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LIBRI→GETENITCA E GENOMICA VOL 1 basi, mendel, propedeutica per vol 2

VOL 2 parla di miglioramento genetico, più di corso

VOL3 parla uso di biologia molecolare e il suo interesse in campo agrario

PROGRAMMA DEL CORSO


-INTRODUZIONE AL CORSO: richiami di genetica mendeliana e molecolare; associazione e ricombinazione. -
-GENETICA DI POPOLAZIONE: frequenze alleliche e genotipiche; legge di Hardy-Weinberg; agenti della
microevoluzione; fitness relativa e coefficiente di selezione. (PAFFETTI)
-GENETICA QUANTITATIVA: basi genetiche dei caratteri quantitativi; ereditabilità in senso largo e in senso
stretto; risposta alla selezione.
-CONTROLLO DEI PROCESSI RIPRODUTTIVI DELLE PIANTE: riproduzione sessuata e asessuata; autogamia e
allogamia; auto-incompatibilità e maschio-sterilità: meccanismi, basi molecolari e uso nel miglioramento
genetico.
-METODI DI MIGLIORAMENTO GENETICO: struttura genetica delle popolazioni e tecniche di miglioramento
genetico in piante autogame, allogame e a propagazione vegetativa.
-MARCATORI MOLECOLARI E USI NEL MIGLIORAMENTO GENETICO: marcatori genetici e molecolari;
selezione assistita da marcatori; quantitative trait loci.
-INDUZIONE DI VARIABILITA' GENETICA: mutazioni spontanee e indotte; uso della mutagenesi per il
miglioramento; poliploidia e miglioramento genetico; ibridazione interspecifica;
-NUOVE TECNOLOGIE PER IL MIGLIORAMENTO GENETICO: trasformazione genetica and genome editing.
(PAFFETTI)
-SEMINARI TECNICO-APPLICATIVI: Origine, evoluzione, genetica e miglioramento genetico delle più
importanti specie di interesse agrario: grano, riso, pesco, vite, pomodoro. (PAFFETTI)

GENETICA La genetica è la branca della biologia che studia l'ereditarietà, i geni e la variabilità genetica negli
organismi viventi. La genetica si focalizza sulla comprensione dei meccanismi alla base dell’ereditarietà e
della loro manifestazione nel «fenotipo» dell’individuo. FENOTIPO= In biologia, l'insieme delle
caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo, quali risultano dall'espressione del suo
genotipo e dalle influenze ambientali.
MIGLIORAMENTO GENETICO Processo di modifica del patrimonio genetico al fine di migliorare le
caratteristiche utili all'uomo nelle specie coltivate o allevate. Il miglioramento genetico non isgnifica
esclusivamente la manipolazione del DNA diretta, non si parla soltanto di OGM! Es. cercare una cultivar di
grano più resistente al freddo di una normale, anche se uno solo incrocio e selezione; resistenza
allettamento; resistenza a patogeni, ecc…

MENDEL: I GENI E L’ERIDARIETA


All’inizio del 900’ la genetica non era ancora nata, oggi diamo per scontato la correlazione tra DNA e
eriditarietà. Non si conosceva quali molecole e quali meccanismi molecolari fossero alla base
dell’ereditarietà. Si credeva solo nella Teoria dell’ereditarietà per rimescolamento: suggeriva che i caratteri
dei genitori si mescolassero nei figli in modo che questi avessero caratteristiche circa intermedie. A volte
succede veramente così, ma questa teoria non spiega molti fenomeni:
Perché ci sono bambini con gli occhi celesti con genitori con occhi scuri?
Perché le caratteristiche estreme non tendono a diminuire progressivamente con le generazioni
La teoria per rimescolamento non spiega questo, le caratteristiche estreme via via che si va avanti con le
generazioni dovrebbero andare verso la media, ma non funziona così, questo perché questa teoria è vera,
ma non basta per spiegare tutto.

1
Lo stesso Darwin In “The Origin of Species” (1859), scriveva: “Le leggi che governano l’ereditarietà sono per
la maggior parte sconosciute. Nessuno sa perché lo stesso carattere in individui diversi di una stessa specie
o in specie diverse sia a volte ereditato e a volte no.”

Il vero Game Changer arrivò nella seconda metà dell’800’ con un monaco ceco, Gregor Mendel, usava
piante di pisello per selezionare nuove varietà
• Grazie ai suoi esperimenti e alle sue osservazioni, Mendel scoprì i principi che regolano l’ereditarietà
• Le sue scoperte, deduzioni e conclusioni hanno costituito le fondamenta della genetica come scienza
Mendel è stato uno dei più grandi rivoluzionari della scienza.
Nel 1866 Mendel pubblicò i suoi risultati nell’articolo “Experiments on Plant Hybrids” su una rivista
scientifica poco conosciuta.( non era proprio il top)
• Morì nel 1884 senza che la comunità scientifica desse il giusto peso alle sue scoperte.
• Agli inizi del 1900 però tre scienziati, separatamente, scoprirono il lavoro di Mendel e da lì fu noto a tutta
la comunità scientifica che finalmente gli attribuì l’importanza che meritava.

METODO SPERIMENTALE comincia con l’osservazione attenta di un fenomeno naturale→ lo scienziato


formula delle ipotesi che potrebbero spiegare e descrivere il fenomeno→ si eseguono esperimenti per
verificare le varie ipotesi→ l’ipotesi dimostrata esatta viene accettata come LEGGE dalla comuità scientifica
fino a che non viene dimostrato il contrario o migliorata da altre ipotesi che si rivelano vere.

Mendel seguì questo metodo sperimentale per le sue


leggi.
Mendel scelse per le sue ricerche il pisello da giardino
(Pisum sativum)
• Poteva essere coltivata facilmente
• Normalmente nelle piante di pisello si ha
autofecondazione ( SPECIE AUTOGAMA che
prevalentemente si riproduce per autofecondazione,
AUTOFECONDAZIONE= polline proveniente da una pianta
feconda fiori della pianta stessa) ( la maggior parte della
fecondazione dei piselli avviene per autofecondazione)
Per i suoi esperimenti però Mendel fece largo uso della
fecondazione incrociata:
• Impedire l’autofecondazione asportando le antere (emasculazione= asportare la parte maschile per
impedire l’autofecondazione)
• Fecondare fiori emasculati con polline proveniente da altre piante per fare incroci tra piante diverse ed
avere fecondazioni incrociate.

2
CARATTERE: caratteristica ereditaria di un organismo
determinata dall'informazione genetica contenuta in
uno o più geni nello stesso organismo. Un Carattere è
una caratteristica di una pianta, animale o qualsiasi
altro organismo. Mendel osservò separatamente 7
caratteri delle piante di pisello ( aspetto del seme,
colore del seme, colore del fiore, posizione dei fiori,
aspetto del baccello, colore del baccello, lunghezza del
fusto). La caratteristica di questi caratteri è che hanno
una distribuzione discreta, DISTRIBUZIONE DISCRETA =
il fenotipo può essere o in un modo o in un altro, senza
una via di mezzo, diverso da DISTRIBUZIONE
CONTINUA, come l’altezza di un uomo.
All’inizio del suo lavoro Mendel selezionò piante
appartenenti a linee pure, LINEA PURA= organismi che
a seguito di successive autofecondazioni, dopo diverse
generazioni producono solo progenie con caratteristiche identiche a quelle originarie (pisello con fiore
viola che da autofecondazione dalla progenie da solo piante con fiori viola).

Ad esempio prendiamo uno solo di questi caratteri a distribuzione discreta, colore del fiore FENOTIPO:
aspetto, manifestazione fisica del carattere (porpora, bianco) GENOTIPO: costituzione genetica
dell’organismo.

• Nei suoi studi Mendel prese una linea pura con fiore porpora e una con
fiore bianco e fece una fecondazione incrociata, secondo la teoria del
rimescolamento il fenotipo dovesse essere un intermezzo tra i due diversi,
invece le derivanti dalla fecondazione dei parentali, i fiori della F1 (
generazione filiale numero 1), avevano tutte lo stesso fenotipo con
carattere fiore porpora, come se il fenotipo fiore bianco fosse scomparso: i
fiori non mostravano alcun segno di mescolamento
• Mendel lasciò che le piante della F1 si autofecondassero e nella loro
progenie F2 ricomparivano piante con il fenotipo a fiori bianchi nel 25%
delle piante, non solo era ricomparso il fiore bianco, ma aveva notato il
rapporto ben preciso tra i fiori bianchi e porpora nella F2, rapporto di 3:1.

Mendel fece lo stesso anche per gli altri 6 caratteri ed ottenne i medesimi risultati :
In tutti i casi osservò che la F1 era fenotipicamente uniforme e che solo 1 dei 2 fenotipi era presente
• In F2 ricompariva anche il fenotipo scomparso
• In particolare in F2 i fenotipi alternativi erano presenti in proporzioni ben definite e prevedibili (3:1 - 75%
e 25%) esattamente come funzionava per il carattere colore del fiore. ( ancora siamo nel campo
dell’OSSERVAZIONE NATURALE).

Date le osservazioni, Mendel fece 3 ipotesi:


-1. Le piante adulte contengono una coppia di fattori che determinano l’eredità di ciascun carattere (noi
diamo per scontato che il carattere sia determinato da un gene, ma a quel tempo non si conosceva né DNA
né geni). Nella terminologia moderna i fattori di Mendel sono detti geni, che sono localizzati sui cromosomi;
le diverse varianti che determinano i fenotipi differenti, sono dette alleli; i 2 alleli di un gene presenti in un
organismo diploide possono essere identici (condizione detta in omozigosi) o diversi (eterozigosi). In quasi
tutti gli organismi vegetali abbiamo a che fare con organismi diploidi, con fattori (geni) provenienti dai
3
parentali.
-2. Se la coppia di fattori presente in un individuo è costituita da due varianti (alleli) diversi, uno dei 2 è
dominante sull’altro. Esistono 2 alleli di ciascun gene, uno dominante ed uno recessivo; quando sono
presenti entrambi gli alleli, solo quello dominante si manifesta, determinando il fenotipo dominante; quello
recessivo rimane silente, si manifesta nel fenotipo solo se sono presenti 2 copie dello stesso allele
(genotipo omozigote) (omozigote recessivo).
-3. Le varianti (alleli) di una coppia che determinano un carattere segregano (cioè si separano) al momento
della formazione del gamete; metà delle cellule uovo (o del polline) contiene una variante (un allele), l’altra
metà delle cellule contiene l’altra variante (l’altro allele). Lo zigote avrà due fattori, uno arriverà dalla
madre e uno dal padre. Quest’ultima ipotesi oggi è conosciuta come il “Principio della segregazione”
Le 3 ipotesi di Mendel forniscono una valida spiegazione dei risultati ottenuti dai vari incroci!

[Le piante contengono una coppia di fattori che determinano l’eredità di ciascun carattere]
• I 2 alleli che determinano il colore del fiore sono identici nella linea pura. Questo perché per definizione la
linea pura è una pianta che per riproduzione da una pianta uguale.
• Se per indicare gli alleli dello stesso gene usiamo la lettera P, la combinazione di alleli (genotipo) della
pianta pura a fiori porpora è PP [P=allele dominante] e il genotipo della pianta pura a fiori bianchi è pp
[p=allele recessivo]. Le linee pure sono omozigoti per l’allele P o per l’allele p.
• Quando questi individui producono le cellule sessuali (gameti maschili o femminili), tutti i gameti prodotti
per quel gene dalla pianta «fiore porpora» saranno sempre P, mentre quelli della pianta «fiore bianco»
saranno sempre p.

Cosa succede se faccio un incrocio tra le 2 linee parentali? Otterrò un individuo eterozigote. Tutte le piante
della F1 ottenute con incrocio controllato delle 2 linee pure (PP x pp) ereditano la stessa combinazione di
alleli Pp.
• Tali individui con alleli diversi dello stesso gene sono eterozigoti e poiché P è dominante su p, tutte le
piante eterozigoti (Pp) hanno fenotipo fiore porpora (carattere dominante). Gli individui della F1 ottenuti
da incroci in cui si prende in considerazione un singolo carattere sono detti monoibridi.

