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I. Possenti (a cura di), Intercultura, nuovi razzismi e migrazioni, Pisa, Plus, 2009, pp.

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Io non sono razzista, ma Dalla critica del pregiudizio alla critica del modello di sviluppo
Federico Oliveri
Parlare dellimmigrazione significa parlare della societ nel suo insieme (Abdelmalek Sayad)

Introduzione Perch non essere razzisti? Perch essere antirazzisti? E cosa vuol dire esattamente essere razzisti e antirazzisti oggi? Queste domande non sono retoriche. Chi impegnato per la piena realizzazione dei diritti fondamentali delle persone, senza discriminazioni in base allorigine, allo status giuridico, al colore della pelle, alla lingua, alla religione o ai modi di vivere, costretto a porsi queste domande. Chiarire le ragioni e le strategie per contrastare il razzismo diventa essenziale in un clima, come quello oggi diffuso in Italia e in Europa, che sembra normalizzare e persino alimentare la paura e lostilit verso immigrati e minoranze, ossia verso tutti coloro che non sono o non sembrano di qui, che potrebbero non esserci e che, al limite, potrebbero tornare a casa loro. In una simile societ di ordinario razzismo1 lesclusione dei migranti e dei loro discendenti dal pieno godimento dei diritti non avviene in maniera appariscente, con slogan irrazionali e azioni violente, ma in forme democraticamente accettabili, ossia sulla base di dati di fatto2, argomentazioni ragionevoli e discriminazioni legalizzate3. Quando il razzismo non pi percepito come tale, ad eccezione dei casi pi espliciti, i pregiudizi sui migranti e sui loro discendenti diventano un campo di battaglia cruciale: la normalizzazione dellesclusione passa soprattutto attraverso pratiche e discorsi intrisi di

L. Balbo - L. Manconi, Razzismi. Un vocabolario, Milano, Feltrinelli, 1993, p. 60. G. Faso, Dati di fatto, in Id., Lessico del razzismo democratico, Roma, DeriveApprodi, 2008, pp. 49-51. 3 F. Oliveri, La discriminazione come norma, in Guerre&Pace, 2009, 154, pp. 8-10.
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pregiudizio ma dallapparenza non pregiudiziale4. Anche il pregiudizio infatti viene negato, ma si riconosce dalla sua capacit di degradare lo status delle persone5: chi vi ricorre descrive le azioni e le condizioni di vita degli immigrati in modo da attribuire loro, a prescindere dalle caratteristiche di ciascuno, unidentit collettiva inferiore rispetto al resto della popolazione o comunque sufficiente a sospendere il principio di uguaglianza. Queste pagine intendono offrire alcuni strumenti metodologici per portare in luce la sostanza razzista che agisce dietro la forma, apparentemente non-razzista, di molte politiche e discorsi quotidiani. Proprio il carattere ordinario del nuovo razzismo ne rivela la natura di rapporto sociale storicamente costruito, non di delirio dei soggetti razzisti6 o di condizione naturale dellanimo umano7 affetto da atavica paura del diverso. Per questo la critica dei pregiudizi sui migranti si intreccia continuamente alla critica del modello di sviluppo dominante, rintracciandovi uno dei fattori cruciali nella diffusione del nuovo senso comune razzista. la normalizzazione del razzismo

Declino del pregiudizio razziale? Prendere coscienza della normalit del razzismo richiede uno sforzo notevole e una forte innovazione a livello teorico e pratico. Va innanzitutto rivista la tesi, di derivazione statunitense, di un declino del pregiudizio razziale nella popolazione maggioritaria per effetto dei movimenti per i diritti civili e della normativa contro le discriminazioni. In effetti, negli stessi Stati Uniti dove i sondaggi degli ultimi decenni hanno rivelato sentimen-

4 Cfr. M. Billig et al., Ideological Dilemmas. A Social Psychology of Everyday Thinking, London, Sage, 1988; T. van Dijk, Il discorso razzista. La riproduzione del pregiudizio nei discorsi quotidiani, Messina, Rubbettino, 1994. 5 H. Garfinkel, Conditions of Successful Degradation Ceremonies, in American Journal of Sociology, 1956, 61. 6 E. Balibar, Razzismo e nazionalismo, in E. Balibar - I. Wallerstein, Razza, nazione, classe. Le identit ambigue, Roma, Edizioni Associate, 1991. 7 G. Zincone et al., Uno schermo contro il razzismo. Per una politica dei diritti utili, Roma, Carocci, 1994, p. vii.

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ti sempre meno ostili verso le minoranze di colore, la percentuale delle risposte affette da ostilit pregiudiziale non mai scesa al di sotto di una certa soglia e comunque non tutti i gruppi minoritari ne sono stati toccati in egual misura8. Mutatis mutandis, anche in Europa si registrano sentimenti moderatamente positivi verso gli immigrati. In particolare la condanna delle discriminazioni etniche e razziali largamente maggioritaria. Eppure, anche senza considerare il numero importante e sottostimato di violenze a sfondo razziale, gli immigrati e le minoranze specialmente rom e musulmane esprimono un vissuto discriminatorio ormai accettato come normale9. Da diversi sondaggi europei emerge inoltre una significativa discrepanza tra la percezione che gli intervistati hanno di se stessi come contrari alla discriminazione, e la loro effettiva disponibilit ad accordare pari diritti agli immigrati10. Simili sondaggi registrano pi che altro la reazione automatica degli intervistati alla censura che accompagna il razzismo. Lo dimostra anche il fatto che, in generale, tutti tendano a considerarsi meno razzisti dei propri concittadini. Anche quando il pregiudizio percepito come oggetto di consenso diffuso, non per questo viene considerato accettabile: tutti, non solo gli intellettuali liberal, sono sempre ansiosi di collocare il pregiudizio razziale fuori da s11. Invece di un declino del pregiudizio si dovrebbe parlare di uno scollamento tra la professione di fede anti-razzista degli europei e la loro prassi, a livello di gruppo e di istituzioni se non di singoli, vissuta come discriminatoria dalle persone interessate. Oltretutto, la tesi del declino del pregiudizio si scontra col mancato miglioramento delle condizioni di vita degli immigrati e spesso anche dei loro discendenti. In molti paesi europei diseguaglianza e apparte-

