L’ITER FILOSOFICO
Il pensiero finale di Kant ha sicuro avuto un susseguirsi di cambiamenti e di innovazioni, questo
perché? Perché è determinato da più fattori, partiamo proprio dall’inizio.
Durante gli studi giovanili esamina e appoggia la filosofia naturalistica dell’illuminismo, che ha
proprio come elementi fondanti la descrizione dei fenomeni e l’allontanamento di concetti come
cause e forze, è per questo motivo che ad un certo punto subentra in qualche modo la necessità
della metafisica, perché la metafisica si costituisce in base agli stessi criteri limitativi e fa uso
del metodo della ragione fondante.
Successivamente, grazie alle analisi degli empiristi inglesi, la metafisica viene considerata come
scienza limitativa e negativa, ovvero come un’autocritica della ragione.
Nella dissertazione del 1770 il punto di vista critico, limitante dalla sensibilità, diventa
“trascendentale”, e viene esteso ad ogni ambito della vita umana.
IL PROBLEMA GENERALE
Quindi le domande fondamentali della filosofia critica sono:
1) come è possibile una matematica pura?
2) come è possibile una fisica pura?
3) è possibile la metafisica come scienza?
4) come è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?
LA RIVOLUZIONE COPERNICANA
Per rivoluzione copernicana si intende quella prospettiva della filosofia trascendentale secondo
cui la conoscenza non consiste nell’adeguazione del soggetto all’oggetto, bensì nella modificazione
dell’oggetto secondo le forme a priori del soggetto. Per cui la ragione conosce scientificamente un
oggetto solo quando essa cerca in tale oggetto ciò che essa stessa vi ha posto.
Per esempio la matematica ha scienza delle figure geometriche solo perché le costruisce mediante
definizioni, deducendo poi le loro proprietà.
- Se non vengono dall’esperienza, da dove vengono i giudizi sintetici a priori?
Kant elabora una nuova teoria della conoscenza, intesa come sintesi di materia (a posteriori) e
forma (a priori).
Materia della conoscenza = molteplicità caotica e mutevole dopo la sperimentazione delle
impressioni sensibili (provenendo dall’esperienza è a posteriori).
Forma della conoscenza = modalità attraverso cui la nostra mente ordina la molteplicità
caotica (proviene dalla ragione dunque è a priori).
Le forme a priori vengono paragonate a delle lenti colorate per guardare la realtà. Se abbiamo delle
lenti azzurre, tutto quello che vedremo, anche in futuro, sarà azzurro. Nello stesso modo ogni
evento, anche in futuro, dipenderà da cause o sarà compreso nello spazio e nel tempo.
Paragone del computer il computer elabora dei dati esterni attraverso una serie di programmi
interni fissi. Allo stesso modo anche se cambiano le informazioni/i dati sensibili, non mutano mai le
forme a priori che li rielaborano.
Quindi Kant afferma che non è la mente che si modella in modo passivo sulla realtà, ma è la realtà
che si modella sulle forme a priori attraverso cui la percepiamo.
Il filosofo fa inoltre la distinzione tra:
Fenomeno = la realtà come ci appare tramite le forme a priori (relativo al nostro modo di
conoscere, ma non è ingannevole e illusorio).
Cosa in sé = realtà considerata indipendetemente da noi e dalle forme a priori (la sua vera
realtà).
IL CONCETTO DI “TRASCENDENTALE”
Nella terminologia scolastica del medioevo erano denominate trascendentali quelle proprietà
universali comuni a tutte le cose. Kant si collega a questa tradizione terminologica ma connette il
concetto di trascendentale con quello di forma a priori che rende possibile la conoscenza della realtà
fenomenica. Il principale significato di trascendentale è quello che lo identifica con lo studio
filosofico degli elementi a priori. In Kant quindi risultano trascendentali non le forme a priori ma
le discipline filosofiche ad esse relative.
La ragion pura è quella che contiene i principi per conoscere qualcosa prettamente a priori e può
essere interpretata nel seguente modo: “esame critico generale della realità dei limiti che la
ragione umana possiede in virtù dei suoi elementi puri a priori”.
La critica quindi rappresenta un’analisi delle autentiche possibilità conoscitive dell’uomo e si
configura come una mappa filosofica della potenza e dell’impotenza della ragione.
L’ESTETICA TRASCENTALE
Cos’è l’Estetica trascendentale?
È la parte della Critica della ragion pura che studia le forme a priori della sensibilità. Dal greco
aìsthrsis = sensazione.
Kant considera la sensibilità “recettiva” perché non genera propri contenuti ma li accoglie per
intuizione dalla realtà esterna. Però la sensibilità è anche attiva perché organizza le intuizioni
empiriche tramite le intuizioni pure (spazio e tempo).
Lo spazio è la forma del senso esterno = geometria
Il tempo è la forma di senso interno = matematica
Se non ogni cosa è nello spazio (es. i sentimenti, le emozioni) ogni cosa è nel tempo, perché “tutti
i fenomeni cadono nel tempo”. Kant giustifica l’apriorità del tempo e dello spazio tramite:
l’esposizione metafisica e l’esposizione trascendentale.
L’ESPOSIZIONE METAFISICA
Nell’esposizione metafisica Kant fa emergere il proprio punto di vista, confutando la visione
empiristica, oggettivistica e concettualistica.
Contro l’empirismo (Locke) afferma che spazio e tempo non possono derivare
dall’esperienza, poiché dobbiamo considerare le loro rappresentazioni originarie.
