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Struttura delle proteine

Le proteine hanno funzioni biologiche diverse


 enzimi
 proteine di trasporto
 proteine strutturali (che danno struttura alla cellula)
 proteine contrattili (actina miosina)
 proteine di difesa (anticorpi ecc)
 regolazione ormonale (insulina)
 regolazione genica

benché abbiamo diverse funzioni le proteine hanno comunque sempre lo stesso tipo di struttura.
Un’altra caratteristica che possono avere le proteine è quella di poter legare vari gruppi di differente natura (ma non
amminoacidica) e a seconda del gruppo che lega prendono un rispettivo nome costituendo delle diverse classi di
proteine.

Tutti i questi gruppi che legano in maniera covalente le proteine vengono detti gruppi protetici.
Gli enzimi, non tutti ma quasi, appartengono alla classe delle fosfoproteine poiché essi possono ad es legare un
gruppo fosfato in maniera covalente oppure possono perderlo.
Il legame o la rimozione di questo P va poi a determinare se l’enzima è attivo o meno.
Questo non vuol dire che gli enzimi attivi sono quelli che hanno legato il gruppo P; a seconda del tipo di enzima
infatti se è legato o non è legato il P l’enzima potrà essere attivo o non attivo.

Quindi gli enzimi sono, spesso, quelli regolati, fosfoproteine.


Abbiamo poi le emoproteine, ovvero emoglobina e mioglobina.
Abbiamo poi le flavo proteine che legano i nucleotidi flavinici; questi nucleotidi flavinici sono coenzimi della reazione
enzimatica.
Le metallo proteine invece legano diversi tipi di ioni metallici.
Sappiamo che le proteine possono assumere quattro diverse strutture:

La struttura primaria è determinata dalla sequenza amminoacidica, che assumendo la conformazione


tridimensionale permette la funzione della nostra proteina:

Le proteine possono essere formate da una sola catena polipeptidica o da più catene polipeptidiche e non hanno un
peso specifico:

Notiamo di fatti che l’emoglobina, costituita da 4 catene polipeptidiche, presenta un peso molecolare paragonabile a
quello dell’albumina costituita invece da 1 sola catena.

La struttura primaria di una proteina la ottoniamo tramite una reazione di condensazione che porta alla formazione
del legame ammidico, legame peptidico.
Tra chi?
Tra il gruppo carbossilico di un AA e il gruppo amminico dell’AA che segue:
Questo legame ammidico separa due Cα.
Per convenzione la sequenza primaria di una proteina deve essere scritta con l’estremità ammino terminale libera e
l’estremità carbossi terminale libera.
Quindi N terminale e C terminale.

Questo legame ammidico delle proteine è un legame particolare, perché?


L’ossigeno carbonilico ha una parziale carica negativa e l’azoto ammidico ha una parziale carica positiva; si crea
così un piccolo dipolo.
Ciò porta ad un parziale doppio legame:
abbiamo tante forme di risonanza che possono dare anche il doppio legame.

Tutti i legami peptidici nelle proteine esistono in questa conformazione ad eccezione di quelli che vedono
coinvolta una prolina.
Questo fa si che il legame ammidico delle proteine sia diverso da un legame ammidico normale e che di fatto sia
innanzitutto più corto;

Un normale legame C-N ha una lunghezza pari a 1,45 A° (ångström) mentre il nostro legame peptidico (avente
parziale carattere di doppio legame) ha una lunghezza pari ha 1,32 A° (a metà tra un legame semplice ed un doppio
legame)
Tale legame è un legame rigido e ciò impedisce quindi la rotazione tra il C e l’N.
Tale legame nelle proteine viene detto peptidico.
È situato dunque su un solo piano:

In figura abbiamo una qualsiasi struttura proteica, notiamo come ciascun legame peptidico sia posto su un piano.
Due legami ammidici sono separati da un Cα.
Rispetto al Cα però i piani possono ruotare; può ruotare sia il piano che precede sia quello che segue.

La rotazione dei due piani viene misurata tramite degli angoli indicati con φ (fi) e ψ (psi).
Quindi noi possiamo misurare sia l’angolo fi e l’angolo psi ovvero gli angoli che formano i due piani rispetto al Cα.

Ovviamente questi angoli possono andare da 0° a 360° ma dobbiamo decidere però qual è il punto di partenza.
Per convenzione si dice che gli angoli fi e psi abbiano valore 0 quando i due piani sono paralleli
sono dunque su un unico piano:

Questa configurazione però non è possibile a causa di ingombro sterico, infatti i due AA si sovrappongono.
Quindi se noi prendiamo una proteina possiamo misurare gli angoli fi e psi di tutti i residui amminoacidici, e ciò è
stato fatto in maniera sistematica con un certo numero di proteine da Ramachandran.
Egli si è messo a misurare tutti gli angoli fi e psi rispetto al Cα di un certo numero di proteine e li ha posizionati nel
suo grafico:

Se noi ad esempio abbiamo un angolo fi di -90° e un angolo psi di 120° avremo una determinata (nella macchia
blu)posizione nel grafico (un puntino).
Ha quindi posizionato tutti gli angoli delle proteine che trovava.