8 Cfr. R. Brown, Psicologia sociale del pregiudizio, Bologna, il Mulino, 1997; J. Healey, Race, Ethnicity, Gender and Class: The Sociology of Group Conflict and Change [2002], London, Sage Publications, 2008. 9 Fundamental Rigths Agency, eu-midis at a glance. Introduction to the fras eu-wide discrimination survey, Vienna, European Union Agency for Fundamental Rights, 2009. Secondo questo rapporto, il 40% degli intervistati non ha denunciato lultimo caso di discriminazione subto affermando che tanto capita continuamente (p. 6). 10 Eurobarometro, Discrimination in Europe, n. 57.0, serie ordinaria, Bruxelles, 2003. eumc, Majorities Attitude Towards Minorities: Key Findings from the Eurobarometer and the European Social Survey, Vienna, European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia, 2005. 11 G. Myrdal, An American Dilemma, New York, Harper and Brothers, 1944, p. 37.

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nenza etnica continuano a intrecciarsi in modo sistematico nei principali indicatori di benessere, dai salari alle prospettive di mobilit, dalle condizioni di lavoro a quelle abitative, dallo stato di salute alla carriera scolastica, dallaccesso ai media alla rappresentanza politica.

Dilemma morale tra razzismo e valori democratici? Se il pregiudizio razziale non scompare ma permane e si trasforma, va rivista anche la tesi del dilemma democratico ossia la tesi del carattere anomalo del razzismo in uno Stato che si concepisce come una comunit di individui liberi ed eguali, uniti dal rispetto della Costituzione e di leggi democraticamente approvate12. Secondo questa visione, le discriminazioni e i pregiudizi razziali sarebbero deplorevoli elementi di disturbo, irrazionali e incoerenti rispetto alla cultura politica ufficiale fondata sui diritti universali. Il conflitto morale, dovuto alla non coincidenza tra azioni e credenze, sarebbe un fenomeno se non generale almeno generalizzabile a tutti i cittadini: facendo leva sulla vergogna per il loro razzismo pi o meno latente, sarebbe possibile correggere tale innaturale escrescenza13 e realizzare la vocazione democratica delle istituzioni. A fronte della persistente diseguaglianza a sfondo razziale delle nostre societ, si dovrebbe avere la lucidit di ammettere lesistenza di un razzismo democratico o di una democrazia razzista14, ossia di uno Stato formalmente democratico che mantiene la propria coesione e alimenta la fede dei propri cittadini nelleguaglianza escludendo di fatto o di diritto una parte della popolazione. Il pregiudizio razziale come sintomo di errore o di ignoranza? Se il razzismo fa parte della struttura delle nostre istituzioni legali15 e non ne costituisce una semplice aberrazione, si dovr ridiscutere anche la tesi illuminista che considera il pregiudizio come un ragionamento erroneo o

J. Habermas, Fatti e norme, Milano, Guerini e Associati, 1994. M. Billig et al., Ideological dilemmas: a social psychology of everyday thinking, London, Sage Publications, 1988, p. 103. 14 E. Todd, Aprs la dmocratie, Paris, Gallimard, 2008, pp. 120-121. 15 A. Harris, Foreword, in R. Delgado - J. Stefancic, Critical Race Theory, New York, New York University Press, 2001.
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un pensar male degli altri senza sufficienti giustificazioni16. Secondo questa visione, il pregiudizio sarebbe un residuo arcaico in una societ felicemente avviata alla modernizzazione, un segno moralmente deplorevole di scarsa educazione o imperfetta formazione, appannaggio di personalit rigide e inclini allautoritarismo17 e, pi in generale, delle classi popolari. Ma se il pregiudizio sui migranti funziona da ideologia dominante, interna al sistema democratico e funzionale allordine economico-politico attuale, attribuirne la responsabilit ai singoli o, peggio, ai ceti meno istruiti, profondamente scorretto oltre che inutile. Si deve mirare piuttosto a scomporre lintricata rete degli interessi che sostengono i pregiudizi e che ne traggono beneficio, diretto e indiretto, materiale e simbolico. In ultima analisi, va messo in questione il modo di produrre e consumare delle societ industriali avanzate18. Se non vuole restare una mera istanza moralizzatrice o una battaglia di retroguardia sul costituzionalismo in crisi, lantirazzismo deve riportare al centro delliniziativa politica le diseguaglianze di potere e di opportunit di vita che strutturano la societ contemporanea. una teoria critica dei pregiudizi sui migranti Da queste riflessioni emerge il bisogno di una teoria critica dei pregiudizi sui migranti: una teoria orientata alla prassi, capace di rifondarsi a partire dai limiti delle teorie precedenti, di contestualizzarsi nel ciclo economico-politico e nella sua attuale crisi, di favorire la presa di coscienza degli interessi in gioco, di valutare gli effetti del pregiudizio sulle persone e sulla societ, di riaggregare le forze sociali interessate a contrastare il razzismo e a governare diversamente limmigrazione e leconomia, a indicare pratiche e politiche alternative. Premessa di questo programma di lavoro lutilizzo dei pregiudizi come specchio19, attraverso cui individuare le contraddizioni del modello di svilup-

