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Esiste un motivo che ricorre in tutte le civiltà di ogni latitudine geografica ed epoca storica; una

sorta di archetipo che continua ad avere un’importanza fondamentale per il nostro modo di
dimorare sul pianeta Terra: l’acqua. I miti cosmogonici dei Sumeri – confluiti e rielaborati dalla
Genesi, dall’Enuma Elish, come pure presenti nei sistemi egiziani e nel Popol Vuh dei Maya –
narrano delle ‘acque primordiali’ quale sostrato originario su cui le divinità intervennero, separando
progressivamente le ‘radici’/stoicheia – gli elementi basilari – con cui la realtà assunse forma
colonizzando lo spazio. La filosofia trovò in Talete la prima ‘razionalizzazione’ di questa
‘sensibilità’: il sophos di Mileto, infatti, congetturò che l’hydor – l’umido – fosse l’arché, il
principio costitutivo del cosmo, che condensandosi e rarefacendosi innesca tutti i fenomeni fisici.
San Francesco ne esaltò la bellezza creaturale, la sua ‘umile’ funzione che permette alla vita di
rinnovarsi in un incessante rigoglio di flora e fauna. Ecco: pensando a queste venerande tradizioni
veniamo sollecitati a salvaguardare questa preziosa e benefica risorsa; fragile e precaria, esposta alla
polluzione, allo spreco, all’esaurimento, in altri termini, insidiata dai comportamenti rapaci
dell’uomo. L’uomo, confidando eccessivamente nei poteri della tecnica, sedotto dalla logica
dell’accaparramento, ha stoltamente alterato gli equilibri della bio-sfera, estinguendo o minacciando
di estinzione intere specie e nicchie a-biotiche. Si dice che le guerre del futuro verranno combattute
per controllare le esigue riserve d’acqua, oppure, al contrario, che le acque torneranno a dominare il
mondo dopo un’apocalisse nucleare, come è stato ben evidenziato nel film Waterworld. Difficile
dire cosa potrà accadere: adesso possiamo e dobbiamo solo impegnarci per evitare di preparare un
destino fosco e miserevole

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