GENETICA La genetica è la branca della biologia che studia l'ereditarietà, i geni e la variabilità genetica negli
organismi viventi. La genetica si focalizza sulla comprensione dei meccanismi alla base dell’ereditarietà e
della loro manifestazione nel «fenotipo» dell’individuo. FENOTIPO= In biologia, l'insieme delle
caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo, quali risultano dall'espressione del suo
genotipo e dalle influenze ambientali.
MIGLIORAMENTO GENETICO Processo di modifica del patrimonio genetico al fine di migliorare le
caratteristiche utili all'uomo nelle specie coltivate o allevate. Il miglioramento genetico non isgnifica
esclusivamente la manipolazione del DNA diretta, non si parla soltanto di OGM! Es. cercare una cultivar di
grano più resistente al freddo di una normale, anche se uno solo incrocio e selezione; resistenza
allettamento; resistenza a patogeni, ecc…
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Lo stesso Darwin In “The Origin of Species” (1859), scriveva: “Le leggi che governano l’ereditarietà sono per
la maggior parte sconosciute. Nessuno sa perché lo stesso carattere in individui diversi di una stessa specie
o in specie diverse sia a volte ereditato e a volte no.”
Il vero Game Changer arrivò nella seconda metà dell’800’ con un monaco ceco, Gregor Mendel, usava
piante di pisello per selezionare nuove varietà
• Grazie ai suoi esperimenti e alle sue osservazioni, Mendel scoprì i principi che regolano l’ereditarietà
• Le sue scoperte, deduzioni e conclusioni hanno costituito le fondamenta della genetica come scienza
Mendel è stato uno dei più grandi rivoluzionari della scienza.
Nel 1866 Mendel pubblicò i suoi risultati nell’articolo “Experiments on Plant Hybrids” su una rivista
scientifica poco conosciuta.( non era proprio il top)
• Morì nel 1884 senza che la comunità scientifica desse il giusto peso alle sue scoperte.
• Agli inizi del 1900 però tre scienziati, separatamente, scoprirono il lavoro di Mendel e da lì fu noto a tutta
la comunità scientifica che finalmente gli attribuì l’importanza che meritava.
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CARATTERE: caratteristica ereditaria di un organismo
determinata dall'informazione genetica contenuta in
uno o più geni nello stesso organismo. Un Carattere è
una caratteristica di una pianta, animale o qualsiasi
altro organismo. Mendel osservò separatamente 7
caratteri delle piante di pisello ( aspetto del seme,
colore del seme, colore del fiore, posizione dei fiori,
aspetto del baccello, colore del baccello, lunghezza del
fusto). La caratteristica di questi caratteri è che hanno
una distribuzione discreta, DISTRIBUZIONE DISCRETA =
il fenotipo può essere o in un modo o in un altro, senza
una via di mezzo, diverso da DISTRIBUZIONE
CONTINUA, come l’altezza di un uomo.
All’inizio del suo lavoro Mendel selezionò piante
appartenenti a linee pure, LINEA PURA= organismi che
a seguito di successive autofecondazioni, dopo diverse
generazioni producono solo progenie con caratteristiche identiche a quelle originarie (pisello con fiore
viola che da autofecondazione dalla progenie da solo piante con fiori viola).
Ad esempio prendiamo uno solo di questi caratteri a distribuzione discreta, colore del fiore FENOTIPO:
aspetto, manifestazione fisica del carattere (porpora, bianco) GENOTIPO: costituzione genetica
dell’organismo.
• Nei suoi studi Mendel prese una linea pura con fiore porpora e una con
fiore bianco e fece una fecondazione incrociata, secondo la teoria del
rimescolamento il fenotipo dovesse essere un intermezzo tra i due diversi,
invece le derivanti dalla fecondazione dei parentali, i fiori della F1 (
generazione filiale numero 1), avevano tutte lo stesso fenotipo con
carattere fiore porpora, come se il fenotipo fiore bianco fosse scomparso: i
fiori non mostravano alcun segno di mescolamento
• Mendel lasciò che le piante della F1 si autofecondassero e nella loro
progenie F2 ricomparivano piante con il fenotipo a fiori bianchi nel 25%
delle piante, non solo era ricomparso il fiore bianco, ma aveva notato il
rapporto ben preciso tra i fiori bianchi e porpora nella F2, rapporto di 3:1.
Mendel fece lo stesso anche per gli altri 6 caratteri ed ottenne i medesimi risultati :
In tutti i casi osservò che la F1 era fenotipicamente uniforme e che solo 1 dei 2 fenotipi era presente
• In F2 ricompariva anche il fenotipo scomparso
• In particolare in F2 i fenotipi alternativi erano presenti in proporzioni ben definite e prevedibili (3:1 - 75%
e 25%) esattamente come funzionava per il carattere colore del fiore. ( ancora siamo nel campo
dell’OSSERVAZIONE NATURALE).
[Le piante contengono una coppia di fattori che determinano l’eredità di ciascun carattere]
• I 2 alleli che determinano il colore del fiore sono identici nella linea pura. Questo perché per definizione la
linea pura è una pianta che per riproduzione da una pianta uguale.
• Se per indicare gli alleli dello stesso gene usiamo la lettera P, la combinazione di alleli (genotipo) della
pianta pura a fiori porpora è PP [P=allele dominante] e il genotipo della pianta pura a fiori bianchi è pp
[p=allele recessivo]. Le linee pure sono omozigoti per l’allele P o per l’allele p.
• Quando questi individui producono le cellule sessuali (gameti maschili o femminili), tutti i gameti prodotti
per quel gene dalla pianta «fiore porpora» saranno sempre P, mentre quelli della pianta «fiore bianco»
saranno sempre p.
Cosa succede se faccio un incrocio tra le 2 linee parentali? Otterrò un individuo eterozigote. Tutte le piante
della F1 ottenute con incrocio controllato delle 2 linee pure (PP x pp) ereditano la stessa combinazione di
alleli Pp.
• Tali individui con alleli diversi dello stesso gene sono eterozigoti e poiché P è dominante su p, tutte le
piante eterozigoti (Pp) hanno fenotipo fiore porpora (carattere dominante). Gli individui della F1 ottenuti
da incroci in cui si prende in considerazione un singolo carattere sono detti monoibridi.
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es. ogni allelle per ogni gamete ha il 50% di possibilita di presentarsi e la combinazione tra due specifici
alleli ha la possibilità di presentarsi di ½ x ½ = ¼
Mendel poteva confermare la validità delle sue ipotesi osservando se queste potevano essere usate per
prevedere la progenie di altri incroci.
Fece quindi un testcross (o incrocio): incrociò una pianta a fiori porpora della F1 con genotipo presunto Pp
(fenotipo dominante), e una pianta a fiori bianchi con genotipo pp (Fenotipo recessivo). Secondo le sue
ipotesi, Mendel poteva prevedere che il 50% delle piante avrebbero dovuto presentare fenotipo fiori
porpora e genotipo Pp e il 50% delle piante fenotipo fiori bianchi e genotipo pp → Osservò esattamente
queste proporzioni → Ipotesi verificate
(usò le sue informazioni per fare delle ipotesi, verificò queste ipotesi su un altro incrocio, questo del test
cross) ( in pratica verificò l’ipotesi di aver avuto in linea F1 un PP e un Pp).
Verificò tutto con gli altri caratteri discreti.
Mendel si chiese cosa accadesse negli incroci prendendo in considerazione più caratteri
contemporaneamente (non un monoibrido), quindi incrociò piante che differivano per 2 dei caratteri
ereditari (incrocio dibrido ) che aveva studiato individualmente : la
forma (R) e il colore (Y) dei semi.
Incrociò piante di linee pure a semi lisci e gialli (RRYY ) con piante
di linee pure a semi rugosi e verdi (rryy ) e ottenne nella F1 un
diibrido a semi lisci e gialli con genotipo (RrYy ) Ottenne 100% con
genotipo eterozigote e 100% fenotipo etorozigote. Con 1 /4 di
possibilità di trovare ogni genotipo.
L’incrocio del diibrido produsse in F2 una progenie con 1/16 a
genotipo possibile, perché ci sono 16 genotipi possibili con una
possibilità di 1 /16. Con rapporti fenotipici :
- 9 /16 lisci e gialli ( R dominante, Y dominante)
- 3 /16 lisci e verdi ( r recessivo, Y dominante)
- 3 /16 rugosi e gialli (R dominante, y recessivo)
- 1 /16 rugoso e verde ( r recessivo, y recessivo)
L’allele per la forma del seme ( R o r ) che un gamete riceve al momento della sua formazione non ha alcuna
influenza su quale tipo di allele per il colore del seme ( Y o y ) riceverà lo stesso gamete e viceversa ( la
segregazione di R da Y è completamente indipendente).
I 2 eventi sono quindi completamente indipendenti , fenomeno che Mendel definì assortimento
indipendente e che oggi è noto come ‘Principio dell’assortimento indipendente’ . ( non è sempre vera,
Mendel ha avuto la fortuna di non aver preso dei geni dipendenti l’un dall’altro, su 100 non sarebbe stato
detto).
In realtà noi possiamo prendere in considerazione più caratteri, come un incrocio TRIIBRIDO, es. con un
triplo eterozigote AaBbCc può dare 8 gameti (2x2x2= 8 numero di gameti possibili). Attraverso altri incroci
Mendel confermò le sue leggi anche per la segregazione di 3 caratteri (incroci di triibridi)
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Le combinazioni degli 8 gameti materni con gli 8 gameti paterni sono 64
Da queste combinazioni si originano 27 genotipi diversi e 8 fenotipi diversi alla F2. Il rapporto fenotipico
nella F2 è 27:9:9:9:3:3:3:1
Il sito fisico di un cromosoma nel quale è localizzato un gene è detto locus. Il locus corrisponde ad una
particolare sequenza di DNA che codifica per una proteina responsabile del fenotipo. Un locus di un gene
può avere due possibili alleli (A e a) su due cromosomi omologhi. ( i fattori di cui parlava Mendel si
potrebbero trovare sui cromosomi).
Nello studio dell’ereditarietà dei caratteri semplici con 2 varianti alleliche abbiamo visto che, ai 3 genotipi
corrispondono 2 fenotipi, perché quello dell’omozigote dominante corrisponde a quello dell’eterozigote →
dominanza completa.
Esistono casi in cui ai 3 genotipi corrispondono 3 fenotipi distinti, perché l’intensità del carattere del
genotipo eterozigote Aa è intermedia rispetto a quella dei 2 omozigoti → dominanza parziale.
es. Il colore del fiore bocca di leone ne è un esempio, per il fiore bocca di leone con un genotipo dominante
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con fenotipo rosso e un genotipo recessivo bianco l’eterozigosi è caratterizzata dal colore rosa, a metà tra
gli altri due. In caso di dominanza parziale F 2 presenta 3 classi fenotipiche ed il rapporto dei fenotipi è
uguale a quello dei genotipi: 1rosso : 2rosa : 1bianco ( possiamo anche parlare di assenza di dominanza).
Dall’incrocio tra una pianta a fiori rossi ( C R C R ) con una a fiori bianchi ( C r C r), l’eterozigote ( C R C r )
avrà fiori di colore rosa.
LA CODOMINANZA
La si ha quando 2 alleli dello stesso gene controllano la produzione di 2 sostanze diverse, e entrambi le
sostanze sono presenti nell’individuo eterozigote ( una variante allelica produce una sostanza diversa
dall’altra variante, uno non maschera l’altro) . Come nella dominanza incompleta, ogni genotipo
corrisponde a un diverso fenotipo ma qui, mentre nell’omozigote si ha un fenotipo corrispondente a uno
degli alleli, nell’eterozigote sono presenti i fenotipi di entrambi gli alleli. Un esempio di codominanza è il
sistema AB0 dei gruppi sanguigni umani (che è anche un esempio di ALLELIA MULTIPLA, perché ci sono
varianti A, B e 0, più di due varianti alleliche, ogni fattore può esistere in tre forme). Gli alleli A e B
codificano per due differenti enzimi, che determinano la composizione della componente glucidica delle
glicoproteine sulla superficie degli eritrociti, l’allele 0 non codifica nulla. Gli individui A avranno l'antigene A,
i B l'antigene B, gli 0 nessun antigene e gli AB entrambi. Quindi A e B sono dominanti, mentre 0 è recessivo.
