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D'Ancona Alesandro. Le Fonti del Novellino (2e article). In: Romania, tome 3 n°10, 1874. pp. 164-194;
doi : https://doi.org/10.3406/roma.1874.6678
https://www.persee.fr/doc/roma_0035-8029_1874_num_3_10_6678
TESTO GtlALTERUZZI.
NOVELLA III.
D'un sàvio greco che uno re teneva in prigione come giudicd d' ano dés¬
ir iero.
Un greco giudica che un cavallo fu nudrito a latte d'asina dal vederglï
tenere le oreccaie chínate : che una pietra prezioza ha un verme dentro
perché è calda, anziehe fredda come naturalmente dovrebbe essere, e
che finalmente il re, al quale ha dató sifFatte prove di recóndita sapieuza,
è figlio di un panattiere, perché in rimerito gíi ha dato un mezzo pane
perdono
in giorno,
almeno
laddove
una se
nobile
fosse città.
stato vero figlio di re, avrebbegii dovuto dare
È con lievi variazioni la I! del Testo B., e, molto più svolta, la X del P.
il racconto è di origine orientale, e come osservö già il Dunlop,
Gesch. d. Prosadicht, üb . v. Liebrecht (Berlin, Müller, 1851, p. 212),
si ritrova neila Novella dei tre figli del Sultano di Yemen, e meglio in
quella dei Tre avventarieri e del Sultano, tradotta dallo Scott [Tales, etc.
transi from the arab. and ptrs.). Vedilo anche nella traduzione tedesca
delle Mille e una notte di Habicht e Von der Hagen (nott. 458; e
neile Mille et une nuits (ediz. Loiseleur-Deslongchamps, Paris,
Panthéon littér. , 1841, p. 689-94). Nella Vita di Virgilio di Donato
questo aneddoto è appropriato al gran poeta latino ; ma come osserva
il Prof. Comparetti (Virgilio riel M. Evo , Livornô, 1872, II, 141)
non trovasi nei manoscritti di Donato anteriori al sec. XV, sicchè
debbe ritenersi per interpolazione posteriore. È anche nel libro spa-
gnolo de los enxemplos, n° CCXLVII (in Gayangos, Escritores en prosa
anter. al siglo XV, Madrid, Rivadeneyra, i860, p. 508) che l'editore
aggiudica al secolo deeimoterzo. Si trova anche in greco moderno
nella Histoire de Ptocholécn, publ. par E. Legrand (n° 59 délia
Corne uno re fece nodrire uno suo figliuolo dieci anni in luogo tenebroso ,
e poi li mostró tutte le cose , e più li piacque le femmine.
Un principe viene fin dalla nascita tenuto riuchiuso : quando, compiuti
i dieci anni, puô uscire e gli si mostrano tutte le cose più belle, le donne
gli piacciono sopra tutte, quantunque gli si dica che sono demonj.
Con lieve varianti èla XIII B. e più ampiamente svolta, la XIX P.
È questo il notissimo episodio del Romanzo di Barlaam e Josafat
che nella versione italiana pubblicata dal Bottari (Roma, Mordacchini,
181Ó) leggesi apag. 104. Il Du Méril (Hist. Poès.Scandin., p. 748)
trova una rassomiglianza, non disdetta neppuredal Liebrecht (Fonti
del Barlaam e Josafat , in D' Ancona, Sacre rappresentazioni, Firenre,
! 68 A. p'amcona
Le Monnier, 1872, II, 161) tra questo racconto e un episodio del
Ramayana. Il vero è che ivi il romito indiano Riscyasringo che non
ha mai visto donne, prende quelle che vengono a sedurlo, non per
deironi, 0 paperi, corne è nel Boccaccio (Decam., Introd. Giorn. IV)
ma per « anacoreti con occhl sfavillanti... simili a cosa sopraumana
(trad. Gorresio, Milano, 1869» I. $3) ». La novella trovasi anche
nelle Latin Stories di Wright (London,, 1842, ai n° ?, e 78). Alle
citazioni gîà faite in questo proposito dallo Schmidt (Beitr. 2. Gesch.
