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ISLAM CULTURA E LEGGE

Per capire l’Islam, la sua cultura e le sue leggi, in una narrazione sintetica, è indispensabile partire dalla
conoscenza dei due pilastri fondamentali dell’Islamismo: Maometto e il Corano. Questa premessa ci
permetterà di conoscere meglio i due aspetti della cultura islamica, cioè i contenuti della dottrina e i 1400
anni di storia, dal 600 circa ad oggi.
MAOMETTO

Nacque alla Mecca intorno al 570 e di lui non abbiamo fonti storiche scritte ma solo tradizioni. Il suo vero
nome fu “Qotam” e l’appellativo di “Mohammad” (= il glorificato), fu posteriore. Rimasto orfano fin da
bambino, passò sotto la tutela prima del nonno paterno, poi dello zio Talib che lo avviò all’attività carovaniera
come cammelliere. A venticinque anni conobbe e sposò una ricca vedova, Qadigia, di 15 anni più grande di
lui, nipote di un Vescovo eretico de La Mecca, Uarahà Ben Nauffal, nestoriano, con il quale Maometto
strinse amicizia. Conobbe pure un frate scismatico, Rahéb Bohàera, detto il frate del lago, con il quale
si presume scambiasse colloqui di carattere religioso. In Arabia e dintorni, al tempo di Maometto il
cristianesimo era diviso in molti gruppi eretici e scismatici, fra cui primeggiavano i “Nestoriani” e “gli Ariani”
che seguivano una interpretazione distorta della Bibbia e del Vangelo, soprattutto con riferimento alla figura
di Cristo come vero Uomo e vero Dio. Sia per influenza del frate del lago, sia perché ammirato dalla figura
ieratica del Vescovo nestoriano, dai quali sentiva parlare di Sacra Scrittura, inizialmente cominciò ad invidiare
i cristiani e i giudei perché essi avevano i Profeti, i Libri Sacri, un Dio unico e spirituale, mentre rozza era
l’idolatria del suo popolo che adorava nella “Ka’aba” della Mecca, (una costruzione rettangolare dove le tribù
nomadi venivano ad adorare i propri feticci), un’accozzaglia di 360 pietre dalle varie forme, di cui la più
venerata era la “Pietra Nera”. A questo primo periodo della sua vita, che arriva fino ai 30 anni circa,
sotto il probabile influsso dei suoi amici cristiano-nestoriani o scismatici, potrebbero risalire i primi
versetti del Corano, dove si parla in modo vago ed approssimativo dei Profeti, tra cui Mosè, Abramo,
David… Gesù stesso è annoverato tra i Profeti, ma di lui Maometto nega l’aspetto essenziale: il mistero della
sua morte e risurrezione a salvezza dell’umanità (Mistero Pasquale).
Ben diversi sono gli altri versetti del Corano scritti a seguito delle sue cosiddette “visioni” o
crisi religiose, che iniziarono dopo i 30 anni.1 In questo secondo periodo della sua vita, (morì nel 632, a 60
anni circa), cominciò a manifestarsi in Maometto una personalità complessa e contraddittoria, facile
all’esaltazione e insieme all’inquietudine e al dubbio; un temperamento di grande passionalità spesso
morbosa, unita a slanci religiosi. Cadeva in deliquio, il volto si faceva rosso, nelle orecchie percepiva un
inspiegabile ronzio metallico, le labbra si coprivano di schiuma, dalla gola emetteva suoni strani, tanto che la
gente si allontanava da lui spaventata. Da quei momenti di esaltazione in cui affermava di avere delle visioni
usciva con la certezza che Dio gli aveva parlato e che egli era il profeta mandato da Allah per insegnare al
popolo arabo la fede monoteista. Spronato dalla moglie Qadigia, Maometto si convinse di essere lui l’ultimo
Profeta, il suggello di tutti i Profeti. Fu malattia nervosa? Autosuggestione? E quell’essere misterioso definito
l’Arcangelo San Gabriele chi poteva realmente essere? Lasciamo questo compito agli studiosi. 2
La sua predicazione incontrò un’accanita opposizione sia da parte dei Giudei che si burlavano di lui,
sia da parte dei commercianti de La Mecca che vedevano svanire la fonte dei loro guadagni legati al
commercio delle pietre ritenute “sacre”. A quel punto Maometto pensò che era necessario usare la forza e si
trasformò in guerriero temerario. Nel 622 fu costretto a fuggire da La Mecca con un gruppo di fedelissimi
(Egira) e trovò accoglienza a Medina, allora dilaniata da fazioni interne, e lì pensò di dare un risvolto politico
alla sua missione. Nel documento conosciuto come “Editto di Medina” dettò quella che può essere definita la
“Costituzione islamica”, nella quale Maometto definisce l’Islam come comunità di credenti che
combattono per imporre la legge di Allah al mondo intero. Infatti le sue battaglie, condotte al grido di
“Sangue, sangue, distruzione, distruzione”, avevano non solo lo scopo di ripulire l’Arabia dagli idoli, ma
anche quello di condurre all’Islam tutti i popoli della terra.3 Fu perciò considerata “guerra santa” e venne
sancita poi sul Corano in numerosi e inconfutabili versetti. Recita infatti il Corano: “Vi è prescritta la guerra,
anche se non vi piace” (Cor.2,216). “Uccidete gli idolatri ovunque li troviate” (Cor. 9,5). “Profeta! Lotta contro
gli infedeli e sii duro con loro” (Cor. 66,9). In questa lotta i cosiddetti “infedeli” non hanno alcun diritto perché
l’Islam non riconosce come soggetti giuridici persone o Stati non musulmani, e nemmeno riconosce i diritti
dei prigionieri che sono “proprietà” dei vincitori. La schiavitù abolita in Occidente dal Cristianesimo, è
legittimata nei Paesi islamici perché riconosciuta ufficialmente dal Corano (Cor.2,221).
Mons. Fouad Twal, arcivescovo di Tunisi, afferma che l’Islam è portatore di un modello di società
mirante all’istituzione di uno Stato teocratico e totalitario fondato sulla “Shari’ah” e che la “Jiahad”, la guerra
santa, non è un aspetto marginale dell’Islam, ma costituisce un obbligo grave del credente, e contro coloro
1
S. Noja, Maometto profeta dell’Islam, Mondadori, Milano, 1991
2
S. Noja, op. cit.
3
S. Nitoglia, L’Islam com’è, Il Minotauro, 2002
1
che hanno voluto interpretare questo termine in modo riduttivo, come se fosse solo un combattimento
spirituale, l’Arcivescovo risponde che i testi e i fatti sono chiari: “Si tratta di una vera lotta armata contro gli
infedeli, cioè contro tutti coloro che non sono musulmani. E’ la religione della forza perché si impone solo con
la forza e cede solo davanti alla violenza. Islamismo e violenza fanno parte integrante dell’Islam”.
Le tanto discusse Crociate condotte dai cristiani contro l’Islam tra il XII° e il XIII° secolo nulla hanno da
spartire con la guerra santa perché, oltre ad essere ben circoscritte in un determinato periodo storico, non
avevano lo scopo di imporre la fede cattolica al mondo, ma solo quello di liberare i prigionieri e i luoghi santi
dove i musulmani si erano insediati impedendo l’accesso a tutti gli altri “pellegrini infedeli”.4