Penetranza incompleta Si verifica quando, per alcuni individui, il fenotipo non corrisponde al genotipo.
Esempio: in una varietà di Phaseolus lunatus un gene dominante porta a una deficienza di clorofilla. In
determinate condizioni ambientali il fenotipo si manifesta nel 100% delle piante con quel gene dominante,
in altre condizioni si manifesta solo nel 10% dei casi. → IMPORTANZA DELL’AMBIENTE NEL RAPPORTO TRA
FENOTIPO E GENOTIPO, anche nei caratteri discreti, come quelli monogenici, abbiamo un’influenza
dell’ambiente.
Epistasia (interazione genica) Uno o più alleli di un gene inibiscono o mascherano l’effetto di uno o più
alleli di un altro gene localizzato in un locus cromosomico diverso ( due geni che stanno in parti diverse del
genoma che si influenzano). Il risultato dell’epistasia è che alcuni fenotipi attesi non si manifestano nella
discendenza (questa discrepanza tra genotipo e fenotipo è dovuto alla presenza di diversi geni).
Pleiotropia Un solo gene può influenzare più di un carattere di un organismo. Esempio: Anemia falciforme,
dovuta a un gene recessivo che porta a insufficienze di ossigeno, ma anche a interferenze con la
circolazione sanguigna con tutti i danni che ne conseguono ( un gene influenza più caratteri).
I CARATTERI QUANTITATIVI
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Per adesso abbiamo osservato caratteri determinati da un solo gene e il cui fenotipo ha una distribuzione
DISCRETA , non misurabile (Es . seme liscio/rugoso) (o è così o no) . Ci sono alcuni caratteri che hanno
grande variabilità fenotipica all'interno di un gruppo di individui (come l’altezza delle persone), e hanno
tipicamente una distribuzione continua che permette loro di essere misurati e analizzati coi loro valore
medio, varianza, deviazione standard, coefficienti di correlazione. Si parla di caratteri quantitativi, che
hanno una distribuzione tipicamente a campana. Gli individui con un’altezza media saranno più frequenti,
mentre quelli con altezza estrema minore.
Un’idea scientifica ben formulata è definita ipotesi I dati raccolti con le osservazioni e con le
sperimentazioni consentono agli scienziati di verificare l’ipotesi.
De Vries incrociò piante di silene bianca differenti fenotipicamente per il colore del fiore (rosso o bianco) e
per il tipo di foglie (pelose o lisce) : un incrocio diibrido tra queste linee pure e dopo un’autofecondazione,
dall’incrocio delle linee pure si otteneva un 100% piante eterozigote, dall’autofecondazione di queste ci si
aspettava la distribuzione 9 : 3 : 3 : 1.
Dall’incrocio ci sono grosse discrepanze tra i risultati osservati e i risultati attesi secondo le previsioni
basate sulle ipotesi di Mendel. Queste differenze sono dovute al caso o semplicemente l’ipotesi di partenza
era sbagliata? → abbiamo bisogno di un valore statistico per vedere se queste discrepanze tra valore atteso
e valore osservato sia dovuto al caso o a una ipotesi sbagliata. (quando lancio una moneta ho il 50% di
probabilità che esca testa e 50 % croce, ma posso tirarla 10 volte e
avere 7 volte testa e 3 croce, quindi è sbagliata la mia ipotesi
oppure no?) si deve usare il TEST DEL CHI QUADRO che confornta
Dobbiamo decidere qual è il valore massimo di X2 accettabile per dire che le discrepanze tra dati misurati e
attesi siano dovute al caso. Per determinare il valore critico dobbiamo sapere quanto il caso influenza il X2
statistico.
Assumiamo per il momento che l’ipotesi formulata sia vera, mettiamo che il nostro esperimento sia il
lancio della moneta per 10 volte, sappiamo che il 50% dei casi da testa e il 50% croce, ma il caso lo può dare
in modo diverso, se faccio questo esperimento 100 volte, quindi 1000 tiri di moneta, ogni 10 lanci calcolo il
chi quadro e lo riporto su un grafico con la frequenza sulle ordinate e chi quadro sulle ascisse. Se ottengo
10 volte chi quadro uguale a zero, la frequenza sullo zero sarà uguale a 10. Come valore critico di chi
quadro possiamo ipotizzare essere il punto sulle ordinate che esclude una distribuzione superiore del 5 %.
Riportiamo su un grafico la frequenza con cui otteniamo ogni valore di X2 Il valore critico di X2 è il punto
che esclude la distribuzione al di sopra del 5 % : per il solo effetto del caso , se l’ipotesi è vera, il chi quadro
supererà questo valore solo nel 5 % delle volte in cui ripetiamo l’esperimento. ( più si alza il chi quadro più
la frequenza diminuisce).
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Il valore critico di X2 che esclude il 5 % della distribuzione dipende dai gradi di libertà ( numero dal numero
di classi fenotipiche dell’esperimento -1). In tabella sono riportati i valori critici in base al numero di gradi
di libertà associati al X2 , calcolati sottraendo 1 al numero delle classi fenotipiche : con 2 caratteri
monogenici abbiamo 4 fenotipi possibili, quindi 4 – 1 = 3 gradi di libertà.
Il valore critico per la distribuzione di X2 con 3 gradi di libertà è 7,815
Per l’incrocio diibrido di Mendel (seme liscio/rugoso ; giallo/verde), il X2 statistico calcolato è 0 ,51 , molto
inferiore al valore critico , e quindi non sussiste alcuna criticità nell’ipotesi.
Le discrepanze tra valori osservati e attesi sono dovute al caso. Invece per i dati di De Vries il X2 statistico
calcolato è 22 ,94, molto superiore al valore critico!! --> Quindi i dati non si adattano all’ipotesi!!
Mendel pubblicò i suoi studi sull’ereditarietà dei caratteri nel 1860 , ma rimasero sostanzialmente ignorati
fino agli inizi del 1900 .
• Dovremo però aspettare gli esperimenti di Griffith (1928), Avery -McLeod -McCarty (1940 ) e Hersey -
Chase (1952 ) prima che il DNA fosse riconosciuto inequivocabilmente come molecola base
dell’ereditarietà.
• Prima di quell’anno si credeva che le proteine fossero le candidate più probabili ad essere le molecole
ereditarie, poiché sembravano offrire una maggiore opportunità per codificare le informazioni di quanto
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non facessero gli acidi nucleici. ( nucleotidi sono 4, le
proteine sono fatte da 20 amminoacidi, quindi
sembrava più plausibile attribuire l’ereditarietà ad esse)
Watson e Crick prepararono modelli in scala dei 4 nucleotidi del DNA con
dei cartoncini e li unirono tra di loro in modi diversi fino a quando
ottennero una disposizione che soddisfacesse sia i risultati di Wilkins e
Franklin che le analisi chimiche di Chargaff, sia la struttura chimica di
quello che era il DNA. Le prove effettuate permisero di elaborare un
modello a doppia elica nel quale 2 catene di nucleotidi con andamento
destrorso e verso antiparallelo si avvolgono l’una intorno all’altra.
I due filamenti di DNA si avvolgono su loro stessi a formare una doppia elica con andamento destrorso.
Le coppie di basi giacciono su piani piatti quasi perpendicolari all’asse della molecola di DNA.
Ciascun monomero occupa una lunghezza di 0.34 nm lungo l’asse della molecola ( esattamente la distanza
che aveva osservato Franklin).
Ogni giro completo della doppia elica occupa 3.4 nm lungo la molecola, quindi è composto da 10 coppie di
basi.
L’informazione genetica è codificata nel DNA dalla particolare sequenza dei 4 nucleotidi: la combinazione
dei 4 nucleotidi lungo la sequenza del DNA permette che sia «scritto», teoricamente, un numero infinito di
informazioni. Abbiamo praticamente un numero infinito di informazioni che sono salvabili in queste
molecole.
Il DNA umano sarebbe lungo circa 2 metri, quindi per farlo entrare in un nucleo, va in qualche modo
«compresso». Gli istoni servono a «impacchettare» il DNA all’interno dei cromosomi che stanno nel nucleo
cellulare.
Gli istoni sono piccole proteine con carica positiva, che legano
il DNA grazie a un’attrazione con le cariche negative dei gruppi
fosfato.
Esistono 5 tipi di proteine istoniche: H1, H2A, H2B, H3, H4. La
struttura di base per l’impacchettamento del DNA è il
nucleosoma che consiste in un core formato da 2 molecole di
ciascuna proteina H2A, H2B, H3 e H4 e dal DNA che si avvolge
al core per quasi 2 giri. Un corto frammento di DNA, detto
linker, si estende tra un nucleosoma ed il successivo. Ciascun
nucleosoma ed il linker comprendono ~ 200 pb. ( DNA linker-
nucleosoma, DNA linker- nucleosoma….. come se il
nucleosoma fosse una perla e il DNA linker fosse il filo). Al
microscopio elettronico questa struttura appare come un filo
di perle, e questo prende il nome di fibra di cromatina da 10
nm (diametro dei nucleosomi).
Il quinto istone, H1, determina il successivo livello di
condensazione della cromatina: una molecola di H1 si lega sia
al nucleosoma sia al DNA linker, e questo legame permette ai
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nucleosomi di impacchettarsi in una struttura attorcigliata di ordine superiore del diametro di 30 nm detto
fibra di cromatina da 30 nm o solenoide, con ~6 nucleosomi per giro.
Le fibre di cromatina si avvolgono e si condensano dando origine agli spessi cromosomi a forma di
bastoncello. Diverse regioni di cromatina sono più o meno densamente condensate: Eucromatina=
cromatina debolmente condensata, DNA funzionalmente attivo Eterocromatina= cromatina altamente
condensata, DNA funzionalmente inattivo. Ci sono proteine che fanno si che il DNA sia attivo, se la regione
di cromatina è troppo condensata allora non si attivano queste proteine.
Nella condensazione si crede che siano coinvolti gli istoni H1, ma ancora l’esatto meccanismo è
sconosciuto.
I mitocondri e i cloroplasti hanno quindi dei propri DNA (mtDNA, cpDNA) circolari. Tali DNA si riproducono
in maniera indipendente da quello genomico, e che seguono delle regole di ereditarietà diverse da quelle
genomiche, di tipo non mendeliano. (non c’è SEGREGAZIONE). Anhce per il fatto che sono presenti in una
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singola copia.
I geni extranucleari manifestano eredità materna: lo zigote avrà i geni nucleari che seguiranno le leggi
dell’ereditarietà di Mendel mentre, per ragioni citologiche, erediterà il DNA citoplasmatico (mtDNA e
cpDNA ) solo dalla cellula uovo. Avrà quindi genotipo e fenotipo
citoplasmatico di un genitore soltanto. I geni extranucleari quindi:
- Hanno eredità materna.
- Non hanno i tipici rapporti mendeliani di segregazione.
- Avranno ereditarietà diversa negli incroci reciproci.
COME FUNZIONA CHIMICAMENTE LA REPLICAZIONE? Grazie agli enzimi che intervengono in questo
processo!
La DNA-polimerasi è l’enzima chiave della replicazione del DNA. Funziona allungando una catena di DNA già
esistente in direzione 5’-3’ aggiungendo uno alla volta nuovi nucleotidi sulla base del filamento stampo (che
quindi sarà orientato in direzione 3’-5’).