Il grafico non è colorato a caso ma va dal bianco ad un azzurro intenso.


La maggior intensità dell’azzurro indica proprio delle posizioni più probabili;
infatti quella macchia azzurra in alto indica proprio una maggiore presenza di quei valori fi e psi nelle proteine (-90° e
120°).
Il colore del grafico di Ramachandran indica la frequenza con cui quelle posizione dei due piani le troviamo nelle
proteine.
Vediamo che ci sono punti in cui praticamente non troviamo mai posizioni; a maggior ragione dove abbiamo lo 0°.

Abbiamo visto la struttura primaria, ma la struttura secondaria di una proteina a cosa è dovuta?
A legami H che ne permettono la conformazione tridimensionale.
La più nota è forse l’α-elica; essa altro non è che un’elica che si avvolge intorno ad un asse immaginario:

Le palline raffigurate in figura (C, N e O) rappresentano i vari legami peptidico, quello è proprio l’avvolgimento della
struttura dei legami peptidici
Si può misurare il passo dell’elica e quanti residui sono presenti in ogni giro.
Possiamo avere due tipi di α-eliche:

Rispettivamente se si avvolgono verso sinistra o verso destra.


Per poter stabilire ciò basta posizionare la mano come in figura e confrontarla con l’elica:
il pollice fa da asse immaginario, se si avvolge come la mano dx è un’elica destrogira, viceversa è levogira.

Dicevamo che il nastro dell’elica è formato dai legami peptidici;


noi sappiamo che i legami peptidici presentano delle parziali cariche (tra carbonio carbonilico- e gruppo amminico+).
La struttura del l’α-elica viene appunto mantenuta nella sua posizione grazie alla possibilità di creare legami ad H tra
un C carbonilico e un gruppo amminico.
In particolare questi legami ad H sono regolari; cioè non si possono formare come vogliamo noi ma si creano fra il
gruppo carbonilico del primo residuo amminoacidico e il gruppo amminico del quinto residuo amminoacidico.

Come vediamo le catene R sporgono al di fuori dell’alfa-elica, di quella che è la struttura principale.
Vediamo ora varie rappresentazioni, tridimensionali o meno, della struttura dell’alfa elica:

La prima è quella che più faremo.


Vediamo tutti i legami ammidici che la costituiscono e soprattutto vediamo tutti i legami a H che stabilizzano questa
specie di cilindro.

L’alfa-elica è una struttura regolare definita come una scala a chiocciola;

vista dall’alto dovrebbe apparire così:

Le strutture secondarie sono pezzi di proteina, cioè se noi abbiamo una proteina di 100 residui amminoacidici;
noi possiamo avere che all’interno di questa proteina è presente una alfa elica ma ciò non vuol dire che tutta la
proteina è disposta ad alfa elica ma che solo un tratto assume tale conformazione ad es da 25 a 45.

Tale struttura ad alfa elica può essere più stabile o meno stabile.
la stabilità di una alfa elica è dovuta a tutta una serie di fattori:
Ci sono sequenze di AA che più facilmente danno la struttura alfa-elica come ad es l’alanina al contrario la prolina
difficilmente la troviamo in un’alfa-elica poiché la destabilizza.

Le proline e le glicine sono AA che destabilizzano l’elica:


la glicina perché è un AA molto mobile, mentre l’alfa elica deve essere una struttura più rigida;
la prolina perché manca del gruppo amminico libero (non ha il protone disponibile) e quindi non può creare il legame
H.

per questo la prolina viene anche definita una alfa-elica breakers poiché rompe l’alfa elica.
Per questo spesso la prolina la troviamo o ai confini dell’alfa elica e quindi quando quest’ultima termina, o nei
ripiegamenti beta delle proteine.

Un’altra cosa che può stabilizzare o destabilizzare l’alfa elica è la catena laterale R;
se noi abbiamo presente a grosse linee gli ingombri sterici delle R, sappiamo che ce ne sono alcune particolarmente
ingombranti.
2 AA avendo R ingombranti possono collidere e quindi distorcere l’alfa elica:

Abbiamo quindi delle interazioni tra le R a distanza di 3-4 residui, cioè quelle che si trovano più vicine in base al giro
dell’elica. Tali interazioni possono distorcere la nostra alfa elica.
Altri stabilizzatori o destabilizzatori sono gli
AA presenti all’estremità dell’elica:

Legame ad H

Tra questi AA alle estremità vi sono delle interazioni con il dipolo elettrico generato dalla struttura. Che significa?
Se noi consideriamo la nostra alfa-elica, abbiamo le striscette in blu che rappresentano dei legami ad H quindi le
cariche degli AA coinvolti in questi legami sono azzerate (appunto dal legame H).