Nell’autofecondazione di F1 con genotipo eterozigote Pp: ( nella formazione


dei gameti ho una possibilità del 50% di avere P o p sia per i gameti maschili
che femminili→ Principio della segregazione)
Con la rappresentazione grafica “quadrato di Punnet” possiamo
rappresentare questo incrocio.
• L’unione dei 2 gameti entrambi con l’allele P genera piante con genotipo
omozigote PP e fenotipo dominante con fiore porpora (OMOZIGOTE
DOMINANTE)
• L’unione di un gamete con l’allele P e di un gamete con l’allele p genera
piante della F2 con genotipo eterozigote Pp e fenotipo dominante con fiore
porpora (ETEROZIGOTE)
• L’unione dei 2 gameti entrambi con l’allele p genera piante della F2 con
genotipo omozigote pp e fenotipo recessivo con fiore bianco ( OMOZIGOTE
RECESSIVO).
Rapporti genotipici 1:2:1 (PP:Pp:pp)
Rapporti fenotipici 3:1 (porpora:bianco)
La frequenza di un OMOZIGOTE DOMINANTE è 1/4, di un OMOZIGOTE RECESSIVO 1/4, di un ETEROZIGOTE
2/4

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es. ogni allelle per ogni gamete ha il 50% di possibilita di presentarsi e la combinazione tra due specifici
alleli ha la possibilità di presentarsi di ½ x ½ = ¼

Mendel poteva confermare la validità delle sue ipotesi osservando se queste potevano essere usate per
prevedere la progenie di altri incroci.
Fece quindi un testcross (o incrocio): incrociò una pianta a fiori porpora della F1 con genotipo presunto Pp
(fenotipo dominante), e una pianta a fiori bianchi con genotipo pp (Fenotipo recessivo). Secondo le sue
ipotesi, Mendel poteva prevedere che il 50% delle piante avrebbero dovuto presentare fenotipo fiori
porpora e genotipo Pp e il 50% delle piante fenotipo fiori bianchi e genotipo pp → Osservò esattamente
queste proporzioni → Ipotesi verificate
(usò le sue informazioni per fare delle ipotesi, verificò queste ipotesi su un altro incrocio, questo del test
cross) ( in pratica verificò l’ipotesi di aver avuto in linea F1 un PP e un Pp).
Verificò tutto con gli altri caratteri discreti.

Mendel si chiese cosa accadesse negli incroci prendendo in considerazione più caratteri
contemporaneamente (non un monoibrido), quindi incrociò piante che differivano per 2 dei caratteri
ereditari (incrocio dibrido ) che aveva studiato individualmente : la
forma (R) e il colore (Y) dei semi.
Incrociò piante di linee pure a semi lisci e gialli (RRYY ) con piante
di linee pure a semi rugosi e verdi (rryy ) e ottenne nella F1 un
diibrido a semi lisci e gialli con genotipo (RrYy ) Ottenne 100% con
genotipo eterozigote e 100% fenotipo etorozigote. Con 1 /4 di
possibilità di trovare ogni genotipo.
L’incrocio del diibrido produsse in F2 una progenie con 1/16 a
genotipo possibile, perché ci sono 16 genotipi possibili con una
possibilità di 1 /16. Con rapporti fenotipici :
- 9 /16 lisci e gialli ( R dominante, Y dominante)
- 3 /16 lisci e verdi ( r recessivo, Y dominante)
- 3 /16 rugosi e gialli (R dominante, y recessivo)
- 1 /16 rugoso e verde ( r recessivo, y recessivo)

Da qui deriva la 4 ° ipotesi di Mendel:


- le varianti (alleli) che determinano 2 caratteri diversi segregano indipendentemente l’uno dall’altro al
momento della produzione dei gameti

L’allele per la forma del seme ( R o r ) che un gamete riceve al momento della sua formazione non ha alcuna
influenza su quale tipo di allele per il colore del seme ( Y o y ) riceverà lo stesso gamete e viceversa ( la
segregazione di R da Y è completamente indipendente).
I 2 eventi sono quindi completamente indipendenti , fenomeno che Mendel definì assortimento
indipendente e che oggi è noto come ‘Principio dell’assortimento indipendente’ . ( non è sempre vera,
Mendel ha avuto la fortuna di non aver preso dei geni dipendenti l’un dall’altro, su 100 non sarebbe stato
detto).

In realtà noi possiamo prendere in considerazione più caratteri, come un incrocio TRIIBRIDO, es. con un
triplo eterozigote AaBbCc può dare 8 gameti (2x2x2= 8 numero di gameti possibili). Attraverso altri incroci
Mendel confermò le sue leggi anche per la segregazione di 3 caratteri (incroci di triibridi)
5
Le combinazioni degli 8 gameti materni con gli 8 gameti paterni sono 64
Da queste combinazioni si originano 27 genotipi diversi e 8 fenotipi diversi alla F2. Il rapporto fenotipico
nella F2 è 27:9:9:9:3:3:3:1

TEORIA CROMOSOMICA EREDITARIETA E PARALLELISMI CON MENDEL

Nel 1903, quando ormai erano disponibili informazioni sulla


meiosi e sui cromosomi (fine ‘800), lo studente americano
Walter Sutton mise in evidenza tutti i parallelismi tra gli studi
di Mendel e le conoscenze più recenti, e suggerì che i fattori di
cui parlava Mendel fossero presenti sui cromosomi e
determinassero l’ereditarietà dei caratteri. Tale principio è
noto come teoria cromosomica dell'ereditarietà.

I cromosomi sono presenti in coppie negli organismi diploidi


che si riproducono sessualmente, al pari degli alleli di ciascun
gene, in ogni cellula di ciascun organismo c’è una coppia di
cromosomi. I cromosomi di ogni coppia si separano e si
distribuiscono in singola copia nei gameti, così come avviene
per gli alleli di uno stesso gene, se abbiamo due alleli Aa all’interno del gamete che verrà prodotto
dall’organismo adulto ne finirà solo uno di questi. La
separazione (segregazione) alla meiosi dei cromosomi
appartenenti alla stessa coppia è indipendente da quella dei
cromosomi appartenente ad altre coppie, la segregazione di
una coppia di cromosomi è indipendente da quella di un’altra
esattamente come funziona con gli alleli appartenenti a diversi
geni.
Il singolo individuo diploide, per ciascuna coppia di cromosomi,
riceve un cromosoma dal padre e uno dalla madre, esattamente
come succede per gli alleli.

Il sito fisico di un cromosoma nel quale è localizzato un gene è detto locus. Il locus corrisponde ad una
particolare sequenza di DNA che codifica per una proteina responsabile del fenotipo. Un locus di un gene
può avere due possibili alleli (A e a) su due cromosomi omologhi. ( i fattori di cui parlava Mendel si
potrebbero trovare sui cromosomi).

SUCCESSIVE MODIFICHE E ESTENSIONI ALLE LEGGI DI MENDEL

DOMINANZA PARZIALE O INCOMPLETA

Nello studio dell’ereditarietà dei caratteri semplici con 2 varianti alleliche abbiamo visto che, ai 3 genotipi
corrispondono 2 fenotipi, perché quello dell’omozigote dominante corrisponde a quello dell’eterozigote →
dominanza completa.
Esistono casi in cui ai 3 genotipi corrispondono 3 fenotipi distinti, perché l’intensità del carattere del
genotipo eterozigote Aa è intermedia rispetto a quella dei 2 omozigoti → dominanza parziale.
es. Il colore del fiore bocca di leone ne è un esempio, per il fiore bocca di leone con un genotipo dominante
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con fenotipo rosso e un genotipo recessivo bianco l’eterozigosi è caratterizzata dal colore rosa, a metà tra
gli altri due. In caso di dominanza parziale F 2 presenta 3 classi fenotipiche ed il rapporto dei fenotipi è
uguale a quello dei genotipi: 1rosso : 2rosa : 1bianco ( possiamo anche parlare di assenza di dominanza).
Dall’incrocio tra una pianta a fiori rossi ( C R C R ) con una a fiori bianchi ( C r C r), l’eterozigote ( C R C r )
avrà fiori di colore rosa.

DOMINANZA COMPLETA VS DOMINANZA INCOMPLETA


Una spiegazione di questi fenomeni, per i quali l’effetto di un allele può essere parzialmente nascosto
dall’altro (dominanza incompleta) o completamente (dominanza completa), può essere facilmente
formulata in termini biochimici, facendo riferimento all’azione del gene. Se si suppone che l’allele
dominante nel fiore determini la produzione di un enzima necessario per la formazione di un pigmento( un
gene che produce un pigmento) e l’allele recessivo sia tale che l’enzima non sia attivo o quantitativamente
sufficiente, quale sarebbe la differenza tra dominanza completa o incompleta?
- Dominanza completa - Se allo stato eterozigote la quantità di enzima prodotto da un solo allele
dominante è sufficiente per la sintesi normale di un pigmento, il fenotipo è uguale a quello dell’omozigote
dominante. (produzione di due dosi di coloranti).
- Dominanza incompleta - Se allo stato eterozigote la quantità di enzima prodotto non è sufficiente a
sintetizzare la stessa quantità di prodotto dell’omozigote, il fenotipo risulta intermedio a quello dei
parentali. (produzione di una sola dose di colorante).

LA CODOMINANZA

La si ha quando 2 alleli dello stesso gene controllano la produzione di 2 sostanze diverse, e entrambi le
sostanze sono presenti nell’individuo eterozigote ( una variante allelica produce una sostanza diversa
dall’altra variante, uno non maschera l’altro) . Come nella dominanza incompleta, ogni genotipo
corrisponde a un diverso fenotipo ma qui, mentre nell’omozigote si ha un fenotipo corrispondente a uno
degli alleli, nell’eterozigote sono presenti i fenotipi di entrambi gli alleli. Un esempio di codominanza è il
sistema AB0 dei gruppi sanguigni umani (che è anche un esempio di ALLELIA MULTIPLA, perché ci sono
varianti A, B e 0, più di due varianti alleliche, ogni fattore può esistere in tre forme). Gli alleli A e B
codificano per due differenti enzimi, che determinano la composizione della componente glucidica delle
glicoproteine sulla superficie degli eritrociti, l’allele 0 non codifica nulla. Gli individui A avranno l'antigene A,
i B l'antigene B, gli 0 nessun antigene e gli AB entrambi. Quindi A e B sono dominanti, mentre 0 è recessivo.

IL FENOTIPO NON SEMPRE RISPECCHIA IL GENOTIPO

Penetranza incompleta Si verifica quando, per alcuni individui, il fenotipo non corrisponde al genotipo.
Esempio: in una varietà di Phaseolus lunatus un gene dominante porta a una deficienza di clorofilla. In
determinate condizioni ambientali il fenotipo si manifesta nel 100% delle piante con quel gene dominante,
in altre condizioni si manifesta solo nel 10% dei casi. → IMPORTANZA DELL’AMBIENTE NEL RAPPORTO TRA
FENOTIPO E GENOTIPO, anche nei caratteri discreti, come quelli monogenici, abbiamo un’influenza
dell’ambiente.

Epistasia (interazione genica) Uno o più alleli di un gene inibiscono o mascherano l’effetto di uno o più
alleli di un altro gene localizzato in un locus cromosomico diverso ( due geni che stanno in parti diverse del
genoma che si influenzano). Il risultato dell’epistasia è che alcuni fenotipi attesi non si manifestano nella
discendenza (questa discrepanza tra genotipo e fenotipo è dovuto alla presenza di diversi geni).

Pleiotropia Un solo gene può influenzare più di un carattere di un organismo. Esempio: Anemia falciforme,
dovuta a un gene recessivo che porta a insufficienze di ossigeno, ma anche a interferenze con la
circolazione sanguigna con tutti i danni che ne conseguono ( un gene influenza più caratteri).

I CARATTERI QUANTITATIVI
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Per adesso abbiamo osservato caratteri determinati da un solo gene e il cui fenotipo ha una distribuzione
DISCRETA , non misurabile (Es . seme liscio/rugoso) (o è così o no) . Ci sono alcuni caratteri che hanno
grande variabilità fenotipica all'interno di un gruppo di individui (come l’altezza delle persone), e hanno
tipicamente una distribuzione continua che permette loro di essere misurati e analizzati coi loro valore
medio, varianza, deviazione standard, coefficienti di correlazione. Si parla di caratteri quantitativi, che
hanno una distribuzione tipicamente a campana. Gli individui con un’altezza media saranno più frequenti,
mentre quelli con altezza estrema minore.

