine, bloccando per il momento
l’ordine appena impartito ai soldati.
Gabriel prese un respiro profondo e con la forza che riuscì a
trovare gridò: «Ci sono… solo guardie!»
«Ottimo!» esclamò Al.
«Noi siamo in cinque» disse Schneider «ma non contarci perché
tu sei a metà, io sto reggendo questo qui. I nostri sono solo tre».
«Ordiniamo alla Potestà di mettere i Troni a nostra disposizione.
Non se l’aspetteranno di certo, lì dentro».
E Schneider puntò una delle lame alla gola della Potestà che
trattenne il respiro. «Ordina ai tuoi cari figliuoli di sfondare il cancello
e di occupare il DEM».
«Mi ucciderebbero… scordatevelo».
«Siete andati tutti contro la legge. Ma se ci aiuterai, avrai la
possibilità di redimerti e le tue gambe ti verranno reinstallate. Quindi
scegli: la salvezza o la morte. Non dovrebbe essere tanto difficile».
La Potestà strinse i denti e ordinò ai Troni ciò che il Serafino gli
aveva chiesto.
Sfondarono il cancello dorato e fecero irruzione all’interno dei
giardini. In poco tempo furono sotto Gabriel, organizzarono una
piccola squadra in tutta velocità e con fatica lo calarono giù.
«Che cosa è successo qui?» gli chiese Schneider.
«Chris… e gli altri hanno ucciso tutti, hanno preso il DEM. Ma c’è
di più…» sussurrò a fatica l’Arcangelo.
Schneider guardò il collega con tanto d’occhi. «Dove sono andati i
Serafini?»
«Credo sulla Terra…» e vomitò di fronte ai suoi salvatori.
«Sulla Terra? Per cosa?» continuò a domandare Costantine
mettendogli una mano sulla spalla.
Gabriel scosse il capo, provò a rispondere ma perse i sensi.
II
07:23
08:40
10:17
I
06 gennaio 2026 d.C.
Londra - Regno Unito, Terra
10:25
II
IV
Agatha Dunne
Al Benson
Serafino del Distretto per l’Equilibrio del Paradiso. Collega e fidato amico di Schneider.
Anne
Barakiel
Cassiel Blanchett
Chris Dunne
Serafino del Distretto per l’Equilibrio dei Mondi. A capo della squadra degli Arcangeli,
leader dei Serafini, padre adottivo di Agatha, marito dell’Arcangelo Mathael.
Costantine Schneider
Serafino a capo del Distretto per l’Equilibrio del Paradiso. Collega e fidato amico di Al.
Gabriel Cooper
Arcangelo. È conosciuto in tutto il Paradiso per la sua forza fisica. Amante di Odry, ex
amante di Agatha.
Hamenam Schmidt
Holian Burgos
Serafino del Distretto per l’Equilibrio dei Mondi.
Jolin Silva
Kazel Askarov
Mathael
Michael
Raphael Blanchett
Raziel Bálint
Arcangelo.
Sandalphon
Uriel ErdoGan
Hezef Yan
Yovus Bruun
Aini
Anuman Valentine
Asmodeus Gallach
Ex membro del Concilio Ristretto. Mentore di Satan, defunto marito di Mina, padre di
Georgette e fratello di Capricorno e Karasi.
August
Awinita
Moglie di Belphagor.
Balthazar Krause
Belial
Membro del Concilio Ristretto. Bastardo di Lucifer e figlio di Lilith, viene comunque
considerato il principe dell’Inferno.
Belphagor
Capricorno
Eva
Georgette Gallach
Strega. Figlia di Asmodeus e Mina.
Graum
Hakam
Gufo di Belphagor.
Inia
Ishtar
Jill
Karasi
Kotho
Leviatano
Lilith
Membro del Concilio Ristretto. Madre di Belial ed Eva, pretendente di Lucifer, prima
moglie di Adamo.
Lucifer Morningstar
Meeshan
Del popolo della Nura ed ex moglie di Balthazar. Madre di Odry e Zachary.
Molly Jiménez
Moloch Deverer
Nahenia
Odry Crane
Rakelech
Ruby Jiménez
Satan Crane
Ex membro del Concilio Ristretto. Gestiva le casse Imperiali, migliore amico di Odry e
Vicky. Amante di Mathael.
Solomon
Straygor
Ufficiale di Odry.
Summer Jiménez
Succube dell’harem di Belial. Sorella di Vicky, Ruby e Molly.
