Sei sulla pagina 1di 8

PUBLIO VIRGILIO MARONE

LA VITA
Virgilio non parlò molto di sé, sia per il carattere schivo e riservato, sia perché i generi letterari che praticò
non erano di certo i più adatti a farlo.
Ciò che sappiamo di lui, al di là di alcune allusioni nelle Bucoliche e nelle Georgiche, deriva per lo più da
biografie d’epoca tarda: tra esse spicca una vita di Virgilio del grammatico Elio Donato.
Virgilio nacque nel 70 a.C ad Andres un villaggio vicino a Mantova. Si pensa che il padre fosse un vasaio, ciò
che importa davvero è che la sua famiglia fosse agiata, e di proprietari terrieri, che consentì al giovane
Virgilio di studiare prima Cremona e Milano, e poi trasferirsi a Roma, dove divenne allievo del retore
Elpidio.
ANGOSCIA GUERRE CIVILI
Sono anni difficili per Roma, poiché è insanguinata dalla guerra civile tra Pompeo e Cesare, poi dal
cesaricidio, poi dalla guerra tra gli eredi di Cesare, e i suoi assassini, sconfitti a Filippi nel 42 a.C.
Virgilio in questo tormentato periodo, trascorse gran parte del suo tempo a Napoli, città di lingua e cultura
greca da lui sempre amatissima, dove seguì le lezioni dei filosofi epicurei Sirone e Filodemo di Gadara.
In questo ambiente stimolante Virgilio vi dovette probabilmente incontrare altri giovani poeti; ciò contribuì
alla sua aperta intellettuale e alla creazione di contatti destinati a durare negli anni.
COMPOSIZIONE BUCOLICHE
In realtà sappiamo poco della sua biografia in questo periodo, che si concluse con l’amaro episodio della
confisca dei terreni, nel Mantovano. La vicenda è complessa e non del tutto chiara, ma probabilmente vaste
confische agrarie ordinate da Ottaviano per ricompensare con lotti di terra i veterani che avevano
combattuto a Filippi. Grazie ad amicizie illustri, come quelle degli influenti politici Asinio Pollione e la
protezione dello stesso Ottaviano, in un primo tempo Virgilio riuscì probabilmente a salvare le terre della
famiglia, che però perse definitivamente nell’inverno del 41 a.C. Molti di questi fatti li deduciamo da
allusioni nelle Bucoliche.
INGRESSO MECENATE E GEORGICHE
Le Bucoliche ebbero un certo successo e contribuirono a far conoscere Virgilio alla pubblica opinione.
Immediata conseguenza fu il suo “reclutamento” da parte di Mecenate, che lo avvicinò ad Ottaviano e ne
fece dei punti di forza del suo circolo.
La vicinanza di Mecenate e il condizionamento ideologico di Ottaviano incisero senz’altro sulla
composizione delle Gerogiche, scritte tra il 38 e il 29 a.C, anni che Virgilio trascorso nella sua villa a Napoli. Il
poema ha al centro quel mondo agricolo-pastorale tanto caro alla tradizione romana, a quel mos maiorum
che Ottaviano cercava di far rivivere.
STESURA ENEIDE FINO ALLA MORTE
Trascorse gli anni successivi attendo alla composizione dell’Eneide, poema epico fortemente voluto da
Ottaviano. L’aspettativa del principe era altissima: durante la spedizione in Cantabria ne sollecitava delle
anticipazioni, chiedendo poi al poeta di recitargli qualche parte già ultimata; ma anche la pubblica opinione
romana attendeva con ansia il lavoro virgiliano.
Nel 19 a.C Virgilio intraprese un viaggio in Grecia, per conoscere direttamente i luoghi del poema e trarne
utili alla revisione finale, quello però fu l’ultimo viaggio del poeta. Infatti, dopo aver incontrato l’imperatore
ad Atene, decise di tornare in patria con lui, ma durante una visita alla città di Megara, fu colto da un
malore e le sue condizioni peggiorarono progressivamente: morì poco dopo il suo sbarco a Brindisi il 21
settembre del 19 a.C. Fu sepolto nella sua amata Napoli. L’Eneide, pressoché finita ma non ancora rivista,
venne pubblicata per volere di Augusto a cura dei poeti Vario Rufo e Plozio Tucca, amici di Virgilio;
nonostante Virgilio avesse chiesto a Vario di bruciare l’opera nel caso morisse.
LE BUCOLICHE
POESIA PASTORALE
Le Bucoliche, segnano l’esordio poetico di Virgilio. Si tratta di 10 componimenti in esametri di argomento
pastorale scritti tra il 42 e il 39 a.C. Il termine bucolica deriva proprio dal greco boukolos e indica il tentativo
di trasferire in ambito romano il genere della poesia bucolica ellenistica.
Le Bucoliche virgiliane sono anche dette eclogae, in quanto il termine significa poesia scelta.
TEOCRITO COME MODELLO
Teocrito di Siracusa fu uno dei maggiori poeti di età ellenistica, passò l’ultima parte della propria vita ad