Alcuni studiosi sono convinti che comunque Maometto portò dei benefici perché unificò, in
nome di un solo Dio, le varie tribù arabe in lotta tra loro eliminando l’idolatria del popolo arabo e in buona
parte anche di quello asiatico e africano. A queste affermazioni rispondono due conoscitori dell’Islam,
Bausani e Fahad affermando che la lotta contro l’idolatria fu in realtà, parziale, in quanto Maometto fece sì
eliminare tutte le pietre considerate sacre de la Ka’aba, tranne una, la cosiddetta “pietra nera”, tuttora luogo
sacro di pellegrinaggio e oggetto di venerazione per tutti i musulmani. Inoltre il culto da lui prescritto, basato
soprattutto su gesti eclatanti, prostrazioni, abluzioni, girotondi intorno alla pietra sacra e altre espressioni
esterne fine a sé stesse, è puramente esteriore e formalistico, e non coinvolge affatto l’intimo della persona
né il suo comportamento morale.5
Lo stesso monoteismo islamico che aveva il compito di debellare l’idolatria è rigido e
inflessibile, perfino con gli stessi musulmani: chi trasgredisce viene sottoposto a punizioni pubbliche terribili:
mutilazioni, amputazioni di arti, flagellazioni, fustigazioni e anche con la morte perpetrata in modo terribile,
per lo più attraverso la lapidazione. Allah è un Dio lontano e inconoscibile all’intelletto umano, arbitro di tutto,
che esige la sottomissione assoluta dell’uomo fino al punto di vanificare la sua libertà e responsabilità, anzi
fino al punto di sottrargli perfino la vita in modo cruento. (Cor. 2,216; 9,5; 66,9; 47,35) .
Per l’Islam Dio è talmente inconoscibile che non può essere raffigurato in alcun modo, a tal
punto che Maometto decretò la distruzione di tutte le immagini, (la cosiddetta guerra iconoclasta), non solo
quelle sacre, ma anche profane, cioè esiste la proibizione più assoluta di raffigurare, o dipingere, o scolpire
chicchessia. Per citare solo un esempio, se qualcuno ha visto in quale stato pietoso è stata ridotta la chiesa
di Santa Sofia a Costantinopoli i cui preziosi mosaici d’oro sono stati tutti coperti dall’Islam da un orrendo
strato di calce o cemento, può farsi una pallida idea di che cosa potrebbe accadere alle meravigliose nostre
chiese italiane, ricche di opere d’arte tra le più preziose del mondo, se dovesse prevalere la cultura islamica.
Siamo ben lontani dal concetto di Dio che ci insegna la teologia cattolica, un Dio che mostra il
suo volto nel Figlio, Gesù Cristo, un Dio che è nostro Padre, ricco di bontà, di misericordia e di perdono,
rispettoso della libertà dell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza; un Dio che si fa conoscere all’intelletto
umano attraverso la Creazione ma soprattutto attraverso la Rivelazione. Un Dio che rivela la sua vita intima,
Trinitaria nelle Persone, alla cui gloria e felicità l’uomo è chiamato a partecipare. Un Dio, poi, che ama l’uomo
a tal punto da arricchirlo di doni e di talenti perché possa sfruttarli per migliorare il mondo con il lavoro, l’arte,
la scienza, la pittura e tutte le attività umane. San Tommaso d’Aquino nella “Summa contra Gentile” al cap.
VI, afferma: “Maometto neppure ebbe la testimonianza dei Profeti precedenti; anzi, egli guasta gli
insegnamenti del Vecchio e del Nuovo Testamento con racconti favolosi, come risulta dalla lettura della sua
legge. Ecco perché, con astuzia egli proibisce di leggere i libri del Vecchio e Nuovo Testamento; per non
essere tacciato di falsità”.
Con le donne Maometto non era certo tenero. Aprì la strada alla poligamia più sfrenata adducendo
la frase coranica “Dio è indulgente e misericordioso” e quando sottrasse la moglie a suo figlio adottivo Zeid,
la bella Zàynab, per annoverarla fra le sue oltre 20 spose (alcune delle quali bambine), esclamò: “Gloria a
Dio che volge come vuole il cuore degli uomini” (sura 33). La verginità è ritenuta oltraggio alla natura, la
donna definita adultera per rapporti sessuali avuti o subiti fuori dell’harem di appartenenza è condannata
all’ergastolo in casa propria, o alla lapidazione. Dice il Corano “Se alcune delle vostre donne commettono
turpitudini, portate quattro di voi a testimoniare contro di loro, e se questi testimoniano sulla verità del fatto,
rinchiudete le colpevoli in casa finché le colga la morte o Dio offra loro una via di salvezza” (Cor. 4,15)
Maometto invitò i fedeli maschi a seguirlo su questa strada a spese della dignità della donna
considerata proprietà dell’uomo, essere inferiore, privo di libertà, abbandonata al capriccio dell’uomo, esclusa
dalla convivenza sociale. A quei tempi (anche tuttora in alcuni paesi arabi) le era perfino vietato di mettere
piede nella moschea. “Il Paradiso non è fatto per le vecchie” rispose Maometto ad una fedele avanti negli
anni che si raccomandava alle sue preghiere per ottenere la beatitudine eterna. Anche queste volontà di
Maometto vennero sancite nel Corano, persistono tuttora e costituiscono la base fondamentale
dell’islamismo odierno.

