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Decisamente più agevole era trovare spazio nel genere del paesaggio che proprio nei primi
decenni dell’800 trovò apprezzamento soprattutto tra la nuova classe borghese e a poco a
poco da genere trascurato venne acquistando importanza di committenza, anche perché fu
percepito come espressione artistica “moderna”, sebbene il mondo accademico ancora non
ne riconoscesse la dignità di genere e tardasse a percepirne la novità.
E’ un dato di fatto che l'istituzione della scuola di paesaggio avvenne solo nel 1838 con
l’assegnazione della cattedra ad un artista già affermato come Giuseppe Bisi, dopo che una
precedente richiesta al governo di Vienna formulata dal conte Luigi Castiglioni, quale
presidente dell’Accademia, era stata respinta per motivi economici.
La radice del recupero del genere del paesaggio a Milano tra età Napoleonica e
Restaurazione è sicuramente da ricondurre all’esigenza pratica di pubblicizzare le opere
finanziate ed eseguite dall’Amministrazione Napoleonica prima, Asburgica dopo, come
esempio di buon governo, con il fine di ottenere o sostenere il consenso da parte delle classi
sociali più prossime al potere politico.
Il principale sostenitore di questa linea fu Ludovico Giuseppe Arborio Gattinara marchese di
Breme, dal 1806 al 1809 Ministro degli Interni del Regno d’Italia, al quale dicastero facevano
capo anche la Pubblica Istruzione e i Lavori Pubblici, considerati da Napoleone branche
della pubblica amministrazione. Il Breme, diplomatico esperto, fautore di iniziative sociali
illuminate e favorevole alla modernizzazione dovuta alle opere di ingegneria e di utilità
pubblica che intervenivano modificando la morfologia stessa del territorio, svolse
un’importante ruolo per procurare a Marco Gozzi la famosa commissione governativa da
parte del viceré Eugenio di Beauharnais.
Il contratto, stipulato nel settembre 1807, prevedeva la realizzazione di dodici paesaggi da
consegnare nell’arco di quattro anni, dipinti che, riproducendo “dal vero” luoghi indicati dal
di Breme stesso, dovevano documentare una serie di punti strategici del territorio del Regno.
Le indicazioni furono anche volte a rappresentare nuove attività industriali promosse
dall’Amministrazione pubblica in considerazione dell’importanza che assumeva via via
l’attività manifatturiera nel quadro economico del Regno.
Il contratto fu rinnovato nel marzo 1812 e dopo il 1814 fu confermato e rinnovato
dall’Amministrazione austriaca che mantenne l’impostazione iniziale e anzi rafforzò le
indicazioni che i dipinti rappresentassero luoghi dove più erano evidenti gli interventi di
pubblica utilità legati alla creazione di una moderna rete viaria, con ponti, strade e canali per
la navigazione fluviale che costituivano i soggetti principali.
A partire dal 1813 Marco Gozzi cominciò a partecipare alle esposizioni annuali
dell'Accademia di Brera e i suoi dipinti diventarono modelli di studio per gli allievi
dell'Accademia ed esempi per altri pittori paesaggisti. Il continuo incremento del successo
della pittura di paesaggio alle esposizioni annuali dell'Accademia di Belle Arti di Brera,
concretizzatosi anche nell’incremento delle vendite dei dipinti, fu un fenomeno esplosivo
con una folta schiera di pittori, che annualmente cresceva di numero, presente con le proprie
opere alle esposizioni braidensi.
Gli anni ’20 furono caratterizzati dal definitivo superamento del paesaggio d’invenzione a
favore del paesaggio ripreso dal vero caratterizzato dall’attenzione topografica per i luoghi
e i monumenti rappresentati, sempre più orientandosi a nuovi soggetti protagonisti nei dipinti
come gallerie, ponti, strade e luoghi di attività produttive.
A partire dal 1831 sulla scena delle esposizioni di Brera subentrarono due grandi novità
artistiche rappresentate da Massimo Taparelli d'Azeglio e Giuseppe Canella. Per oltre un
decennio ebbero grande fortuna, d’Azeglio per il paesaggio istoriato, in cui l'attenzione si
concentra sull'ambientazione nel paesaggio naturale delle grandi vicende storiche e Canella
per la resa del paesaggio naturale e del vero atmosferico, attento agli effetti atmosferici
determinati dallo scorrere delle stagioni e dalle differenti ore del giorno.(6)
In questo contesto, alla fine degli anni ’30 e primi anni ’40, si trovò a operare ed entro certi
limiti a fare i conti Giuseppe Elena.
La sua arte nei tre dipinti:
Cernobbio, Il ponte di Baveno, Il promontorio di Varenna
Elena nel rappresentare tre paesaggi tra loro molto diversi esalta la tecnica compositiva
presente nelle incisioni che li accomuna e li caratterizza, testimoniando la sua padronanza
nella resa delle proporzioni e della fuga prospettica.
In tutti i tre dipinti è ben percepibile la scansione per piani successivi: un piano anteriore
dove pone alcune figure umane (e un mulo) diversamente disposte e orientate in modo da
evidenziare a loro volta la profondità; un piano intermedio in cui colloca il “soggetto
principale” - il ponte e le isole borromee, l’abitato di Cernobbio e il promontorio di Varenna -
ponendolo in tal modo nel cuore del dipinto; infine un piano posteriore occupato dalle
montagne e dall’orizzonte che invita lo sguardo a proseguire ancora più lontano.