VERIFICA DELLE IPOTESI GENETICHE

Un’idea scientifica ben formulata è definita ipotesi I dati raccolti con le osservazioni e con le
sperimentazioni consentono agli scienziati di verificare l’ipotesi.
De Vries incrociò piante di silene bianca differenti fenotipicamente per il colore del fiore (rosso o bianco) e
per il tipo di foglie (pelose o lisce) : un incrocio diibrido tra queste linee pure e dopo un’autofecondazione,
dall’incrocio delle linee pure si otteneva un 100% piante eterozigote, dall’autofecondazione di queste ci si
aspettava la distribuzione 9 : 3 : 3 : 1.
Dall’incrocio ci sono grosse discrepanze tra i risultati osservati e i risultati attesi secondo le previsioni
basate sulle ipotesi di Mendel. Queste differenze sono dovute al caso o semplicemente l’ipotesi di partenza
era sbagliata? → abbiamo bisogno di un valore statistico per vedere se queste discrepanze tra valore atteso
e valore osservato sia dovuto al caso o a una ipotesi sbagliata. (quando lancio una moneta ho il 50% di
probabilità che esca testa e 50 % croce, ma posso tirarla 10 volte e
avere 7 volte testa e 3 croce, quindi è sbagliata la mia ipotesi
oppure no?) si deve usare il TEST DEL CHI QUADRO che confornta

le frequenze osservate ed attese X2 = ∑ [(0-E)2]/


E dove O sta per il valore osservato, E per valore atteso. Per
esempio facendo il Chi quadro, prendendo per buone le ipotesi di
Mendel abbiamo un chi quadro intorno a 0.5, rifacendolo per
l’esperimento di Vries si vede che il test da come risultato intorno a 22, più è alto maggiore è la differenza
tra il risultato reale ed atteso.

Dobbiamo decidere qual è il valore massimo di X2 accettabile per dire che le discrepanze tra dati misurati e
attesi siano dovute al caso. Per determinare il valore critico dobbiamo sapere quanto il caso influenza il X2
statistico.

Assumiamo per il momento che l’ipotesi formulata sia vera, mettiamo che il nostro esperimento sia il
lancio della moneta per 10 volte, sappiamo che il 50% dei casi da testa e il 50% croce, ma il caso lo può dare
in modo diverso, se faccio questo esperimento 100 volte, quindi 1000 tiri di moneta, ogni 10 lanci calcolo il
chi quadro e lo riporto su un grafico con la frequenza sulle ordinate e chi quadro sulle ascisse. Se ottengo
10 volte chi quadro uguale a zero, la frequenza sullo zero sarà uguale a 10. Come valore critico di chi
quadro possiamo ipotizzare essere il punto sulle ordinate che esclude una distribuzione superiore del 5 %.
Riportiamo su un grafico la frequenza con cui otteniamo ogni valore di X2 Il valore critico di X2 è il punto
che esclude la distribuzione al di sopra del 5 % : per il solo effetto del caso , se l’ipotesi è vera, il chi quadro
supererà questo valore solo nel 5 % delle volte in cui ripetiamo l’esperimento. ( più si alza il chi quadro più
la frequenza diminuisce).
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Il valore critico di X2 che esclude il 5 % della distribuzione dipende dai gradi di libertà ( numero dal numero
di classi fenotipiche dell’esperimento -1). In tabella sono riportati i valori critici in base al numero di gradi
di libertà associati al X2 , calcolati sottraendo 1 al numero delle classi fenotipiche : con 2 caratteri
monogenici abbiamo 4 fenotipi possibili, quindi 4 – 1 = 3 gradi di libertà.
Il valore critico per la distribuzione di X2 con 3 gradi di libertà è 7,815

Gradi di libertà Valore critico al 5%


1 3,84
2 5,99
3 7,81
4 9,48
5 11,07
6 12,59
7 14,07
8 15,50
9 16,91
10 18,30
15 24,99
20 31,4
25 37,65
30 43,77

Per l’incrocio diibrido di Mendel (seme liscio/rugoso ; giallo/verde), il X2 statistico calcolato è 0 ,51 , molto
inferiore al valore critico , e quindi non sussiste alcuna criticità nell’ipotesi.
Le discrepanze tra valori osservati e attesi sono dovute al caso. Invece per i dati di De Vries il X2 statistico
calcolato è 22 ,94, molto superiore al valore critico!! --> Quindi i dati non si adattano all’ipotesi!!

STRUTTURA, ORGANIZZAZIONE E REPLICAZIONE DEL DNA

Mendel pubblicò i suoi studi sull’ereditarietà dei caratteri nel 1860 , ma rimasero sostanzialmente ignorati
fino agli inizi del 1900 .
• Dovremo però aspettare gli esperimenti di Griffith (1928), Avery -McLeod -McCarty (1940 ) e Hersey -
Chase (1952 ) prima che il DNA fosse riconosciuto inequivocabilmente come molecola base
dell’ereditarietà.
• Prima di quell’anno si credeva che le proteine fossero le candidate più probabili ad essere le molecole
ereditarie, poiché sembravano offrire una maggiore opportunità per codificare le informazioni di quanto

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non facessero gli acidi nucleici. ( nucleotidi sono 4, le
proteine sono fatte da 20 amminoacidi, quindi
sembrava più plausibile attribuire l’ereditarietà ad esse)

LA STRUTTURA DEL DNA, COSA SAPEVAMO PRIMA DI


WATSON E CRICK(1953)?

Prima che Watson e Crick ne definissero la struttura,


alcune caratteristiche del DNA erano già state definite (
hanno accorpato le nozioni già conosciute in un unico
modello): Il DNA è un polimero formato da catene di
nucleotidi, ognuno dei quali è formato da: uno zucchero
a 5 atomi di carbonio, il deossiribosio; un gruppo
fosfato e una delle 4 basi azotate: adenina (A), guanina (G),
timina (T) e citosina (C).

Due basi azotate sono purine (G e A, struttura a 2 anelli) e due


sono pirimidine (C e T, 1 anello). I nucleotidi si legano al
Carbonio C 1’ (si dice 1 ‘ perché si distinguono dagli atomi di
carbonio delle basi azotati che sarebbe solo C1) dello
zucchero desossiribosio.
I nucleotidi sono legati assieme da un legame fosfodiesterico
3’-5’ di due zuccheri successivi formando una catena
polinucleotidica. La catena presenta terminazioni o estremità 5’(data da un fosfato con due cariche
negative) e 3’ con un gruppo OH.

Le regole di Chargaff erano già conosciute:


1. N° PURINE (G+A) = N° PIRIMIDINE (C+T)
2. %A = %T; %C = %G

Watson e Crick utilizzarono i risultati ottenuti da Rosalind


Franklin. Il pattern da lei ottenuto con il metodo della diffrazione a raggi X indicava che le molecole di DNA
all’interno della fibra erano cilindriche e con un diametro di circa 2 nm (10-9 metri). La separazione tra le
macchie mostrava che gli atomi all’interno del DNA si ripetevano ad intervalli di 0.34 e 3.4 nm. Inoltre la
distribuzione a forma di X delle macchie ottenute dalla diffrazione indicava la struttura ad elica del DNA.

Watson e Crick prepararono modelli in scala dei 4 nucleotidi del DNA con
dei cartoncini e li unirono tra di loro in modi diversi fino a quando
ottennero una disposizione che soddisfacesse sia i risultati di Wilkins e
Franklin che le analisi chimiche di Chargaff, sia la struttura chimica di
quello che era il DNA. Le prove effettuate permisero di elaborare un
modello a doppia elica nel quale 2 catene di nucleotidi con andamento
destrorso e verso antiparallelo si avvolgono l’una intorno all’altra.

Nel modello a doppia elica i 2 scheletri zucchero-fosfato sono separati


l’uno dall’altro da una distanza regolare. Le basi (A-T-C-G) sporgono
all’interno ed occupano lo spazio centrale.
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Un filamento polinucleotidico è complementare all’altro: a ogni A corrisponde una T e a ogni C corrisponde
una G sull’altra elica.( la sequenza intera di un’elica di DNA è complementare all’altra, sapendone una puoi
ricavarti l’altra)
Appaiamento tra basi complementari: le coppie di basi (purina-pirimidina) sono:
• A-T legate da 2 legami H
• G-C legate da 3 legami H ( legame più forte che tra adenina e timina)
I due filamenti sono antiparalleli (sono orientati in direzione opposta): la terminazione 3’ è opposta alla
terminazione 5’ (fondamentale per la replicazione) e viceversa. ( OH – FOSFATO vs FOSFATO – OH)

I due filamenti di DNA si avvolgono su loro stessi a formare una doppia elica con andamento destrorso.
Le coppie di basi giacciono su piani piatti quasi perpendicolari all’asse della molecola di DNA.
Ciascun monomero occupa una lunghezza di 0.34 nm lungo l’asse della molecola ( esattamente la distanza
che aveva osservato Franklin).
Ogni giro completo della doppia elica occupa 3.4 nm lungo la molecola, quindi è composto da 10 coppie di
basi.
L’informazione genetica è codificata nel DNA dalla particolare sequenza dei 4 nucleotidi: la combinazione
dei 4 nucleotidi lungo la sequenza del DNA permette che sia «scritto», teoricamente, un numero infinito di
informazioni. Abbiamo praticamente un numero infinito di informazioni che sono salvabili in queste
molecole.

ORGANIZZAZIONE DEL DNA


Negli eucarioti 2 principali tipi di proteine sono associate con la struttura e la regolazione del DNA: le
proteine istoniche (connesse alla struttura del DNA) e le proteine non istoniche (connesse alla regolazione
dell’attività dei geni contenuti nel DNA).
• L’insieme del DNA e delle proteine associate, detto cromatina, rappresenta il blocco strutturale di base
per la costruzione di un cromosoma.

Il DNA umano sarebbe lungo circa 2 metri, quindi per farlo entrare in un nucleo, va in qualche modo
«compresso». Gli istoni servono a «impacchettare» il DNA all’interno dei cromosomi che stanno nel nucleo
cellulare.
Gli istoni sono piccole proteine con carica positiva, che legano
il DNA grazie a un’attrazione con le cariche negative dei gruppi
fosfato.
Esistono 5 tipi di proteine istoniche: H1, H2A, H2B, H3, H4. La
struttura di base per l’impacchettamento del DNA è il
nucleosoma che consiste in un core formato da 2 molecole di
ciascuna proteina H2A, H2B, H3 e H4 e dal DNA che si avvolge
al core per quasi 2 giri. Un corto frammento di DNA, detto
linker, si estende tra un nucleosoma ed il successivo. Ciascun
nucleosoma ed il linker comprendono ~ 200 pb. ( DNA linker-
nucleosoma, DNA linker- nucleosoma….. come se il
nucleosoma fosse una perla e il DNA linker fosse il filo). Al
microscopio elettronico questa struttura appare come un filo
di perle, e questo prende il nome di fibra di cromatina da 10
nm (diametro dei nucleosomi).
Il quinto istone, H1, determina il successivo livello di
condensazione della cromatina: una molecola di H1 si lega sia
al nucleosoma sia al DNA linker, e questo legame permette ai

11
nucleosomi di impacchettarsi in una struttura attorcigliata di ordine superiore del diametro di 30 nm detto
fibra di cromatina da 30 nm o solenoide, con ~6 nucleosomi per giro.

Le fibre di cromatina si avvolgono e si condensano dando origine agli spessi cromosomi a forma di
bastoncello. Diverse regioni di cromatina sono più o meno densamente condensate: Eucromatina=
cromatina debolmente condensata, DNA funzionalmente attivo Eterocromatina= cromatina altamente
condensata, DNA funzionalmente inattivo. Ci sono proteine che fanno si che il DNA sia attivo, se la regione
di cromatina è troppo condensata allora non si attivano queste proteine.
Nella condensazione si crede che siano coinvolti gli istoni H1, ma ancora l’esatto meccanismo è
sconosciuto.

Proteine non istoniche = Si indicano in questo modo tutte le proteine


associate al DNA che però non sono istoni. Per la maggior parte si tratta di
proteine coinvolte nell’espressione dei geni e che «accedono» più
facilmente al DNA nell’eucromatina.
Il ché spiega perché l’eucromatina sia geneticamente attiva e
l’eterocromatina no.