4
J. Richard, La grande storia delle crociate, Newton & Compton Editori, Roma, 1999
5
A.Bausani, T. Fahad, Storia dell’Islamismo, Mondadori, Milano, 1997
2
I CONTENUTI DELLA DOTTRINA
IL CORANO
E’ una sorta di libro-divinità consegnato da Maometto ai suoi fedeli, inizialmente tramite predicazione
orale perché Maometto era analfabeta, ma circa vent’anni dopo la sua morte, il terzo Califfo, Otman, decise
di raccogliere tutti i frammenti che erano stati scritti dai seguaci su improvvisate strisce di cuoio, su foglie di
palma o su cocci di pietre levigate, in un libro di 114 “sure” o capitoli e a questo libro diede il nome di “Corano
(da Qu-ram = recitazione). Il Califfo fece poi bruciare tutti i frammenti che contenevano gli oracoli e le
esortazioni di Maometto raccogliendoli da tutto il territorio arabo, e con essi fece bruciare anche tutti gli altri
libri, sacri o profani che fossero, a partire dalla Bibbia, dando così il suo “placet” alla distruzione di tutte le
opere scritte che non fossero il Corano. In pratica il Corano risulta essere un insieme di esortazioni, di regole
rituali, di articoli penali e civili, di proclami di guerra, di preghiere, di gravi imposizioni, di visioni dal tono
profetico ecc. L’Islam, non ammettendo la conoscenza razionale di Dio e del mondo, fonda le sue
conoscenze solo sulla fede come valore assoluto, cioè su un fideismo cieco in nome del Corano dove
prevale una concezione della vita fatalistica e sensuale. il Corano è l’unica legge religiosa e civile,
immutabile e intoccabile, gravemente vincolante. (Cor. 5,33). Al di fuori del Corano il nulla, anzi fuori
del Corano esiste solo il peccato che va sempre combattuto e distrutto.6
E il Ramadan? E’ una parodia del digiuno! Se durante il giorno sono vietati cibi e bevande, durante la
notte è lecito tutto, senza alcuna restrizione. Chi può, passa la giornata dormendo e tramuta la notte in orgia.
Noi occidentali rifuggiamo invece da tutte queste forme esterne molto appariscenti, talvolta pompose, che
fanno comunque parlare molto di sé i mass-media. Preferiamo l’interiorità dell’atto di fede, la penitenza o il
digiuno nascosto che Dio solo vede e ricompensa; ci è più consono pregare anche per strada, ma in silenzio,
a tu per tu con Dio che vede nel profondo del nostro cuore, e il nostro stesso incontro domenicale per la
Santa Messa è sempre compiuto all’insegna della sobrietà, del raccoglimento, sia pure festoso ma
contenuto, proprio perché questo è lo stile che Gesù Cristo ci ha proposto nel Vangelo e che noi, credenti e
non credenti, abbiamo assimilato e fatto nostro in duemila anni di storia. Troviamo in S. Matteo quelle
esortazioni stupende: “(…) Tu, invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non
veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti
ricompenserà”. (Mt.6,17) Ancora in Matteo: “Quando pregate non siate simili agli ipocriti che amano pregare
stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini (…) Tu invece quando
preghi entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel
segreto, ti ricompenserà”. (Mt.6,5). E’ talmente radicato in noi questo concetto che siamo soliti tacciare di
ipocriti coloro che frequentano la chiesa e poi si comportano male nella vita, proprio perché la nostra fede è
basata anzitutto sull’interiorità e moralità della persona, sulla conversione del cuore, sulla preghiera
personale o comunitaria che fugge da ogni ostentazione esterna.
Il Paradiso. Sia Islam che Cristianesimo promettono un premio nell’al di là, nel Paradiso, però
con una differenza abissale: il Paradiso dell’Islam, una specie di “bengodi” materialistico e carnale, (Cor.
19,62; 37, 48-49; 38,52; 78,33;) non è certo lo stesso Paradiso di cui parla Gesù Cristo, e soprattutto non lo
si raggiunge percorrendo la strada della violenza omicida ma quella dell’amore e della rinuncia!

PERSONA – SOCIETÀ - LEGGE. La difficoltà più grossa, comunque, per un’intesa con l’Islam non riguarda
solo l’aspetto teologico-religioso, come negazione dei contenuti principali della fede cristiana, ma investe,
come accennato, anche l’ambito civile, sociale e legale perché la visione della vita, della società, della
famiglia, della donna, della legge è del tutto stravolta rispetto alla nostra cultura e Costituzione.7
• L’Islam non conosce il concetto di persona come soggetto di diritto, sul quale si fonda la nostra
Costituzione, concetto che risale al cristiano Boezio (intorno al 500) che definì la persona con quella
famosa frase “rationalis natura, individua substantia”: la persona è “sostanza individuale di natura
razionale”. Definizione accettata e completata poi da S. Tommaso con l’aggiunta del termine
“intellectualis”. L’Islam prevede solo il diritto della “ummah”, cioè della comunità islamica.
• L’Islam non conosce il concetto di libertà, né sociale, né personale, né di associazione, né di stampa
ecc. Il giornalista Carlo Sgorlon in un articolo su “Il Tempo” del 30 dicembre 2000 afferma: “Il
maomettano “tipo” non si integra, chiede che ogni suo costume religioso sia rispettato, ma egli nulla
concede al cristiano perché il vero mussulmano non cede mai, non conosce né la tolleranza, né
l’accettazione, né la mutazione di atteggiamento. O fai ciò che lui vuole, oppure si arriva alla guerra.
• La Corte di Giustizia Europea con sentenza del 31/7/2001, ha decretato l’incompatibilità della
Legge Coranica (Shari’ah) con la Convenzione per i diritti dell’uomo, ma di questo nessuno parla.8