G.W. Allport, La natura del pregiudizio [1954], Firenze, La Nuova Italia, 1973. Th.W. Adorno et al., La personalit autoritaria [1950], Milano, Comunit, 1973. 18 F. Oliveri, La critica dei pregiudizi sui migranti come strategia contro le discriminazioni razziali, in Th. Casadei (a cura di), Lessico delle discriminazioni, tra societ, diritto e istituzioni, Reggio Emilia, Diabasis, 2008. 19 T. Allal et al., Situations Migratoires. La fonction miroir, Paris, Galile, 1977.
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po dominante e delleterogeneo blocco sociale che trae vantaggio dallideologia neo-razzista. La capacit, propria dellimmigrazione, di rivelare ci che latente nel funzionamento di un ordine sociale20, presente in modo ancor pi evidente nelle politiche dellimmigrazione e nei pregiudizi sui migranti. Infatti, le leggi in materia di controllo dei confini, comprese quelle relative allacquisizione e alla perdita della nazionalit, sono di importanza cruciale nella vita di uno Stato in quanto contribuiscono a formare letteralmente la sua popolazione, selezionandone la composizione: come in uno specchio, esse riflettono e mostrano le qualit che noi apprezziamo negli altri21, rivelando la reale scala di valori e i reali interessi di un paese, nonch la sua collocazione nella divisione internazionale del lavoro e nella gerarchia delle nazioni22. Forte di questa premessa, una teoria critica deve offrire strumenti metodologici per analizzare la forma, la materia e la dinamica dei pregiudizi sui migranti, in modo da renderli pi facilmente riconoscibili e attaccabili. Lanalisi della forma ha di mira la retorica della negazione che distingue i pregiudizi neorazzisti da altre forme di giudizio e dalle espressioni di ostilit razziale vecchio stile. Lanalisi della materia permette di tracciare una mappa sistematica dei pregiudizi pi diffusi sui migranti, a partire dalla funzione di selezione della popolazione che le politiche migratorie svolgono nellattuale sistema economico-politico. Lanalisi della dinamica ricostruisce il modo con cui i pregiudizi si accreditano come una teoria valida e producono effetti sociali a catena.

La forma del pregiudizio: negazione del razzismo e uso penalizzante degli stereotipi Eccezionale o permanente che sia, il conflitto tra valori democratici ed esclusione degli immigrati esiste e, per esigenze pi politiche che psicologiche, va reso socialmente accettabile. Per rendere accettabile la discriminazione e normale la disuguaglianza, i pregiudizi attribuiscono alle persone designate uno status di incapacit, diversit o inferiorit di fatto, che sospende lattribuzione di eguaglianza deducibile di diritto dallideale di una societ democratica

A. Sayad, La doppia pena del migrante. Riflessioni sul pensiero di Stato, in Aut Aut, 275. S.H. Legomsky, Immigration, Equality and Diversity, in Columbia Journal of Transnational Law, 1993, 31, p. 335 (corsivi miei). 22 A. Sayad, Limmigrazione o i paradossi dellalterit. Lillusione del provvisorio [1991], prefazione di P. Bourdieu, Verona, Ombre Corte, 2009.
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e inclusiva. In questo modo essi offrono una forma di compromesso relativamente comoda tra atteggiamenti anti-razzisti e istanze di segno opposto, altrimenti avvertibili come contraddittori. Una prima forma di compromesso avviene attraverso forme di negazione e spostamento. Affermazioni come io non sono razzista, ma o io non ho pregiudizi verso gli immigrati, ma sono ottimi esempi di negazione freudiana: per difendersi dallaccusa di razzismo, tali espressioni negando affermano e prevenendo confessano23. Ci che il razzista ragionevole nega, riemerge spostato nella frase successiva al ma, che contiene il pregiudizio. Questo vero anche quando la premessa difensiva, come accade il pi delle volte, resta implicita. Inoltre, ciascun elemento di tale premessa pu essere negato: secondo i casi, la negazione pu interessare il soggetto (non io sono razzista, ma qualcun altro), la copula (io non sono razzista, ma sono loro che) o il predicato (questo non razzismo, ma un problema di)24. La prima negazione vuole spostare dal piano soggettivo al piano oggettivo le ragioni del pregiudizio. Non la persona a nutrire ostilit preconcette, ma sono dei dati di fatto a giustificare la sua posizione, accreditandone il buon senso. Oppure, il rispetto della legalit a indurre la persona a un certo comportamento o a motivare una certa presa di posizione: da quando, si obietta, razzismo chiedere di rispettare le leggi? Infine, sono i partiti e gli intellettuali di sinistra a essere buonisti, esagerati e lontani dalla realt, volendo vedere dei razzisti l dove c soltanto gente esasperata che stata lasciata sola a vedersela con gli immigrati e le cui rimostranze vanno ascoltate come un grido di aiuto e non certo stigmatizzate. Si arriva fino al paradosso per cui lantirazzismo che crea il razzismo, nella misura in cui scatena i sentimenti nazionalistici della popolazione25. E comunque, i veri razzisti sono altri: quelli che aggrediscono fisicamente o verbalmente gli immigrati o che commettono grossolane discriminazioni. Daltra parte, se uno dei tratti distintivi del pregiudizio ragionevole il riget-