Organizzazione del DNA in procarioti ed eucarioti → Il DNA dei procarioti è


molto più semplice del DNA degli eucarioti.
- DNA circolare (no cromosomi)
- Una sola copia per cellula (non 2 come le cellule somatiche degli
eucarioti)
- DNA più corto (E. coli 4,6 milioni di basi; uomo 3,2 miliardi)
- DNA ripiegato in una massa irregolare detto nucleoide

Organizzazione cellulare del DNA


La maggior parte delle informazioni genetiche di una cellula sono codificate dai cromosomi, che sono
organizzati in cromatina (DNA + proteine istoniche e non istoniche). I cromosomi si trovano nel nucleo della
cellula, e il DNA codificato in queste strutture si chiama DNA nucleare (organizzato in cromatina, che forma
i cromosomi, i cromosomi sono organizzati in coppie). Non tutto il DNA si trova però nel nucleo, ma nelle
cellule vegetali esistono anche un DNA mitocondriale e un DNA cloroplastico, molto più piccoli del DNA
nucleare. Mitocondrio e cloroplasto hanno due genomi diversi dal resto della cellula, sono presenti in
singola copia (non come il resto dei cromosomi) non sono organizzati in cromosomi ma sono filamenti
circolari come nei procarioti. I DNA mitocondriale e cloroplastico includono la maggior parte dei geni
necessari per le principali funzioni degli organelli stessi: respirazione (produzione di ATP da zuccheri) e
fotosintesi (conversione di energia luminosa in energia chimica). Si riproducono inoltre in modo
indipendente dalla riproduzione del DNA nucleare.

Eredità non mendeliana

I mitocondri e i cloroplasti hanno quindi dei propri DNA (mtDNA, cpDNA) circolari. Tali DNA si riproducono
in maniera indipendente da quello genomico, e che seguono delle regole di ereditarietà diverse da quelle
genomiche, di tipo non mendeliano. (non c’è SEGREGAZIONE). Anhce per il fatto che sono presenti in una
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singola copia.
I geni extranucleari manifestano eredità materna: lo zigote avrà i geni nucleari che seguiranno le leggi
dell’ereditarietà di Mendel mentre, per ragioni citologiche, erediterà il DNA citoplasmatico (mtDNA e
cpDNA ) solo dalla cellula uovo. Avrà quindi genotipo e fenotipo
citoplasmatico di un genitore soltanto. I geni extranucleari quindi:
- Hanno eredità materna.
- Non hanno i tipici rapporti mendeliani di segregazione.
- Avranno ereditarietà diversa negli incroci reciproci.

(es. se il padre è affetto da una malattia mitocondriale e la madre no


allora i figli non avranno tale malattia, se la madre fosse affetta da tale
malattia tutta la progenie sarà malata).

La replicazione del DNA

Durante la mitosi la cellula si divide in due, di conseguenza anche il DNA si


deve replicare per potersi dividere tra due cellule.

L’appaiamento delle basi complementari tra i due filamenti già secondo


Watson e Crick poteva spiegare come il DNA si replica. I due scienziati proposero una ipotesi di replicazione
semiconservativa in cui:
- I due filamenti di una molecola di DNA si svolgono;
-Ciascun filamento agisce come stampo per la sintesi di un nuovo filamento complementare ( ogni
filamento farà da stampo per uno nuovo, quindi ogni nuovo filamento deve essere complementare a quello
nuovo, la sequenza del vecchio filamento determinerà la sequenza del nuovo [se inizia con una A l’altro
dovrà iniziare con una T])
-Al termine della replicazione si hanno 2 molecole di DNA con sequenze uguali, formate da un filamento
derivante dalla doppia elica parentale ed un filamento di nuova sintesi.
SEMICONSERVATIVA= ogni nuova doppia elica sarà formata da metà delle vecchie eliche.

COME FUNZIONA CHIMICAMENTE LA REPLICAZIONE? Grazie agli enzimi che intervengono in questo
processo!
La DNA-polimerasi è l’enzima chiave della replicazione del DNA. Funziona allungando una catena di DNA già
esistente in direzione 5’-3’ aggiungendo uno alla volta nuovi nucleotidi sulla base del filamento stampo (che
quindi sarà orientato in direzione 3’-5’).

I «mattoncini» usati per la polimerizzazione di un nuovo filamento di DNA sono i nucleosidi trifosfato (dATP
-dTTP - dCTP -dGTP ) Il nucleoside trifosfato ha la stessa struttura del nucleotide, solo presenta 3 gruppi
fosfato attaccati in 5 ’ sul desossiribosio invece che 1.

La DNA polimerasi catalizza la formazione di un legame fosfodiesterico tra il gruppo 3’-OH del
desossiribosio dell’ultimo nucleotide della catena di DNA esistente e il fosfato in 5 ’ del nucleoside - 3 P che
si sta aggiungendo.
La reazione causa il rilascio degli altri 2 fosfati nella forma di una molecola di pirofosfato.
Il pirofosfato rilasciato subirà idrolisi. L’idrolisi del legame tra i due fosfati del pirofosfato fornisce l’energia
per la formazione del nuovo legame fosfodiesterico tra la catena in allungamento ed il nuov nucleotidi da
parte della dna-polimerasi.

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Enzimi e proteine coinvolti nella replicazione del DNA

ENZIMI O PROTEINE FUNZIONI


ELICASI Svolge l’elica di DNA
PROTEINE CHE LEGANO IL DNA A SINGOLO Dopo lo svolgimento, stabilizzano il DNA nella
FILAMENTO configurazione a singolo filamento
PRIMASI Assembla gli inneschi (primers) di RNA
DNA POLIMERASI Sintetizzano le catene di DNA a partire dai primers;
eliminano i primers di RNA e li sostituiscono con
DNA
DNA LIGASI Chiude i «nick» lasciati dopo la sostituzione dei
primers di RNA con DNA
TOPOISOMERASI Eliminano i superavvolgimenti e le tensioni del
DNA davanti alla forcella di replicazione

La DNA-POLIMERASI non è l’unico enzima che interviene nella replicazione del DNA. Questa nucleotide per
nucleotide va a formare una catena, ma prima si deve aprire la doppia elica per far separare i due filamenti
vecchi.
-Le DNA-elicasi catalizzano lo svolgimento della doppia elica di DNA utilizzando l’energia derivante
dall’idrolisi di ATP. Lo srotolamento produce una struttura a forma di Y detta forcella di replicazione.
-La topoisomerasi, scorre davanti alla forcella di replicazione per eliminare i superavvolgimenti dovuti
all’azione della elicasi. Immaginiamo di avere un groviglio di cavi e di svolgerli tirando da un capo all’altro, il
groviglio si aggroviglierà sempre di più su se stesso e sarà sempre più difficile separare i due capi del cavo.
La topo isomerasi, man mano che la forcella di replicazione svolge il DNA, elimina i sopravvolgimenti che si
creano. Aiuta la DNA- elicasi a lavorare.
- Le proteine che legano il DNA a singolo filamento stabilizzano il DNA durante la replicazione. Poiché i due
filamenti singoli, avendo una sequenza complementare, si potrebbero riappaiare.

Ora abbiamo un pezzo di doppia elica già svolta, dobbiamo immaginare che l’elicasi svolge la doppia elica
da sinistra verso destra e man mano che va avanti svolge in filamenti singoli.
La DNA-polimerasi non crea ex-novo una nuova catena, ma deve allungare una già esistente in direzione 5’-
3’. C’è quindi bisogno di un punto di partenza da cui l’enzima cominci ad allungare la catena, questi punti di
partenza sono i PRIMERS (inneschi) (dati dalla cellula stessa): corte catene di RNA (RNA differisce
strutturalmente dal DNA per lo zucchero, ribosio o desossiribosio, dalle basi, uracile al posto della timina e
dal fatto che è composto da un singolo filamento e non da una doppia elica) costituite da ~10 ribonucleotidi
(uguali ai nucleotidi ma con ribosio al posto del desossiribosio) sintetizzate dall’enzima primasi.
Le sequenze dei primers sono complementari a sequenze dell’elica stampo e ci si appaiano. I primers di
RNA saranno successivamente rimossi e sostituiti con DNA.
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La DNA-polimerasi va in direzione 5’-3’, nel caso del filamento sopra partendo dai primers va verso dex, nel
caso di quello sotto verso sinistra.
A partire dal 3’-OH libero dei primers, la DNA polimerasi allungherà la nuova molecola di DNA.
Dei due nuovi filamenti che si sintetizzano in modo complementare ai due filamenti stampo, il «filamento
stampo anticipato» viene sintetizzato in modo continuo (l’elicasi va da sinistra verso destra, e anche la
sintesi di quel filamento, quindi man mano che il DNA si svolge, questo filamento si allungherà sempre di
più in modo continuo), visto che la sintesi avviene nella stessa direzione dello svolgimento del DNA.
L’altro filamento si allungherà invece in senso opposto rispetto all’altro.

Il «filamento stampo ritardato» invece viene sintetizzato in modo discontinuo, visto che la sintesi avviene
nella direzione opposta allo svolgimento del DNA.
Mentre le elicasi continuano a svolgere il DNA, la sintesi del filamento anticipato continua normalmente,
mentre nel filamento ritardato la primasi aggiunge nuovi primers (che sennò resterebbe scoperto) e la DNA
polimerasi sintetizza il filamento tra due primers con corti frammenti di DNA detti frammenti di Okazaki.
(frammenti di acido nucleico che per forza di cosa rimangono staccati l’uno dall’altro).
Quando un frammento di Okazaki raggiunge il primer «vecchio» (verso sinistra), una diversa DNA
polimerasi rimuove il primer e sostituisce i ribonucleotidi (RNA) con nuovi nucleotidi (DNA),i frammenti non
sono legati covalentemente, sono interrotti (interruzioni=nick) (nell’elica ritardata ci saranno delle
interruzioni).

La DNA ligasi interviene a formare un legame covalente tra i frammenti di DNA. Quindi tra i due filamenti ci
sono legami a H (tra i nucleotidi), mentre lungo il filamento covalenti ( tra il desossiribosio e i fosfati).
Il processo di replicazione continua fino a quando la macromolecola di DNA non è completamente copiata.

La replicazione del DNA non comincia dall’inizio di un cromosoma, ma da centinaia di siti lungo tutti i
cromosomi chiamati origini di replicazione. A un certo punto le Elicasi attaccano il Dna e lo svolgono,
creano una struttura con a un capo doppia elica, all’altra doppia elica, nel mezzo sono filamenti separati.
(chiamati Bolla di replicazione). Queste si formano a centinaia, migliaia, lungo tutto il cromosoma.

Tali siti sono riconosciuti da proteine che si legano al DNA in quei punti e stimolano le elicasi a iniziare lo
svolgimento. Da qui parte la sintesi di inneschi e l’allungamento di nuovi filamenti di DNA, che avviene in
entrambi i lati dall’origine di replicazione. La replicazione avviene in tutte e bolle di replicazione
separatamente l’una dall’altra, man mano che si svolge il DNA a doppia elica queste bolle si andranno
allargandosi. Se ognuna di queste si allarga più lo spazio che intercorre tra due bolle si assottiglia ino a che
le bolle non si fondono, quando questo succede avremo due DNA figli a doppia elica, dove prima a doppia
elica ne era solo uno. Ognuna delle due doppie eliche figlie saranno costituite da un vecchio filamento e da
uno di neosintesi.
(TUTTO QUESTO è DETERMINATO DAL FATTO CHE LA POLIMERASI LAVORA IN DIREZIONE 5’-3’)

I meccanismi che correggono gli errori della replicazione

Non sempre la DNA-polimerasi funziona bene, ci sta che aggiunga un nucleotide sbagliato, non
complementare all’altro.
Il meccanismo di correzione di bozze
• La DNA polimerasi stessa si accorge dell’errore e può tornare indietro e rimuovere dal filamento di DNA i
nucleotidi appaiati in modo non corretto. (Questo meccanismo si chiama CORRETTORE DI BOZZE. Non
funziona sempre e avvolte la dna-polimerasi non se ne accorge e lascia il nucleotide sbagliato.)
• Se un nucleotide appena aggiunto è errato la DNA polimerasi torna indietro e, usando la sua attività
deossiribonucleasica intrinseca, rimuove il nuovo nucleotide errato
• L’enzima riprende a lavorare in avanti, inserendo ora il nucleotide corretto

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Riparazione degli appaiamenti errati (mismatch)
Contando l’attività di correzione di bozze della DNA polimerasi, c’è la possibilità di 1 errore su un milione di
basi nella sintesi di un nuovo filamento.