6
A. Bausani, Il Corano, Sansoni, Firenze, 1961
7
G. Baget Bozzo, Di fronte all’Islam, Il grande conflitto, Marietti, Genova 2001
8
“Affaire Refah Partisi (Parti de la prosperité) et autres c. Turquie (Requetes nos 41340/98, 41342/98, 41343/98 41344/98)
3
VALORE DELLA VITA E RICCHEZZE. I musulmani, pur disponendo di immense ricchezze grazie al
petrolio, vivono da miserabili: non sanno o non vogliono costruire fabbriche, né aziende, né edifici pubblici, né
scuole (se non coraniche e di addestramento alla guerra), né teatri, né ospedali ecc.… perché il loro più alto
obiettivo non è il benessere sociale ma solo quello di islamizzare il mondo con tutti i mezzi possibili compreso
il suicidio kamikaze. La loro ricchezza infatti è quasi esclusivamente orientata all’acquisto di armi e al
finanziamento di moschee e di centri di islamizzazione disseminati in tutti i Continenti, soprattutto in Europa.9

SUICIDIO KAMIKAZE. La “cultura” dei kamikaze è propria delle idolatrie pagane che esigevano sacrifici
umani in nome degli dei, in questo caso in nome di Allah, mentre è totalmente sconosciuta nel Cristianesimo
il quale non ha mai concepito il suicidio come strumento di guerra o di distruzione, e mai comunque per
uccidere, bensì per salvare gli altri. I santi e i martiri, infatti, hanno offerto la propria vita sull’esempio di
Cristo, per la vita e la salvezza degli uomini, e il martirio non se lo sono mai cercato volontariamente, ma lo
hanno dovuto subire piuttosto di rinnegare Cristo! Citiamo ad esempio i primi Santi Martiri cristiani i quali,
anche in tenera età, Santa Eufemia, Santa Agnese, San Tarcisio ecc. preferivano subire il martirio
piuttosto che rinnegare la divinità di Cristo; S. Pietro Nolasco (1180-1249) che fondò l’Ordine di Santa Maria
della Mercede per la redenzione degli schiavi con lo scopo di riscattare i cristiani fatti schiavi dei Mori, non
solo offrendo i propri beni ma, in casi estremi, anche la propria vita; San Tommaso Moro (1477-1535) che
subì la decapitazione da parte del re d’Inghilterra Enrico VIII per non acconsentire al fatto che egli si
proclamasse capo della chiesa anglicana al posto del Papa; S. Pietro Claver (1580-1654) che, assieme alla
sua congregazione, riscattava gli schiavi indigeni anche a costo della propria vita ai tempi della scoperta
dell’America; San Massimiliano Kolbe (1894-1941) che si offrì al posto di un condannato a morte nei lager
nazisti ecc. E’ di questi giorni il martirio di una suora italiana, suor Leonella, uccisa a Mogadiscio proprio
in odio al cristianesimo e al discorso del Papa. Gli esempi sono migliaia di migliaia, tutti documentati, e tutti
costoro dovrebbero rivoltarsi nella tomba davanti alla nostra pusillanimità, vigliaccheria, o tradimento della
nostra fede in Gesù Cristo.

LA FAMIGLIA, OVVERO L’HAREM, E IL MATRIMONIO. Fin dai tempi di Maometto, nonostante il “Profeta”
avesse un numero alto e imprecisato di mogli, senza contare le schiave e le concubine, si pensò di porre un
limite al numero delle “mogli “ e fu stabilito il 4, ma in realtà ogni uomo può avere tutte le concubine e schiave
che vuole, sull’esempio del Profeta, scelte per capriccio, o comperate nei pubblici mercati, dipende solo dalle
possibilità economiche del maschio. Normalmente per un maschio avere più soldi significa anche avere più
donne per il suo harem perché l’Islam considera la poligamia non solo legale ma consigliabile in quanto
giustificata dalla vita di Maometto e sancita poi dallo stesso Corano (Cor. 4,3 - 129)
Nell’harem di Abder Rhaman, ricco califfo di Cordoba nel secolo X°, si contarono fino a 6.340 donne,
tutte giovanissime e tenute prigioniere alla mercè dei capricci lussuriosi di un califfo. A quei tempi un harem
di media grandezza era composto da circa 500 tra mogli e concubine, e costituiva una tale fonte di vizi
morbosi che spesso portavano i “padroni” dell’harem, sultani o califfi che fossero, alla demenza e alla morte,
come avvenuto al sultano ottomano, Murat V, che fu deposto nel 1876 perché debilitato da eccessi sessuali
che lo condussero al delirio e alla morte.
Gli harem veri e propri, quelli numerosi e fiabeschi, diciamo da “mille e una notte”, esistono ancora solo
nei paesi arabi o iraniani, ben protetti e diretti dai prìncipi del petrolio e nei quali vanno a confluire con molta
probabilità quasi tutte le donne rapite nel mondo. Tuttavia il concetto di harem, inteso come possesso da
parte di un uomo di un certo numero di mogli e concubine è sempre vivo nel mondo islamico perché fa parte
integrante della sua mentalità sancita nel Corano e può essere così sintetizzato:
• il matrimonio e la famiglia per l’Islam non è inteso come libera scelta di un solo uomo e di una
sola donna, ma come scelta unilaterale di un uomo che decide di “comprare” una o più mogli per
il suo harem. La donna appartiene sempre ad un harem, o a quello del marito, o del padre o di un
fratello. Non si concepisce che essa possa essere indipendente, “libera di stato”, come diciamo noi. Il
matrimonio islamico è solo l’oggetto di una transazione basata su un accordo di tipo commerciale. Può
venire sciolto o per volontà del marito (ripudio), o per mutuo consenso (divorzio), ma più frequente è il
primo caso. Il ripudio (talaq) consiste in una dichiarazione unilaterale solo da parte del marito, con effetto
immediato nei confronti della moglie la quale deve lasciare subito la casa, o l’harem, e non sempre le è
consentito di portare con sé i figli.
• Ai nostri giorni si pratica per lo più la poligamia “nel tempo”, o il cosiddetto “matrimonio
temporaneo”. Lo studioso dell’Islam, Gautier afferma: “E’ normale che il personale femminile dell’harem si
rinnovi per divorzio annuale, perfino mensile o settimanale”10 I musulmani residenti in Occidente
spesso vivono la poligamia attraverso “piccoli harem” costituiti da una moglie con i figli, sparsi sul