S. Freud, La negazione [1925], in Id., Opere complete, Torino, Boringhieri, 1978, vol. 10, pp. 197-198. 24 Per lo sviluppo di simili dispositivi retorici, a partire dalle intuizioni di Freud sul linguaggio dellinconscio, si veda F. Orlando, Illuminismo e retorica freudiana, Torino, Einaudi, 1982, pp. 171-175. 25 E. Balibar, Razzismo e crisi, in Balibar - Wallerstein, Razza, nazione, classe, cit.
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to stesso del pregiudizio, c bisogno di un emblema di pregiudizio irragionevole da cui prendere le distanze, cos da provare la propria ragionevolezza26. Poche cose accreditano e deresponsabilizzano di pi i politici inclini al razzismo ragionevole che poter condannare atti di irrazionale odio razziale. La seconda negazione sposta sui migranti le ragioni dellaggressivit o del sospetto nei loro confronti. Le persone di origine straniera sono ridotte al ruolo di minaccia o risorsa per la nostra sicurezza, il nostro benessere, la nostra identit, senza nessun margine al pluralismo e allindividualit dei percorsi di vita. Oppure le si confina nel ruolo passivo di vittime: della tratta degli esseri umani, dello sfruttamento o, soprattutto nel caso delle donne27, delle tradizioni arretrate e patriarcali delle loro comunit dorigine. Queste riduzioni si fondano su stereotipi che isolano, fissano e generalizzano a tutti i membri della categoria alcune caratteristiche attribuibili, eventualmente, a singoli immigrati. Il ricorso a categorie generali e semplificate pu essere considerato un normale procedimento della mente umana28, con cui questa si orienta in situazioni nuove e sconosciute; al tempo stesso, non tutte le generalizzazioni e le semplificazioni sono innocenti. Usate in modo sistematico e sottratte alla contestazione di chi ne fatto oggetto29, gli stereotipi trapassano rapidamente in pregiudizi ossia producono effetti negativi. In questo senso, tutte le attribuzioni di caratteri e comportamenti fissi sulla base della nazionalit (i rumeni, gli albanesi, i cinesi, i marocchini), dellarea geografica di provenienza (gli arabi, gli africani), della religione maggioritaria del paese dorigine (i musulmani) o di alcune sue interpretazioni (i fondamentalisti islamici) hanno effetto segregante e dunque potenzialmente lesivo. In alcuni casi, come quando si essenzializza un certo status giuridico (i clandestini), lo stereotipo di per s veicolo di pregiudizio. Lo stesso vale spesso per la categoria, generica e differenziante per eccellenza, di immigrato, usata esclusivamente in riferimento a chi proviene da paesi dellest e del sud del mondo, o di immigrato di seconda generazione usata in riferimento a chi

Billig et al., Ideological Dilemmas, cit., pp. 114-115. S.M. Okin et al. (a cura di), Is Multiculturalism Bad for Women?, Princeton, Princeton University Press, 1999. 28 Allport, La natura del pregiudizio, cit., p. 54. 29 S. Benhabib, I diritti degli altri. Stranieri, residenti, cittadini, Milano, Raffaello Cortina, 2006.
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ha ascendenze straniere e fattezze diverse dalla maggioranza, anche se ha acquisito la nazionalit del posto. Tali categorie infatti non si riferiscono in modo neutro a tutti gli stranieri, n soltanto agli stranieri30, ma sono usate per identificare chi di origine non occidentale, chi ha una storia personale o familiare cominciata in paesi meno sviluppati o potenti, e soprattutto chi non appartiene alllite economica o culturale del paese di provenienza. La terza negazione, infine, induce a pregiudizi ragionevoli modificando la natura e le responsabilit del problema in discussione. Il razzismo qui non centra, si afferma: ad essere rilevanti sono i problemi che la presenza degli immigrati pone alle societ europee, come laumento della criminalit e del senso dinsicurezza, la disoccupazione, la concorrenza sleale, labbassamento dei salari, la competizione per gli assegni sociali, la casa, la sanit, i servizi pubblici, le scuole, limpoverimento di alcune zone urbane, la perdita dellidentit nazionale, il rischio fondamentalista e terrorista, e cos via. In questo modo la problematica dellimmigrazione diventa lequivalente funzionale della nozione censurata di razza31. Affette da etnocentrismo, le societ di arrivo sembrano saper parlare dellimmigrazione solo in rapporto a un proprio problema sociale, come qualcosa che esse si limitano a subire dallesterno32, senza considerare in alcun modo che i flussi migratori sono in realt innescati e sollecitati dalle stesse societ di destinazione. Anche il razzismo spiegato come una reazione allimmigrazione clandestina, indiscriminata, indesiderata, eccessiva rispetto alle capacit di accoglienza del paese. Non a caso, quando la severit ufficialmente ammessa e invocata, non lo verso i migranti in genere ma verso quelli che, per cos dire, se la meritano perch vengono per delinquere o non vogliono integrarsi.