I «mattoncini» usati per la polimerizzazione di un nuovo filamento di DNA sono i nucleosidi trifosfato (dATP
-dTTP - dCTP -dGTP ) Il nucleoside trifosfato ha la stessa struttura del nucleotide, solo presenta 3 gruppi
fosfato attaccati in 5 ’ sul desossiribosio invece che 1.
La DNA polimerasi catalizza la formazione di un legame fosfodiesterico tra il gruppo 3’-OH del
desossiribosio dell’ultimo nucleotide della catena di DNA esistente e il fosfato in 5 ’ del nucleoside - 3 P che
si sta aggiungendo.
La reazione causa il rilascio degli altri 2 fosfati nella forma di una molecola di pirofosfato.
Il pirofosfato rilasciato subirà idrolisi. L’idrolisi del legame tra i due fosfati del pirofosfato fornisce l’energia
per la formazione del nuovo legame fosfodiesterico tra la catena in allungamento ed il nuov nucleotidi da
parte della dna-polimerasi.
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Enzimi e proteine coinvolti nella replicazione del DNA
La DNA-POLIMERASI non è l’unico enzima che interviene nella replicazione del DNA. Questa nucleotide per
nucleotide va a formare una catena, ma prima si deve aprire la doppia elica per far separare i due filamenti
vecchi.
-Le DNA-elicasi catalizzano lo svolgimento della doppia elica di DNA utilizzando l’energia derivante
dall’idrolisi di ATP. Lo srotolamento produce una struttura a forma di Y detta forcella di replicazione.
-La topoisomerasi, scorre davanti alla forcella di replicazione per eliminare i superavvolgimenti dovuti
all’azione della elicasi. Immaginiamo di avere un groviglio di cavi e di svolgerli tirando da un capo all’altro, il
groviglio si aggroviglierà sempre di più su se stesso e sarà sempre più difficile separare i due capi del cavo.
La topo isomerasi, man mano che la forcella di replicazione svolge il DNA, elimina i sopravvolgimenti che si
creano. Aiuta la DNA- elicasi a lavorare.
- Le proteine che legano il DNA a singolo filamento stabilizzano il DNA durante la replicazione. Poiché i due
filamenti singoli, avendo una sequenza complementare, si potrebbero riappaiare.
Ora abbiamo un pezzo di doppia elica già svolta, dobbiamo immaginare che l’elicasi svolge la doppia elica
da sinistra verso destra e man mano che va avanti svolge in filamenti singoli.
La DNA-polimerasi non crea ex-novo una nuova catena, ma deve allungare una già esistente in direzione 5’-
3’. C’è quindi bisogno di un punto di partenza da cui l’enzima cominci ad allungare la catena, questi punti di
partenza sono i PRIMERS (inneschi) (dati dalla cellula stessa): corte catene di RNA (RNA differisce
strutturalmente dal DNA per lo zucchero, ribosio o desossiribosio, dalle basi, uracile al posto della timina e
dal fatto che è composto da un singolo filamento e non da una doppia elica) costituite da ~10 ribonucleotidi
(uguali ai nucleotidi ma con ribosio al posto del desossiribosio) sintetizzate dall’enzima primasi.
Le sequenze dei primers sono complementari a sequenze dell’elica stampo e ci si appaiano. I primers di
RNA saranno successivamente rimossi e sostituiti con DNA.
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La DNA-polimerasi va in direzione 5’-3’, nel caso del filamento sopra partendo dai primers va verso dex, nel
caso di quello sotto verso sinistra.
A partire dal 3’-OH libero dei primers, la DNA polimerasi allungherà la nuova molecola di DNA.
Dei due nuovi filamenti che si sintetizzano in modo complementare ai due filamenti stampo, il «filamento
stampo anticipato» viene sintetizzato in modo continuo (l’elicasi va da sinistra verso destra, e anche la
sintesi di quel filamento, quindi man mano che il DNA si svolge, questo filamento si allungherà sempre di
più in modo continuo), visto che la sintesi avviene nella stessa direzione dello svolgimento del DNA.
L’altro filamento si allungherà invece in senso opposto rispetto all’altro.
Il «filamento stampo ritardato» invece viene sintetizzato in modo discontinuo, visto che la sintesi avviene
nella direzione opposta allo svolgimento del DNA.
Mentre le elicasi continuano a svolgere il DNA, la sintesi del filamento anticipato continua normalmente,
mentre nel filamento ritardato la primasi aggiunge nuovi primers (che sennò resterebbe scoperto) e la DNA
polimerasi sintetizza il filamento tra due primers con corti frammenti di DNA detti frammenti di Okazaki.
(frammenti di acido nucleico che per forza di cosa rimangono staccati l’uno dall’altro).
Quando un frammento di Okazaki raggiunge il primer «vecchio» (verso sinistra), una diversa DNA
polimerasi rimuove il primer e sostituisce i ribonucleotidi (RNA) con nuovi nucleotidi (DNA),i frammenti non
sono legati covalentemente, sono interrotti (interruzioni=nick) (nell’elica ritardata ci saranno delle
interruzioni).
La DNA ligasi interviene a formare un legame covalente tra i frammenti di DNA. Quindi tra i due filamenti ci
sono legami a H (tra i nucleotidi), mentre lungo il filamento covalenti ( tra il desossiribosio e i fosfati).
Il processo di replicazione continua fino a quando la macromolecola di DNA non è completamente copiata.
La replicazione del DNA non comincia dall’inizio di un cromosoma, ma da centinaia di siti lungo tutti i
cromosomi chiamati origini di replicazione. A un certo punto le Elicasi attaccano il Dna e lo svolgono,
creano una struttura con a un capo doppia elica, all’altra doppia elica, nel mezzo sono filamenti separati.
(chiamati Bolla di replicazione). Queste si formano a centinaia, migliaia, lungo tutto il cromosoma.
Tali siti sono riconosciuti da proteine che si legano al DNA in quei punti e stimolano le elicasi a iniziare lo
svolgimento. Da qui parte la sintesi di inneschi e l’allungamento di nuovi filamenti di DNA, che avviene in
entrambi i lati dall’origine di replicazione. La replicazione avviene in tutte e bolle di replicazione
separatamente l’una dall’altra, man mano che si svolge il DNA a doppia elica queste bolle si andranno
allargandosi. Se ognuna di queste si allarga più lo spazio che intercorre tra due bolle si assottiglia ino a che
le bolle non si fondono, quando questo succede avremo due DNA figli a doppia elica, dove prima a doppia
elica ne era solo uno. Ognuna delle due doppie eliche figlie saranno costituite da un vecchio filamento e da
uno di neosintesi.
(TUTTO QUESTO è DETERMINATO DAL FATTO CHE LA POLIMERASI LAVORA IN DIREZIONE 5’-3’)
Non sempre la DNA-polimerasi funziona bene, ci sta che aggiunga un nucleotide sbagliato, non
complementare all’altro.
Il meccanismo di correzione di bozze
• La DNA polimerasi stessa si accorge dell’errore e può tornare indietro e rimuovere dal filamento di DNA i
nucleotidi appaiati in modo non corretto. (Questo meccanismo si chiama CORRETTORE DI BOZZE. Non
funziona sempre e avvolte la dna-polimerasi non se ne accorge e lascia il nucleotide sbagliato.)
• Se un nucleotide appena aggiunto è errato la DNA polimerasi torna indietro e, usando la sua attività
deossiribonucleasica intrinseca, rimuove il nuovo nucleotide errato
• L’enzima riprende a lavorare in avanti, inserendo ora il nucleotide corretto
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Riparazione degli appaiamenti errati (mismatch)
Contando l’attività di correzione di bozze della DNA polimerasi, c’è la possibilità di 1 errore su un milione di
basi nella sintesi di un nuovo filamento.
Quando c’è un appaiamento errato si crea una distorsione nella struttura dell’elica. Gli enzimi della
riparazione riconoscono queste distorsioni e rimuovono una porzione della nuova catena che include il
mismatch. Lo spazio lasciato vuoto viene riempito nuovamente dalla DNA polimerasi e poi la riparazione
viene completata dalla ligasi.
Alcuni errori di replicazione, sebbene molto rari, rimangono nonostante i due meccanismi, e sono una
sorgente primaria di mutazioni. (Quando una molecola di DnA replica se stessa e come effetto abbiamo una
delle molecole figlie diversa dall’altra).
Il meccanismo di riparazione degli appaiamenti errati (mismatch) è lo stesso che rileva e corregge le
alterazioni del DNA causate dagli effetti dannosi di sostanze chimiche e di radiazioni (agenti mutageni) .
Quando avviene una mutazione in un gene, essa può alterare la sequenza della proteina prodotta che, a
sua volta, può alterare il funzionamento dell’intero organismo. Le mutazioni possono essere però anche un
fenomeno importantissimo per la creazione di variabilità genetica sulla quale agisce la selezione naturale.
(può essere che la nuova proteina dia una fitness maggiore). ( nella mitosi
successiva non ci sarà più l’appaiamento errato, perché con la replicazione
legheranno ai due nucleotidi non attaccati i giusti nucleotidi, semplicemente
avranno un nucleotide diverso e quindi diverso→ l’organismo diventa una
sorta di chimera, se avviene ad es in una gemma, e viene tramandato nelle
cellule sessuale viene trasmessa la mutazione, altrimenti tramite una
riproduzione asessuale).
Il codice genetico
16
combinazione di tre basi (codone) della sequenza dell’mRNA (e quindi del DNA). Il codice genetico è un
codice che si legge 3 basi alla volta, dove ogni parola (tripletta) è detta codone e codifica per un
amminoacido.
Per convenzione, i codoni sono scritti in direzione 5’->3’ e come appaiono nella molecola di mRNA (quindi
con la U). 61 dei 64 codoni (4^3=64 combinazioni) codificano per amminoacidi e sono detti codoni senso. I
codoni UAA, UAG e UGA non codificano per amminoacidi e sono detti codoni di stop o codoni non senso
(stoppa traduzione). Il codice è degenerato: più triplette codificano per lo stesso amminoacido.
Il codice non ha «virgole»: può essere letto correttamente solo se si comincia dal punto giusto.
Il codice è universale in tutti gli organismi: gli stessi codoni codificano per gli stessi amminoacidi.
La trascrizione è il processo mediante il quale l’informazione codificata nel DNA viene trasferita ad una
molecola di RNA. La trascrizione viene portata avanti dalla RNA polimerasi (polimerizza una molecola di
rna) ed è simile alla replicazione, ma:
• Solo uno dei due filamenti di DNA agisce da stampo per la sintesi dell’RNA.
• La RNA polimerasi non ha bisogno di primers come la DNA polimerasi.
• La RNA polimerasi trascrive solo la sequenza codificante di ogni gene (in realtà solo la sequenza
codificante del gene), non tutto il genoma.
• Le molecole di RNA sono a singolo filamento. Inoltre hanno molecole di Ribosio al posto di quelle di
Desossiribosio e hanno Uracile al posto della Timina.
Il genoma di un organismo contiene moltissimi geni (l’uomo ne ha circa 20 ,000). La trascrizione è il
processo tramite il quale alcuni tra questi geni
(solo quelli che servono) vengono espressi in una
determinata cellula, in un dato momento e in
determinate condizioni. Esistono diversi tipi di
RNA: la maggior parte dei geni darà origine a RNA
messaggeri (mRNA) che andranno incontro al
processo di traduzione e produrranno delle
proteine. Altri geni non codificano per proteine,
ma producono rna con altre funzioni. Da questi vengono prodotte molecole di RNA che poi non vengono
tradotte, come gli RNA ribosomali (rRNA) e gli RNA transfer (tRNA).
Non tutto il gene viene trascritto in RNA: la parte del gene che viene copiata in RNA è chiamata unità
trascrizionale, e segue il promotore del gene. La RNA polimerasi si lega al promotore, e da lì comincia a
svolgere il DNA. Inizia a sintetizzare la nuova molecola di RNA a partire dal punto di inizio della trascrizione.