9
Roberto de Mattei, Guerra santa, guerra giusta, ed. Piemme
10
F. Gautier, Moeurs et coutumes musulmans, Payot, Paris, 1931
4
territorio, i cui membri spesso neppure si conoscono tra loro, pur essendo tutti “di proprietà” di un solo
marito il quale, periodicamente, va a “controllare la situazione”, unendosi ora a una, ora all’altra moglie, a
parte le concubine, se il marito ha risorse economiche per mantenerle tutte, ma spesso vi contribuiscono
le stesse organizzazioni islamiche perché il moltiplicarsi della prole favorisce l’espansione dell’Islam.
• Nel mondo islamico la famiglia sparisce con il padre o con il capo essendo costituita soltanto per lui,
fondata sulla sua autorità. Continua Gautier: “Quando l’uomo muore, quello che era il suo harem, basato
solo sulla sua autorità, sparisce con lui, si dissolve e inizia un altro harem, del tutto nuovo e diverso,
senza rapporto di continuità con quello che è scomparso. Nel nuovo harem la donna che prima era stata
moglie, potrebbe divenire schiava del nuovo “padrone”. Anche per questo i cognomi sono pressochè tutti
uguali perché manca una vera discendenza genealogica”.11
• Nel mondo Occidentale, invece, la famiglia può durare secoli; molto forte è per noi il concetto di
“genealogia”, di “discendenza per sangue” si parla di “parenti diretti o acquisiti”, ecc. e comunque la
famiglia sopravvive alla morte del padre perché non è fondata solo sull’autorità paterna ma su una serie
di legami di parentela, di interessi comuni, di abitudini, di tradizioni, di affetti ecc. che la rendono unita.

AVVILIMENTO DELLA DONNA. Da qui si può capire a quale grande avvilimento sia sottoposta la donna
nella società islamica. Queste giovani donne, una volta invecchiate, considerate solo oggetto di piacere o
strumenti per la procreazione, esposte al pericolo di essere ripudiate o private dei figli da un momento
all’altro, oppure tenute prigioniere in un harem dove non potranno mai sperimentare quelle gioie che può
offrire la vita: la bellezza della natura, lo studio, il lavoro professionale, i viaggi, lo sport, le relazioni, il vero
amore del cuore e non quello imposto per contratto ecc. tutte cose ovvie per noi occidentali, queste donne
private di tutto, come vivono, e che fine faranno?” Tralasciamo per brevità la questione giuridica secondo cui
la testimonianza della donna vale la metà di quella dell’uomo, come pure l’eredità ecc. dove è sempre il
maschio a prevalere, per ricordare invece il fenomeno della infibulazione e i numerosi casi di
lapidazione delle donne di cui si parla molto poco, tranne per qualche episodio sporadico di cronaca.
L’usanza barbara della infibulazione esisteva già da tempi antichi, ma essendo stata approvata da
Maometto, tutto l’Islam si guarda bene dall’abolirla. Questa mutilazione che, oltre a procurare atroci
sofferenze comporta anche la perdita del piacere sessuale, piacere che è riservato solo all’uomo, ben si
confà alla visione islamica della donna come puro oggetto passivo da comprare o affittare.

Una suora missionaria fuggita da un paese islamico lasciò ad un settimanale una testimonianza
terribile che forse l’Occidente non sa o finge di non sapere: nell’islamismo si lapida non solo la moglie
adultera, ma anche la ragazza che rimane incinta, anche per violenza. Questa ha una sorte terribile perché
sa di dover morire la notte stessa dopo il parto per mano dei suoi famigliari, spesso i genitori, perché così
vuole la legge islamica. E queste ragazze sono molte perché l’uomo musulmano facilmente si unisce a
ragazze che non rientrano fra le mogli e le concubine del suo harem (ha la legge dalla parte sua, legge
tremendamente maschilista) e se queste hanno la disgrazia di restare incinte, sanno benissimo a quale sorte
vanno incontro: dopo il parto, spariscono per sempre. Questa suora assieme ad altre aveva nascosto e
salvato dalla morte decine e decine di ragazze in pochi anni e narra che i nemici più terribili di queste povere
sventurate sono proprio i loro famigliari, il padre, la madre, i fratelli, i quali si sentono in dovere di infierire
contro queste loro figlie “impure” perché questo è il comando del Corano e se scappano, le cercano finchè
non le hanno trovate, per metterle a morte.

Amnesty international afferma che sono migliaia ogni anno le pene capitali nei paesi musulmani,
e anche se con i dovuti “distinguo” da paese a paese, il denominatore comune è sempre la violenza
soprattutto contro le donne, in nome della legge. Queste cosiddette “adultere” o “impure” vengono
incappucciate e infilate in una fossa fino al collo e la testa maciullata sotto un diluvio di pietre. Spesso
vengono estratte perché credute morte e poi rimesse dentro per “finirle” sul serio. Altri colpevoli, talvolta solo
di aver rubato una mela vengono sottoposti a condanne terribili: o si taglia loro la mano ma lentamente,
senza spezzare le ossa, come farebbe un macellaio con una costata da disossare (scusate la brutalità); o si
infila la testa in un cappio e si frustano con brutalità fino a farli crollare, spesso sul loro stesso cappio che li
finisce per soffocamento…. Poco si conosce di queste terribili esecuzioni compiute in nome di una religione
che nulla ha di religioso, ma è difficile intervenire perché si andrebbe contro l’inflessibile “Shari’ah”.