La materia del pregiudizio: neutralizzazione del conflitto sociale e convergenza degli interessi Per individuare i contenuti dei pregiudizi sui migranti e darne conto rispetto alle dinamiche della societ contemporanea, opportuno allargare lo spettro

Balibar, Razzismo e crisi, cit. Balibar, Razzismo e nazionalismo, cit., p. 294. 32 A. Sayad, La doppia assenza. Dalle illusioni dellemigrato alle sofferenze dellimmigrato, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2002.
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dei conflitti di cui tali pregiudizi sono espressione. Il conflitto individuale tra una fede liberal-democratica e una prassi sociale discriminatoria pu spiegare la forma indiretta e ragionevole che il pregiudizio assume per risultare accettabile, ma non spiega perch le nostre societ tendano ad escludere i migranti, n perch proprio certi aspetti dei processi migratori diano adito pi di altri a pregiudizi. Si pu ipotizzare che il nuovo senso comune razzista contribuisca a riprodurre il modello di sviluppo dominante neutralizzando i conflitti sociali che lo accompagnano, a partire dal conflitto tra cittadinanza democratica e societ di mercato. Presente in tutte le societ moderne33, tale conflitto diventato sempre pi acuto negli ultimi trentanni, fino a produrre una vera e propria mutazione a livello di ordine politico. La politica attuale si preoccupa sempre meno di garantire il benessere della popolazione nella sua interezza, e si interessa sempre pi di proteggere se stessa e leconomia di mercato dai sentimenti di sfiducia e frustrazione che la competitivit globale produce sulle persone34. Lo Stato non sorveglia pi la produzione e la circolazione di beni e servizi, cercando di renderle compatibili con linteresse collettivo, ma viene sorvegliato dagli attori economici affinch valorizzi i loro interessi privati35. Daltra parte, lorganizzazione delleconomia profondamente mutata rispetto al secondo dopoguerra. Avendo per mercato lintero pianeta e ricorrendo alla borsa per accrescere il proprio valore36, le imprese pi potenti non sono costrette a mantenere alti i salari per vendere i loro prodotti. Ci ha innescato una dura competizione sui costi di produzione e un accentuato dualismo sul mercato del lavoro, nonch una forte speculazione finanziaria e una proliferazione di economie sommerse e criminali. Non solo aumentata lofferta di posti nei segmenti pi elevati del mercato del lavoro (professionisti con profili elevati e dirigenti) e in quelli pi bassi (addetti alle pulizie, alla sicurezza, alle vendite, ai servizi alle persone), pi che nei settori medi (operai

Cfr. J. Habermas, Teoria dellagire comunicativo, Bologna, il Mulino, 1986; A.L. Chua, The Paradox of Free Market Democracy: Rethinking Development Policy, in Harvard International Law Journal, 2000, 287. 34 I. Diamanti, LAuthority della paura, in la Repubblica, 5 luglio 2009. 35 M. Foucault, Nascita della biopolitica, Milano, Feltrinelli, 2007. 36 L. Gallino, Limpresa irresponsabile, Torino, Einaudi, 2005.
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specializzati, capi reparto, impiegati di responsabilit intermedia nel settore pubblico), in cui molti posti sono stati automatizzati o esternalizzati nei paesi a bassi salari, ma soprattutto una parte crescente degli attuali lavori a basso salario, invece di essere il primo passo verso migliori opportunit di impiego, conduce in un vicolo cieco37. Questa dinamica ha avuto conseguenze fortemente regressive sui lavoratori, in termini di diritti e coscienza politica, sicurezze e prospettive di mobilit, retribuzioni e potere dacquisto, durata e qualit del lavoro. La tendenza positiva iniziata nel secondo dopoguerra si invertita e, in congiuntura con la sovrapproduzione globale e la politica statunitense del credito facile, ha innescato lattuale crisi economica38. In queste condizioni la cittadinanza inclusiva e pluralista, che si era affermata dalla seconda met dellOttocento in poi, decade a mero ideale e nella pratica tende a capovolgersi in una cittadinanza esclusiva e monista, riservata di fatto alla parte di popolazione che risponde a certi requisiti di reddito, status, formazione, stili di vita. Ne risulta un ordine sociale assai instabile, che produce precariet, ineguaglianza e disordine senza pi preoccuparsi di correggere tali disfunzioni ma limitandosi a tenerle sotto controllo, tramite la responsabilizzazione individuale e la colpevolizzazione collettiva, il consumismo e lindebitamento, le politiche della sicurezza e lidentitarismo culturale39. Le politiche di controllo dellimmigrazione costituiscono un elemento centrale di questo sistema. Attraverso la stretta sulle regole dingresso, di soggiorno e di regolarizzazione, sui dispositivi di espulsione, e sui requisiti daccesso alla nazionalit, i governi possono selezionare e manipolare la propria popolazione40 in funzione delle esigenze economiche, politiche, sociali, e perfino morali del paese. Daltra parte, il regresso della cittadinanza democratica minaccia potenzialmente tutti e pu alimentare forti tensioni

37 Cos Saskia Sassen in F. Oliveri, Le migrazioni nei processi di globalizzazione. Una conversazione con Saskia Sassen, in Jura Gentium, settembre 2008, pagina web: www.juragentium. unifi.it/it/surveys/migrant/oliveri.htm. 38 A. Burgio, Senza democrazia. Per unanalisi della crisi, Roma, DeriveApprodi, 2009. 39 Cfr. Z. Bauman, Modernit liquida, Laterza, Roma-Bari, 2001 e Id., Il mondo drogato della vita a credito, in la Repubblica, 8 ottobre 2008. 40 E. Santoro, La fine della biopolitica e il controllo delle migrazioni, in P. Cuttitta - F. Vassallo Paleologo (a cura di), Migrazioni, frontiere, diritti, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006.