Alessandria d’Egitto. La sua fama è legata soprattutto a trenta Idilli, brevi quanto vivacissimi componimenti
descrittivi, una decina dei quali sono d’ambientazione bucolica e pastorale. Il nitido paesaggio agreste è
popolato dai pastori e contadini con il loro lavoro, i loro amori, sono descritti con realismo ma anche con il
naturale, distacco di un intellettuale di città.
Presso la cultura romana, e anche presso i neoteroi, la poesia pastorale di Teocrito non ebbe successo.
Con le Bucoliche di Virgilio l’aemulatio di Teocrito e la ripresa del suo genere letterario sono evidenti sono
solo nell’ispirazione generale, ma anche nelle situazioni che rimandano a singoli idilli e nei nomi greci dei
pastori. Ma è anche apertamente dichiarato dal poeta romano.
LA CAMPAGNA DI VIRGILIO COME MONDO IDEALE
Il primo elemento di forte diversità di Virgilio nei confronti del suo modello è la resa del mondo campestre
che è sfondo alle vicende dei suoi personaggi. Infatti scompaiono i forti, nitidi, colori della campagna di
Teocrito, che però lasciano echi in alcuni termini utilizzati da Virgilio.
Virgilio vi sovrappone una campagna dai colori tenui, ricca di nebbie e di ombre, un paesaggio che ricorda la
sua campagna italica mantovana nobilitata anche dalla menzione frequente di tipiche piante di queste
terre. Non manco neppure i riferimenti geografici.
Nelle Bucoliche lo sfondo delle vicende non è più né siciliano, né mantovano, né arcade, ma una sintesi
armoniosa di tutto ciò, la campagna di Virgilio è un luogo ideale, un paesaggio spirituale. E’ un locus
amoenus, nel quale molti hanno visto una resa poetica di quel mondo semplice e appartato verso il quale
gli epicurei spingevano. Non si deve dimenticare dunque la frequentazione di Virgilio alla scuola napoletana
di Sirone e la sua appassionata lettura del De rerum natura.
ALLUSIONI PERSONALI E POLITICHE
Il dramma individuale dell’esproprio delle terre subito nel 41 a.C fornisce il più evidente riferimento
autobiografico delle Bucoliche, poiché offre lo spunto all’ecloga I e alla IX, al cui nel v. 28 compare il celebre
verso Mantua vae misarae nimium vicina Cremonae (Mantova ahimè troppo vicina all’infelice Cremona).
Pur non volendo forzare l’identificazione di Virgilio con Titiro protagonista nella I ecloga, o di Menalca della
IX, è palese che il poeta conferisca a queste vicende una componente molto soggettiva.
Virgilio va ben oltre, perché non allude solo a esperienze soggettive, ma anche al dramma collettivo delle
guerre civili, anche perché nell’opera compare la menzione di importanti personaggi del tempo, come
Ottaviano, Asinio Pollione, la morte di Giulio Cesare, etc.
E’ proprio come se quando il poeta cercava di fuggire dalla realtà nel mondo idealizzato della poesia
bucolica, in realtà lo inseguisse.
I TEMI DELLE BUCOLICHE
A temi dell’amore (II, VIII), canto amebeo dei pastori (III, VII), esaltazione della poesia (V, X), perdita delle
terre (I, X).
Nonostante la pluralità dei temi, Virgilio tenta di dare all’insieme delle sue Bucoliche una struttura che
rivela comunque una complessa architettura d’insieme. Ottaviano e Gallo sono citati nella prima e
nell’ultima ecloga, cioè nella posizione più rilevante.
Si possono inoltre cogliere alcune simmetrie: Le Bucoliche I e IX, ad esempio, alludono entrambe agli
espropri terrieri, la II e la IV e la VI presentano una componente bucolica esigua.
ECLOGA IV
Pochi testi hanno avuto fortuna e attenzione plurisecolare come la IV ecloga di Virgilio. Composta nel 40 a.C
durante il consolato di Asinio Pollione, si profetizza la nascita di un puer che cambierà il corso della storia
riportano l’umanità a una sorte di età dell’oro. Impossibile dire se il bambino a cui si allude sia il figlio di
Pollione. Traspare però dei versi di Virgilio una vibrata speranza collettiva di pace e prosperità, derivante
dalla voglia di lasciarsi alle spalle gli anni difficili delle guerre civili.
C’è addirittura chi pensa che quel puer venga inteso come una profezia della nascita di Cristo.
ECLOGA X
Di grande raffinatezza e complessità concettuale sarà anche l’ecloga X, nella quale si narra dell’amore
infelice del poeta elegiaco Cornelio Gallo per la sua Licoride, scappata da un rozzo soldato. Il lamentoso
canto di Gallo è immerso in un idilliaco paesaggio dell’Arcadia. All’amico addolorato Virgilio offre come
parziale rimedio dei male la poesia bucolica. L’opera così esplora i confini del genere elegiaco e quello
bucolico

