Matrimoni misti:
conflitto fra diritto naturale e teologia?
di Urbano Navarrete, S.I.
1. Urgenza di rinnovamento
La disciplina canonica sui matrimoni misti sancita nel CIC 1917
era uno dei settori che richiedevano una revisione con più urgenza.
Questo fatto si fece particolarmente sensibile quando nel 1959 Gio-
vanni XXIII, nell’annunziare il futuro Concilio, indicava come scopo
specifico dell’assemblea conciliare il promuovere l’unità dei cristiani.
Da quel momento il problema dei matrimoni misti divenne per gli
acattolici e per molti cattolici il banco di prova della sincerità della
Chiesa cattolica nel promuovere l’ecumenismo. Giovanni XXIII morì
prima di poter realizzare qualche cosa di significativo in questo cam-
po. Il faticoso cammino della revisione del diritto sui matrimoni misti
sarà percorso da Paolo VI, con successivi passi tentennanti: dal M. P.
Pastorale munus del 30 novembre 1963, che segna il primo gesto
verso una disciplina più flessibile, fino al M. P. Matrimonia mixta del
31 marzo 1970, che sancisce la disciplina che poi sarà codificata nel
Codice del 1983.
Sarà bene innanzitutto tener presenti i punti chiave della legi-
slazione canonica del CIC 1917 al riguardo. Li possiamo sintetizzare
nei seguenti: 1) Esistenza di due impedimenti matrimoniali: impedi-
mento proibente di «mista religione», il quale vige fra cattolico e
acattolico battezzato (c. 1060); impedimento dirimente di «disparità
di culto», che vige fra cattolico e non battezzato (c. 1070). 2) La di-
spensa di questi due impedimenti non si concedeva a meno che si
verificassero le condizioni seguenti: a) che urgessero giuste e gravi
cause; b) che fossero prestate le «cauzioni» e cioè: da parte del co-
niuge acattolico la garanzia di allontanare dal cattolico il pericolo di
perversione della fede, mentre da parte di entrambi i coniugi la ga-
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1
Cf VAN LEEVEN, P.A., Quelques chiffres concernant les mariages mixtes, in: Le problème des mariages
mixtes, Paris, 1969, 150-152.
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2
HÄRING, B., Marriage mixte et Concile, in: Nouvelle Revue Théologique, 94 (1962) 699-908. Contro tale
interpretazione della storia scrisse subito BERNHARD, J., Le deuxièmme Concile du Vatican et le problème
des mariages mixtes, in Rev. du Droit c. 11 (1961) 151-162. (Da notare che dovuto al numero dedicato al
Card. Jullien, questo numero della rivista usci molto più tardi).
3
Cf 1 Cor 7,12-18; 1 Pt 3,1-7.
4
Cf TOMKO, G., Matrimoni misti, Napoli 1971, pp. 39-42.
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5
C. 15: «Propter copiam puellarum gentilibus minime in matrimonio dandae sunt virgines christianae,
ne aetas in flore tumens in adulterium animae resolvatur»: MANSI, 2,8.
6
C. 16: «Haeretici, si se transferre noluerint ad ecclesiam catholicam, nec ipsis catholicas dandas esse
puellas, sed neque judaeis, neque haereticis dare placuit, eo quod nulla possit esse societas fidelis cum
infidele: si contra interdictum fecerint parentes, abstineri per quinquennium placet»: MANSI, 2,8.
7
C. 17: «Si forte sacerdotibus idolorum filias suas iunxerint, placuit, nec in fine dandam esse commu-
nionem»: MANSI, 2,8.
8
C. 11: «De puellis fidelibus quae gentilibus iunguntur, placuit ut aliquanto tempore a communione se-
parentur»: MANSI 2,472.
9
C. 10: «Non oportere eos qui sunt ecclesiae indiscriminatim suos filios haereticis matrimonio coniun-
gere»: MANSI, 2,565.
10
C. 31: «Quod non oportet cum omni haeretico matrimonium contrahere, vel dare filios aut filias: sed
magis accipere, si se christianos futuros profiteantur»: MANSI, 2,569.