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sociali. I pregiudizi sui migranti contribuiscono a gestire lintero sistema della diseguaglianza, favorendo la competitivit e neutralizzandone gli effetti pi destabilizzanti. Non un caso che le principali categorie di pregiudizio corrispondano puntualmente ai principi delle politiche migratorie contemporanee. I contenuti dei singoli pregiudizi risultano dallincrocio delle tre priorit politiche nella gestione selettiva dellingresso e del soggiorno dei migranti benessere, sicurezza, identit e dei tre principali criteri secondo cui la selezione viene condotta utilit, rischio, obbligo umanitario criteri che riducono di volta in volta i migranti al ruolo di risorsa, di minaccia o di vittima (cfr. Tabella 1). Tali pregiudizi non interessano ugualmente tutti i migranti, n attecchiscono in tutta la popolazione autoctona allo stesso modo, anche perch sono contraddittori tra loro. I migranti sembrano, allo stesso tempo, utili e dannosi, minacciosi e bisognosi di aiuto: sottraggono posti di lavoro ma svolgono mansioni fondamentali che noi non vogliamo pi fare, abbassano i salari ma pagano le nostre pensioni, alterano la nostra identit culturale ma ci arricchiscono con le loro diversit, hanno forme di vita incompatibili con le nostre ma vanno anchessi protetti dalla loro cultura. Daltra parte, proprio questa forte diversificazione costituisce uno dei principali punti di forza del pregiudizio. Intorno ad esso si realizza, infatti, una potente convergenza di interessi41 tra gruppi sociali diversi e potenzialmente antagonisti: imprenditori e consumatori alla ricerca della manodopera e dei prezzi pi a buon mercato; ceti popolari in difficolt che dallesclusione degli ultimi arrivati traggono qualche gratificazione sociale; ceto politico interessato a rimuovere le proprie responsabilit in campo economico-sociale spostandole sui migranti e a costruire il proprio consenso sullemergenza sicurezza e sulla divisione del mondo del lavoro.

41 D. Bell, Silent Covenants. Brown v. Board of Education and the Unfulfilled Hopes for Racial Reform, Oxford, Oxford University Press, 2004. Nella storia del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti, la nozione di convergenza di interessi stata utilizzata allinizio per spiegare le politiche razziali progressiste, ma stata poi generalizzata a tutte le politiche aventi per oggetto le condizioni delle minoranze e la loro posizione nella societ.

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Tabella 1. Mappa dei pregiudizi sui migranti e sui loro discendenti. Priorit/ criteri di selezione Risorsa (Abbiamo bisogno di immigrati) Criterio dellutilit Minaccia (Ci sono troppi immigrati) Criterio del rischio Gli immigrati sono criminali portano malattie Gli immigrati ci rubano il lavoro abbassano i nostri salari abusano del nostro stato sociale sono meno formati di noi hanno figli che abbassano il livello delle nostre scuole frodano le regole dasilo Gli immigrati ci arricchiscono con le loro differenze culturali Identit Gli immigrati si comportano come a casa loro occupano gli spazi pubblici minacciano i nostri valori non vogliono integrarsi (donne e figli dei migranti come vittime) Gli immigrati opprimono e maltrattano le (loro) donne sfruttano i (loro) figli Vittime (Gli immigrati sono disperati) Criterio dellobbligo umanitario Gli immigrati sono vittime di organizzazioni criminali Gli immigrati sono vittime della fame, delle carestie, della povert, delle guerre

Sicurezza

(risorsa economica e politica censurata) Gli immigrati fanno i lavori che noi non vogliamo pi fare pagano le nostre pensioni

Benessere

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La dinamica del pregiudizio: costruzione di teorie e profezie che si auto-avverano A livello sociale, dunque, i pregiudizi non sono solo razionalizzazioni a posteriori di atteggiamenti e comportamenti altrimenti censurabili come discriminatori: essi creano schemi mentali che orientano il giudizio e lazione delle persone. Per questo i pregiudizi non stravolgono mai del tutto la realt, ma ne forniscono interpretazioni funzionali e coerenti sotto forma di vere e proprie teorie, alla cui elaborazione contribuiscono i media e i cosiddetti intellettuali allineati42. Oltre a supportare con esempi e generalizzazioni le affermazioni avanzate, lo scopo di queste teorie produrre determinati comportamenti, sia negli autoctoni che nei migranti, e giustificare certe scelte politiche di solito restrittive o punitive. Leffetto di esclusione o di auto-esclusione che ne deriva contribuisce, circolarmente, a confermare le assunzioni di partenza secondo il meccanismo delle profezie che si auto-avverano43.

Figura 1. Dinamica circolare dei pregiudizi.

42 A. Dal Lago, Non-persone. Lesclusione dei migranti in una societ globale [1999], Milano, Feltrinelli, 2004. 43 R.K. Merton, Teoria e struttura sociale, vol. II. Studi sulla struttura sociale e culturale, Bologna, il Mulino, 2000.

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Le politiche dellimmigrazione sono al centro di questa dinamica circolare: esse sono, al tempo stesso, stimolate da pregiudizi e stimolo di pregiudizi. Da qui la necessit di modificarle radicalmente per decostruire il nuovo senso comune razzista. A predisporre i migranti al pregiudizio , infatti, la loro stessa condizione giuridica inferiore e il conseguente accesso differenziato ai diritti44. In effetti, come la parit nei diritti genera il senso delluguaglianza basata sul rispetto dellaltro come uguale, cos la diseguaglianza nei diritti genera limmagine dellaltro come diseguale, ossia inferiore antropologicamente proprio perch inferiore giuridicamente45. Funzionando allinterno di un simile frame ideologico, i pregiudizi resistono a singole prove contrarie: i dati che sembrano smentirli sono letti come eccezioni che confermano la regola, cos che il vicino o il collega immigrato che si conosce personalmente pu essere una brava persona pur essendo un immigrato, oppure lo si considera un immigrato atipico46. Categorie del pregiudizio sui migranti