GEORGICHE

POEMA DIDASCALICO

Alle Bucoliche seguono le Georgiche, composte tra il 38 e 29 a.C,, dopo l’entrata nel circolo di Mecenate.
Sono un poema didascalico in esametri, suddiviso in 4 libri: i primi due dedicati all'agricoltura, gli ultimi due
all’allevamento. Da ciò si comprende la scelta del titolo, poiché “Georgica carmina” deriva da gorgo,
termine greco per “contadino”.

RAGIONI DELL ARGOMENTO

Il poema è dedicato a mecenate, amico e protettore di Virgilio e. Di riferimento del piano politico culturale
di Ottaviano.

RUOLO DI MECENATE

Mecenate è ricordato in tutti e 4 libri come destinatario e ispiratore dell’opera; probabilmente Virgilio
ricevette da lui delle sollecitazioni affinché componesse un poema che incontrasse il piano politico culturale
di Ottaviano. Vediamo quindi che lavoro dei campi e cos maiorum erano promossi come scelta di vita più
sicura e allo stesso tempo nobile, soprattutto se vissuti con una forte religione. Così si afferma il primato di
tradizione e religione italica e c'è un richiamo a una vita pacata e pacifica tramite l'agricoltura e
l'allevamento, lo stesso stile di vita che Ottaviano aveva promesso di far ottenere ai cittadini romani e che
intendeva garantire.

PUBBLICO

Nonostante fossero trattati argomenti grezzi come l'agricoltura e allevamento, questo opera non era
indirizzata a agricoltori e allevatori appunto, ma un pubblico più colto, che riuscisse a cogliere tali
riferimenti. Questo accadeva perché Ottaviano, anche dal punto di vista culturale, cercava di fare in modo
che i poeti avvicinassero alla sua ideologia l’elite romana, così da ottenerne il sostegno.