d. romani . Poes., Berlin, 181 8, p. 27), da! Dunlop-Liebrecht
(oper. cit., p. 230, 462}, dal Von der Hagen ( Gesammtabent
Stuttgart, 1850, II, VII), dal Landau ( DieQmlLd . Decamer., Wien,
Prandel, 186g, p. 70), aggiungañsi anche quelle del Fior di Virtu
(nel Zambrini, Libro di tfovelk, Bologna, Romagnoli, 1868, p. 49),
e del Libro de los Enxemplos > n° CCXXXI. Prima del La Fontaine
aveva narrato l'aneddoto in poesia francese Martin Franc, morto
nel 1460 (v. C. d'I... Bibliograph . de l'amour, des femmes , etc., Paris,
Gay, 1864, col. 97). Stretta affinità con questo racconto ha cid che
si contiene nel cap. CCXXXIII, delie Vite dei SS. Padri, p. Iii.
NOVELLA XV.
Come ano rettore di torra fece cavare un occhio a se, et uno al figliuolo
per ossenare giustizia.
Il rettore di una terra ordina che si cavino gli occhi ag'i adulteri.
Cade in questo peccato i i figliuol suo : il popelo grida misericordia pel
delinquente; il rettore voleado insieme esser giusto e pietoso, orba sé di
un occhio
Con e lievi
dell' varianti
altro il figlio.
è la XIV B.
L'aneddoto è narrato in Cicerone (De leg., 11,6), in Eliano (XIII,
24), in Valerio Massimo (VI, 5), donde passö ai Gesta Romanor. (ed.
Keller, c. 50; Swan, 1, 169; Violier, c. XLIX). Vi accenna anche
il Cessole ( Volgarizz . del Giuoco degli scacchi , Milano, 1829, p. 30).
Vedi le annotazioni dell' Oesterley ai Gesta (p. 720, n° jo).
novella xvi.
Qui conta della gran misericordia che fece S. Paolino íes cow.
S. Paolino nulla potendo dare ad una madre che ha prigionè il figlio,
si costituisce prigione egli stesso, e libera ii figlio délia povera donna.
inanticofrancese
Il&tttf & ftarrato
nel cod.
in S. Bernense
Gregorio.analizzato
Dialog. ,dal
Iii,Prof.
1. Tobler
Si trova (Jarhb.
anche
gromanti.
Con íievi varianti è la XX B.
L'avventura raramenta ció che la tradizione musulmana racconta
del rapimento di Maometto ai serte cieli, al Paradiso ed all' Inferno,
quando il profeta ebbe novantamiia conferenze col Signore, e pur
compî tutto questo si presto che, tornando al suo letto, lo trovó
ancor caldo, anzi non ancora interamente sparsa l'acqua di un vaso,
versatasi quando Gabriello levó seco Maometto (ved, Reinaud, Monu¬
ments-y etc., II, 85;. Un incantesimo simile a quello qui riferito tro-
vasi nelle Novelle Turche tradotte da Petis de la Croix (Mille el un
jours , ed. Loiseleur, p. 306, e Quaranta Visiri , trad. Bernauer,
Leipzig, 185 j, p. 16), col titolo di Storia dello Scheik Schehabbeddin .