Quando c’è un appaiamento errato si crea una distorsione nella struttura dell’elica. Gli enzimi della
riparazione riconoscono queste distorsioni e rimuovono una porzione della nuova catena che include il
mismatch. Lo spazio lasciato vuoto viene riempito nuovamente dalla DNA polimerasi e poi la riparazione
viene completata dalla ligasi.

Alcuni errori di replicazione, sebbene molto rari, rimangono nonostante i due meccanismi, e sono una
sorgente primaria di mutazioni. (Quando una molecola di DnA replica se stessa e come effetto abbiamo una
delle molecole figlie diversa dall’altra).
Il meccanismo di riparazione degli appaiamenti errati (mismatch) è lo stesso che rileva e corregge le
alterazioni del DNA causate dagli effetti dannosi di sostanze chimiche e di radiazioni (agenti mutageni) .
Quando avviene una mutazione in un gene, essa può alterare la sequenza della proteina prodotta che, a
sua volta, può alterare il funzionamento dell’intero organismo. Le mutazioni possono essere però anche un
fenomeno importantissimo per la creazione di variabilità genetica sulla quale agisce la selezione naturale.
(può essere che la nuova proteina dia una fitness maggiore). ( nella mitosi
successiva non ci sarà più l’appaiamento errato, perché con la replicazione
legheranno ai due nucleotidi non attaccati i giusti nucleotidi, semplicemente
avranno un nucleotide diverso e quindi diverso→ l’organismo diventa una
sorta di chimera, se avviene ad es in una gemma, e viene tramandato nelle
cellule sessuale viene trasmessa la mutazione, altrimenti tramite una
riproduzione asessuale).

La connessione tra DNA, RNA e proteine


Tra il Dna e le proteine c’è lo step intermedio di RNA

Ogni proteina (chimicamente una catena di amminoacidi, un polimero) è


assemblata nei ribosomi secondo le istruzioni contenute nel DNA. In
particolare dal DNA si genera l’RNA tramite il processo di trascrizione.
Dall’RNA poi, con la traduzione, vengono prodotte le proteine. • Le proteine quindi vengono costruite a
partire dalle informazioni codificate nel DNA che portano, attraverso l’RNA, alla sequenza amminoacidica
delle proteine stesse. Questo è il DOGMA CENTRALE DELLA BIOLOGIA, e questi processi e meccanismi sono
comuni a tutti gli organismi.
Il percorso che porta dalla sequenza del gene alla proteina consiste in due fasi :
Trascrizione : dal DNA si forma una molecola di RNA complementare al filamento stampo dello stesso DNA.
In particolare l’RNA da cui origina un polipeptide è l’RNA messaggero (mRNA ).
Traduzione : una molecola di mRNA si associa a un ribosoma e forma un polipeptide con sequenza
amminoacidica codificata dal gene.

Il codice genetico

L’informazione genetica (cioè la sequenza del gene) che indica la sequenza


amminoacidica del polipeptide che produce è detta codice genetico, è il
dizionario di traduzione tra la sequenza di nucleotidi e la sequenza del
polipeptide.
L’alfabeto del DNA è costituito dalle lettere A-T-C-G, mentre l’alfabeto
dell’RNA è costituito dalle lettere A-U-C-G (Uracile al posto della Timina).
Gli amminoacidi sono 20, e ognuno di questi può essere codificato dalla

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combinazione di tre basi (codone) della sequenza dell’mRNA (e quindi del DNA). Il codice genetico è un
codice che si legge 3 basi alla volta, dove ogni parola (tripletta) è detta codone e codifica per un
amminoacido.

Per convenzione, i codoni sono scritti in direzione 5’->3’ e come appaiono nella molecola di mRNA (quindi
con la U). 61 dei 64 codoni (4^3=64 combinazioni) codificano per amminoacidi e sono detti codoni senso. I
codoni UAA, UAG e UGA non codificano per amminoacidi e sono detti codoni di stop o codoni non senso
(stoppa traduzione). Il codice è degenerato: più triplette codificano per lo stesso amminoacido.
Il codice non ha «virgole»: può essere letto correttamente solo se si comincia dal punto giusto.
Il codice è universale in tutti gli organismi: gli stessi codoni codificano per gli stessi amminoacidi.

La trascrizione: sintesi di RNA guidata dal DNA

La trascrizione è il processo mediante il quale l’informazione codificata nel DNA viene trasferita ad una
molecola di RNA. La trascrizione viene portata avanti dalla RNA polimerasi (polimerizza una molecola di
rna) ed è simile alla replicazione, ma:
• Solo uno dei due filamenti di DNA agisce da stampo per la sintesi dell’RNA.
• La RNA polimerasi non ha bisogno di primers come la DNA polimerasi.
• La RNA polimerasi trascrive solo la sequenza codificante di ogni gene (in realtà solo la sequenza
codificante del gene), non tutto il genoma.
• Le molecole di RNA sono a singolo filamento. Inoltre hanno molecole di Ribosio al posto di quelle di
Desossiribosio e hanno Uracile al posto della Timina.
Il genoma di un organismo contiene moltissimi geni (l’uomo ne ha circa 20 ,000). La trascrizione è il
processo tramite il quale alcuni tra questi geni
(solo quelli che servono) vengono espressi in una
determinata cellula, in un dato momento e in
determinate condizioni. Esistono diversi tipi di
RNA: la maggior parte dei geni darà origine a RNA
messaggeri (mRNA) che andranno incontro al
processo di traduzione e produrranno delle
proteine. Altri geni non codificano per proteine,
ma producono rna con altre funzioni. Da questi vengono prodotte molecole di RNA che poi non vengono
tradotte, come gli RNA ribosomali (rRNA) e gli RNA transfer (tRNA).
Non tutto il gene viene trascritto in RNA: la parte del gene che viene copiata in RNA è chiamata unità
trascrizionale, e segue il promotore del gene. La RNA polimerasi si lega al promotore, e da lì comincia a
svolgere il DNA. Inizia a sintetizzare la nuova molecola di RNA a partire dal punto di inizio della trascrizione.
Mentre l’RNA polimerasi si muove lungo il DNA, svolgendolo, la molecola di RNA si allunga via via che i
ribonucleotidi sono aggiunti uno dopo l’altro. L’RNA polimerasi continua a sintetizzare la molecola di RNA
fino al punto di arresto della trascrizione. All’estremità posteriore alla RNA polimerasi la doppia elica di
DNA si riforma.

SINTESI DELL’mRNA NEGLI EUCARIOTI


I meccanismi visti finora sono uguali per tutti gli organismi. Fondamentalmente le differenze tra procarioti
ed eucarioti sono queste: Negli eucarioti la trascrizione avviene nel nucleo (dove si trova il genoma) (nei
procarioti avviene nel citoplasma). Negli eucarioti la trascrizione non genera direttamente mRNA, ma pre -
mRNA. Il pre -mRNA andrà incontro a un processo di maturazione originando l’mRNA maturo, il quale poi
uscirà dal nucleo cellulare e, combinandosi con un ribosoma, produrrà il polipeptide.

Regioni trascritte e tradotte


La regione codificante per l’mRNA è fiancheggiata da estremità non tradotte in 5 ’ (5 ’ -UTR) e in 3 ’ (3 ’ -
UTR). UTR è l’acronimo di UnTranslated Region (vengono trascritte ma poi non vengono tradotte).
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All’interno della regione codificante, tra le due UTR, si alternano esoni ed introni: gli esoni verranno tradotti
in proteine, gli introni no. Tutto il costrutto UTR 5 ’ -esone -introne - esone -UTR 3 ’ verrà trascritto in pre –
mRNA (gli esoni non sono per forza tre, tra uno e l’altro c’è un introne). Il pre -mRNA attraverso la fase di
maturazione dell’mRNA subirà uno splicing, durante il quale verranno rimosse le sequenze introniche
lasciando solo gli esoni. Il taglio e lo splicing del premRNA sono precisi: nessuna base dell’introne viene
lasciata nell’mRNA maturo e nessuna base degli esoni viene rimossa. Senza questa precisione, la rimozione
degli introni cambierebbe la lettura della porzione codificante dell’mRNA. (la proteina non ha senso e non
può servire per quello che serve alla cellula).

«…ma allora a cosa servono gli introni?»


Gli introni sembrano uno spreco per l’energia e il materiale richiesti affinché possano essere replicati e
trascritti in pre-mRNA. In realtà non è così: avere dei geni con gli introni ha il vantaggio di aumentare la
capacità di codificazione dei geni mediante un processo detto splicing alternativo. (grazie a questo processo
possiamo avere diverse proteine a partire dallo stesso gene).

Lo splicing alternativo
Meccanismo per cui diversi mRNA vengono prodotti da un singolo gene tramite reazioni che uniscono gli
esoni in molte combinazioni. Questo meccanismo aumenta molto il numero e la varietà di proteine
codificate senza aumentare le dimensioni del genoma (per tenere il genoma più ristretto, per diminuire il
numero di geni che codificano per ottenere le proteine di cui abbiamo bisogno).
es. la tropomiosina alfa, un gene con 14 esoni, fra cui ci sono gli introni, da due proteine a seconda che
siamo in muscoli lisci o striati, nei lisci non abbiamo tutti gli esoni, mancano il 3 7 11…, negli striati il
contrario, ci sono due mrna maturi che derivano dal singolo gene e daranno vita a due diverse proteine. Gli
introni servono quindi a separare gli esoni e permettere il fenomeno dello slpicing alternativo. La cellula si
autoregola e fa si che la maturazione dell’mrna avvenga in un modo invece che in un altro.

La traduzione: sintesi di un polipeptide guidata dall’mRNA

L’informazione del dna è trascritta in premrna, il premrna viene maturato togliendo gli introni, ora abbiamo
l’rna maturo pronto per la traduzione.

La traduzione è l’assemblaggio degli amminoacidi in un polipeptide a partire dalle «istruzioni» contenute


nell’RNA messaggero maturo. Negli eucarioti avviene prevalentemente nel citoplasma (vuol dire che per
fare la traduzione l’mrna deve uscire dal nucleo, andare nel citoplasma e trovare i ribosomi che fanno si che
l’informazione genetica degli mrna maturi possa essere passata alla sequenza amminoacidica dei
polipeptidi), anche se alcuni geni vengono trascritti e tradotti nei mitocondri e nei cloroplasti.

Durante la traduzione, l’mRNA si associa con i ribosomi e con i tRNA che portano gli aminoacidi al
complesso affinché possano sintetizzare la nuova catena polipeptidica. (la t sta per transfer, sono rna che
servono per trasferire amminoacidi nella catena polipeptidica in allungamento). Gli rrna sono invece gli rna
ribosomiali, che entrano a che fare con i ribosomi. I TRNA sono delle molecole di RNA che per la loro stessa
sequenza assumono una struttura tridimensionale tipo a trifoglio, sono importanti per le loro estremità,
l’estremità solla seconda foglia a al suo interno un anticodone(codone tripletta di basi che codifica per un
amminoacido) è una tripletta di nucleotidi complementari a quelle di un codone che codifica per un
amminoacido. Quindi con questo si può attaccare all’mrna, dall’altra parte rispetto all’anticodone può
legare un amminoacido corrispondente al codone a cui si attacca. Il Trna si può legare a un amminoacido
corrispondente.

Aminoacilazione del tRNA: il tRNA si «carica» con un aminoacido corrispondente. Il prodotto è un


aminoacil-tRNA.
Inizio: il ribosoma (complesso di proteine e mrna che serve per la traduzione) si lega al mRNA.
Allungamento: il ribosoma «legge» 3 basi lungo l’mRNA e in corrispondenza del codone fa attaccare un
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tRNA con anticodone complementare e caricato con
amminoacido corrispondente. Il ribosoma poi si
sposta in direzione 3’ di 3 basi per leggere la tripletta
successiva e la proteina si allunga ogni volta di un
amminoacido.
Terminazione: L’allungamento va avanti finché il
ribosoma trova un codone di stop. A quel punto il
complesso di traduzione «scoppia» e mRNA, ribosoma, tRNA e catena peptidica vengono «liberati».
Torniamo alla situazione di partenza con una proteina nuova in più.