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11
C. 14: «Quoniam in nonnullis provinciis concessum est lectoribus et cantoribus uxores ducere, de-
crevit Sancta Synodus nulli eorum licere diversae a recta opinionis uxorem ducere: eos autem qui ex
eiusmodi matrimonio liberos susceperunt, si eos quidem baptizare apud haereticos praevenerint, ad
catholicae ecclesiae communionem adducere; si autem non baptizaverint, non posse eos apud haereti-
cos baptizare. Sed neque haeretico, vel pagano, vel Judaeo, matrimonio iungere, nisi utique persona,
quae orthodoxae iungitur, se ad orthodoxam fidem convertendam spondeat. Si quis autem hoc Sanctae
Synodi decretum transgressus fuerit, canonicis poenis subiiciatur»: MANSI, 7,363.
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12
Cf LEFEBVRE, Ch., Quelle est l’origine des expressions «matrimonia mixta» et «mixta religio»?, in: Ius
Populi Dei, Miscellanea in honorem R. Bidagor, III, Roma 1972, 359-373.
13
Cf TOMKO, G., op. cit., pp. 45-49.
14
Per una esauriente e accurata informazione, cf G. CAPRILE, Il Concilio Vaticano II, vol. II, Roma 1968,
121, 217, 33; vol. IV, Roma 1965, 491-500. Su quanto esporrò in sintesi in questo punto, vedere il mio
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studio: La riforma della legislazione canonica sui matrimoni misti e l’esercizio della collegialità sotto il
pontificato di Paolo VI, in: Paul VI et les réformes institutionnelles dans l’Élise, Juornée d’études, Fribourg
(Suisse) 9 novembre 1985, Brescia 1987, 87-100.
15
Cf AAS 59 (1967) 165-166.
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16
AAS 57 (1965) 639.
17
AAS 58 (1966) 235-239. Per un commento all’Istruzione, cf U. NAVARRETE, Annotationes canonicae ad
lnstructionem «Matrimonii sacramentum» S. Cong. pro Doctrina Fidei, in: Periodica, 55 (1966) 755-769.
18
Per ulteriori informazioni sui singoli punti, con i risultati delle votazioni, rinviamo al nostro saggio
Matrimonia mixta in Synodo Episcoporum, in: Periodica 57 (1968) 653-692. Per una informazione esau-
riente, cf G. CAPRILE, Il Sinodo dei Vescovi, Roma 1968, 325-338.
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19
AAS 62 (1970) 257-263. Per un’analisi canonistica del documento rinviamo al nostro commentario in:
Periodica 59 (1970) 415-469.
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20
AAS 62 (1970) 258.
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21
Schema Decreti De Matrimonii Sacramento, Typis Pol. Vat. 1963, p. 11.
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ligione cattolica». Poi prescrive che si deve inculcare con gravi paro-
le nel coniuge cattolico l’obbligo di battezzare ed educare la prole
nella religione cattolica, il cui adempimento verrà assicurato con la
espressa promessa della parte cattolica, vale a dire con le cauzioni 22.
Nel Sinodo dei Vescovi del 1967 si trattò lungamente del problema
delle «cauzioni», specialmente la questione del loro fondamento e
della loro finalità. La distinzione fra pericolo della fede dei coniugi e
obbligo del battesimo ed educazione cattolica della prole appare
chiara, già nella formulazione nella prima parte del III quesito: «Se
per dispensare dall’impedimento basti che l’autorità competente ab-
bia la certezza morale: 1) che la parte cattolica non subisce alcun pe-
ricolo di mancare (deficiendi) alla propria fede e se è pronta a fare
tutto il possibile (omnia pro posse faciendi) perché la prole sia battez-
zata ed educata cattolicamente». Dalla Relazione e dalla discussione
appare chiaro che tale formulazione intende esprimere le esigenze
del diritto naturale 23. In fine nel M.P. Matrimonia mixa, si adoperano
formule ancora più flessibili. Nella introduzione si dice: «Perciò i fe-
deli siano ammoniti che il coniuge cattolico ha l’obbligo di conserva-
re la propria fede e perciò mai gli è lecito esporsi al pericolo prossi-
mo di perderla. Inoltre nel matrimonio misto la parte cattolica ha
l’obbligo non soltanto di perseverare nella fede, ma anche di procu-
rare in quanto è possibile (quantum fieri potest) che la prole sia bat-
tezzata ed educata nella medesima fede e che riceva tutti i mezzi di
salvezza che la Chiesa cattolica offre ai suoi figli». Questo sarà poi il
contenuto delle cauzioni della parte cattolica: «... la parte cattolica di-
chiari che è pronta ad allontanare i pericoli di venir meno alla sua fe-
de. Inoltre la stessa ha l’obbligo di prestare una sincera promessa,
che farà il possibile (se omnia pro viribus facturam esse) perché tutta
la prole sia battezzata ed educata nella Chiesa cattolica» 24. Nel CIC
1983 a proposito dei matrimoni misti non si menziona esplicitamente
il diritto divino. Le cauzioni hanno la stessa formulazione che nel
M.P. Matrimonia mixta.