Vedi anche il cap. XIII del Conde Lucanor (ed. Keller, p. 86} ove
gran spazio di anni sembra volgersi per incantesimo, nel tempo che
realmente corre fra l'apprestamento e la cottura di due pernici. Si puó
qui riçordare anche il raceomo che trovasi nel Meshal ka-Qadmoni
ís, í. ma di Gersone Soncino ai primi del sec. XVI, p. 406-36), di
ISAceo piouo dí Salomone íbn Sahula (n. { 204 pm. 1259 o >268)
tradotto dallo Steinschneider nella Manna (Berlin, Rosenberg,
1847, p. 20 e segg.). (in giovane di Gerusalemme, già addottrinato
in varie scienze, s'accende del desiderio d'imparar la magia. Reeatosi
a questo fine in Egitto, riceve ospitalità da un vecchio del paese, cui
fa manifeste 1«sue intenzioni. Questi gli si offre maestro, ma il giovane
non sa prestargli inters fede, e per coprire la sua incrédulité dice di
I70 A. D'aNCONä
voler rivolgersi ad un giovane, e cosi scemar fatica a lui grave di
anni, L'ahro, volendo correggeilo délia sua incrédulité, gli dà da here
e lo licenzia. Ii giovane va fuori e cade in una cisterna donde non
pad uscire che al mattino di poi, entra In un bel giardino, passa un
ponte, trova una città, dà agli abitanti varie prove del suo sapere, e
da ciö viene in tanta estimazione, che gli è data in sposa la figlia del
re. Ne ha un figlio che un giorno cade in una cisterna anche egli, e
rnentre ei ne va in cerca, gli riapparisce il vecchio a chiarirlo che
tutti i casi occorsigli sono effetti di roagica illusione, e il lungo spazio
di tempo esser stato un solo istante. Confronta anche la storia di Kandu
tradotta dall' indiano nel Journal asiatiq. I, 3. Alîre versioni di questo
terna sono indícate dal Puymaigre, Les vieux aut. castilL (Paris, Didier,
1 86-2 , II, 36), dal Keller (Einleit. al Roman des Sept Sages, p. CLVI),
edal Dunlop-Liebrecht (p. 54$) che riferisce la leggenda di un
abbate Fulgenzio il quale rnentre meditava il senso deile parole del salmo
89 : Mille anni ante oculos tuos ta-nquam dies hesterna quae praeteriit fu
tratto in una selva vicina dal canto di un uccello, e credè di starvi
pochi istanti, ma poi si a wide che erano passati ben trecento anni.
Vedi anche un artic. del Köhler nella Germania di Pfeiffer III, 432),
e Hertz (.Deuisch . Sage in Elsass, Stuttgart, Kroner, 1872. p. 263
esegg.}, che sono ricchissimi in indicazioni di leggende e novelle popo-
lari, ove gli anniscorrono come minuîi e viceversa. Giovanni da Prato
amplificó nel suo romanzo questo racconto del Novellino (v. Ii Paradiso
degli Alberti , ed. Wesselofsky, Bologna, Romagnoli, vol. I, part. II,
pag. 26?, e vol. II. p. ï So) .
NOVELLA XXIV.
Come lo Imperadora Federigo fece una quisiione a due savj c come li gui¬
dât dorio.
L' imperatore stando fra mezzo ai giureconsulti Bolgaroe M. (Martino)
dimanda loro se ei puô tôrre ad un suddito suo per dare a un altro, e se
la legge ammette che ciö che piace al signore debba essere osservato dai
sudditi. L' uno risponde che si, l'ahro lo nega, e vuol la legge superiore
alla volontà del principe. Al primo, Federigo dona cappello scarjatto e
bianco palafreno, ail' altro potestà di fare una legge, Quisíionandosi chi
fosse stato raeglio rimunerato. si conchiude che il primo fu trattato come
un giullare, l'altro come uomo giusío.
Quipajono confusi due fatti, due dimande che la tradizione assevera
fatte da Federigo ai dottori italiani. Ottavio Morena (Hist, lauden.
in R. Ital. Script. VI, n 18) racconta che 1' Imperatore dimandö a
Bolgaro e Martino se fosse padrone del mondo, e poichè il primo
ebbe il premio di un cavallo per aver risposto che si, Bolgaro disse :
LE FONT! DEL NOVELLINO 171
Amisi eqaum quia dixi aeqnum , quod nônfuit aequum, o come vuoie il
Saliceto (In cod., L. 3, VII, '37) : Bülgarus dixit aequum, sed Martinus
habuit
al donato
eqmrn.
e al non
H Bellapertica
donato col Novellino
{In cod., 1.e col
3, 34$)
Morena.
concorda
L' aneddotO
quanto
è raccontato anche da Odofredo fin Dig. vet, 1. 5, Ii, 1), maa pro¬
posito dell' altra dimanda, a chi, cioè, appartenesse il merim Impe¬
rium , e fa che gli interrogati sieno Lotario che risponde : a voi solo ,
e Azo che risponde : a voi e ai giudici, sicchè il primo ebbe in dono un
cavallo : e a ciö aliudendo Azo dice (Summ, codicis, tit. de jurisdict.,
III, 13): licet ab hoc amiserim equum, sed non fuit aequum. Il Savigny
'Si. del diritto romano nel M. Evo, Firenze, Batelli, 1844, vol. II,
part. II, p. 47), da cui togliarao queste notizie, non ricorda punto
il dritto concesso di fare una legge dato all' uno deí dottori, nè la
questione su chi fosse meglio rimunerato dei due.