Mentre l’RNA polimerasi si muove lungo il DNA, svolgendolo, la molecola di RNA si allunga via via che i
ribonucleotidi sono aggiunti uno dopo l’altro. L’RNA polimerasi continua a sintetizzare la molecola di RNA
fino al punto di arresto della trascrizione. All’estremità posteriore alla RNA polimerasi la doppia elica di
DNA si riforma.
Lo splicing alternativo
Meccanismo per cui diversi mRNA vengono prodotti da un singolo gene tramite reazioni che uniscono gli
esoni in molte combinazioni. Questo meccanismo aumenta molto il numero e la varietà di proteine
codificate senza aumentare le dimensioni del genoma (per tenere il genoma più ristretto, per diminuire il
numero di geni che codificano per ottenere le proteine di cui abbiamo bisogno).
es. la tropomiosina alfa, un gene con 14 esoni, fra cui ci sono gli introni, da due proteine a seconda che
siamo in muscoli lisci o striati, nei lisci non abbiamo tutti gli esoni, mancano il 3 7 11…, negli striati il
contrario, ci sono due mrna maturi che derivano dal singolo gene e daranno vita a due diverse proteine. Gli
introni servono quindi a separare gli esoni e permettere il fenomeno dello slpicing alternativo. La cellula si
autoregola e fa si che la maturazione dell’mrna avvenga in un modo invece che in un altro.
L’informazione del dna è trascritta in premrna, il premrna viene maturato togliendo gli introni, ora abbiamo
l’rna maturo pronto per la traduzione.
Durante la traduzione, l’mRNA si associa con i ribosomi e con i tRNA che portano gli aminoacidi al
complesso affinché possano sintetizzare la nuova catena polipeptidica. (la t sta per transfer, sono rna che
servono per trasferire amminoacidi nella catena polipeptidica in allungamento). Gli rrna sono invece gli rna
ribosomiali, che entrano a che fare con i ribosomi. I TRNA sono delle molecole di RNA che per la loro stessa
sequenza assumono una struttura tridimensionale tipo a trifoglio, sono importanti per le loro estremità,
l’estremità solla seconda foglia a al suo interno un anticodone(codone tripletta di basi che codifica per un
amminoacido) è una tripletta di nucleotidi complementari a quelle di un codone che codifica per un
amminoacido. Quindi con questo si può attaccare all’mrna, dall’altra parte rispetto all’anticodone può
legare un amminoacido corrispondente al codone a cui si attacca. Il Trna si può legare a un amminoacido
corrispondente.
Tutte le cellule che fanno parte di un organismo hanno lo stesso patrimonio genetico (il dna di una cellula
del fegato è uguale a quella del pankreas): le differenze strutturali e funzionali nei vari tipi cellulari non
sono quindi determinate dalla presenza o dall’assenza di certi geni, ma dalle differenze nell’attività genica.
Alcuni geni, detti housekeeping o costitutivi (per esempio i geni del metabolismo basale cellulare), sono
attivi perlopiù in tutte le cellule e in tutte le condizioni (cellule che consentono di respirare). Altri geni
possono essere accesi (espressi) o spenti (non espressi) in base al tipo di cellula, al tessuto e all’organo di
cui fa parte, al suo stadio di sviluppo, agli stimoli ambientali a cui la stessa cellula viene sottoposta in un
dato momento etc.: la loro espressione è regolata in modo che la proteina corrispondente sia prodotta in
base al fabbisogno cellulare. (hanno anche tempi, velocità di accensione diversi).
Mentre nei procarioti l’espressione genica viene regolata solo a livello trascrizionale (cellula riesce a
regolare l’espressione di un gene solo attraverso il controllo della trascrizione di un gene), negli eucarioti
c’è una regolazione che si articola su vari livelli:
Regolazione trascrizionale che interviene sulla trascrizione del DNA in pre -mRNA. È il livello di regolazione
più importante.
Regolazione post -trascrizionale che interviene sulla
maturazione dell’mRNA (es. splicing alternativo).
Regolazione traduzionale che interviene sulla sua
traduzione in proteine.
Regolazione post -traduzionale che interviene sulla
vita media e sull’attività delle proteine stesse.
REGOLAZIONE TRASCRIZIONALE
(più importante, fa si che la trascrizione del dna in
pre rna venga reolata)
Il promotore contiene un TATA box (tata perché sono ricche in t e a), alcune proteine dette fattori di
trascrizione riconoscono il TATA box e vi si legano. Questi fattori «reclutano» la RNA polimerasi, formando il
complesso di inizio della trascrizione, che fa attiva la trascrizione ma con una velocità basale, molto bassa
(cominciano a svolgere la dopppia elica di dna e a trascrivere l’informazione genetica in rna).
Immediatamente a monte del promotore c’è la regione prossimale del promotore. A questa regione
possono legarsi le proteine dette attivatori: proteine regolatrici che, legandosi, controllano la velocità di
trascrizione del gene (come acceleratore di una macchina, più se ne legano più premono). Più distante si
trova l’enhancer. All’enhancer possono legarsi altri attivatori, diversi da quelli della regione prossimale. Tra
gli attivatori della regione prossimale e quelli dell’enhancer possono formarsi dei ponti chimici ad opera di
grossi complessi proteici detti co-attivatori. Questa interazione stimola la trascrizione del gene fino alla sua
19
massima velocità, l’interazione fra gli attivatori delle due regioni fanno si che la trascrizione sia fatta
velocemente.
F1 PpEe
F2: Anche qui osservarono un eccesso di fenotipi parentali (P-ee; ppE-), mentre
i ricombinanti (P-E-; ppee) erano troppo pochi rispetto alle frequenze attese.
(dipendeva dal genotipo dei parentali)
Definirono coupling (o cis ) lo stato genetico in cui gli alleli dominanti di due geni
tendono a restare uniti nello stesso gamete (caso primo incrocio dominante con
dominante e recessivo con recessivo), e repulsion (o trans ) lo stato genetico in
cui l’allele dominante di un gene tende a restare insieme all’allele recessivo dell’altro gene, rimanendo
quindi uniti in uno stesso gamete ( caso secondo incrocio, dominante sta con recessivo e recessivo sta con
dominante).
La spiegazione dei risultati di Bateson e Punnett era che i geni che determinano i due caratteri sono
localizzati sullo stesso cromosoma e di conseguenza, durante la meiosi, tendono a essere ereditati insieme.
21
rispetto a quella A/a di Mendel.)
Morgan eseguì un testcross (perché non si può fare autofecondazione, incrocio tra eterozigote di F1 e
omozigote recessivo) tra femmina F1 con
fenotipo selvatico e maschio mutante con occhi
porpora e ali vestigiali. Sulla base del principio di
Mendel dell’assortimento indipendente si
sarebbe dovuto ottenere un rapporto fenotipico
1 : 1 : 1 : 1 (710 individui a fenotipo), ma
Morgan ottenne :
- Fenotipi parentali (2839 progenie) 1339 (710 )
occhi rossi e ali normali 1195 (710 ) occhi
porpora e ali vestigiali (più alti di quelli
aspettati)
- Fenotipi ricombinanti (combinazione di
caratteri diversi dei due parentali ) 151 (710 )
occhi rossi e ali vestigiali, 154 (710 ) occhi
porpora e ali normali (più bassi)
Per stabilire la distanza tra due geni localizzati sullo stesso cromosoma, si calcola la frequenza di
ricombinazione, cioè la percentuale di ricombinanti mediante il testcross (guardando quanta progenie
viene ricombinante da un test cross si stima la vicinanza tra due geni), che nel caso visto è del 10,7%. La
percentuale di ricombinazione del 10,7% tra i geni indica che il 10,7% dei gameti prodotti dall’eterozigote
contiene cromosomi ricombinanti, ottenuti a seguito di crossing-over tra i due loci genici. Questa
percentuale di ricombinazione è caratteristica e specifica per quei due geni. Morgan provò a fare lo stesso
esperimento su diverse coppie di geni, e trovò che la percentuale di ricombinazione, in tutti gli incroci
provati, era sempre caratteristica e specifica dei geni considerati e oscillava da meno dell’1% al 50% (che
corrisponderebbe a un rapporto mendeliano 1:1, con frequenza parentali = frequenza ricombinanti, quindi
sarebbe semplicemente un assortimento indipendente→ geni indipendenti).
Sulla base degli esperimenti di Morgan, Alfred Sturtevant intuì che le differenze nelle percentuali di
ricombinazione tra geni potevano essere usate per localizzare i geni sui cromosomi (mappaggio
cromosomico).
23
Per stabilire se due geni sono localizzati sullo stesso cromosoma e calcolare la distanza che li separa, il
metodo migliore è il testcross. Incrocio fra un eterozigote per entrambi i geni e un omozigote recessivo per
entrambi i geni.
Hutchison condusse un esperimento per stabilire la distanza tra due geni del mais localizzati sul cromosoma
9:
-Gene C (C aleurone colorato; c incolore)
-Gene Sh (Sh endosperma rigonfio; sh collassato)
questi geni erano collegati perché dall’incrocio di questi si
ottenne delle frequenze con genotipi parentali più
rappresentati del 50%, diverso dalla mendeliana.
Dall’incrocio CC ShSh x cc shsh e successivo reincrocio
dell’ibrido Cc Shsh (eterozigote F1) con cc shsh, i rapporti
fenotipici non corrispondono a quelli attesi (1:1:1:1), quindi i
due geni sono localizzati sullo stesso cromosoma.
I ricombinanti osservati derivano da eventi di crossing-over tra
i geni C ed Sh, e la distanza in una mappa fisica tra i due geni è
data dalla somma dei ricombinanti sul totale:
(149+152)/8368 = 0,035 = 3,5 cM
24
-2 classi meno rappresentate derivano da doppi crossing -over (dco): (+sh +, c+wx).
La possibilità che avvengano due crossing - over in zone contigue è molto bassa. Da qui la bassa
rappresentanza delle 2 ultime classi.
Osservando il numero di fenotipi derivanti da doppio crossing over possiamo stabilire l’ordine dei geni sul
cromosoma: le classi meno rappresentate saranno quelle in cui abbiamo un doppio crossing over, quindi il
gene Sh starà sicuramente in mezzo. Calcolando le distanze e quindi la frequenza tra primo e secondo gene
posso ottenere le frequenze di ricombinazione.
Questi i calcoli per misurare le distanze (in cui si considerano anche i casi di doppio c.o.):
Dist. C-Sh: (509+524+20+12)/43835=2,4 cM
Dist. Sh-Wx: (4460+4650+20+12)/43835=20,8 cM
Dist. C-Wx: (4460+4650+509+524)/43835=23,2 cM
NOTA: Nell’esperimento dell’incrocio a 2 punti, la distanza CSh era di 3,5 cM, in questo caso solo 2,4.
Perché? Semplicemente perché nel secondo caso la dimensione della popolazione era molto maggiore
(43.835 Vs. 8.368), quindi le stime sono più precise.
Mediante una serie numerosa di test a tre punti è possibile definire l’ordine dei geni su uno specifico
cromosoma e le loro distanze e quindi individuare la mappa genetica del cromosoma.
25
Le unità di mappa non rappresentano distanze fisiche reali espresse in nanometri, ma i valori relativi che
indicano la posizione dei geni sul cromosoma gli uni rispetto agli altri. Questo perché la probabilità di
crossingover è variabile in rapporto alla regione considerata. I geni localizzati sullo stesso cromosoma
possono essere così distanti che ci sono alte probabilità di crossing-over multipli, quindi:
- Non è facile rilevare la loro associazione con le analisi di linkage, poiché la loro distribuzione nei gameti è
simile a quella di geni su cromosomi diversi.
- L’associazione tra due geni così distanti può essere individuata solo se si inserisce un terzo gene
localizzato tra essi. (e rendendomi conto dei doppi crossing over che possono avvenire tra a e b).