Ponte di Baveno, olio su tela cm 110 x 112
E’ una precisa scelta artistica quella di limitare a poche figure la presenza umana, non certo
per limitatezza di tecnica (basti pensare all’incisione Gustavo Adolfo Re di Svezia tratta da
Palagi o Il Verziere di sua ideazione, oppure al dipinto Piazza Vetra oggi alle Gallerie
d’Italia), ma perché il paesaggio e l’architettura, con le loro fughe prospettiche verso un
orizzonte più ampio, sono una metafora rappresentativa dello spirito di libertà che animava
il pittore e della sua insofferenza ai vincoli autoritari.
Resta infine da sottolineare come Elena vuole mantenere, anzi valorizzare l’armonia
complessiva dei paesaggi e l’equilibrata integrazione della natura con il segno dell’attività
umana a compendiarsi l’un l’altra. Anche i grandi alberi non hanno nulla di minaccioso nei
confronti delle persone sottostanti, che anzi sono in un atteggiamento di calma e serenità,
in perfetta sintonia con la realtà circostante. In questo Elena dimostra una conoscenza dei
temi propri del Romanticismo, pensiero culturale e artistico dominante in quel periodo, ma
anche in questo afferma la sua originalità facendo la scelta di tenersi lontano dagli schemi
storico rievocativi tipici dell’espressione artistica romantica italiana e lombarda in particolare.
Niente di rivoluzionario e d’avanguardia, ma certamente più vicino all’espressione europea
del tempo.
Oltre all’impronta artistica propria di Elena, all’evidente conoscenza dei soggetti delle
incisioni riprodotte nei primi decenni dell’800, alla composizione dei dipinti ricorrendo ad una
rigorosa resa prospettica, figlia anch’essa di una pratica incisoria molto ben conosciuta, la
presenza del monogramma GE testimonia la paternità dei dipinti in modo certo. La sigla,
identica a quelle presenti in alcune delle litografie da lui realizzate, è riconoscibile sul piccolo
cancello di ferro battuto che si intravede tra i due grandi alberi nel dipinto Cernobbio, apposta
come fosse una lavorazione decorativa e quindi volutamente dissimulata nella
composizione.
A chiusura di queste riflessioni e analisi delle opere presentate viene spontaneo richiamare
il giudizio di Paolo Arrigoni, che al termine del suo lavoro sintetizza in queste righe il valore
dell’uomo e dell’artista:
“Per quanto abbiamo esposto confidiamo che il paziente lettore concordi con noi
nell'assegnare il Nostro a quella schiera di milanesi o milanesizzati ricchi d'ingegno e d'estro,
dalla mente aperta, anzi protesa alle nuove idee, i quali nel secolo scorso diedero un
accento particolare alla vita dello spirito nella nostra città e che nel clima della ottenuta
libertà diedero vita, tra l’altro, a quel movimento che fu detto della Scapigliatura. Di questa
non è il Nostro un antesignano?”
Cernobbio, olio su tela cm 110 x 112
Fonti e Bibliografia
1) Paolo Arrigoni, Il pittore litografo Giuseppe Elena, in Raccolta delle stampe A. Bertarelli,
Rassegna di studi e di notizie, vol. II°- Anno I°, pp 61-160; Comune di Milano, 1974
2) Utile Giornale ossia Guida di Milano per l’anno 1838, Anno XV, Editore Giuseppe Bernardoni di
Gio., Milano 1838, pp. 524 - 529
3) Fernando Mazzocca, “Il Genio democratico” di Hayez. Un grande pittore italiano interprete delle
speranze e delle delusioni del Romanticismo, Catalogo della mostra Francesco Hayez, Gallerie
d’Italia (Milano 7/11/2015 - 21/2/2016), Silvana Editoriale Cinisello Balsamo 2015, pp. 25 e 26
4) Elenco dei principali costumi Vestiti alla Festa da Ballo data dal Nobilissimo Sig. Conte G.
Batthyany la sera del 30 gennaio 1828, Editore Giuseppe Elena Milano: marzo 1828 - gennaio
1829
5) Fernando Mazzocca, Il ritratto specchio dell’animo, Catalogo della mostra Romanticismo, Gallerie
d’Italia (Milano 26/10/2018 – 17/3/2019), Silvana Editoriale Cinisello Balsamo 2018, p.188
6) Cecilia Ghibaudi, Massimo d’Azeglio e la nascita del “paesaggio istoriato”, Catalogo della mostra
Il Paesaggio dell’Ottocento a Villa Reale a cura di Fernando Mazzocca, Monza Serrone della Villa
Reale (20/3/2010 – 11/7/2010), Umberto Allemandi & C. Torino 2010, pp. 122 - 128
7) Guida Critica all’Esposizione di Belle Arti in Brera scritta dal pittore Giuseppe Elena, Anno Quarto,
Editore Giuseppe Réina, Milano 1844, p. 6
8) Raccolta di vedute della città di Milano e dei laghi principali d'Italia, Edizione di L.V. Pozzi Negoz.te
di Stampe nella Galleria Decristoforis N. 45-46, Editore Luigi Valeriano Pozzi, Milano 1838-1839
9) Recueil des principales vues de Milan et des environs executées d'après le Daguerréotype et
gravées par J. J. Falkeisen et L. Cherbuin, Editore Ferdinando Artaria et Fils, Milano 1840