NOVELLA XXV.
Come il Soldano dono ad uno ùugento marchi, e come il temiere Ii scrisse,
ve,agente lui, ad uscita ,
Raccontasi nel!' ultima parte di questa novella come il Saladino si
scandalezzasse veggendo che nel campo cristiano i poveri, amid del Si-
gnore, mangiassero umiiraente in terra.
Con qualche maggiore svolgimento è la XXIV B.
Questo stessofatto trovasinella Crónica di Turpino, cap. 14, appro¬
priate ad Agolante (v. Dunlop, op. cit., p. 117 e 476, e G. Paris,
Hist. po?t. de Chartern., Paris, Franck, 1865, p. 501), e nei Poema
di Anseïs de Carthage a Marsilio (v. Gautier, Epop. franç II, 475).
S. Pier Damiano (XI, 1) io appropria a un re Saraceno prigione di
Carlomagno (v. Paris, op. ch., p. 291). Nelle Enfances Godefroi (v°
4830 e seg,} ii re Cornumarano rifiuta di farsi battezzare osservando,
tra le altre cose meno rette, che i cristiani danno ai poveri i rilievi
che meglio dovrebbero gettarsi ai cani [Hist. litt, delà Fr., XXV, 518).
Lo racconta anche il Sacchetti nelle Novelle , CXXV, e nei Sermoni
evarigelici (riprodotto anche in Zambrini, Libro di Novelle, n° LXXX).
Il Parenti nelle sue annotazioni ricorda opportunamentea proposito
di questa novella il cap. II, v. 2-6 , dell' Epístola cattolica di S. Ja-
copo. Sulla venuta di Saladino in Europa per osservare i costumi
dei Cristiani, vedi Boccaccio, X, 9, Conde Lucanor, c. 1 2, 1' His¬
toire de Jehan d'Avenues (in M él. d'une grande bibl. E., p. 213), e
VAvventurosoCiciliano (ediz. Nott, p. 3 jo). V. anche la Lettern II
del Lamí nett' Appendice al Manni (Milano, 1820, p. 14 e seg.).
novella xxviii.
Qui conta délia costuma che era nello reame di Fronda.
172 A. D'aNCONA
Era vitupero in Francia a chi andasse in sul carro; ma dal giorno che
Lanciilotto, forsennato per amor di Ginevra, si fece tirare sul carro per
molti luoghi, ciö non fu più tenuto ad obbrobrio. Se í'esempio di Lan¬
ciilotto valse a mutare un inveterato costume, perché l'esempio di Gesù
Cristo non dovrebbe valere a perdonare le oifese ?
Con diversa moralità è la XXVII B.
Si direbbe che la novella, specialmente per la moralità, che le è
aggiunta, fosse traita dal un qualche libro di esempi ascetici, simile
ai Gesta Romanorm. Del resto, suîl' avveníura di Lanceilotto, vedi
il poema di Cristiano di Troves, Lancelot ou la Charette (ediz. Tarbé
ne' Poéi. champen Reims, 1849, e ediz. Jonckbloet. La Haye,
18 jo), nonchè Kepler, Rompart (Mannheim, Bassermann, ¡844,
p. 4 J 3-5 12). NOVELLA XXXI.
NOVELLA LXXXI1.
Qui conta come la Damigella di Scalot mon per amove di Lancialotto de
Lac.
Questa damigella spregiata nell' amor suo, morendo disperata, ordina
che il suo corpo sia messo in una navicella, nobiimente arredata, e in
una borsa alia sua cintura ri ponga una lettera che dia ragione della sua
morte.
la lettera.
La navicella giunge a Camalot, e tutta la corte del Re Artù iegge
Come Cristo andando un-giorno co' discepoti suoi per un foresto luogo ,
videro molto grande tesoro.
Cristo passa co' discepoli da un luogo ove è molt' oro e consiglia di
lasciarlo stare, come quello che è cagione che le anime si perdano.