I migranti come risorsa Il sistema dei visti e delle quote produce migranti dallo status giuridico flessibile, come tali assai utili al modello produttivo attuale, altamente competitivo, frammentato e povero di protezioni sociali collettive. Da un lato, i migranti con elevata formazione o professionalit particolarmente richieste, come gli ingegneri informatici, i medici o i ricercatori, vengono attratti da condizioni agevolate di accesso e soggiorno, per s e i loro familiari: diversi paesi europei selezionano ormai i candidati allimmigrazione in base a punteggi relativi a formazione, et, reddito, conoscenza della lingua e della cultura nazionali. Dallaltro lato, la precariet giuridica apre la strada a un intenso sfruttamento del lavoro migrante, come nel caso delleconomia sommersa. In questo modo il mercato del lavoro e dei servizi meno qualificati si etnicizza. I non occidentali vengono confinati nei settori meno ricercati

44 L. Morris, Managing Migration. Civic stratification and migrants rights, London, Routledge, 2002. 45 L. Ferrajoli, Diritti fondamentali. Un dibattito teorico, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 26. 46 G. Faso, Tipico, in Id., Lessico del razzismo democratico, cit., pp. 128-129.

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perch socialmente degradati, pericolosi, insalubri, peggio retribuiti, e questo indipendentemente dalle competenze e dai livelli distruzione delle persone. Se ne giovano piccoli e medi imprenditori, che riescono a mantenere profitti accettabili comprimendo il costo del lavoro, ma se ne giovano anche i consumatori impoveriti a caccia di prodotti a basso prezzo e le famiglie cui lo Stato non fornisce servizi di assistenza agli anziani e di cura ai bambini. Affermare che abbiamo bisogno dei migranti per occupare i lavori che noi non accettiamo pi, significa coprire questi interessi avvalorando limmagine degradata di lavoratori che non sanno fare altro che i lavori da immigrati, pronti ad accettare qualsiasi occupazione pur di mandare soldi a casa. La degradazione si fa pi acuta per le generazioni successive alla prima. Aspirando alle stesse opportunit dei coetanei, ma scontando forti discriminazioni, i figli degli immigrati rischiano di essere percepiti come un residuo non voluto delle migrazioni passate: una posterit inopportuna47 che, priva dello spirito di sacrificio dei genitori, non sa o non vuole integrarsi e va gestita dunque con politiche repressive, come da decenni avviene nelle banlieues francesi48.

I migranti come minaccia La rappresentazione dei migranti come risorsa si intreccia a quella dei migranti come minaccia: una minaccia molteplice per il benessere, la sicurezza e lidentit del paese di arrivo. Non un paradosso: la criminalizzazione e la messa a distanza culturale concorrono a massimizzare lutilit dei migranti, sia sul piano materiale che su quello simbolico. Ne fanno, cio, dei nemici convenienti49. Innanzitutto, si criminalizzano tutte i fenomeni migratori che eccedono i criteri utilitaristici oggi alla base dei controlli: il reato dimmigrazione clandestina, recentemente introdotto nellordinamento italiano, formalizza un principio da tempo centrale nel sistema delle migrazioni. In un modello

S. Palidda, Mobilit umane. Introduzione alla sociologia delle migrazioni, Milano, Cortina Editore, 2008, pp. 146 sgg. 48 S. Khiari, Pour une politiques de la racaille. Immigr-e-s, indignes et jeunes de banlieues, Paris, Edition du Textuel, 2006. 49 L. Wacquant, Nemici convenienti. Stranieri e migranti nelle prigioni dEuropa, in Id., Simbiosi mortale. Neoliberalismo e politica penale, Verona, Ombre Corte, 2002.
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economico basato sulla mobilit globale del capitale, logico che si cerchi di tenere ferma la manodopera: se questultima si spostasse l dove il capitale deve pagarla di pi, invertendo il movimento degli investimenti verso i luoghi del pianeta in cui produrre costa meno, le delocalizzazioni sarebbero meno vantaggiose50. La criminalizzazione costituisce poi un potente dispositivo di pressione sui lavoratori che, in assenza di adeguati canali dingresso legale nel paese, devono accettare periodi pi o meno lunghi di irregolarit prima di essere ammessi a uno status regolare. In maniera simmetrica, il controllo sul piano culturale e religioso costringe i migranti allipercorrettezza, facendo accettare cattive condizioni di vita specialmente a quei migranti che non subiscono pi il ricatto dellespulsione. La criminalizzazione vince, infine, le resistenze giuridiche e morali contro la prolungata esclusione dei migranti dai benefici dello Stato sociale. Largomento della legalit violata supera, nella cultura politica neorazzista e nel sentire comune, ogni obbligo in materia di diritti umani: in fondo, non si pu essere solidali con chi viola le nostre leggi e attacca le nostre vite, i nostri beni, i nostri valori51. Si legittima cos il principio che la scarsit di risorse per i diritti sociali pu essere alleviata escludendone gli ultimi arrivati, specie se li sospetta di abusare del nostro Stato sociale, di non pagare le tasse, di rubare il nostro lavoro o di fare concorrenza sleale. Occorre ristabilire, si afferma, una giusta gerarchia per cui gli assegni sociali, le cure mediche, le case popolari, gli asili comunali, vanno assegnate prima ai nazionali e soltanto dopo a tutti gli altri. Gi al momento della domanda dingresso nel paese, gli immigrati devono dimostrare di avere le risorse necessarie a mantenere s e la propria famiglia, in modo da non essere un peso per le casse dello Stato ma solo un vantaggio. In questo modo, i governi nazionali che hanno scelto di ridurre la spesa sociale sedotti dal neo-liberismo, possono mantenere il consenso giocando la carta della lotta al crimine e al fondamentalismo religioso: lo Stato offre ai cittadini lo spettacolo del proprio attivismo e dimostra che sta facendo qualco-