Il controllo dell’espressione genica

Tutte le cellule che fanno parte di un organismo hanno lo stesso patrimonio genetico (il dna di una cellula
del fegato è uguale a quella del pankreas): le differenze strutturali e funzionali nei vari tipi cellulari non
sono quindi determinate dalla presenza o dall’assenza di certi geni, ma dalle differenze nell’attività genica.
Alcuni geni, detti housekeeping o costitutivi (per esempio i geni del metabolismo basale cellulare), sono
attivi perlopiù in tutte le cellule e in tutte le condizioni (cellule che consentono di respirare). Altri geni
possono essere accesi (espressi) o spenti (non espressi) in base al tipo di cellula, al tessuto e all’organo di
cui fa parte, al suo stadio di sviluppo, agli stimoli ambientali a cui la stessa cellula viene sottoposta in un
dato momento etc.: la loro espressione è regolata in modo che la proteina corrispondente sia prodotta in
base al fabbisogno cellulare. (hanno anche tempi, velocità di accensione diversi).

Meccanismi cellulari di regolazione per l’espressione di un gene

Mentre nei procarioti l’espressione genica viene regolata solo a livello trascrizionale (cellula riesce a
regolare l’espressione di un gene solo attraverso il controllo della trascrizione di un gene), negli eucarioti
c’è una regolazione che si articola su vari livelli:
Regolazione trascrizionale che interviene sulla trascrizione del DNA in pre -mRNA. È il livello di regolazione
più importante.
Regolazione post -trascrizionale che interviene sulla
maturazione dell’mRNA (es. splicing alternativo).
Regolazione traduzionale che interviene sulla sua
traduzione in proteine.
Regolazione post -traduzionale che interviene sulla
vita media e sull’attività delle proteine stesse.

REGOLAZIONE TRASCRIZIONALE
(più importante, fa si che la trascrizione del dna in
pre rna venga reolata)
Il promotore contiene un TATA box (tata perché sono ricche in t e a), alcune proteine dette fattori di
trascrizione riconoscono il TATA box e vi si legano. Questi fattori «reclutano» la RNA polimerasi, formando il
complesso di inizio della trascrizione, che fa attiva la trascrizione ma con una velocità basale, molto bassa
(cominciano a svolgere la dopppia elica di dna e a trascrivere l’informazione genetica in rna).
Immediatamente a monte del promotore c’è la regione prossimale del promotore. A questa regione
possono legarsi le proteine dette attivatori: proteine regolatrici che, legandosi, controllano la velocità di
trascrizione del gene (come acceleratore di una macchina, più se ne legano più premono). Più distante si
trova l’enhancer. All’enhancer possono legarsi altri attivatori, diversi da quelli della regione prossimale. Tra
gli attivatori della regione prossimale e quelli dell’enhancer possono formarsi dei ponti chimici ad opera di
grossi complessi proteici detti co-attivatori. Questa interazione stimola la trascrizione del gene fino alla sua

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massima velocità, l’interazione fra gli attivatori delle due regioni fanno si che la trascrizione sia fatta
velocemente.

ASSOCIAZIONE GENETICA (LINKAGE) E RICOMBINAZIONE

Mendel analizzò l’ereditarietà di 7 caratteri di pisello che segregavano in modo completamente


indipendente al momento della formazione dei gameti. Questo perché ognuno dei 7 geni si trovava su un
cromosoma diverso. Se Mendel avesse esteso i suoi studi ad altri caratteri, avrebbe trovato molte eccezioni
alle sue ipotesi.
Questo perché:
• Ogni corredo genetico possiede molti più geni che cromosomi.
• Ogni cromosoma quindi contiene moltissimi geni, ciascuno localizzato in uno specifico locus.
• Più i geni sono vicini tra loro sul cromosoma, meno la
segregazione è indipendente.

Come si è visto dagli studi sulla meiosi, cromosomi diversi


segregano in maniera completamente indipendente nei gameti.
Ne consegue che geni localizzati su cromosomi diversi
segregano in maniera indipendente, proprio come è successo
per i caratteri di Mendel (un gene su un cromosoma, un altro
gene su un altro cromosoma). Geni localizzati sullo stesso cromosoma possono essere ereditati insieme
nelle progenie, cioè non segregano in maniera indipendente, perché ciascun cromosoma
viene ereditato come un’unica entità fisica nel corso della meiosi. Geni localizzati sullo
stesso cromosoma sono detti geni associati (o linked) e questo fenomeno è detto
associazione (o linkage) fenomeno di associazione tra geni. Quando si ha questa
associazione non casuale tra geni (quando sono vicini tra loro) si parla di linkage
disequilibrium.

Bateson & Punnet (1905)


(incrocio diallelico→ incrocio fra due parentali linee pure che produce
f1 che per riproduzione danno una f2, consideriamo due caratteri
isnieme)
Studio sull’eredità di due geni in pisello odoroso (Lathyrus odoratus):
colore del fiore (P) e forma dei granuli di polline (E) (incrocio
diallelico). I possibili fenotipi per il colore del fiore erano viola e rosso,
quelli della forma del granulo erano lungo o rotondo. Fecero un
incrocio tra due linee pure a dare le F1. Le piante F 1 erano come ci
aspettavamo (eterozigoti) e quindi simili alle paternali. Dalle F2 ci si
aspettava, secondo mendel, una segregazione indipendente con
rapporti fenotipici 9:3:3:1, aspettandoci 4 fenotipi diversi su 381
piante, ma le F 2, come nell’esperimento di DeVries, presentavano
una grossa deviazione rispetto al rapporto atteso ( 9 : 3 : 3 : 1 ) :
I rapporti fenotipici F2 erano diversi di quelli aspettati, i fenotipi più
numerosi erano quelli dei parentali porpora lungo e rosso rotondo,
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mentre i fenotipi ricombinanti erano meno.
Se i 2 geni venivano considerati singolarmente (due incroci monoibridi), le coppie alleliche segregavano
normalmente, e i rapporti fenotipici erano 3 : 1 .
Nel diibrido però i fenotipi parentali ( P - E - ; ppee ) osservati erano troppo numerosi , mentre i
ricombinanti ( P -ee ; ppE - ) troppo pochi rispetto alle frequenze attese .

Visti i risultati «spiazzanti», Bateson e Punnett fecero anche un altro incrocio:


P PPee x ppEE ( un carattere dominante e uno recessivo)

F1 PpEe
F2: Anche qui osservarono un eccesso di fenotipi parentali (P-ee; ppE-), mentre
i ricombinanti (P-E-; ppee) erano troppo pochi rispetto alle frequenze attese.
(dipendeva dal genotipo dei parentali)

Bateson e Punnett intuirono che doveva esserci un legame tra:


-Alleli dominanti dei due geni P ed E, e tra gli alleli recessivi p ed e nei parentali
nel 1 ° incrocio (PPEE x ppee) .
-Allele dominante P e recessivo e, e tra allele recessivo p e dominante E nel 2 °
incrocio (PPee x ppEE ) .

Definirono coupling (o cis ) lo stato genetico in cui gli alleli dominanti di due geni
tendono a restare uniti nello stesso gamete (caso primo incrocio dominante con
dominante e recessivo con recessivo), e repulsion (o trans ) lo stato genetico in
cui l’allele dominante di un gene tende a restare insieme all’allele recessivo dell’altro gene, rimanendo
quindi uniti in uno stesso gamete ( caso secondo incrocio, dominante sta con recessivo e recessivo sta con
dominante).
La spiegazione dei risultati di Bateson e Punnett era che i geni che determinano i due caratteri sono
localizzati sullo stesso cromosoma e di conseguenza, durante la meiosi, tendono a essere ereditati insieme.

Esperimenti di Morgan (1911)

Thomas Morgan usò Drosophila melanogaster (moscerino


della frutta) come modello per verificare i principi di Mendel
negli animali. Incrociò un omozigote con occhi rossi e ali
lunghe (fenotipi normali, detti selvatici) con un altro
omozigote, ma con fenotipi recessivi con occhi porpora e ali
vestigiali (piccole), per analizzare come segregavano i due
caratteri. Entrambi erano omozigoti per i due caratteri solo
che uno era selvatico e uno mutante. Gli individui della F1
avevano fenotipi omogenei come ci aspettavamo: occhi rossi
e ali normali (eterozigoti con fenotipo dominante). (Nella
notazione pr+ vg+ usata da Morgan, il + sta a indicare l’allele
selvatico, normale. In genere questo allele è dominante
rispetto a quello mutato. Oggi questa notazione è più usata

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rispetto a quella A/a di Mendel.)
Morgan eseguì un testcross (perché non si può fare autofecondazione, incrocio tra eterozigote di F1 e
omozigote recessivo) tra femmina F1 con
fenotipo selvatico e maschio mutante con occhi
porpora e ali vestigiali. Sulla base del principio di
Mendel dell’assortimento indipendente si
sarebbe dovuto ottenere un rapporto fenotipico
1 : 1 : 1 : 1 (710 individui a fenotipo), ma
Morgan ottenne :
- Fenotipi parentali (2839 progenie) 1339 (710 )
occhi rossi e ali normali 1195 (710 ) occhi
porpora e ali vestigiali (più alti di quelli
aspettati)
- Fenotipi ricombinanti (combinazione di
caratteri diversi dei due parentali ) 151 (710 )
occhi rossi e ali vestigiali, 154 (710 ) occhi
porpora e ali normali (più bassi)

Per spiegare la bassa percentuale dei fenotipi


ricombinanti, Morgan ipotizzò che i due geni fossero
geneticamente associati, cioè localizzati sullo stesso
cromosoma.
Inoltre ipotizzò l’esistenza di una ricombinazione
cromosomica (crossing-over) in cui due cromosomi
omologhi, durante la meiosi, si scambiano segmenti tra
loro. Se siamo in una cellula diploide, ogni cromosoma ha
un suo omologo con gene AeC, ipotizziamo che il blu sia
tutto dominante e il rosso tutto recessivo. Da ogni
cromosoma omologo si formano 2 cromatidi, questi
vanno nei gameti di cellule diverse. Ma due cromatidi si
incrociano tra loro scambiandosi pezzi di dominante e di
recessivo, quindi abbiamo la possibilità di produzione di
gameti. (se non ci fosse il crossing over tra A e C i due genotipi diversi da AC e ac non ci sarebbero).

Gameti da femmina (pr+ pr – vg+ vg)→ eterozigote


Parentali pr+ vg+, pr vg
Ricombinanti pr + vg, pr vg+

Gameti da maschio (pr pr - vg vg)


Tutti pr vg → omozigote recessivo

Morgan ipotizzò che la frequenza di ricombinazione (n °


ricombinanti/progenie totale) fosse legata alla distanza sul
cromosoma tra i geni associati:
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Geni vicini: alta probabilità che vengano ereditati insieme (fenotipi parentali) e bassa probabilità che
vengano prodotti fenotipi ricombinanti (crossing over non li separa perché sono vicini).
Geni lontani: bassa probabilità che vengano ereditati insieme, alta probabilità che vengano prodotti
fenotipi ricombinanti.
Più i due geni sono vicini sul cromosoma più è alta la probabilità che vengano ereditati insieme.

Per stabilire la distanza tra due geni localizzati sullo stesso cromosoma, si calcola la frequenza di
ricombinazione, cioè la percentuale di ricombinanti mediante il testcross (guardando quanta progenie
viene ricombinante da un test cross si stima la vicinanza tra due geni), che nel caso visto è del 10,7%. La
percentuale di ricombinazione del 10,7% tra i geni indica che il 10,7% dei gameti prodotti dall’eterozigote
contiene cromosomi ricombinanti, ottenuti a seguito di crossing-over tra i due loci genici. Questa
percentuale di ricombinazione è caratteristica e specifica per quei due geni. Morgan provò a fare lo stesso
esperimento su diverse coppie di geni, e trovò che la percentuale di ricombinazione, in tutti gli incroci
provati, era sempre caratteristica e specifica dei geni considerati e oscillava da meno dell’1% al 50% (che
corrisponderebbe a un rapporto mendeliano 1:1, con frequenza parentali = frequenza ricombinanti, quindi
sarebbe semplicemente un assortimento indipendente→ geni indipendenti).

Sulla base degli esperimenti di Morgan, Alfred Sturtevant intuì che le differenze nelle percentuali di
ricombinazione tra geni potevano essere usate per localizzare i geni sui cromosomi (mappaggio
cromosomico).