Ciungonodopo di essi due compagni che deliberano di dividersi il tesoro:
uno va alla città a prendere un mulo per caricar la preda : Paltro resta
a guardia. Ma quegli riporta un pane attossicato che dà da mangiare al
compagno, e questi, voleudo rimaner solo possessore del tesoro,, uccide
l'altro a tradimento. Poi è coito dalla morte, e i due corpi giacciono
accanto ail' intatto tesoro. Cristo ripassa coi discepoli* e raostra loro la
verità della sua sentenza.
Più svolta e cangiato Cristo in un romito, è la LXXXII B. e la
XVI P.
Negli Avadânas (trad. Julien, I,; 60, II, 89) raceontasi che il
Budda un giorno, viaggiando con un compagno, scopri un mucchîo
d'oro e di cose preziose : ed ecco, gli gridè, un serpente velenoso
Ma un uomo che Ii seguiva raccolse il tesoro e lo portö a casa, e
fece tante spese e si mise in tantó lussö, che eccitè la cupidigía de!
re, e venne spogliato ed ucciso, mentre ricordando le parole di Budda,
LE KONTI DEL NOVELLINO i 85
esclamö : è un serpente velenoso. Il Lifbrecht { Orient a. Occid
6)4) assevera che il racconto ha origine orientale, e rimanda al Fa-
britius, Codex Apocr. Nov . Test, (i II, 395), e aile Mille n una Noite,
(trad, tedesca, Breslau, 1856, XIV, 91). L'avventura è entrata a far
parte délia Rappresentazione ai S. Antonio ( Rappres , Sacre , Le Mon-
nier, 1872, M, aggiungendosi alla primitiva leggenda che nonne
ha traccia. In Francese trovasi nei Ci-nous~ditf raccolta inédita di
novelie ricordata da P. Paris [Les Mss. franç ., IV, 83). in tedesco
è fra le opere di Hans Sachs (ediz. Godeke, I, 22 5). Dal Ncvellino il
racconto è passato al Morlini (nov. XLIî, ediz. Jannet, p. 84) e al
Chaucer (Pardoner's Tale). Per la vers'one orale popolare, vedi
Kühn, Wtstfa!. Sagen (Leipzig, 18 >9., I, p. 76, 245) e Zínoerle,
K. ü. H. m. (Regensb., p. 104).
novella xc.
Qui conta come to imperadore Federt go accise un suo faicone.
Un giorno a caccia, l'imperadore lascia andaré il suo faicone prediletto
difctro una grue : questa fugge, e il faicone si rifà sopra un aquila gio-
vane. Federigo, accortosi délia preda, gli taglia il capo, perché il faicone
uccise fellonescamente il suo signore.
Il Dott. Köhler m' avverre che l'a vventura trovasi anche col titolo:
Der junge Kœnig und sein Falke neila raccolta di novelie ebraiche di
alcuna
Tendlau,citazione
Fellmeiers
di fonti.
Abende (Franckíurt, 1856, p. 25), perô senza
NOVELLA XCI.
Come uno si confesso da un ft ai .
.
NOVBlLA xciv.
Qui conta delta volpe e del mulo.
La volpe vedendo un mulo ne ha paura, e corre al lupo raccontan-
dogli quai nuova bestia ha incontrato. Vanno tutti e due, e il mulo dice
loro che ha scritto il suo nome nel pié dritto che alza. La volpe si scusa
di non saper leggere; il lupo va sotto, ed è ammazzato con un calcio.
La volpe
Conconclude
lievi varianti
che ogni
è la upmo
XC1 B.
che sa lettera non è savio.
TESTO BORGHINI.
novella vi.
giovane
alquanto,
ebruciato
nemici,
il giovane
lopel
l'invidiato
einnalza
frattanto
fornaciajo
torna dilibero
rivale.
grado
tin: cortigiano
ma
aGiungendo
ecorte
di
essendo
onoranza.