Alla fine però l’elica terminerà con un gruppo amminico che non fa legame H, e quindi presenta carica +, e un gruppo
carbossilico con una carica -. Abbiamo dunque il nostro dipolo.

È evidente che è importante l’interazione tra le catene R per esempio dell’estremità N terminale dove un AA basico,
avente quindi la catena R caricata +, porterà ad una repulsione (con il gruppo N terminale stesso, anch’esso caricato
+) e quindi ad una destabilizzazione;
viceversa se è presente un AA acido, quindi avente una catena R caricata – potremo avere una stabilizzazione
dell’elica.

Bisogna tener sempre conto di quali sono le catene R che influenzano le due cariche “libere” ovvero il dipolo
dell’elica.
Ricordiamo che un’alfa elica deve sempre iniziare con una carica + e terminare con una –
L’altro tipo di struttura
secondaria sono i foglietti β.

Che possono essere paralleli (frecce direzionate nella stessa direzione)o anti paralleli (frecce direzionate in verso
opposto).
(la base della freccia indica l’estremità N terminale mentre la punta quella C terminale)

I foglietti β sono tratti di


amminoacidi che in qualche
modo si appaiano.

Come possiamo vedere anche i foglietti beta sono stabilizzati da legami ad H;


a seconda se il nostro foglietto è parallelo o antiparallelo, l’orientamento dei legami ad H cambia.
In particolare, nei beta foglietti paralleli i legami ad H sono obliqui mentre nell’antiparallelo sono verticali.

I legami ad H, anche in questo caso, si hanno sempre nei legami peptidici, quindi fra il gruppo amminico e il gruppo
carbossilico di legami peptidici.
I foglietti beta, da un punto di vista strutturale, hanno questa forma a zig zag, cioè hanno una struttura a fisarmonica
di carta.

Le catene laterali R sono


o sopra o sotto il piano.

In figura abbiamo 3
sequenze
polipeptidiche in
posizione antiparallela
Come vediamo possiamo avere più tratti, più sequenze unite a foglietti beta, a differenza dell’alfa elica che è una sola
sequenza continua di un tratto della proteina.
I legami ad H, a differenza dell’alfa elica in cui sono definiti sia in numero che in distanza,sono fra tratti di catene
polipeptidi che diverse.

In figura abbiamo 3
sequenze
polipeptidiche in
parallele tra loro

Generalmente all’interno di una proteina troviamo sia alfa-eliche che di foglietti beta.
Avere una proteina che ha esclusivamente tratti ad alfa-elica o a beta foglietto non è una cosa comune.

La ferritina ha questa caratteristica, presenta quasi solo alfa eliche.

Mentre la proteina che lega gli acidi grassi è prevalentemente formata da tratti a foglietto beta (freccia).
Queste strutture secondarie sono quindi delle strutture complesse ed organizzate e presentano sempre delle
caratteristiche comuni, e quindi, tornando al famoso grafico di Ramachandran, notiamo che le macchie più scure,
che quindi prevedono una maggior presenza di quei determinati angoli fi e psi nelle proteine, corrispondono proprio
agli angoli che ritroviamo nelle alfa eliche e nei beta foglietti.
Infatti, essendo le strutture secondarie le più organizzate probabilmente gli angoli fi e psi avranno sempre gli stessi
valori (di conseguenza quei valori saranno i più ripetuti=> azzurro intenso).

(la-levo gira è la meno comune nelle proteine)


Come detto, all’interno di una proteina troviamo tratti ad alfa elica e tratti a foglietto beta.
Nella figura i cilindri rappresentano le alfa eliche mentre le frecce i foglietti beta.

verde Enzima che troveremo


nella glicolisi.
La gliceraldeide -3-
fosfato deidrogenasi.

rosso

Tale enzima enzima è in grado di legare due diversi tipi di substrati:


uno sarà la gliceraldeide-3-fosfato e un altro sarà il coenzima della reazione, il NAD.

Gli enzimi spesso utilizzano uno stesso tipo di coenzima, tipo il NAD.
Questa proteina (enzima) pur essendo un unico polipeptide è organizzato in due domini:
uno in verde che lega il substrato e uno in rosso che lega il NAD.
Tale dominio in rosso probabilmente è ricorrente in molte proteine che legano il NAD mentre il dominio in verde è la
parte più variabile degli enzimi dovendo legare comunque substrati diversi.
A corto raggio perché ad
es l’alfa elica la abbiamo
da 25 a 45 residui AA

La struttura terziaria è quella che permette il ripiegamento delle proteine.