Mappa cromosomica (o m. genetica)

Rappresentazione della distanza che separa i


geni, basata sui dati di ricombinazione genetica
(più è alta la frequenza di ricombinazione più
saranno distanti). La ricombinazione genetica si ha grazie al crossing-over, e mappare i geni è un processo
che determina la posizione relativa dei geni sui cromosomi. L’unità di misura usata per le mappe genetiche
è il centimorgan (cM): unità di misura per cui due loci genici distano 1 cM se su 100 gameti derivanti da
meiosi, uno sarà ricombinante per quei loci genici (esattamente la trasposizione della percentuale della
frequenza diricombinazione, nel caso di prima sarebbero 10,7 cM) . Non bisogna confondere la mappa
genetica con la mappa fisica, in cui la distanza tra due loci viene misurata in numero di nucleotidi (bp). (
sequenziamento mettere in fila i nucleotidi del dna, in una mappa fisica riesco a vedere davvero quanto
sono distanti contando tot nucleotidi, la mappa genetica invece è direttamente proporzionale alla distanza,
ma non si sa se coincide davvero).

TEST CROSS A 2 PUNTI (un test cross dove si


prendono in considerazione due
geni e si cerca di capire la distanza fra essi)

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Per stabilire se due geni sono localizzati sullo stesso cromosoma e calcolare la distanza che li separa, il
metodo migliore è il testcross. Incrocio fra un eterozigote per entrambi i geni e un omozigote recessivo per
entrambi i geni.
Hutchison condusse un esperimento per stabilire la distanza tra due geni del mais localizzati sul cromosoma
9:
-Gene C (C aleurone colorato; c incolore)
-Gene Sh (Sh endosperma rigonfio; sh collassato)
questi geni erano collegati perché dall’incrocio di questi si
ottenne delle frequenze con genotipi parentali più
rappresentati del 50%, diverso dalla mendeliana.
Dall’incrocio CC ShSh x cc shsh e successivo reincrocio
dell’ibrido Cc Shsh (eterozigote F1) con cc shsh, i rapporti
fenotipici non corrispondono a quelli attesi (1:1:1:1), quindi i
due geni sono localizzati sullo stesso cromosoma.
I ricombinanti osservati derivano da eventi di crossing-over tra
i geni C ed Sh, e la distanza in una mappa fisica tra i due geni è
data dalla somma dei ricombinanti sul totale:
(149+152)/8368 = 0,035 = 3,5 cM

TEST CROSS A 3 PUNTI

NB (il crossing over ha a che fare con geni sullo stesso


cromosoma, non su diversi come quelli indipendenti di mendel)

Se tra 2 geni vi è una grande distanza (es. >10 cM), i crossing -


over tra i due loci possono essere multipli (vuol dire che se
abbiamo Aoa e Bob sullo stesso cromosoma e abbiamo un
doppio corssing over otterremo AB o ab come se fossero molto
vicini) e dare origine a ricombinanti che non sono evidenziabili
dall’analisi con un reincrocio di un diibrido.
Il primo a fare l’incrocio a 3 punti fu Stadler, che incrociò 2
parentali omozigoti per tre geni (localizzati sullo stesso
cromosoma) e reincrociò l’ibrido della F 1 con un omozigote
recessivo. In questa analisi, oltre ai 2 geni C e Sh, Stadler prese il
gene Wx (cariosside normale/cerosa), sempre sul cromosoma 9
di mais.
Per semplicità si indicano gli alleli dominanti con un + e recesivi con le minuscole. Quindi genotipi parentali:
+++ /+++ - c sh wx / c sh wx
(8 classi fenotipiche possibili) Le 2 classi di fenotipi parentali (+++, cshwx) sono di gran lunga più
rappresentate, quindi si può dire che i 3 geni siano associati in cis. Le altre 6 classi fenotipiche derivano da
gameti formatisi a seguito di crossing -over: -

-4 classi derivano da crossing -over singolo: (++wx , csh+, +shwx , c++ ) .

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-2 classi meno rappresentate derivano da doppi crossing -over (dco): (+sh +, c+wx).

La possibilità che avvengano due crossing - over in zone contigue è molto bassa. Da qui la bassa
rappresentanza delle 2 ultime classi.

Osservando il numero di fenotipi derivanti da doppio crossing over possiamo stabilire l’ordine dei geni sul
cromosoma: le classi meno rappresentate saranno quelle in cui abbiamo un doppio crossing over, quindi il
gene Sh starà sicuramente in mezzo. Calcolando le distanze e quindi la frequenza tra primo e secondo gene
posso ottenere le frequenze di ricombinazione.
Questi i calcoli per misurare le distanze (in cui si considerano anche i casi di doppio c.o.):
Dist. C-Sh: (509+524+20+12)/43835=2,4 cM
Dist. Sh-Wx: (4460+4650+20+12)/43835=20,8 cM
Dist. C-Wx: (4460+4650+509+524)/43835=23,2 cM

NOTA: Nell’esperimento dell’incrocio a 2 punti, la distanza CSh era di 3,5 cM, in questo caso solo 2,4.
Perché? Semplicemente perché nel secondo caso la dimensione della popolazione era molto maggiore
(43.835 Vs. 8.368), quindi le stime sono più precise.

Date le % di ricombinanti C-Sh e


Sh-Wx, si potrebbe dire che il doppio crossing-over atteso sia (tra 1 e 2 gene)19,9% x 2,2% (tra 2 e 3) =
0,44%. (percentuale che in linea teorica rappresenta la probabilità di avere due crossing over consecutivi).
In realtà il dco osservato è 0,10%. La discrepanza osservata tra dco attesi e dco osservati dimostra che i dco
non avvengono in maniera indipendente, ma un evento di crossing-over inibisce il verificarsi di un altro
evento simile in una regione adiacente.
Coefficiente di coincidenza c=0,10/0,44=22,7%. (rapporto tra i doppi crossing over osservati e quelli attesi)
Interferenza I=1-c=1-0,227=77,3% (riduzione dei dco dovuta all’effetto di prossimità tra co pari al 77,3%).

Mediante una serie numerosa di test a tre punti è possibile definire l’ordine dei geni su uno specifico
cromosoma e le loro distanze e quindi individuare la mappa genetica del cromosoma.

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Le unità di mappa non rappresentano distanze fisiche reali espresse in nanometri, ma i valori relativi che
indicano la posizione dei geni sul cromosoma gli uni rispetto agli altri. Questo perché la probabilità di
crossingover è variabile in rapporto alla regione considerata. I geni localizzati sullo stesso cromosoma
possono essere così distanti che ci sono alte probabilità di crossing-over multipli, quindi:
- Non è facile rilevare la loro associazione con le analisi di linkage, poiché la loro distribuzione nei gameti è
simile a quella di geni su cromosomi diversi.
- L’associazione tra due geni così distanti può essere individuata solo se si inserisce un terzo gene
localizzato tra essi. (e rendendomi conto dei doppi crossing over che possono avvenire tra a e b).
Quando aggiungo geni alla mia analisi, vado a aumentare la saturazione di mappa.

Con questi metodi sono state fatte mappe genetiche per ogni specie, anche usando marcatori molecolari.
Per molte specie sono state integrate con il sequenziamento dell’intero genoma, che ha evidenziato la reale
e precisa localizzazione dei geni sui cromosomi.

26
GENETICA DEI CARATTERI QUANTITATIVI

Carattere qualitativo: carattere i cui fenotipi sono pochi, ben distinguibili


e non misurabili (es. semi lisci/rugosi, fiore bianco o porpora). (eccezione
era stata il carattere della dominanza incompleta del fiore bocca di
leone, poteva avere 3 fenotipi distinti bianco rosso e rosa per
eterozigote)
Carattere quantitativo: carattere i cui fenotipi sono molti e variano in
modo continuo lungo una scala di misurazione (es. altezza, pezzatura
media dei frutti etc). Di tipo continuo, come l’altezza.

I caratteri quantitativi sono:


1. Poligenici: influenzati da molti geni in diversi loci del genoma con
effetto additivo
2. Influenzati dall’ambiente inteso come fattori pedoclimatici e colturali.
(il fenotipo è influenzato dall’ambiente, inteso come tutto quello che
non è genotipo)
3. Influenzati dai fenomeni di interazione tra alleli di diversi geni che li
determinano.

Relazione tra genotipo e fenotipo


Per i caratteri monogenici la relazione tra genotipo e fenotipo è quasi
diretta. Per i caratteri quantitativi la questione è più complessa perché
numerose coppie alleliche (geni) esercitano ciascuna un piccolo effetto
additivo sul fenotipo. Per avere un’idea supponiamo che l’altezza della
pianta sia determinata da 3 geni a dominanza incompleta A-B-C, ognuno
con due alleli alternativi che inducano una crescita di 1 cm (A+-,B+-,C+) o
siano neutri (A--,B--,C-) sull’altezza «base» di 10 cm. Per ogni gene
possiamo avere 3 genotipi (A+A+ , A+A- , A-A-), quindi per 3 geni avremo
3x3x3 = 27 possibili genotipi. Ma, se l’effetto di ogni allele + è uguale, dai 10 cm «di
base» potremo avere solo 7 fenotipi (dai 10 ai 16 cm), quindi a parità di fenotipo i
genotipi saranno indistinguibili, in quanto non so se il gene più viene da A o B o C.
La situazione è ulteriormente complicata dall’influenza dell’ambiente, per cui lo
stesso genotipo può produrre una serie di fenotipi diversi. → Occorre utilizzare
metodi statistici per caratterizzare una popolazione.

I dati che si ottengono da esperimenti su caratteri quantitativi sono misurazioni


numeriche effettuate su un campione rappresentativo della popolazione (altezza si
esprime in cm, si possono fare sia sulla popolazione intera che meno). Per descriverli
si classificano i fenotipi in categorie discrete e si rappresentano in istogrammi con
fenotipi (asse x) e frequenze relative (asse y) (si dividono le categorie genotipiche in
classi). Generalmente si ha una curva di distribuzione normale (o gaussiana), col
carattere che varia in modo simmetrico intorno alla media. La distribuzione di un carattere quantitativo si
esprime comunemente usando la media (x) e varianza (s2)(scarto quadratico medio, differenza tra fenotipo
di un individuo meno la media aritmetica al quadrato diviso il numero degli individui). Più la campana di
distribuzione è alta più sarà alta la varianza.

27
Esperimento di Nilsson-Ehle (1910)
Il ricercatore svedese fu determinante per scoprire un modello di eredità per i
caratteri poligenici. Incrociò due linee pure di grano tenero (Triticum aestivum):
una con cariossidi bianche, l’altra con cariossidi viola. Tutte le piante della
generazione F1 presentavano cariossidi mediamente colorate. Poteva essere
dominanza incompleta. La generazione F2 però non mostrava la segregazione
1:2:1 attesa nel caso di monoibrido, evidenziando invece una ampia variabilità di
colorazione: insieme a piante con cariossidi colorate, ma di intensità variabile,
erano presenti anche piante con cariossidi non colorate (bianche).

Dalle osservazioni fatte, il ricercatore ipotizzò che :


• Il carattere fosse determinato da due geni A e B ,
ognuno dei quali poteva avere alleli plus (A +,B + )
che codificavano per la produzione di pigmento, che
sommandosi insieme determinavano il fenotipo
dell’individuo, e alleli minus (A - ,B - ) che non
codificavano per alcun pigmento .
• Ognuno dei due geni, separatamente, segue le
leggi di Mendel.
• Il fenotipo finale era il risultato della somma degli
alleli plus presenti in questi geni: ogni allele
contribuiva a 0 (minus) o 1 (plus) dosi di pigmento →
si parla di effetto additivo (a seconda di quanti geni
plus c’erano si determinava il fenotipo)

Nilsson-Ehle dimostrò quindi che la differenza tra caratteri qualitativi e quantitativi risiede
principalmente nel numero di geni che li determinano. Però più loci sono coinvolti
nell’espressione di un carattere, maggiore sarà il numero di classi genotipiche possibili: se
ciascun gene ha due alleli (quindi 3 combinazioni alleliche), il numero di genotipi è pari a
3^n ( se un carattere è monogenico abbiamo 3 genotipi) , dove n è il numero di loci
coinvolti. Per n=3 il numero di genotipi è 27, per n=10 è 59.049. Se due genotipi omozigoti
per un gene vengono incrociati (AA x aa), 1/4 degli individui F2 avranno un genotipo
parentale. Se consideriamo un carattere influenzato da due geni, 1/16 degli individui F2
avranno uno dei due genotipi parentali. Pertanto (1/4)^n sarà il numero di individui F2 che
assomiglia a ciascun parentale omozigote. Se ho 3 geni che influenzano il carattere, gli
individui della F2 che mi aspetto che assomigliano ai parentali saranno (1/4)^3=1/64 per
parentale.