; ilva Re
per
àl
orafornaciajo
mandando
primo,
di messa,
è per
messo
ail morte
sapere
donzello
lui nef
tutti
se indugia
fuoco
avesse
i suoi:
»S8 A. ÜAíS'GONA
Secondo il Liebrech.t ia prima parte diquesta novella è nei Soma-
deva, cap. 20 (trau. Brockhaus, 11,62). 11 Kepler, !>yoclet. ¡eben p.
44, Einleu.), dice »'h' essa ricorda l'avvenïura del giovano \h;ned nei
Sexte Viiiri trad. ingl. Scott, X, p. cbe è nferita dal Loise-
lüur-Desloncchamps neUuo t.ssai (p. 1 $2). Cristtanizzata, diventa
questa novella il racconto Ju roi qui 1 miut faire brûler le fils de son
sénéchal (Le Grand d'Aussy, Fabl. V, <6; Meon, Nouv. Ree., II,
jj6), eil capitolo 89 dei Gesta Romanor . (in inglese, ediz. Swan I,
CIV, ed. Oesterley, 285). In italiano è divennta ia Novella VIII, 6
degli Ecàiommiti, e qualche cosa se ne trova reí poemetto popolare
di Florinuo e Chiarastelia. Per ahrí raffronti vedi Dunlöp op. cit.,
p. 487,,, la cit. introduzione del Keller, e !e note deil' Oesterley,
p. 749. Altre versioni oltre le qui nótate, si ricordano dall' Hertz.
DeutscheSage in Elsass (Stuttg. »872, p. 279-9?).
NOVELLA LXXIV.
Qui conta di certi che per cercare del megiio pc.derono il bene.
Nell' ultima parte délia novella, 0 per dir megiio nei la terza novel-
letta che qui si contiene, ritrovasi il racconto di colui che non poteva ri-
avere un deposito fatto in buona fede ad un falso amico. Una vecchia lo
consiglia di far si che altri proponga all' amico infedele un deposito di
gran valore, e costui temendo che l'ingannato non sveli la irode. gli ri-
manda i suoi scrigni, e ne riceve in cambio altri vuoti.
La novella è di origine orientale, e trovasi in Cardonne. Mélang,
de litteiat. orient... H, 62, e nelle Mille et un / ours led. Loiseleur,
p. 6521, tratta dall* Agiaib-Elrnêaxer. Vedila anche nella Discip . cleric.
(ed. Schmidt, p. 137; ed. La Bouderie, p. 91 ; ed. Biblioph. franc,,
p. 88; ed. Barbazan-fvîton, II, 107 ; Le Grand d'Aussy, Fabliaux ,
III, 248). Vedila anche nei Gesta Rotnariorum (ed. Grasse ed Oester¬
ley, n°CXVIII, e ie note dell' Oesterley, p. 70) e nel Libro de
h:, ciut iuplos ¡n° XCJJ). Parecchi critici {Hut. Uttir. de la France,
XiX, 829 ; Du Mêril, Hist. poés. scandiu ., 3 56, Landau. Die Quell.
des Dccamer.,%2\ Dunlop, p. 247), trovano in questa novella l'ori¬
gine délia X dell' VI i í Giornata del Decarnerone.
novella xcji.
Qu' conta d'uno nobih romano che conquise un suo ninuco in campo.
È il fatto di Tito Martlio Torquato tolto da Tito Livio prima deca,
libr. VII, § 1X-X), colle parole dell' antieo volgarizzamento italiano {La
prima décadi T. Livio.... per cura del Prof. C. Dalmazzo. Torino, stam-
peria Reale, 1846, II, 163). NOVELLA XGJLX.
Come un re per mal consiglio délia moglie uccise i vecchi di suo reame.
LE FONTI DEL NOVELLINO 1 89
Un giovanere ha moglie giovane, invidiosa e gelosa di ur. vecchio
precettore del marito. Octiene da lui che si uccidano tutti i vecchi del reame.