Per avere questa struttura possiamo avere vari tipi di stabilizzazione;
stabilizzazione per legame ionico (tra AA carichi), stabilizzazione per interazioni idrofobiche (tra AA idrofobici),
legami ad H e per ponti disolfuro (unico legame covalente e più stabile).

Tutti questi tipi di legami concorrono alla struttura tridimensionale della proteina.
(non per forza in una struttura terziaria devono essere presenti ponti disolfuro)
Quindi la struttura terziaria riguarda la disposizione nello spazio e le interazioni di residui che possono essere anche
molto distanti fra di loro.

Osserviamo questa proteina, dove sono l’N


terminale e il C terminale? Sono uno sopra
l’altro.
Vediamo quindi come una struttura terziaria
può portare vicini AA che di fatto, in una
struttura primaria, sarebbero molto distanti
tra loro (nello specifico i due estremi della
C catena polipeptidica!).
Si possono avere interazioni quindi tra AA che
N
teoricamente sono completamente separati
Le proteine possono essere di due tipi, fibrose o globulari.

Nelle fibrose abbiamo un unico tipo di struttura secondaria, sono insolubili in acqua, fanno molti legami crociati e
sono prevalentemente proteine strutturali (citoscheletro, la chitina ecc)

Quelle che noi incontreremo maggiormente sono le proteine globulari ù8ad es gli enzimi sono proteine glubalari) e
hanno più tipi di strutture secondarie (come la gliceraldeide vista in precedenza), sono solubili in acqua, hanno una
conformazione tridimensionale e possono avere molteplici funzioni.

La cheratina dei capelli è una proteina fibrosa

Ed è formata da alfa eliche che si sovrappongono una all’altra.


Abbiamo una struttura base che è un’alfa elica che si riavvolge dandone 2 catene sempre alfa elica e dando quindi il
co, il proto filamento, il protoproto filamento ciò porta a delle strutture molto rigide.
Un altro tipo di proteina fibrosa è la fibroina della seta.

Data da foglietti beta sempre uguali fra loro e formati da residui sempre uguali (glicina-serina-glicina-alanina-glicina-
alanina)n ripetuti innumerevoli volte.

Un esempio di proteina globulare è la mioglobina:

Le proteine globulari dobbiamo immaginarle come una palla.


Essendo solubili in acqua, tali proteine devono avere gli AA solubili in acqua in superficie mentre nel cuore devono
avere gli AA non solubili in acqua.
La struttura quaternaria di una proteina è data dall’interazione di più subunità proteiche che possono essere uguali o
diversi tra loro.
Ad es l’emoglobina è formata da 4 subunità proteiche a due a due uguali tra loro.
Ci sono invece altre proteine globulari che sono costituite da numerosissime sub unità diverse.

Le proteine fibrose sono hanno tutte strutture quaternarie.

Le globulari invece possono funzionare sia nella struttura terziaria (es la mioglobina) oppure possono necessitare
della struttura quaternaria (es l’emoglobina che appunto è costituita da 4 monomeri molto simili all’emoglobina che
però presi singolarmente non funzionerebbero).
Le proteine possono andare incontro a fenomeni di denaturazione, cioè perdere la loro struttura terziaria o
quaternaria, cioè la loro strutture tridimensionali, anche detta strutture nativa.

I fattori che denaturano le proteine (fattori chimici, non parliamo di degradazione proteica che avviene all’interno
del nostro organismo) sono:
 calore, perché rompe le interazioni deboli;
 pH estremi, poiché rompono i legami H;
 una serie di solventi e soluti che rompono le interazioni idrofobiche.

Quando si denatura una proteina si rompono anche i ponti disolfuro.

Se denaturiamo una proteina, avente magari una serie di ponti disolfuro, con vari agenti, è possibile rinaturarla;
il processo di rinaturazione è però un processo molto delicato, specie se in tale proteina sono presenti dei ponti
disolfuro poiché questi ultimi devono essere ripristinati in modo corretto, come lo erano nella proteina nativa.
Se la rinaturazione della proteina viene
fatta velocemente, allontanando per es
l’agente denaturante, i ponti disolfuro
non si riformano in maniera corretta
ma abbiamo una cosiddetta proteina
strapazzata che di fatto non è attiva.
Se invece la rinaturazioe viene fatta
lentamente, allontanando quindi
lentamente l’agente denaturante, è
possibile, in alcunica casi, riavere la
struttura corretta della proteina e
quindi avere la proteina funzionale a
tutti gli effetti.

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