Zachary
Zenda
Iena di Ishtar.
Terra
Karen Bonnet
Maria
Compagna di Jelos.
Gli esiliati
Amon
Demone rinnegato.
Behetan
Demonessa rinnegata.
Bianca
Angelo caduto.
Brutus
Eniel
Angelo caduto.
Jelos
Angelo caduto
Kaf
Angelo caduto.
Malik
Angelo caduto.
Paradiso
Angeli caduti
Angeli a cui son state strappate le ali e gettati oltre il Pozzo dell’Infedele.
Angeli soldato
Arcangeli
Angeli con quattro ali. Hanno il compito di impedire ai demoni di interferire con la realtà
terrestre e violare il Patto delle Anime.
Arcangeli mortali
Arcangeli perpetui
Cherubini
Denari
Moneta angelica.
Principale distretto per il monitoraggio dell’equilibrio dei tre mondi paralleli (Terra,
Paradiso e Inferno) sito nella città di Sila. Sede della prima squadra di Arcangeli, di Serafini
e Dominazioni.
Distretto per l’Equilibrio del Paradiso (DEP)
Distretto per il monitoraggio dell’Equilibrio del Paradiso. Regola le leggi del Paradiso e
prende il controllo degli altri Distretti in caso di malfunzionamento.
Dominazioni
Angeli senza ali. Rappresentano la giustizia e parlano in nome di Dio. Giudici supremi
del Tribunale Celeste. La più alta carica angelica.
Enochiano
Lingua del Paradiso, utilizzata anche per comunicare con i demoni (i quali l’hanno
rinnegata con l’avvento della monarchia di Lucifer).
Etere
Materia angelica più pura che compone la barriera del Paradiso. Utilizzata anche come
fonte primaria di energia.
Globo
Oggetto di forma sferica utilizzato da Barakiel per il controllo del Paradiso e del piano
terrestre.
Guardiani Celesti
Moera
Patto stipulato tra angeli, demoni e umani al fine di mantenere l’equilibrio tra i tre mondi
con leggi e norme che regolano i movimenti e i rapporti tra le parti, affinché si
evitino i contatti tra razze.
Piazza dei Giudici
Piazza che ospita il Tribunale Celeste, a sud di Sila.
Piazza centrale poco distante dal DEM, a Sila. Ospita, all’occorrenza, grandi cerimonie
che coinvolgono l’intera città.
Potestà
Angeli con due ali, le gambe terminano con delle lame affilate che sostituiscono i piedi.
Si occupano della sicurezza della città e dei confini tramite i Troni.
Serafini
Sila
Telechel
Angelo capace di leggere la mente. Utilizzato solo durante i casi più complicati del
DEP.
Tribunale Celeste
Troni
Angeli primordiali, sfere con quattro ali e ricoperte di occhi. Conosciute anche come
Bestie di San Pietro, sono comandate dalle Potestà e presiedono i confini del Paradiso.
Inferno
Bosco di Baard
Bosco di Eranthe
Brogox
Capitale
Città fulcro dell’Impero. Primo dei sette regni e circondato dagli altri sei.
Concilio Ristretto
Concilio a numero chiuso che si occupa degli affari interni ed esterni al Quartier
Generale.
In origine composto da dodici membri.
Ethernit
Graum’s
Narok
L’attuale lingua parlata all’Inferno. Evoluta dall’antico abissale con influenze enochiane,
imposta da Lucifer dopo la sua ascesa al trono.
Patto dell’Infante
Un giuramento che lega due o più persone. Il simbolo circolare viene inciso nella pelle.
Se spezzato conduce alla morte oppure, in caso di morte per altre circostanze, il patto si
infrangerà da solo.
Pietre elementali
Portale primordiale
L’unico portale naturale esistente venuto a crearsi con la caduta di Lucifer. Di un rosso
intenso, con l’aspetto di una piscina.
Portale transdimensionale
Primordiale
Ordine demoniaco di cui fanno parte solo ex creature celestiali, come Lucifer e Lilith.
Progetto Thoctar
Movimento rivoluzionario che intende spodestare Lucifer dal trono per instaurare una
democrazia.
Quartier Generale
Fortezza dove Lucifer trova la sua dimora. È anche la sede amministrativa dell’Impero.
Regione di Dounber
Regno di Albor
Regno di Babylon
Regno di Trystor
Succubus
Valle Herith
Thoctar olgadar