Piu îardi il re si ta uno strano sogno, ma i suoi consiglieri, tutti giovani
anch' essi, si scusano per l'età loro di non saperlo dichiarare, ed egli
manda perció ai savi vecchi di un re vicino. Gli nspondono che saprà
decifrargli il sogno chi venga a lui menando seco l'ainico, il ñemico e il
giullare. Un giovane quando venne l'ordine di uccidére i vecchi, aveva
salvato il padre nascondendolo senza saputa della moglie, ma non senza
che questa se n' avvedesse. Quando andö ir, volta il nuovo bando reale, il
vecchio superstite consiglia il figlio a presentarsi al re col cane, la moglie
e un figlioletto. Ei va, ed afferma che il cane è il suo migliore amico,
perché anche percosso gli è fedele, il figliuoletto è il giullare che lo
soHazza, e la moglie é il peggior nemico. Questa si adira, e scuopre al
re che il marito ha disubbidito ai suoi voieri, salvando da morte il padre.
H re, accordando pet dono, manda a cavar fuori dal nascondiglio il vec¬
chio, che gli dichiara il senso dei sogno.
Quesio racconto già dai sec. X irovasi in un sermone di Raterio
vescovo di Verona. ¡y. D'Achery, Spicileg., !, 39$, Mussafia, Ueb.
eine altjranzösisch. handsch. d. U rarersit. bibúoth. zu Paria, p. 58-•
vi manca soltanto il fanciuilo presentato come giullare, che trovasi
invece nella Scala cœli di Joannes Junior (Mussafia, id., id) e nel
Dolopathos (v, Loiseleur, Essai, p. 125 29) ; ediz. Montaiglon,
Paris, Jannet, p. 225). Infinite sono le versioni più 0 meno com
piute di questo racconto, Ricorderemo soltanto quelle dei Gesta Roma¬
norum (ed, Keller, 124; Swan, II, 164; Víolier, p 422) e del
Schimpj u. Emst del Paula (ed. Oesterle)' , n° 42 3 ) , ovesono davedere
le note dell'
nonchè la citata
editoredissertazíone
a pag. 7p deldell1
Mussafia
un libro,
ad eillustrazione
521 dell' di
altro,
un
TESTO PAPAN TI
NOVELLA i.
Come uno filosafo isputô in bocca al jigiio del re per lo più vile laogo
della casa.
Un figliuolo di un re conduce un filosofo a vedere la sua casa, e come
questa era tutta a oro ? il filosofo aveva bisogno di sputare, quando il
C 90 A. d'aNCONA
gipvane apri bocca, l'altro vi sputô dentro, considerando quello¿ii piû vii
luqgo di tutîa la casa.
L'aneddoto è in Diogene Laerzio (Iî, 7}) appropriate ad Aris-
tippo e a Simo tesoriere di Dionigi il tiran no. Di qui passö al libro
di Sedomone e Marcolfo, donde probabilmente venne al nosiro Ber-
toldo. Trovasi anche nel Pauli (n° 47 >), e vedi a pag. 528 le anno-
tazioni dell' Oesteri.ey. in italiano, trovasi nelP Amnturoso Cici-
liano (ed. cit. p. 346) riferito a Gian di frerrî e al Saladino; nel
Rosaio della Vita del Corsini fediz. Polidori, Firenze, 1 84 5 , p. 78),
è riferito a Diogene ed Alessandro; nel Bandello (III, 42) come
accaduto all' ambasciatçr di Spagna in casa della conigiana Im-
peria. NOVELLA 11.
novella XX h.
La moglie di un cieco, geloso tanto che da quella mai non si partiva,
dà la posta all' amico sopra un albero di pere. Al marito che è rimasto
sotto, stringendo il pedale perché altri non vi monti, cadono addosso le
pere, e chiestone ragione alla donna, eîla gli risponde che non v' è altro
modo per coglierle. San Pietro che vede :1al cielo lo scorno e la beffá
del povero marito, chiede a Dio che gli sia reso il vedere. Alle parole
irose del marito, la donna risponde che s' ella non avesse fatto cosí, egli
non avrebbe mai più veduto lume. e quegli ne rimane quieto e contento.
La novella trovasi tale quale nelle Latin stories di Wright (n° 78)
e fra le favole metnche di Adolfus (in Append, alle hat. stor.
p. 174, e in Leaser, Histor. poetar, med. aev., p. 2008] . In tedesco,
secondo avverte Köhler nei Gött. gel. Anz. (1869, p. 774) trovasi
anche in Keller, Erzählung, aus altdeutsch. Handschriften (p.