Quando aggiungo geni alla mia analisi, vado a aumentare la saturazione di mappa.
Con questi metodi sono state fatte mappe genetiche per ogni specie, anche usando marcatori molecolari.
Per molte specie sono state integrate con il sequenziamento dell’intero genoma, che ha evidenziato la reale
e precisa localizzazione dei geni sui cromosomi.
26
GENETICA DEI CARATTERI QUANTITATIVI
27
Esperimento di Nilsson-Ehle (1910)
Il ricercatore svedese fu determinante per scoprire un modello di eredità per i
caratteri poligenici. Incrociò due linee pure di grano tenero (Triticum aestivum):
una con cariossidi bianche, l’altra con cariossidi viola. Tutte le piante della
generazione F1 presentavano cariossidi mediamente colorate. Poteva essere
dominanza incompleta. La generazione F2 però non mostrava la segregazione
1:2:1 attesa nel caso di monoibrido, evidenziando invece una ampia variabilità di
colorazione: insieme a piante con cariossidi colorate, ma di intensità variabile,
erano presenti anche piante con cariossidi non colorate (bianche).
Nilsson-Ehle dimostrò quindi che la differenza tra caratteri qualitativi e quantitativi risiede
principalmente nel numero di geni che li determinano. Però più loci sono coinvolti
nell’espressione di un carattere, maggiore sarà il numero di classi genotipiche possibili: se
ciascun gene ha due alleli (quindi 3 combinazioni alleliche), il numero di genotipi è pari a
3^n ( se un carattere è monogenico abbiamo 3 genotipi) , dove n è il numero di loci
coinvolti. Per n=3 il numero di genotipi è 27, per n=10 è 59.049. Se due genotipi omozigoti
per un gene vengono incrociati (AA x aa), 1/4 degli individui F2 avranno un genotipo
parentale. Se consideriamo un carattere influenzato da due geni, 1/16 degli individui F2
avranno uno dei due genotipi parentali. Pertanto (1/4)^n sarà il numero di individui F2 che
assomiglia a ciascun parentale omozigote. Se ho 3 geni che influenzano il carattere, gli
individui della F2 che mi aspetto che assomigliano ai parentali saranno (1/4)^3=1/64 per
parentale.
28
Esperimento di Emerson-East (1913)
Parentali P: Due linee inbred (linea pura di specie allogame) di mais
contrastanti per il carattere «lunghezza della spiga». Ogni gruppo è
caratterizzato da una media e una varianza per il carattere considerato.
Incrocio F1 : lunghezza media della spiga nelle piante della progenie ibrida
è compresa tra quelle delle linee inbred parentali (P) (una via di mezzo tra
le medie delle 2 popolazioni), mentre la varianza è simile a quelle parentali
(ampiezza variabilità F1 simile ai parentali). Generazione F2 : lunghezza
media della spiga simile a quella delle piante F1 , ma la variabilità
fenotipica intorno alla media è più ampia che nelle generazioni P e F1.
L’ampiezza della campana infatti è molto più grande.
29
Ereditabilità dei caratteri quantitativi
Abbiamo quindi stabilito che, per un carattere quantitativo, il fenotipo
è determinato dal suo corredo genetico e dall’ambiente → P = G + E
Essendo (variabilità fenotipica) V P=V G+V E , l’ereditabilità ( h^2 ) di
un carattere è il rapporto tra la variabilità con base genetica (quindi
ereditabile) e la variabilità fenotipica totale → h 2 = V G / V P
L’ereditabilità ( h^2 ) è quindi un parametro che stima l’importanza
del genotipo come causa delle differenze fenotipiche fra gli individui
della popolazione.
Anche la varianza genetica VG può essere scomposta in diversi elementi. Per adesso abbiamo parlato solo
di varianza additiva (VA), quella per cui i vari alleli hanno ognuno un piccolo effetto diretto sul fenotipo in
modo additivo e sono indipendenti tra loro . Alla VG però concorrono anche:
• Una varianza dovuta alla dominanza (VD) per la quale l’effetto di un allele è mascherato dall’allele
dominante dello stesso gene. ( quella dei caratteri mendeliani, l’eterozigote ha lo stesso genotipo
dell’omozigote dominante).
• Una varianza dovuta a interazione tra geni (VI) che manifestano fenomeni epistatici (interazione tra
geni).
VG = VA + VD + VI
Di queste componenti, VA è quella più vantaggiosa per il miglioramento genetico perché, andando agendo
direttamente sugli alleli geneticamente superiori, la selezione su base fenotipica sarà molto efficace. In
presenza di VD la selezione sarà meno efficace: fenotipicamente l’eterozigote (Aa) è uguale all’omozigote
dominante (AA), quindi selezionando il fenotipo superiore sarà possibile passare alla progenie anche alleli
non vantaggiosi. Se mi interessa l’alle dominante facendo miglioramento genetico per quel carattere posso
portarmi dietro l’allele recessivo insieme, la varianza additiva ha quindi una selezione migliore in caso di
dominanza.
Stima dell’ereditabilità
Più è alta maggiore sarà la risposta della mia pianta alla selezione. Il metodo più
efficace per stimare l’ereditabilità è quello di confrontare i fenotipi di figli e genitori.
Se i dati vengono organizzati in «famiglie», per cui alla media fenotipica dei parentali
associamo la media fenotipica della relativa progenie, ogni famiglia può essere
rappresentata su un grafico.
La pendenza della retta di regressione equivale all’ereditabilità in senso stretto: hN^2
= b dove b è il coefficiente di regressione.
A – Punti nel grafico disposti casualmente → non c’è relazione tra x e y → la progenie
non è più simile ai parentali rispetto a individui non imparentati → le differenze
fenotipiche sono attribuibili ad un modello ereditario che prevede geni con relazioni di
dominanza e/o geni che interagiscono in modo epistatico oppure ad un forte effetto
ambientale. (la variabilità di tipo additivo si rifletterebbe direttamente sul fenotipo dei
figli).
C – A ogni aumento del valore fenotipico dei genitori corrisponde un aumento uguale
per i figli → la pendenza della retta di regressione è 1 → il fenotipo è determinato solo
dagli effetti additivi del genoma. (ogni miglioramento fenotipico dei genitori si
trasmette nello stesso modo ai figli)→ non succede quasi mai, di solito è una via di
mezzo. (in questo riquadro esiste solo in senso stretto l’ereditabilità).
B – Pendenze tra 0 e 1 indicano che la variabilità del carattere è dovuta a geni con effetto additivo, a geni
che presentano dominanza ed epistasia e all’effetto ambientale.
Più si abbassa la pendenza meno è dovuta all’effetto additivo e più agli altri.
Caratteri correlati
Due o più caratteri possono essere correlati: vuol dire che quando uno aumenta, aumenta anche l’altro.
Tale correlazione può avere origine ambientale (caratteri dipendenti dallo stesso fattore ambientale, es
sole fa bene sia alla lunghezza della pianta che alla resistenza a una malattia) o genetica (vicinanza geni sui
cromosomi). Le principali cause della correlazione genetica sono:
• Pleiotropia: un solo gene influenza caratteri diversi
• Geni associati: caratteri codificati da geni molto vicini tra loro sui cromosomi, la cui segregazione non è
indipendente. Quando mi porto dietro un allele port dietro anche un altro di un gene vicino.
La correlazione può anche essere negativa e può essere molto importante in agricoltura: la selezione per un
carattere infatti può influenzare (positivamente o negativamente) anche altri caratteri (magari
selezionando miglioro un carattere ma ne peggioro un altro). Quando un carattere sale un altro può
scendere, retta di regressione avrà pendenza negativa.
La riproduzione è un fenomeno che tutti gli organismi viventi adottano per la perpetuazione della specie
nel tempo. Nelle piante, a differenza degli animali, coesistono 2 tipi di riproduzione: sessuata (gamica) e
asessuata (agamica).
La riproduzione asessuata
È un processo basato sulla mitosi che quindi non comporta nessuna mescolanza di materiale genetico
(sessuata sulla meiosi), quindi tutti gli individui prodotti in questo modo sono cloni della pianta madre
(hanno lo stesso corredo genetico).
2 modalità:
1. Propagazione vegetativa: rigenerazione di piante complete da parti di pianta (es. talea) o da organi
appositi come tuberi, rizomi o bulbi. (La pianta che genera avrà lo stesso genoma della pianta madre, quindi
si parla di CLONI).
2. Apomissia: riproduzione asessuata per seme che comporta la produzione di un embrione senza meiosi e
fusione di gameti. Embrioni apomittici si originano per sviluppo
partenogenetico (senza fecondazione) di un solo gamete diploide col
corredo genetico della pianta madre. Nasce da un malfunzionamento
della meiosi. Le specie a propagazione vegetativa sono di norma
altamente eterozigoti e le singole linee o varietà sono costituite da cloni
geneticamente identici. Sono specie a propagazione vegetativa quasi
tutti gli alberi da frutto e le piante ornamentali, vite, patata, canna da
zucchero, fragola, banano. (es. una qualsiasi cultivar di vite è composta
da cloni identici nati da una pianta madre).
La riproduzione sessuata
La riproduzione sessuata nelle piante avviene con diverse modalità, a seconda della
specie. In prima istanza le piante possono essere divise in:
- Dioiche: specie in cui gameti maschili e femminili sono portati da piante diverse →
abbiamo piante e piante (kiwi, luppolo, canapa, pistacchio) (la fecondazione
incrociata è obbligata perché la pianta o è maschio o femmina)
- Monoiche: specie in cui gameti maschili e femminili sono portati dallo stesso
individuo. Inoltre nelle piante monoiche gli organi sessuali maschili (stami) e
femminili (carpelli) possono trovarsi:
• In fiori diversi (mais, zucchino, nocciolo) → fiori unisessuali o diclini
• Nello stesso fiore (frumento, pomodoro, soia) → fiore ermafrodita o monoclino.
33
• Monoicismo e presenza di fiori ermafroditi (essendo vicini è più probabile la fecondazione).
• Cleistogamia: la fecondazione avviene in fiori ancora chiusi (frumento, riso)
Tipo particolare di ermafroditismo, essendo i fiori chiusi è improbabile che
possa entrare polline da altre piante.
• Morfologia fiorale che permette una distanza ravvicinata tra antere e stigma.
Per esempio nel fiore di cultivar moderne di pomodoro le antere avvolgono
completamente lo stigma. In origine lo stilo era molto lungo ed era più facile
la fecondazione incrociata, con la domesticazione e selezione lo stilo si è
ridotto fino a far andare lo stigma all’interno delle antere rendendo pi difficile
l’incrociata, per questi caratteri la selezione ha cambiato il carattere stesso.
Autoincompatibilità
È l’incapacità di una pianta con fiori fertili di produrre degli zigoti da autoimpollinazione.
L’autoincompatibilità (SI = Self Incompatibility) è uno dei principali sistemi utilizzati dalle piante per
generare e mantenere alti livelli di variabilità genetica ( la fecondazione incrociata aumenta la variabilità
genetica di una popolazione). La SI consiste in un sistema di riconoscimento genetico tra polline e pistillo:
se questi provengono dalla stessa pianta «si riconoscono» e lo sviluppo del tubetto pollinico viene inibito.
Tre tipi di autoincompatibilità su base anatomica: 1. Incompatibilità stigmatica: il polline non germina, si
germa sullo stigma ma non fa niente ; 2. Incompatibilità stilare: il polline germina, ma il tubetto pollinico si
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blocca nello stilo; 3. Incompatibilità ovarica: il tubo pollinico arriva fino all’ovario, ma poi
non riesce a fecondare l’ovulo.
Autoincompatibilità gametofitica
Il fenotipo del polline(sistema di riconoscimento derivato dal locus S) è determinato dal genotipo del
polline stesso. Il caso di solanacee, liliacee, leguminose, graminacee, rosacee ecc.