PRESENZA DI OTTAVIANO

Il poema però non è così esplicito e non si concentra soltanto sulla politica di Ottaviano, che doveva ancora
ottenere un potere assoluto come Augustus E che non hai ancora fatto dell'attività agricola la sua
propaganda. Virgilio quindi lo descrive a grandi linee,con i suoi atteggiamenti e le sue ideologie, attento a
non essere troppo manifesto. Ottaviano è menzionato la prima volta già nel Proemio, dove gli viene
conferita un'aura di divinità, cosa mai successa prima della storia romana; andando avanti nella stesura
dell'opera, Virgilio parla di lui con timore quando affronta la tematica delle guerre civili, e poi ammirazione
quando sconfigge i nemici per tenere al sicuro Roma. Bisogna ricordare che l'anche se cambia il punto di
vista e la luce e gettata sui comportamenti del futuro princeps, vi è anche un resoconto del cambiamento
dei tempi, molto dinamici in una società in evoluzione.

DOPPIO FINALE
Come già detto prima, Virgilio lesse per la prima volta le Geologiche ad Ottaviano nel 29 a.C. Si pensa quindi
che il poema sia stato concluso in quel periodo ma, secondo il grammatico Servio, l’opera sarebbe stata
terminata con l’elogio a Cornelio Gallo, protagonista della decima Bucolica.

Egli, oltre a essere un cavaliere romano era anche un uomo politico, e come tale si conquistò le antipatie
del Princeps, che si dice lo avrebbe spinto al suicidio nel 26 a.C. Proprio per tale motivazione Virgilio
avrebbe dovuto sostituire la lode all'amico con l’esilio di Ariste e Orfeo che chiude l’opera. Non si conosce
la veridicità dei fatti, ma se ciò fosse vero, significa che a Gallo era stato riservato un elogio all’incirca di 200
versi. Sempre in via ipotetica, se la faccenda fosse vera, questo sarebbe un episodio fondamentale
nell'indicare quanto fosse forte e opprimente il condizionamento del potere di Ottaviano sul circolo di
Mecenate.

RAPPORTO CON I MODELLI

Le Georgiche sono chiaramente superiori rispetto alle Bucoliche, che andavano misurandosi con la poesia
teocritea. Con l’Ascraeum carmen Virgilio allude a Ascra, la città in Beozia dove nacque Esiodo, amore del
genere didascalico.

ESIODO

Esiodo, poeta greco, compose la Teogonia e le Opere e giorni; queste opere di genere didascalico avevano
finalità di ordine etico, e possiamo capirne il perché anche dalla maniera in cui Esiodo si poneva rispetto alla
comunità: lui si sentiva come una guida, e il suo compito era quello di istruire i suoi pari sulla natura
teologica e su precetti comportamentali. Virgilio decide di rifarsi a lui proprio per sottolineare la serietà e
l'importanza della sua opera.

POESIA DIDASCALICA RISALENTE ALL’ELLENISMO

La poesia didascalica aveva avuto un gran successo in età ellenistica. Ad esempio, Nicondro di Colofonie
(autore del poema “Georgiche”) aveva fatto poesia su argomenti tecnici proprio perché aveva valutato
questa come una sfida: gli argomenti trattati erano difficili e quindi poteva mostrare ampiamente la sua
bravura. Virgilio, essendo un conoscitore della tradizione alessandrina, “vuole attribuire dignità poetica a
una realtà minuta” architettando il suo poema con allusioni e rimandi, inserendo anche i passi mitologici
minori ma raffinati come l’epillio di Aristeo. Ma non è tutto: deve inoltre congiungere la raffinatezza
alessandrina e la serietà esiodea, come fatto da Lucrezio.