298) e fu imitata da Wieland ( Oberon VI, 80 e segg.). Ram-
menta, solo in parte, la nota novella dell' albero delle pere del
Decamerone (VII, 9), che trovasi nel Banar-Danusch (ed. Scott, II,
LE FONTI DEL NOVELLINO IÇJ
64), e che fu imitata da Chaucer (The Marchauades Tale in Canterb .
Taies vv. 9089; vedila analizzata in Pecchio, St. critic. (Ulla poes.
inglese, Lugano, Ruggia, 1S33.II, 1 97) , da Pope (January and May) ,
e da Lafontaine (La gageure des trais commères, 11, 7).
NOVELLA xxni.
Quattro figli di un Re vanno a cercar loro ventura. Il'iprimo va a
Parigi e vi apprende tütte le scienze : ií secondo in» Cialia e vi diviene
balestriere : il terzo in Catalogna e v' impara ad esser ladro : il quarto
a Genova e diventa esperto in far-navi. Tomad' a casa, vaono tutti e
quattro a liberare una donzellà e ad acquistare un gran tesoro custodito
iñ un isola da un drago, e menano a buon fine l'impresa.
La novella è quà e là mutila, e manca délia fine, nella quale si
dovrebbe disputare chi abbia avuto maggior parte alla liberazione
délia fanciulla, e meriti averia insiëme col tesoro.
Il racconto trovasi.nel T&ti-Nâmêh (novella IV del Pappagallo), e
nel Siddikur (nov. I, ed. Jûlg, Leipzig, 1867). Lo stesso motivo,
alquanto variato e con esito diverso, trovasi nella novella delle Mille
e una notîe intitolata Storia di Achmed e délia fata Peiri-Barun (ed. Loi-
seleur, p. 6 10-41), nel libro persiano del Trono incantato (trad. Les-
callier, I, p. 200), e altrove con maggiori 0 minori differenze (v.
Benfey, Pantsch I, § 104). Per le versioni popolari tedesche,
ungheresi, russe, e perfino dei Negri e del Madagascar, v. Grimm,
annotaz. al n° 1 29 (III, 212), Schneller, March, aus Wälscht.
(n° 14), e Wesselofsky, Ii Paradiso degli Alberti (Bologna,
Romagnoli, 1867, vol. I, part. II, p. 258 e seg.). Trovasi anche
nel Pentamerone (giom. V, tratt. 7),e nello Straparola (Nott. VII,
fav. V), nonchè nel Morlini (n° 8o, Paris, Jannet, p. 155). Una
redazione popolare italiana fu pubblicata nel Jahrb. f. rom. liter.
(VII, 30-36) : un' altra siciliana è nella raccolta délia Gonzenbach
in«45). novella XXVII.
novella xxxi.
Un pellegrino commette un delitto ed ¿ perciö condannato o a pagare
Romania, tu 13
194 *• Cancona
mille lire o a perder gli occhi. Non avendo di che pagare, è condotto ben-
dato, alla giustizia. Per via lo vede una donna ricca ma brutta, e si
offre a pagar per lui, purchè la sposi, Quando gli è tolta la benda, vista
la brutta donna che doveva sposare, comincia a gridare : Ribende ribende,
cke meg'io è non veder mai che veder sempre cosa che gli spiaccia. Il Signor
délia terra, saputa la cosa, lo lascia libero.
Cfr. colla fav. 69, iib. IV, deil' Esopus di Waldis. In nota, il
Kurz (p. 170) rimanda fra gli al tri a Hans Sachs (IV, ?, 1 5, cfr.
con Pauli, Anhang , n9 4) ma il paragone non ci sembra esatto. Nei
Prçverbj di Cintio dei Fabrizj (n° 37) si trova narrato l'identico
fàtto, col motto di : Rebindemini. Il Prof. Lemcke (Cintio dei Fabrizj,
in Jahrbuch, f. roman, literat I, 318) darebbe alia novella e alla
parola una origine arabica : a noi para che venga senz' altro da benda ,
bendare. Il Liebrecht nei Gott. gel. Anzeig. (1872, stück 17) riferisce
in questo proposito un passo del Zeloso di Don Alfonso Uz de
Velasco.
Alessandro d'Ancona.