In una recente trasmissione televisiva, una ragazzina 17enne figlia di un italiano e di una iraniana
cristiana denunciava, piangendo con singhiozzi pietosi, lo stato delle sue coetanee nel paese di sua madre
dicendo: “Capite che le uccidono? Hanno ucciso una mia amica che aveva la mia età con la lapidazione!

11
F. Gautier, op. cit.
5
Fate qualcosa per favore!” Una testimonianza da brividi perché si tocca con mano la nostra impotenza
davanti al dilagare di una “cultura” che molti occidentali stanno guardando con troppa superficialità se non
addirittura con inspiegabile simpatia, a iniziare da certe donne del nostro occidente laico e opulento che forse
solo per vanità vogliono indossare il “chador” perché è di moda girare nude con veli provocanti che scendono
dalla testa. Queste nostre donne occidentali non si rendono conto della fortuna che hanno di vivere in un
paese cristiano e di quanto siano meschine quando si prestano ad essere strumentalizzate da una moda
spudorata che le considera solo oggetto di piacere per appagare voglie malsane.

1400 ANNI DI STORIA: INSPIEGABILE DIFFUSIONE DELL’ISLAM

Com’è possibile che una struttura così lesiva dei diritti umani possa essersi diffusa tanto rapidamente? La
risposta non è semplice perché sono coinvolti molti elementi di carattere sociale, politico ed economico che
hanno prevalso, ora l’uno ora l’altro, in questi 1400 anni di storia dell’Islam. Sta di fatto, però, che due
sono gli elementi fondamentali di questa espansione: la conquista del mondo all’Islam attraverso la
violenza, e il cedimento dell’Occidente che ha abbandonato tutto un patrimonio di valori, fondamento
della sua potenza, cultura e civiltà cristiana per annaspare in una fantomatica cultura cosiddetta “laica”.
Le guerre iniziarono con Maometto il quale sottomise, dopo mille anni di convivenza pacifica in
Arabia, sia i “popoli idolatri”, sia il “popolo del libro”, cioè Cristiani ed Ebrei presenti sul suolo arabo. Infatti
l’espansione islamica acquistò sin dagli inizi una caratterizzazione anti-cristiana. 12 A soli vent’anni dalla morte
del Profeta gli arabi musulmani, condotti dal califfo Caleb, conquistarono la Palestina, tutta l’Africa cristiana
mediterranea, sconfissero l’impero persiano e minacciarono Bisanzio. Quindi dal Marocco passarono in
Spagna, cacciarono i Visigoti e da lì avrebbero invaso l’Europa se non fossero stati fermati a Poitiers da
Carlo Martello (732). Quegli arabi musulmani rimasti in Spagna dopo la sconfitta di Poitiers costituirono una
forte comunità, sempre più insidiosa e aggressiva per il resto d’Europa. Dopo ben sette secoli, con San
Ferdinando III° di Castiglia nel 1240, e poi con il Re Ferdinando d’Aragona nel 1481, gli arabi furono
cacciati. Il contatto comunque con la civiltà greco-bizantina e romano-cristiana plasmò per qualche secolo la
durezza di quei guerrieri che seppero dare il meglio di sé come filosofi e scienziati. Tuttavia dal secolo XV° la
cultura islamica cominciò un inesorabile declino. L’indole bellicosa dell’Islam arabo, resa ancor più terribile
dalla presenza massiccia dei Turchi musulmani, riemergeva prepotente minacciando seriamente tutta la
civiltà cristiana. In questo spirito di difesa della cultura occidentale i cristiani combatterono e vinsero a
Lepanto (1571), a Vienna (1683), a Belgrado (1717) impedendo l’avanzata mussulmana in Europa13

La rivista Mashrek International rendeva pubbliche le risoluzioni prese dal Consiglio Islamico tenuto
a Lahore (Pakistan) nel 1980, le quali stabilivano che “la regione mediorientale deve essere tutta islamica
entro il 2000. I gruppi popolari che non appartengono al credo islamico devono essere distrutti”. Così è
realmente avvenuto. Commenta a tale proposito l’islamista Onorato Bucci che dal Libano, in quindici
anni di guerra civile, senza contare il numero dei morti trucidati, si è avuto un drammatico esodo di oltre due
milioni di cristiani, maroniti e di altre confessioni, verso l’Europa e le Americhe. Non meno drammatica,
continua Bucci, la situazione nelle altre Nazioni mediorientali: Egitto, Turchia, Siria e, più recentemente,
Sierra Leone, Sudan, Nigeria, isole Molucche, isola di Timor e quasi tutta l’Indonesia che hanno subito eccidi
incalcolabili e la cui popolazione, prima in maggioranza cristiana, è ora per forza quasi tutta mussulmana.
Anche nelle Filippine, lo Stato più cattolico e più mansueto di tutta l’Asia, è entrato un gran numero di
musulmani che vogliono creare uno Stato musulmano a suon di guerre. Ci sono molte ragioni per credere
che anche in Italia e in Europa potrebbe accadere la stessa cosa!”
Pensiamo alla profanazione di tanti luoghi sacri al cristianesimo compiuta nei secoli: Santa Sofia a
Costantinopoli, tanti Santuari della Palestina, tantissime chiese e comunità cristiane dell’Asia Minore e del
Nord Africa spazzate via e cancellate; pensiamo alla persecuzione violenta contro i cristiani tuttora in atto in
molte regioni del mondo. Il tributo di sangue dei cristiani uccisi nel mondo, in prevalenza dove vige la
shari’ah islamica, è di circa 160.000 vittime all’anno, documenta Antonio Socci.14

Ormai è nota a tutti la dichiarazione che Mons. Bernardini, da oltre 40 anni Arcivescovo di
Smirne in Turchia, ha rilasciato a fonti pubbliche: “Durante un incontro sul dialogo islamo-cattolico, un
autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse con calma e sicurezza:
“Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi
domineremo”. E aggiunge che c’è proprio da crederci perché il “dominio” è già cominciato con i petroldollari,
usati non per creare lavoro nei paesi poveri del Nord Africa o del Medio Oriente, ma per costruire moschee