• La pianta padre di genotipo S1S2 produce granuli di polline con alleli S1 o S2. Se la pianta madre ha anche
lei genotipo S1S2 i granuli non possono germinare (autoincompatibilità).
• Se sopra lo stigma di una pianta S1S2 arrivano granuli di polline di una pianta con genotipo S1S3, solo i
granuli con genotipo S3 potranno germinare e fecondare l’ovulo, se S1 il tubetto pollinico non si svilupperà.
• Se sopra lo stigma di una pianta S1S2 arrivano granuli di polline di una pianta con genotipo S3S4 , tutti i
granuli di polline potranno germinare poiché non vi è identità tra gli alleli S dei granuli di polline e quelli
dello stigma.
Sterilità
Per sterilità si intende l’incapacità di un individuo di dare progenie vitali. Una delle cause principali di
sterilità è dovuta all’incapacità di produrre organi riproduttivi femminili o maschili funzionali: in questi casi
si parla rispettivamente di sterilità femminile e sterilità maschile (maschiosterilità). La maschio-sterilità,
riportata in circa 610 specie vegetali è molto più diffusa in natura della sterilità femminile, ed è uno dei
meccanismi più efficaci per garantire la fecondazione incrociata (se non produce polline vitale non si può
autofecondare!) , e quindi il rimescolamento delle informazioni genetiche
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mantenimento: i maschio-sterili possono fecondarsi solo con
polline di piante fertili (MsMs o Msms) (deve essere per forza
maschiofertile). Nel primo caso nessuna progenie sarà maschio-
sterile perché si avrà solo eterozigoti, mentre nel secondo caso
lo sarà solo il 50%. Dobbiamo incrociare con una pianta
eterozigote. Dovremo selezionare i maschio-sterili
fenotipicamente, in base alla fioritura.
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METODI DI MIGLIORAMENTO GENETICO
Premessa
Abbiamo visto come le piante possano essere divise in specie prevalentemente autogame e specie
prevalentemente allogame. Queste due diverse modalità di riproduzione influenzano molto la struttura
genetica delle popolazioni e, di conseguenza, i metodi di miglioramento genetico che il breeder dovrà usare
per il raggiungimento della migliore performance. In ogni caso teniamo a mente la parola
«prevalentemente»: nelle autogame c’è sempre una certa quota di incroci e nelle allogame c’è sempre una
certa quota di autofecondazioni. Ideotipo= punto di arrivo del miglioratore, cultivar a cui ambisce facendo il
miglioramento genetico.
Popolazioni naturali di queste specie sono caratterizzate da una percentuale molto alta di
autofecondazione → gli individui sono altamente omozigoti (perché è molto frequente
l’autofecondazione)e danno vita a progenie geneticamente omogenee. Questo perchè:
1. I genotipi omozigoti dopo l’autofecondazione rimangono omozigoti
2. I genotipi eterozigoti (Aa) frutto di incroci occasionali o di mutazioni spontanee si dimezzano ad ogni
generazione. (prima generazione 50% omozigoti e 50% eterozigoti)Di generazone in generazione gli
eterozigoti dimezzano sempre.
Semplificando si può dire che una popolazione naturale di una specie prevalentemente autogama sia
costituita da una mescolanza di linee pure in equilibrio con l’ambiente. Popolazione (gruppo di individui
della stessa specie, area geografica e ambiente)
C’è comunque da tener presente che:
1. In queste specie l’autofecondazione continuata non determina riduzioni di vigore, mentre per le specie
allogame questa porta alla depressione da inincrocio. (vale più per le allogame)
2. Comunque gli individui eterozigoti generati da incroci occasionali mostrano spesso una fitness maggiore
del resto della popolazione.
3. Le mutazioni contribuiscono sempre alla creazione di variabilità, ma sono molto rare.
A seconda della loro modalità si classificano in due grandi categorie: • Metodi basati sulla selezione di
variabilità esistente entro popolazioni naturali o ecotipi:
Selezione massale
Selezione per linea pura
• Metodi basati sulla selezione entro popolazioni artificiali:
Metodo pedigree
Metodo per popolazione riunita (bulk)
Metodo della discendenza da singolo seme (SSD)
Reincrocio
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Selezione massale
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3. Scelta del metodo di selezione a seconda della specie e dei caratteri da migliorare. (adatti per la pianta e
la disponibilità economica).
Metodo pedigree
Lo schema generale è quello di selezionare le piante migliori dalla F 2 e
continuare con le autofecondazioni fino al raggiungimento di un alto
grado di omozigosi (F 6 - F 7 ) : F 2 : Si fa selezione negativa sui caratteri
non desiderati e selezione positiva sui caratteri desiderati → alla fine si
selezionano dall’ 1 al 10 % delle piante . F 3 - 5 : Il seme delle piante
selezionate in F 2 viene raccolto separatamente e usato per impiantare le
piante -fila . Si selezioneranno le piante -fila superiori e, all’interno di
queste, le 3 - 5 piante migliori. La stessa cosa si farà con 3 - 4 generazioni.
Andando avanti con le generazioni le famiglie si «stabilizzeranno», quindi
il miglioratore terrà meno di conto delle piante singole e più delle
differenze tra famiglie. F 6 e successive: Raccolta di famiglie intere (no
singole piante) e prove di produzione con confronti anche con varietà
esistenti, con le successive autofecondazioni dalla F2 in poi l’eterozigosi si
abbassa sempre più e si avrà formazione di linee pure. Svantaggi: è molto
laborioso, la selezione nelle prime generazioni in condizioni di alta
eterozigosi ci potrebbe far perdere molti alleli favorevoli.( in dominanza completa
in eterozigosi non distinguo l’omozigosi dall’eterozigosi).
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Metodo della discendenza da singolo seme (SSD)
Confronto tra metodi di miglioramento di piante autogame basati sulla selezione entro popolazioni
artificiali
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Metodo del reincrocio (backcross)
Consiste nella selezione delle piante da impiegare negli incroci per la costituzione di nuove varietà
(selezioniamo piante che poi useremo in incroci, da questi verranno fuori dei genotipi che userò come
varietà). Nelle specie allogame l’eterozigosi rende complicata la selezione su base fenotipica (molto usata
nelle autogame, perché essendo la maggior parte di loci eterozigoti se ho fenomeni di dominanza o
epistasia, le interazioni fra alleli nascondono la presenza di alcuni alleli stessi, se seleziono solo su base
fenotipica posso portarmi dietro alleli recessivi che magari sono sfavorevoli, per questo la selezione
fenotipica si fa più nelle autogame che allogame). Per valutare il materiale parentale su base genetica si
misurano le prestazioni della generazione filiale facendo delle prove di progenie (o progeny test) che
consistono nella valutazione di una pianta basandosi sui fenotipi della progenie: in questo modo avremo
una buona stima del suo valore genetico (si guarda quanto simile è il genotipo dall’individuo da cui sono
partito).
Attitudine alla combinazione generale (ACG)= comportamento medio di un genotipo (pianta singola, clone,
linea inbred) nelle sue combinazioni ibride: un genotipo si dice dotato di alta ACG quando dà generalmente
buone discendenze a prescindere dal partner con cui viene incrociato ( una certa pianta x, che si incroci con
qualsiasi pianta, generalmente da buona progenie).
Attitudine alla combinazione specifica (ACS)=comportamento del genotipo in incroci specifici, che possono
dare risultati diversi rispetto a quanto indicato dalla ACG (individuo x da buona progenie solo con incrocio
con individuo Y, non con Z).
Questa misura è propria di uno specifico incrocio. In termini genetici, l’ACG è legata soprattutto ad effetti
genetici additivi (che si manifestano sempre e allo stesso modo a prescindere dal partner con cui la
incrocio), mentre la ACS è dovuta soprattutto a fenomeni di dominanza e di interazione (epistasia) che si
manifestano solo in combinazioni genotipiche particolari ( il genitore porta anche qui alleli, ma l’effetto di
43
questi nella generazione successiva dipende dalla loro interazione con altri alleli nello stesso locus o locus
diversi). I feomeni di interazioni tra alleli dipendono dalla pianta con cui incrocio.
Tipi di prove di progenie usate per la selezione (mi servono per valutare i reali valori genotipici di una
pianta)
I progeny tests servono per valutare un genotipo attraverso la performance fenotipica della sua
progenie, e sono funzionali a misurare ACG e ACS a seconda del tipo di prova di progenie che uso. I
principali tipi di progeny tests sono: 1.Progenie da autofecondazione 2.Progenie da libero incrocio (open-
cross) 3.Progenie da poli-incrocio (poly-cross) 4.Progenie da top-cross 5.Incrocio diallelico (single-cross).
La maggior parte delle prove di progenie permette di valutare solo il genotipo materno, in quanto spesso
quello paterno è costituito da un pool di polline proveniente da diverse piante (non sono sicuro di sapere
da dove viene il polline).
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3 Progenie da top cross
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Metodi di miglioramento per specie allogame
• Selezione massale
• Selezione ricorrente
Il limite della selezione massale per via materna può essere risolto con una
variante della selezione massale chiamata «selezione fenotipica»:
1. Selezione degli individui fenotipicamente superiori di una popolazione
2. Moltiplicazione vegetativa degli individui selezionati e allevamento dei cloni
in un campo di poli-incrocio
3. Il seme raccolto da questo campo verrà moltiplicato costituendo la
popolazione migliorata. Rispetto alla selezione massale classica si ha il
controllo non solo dei parentali materni, ma anche della fonte pollinica poiché
anche i gameti maschili deriveranno da piante selezionate. Ovviamente
questo metodo è applicabile solo su piante che si possono clonare facilmente
(es. erba medica). (una tecnica come questa può essere usata anche per
miglioramento genetico, non solo selezione). Rispetto alla selezione massale
classica ho un controllo anche sulla fonte pollinica, non solo sui parentali
materni.
Selezione ricorrente
Consiste in cicli di selezione massale ripetuti uno dopo l’altro (la popolazione
migliorata del primo ciclo è quella di base del secondo e così via), effettuati
per aumentare le frequenze degli alleli favorevoli presenti in una
popolazione. Esistono 4 tipi di selezione ricorrente: • Selezione ricorrente
semplice • Selezione ricorrente per l’attitudine alla combinazione generale •
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Selezione ricorrente per l’attitudine alla combinazione specifica • Selezione ricorrente reciproca.
Nella SR semplice, cicli di selezione massale fenotipica si susseguono uno dopo l’altro. Ogni ciclo
tipicamente dura 2 anni ed è costituito da: anno_1) selezione delle piante migliori e propagazione
vegetativa; anno_2) coltivazione cloni piante selezionate in campi di poli-incrocio in cui le piante
selezionate si incrociano tra loro. Finito il primo ciclo avrò una popolazione migliorata, che userò per fare
un altro ciclo. Il seme ottenuto dai campi di poli-incrocio verrà usato per il ciclo successivo.
Anche i metodi selezione ricorrente per ACG e ACS prevedono diversi cicli ripetuti, ma in questo caso si
valutano tenendo conto non solo del fenotipo come la SR semplice, ma anche delle prove di progenie
(anche selezione genotipica).
Per ogni ciclo:
Anno 1: selezione piante fenotipicamente superiori e
raccolta del loro polline. Tale polline viene usato in parte
per autofecondare, in parte per impollinare 6-7 piante di
una popolazione tester a larga o stretta base genetica (una
popolazione commerciale)(seleziono polline) (larga base
genetica= individui molto diversi l’un dall’altro, come in
F2, stretta base il contrario, come popolazione di cloni).
Anno 2: Prove di progenie e valutazione del seme dagli
incroci col tester dell’anno precedente. migliori (delle
piante che ho selezionato).
Anno 3: Sulla base della prova di progenie vengono
individuati i genotipi, e il seme da autofecondazione di questi genotipi che avevo messo da parte e si usa
per seminare spighe-fila che verranno fatte incrociare tra loro. (i genotipi migliori effettivamente sono usati
per incrociarsi tra loro). Il seme così ottenuto sarà la base del ciclo di selezione successivo.