LUCREZIO

Lucrezio, col De rerum natura, rifacendosi a Empedocle, aveva riprodotto in latino la solennità della poesia
didascalica e del poema sapienzale e filosofico tramite il raffinato stile di Ennio. Ma proprio questa sua
opera richiedeva diverse sequenze scientifiche e momenti di eleganza poetica, per congiungere tecnicismi a
elementi filosofici. Nonostante il tema trattato fosse molto diverso, Virgilio utilizzò un metodo simile di
sintesi rispetto a quello lucreziano: elementi diversi come serietà, raffinatezza e tecnicismo dovevano infatti
coesistere anche nella sua opera. E proprio per questo il poeta Lucrezio viene spesso nominato, soprattutto
nel terzo libro, dove vi sono echi della stesso poeta al mondo animale e umano, anche se proprio in
occasione della messa in evidenza delle differenze tra i due poeti romani. Infatti Virgilio non si occupa più di
ricercare le cause e di scacciare le paure, ma di educare l'uomo. Questo diverso punto di vista, meno
cosmico e più quotidiano, si arricchisce anche con un richiamo religioso, in modo da creare maggiore
armonia ed equilibrio.

TEMI

Il tema principale è quello del lavoro, faticoso ma necessario agli uomini, che devono svolgerlo per vivere e
per volere divino. C’è quindi una diversa visione della campagna rispetto a quella delle Bucoliche, perché
nelle georgiche non consiste più in un nuovo idilliaco di estraniazione, ma è lo sfondo della realizzazione
dell'uomo. Il poeta romano ricalca spesso il concetto che chi lavora nei campi è fortunatus, e arriva a
idealizzare la fatica e sofferenza dell'attività nei campi. Questa idealizzazione è dovuta al fatto che la
realizzazione dell'uomo è complessa per definizione, soprattutto in questi tempi difficili di transizione tra
guerre civili e Pax Augusta .Per quanto riguarda i temi minori, questi sono alternati e nelle digressioni:
quelle negative nei libri uno (riguardo le guerre civili) e tre (peste degli animali nel Norico), e quelle liete nei
libri due (lode alla vita campestre) e quattro (mito di Aristeo).

PROSPETTIVA RELIGIOSA

Da un punto di vista religioso, cioè l'osservanza dei riti e sacrifici per le divinità protettrici dei campi. Le
allusioni a queste ultime rientravano nel piano ideologico di Ottaviano per la valorizzazione del mos
maiorum e delle tradizioni religiose dell’antica Roma. L'idea delle divinità è quella di esseri che osservano il
destino dell'uomo, secondo la prospettiva provvidenzialistica. Ad esempio, ricordiamo ‘ultima digressione
riguardo l'apicoltore Aristeo, che dopo la morte delle sue api riesce a riavere i suoi sciami chiedendo
perdono e tramite sacrifici alle divinità.

EPICUREISMO E STOICISMO

Un’ulteriore differenza tra Bucoliche e Giorgiche risiede nei principi filosofici. Nelle Giorgiche non mancano
echi alla filosofia epicurea, ad esempio il vecchio Corico, che viveva bene con il suo lavoro di giardiniere; la
sua mansione è sia specchio di un rapporto fraterno con la natura sia un’insistenza che non era presente
nelle Bucoliche. In questa seconda opera Virgiliana compaiono principi stoici, rappresentati
dall’umanizzazione della natura, che secondo gli stoici possiede un’anima proprio come gli esseri umani. Il
poeta romano si concentra particolarmente sulla suddivisione sociale delle api, che ricorda la res publica,
dove le api sono “piccoli cittadini”. Lo sciame si fa allegoria dell’ordine socio-politico che lo Stato romano
punta a riconquistare, sotto le direttive Augustiane, come società di progresso e prosperità.