12
S. Nitoglia, op. cit.
13
R. Guolo, Il partito di Dio. L’Islam radicale contro l’Occidente, Guerrini e Associati, Milano, 1994
14
Antonio Socci, I cristiani perseguitati, ed. Mondadori
6
nei paesi cristiani attraverso l’immigrazione continua”.15 Com’è possibile che questi timori non sorgano mai
nella mente dei nostri politici e delle nostre autorità religiose così ottusamente aperte solo al “dialogo” come
se fosse la bacchetta magica per qualunque problema? E’ quanto va urlando con forza e passione la
coraggiosa Oriana Fallaci che ha denunciato in più libri l’assurda utopia di una convivenza pacifica con
l’Islam perché bellicoso di sua natura.16

ISLAM FANATICO E ISLAM MODERATO Davanti ad un clima di insicurezza da nevrosi perché costretti a
vivere con la tensione di chi si sente continuamente minacciato da terribili attentati, c’è chi continua a
dichiarare (forse perché sorretto dalla forza della disperazione) che non tutti i musulmani sono così fanatici,
che esiste un Islam moderato, che dopo anni di vita e di lavoro negli ambienti europei si sono amalgamati a
tal punto da ritenersi quasi occidentali ecc. Nulla di più falso! Il recente sondaggio sui musulmani in Europa
del PEW (www.pexglobal.org) citato da Timothy Garton Ash su La Repubblica” dell’11 agosto e da Magdi
Allam sul “Corriere” del 15, conferma queste preoccupazioni. In Gran Bretagna, afferma Allam, l’81% dei
musulmani si considera innanzitutto detentore di una identità islamica e solo il 7% dichiara di sentirsi
britannico. Lo stesso per quanto riguarda la Francia, continua Magdi Allam, dove tutti gli immigrati (per lo più
musulmani) hanno iniziato gravi sommosse nell’intento di voler instaurare la legge islamica. Interi paesi della
Francia che fino a pochi anni fa avevano ospitato pacificamente la più diversa manodopera straniera
proveniente dall’europea, sono stati letteralmente distrutti dagli extracomunitari islamici. E stanno avanzando
progressivamente e inesorabilmente...
Cosa può aspettarsi l’Italia? Che dopo cinque anni di permanenza sul suolo italiano, costoro si
“convertano” alle nostre leggi e costumi di democrazia e di libertà e ci rispettino? Non c’è da stupirsi che
certa classe politica che ha calpestato proprio il Cristianesimo, fonte di libertà e di democrazia, si tiri
addosso come un boomerang proprio quella violenza che molti si illudono di neutralizzare attraverso
assurde concessioni. Il guaio è che, purtroppo, ne pagheremo tutti le conseguenze e non saranno certo
quelle di vivere pacificamente in uno Stato “laico”, cioè libero da tutte le religioni o tradizioni, come
vorrebbero farci intendere certi esponenti della politica e della cultura laica-massonica, ma finiremo
inevitabilmente schiavi di uno Stato teocratico, che sarà la tirannia peggiore di tutte quelle forme di
totalitarismo che hanno sconquassato l’Europa, soprattutto dell’Est, in questo secolo appena passato.

COSA POSSIAMO FARE DAVANTI A QUESTO IMMINENTE PERICOLO?

• Innanzitutto dobbiamo cominciare a renderci conto dei gravi problemi che la presenza massiccia
dell’Islam pone nell’Unione Europea e non aprire superficialmente le porte alla Turchia, sia perché non
centra affatto con i confini europei, sia perché questo può comportare un gravissimo pericolo perchè la
Turchia potrebbe farsi garante della protezione di tutti i popoli musulmani dell’Unione europea, e così ci
vedremmo già divisi in due “mondi inconciliabili” in casa nostra, “l’un contro l’altro armato”.
• Secondariamente dovremmo farci un serio esame di coscienza su noi stessi e sulla nostra incoerenza di
cristiani che, pur discendendo da intere generazioni di santi, di martiri e di confessori della fede, da anni
stiamo tradendo questa nostra meravigliosa identità, garanzia di libertà e di progresso.
• A nulla servono i nostri armamenti, le nostre navi da guerra, le nostre strategie belliche perché i
musulmani non sanno creare industrie ma sono terribili guerrieri che non temono la morte e, ad un solo
cenno dall’alto, si fanno esplodere in qualunque luogo o zona essi si trovino con incalcolabili danni.
• Ancora meno serve il cosiddetto dialogo pacificatore perché l’Islam se ne ride, neppure conosce il
significato di dialogo, così caro alla mentalità occidentale e al nuovo ecumenismo.17

Il dialogo è certamente valido per tante altre situazioni o popoli, ma con l’Islam no!. Davanti alla
mentalità islamica che abbiamo cercato di descrivere nel suo più crudo realismo, avvallata da avvenimenti
terribili che si stanno verificando in tutto il mondo, che significato possono avere parole come “dialogo” o
“pace”? Significano forse un atteggiamento rinunciatario come il massimo bene da raggiungere, grazie al
quale si può avere salva la vita perdendo la propria identità e libertà? E come si vivrà dopo? E’ evidente che
una simile concezione di pace non significa solo rifiuto della guerra ma diventa una dottrina, uno stile di vita,
un mito irenico e relativistico secondo il quale non esiste alcuna verità da difendere. Questa pace falsa in
nome della quale vengono sepolte non solo le armi ma anche i princìpi, i valori, la fede, l’onore, la cultura…
di tutto un popolo, non fa altro che modellare una povera umanità-fantoccio in balìa dei prepotenti.
Nessuno vuole la guerra, certamente, però è allucinante anche vivere nel terrore di continui attentati,
di incertezze, di paure, di un qualcosa che ti deve piombare sulla testa da un momento all’altro!. Qualcosa
15
A. Carosa, G.Vignelli, L’invasione silenziosa, Ed. Minotauro, 2002
16
Oriana Fallaci, La rabbia e l’orgoglio, ed. Rizzoli 2001 - “La forza della ragione” Ed. Rizzoli, 2004
17
F. Cardini, Noi e l’Islam. Un incontro possibile? Laterza, Roma-Bari 1994.
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dovrà pur accadere e non sappiamo cosa, come e quando, però cominciamo a percepirlo epidermicamente.
“Nella storia dei popoli, come nella vita degli uomini, vi sono momenti in cui si delinea la possibilità di
drammatiche catastrofi a cui si può rispondere solo con un’immensa fiducia nell’aiuto di Dio”.18 Purtroppo
viviamo in una società così scristianizzata a tutti i livelli che nemmeno da parte delle autorità ecclesiastiche si
sentono più queste incitazioni di fiducia in Dio davanti al pericolo che avanza e che può essere rappresentato
anche dallo straniero che ci vuole sottomettere o uccidere, sia come individui che come popolo.