Se il tester adottato è una linea geneticamente omogenea (es. inbred, o una popolaizone di cloni) si parla di
selezione ricorrente per ACS (vado a fare prova di progenie con un genotipo specifico), mentre se è una
popolazione a larga base genetica (es. una varietà locale o una F2, un ecotipo) si parla di selezione
ricorrente per ACG (valuto i miei incroci con più genotipi).
La selezione ricorrente reciproca si usa quando, partendo da due popolazioni A e B, si vogliono produrre
due inbred superiori da impiegare per costituire una varietà
ibrida (una varietà che deriva dall’incrocio di due linee pure,
che nel caso delle allogame si dicono inbred perché soffrono di
depressione inbred). Ogni popolazione A e B fungerà da tester
per l’altra.
Anno 1: viene raccolto il polline degli individui
fenotipicamente superiori di entrambe le popolazioni A e B:
una parte sarà usato per autofecondazione, l’altro per
impollinare alcune piante prese a caso dell’altra popolazione.
Anno 2: prove di progenie usando i semi da incrocio e
selezione dei genotipi migliori per ogni popolazione (per ogni
incrocio faccio prove di progenie e valuto quale è il genotipo
migliore).
Anno 3: i semi da autofecondazione delle piante selezionate
all’anno 2 vengono seminati in campi di interincrocio (uno per
ogni popolazione). I due miscugli di seme costituiranno le
popolazioni di base migliorate per un nuovo ciclo (uguale all’altro solo che invece di avere un tester e una
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popolazione, ogni popolazione funge da tester per l’altro) (alla fine di un ciclo si avrà una popolazione
migliorata per A e una per B che potranno essere usate per un altro ciclo). Man mano che andiamo avanti
coi cicli, le basi genetiche di ognuna delle popolazioni saranno sempre più strette, quindi si va
gradualmente verso una selezione per ACS. Alla fine otterremo due inbred superiori da impiegare per la
produzione di un ibrido.
Per varietà ibrida si intende la generazione F1 derivata dall’incrocio tra due linee inbred (in piante
allogame). I motivi per cui le varietà ibride sono superiori alle altre sono la loro uniformità genetica ( perché
se incorcio tra loro due piante inbred, quindi con diversi alleli sugli stessi locus, ottengo una varietà ibrida
poco variabile, con un sacco di loci eterozigosi) e lo sfruttamento dell’eterosi, un fenomeno che porta
all’ibrido maggior vigore, maggiore produttività, più resistenza alle malattie etc. dei sui genitori. Esistono
due ipotesi che spiegano il vigore ibrido(eterosi) :
• Ipotesi della dominanza – l’eterosi è dovuta all’eterozigosi nell’ibrido che porta al mascheramento di
alleli deleteri.( se abbiamo un locus A dove c’è dominanza completa, avremo che AA ha lo stesso fenotipo d
Aa, quindi l’allele dominante maschera il recessivo che potrebbe avere un effetto negativo sul mio
fenotipo).
• Ipotesi della sovradominanza - la condizione eterozigote di alcuni geni è superiore a quella di entrambi gli
omozigoti (abbiamo AA, Aa, e aa, Aa è superiore rispetto agli omozigoti). Le due ipotesi sono considerate
entrambe valide, integrandosi tra loro.
La sovradominanza si può spiegare principalmente in due modi: • Dovuta alle sequenze codificanti
(sequenze di DNA che alla fine si traducono in proteine): Se si considera un gene con due forme alleliche A1
e A2 che produce un enzima dimerico (costituito da due subunità ognuna delle quali proviene da uno degli
alleli), la sovradominanza si spiega con l’enzima A1A2 (eterodimero) è più efficiente (fenotipo maggiore) dei
due possibili omodimeri (A1A1 e A2A2 )→ condizione eterozigosi è superiore all’omozigosi. • Dovuta alle
sequenze regolatorie: il gene nelle due inbred possiede diverse sequenze regolatorie che fanno esprimere il
gene al meglio in situazioni ambientali diverse( nell’omozigosi 1 il gene funziona meglio al caldo, nella 2 al
freddo, nell’eterozigote si esprime bene sia al caldo che al freddo). Nell’eterozigote il gene può esprimersi
al meglio in entrambi le situazioni ambientali, visto che porta le sequenze regolatorie di entrambi le linee
inbred.
Durante la propagazione vegetativa, la variabilità genetica non passa attraverso il filtro meiotico con le
generazioni, ma viene mantenuta. Pertanto una pianta originata per propagazione vegetativa è il clone
della pianta madre. È quindi sufficiente ottenere una sola pianta con le caratteristiche desiderate e
moltiplicarla per ottenere una nuova varietà (es. vitigni). Tale varietà sarà costituita da cloni, quindi
perfettamente uniforme dal punto di vista genetico. La maggior parte di queste specie sono poliennali (es.
arboree da frutto), ma ce ne sono anche di annuali che si propagano tramite tuberi o bulbi (es. patata,
cipolla). Tendenzialmente sono piante prevalentemente allogame (alta eterozigosi) e in quanto tali
presentano fenomeni di eterosi e depressione da inincrocio.
Per mutazione si intende ogni modifica ereditabile nella sequenza di un genoma dovuta ad agenti esterni o
al caso, ma non alla ricombinazione genetica. Abbiamo parlato di
variabilità genetica dovuta alla ricombinazione genetica( combiniamo
genotipi dei parentali, stessi alleli in combinazioni diversi). Una
mutazione è un evento di modifica del genotipo di un individuo, e può
eventualmente modificarne il fenotipo. Le mutazioni vengono distinte
in base alla loro scala di azione: l'alterazione può riguardare un singolo
gene(mutazioni più piccole), porzioni del genoma o l'intero corredo
cromosomico. Le mutazioni sono la base grazie a cui possono svolgersi i
processi evolutivi, in quanto creano la cosiddetta variabilità genetica
(attraverso la variabilità si creano nuovi alleli che prima non c’erano).
Su questa variabilità opera la selezione naturale, la quale promuove le
mutazioni favorevoli a scapito di quelle sfavorevoli o addirittura letali.i
nuovi genotipi possono infatti avere una fitness minore o maggiore, in
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questo caso saranno avvantaggiati dalla selezione naturale. All’interno di questa variabilità potrà agire
anche il selezionatore.
Di solito le mutazioni sono molto rare (una mutazione ogni 10^4-10^9 coppie di basi per ogni duplicazione),
ma costituiscono il presupposto dell’evoluzione. Senza mutazioni non si creerebbe variabilità, e quindi non
ci sarebbe evoluzione! Da una mutazione, grazie alla ricombinazione, si possono creare nuove combinazioni
alleliche (creano genotipi nuovi e quindi fenotipi nuovi). Le mutazioni possono nuocere all’organismo (che è
quel che succede nella maggior parte dei casi), oppure essere neutre (non influire sulla sua capacità di
sopravvivere e riprodursi). Di tanto in tanto però possono anche migliorare la capacità di adattamento
all’ambiente, o diventare vantaggiose al mutare delle condizioni ambientali.
Mutazioni spontanee
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sostituzione delle basi nella replicazione (proprietà delle basi non sono le stesse) Agenti intercalanti (es.
Bromuro di Etidio, una volta sempre usato in laboratori di biologia molecolare) Molecole che si inseriscono
tra due basi del DNA, aumentando «lo spazio» tra queste. Durante la replicazione si può avere l’inserzione
di una terza base, che causa un frameshift, problema nelle traduzione, questo perché la molecola di rna
viene letta tre basi alla volta ( amminoacido), inserendo un ‘altra lettera la proteina che si originerà non
avrà senso logico per la cellula. (frameshift= spostamento del frame di lettura).
Mutazioni indotte: Mutageni Fisici ( sono fondamentalmente onde elettromagnetiche a alta energia)
Radiazioni ionizzanti (Raggi X e Raggi γ) Radiazioni ad altissima energia che possono penetrare attraverso i
tessuti e, collidendo con gli atomi che compongono le molecole, possono produrre ioni. Gli elettroni liberati
collidono con altri atomi ionizzandoli e così via generano una reazione a catena. Tali reazioni possono
causare rotture e riarrangiamenti cromosomici.
Radiazioni non ionizzanti (Raggi UV) Radiazioni con energia minore dei raggi x o gamma, energia non
sufficiente per la ionizzazione, ma che con esposizione prolungata provocano legami anormali tra le basi
(per questo non si deve stare troppo al sole). Principalmente causano dimeri di timina: formazione di un
legame covalente tra carboni C5 e tra C6 di due timine adiacenti, le timine si avvicinano troppo.
L’«avvicinamento» delle due T causa distorsioni nella doppia elica che impediscono il normale appaiamento
con le due A dell’altra elica, interferendo con un’ accurata replicazione. Il frameshift causa sbagli nella
produzione di proteine.
Creando appaiamenti errati tra le due eliche, di solito c’è un meccanismo per correggere gli appaiamenti
errati.
Le mutazioni geniche
Sono le mutazioni che alterano un singolo gene, quindi le più «piccole» che si possano
avere. Le mutazioni geniche portano alla formazione di nuovi alleli, detti appunto alleli
mutanti. Un pezzo di dna che codifica per una proteina viene cambiato e quindi si
hanno anche proteine diverse. Queste mutazioni possono influenzare la sequenza di
amminoacidi per cui il gene codifica, cambiando anche la funzionalità delle proteine
prodotte. Esistono diversi tipi di mutazioni geniche.
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Dividiamo le mutazioni genetiche in base all’effetto che possono avere sulla proteina da codificare:
Mutazione missenso
Per il dogma centrale della biologia da una sequenza codificante di dna si origina l’rna attraverso la
trascrizione e traduzione. Da una doppia elica di dna si formano mrna (trascrizione) e tramite traduzione si
formano i polipeptidi
• se uno dei nucleotidi muta, es. al posto di ta abbiamo cg, se cade all’interno di una sequenza codificante
allora anche l’mrna ha sequenza mutata, il codone è alterato in modo da codificare per un aminoacido
diverso.
• la proteina avrà una diversa sequenza aminoacidica, visto che l’aminoacido presente nel polipeptide non
è quello «normale». Anche la funzionalità sarà diversa.
Mettiamo che la mutazione sia a carico di una tripletta al posto di cgg abbiamo tripletta ggc, A causa della
ridondanza del codice genetico (esistono più triplette che possono codificare per lo stesso amminoacido, un
amminoacido è codificato da più codoni) alcune mutazioni per sostituzione non alterano la sequenza di
aminoacidi del polipeptide prodotto, in quanto il codone modificato codifica per lo stesso aminoacido del
polipeptide normale. (silente perché c’è una mutazione ma non causa nessun cambiamento )
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Mutazione non-senso
Delle 64 triplette possibili solo 3 codificano per un aminoacido, le altre tre codificano per un segnale di fine,
i codono di STOP. Se da ugc abbiamo uga(che è un codone di stop) smette di tradurre. Quando la
sostituzione di una coppia di basi del DNA origina un codone non-senso (un codone di terminazione). La
traduzione dell’mRNA contenente una mutazione non-senso porta alla produzione di un polipeptide più
corto del normale che in molti casi funzionerà solo parzialmente.
Mutazione frame-shift
Se una singola coppia di basi è eliminata (delezione) o inserita (inserzione) nella regione codificante, il
codice di lettura dell’mRNA prodotto sarà alterato, avremo uno shifting del frame di lettura. Da quel punto
in poi il ribosoma leggerà codoni «slittati» rispetto al frame di lettura normale quindi, da lì in poi, produrrà
una sequenza amminoacidica completamente diversa. Il polipeptide prodotto è spesso non funzionale a
causa delle molte e significative alterazioni nella sequenza amminoacidica. I ribosomi leggono di tre basi in
tre basi, verranno lette nel frame sbagliato e tutti gli amminoacidi da li in poi saranno diversi dalla proteina
originale.