EPILLIO QUARTO LIBRO

Nel quarto libro vi è una digressione finale, l’epillio di Aristeo e Orfeo. Virgilio, molto abilmente, lega due
eventi mitologici: la perdita da parte di Aristeo del suo sciame d’api e la perdita di Orfeo della sua amata,
Euridice. Aristeo, dapprima ignaro dell’accaduto, viene informato dal dio Proteo di essere il responsabile,
seppur in modo involontario della morte di Euridice,morsa da un serpente velenoso mentre l’apicoltore la
inseguiva. Il canto straziato di Orfeo aveva toccato il cuore delle divinità che gli avevano concesso di riavere
Euridice, ma a causa della sua curiosità il poeta l’aveva nuovamente perduta, voltandosi per guardarla
prima del momento prestabilito. Aristeo, venuto a conoscenza della sua colpa, sacrifica dei buoi alle ninfe,
compagne di Euridice: e dalle viscere degli animali sacrificati rinasce il suo sciame. Sicuramente il mito ha
un’implicazione allegorica: Aristeo si distingue come modello positivo, poiché asseconda le richieste degli
dei e si mostra pentito, mentre a Orfeo, che non rispetta la promessa fatta, viene sottratta l’amata. La
finalità dell’epillio è quindi quella di ricordare che i valori se forti, come per esempio labor e pietas ,
possano superare l’amor, troppo irrazionale. Forse c’è anche un altro insegnamento, ovvero che la poesia
georgica, della quale si fa emblema Aristeo, superi quella d’amore, che rovina Orfeo.
ENEIDE
L’Eneide è un poema epico in esametri in 12 libri cui Virgilio si dedicò a partire dal 29 a.C. alla sua morte,
nel 19 a.C., all’opera mancava ancora la revisione del finale, ma fu lo stesso divulgata. In questo poema si
mescolano l’epica omerica con quella di età ellenistica e l’epos nazionale romano, per far sì che si potesse
avere una celebrazione tanto indiretta quanto profonda di Roma e di Augusto, e, per questo, si mescolano
mito e storia.
Già nelle Georgiche, Virgilio accenna all’idea di voler elaborare un poema epico celebrativo di Ottaviano. Si
può presumere dunque che Virgilio non pensasse ancora a un'opera di argomento mitologico ma ho un
poema epico storico che avesse come oggetto Ottaviano e le sue vittorie militari. Forse cambio idea perché
lo trovò troppo lontano dalla sua indole, o forse, perché gli parve più utile una celebrazione indiretta del
princeps.
La materia è legata al ciclo Troiano, poiché Enea è un personaggio omerico e le sue vicende seguono
cronologicamente la caduta di Troia. Virgilio si rifà ai modelli epici, in particolare all’Odissea per i primi 6
libri e all’Iliade per i 6 successivi. Soprattutto da Omero riprende l’aemulatio, forse per omaggiarlo o forse
per rendersi orgoglioso nel tentativo di eguagliarlo o superarlo. Di discendenza omerica è anche l’uso di
epiteti composti e di espressioni formulari.
Mentre, dalla letteratura di età ellenistica e soprattutto d’ambiente alessandrino Virgilio derivò il gusto per
la raffinatezza formale e il rifiuto dell’eccessiva lunghezza dei poemi. In particolare, il poema epico che
influenzò maggiormente Virgilio furono le Argonautiche di Apollonio Rodio. In quest’opera Apollonio si
sofferma anche sull’amore tra Giasone e Medea e, Virgilio lo riprende con l’episodio d’amore tra Enea e
Didone, che si conclude con il suicidio di lei.
Le vicende mitiche di Enea avevano già influenzato i predecessori di Virgilio a partire da Nevio fino ad