Contro l’interpretazione oggettivistica (Newton) spazio e tempo non sono contenitori in
cui si trovano gli oggetti, ma quadri mentali a priori in cui connettiamo e organizziamo i dati.
Contro l’interpretazione concettualistica (Leibniz) spazio e tempo hanno una natura
intuitiva e non discorsiva, poiché noi non intuiamo uno spazio come una molteplicità di spazi,
ma come parti diverse di uno stesso spazio.
L’ESPOSIZIONE TRASCENDENTALE
Qui Kant giustifica ulteriormente l’apriorità dello spazio e del tempo attraverso la matematica.
Kant vede nell’aritmetica e nella geometria, le scienze sintetiche a priori per eccellenza
(sintetiche perché ampliano le nostre conoscenze; a priori perché i teoremi valgono a prescindere
dall’esperienza).
L’ANALITICA TRASCENDENTALE
La logica trascendentale è una logica che ha come specifico oggetto di indagine l’origine delle
conoscenze a priori che sono proprie dell’intelletto e della ragione. La logica è la scienza del
pensiero discorsivo, Kant la divide in:
Logica generale si riferisce all’intelletto a prescindere dalla varietà degli oggetti a cui può
essere rivolto (logica pura e logica applicata).
Logica speciale comprende le regole per pensare ad una determinata specie di oggetti.
LE CATEGORIE
Sono concetti puri, cioè a priori, non empirici. Sono le forme a priori dell’intelletto, ossia le
modalità universali e necessarie di giudicare, di attribuire un predicato a un soggetto. Non hanno
alcun contenuto, sono pure forme, in pratica sono le condizioni a priori in base alle quali un oggetto
può essere conosciuto e giudicato. Sono dodici e coincidono con i predicati primi.
Poiché pensare è giudicare, ci saranno tante categorie quante sono le modalità di giudizio.
TAVOLA DEI GIUDIZI
Quantità Qualità Relazione Modalità
Universali Affermativi Categorici Problematici
Particolari Negativi Ipotetici Assertori
Singolari Infiniti Disgiuntivi Apodittici
LA DEDUZIONE TRASCENDENTALE
Dopo aver formulato la tavola delle categorie, Kant deve giustificare la loro validità e il loro uso.
Questo problema lo denomina deduzione trascendentale.
Il termine deduzione è da intendersi in senso giuridico forense, che vuole alludere alla
dimostrazione della legittimità di una pretesa di fatto.
L’Io Penso. La deduzione trascendentale è la giustificazione dell’applicazione delle categorie al
mondo dell’esperienza. Il problema è dato dal fatto che le categorie sono forme soggettive del
conoscere, che pretendono però una validità oggettiva. La soluzione di Kant è che nessuna
unificazione del molteplice intuitivo potrebbe mai avvenire se non per mezzo delle categorie,
in quanto queste sono applicate alle intuizioni dall’Io penso. L’Io penso è l’autocoscienza del
soggetto conoscente, nessuna rappresentazione potrebbe mai essere connessa e nessun oggetto
potrebbe mai essere conosciuto senza l’attività sintetica dell’Io penso, la quale opera attraverso
le categorie. Ciò equivale quindi a dire che la realtà obbedisce necessariamente alle forme a priori
del nostro intelletto. L’io penso si configura come un principio supremo della conoscenza umana,
come ciò cui deve sottostare ogni realtà per poter entrare nel campo dell'esperienza e per divenire
un oggetto per noi. Esso rappresenta anche ciò che rende possibile l'oggettività (l'universalità e la
necessità) del sapere.
Contro l’idealismo. Nella seconda edizione della critica vi è anche una confutazione sull'idealismo,
diretta sia contro l'idealismo problematico di Cartesio, sia contro l'idealismo di Berkeley, che riduce
le cose esterne a semplici idee. Kant definisce l'idealismo come la teoria che considera l'esistenza
degli oggetti nello spazio fuori di noi. Distingue l'idealismo di Cartesio di Berkeley dal suo perché
i loro erano materiali, il suo idealismo è invece trascendentale. La sostanza di questa confutazione
dell'idealismo risiede quindi nella tesi secondo cui l'interiorità non può essere concepita senza
l'esteriorità in quanto l'esperienza interna dipende da qualcosa di permanente che si trova al di
fuori di essa.
Qual è l’unico uso legittimo delle categorie?
L’unico uso legittimo delle categorie è quello empirico, cioè la loro applicazione alle intuizioni
empiriche. Questo perché la funzione delle categorie è di unificare il molteplice dell’esperienza.
Senza dati intuitivi da unificare, non è possibile nessuna sintesi e quindi nessuna conoscenza. La
metafisica invece è un sapere illusorio perché fa un uso trascendente delle categorie, ossia le
applica a contenuti che non sono dati nell’esperienza, come il mondo come tutto, Dio o l’anima.
Dunque la conoscenza per Kant è data dall’unione di intelletto e sensibilità.
DIALETTICA TRASCENDENTALE
È la logica dell’apparenza, dell’illusione trascendentale, cioè è quella parte della Critica della
ragion pura che studia degli errori della ragione (intesa come facoltà specifica del conoscere,
distinta dall’intelletto), dovuti alla sua naturale e insopprimibile tendenza a fare un uso trascendente
delle categorie, cioè ad estendere illegittimamente l’uso delle strutture formali del pensiero umano
al di là dei limiti dell’esperienza.