Questa breve analisi dimostra come la dottrina abbia precisato
sempre con maggior prudenza i limiti del diritto divino al riguardo,
distinguendo bene fra il pericolo della fede del coniuge cattolico da
22
AAS 62 (1966) 236-237.
23
Cf NAVARRETE, Matrimonia mixta in Synodo Episcoporum, cit., pp. 661-671.
24
AAS 59 (1970) 259, 261.
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5. Comunione di vita
La sollecitudine pastorale della Chiesa riguardo ai matrimoni
misti non si basa tanto sul pericolo di violazione della legge divina,
quanto sulle gravi difficoltà intrinseche che comportano di per sé,
ceteris paribus, i matrimoni misti per il raggiungimento pieno delle
altissime finalità del matrimonio cristiano, sia quanto ai coniugi, sia
quanto alla prole, sia anche quanto alla comunità ecclesiale e, in mol-
ti aspetti, anche quanto a quella politica.
È da rilevare che nel matrimonio cristiano, i beni da attuare e le
finalità da raggiungere non sono soltanto quelli propri della istituzio-
ne naturale del matrimonio, ma anche, anzi in prevalenza, sono quel-
le finalità altissime che il Signore ha voluto annettere al fatto di aver
elevato il matrimonio a segno efficace di grazia, «immagine e parte-
cipazione del patto d’amore del Cristo e della Chiesa» (GS, 48). Que-
ste finalità vengono segnalate in sintesi nella Cost. GS del Vaticano
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25
S. AMBROSIUS, DE ABRAHAM, lib. 1, c. 9, n. 84: P.L., 14, 450-451: «Se ciò è importante in altre materie,
quanto più importante sarà nel matrimonio, dove si realizza l’unità del corpo e dello spirito. Come si
può consolidare l’amore se la fede divide?».
26
S. AMBROSIUS, Epist. Clas I, Epist. 19, n. 7: P.L. 16, 984-985: «Come si può denominare unione coniu-
gale una unione dove non c’è la concordia della fede? Dove la preghiera deve essere comunione, come
può esservi un reciproco amore coniugale fra coloro che sono distanti dal punto di vista religioso?».
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27
AAS 62 (1970) 259.
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28
Cf per tutti BAUDOT, D., L’inséparabilité entre le contrat et le sacrement de mariage. La discussion après
le Concile Vatican II, Analecta Gregoriana 245, Roma 1987.
29
Cf Esort. Apost. Familiaris consortio, 22 nov. 1981, specialmente n. 68.
30
CIC 1983, c. 1055 par. 2; CCEO 1990, c. 776 par. 2.
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31
Cf ADNES, P., De matrimonio infidelium qui convertuntur, in: Periodica, 67 (1978) 73-80.
32
Cf DACANAY, A.N., Matrimonium ratum: Significatio termini, in: Periodica, 79 (1990) 69-89.
33
«Viget nimirum in coniugio inter baptizatos – quod verum est sacramentum – quaedam spiritualium
bonorum communio, quae in matrimonio deest, a coniugibus inito, quorum alter est baptizatus, alter ex-
pers baptismi»: AAS 62 (1970) 258-259.
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