arrivare ad Ennio. Dunque, dall'epos latino di Nevio ed Ennio, Virgilio deriva l'importanza della figura e del
mito di Enea, che si ricollega al tentativo già dei suoi predecessori di dare alla poesia una fin alità patriottica
e nazionalistica.
Ciò che rende il poema di Virgilio innovativo è l'introduzione della soggettività, intesa non solo come punto
di vista dell'autore rispetto alla materia, ma che come punto di vista dei vari personaggi.
Dal punto di vista dell’autore, vediamo che il poeta latino vuole prendersi in prima persona le responsabilità
di quello che scrive, con una sorta di laicizzazione della cultura e, vuole partecipare soggettivamente alle
sventure dei suoi personaggi, come per esempio l'episodio Didone, alla quale si rivolge direttamente con
parole commosse.
Dal punto di vista dei personaggi, invece, per rendere più facile il concetto, possiamo dire che Virgilio
sembra comprendere le ragioni del dolore e del suicidio di Didone o la legittimità della preghiera di Turno,
e non di meno, piange la morte giovanile di Eurialo, Niso e Marcello.
Ma è anche lo stesso Enea a emergere come figura complessa, tormentata. Virgilio, che ha ormai aderito
allo stoicismo, sa che vi è una provvidenza, ovvero il Fato, che governa la storia e la indirizza e, sa che
questa provvidenza ha voluto che l'eroe Troiano Enea fosse uno strumento. Dunque, tutto è mosso dal
Fato, motivo per il quale tutte le vicende dell’opera sono stata in qualche modo previste.
La caratteristica del personaggio di Enea è la personale sofferenza, nonostante accetti tutti i compiti che il
destino gli assegna, vive in tristezza ed inquietudine, tristezza poiché ha perso la moglie il padre e l’amata,
inquietudine perché si ritrova a ragionare su delle cose che purtroppo per lui non hanno ancora risposte. Vi
è dunque, un contrasto tra passione e dovere, tra umanità ed eroismo, e tra sofferenza e gloria.
I temi dell’Eneide si possono ricondurre a tre ambiti: (1) quello di derivazione della guerra e dell’avventura,
(2) quello nazionale dell’esaltazione di Roma e di Augusto, (3) e quello di ascendenza alessandrina delle
umane passioni e angosce.
1. Il tema della guerra e dell’avventura è presentato da alcune situazioni come quella del cavallo di Troia,
le avventure di Enea per mare, l'arrivo nel Lazio, il duello tra Enea e turno.
2. Il tema della legittimazione dell’esaltazione della grandezza di Roma è strettamente connesso con la
celebrazione di Augusto… in modo esplicito di rado, mentre assai più spesso in modo indiretto ed
allusivo.
3. Per quanto concerne la componente patetico-sentimentale del poema, nessun altro episodio
raggiunge vertici delle vicende amorose di Enea e Didone. Da un lato, Virgilio ci presenta la lacerazione
di Enea, dall'altro una figura femminile che è vittima di un amore eccessivo. Il poeta proprio in questo
episodio costruisce un ritratto psicologicamente profondo dei personaggi.
Ma qual è l'identità di Roma che emerge dalle pagine dell'Eneide? Innanzitutto, Enea incarna in sé alcuni
valori cardine del mos maiorum: come la Fides, cioè rispetto per la parola data, e la pietas, cioè la
devozione verso idee, la patria e la famiglia. Ma non si basa tutto su Enea, poiché Virgilio ha voluto ribadire
nel modo più chiaro, più volte, nel sesto libro, l'identità del popolo romano.