F. Dvell, La mondialisation du contrle des migrations, in P. Arcila et al. (a cura di), Politique migratoires. Grand et petite manuvres, Lyon, Carobella, 2005, pp. 13-43. 51 Santoro, La fine della biopolitica, cit., p. 314.
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sa per la sicurezza e per lidentit nazionale. Su questa strada, evidentemente, i problemi sociali di fondo non vengono neanche sfiorati e se ne possono solo creare di nuovi. I migranti sono utilizzati per legittimare la gestione dei conflitti sociali come problemi di ordine pubblico. Si consolida sulla loro pelle lerrore scientifico e civile secondo cui la gestione poliziesca e carceraria sia il rimedio ottimale, la via regia verso la restaurazione dellordine sociale e morale, [] e che non ci siano alternative se si vogliono contenere le tensioni sociali e mentali indotte dalla frammentazione del lavoro salariato e dalla polarizzazione dello spazio urbano52. In una societ che non sa o non intende pensare alternative al modello di sviluppo dominante, i pregiudizi sui migranti compiono il miracolo di trasformare il risentimento e la sorda protesta contro i rapporti di potere vigenti nella societ in una ideologia che diventa loro essenziale sostegno53. Partecipando allo sfruttamento e allesclusione dei migranti, i ceti popolari in difficolt si sentono parte del gruppo dominante. Ansie, frustrazioni e insicurezze sono scaricate su chi, per le proprie inferiori condizioni sociali, visto come potenziale concorrente. Questa guerra tra gli ultimi e i penultimi impedisce qualsiasi alleanza politica tra ceti subalterni54 o comunque interessati al cambiamento e, nascondendo le responsabilit politiche delle lites, rallenta lo sviluppo di una coscienza critica.

I migranti come vittime I casi umani nutrono la buona coscienza delle democrazie occidentali e la loro immagine positiva di s come societ accoglienti e rispettose dei diritti umani55. Si tratta di una prospettiva fortemente paternalistica, tanto che i migranti sono spesso descritti come disperati. La scelta di partire comunque dal proprio paese, anche senza documenti, non riconosciuta come una

L. Wacquant, Punire i poveri. Il nuovo governo dellinsicurezza sociale, Roma, DeriveApprodi, 2006. 53 S. Petrucciani, Razza, razzismo e teorie critiche, in Th. Casadei - L. Re (a cura di), Differenza razziale, discriminazione e razzismo nelle societ multiculturali, vol. 1, Reggio Emilia, Diabasis, 2007, p. 73. 54 Bell, Silent Covenants, cit., p. 80. 55 van Dijk, Il discorso razzista, cit., p. 57.
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coraggiosa scelta di emancipazione, come un voto espresso con i piedi56, ma viene banalizzata. I migranti sono abbassati al ruolo passivo di vittime: vittime della povert, dei disastri ambientali e delle guerre, di cui vengono rimosse le responsabilit occidentali; vittime delle organizzazioni criminali che reclutano in maniera scientifica i candidati allimmigrazione irregolare e di cui dunque meritorio bloccare i traffici, intercettando i barconi e rinviandoli ai paesi di provenienza. Per gettare discredito su questi percorsi migratori irregolari, per altro fisiologici in assenza di sufficienti canali daccesso legali, si confondono fenomeni molto diversi tra loro, come la tratta degli esseri umani, in cui le persone sono portate nel paese contro la loro volont e messe in schiavit, e la pratica dei passeurs, che aiutano a pagamento chi senza documenti ad entrare nei nostri paesi. I principi di selezione alla base delle politiche migratorie attuali, sono diametralmente opposti, per la loro natura politicamente discrezionale e utilitaristica, al riconoscimento di un diritto umano come lasilo, in teoria non discrezionale e chiaramente solidaristico. In questo quadro, le vittime possono essere utilizzate per restringere ulteriormente laccesso allasilo e giustificare violazioni del diritto internazionale in materia. Ad esempio, secondo le retoriche correnti, quanti arrivano lungo le rotte mediterranee saranno comunque espulsi perch privi dei requisiti per lasilo (premessa ovviamente indimostrabile, se non si svolgono le procedure); di conseguenza, scoraggiarli ricorrendo al deterrente del respingimento in mare significherebbe proteggerli dal rischio di morire durante il viaggio. Sarebbe, dunque, pi umanitario non farli neanche partire. Starebbe a noi salvarli dalla disperazione ma, come nel caso del mancato sviluppo economico, dovremmo salvarli a casa loro, spostando le procedure dellasilo nei paesi di provenienza. Analoghe crociate di salvezza interessano a volte le donne migranti, specie se vittime di violenze o di divieti familiari, e se provenienti da paesi a maggioranza musulmana. A queste iniziative, spesso assai mediatizzate, non sempre corrispondono adeguate politiche sociali di accompagnamento e di promozione dellautonomia femminile: prevale inoltre molto spesso una secca logica di allontanamento dalla famiglia. In realt, lo scopo quello di

56 P.A. Fischer - Th. Straubhaar, konomische Integration und Migration in einem gemeinsamen Markt, Stuttgart, Paul Haupt, 1994, p. 130.

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stigmatizzare le culture dorigine dei migranti come arretrate, chiuse, oppressive, fondamentaliste, di denunciare la loro incompatibilit con la nostra cultura e di far risaltare, per contrasto, limmagine positiva del nostro stile di vita, cui si immagina che tutti, se fossero liberi di farlo, vorrebbero aderire.

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