ZIAVAIVIACHESONTREORECHESEIQUI
ZIA VAI VIA CHE SON TRE ORE CHE SEI QUI
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ALLELE CON DELEZIONE:
ZIAVAIVIACHESONTREORECHESEIQUI
ZIA VAI VIA CHE SON TRE ORE CHE SEI QUI
Le mutazioni cromosomiche
-Inversione: un segmento si stacca e si reinserisce sullo stesso cromosoma, ma ruotato di 180°, in modo
tale che l’ordine dei geni sia invertito. Avrò un cromosoma in cui l’ordine non è quello originale, anche se le
parti originali ci sono tutte.
Le duplicazioni (mutazioni che fanno si che un pezzo di cromosoma si duplicano e ineriscano sullo stesso
cromosoma) possono avere effetti benefici a seconda dei geni e degli alleli che sono localizzati nel
segmento cromosomico duplicato. Se ammettiamo che nel segmento c’è un gene x in copia singola che
produce una proteina importantissima se avviene una mutazione genica sul gene x può succedere che la
cellula non è più in grado di vivere se la proteine importante non è più prodotta( quindi non si trasmetterà
mai la mutazione) se invece x fa parte di una regione cromosomica che viene duplicata, la cellula può
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continuare a vivere e riprodursi, anche se la proteina è diversa. Uno dei geni duplicati può subire mutazioni
senza cambiare il fenotipo dell’individuo, e dare origine a nuovi alleli che possono codificare per proteine
con strutture e funzioni diverse da quelle originarie (geni paraloghi, stessa origine ma diversa funzione)
abbiamo il gene mutato e non mutato, il non mutato continua a fare proteina il mutato ne fa un’altra ma
verrà trasmesso uguale alla progenie, se è una mutazione positiva si avrà selezione . In particolare, le
duplicazioni hanno un ruolo importante nei geni coinvolti nella resistenza a stress biotici e abiotici. Un
esempio di particolare rilievo è la famiglia genica delle NBS-LRR (resistenza a patogeni), una categoria di
geni importanti per la resistenza alle malattie in varie specie. 150 di questi geni sono stati contati nel
genoma di Arabidopsis, tutti questi geni si sono originati da eventi di duplicazione, ogni gene ha accumulato
mutazioni nella struttura del dna per far si che ogni gene diverso potesse dare un contributo diverso alla
pianta nella resistenza agli stress.
Mutazione è meccanismo fondamentale per la selezione naturale, ma anche ai fini nostri.. applicando
agenti mutageni aumentiamo la variabilità genetica delle popolazioni di base e poter fare noi selezione.
L’induzione di mutazioni per il miglioramento genetico ha inizio nel 1940, quando l’Associazione Svedese
delle Sementi finanziò ricerche sul mutation breeding in orzo. Consiste nella somministrazione di alte dosi
di agenti mutageni alle piante per la creazione di variabilità genetica (che si creino nuovi alleli). Le
mutazioni avvengono a caso e non posso prevedere quale base vado a cambiare con la mutagenesi,
servono enormi popolazioni. È molto importante per un programma di mutagenesi avere a disposizione
popolazioni molto ampie. Si possono usare agenti mutageni per trattare sia strutture unicellulari che
pluricellulari:
• Strutture unicellulari (polline, protoplasti): in questo caso si ottengono mutanti eterozigoti «solidi», da un
protoplasto riesco a originare una pianta intera, tutta la pianta sarà mutata. ( mi darà 100 per 100
dell’individuo mutato)
• Strutture pluricellulari (semi, germogli): in questo caso si ottengono chimere. Alcune cellule avranno
genoma mutato, altre in modo diverso, altre no. (darà origine a una chimera).
Le chimere Le chimere sono singoli organismi composti da due o più tipi di tessuto differenti dal punto di
vista genetico. In genere nelle piante, le chimere si generano in seguito a mutazioni somatiche nei tessuti
meristematici (gemme) e che si replicano per normale mitosi, creando così delle parti della pianta con
costituzione genetica differente da quella originaria.
Se una mutazione avviene a carico di una cellula somatica la mutazione non può passare a una sessuale,
non passa alla progenie per riproduzione sessuale. Se abbiamo ad es un melo e ho un germoglio con una
parte mutata, lo prendo e faccio una talea e ottengo una pianta con una parte mutata. Quando la
mutazione avviene nei gameti viene trasmessa per forza alla generazione successiva, nella quale la
mutazione sarà presente in tutti i tipi di cellule.
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Il taleaggio è un metodo molto usato. I tessuti della gemma di una pianta vengono prodotti in strati distinti
che in genere sono 3: L1 forma l'epidermide L2 forma la corteccia, parte dei tessuti vascolari e della lamina
fogliare L3 forma parte dei tessuti interni, come il midollo ed anche la radice. I tessuti riproduttivi si
originano dallo strato L2. Questo significa che se la mutazione è presente nello strato L1 o L3 non passerà
alla progenie, se avviene a carico dello strato L2 potrà essere propagata nelle successive generazioni. Un
esempio di chimera (mutazione su strato di L2) è il Pinot Grigio. Questa varietà è il risultato di una
mutazione somatica gemmaria (delezione) in L2 del Pinot nero e quindi ha due genomi distinti: uno per
l'epidermide e tessuti interni e uno diverso per lo strato L2. Negli
acini lo strato L2 mutato contribuisce al colore e dà all’acino il
colore caratteristico del Pinot grigio.
Mutagenesi su polline
Mutagenesi su semi
Dopo il trattamento mutageno ad organi pluricellulari le piante M1 mostrano una situazione chimerica.
Questo perché una mutazione è sempre un evento che si determina in una singola cellula e che si propaga
solo nella progenie, e quindi nella linea cellulare, che deriva da quella cellula. La pianta intera derivata sarà
mutata solo sui tessuti della pianta che viene dalla cellula mutata del seme.
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Mutagenesi su gemme
È molto usata per specie a propagazione vegetativa (piante legnose, da frutto, in generale piante arboree)
in cui si possono generare piante complete da singole parti di una pianta «madre». Anche in questo caso la
mutazione dà origine a chimere (solo parte generata dalla gemma sarà mutata) , ma da gemme mutate
possono originarsi altre gemme → i rami che si origineranno avranno porzioni sempre più grandi di piante
mutate → si va avanti con le generazioni fino ad avere una pianta quasi completamente mutata. (si
selezionano gli espianti che derivano dalle solo cellule mutate).
Con la mutagenesi è più facile migliorare caratteri quantitativi o qualitativi? Sono i Qualitativi( influenzati da
uno o pochissimi geni) se mi si muta quel gene li allora cambia tutto il carattere, quindi di solito sono
caratteri ad ereditabilità monogenica. Di solito caratteri di :
• Resistenza alle malattie
• Qualità nutrizionale – Proteine [“high lysine” in mais, “high proline” in orzo, leguminose] – Carboidrati –
Lipidi – Altre sostanze
• Produttività – Cambiamenti della morfologia della pianta: “Regina 2°” di colza, “Primex” di senape,
“erectoides” di orzo, mutanti tetracarpellari di sesamo
• Precocità – Variazioni della reazione fotoperiodica in frumento, soia, pomodoro, orzo, riso
Esempio della mutagenesi per la creazione di variabilità: il grano Creso Alla fine degli anni '60 all’ENEA, una
varietà di grano duro (Triticum durum), il Cappelli (caratterizzato da fusti alti, spighe grosse ed elevate
proprietà nutritive), venne trattato con raggi X. La stragrande maggioranza dei semi irradiati muore, o
produce piante abnormi. Ma una pianticella (linea Cp B144) sopravvive e mostra caratteristiche
interessanti. Rispetto al normale Cappelli è più resistente al vento e alla pioggia (internodi più corti), e ha
una percentuale di proteine superiore al normale. Quel mutante viene incrociato con altre varietà di grano
per trasferirne le caratteristiche interessanti. Dall’incrocio con la varietà messicana Cymmit, nel 1974 viene
creato il Creso: una varietà con il culmo più corto, che resisteva all’allettamento e che produceva farina di
alta qualità. Nel 1984 il Creso occupava il 53.3% del mercato italiano! Una specie creata in Italia che in solo
10 anni ha occupato metà del mercato nazionale.
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abbiamo una cellula che fa meiosi, da in una prima divisioni 2 cellule diploidi, alla seconda 4 aploidi). In caso
avvenga nella prima divisione, due gameti hanno un cromosoma in più e due hanno uno un cromosoma in
meno (va tutto da una parte). In caso avvenga nella seconda divisione, due gameti sono normali, uno ha un
cromosoma in più, l’altro un cromosoma in meno.
I gameti risultanti che hanno uno o più cromosomi in eccesso o che ne sono privi. Gli individui che si
originano da questi gameti hanno un numero di cromosomi anomalo e sono detti aneuplodi (normali =
euploidi). Negli organismi diploidi si hanno 4 categorie di aneuploidi:
-Nullisomici – caratterizzati dalla perdita di una coppia di cromosomi; la cellula nullisomica è quindi 2n-
2.(nell’uomo 44 cromosomi)
-Monosomici – caratterizzati dalla perdita di un cromosoma di una coppia di omologhi, quindi 2n-1.
- Trisomici – 2n+1 sono caratterizzati dalla presenza di un cromosoma in una o più di una coppia.
-Tetrasomici – 2n+2 una coppia di omologhi in più.
L’effetto della perdita o dell’acquisto di cromosomi varia in rapporto al cromosoma e alla specie. Negli
animali e piante, l’aneuploidia determina sterilità e l’insorgenza di condizioni anomale fortemente
disabilitanti o letali. Per esempio la trisomia 21 (sindrome di Down) negli umani.
Gli aploidi hanno solo una serie di cromosomi (n), come un normale gamete. L’aploidia è una condizione
rara e, in generale, gli individui aploidi non sopravvivono. Piante aploidi possono essere ottenute mediante
la coltura in vitro a partire da granuli di polline. Tuttavia queste tecniche non sono efficienti in tutte le
specie vegetali.
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viene così a contenere un numero raddoppiato di cromosomi. Quando si ha la meiosi, vengono prodotti
gameti con 2 corredi cromosomici (gameti non ridotti) anziché uno. L’unione di questi gameti con un
gamete aploide produce un organismo triploide; l’unione di gameti diploidi produce un organismo
tetraploide. La poliploidia ha rappresentato un’importante forza evolutiva nelle piante.
Gli allopoliploidi coltivati (frumento (4-6x), Prunus spp., fragola, agrumi) sono generalmente autogami e si
utilizzano i normali protocolli di miglioramento genetico delle specie autogame. Gli autopoliploidi coltivati
(patata, patata dolce, erba medica, caffè) sono invece generalmente allogami, ma in queste piante la
depressione da inincrocio e l’eterosi hanno effetti ancora più forti che nei normali diploidi. Questo rende
molto difficile ottenere linee inbred (linee da autofecondazione). Le strategie di miglioramento per gli
autopoliploidi più usate sono:
1. Ampliamento della base genetica entro cui selezionare i genitori delle nuove varietà.(valido anche per
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allogami diploidi)
2. Produzione di seme commerciale ibrido doppio(ibrido di ibridi).
Induzione poliploidia per il miglioramento genetico Si può indurre il raddoppiamento cromosomico con
trattamenti fisici o chimici (es. colchicina). L’induzione della poliploidia è usata per:
• Raddoppiare il numero cromosomico di un ibrido interspecifico ristabilendo la fertilità di ibridi sterili
(produzione di allopoliploidi).( quello che ha fatto la natura per il grano duro e grano tenero).
• Formare un “ponte” genetico tra livelli di ploidia o tra specie altrimenti incompatibili.(es. specie
tetraploide con diploide).
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