RIASSUNTO LIBRI
Libro IEnea, con la flotta troiana decimata da una tempesta suscitata da Giunone, approda alle coste
africane. Ospitato a Cartagine, da poco fondata da Didone, esule da Tiro, trova quasi tutti i compagni che
credeva morti. Per intervento di Venere, madre di Enea, la regina si innamora dell'eroe e gli chiede di
raccontare la fine di Troia.

Libro IIEnea narra la finta ritirata dei nemici, l'abbattimento delle mura per introdurre l'enorme cavallo di
legno nella città, la fuoriuscita nella notte dal suo ventre dei guerrieri achei, la strage, la morte del re
Priamo e l'incendo della città. Solo Enea, con il padre Anchise, il figlio Ascanio e pochi compagni, si salva dal
disastro e salpa in cerca di una nuova patria.

Libro IIII fuggiaschi giungono in Tracia, da dove ripartono su consiglio di Polidoro, trasformato in arbusto.
Dopo aver consultato l'oracolo di Delo, sbarcano a Creta, ma sono costretti a riprendere il mare a causa di
una pestilenza. Sbarcano alle Strofadi, dove si scontrano con le Arpie, in Sicilia, nell'isola dei Ciclopi e a
Drepano, luogo in cui muore Anchise; infine la tempesta che li porta a Cartagine.

Libro IVIn seguito a un accordo tra Giunone e Venere, Enea si unisce a Didone; ma Giove, invocato da Iarba
che aspira alla mano della regina, ordina al troiano di andarsene. Didone, dopo aver invano pregato Enea di
restare, si toglie la vita, mentre guarda le navi troiane allontanarsi.

Libro V Gli esuli ritornano a Drepano, dove tengono dei giochi in onore di Anchise. Giunone brucia loro le
navi, ma una pioggia mandata da Giove spegne l'incendio. Enea riparte, lasciando a terra i compagni stanchi
di errare per mare. Durante la navigazione Palinuro cade in acqua di notte e muore.

Libro VISbarcato a Cuma, Enea si reca dalla Sibilla che gli consiglia di scendere nell'oltretomba. Qui incontra
le anime di Deifobo, Didone, Palinuro e, nei Campi Elisi, di Anchise. Il padre gli mostra i futuri eroi romani,
tra cui Cesare e Augusto. In seguito riprende il mare alla volta di Gaeta.

Libro VIIEnea è ormai alla fine del viaggio: giunto alle foci del Tevere, risale il fiume fino a Laurento, dove
Latino, re del Lazio, lo accoglie amichevolmente, gli concede di fondare una città e gli promette in sposa la
figlia Lavinia. Giunone, tramite la furia Aletto, fomenta contro i troiani Amata, la moglie di Latino, e il
principe dei rutuli Turno, promesso sposo di Lavinia. Scoppia la guerra.

Libro VIIISu suggerimento del dio Tiberino, Enea si reca a chiedere aiuto al re di Pallanteo, Evandro, che
mette a sua disposizione dei cavalieri, guidati da suo figlio Pallante; un altro sostegno gli viene dai popoli
etruschi. Dalla madre Venere poi riceve un'armatura forgiata da Vulcano, che sullo scudo racconta le future
vicende di Roma.

Libro IXComincia la battaglia: i troiani sono in difficoltà per l'assenza di Enea e decidono di cercarlo.
Incaricati della missione sono i due giovani volontari Eurialo e Niso che vengono uccisi mentre stanno
facendo una strage nel campo nemico. Turno riesce a penetrare nel campo troiano, ma costretto alla fuga,
si salva gettandosi nel Tevere.

Libro X Giove ordina agli altri dei di non intervenire nella contesa. Intanto ritorna Enea, che risolleva le sorti
della battaglia. L'uccisione di Pallante, da parte di Turno, fa infuriare il troiano che, non riuscendo a trovare
il principe dei rutuli, uccide il suo più forte alleato, il tiranno Mesenzio.

Libro XIIl momento della tregua per seppellire i caduti dura poco. Turno manda all'attacco la cavalleria
sotto il comando di Messalo e di Camilla, regina dei volsci; ma la morte della fanciulla fa disunire i latini ed
Enea riesce facilmente a giungere con gran parte dell'esercito fino a Laurento.

Libro XIITurno sfida Enea a duello; durante la tregua la ninfa Diuturna, incitata da Giunone, fa riaccendere
la battaglia, nella quale Enea è ferito e guarito da Venere. Tornato nella mischia, egli assalta la città di
Laurento: la regina Amata, disperata, si toglie la vita. Accorre Turno, che era stato allontanato con un
trucco, affronta Enea, ma è sconfitto e ucciso.

Potrebbero piacerti anche