Forse questa è la punizione che noi cristiani dobbiamo pagare per aver troppo facilmente
annacquato il cristianesimo in un qualunquismo religioso senza identità, non esitando a cedere chiese
cattoliche ai musulmani in segno di solidarietà, a togliere i crocifissi dai luoghi pubblici in segno di tolleranza,
a considerare Allah e altre divinità sullo stesso livello del Dio cristiano, cristiani colpevoli di aver legalizzato
l’aborto e perfino comportamenti sessuali contro natura, da premiare perfino con l’adozione di poveri bambini
innocenti e strumentalizzati per l’insipienza dei grandi. Anne Graham, è stata assai esplicativa riguardo ai
molti mali della nostra società: “Io credo che Dio sia profondamente rattristato dalla tragedie del crollo delle
due Torri, come lo siamo noi, ma per anni gli abbiamo detto di andarsene dalle nostre scuole, dal nostro
governo, dalle nostre vite. Ed essendo Lui quel gentiluomo che è, io credo che Egli giustamente si sia fatto
da parte. Come possiamo aspettarci che Dio ci dia la sua benedizione e protezione se gli chiediamo:
“Lasciaci soli, per favore?”.

Nonostante questa visione terribilmente realistica della situazione odierna, si può comunque
affermare con sicurezza che un rimedio c’è contro l’avanzata musulmana e dobbiamo cercarlo
nell’esempio di coloro che sono riusciti ad allontanare l’Islam nei secoli scorsi.
• Il principe carolingio Carlo Martello che sconfisse i musulmani a Poitiers nel 732 attribuì alla
Madonna la sua memorabile vittoria conseguita un sabato di ottobre e come ringraziamento fondò gli
Ordini cavallereschi consacrati alla Madonna;
• i sovrani di Spagna nel 1240 e nel 1481 riuscirono nella difficilissima impresa di allontanare i “Mori”
dall’Europa solo perché si appellarono alla Madonna assieme a tutto il popolo;
• a Lepanto nel 1571 le potentissime flotte turche furono vinte dalle poche navi cristiane male
equipaggiate, solo grazie al Santo Rosario che Papa San Pio V aveva chiesto di pregare a tutti i
cristiani in quella circostanza;
• Ai confini di Vienna nel 1683 i turchi erano pronti per l’avanzata decisiva sulla città. Papa Innocenzo
XI prescrisse a tutti i conventi e le chiese di supplicare Maria Vergine perché si trovasse il
comandante giusto per far fronte a questa disastrosa avanzata. In quella stessa circostanza Giovanni
III Sobiesky, re della Polonia si sentì ispirato ad andare a Vienna deciso a guidare la battaglia.
Partecipò come umile chierichetto alla S. Messa celebrata dal beato padre Marco D’Aviano
implorando l’aiuto di Cristo per intercessione della Madonna. La vittoria fu rapida e strepitosa;
• a Belgrado il 15 agosto 1717 Eugenio di Savoia fermò l’avanzata turca dopo essersi consacrato alla
Madonna e averle offerto le sofferenze di tutte le sue truppe.

Possiamo imitare il coraggio e la fede di coloro che sono riusciti a fermare l’avanzata dell’Islam nei
secoli precedenti, innanzitutto irrobustendo la nostra fede con la preghiera e con buone letture che, oltre a
vincere l’ignoranza religiosa, ci possano caricare di entusiasmo e di gioia: “L’ignoranza è il peggior nemico
della fede; sul vuoto creato dall’ignoranza proliferano gli errori, i pregiudizi, le superstizioni, le presunzioni”19 e
poi dobbiamo essere disposti anche alla guerra per legittima difesa e al martirio, se inevitabile.
Una cosa comunque è certa: l’Occidente intero, cioè la bimillenaria cultura cristiana, la nostra civiltà,
il patrimonio artistico, religioso, storico, legale, giuridico, la Chiesa stessa… non vincerà in forza delle armi, o
delle navi da guerra, o dei comandanti, o delle strategie belliche o diplomatiche o tolleranti ma, facendo leva
anche su questi strumenti se fosse necessario, ne uscirà vincitore solo grazie alla Croce di Cristo e alla
Vergine Maria, che ha schiacciato la testa al serpente e che tiene sotto il suo piede la mezzaluna.
Qui infatti non si tratta di una guerra tra comuni mortali, bensì tra il potere delle tenebre e quello della
Luce. Solo per mezzo di questa Donna eccelsa, Madre di Dio e Madre nostra, invocata con la preghiera del
Santo Rosario tornerà la pace, l’Islam si convertirà, Gesù Cristo regnerà sul mondo per il bene e la felicità di
tutto il genere umano e finalmente, si potrà realizzare quanto disse la Madonna a Fatima “Alla fine il Mio
Cuore Immacolato trionferà”.
patrizia.stella@alice.it

18
R. de Mattei, Guerra giusta, guerra santa, Ed. Piemme, Casale Monferrato, 2001
19
F. Rancan, Il senso del vivere, Uomo, tempo, eternità, Ed. Ares, 2000
8
9

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