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Esperimento di Emerson-East (1913)
Parentali P: Due linee inbred (linea pura di specie allogame) di mais
contrastanti per il carattere «lunghezza della spiga». Ogni gruppo è
caratterizzato da una media e una varianza per il carattere considerato.
Incrocio F1 : lunghezza media della spiga nelle piante della progenie ibrida
è compresa tra quelle delle linee inbred parentali (P) (una via di mezzo tra
le medie delle 2 popolazioni), mentre la varianza è simile a quelle parentali
(ampiezza variabilità F1 simile ai parentali). Generazione F2 : lunghezza
media della spiga simile a quella delle piante F1 , ma la variabilità
fenotipica intorno alla media è più ampia che nelle generazioni P e F1.
L’ampiezza della campana infatti è molto più grande.

1.Le piante usate come parentali appartengono a linee inbred, quindi


omozigoti per i geni che influenzano la lunghezza della spiga. Quindi,
essendo le linee parentali geneticamente uniformi, le differenze
fenotipiche entro ciascuna linea sono attribuibili solo a fattori ambientali.
2. Lo stesso si può dire della F1 che è eterozigote: anche per F1 le
differenze tra individui sono attribuibili solo a fattori ambientali. mi aspetto un’omogeneità del fenotipo
simile a quella dei parentali. (quando sono simili i genotipi, molto simili, la varianza è dovuta a fattori
ambientali).
3. Se l’ambiente ha la stessa influenza sul fenotipo indipendentemente dalla costituzione genotipica della
popolazione, la maggior variabilità fenotipica di F2 rispetto a P e F1 è riconducibile agli effetti di
segregazione e ricombinazione. Perché incrociando eterozigoti ottengo una variabilità maggiore, per
questo la varianza fa si che la distribuzione intorno alla media sia più grande.
(in F2 è dovuto a fattori genetici).

Esperimento di East (1916)


Fece esperimenti su popolazioni inbred di Nicotiana longiflora con corolle di
diversa lunghezza. Selezionò due gruppi di piante agli estremi della F2
ottenendo la F3.
F1 : lunghezza corolla intermedia tra i parentali, varianza paragonabile →
varianza di natura ambientale.
F2 : lunghezza corolla media simile a F1 , varianza più grande → varianza di
natura ambientale e genetica.
F3 : originate da autofecondazione di piante selezionate di F2 .
La lunghezza del fiore delle progenie di F3 dipendeva dalla lunghezza del
fiore dei parentali di F2 scelti (con media corolla bassa), mentre la varianza
dipendeva dal grado di omozigosi delle piante F2 scelte come parentali →
Dimostrazione che le differenze fenotipiche in F2 hanno una base genetica
che può essere trasmessa a F3.(in F3 la varianza è minore che in F2 perché
probabilmente in F3 incrocio omozigoti, con base genetica quindi minore).
Inoltre delle 444 piante ottenute in F2 nessuna aveva lunghezza simile a quelle dei due parentali → più di 4
loci determinano il carattere: se fossero 4 loci ci si aspetterebbe che 1/256 individui [(1/4)^4 = 1/256]
avrebbero un fenotipo parentale.

29
Ereditabilità dei caratteri quantitativi
Abbiamo quindi stabilito che, per un carattere quantitativo, il fenotipo
è determinato dal suo corredo genetico e dall’ambiente → P = G + E
Essendo (variabilità fenotipica) V P=V G+V E , l’ereditabilità ( h^2 ) di
un carattere è il rapporto tra la variabilità con base genetica (quindi
ereditabile) e la variabilità fenotipica totale → h 2 = V G / V P
L’ereditabilità ( h^2 ) è quindi un parametro che stima l’importanza
del genotipo come causa delle differenze fenotipiche fra gli individui
della popolazione.

L’interazione genotipo-ambiente In realtà alla equazione VP=VG+VE , si deve


aggiungere un’altra componente, ossia la variabilità dovuta all’interazione tra
genotipo e ambiente (VGE). La VGE si manifesta quando l’effetto di un gene
dipende dall’ambiente specifico in cui la pianta si trova: in caso di VGE quindi le
influenze sul fenotipo non possono essere divise ordinatamente tra genotipo e
ambiente. Ne consegue che nell’equazione entra anche la variabilità dovuta
all’interazione tra genotipo e ambiente (VGE): VP=VG+VE+VGE

Scomposizione della variabilità genetica

Anche la varianza genetica VG può essere scomposta in diversi elementi. Per adesso abbiamo parlato solo
di varianza additiva (VA), quella per cui i vari alleli hanno ognuno un piccolo effetto diretto sul fenotipo in
modo additivo e sono indipendenti tra loro . Alla VG però concorrono anche:
• Una varianza dovuta alla dominanza (VD) per la quale l’effetto di un allele è mascherato dall’allele
dominante dello stesso gene. ( quella dei caratteri mendeliani, l’eterozigote ha lo stesso genotipo
dell’omozigote dominante).
• Una varianza dovuta a interazione tra geni (VI) che manifestano fenomeni epistatici (interazione tra
geni).
VG = VA + VD + VI
Di queste componenti, VA è quella più vantaggiosa per il miglioramento genetico perché, andando agendo
direttamente sugli alleli geneticamente superiori, la selezione su base fenotipica sarà molto efficace. In
presenza di VD la selezione sarà meno efficace: fenotipicamente l’eterozigote (Aa) è uguale all’omozigote
dominante (AA), quindi selezionando il fenotipo superiore sarà possibile passare alla progenie anche alleli
non vantaggiosi. Se mi interessa l’alle dominante facendo miglioramento genetico per quel carattere posso
portarmi dietro l’allele recessivo insieme, la varianza additiva ha quindi una selezione migliore in caso di
dominanza.

Ereditabilità in senso largo e in senso stretto


Prima abbiamo detto che con ereditabilità si esprime la componente genetica della variabilità fenotipica:
h^2= VG/VP. Questa è l’ereditabilità in senso largo hB^2 (B=broad-sense). Alla luce della scomposizione di
VG = VA+VD+VI, si definisce ereditabilità in senso stretto hN^2 (N=narrow-sense) come componente
genetica additiva della variabilità fenotipica. hB^2 = VG/VP = (VA+VD+VI)/VP hN^2 = VA /VP
L’ereditabilità in senso stretto è una misura più precisa ed affidabile non solo di quanto la variabilità
30
fenotipica dipenda da quella genotipica, ma anche di quanto dell’effetto dei geni di un certo individuo può
passare effettivamente alla sua progenie.

Stima dell’ereditabilità
Più è alta maggiore sarà la risposta della mia pianta alla selezione. Il metodo più
efficace per stimare l’ereditabilità è quello di confrontare i fenotipi di figli e genitori.
Se i dati vengono organizzati in «famiglie», per cui alla media fenotipica dei parentali
associamo la media fenotipica della relativa progenie, ogni famiglia può essere
rappresentata su un grafico.
La pendenza della retta di regressione equivale all’ereditabilità in senso stretto: hN^2
= b dove b è il coefficiente di regressione.
A – Punti nel grafico disposti casualmente → non c’è relazione tra x e y → la progenie
non è più simile ai parentali rispetto a individui non imparentati → le differenze
fenotipiche sono attribuibili ad un modello ereditario che prevede geni con relazioni di
dominanza e/o geni che interagiscono in modo epistatico oppure ad un forte effetto
ambientale. (la variabilità di tipo additivo si rifletterebbe direttamente sul fenotipo dei
figli).
C – A ogni aumento del valore fenotipico dei genitori corrisponde un aumento uguale
per i figli → la pendenza della retta di regressione è 1 → il fenotipo è determinato solo
dagli effetti additivi del genoma. (ogni miglioramento fenotipico dei genitori si
trasmette nello stesso modo ai figli)→ non succede quasi mai, di solito è una via di
mezzo. (in questo riquadro esiste solo in senso stretto l’ereditabilità).
B – Pendenze tra 0 e 1 indicano che la variabilità del carattere è dovuta a geni con effetto additivo, a geni
che presentano dominanza ed epistasia e all’effetto ambientale.

Più si abbassa la pendenza meno è dovuta all’effetto additivo e più agli altri.

Risposta alla selezione (R)


Selezione: scelta degli individui migliori.
Differenziale di selezione (S): la differenza fra il fenotipo medio del gruppo
selezionato (Xs ) e quello della popolazione (X0 ) è S=Xs -X0 .
Risposta alla selezione (R): guadagno genetico rappresentato dallo
spostamento della media fenotipica dalla generazione parentale a quella
filiale in seguito alla selezione. La risposta alla selezione dipende
dall’ereditabilità in senso stretto del carattere in esame: R= hN^2 x S. Noti
l’ereditabilità in senso stretto e il differenziale di selezione applicato, è
quindi possibile prevedere il guadagno fenotipico (XI -X0 ) conseguibile con
la selezione. Più un carattere è ereditabile maggiore sarà la differenza tra
Xi e X0 e quindi maggiore sarà la risposta alla mia selezione. Se invece la
selezione fosse tutta dovuta all’ambiente nella popolazione successiva sarà
uguale perché non sarà dovuta a una componente genetica. La risposta alla
selezione è valida solo a quella generazione, non a un’altra, quando è
selezionato un carattere per molte generazioni a mano a mano la
popolazione genetica si esaurisce fino a che tutti gli individui diventeranno omozigoti per quel carattere.
Avvicinandomi all’omozigosi completa perdo la variabilità genetica, man mano con le generazioni mi
avvicino sempre di più a un estremo e applicando anche un differenziale di selezione la risposta sarà
sempre minore, quindi la risposta alla selezione sarà propria non solo di un carattere e di una specie ma
31
anche di una generazione specifica. Quando non c’è più variazione additiva entro cui scegliere,
l’ereditabilità sarà uguale a 0, sarà uguale a 0 anche la riposta alla selezione, non può esserci più risposta.
La previsione della risposta alla selezione per un dato carattere è valida solo per la generazione in esame.
Questo perché quando viene selezionato un carattere per molte generazioni, a mano a mano, la variazione
genetica della popolazione si esaurisce finché tutti gli individui diventeranno omozigoti per il carattere.
Quando non c’è più variazione additiva, l’ereditabilità sarà uguale a zero, e quindi non può esserci nessuna
risposta alla selezione.

Caratteri correlati
Due o più caratteri possono essere correlati: vuol dire che quando uno aumenta, aumenta anche l’altro.
Tale correlazione può avere origine ambientale (caratteri dipendenti dallo stesso fattore ambientale, es
sole fa bene sia alla lunghezza della pianta che alla resistenza a una malattia) o genetica (vicinanza geni sui
cromosomi). Le principali cause della correlazione genetica sono:
• Pleiotropia: un solo gene influenza caratteri diversi
• Geni associati: caratteri codificati da geni molto vicini tra loro sui cromosomi, la cui segregazione non è
indipendente. Quando mi porto dietro un allele port dietro anche un altro di un gene vicino.
La correlazione può anche essere negativa e può essere molto importante in agricoltura: la selezione per un
carattere infatti può influenzare (positivamente o negativamente) anche altri caratteri (magari
selezionando miglioro un carattere ma ne peggioro un altro). Quando un carattere sale un altro può
scendere, retta di regressione avrà pendenza negativa.

I SISTEMI RIPRODUTTIVI DELLE PIANTE

La riproduzione è un fenomeno che tutti gli organismi viventi adottano per la perpetuazione della specie
nel tempo. Nelle piante, a differenza degli animali, coesistono 2 tipi di riproduzione: sessuata (gamica) e
asessuata (agamica).
La riproduzione asessuata
È un processo basato sulla mitosi che quindi non comporta nessuna mescolanza di materiale genetico
(sessuata sulla meiosi), quindi tutti gli individui prodotti in questo modo sono cloni della pianta madre
(hanno lo stesso corredo genetico).
2 modalità:
1. Propagazione vegetativa: rigenerazione di piante complete da parti di pianta (es. talea) o da organi
appositi come tuberi, rizomi o bulbi. (La pianta che genera avrà lo stesso genoma della pianta madre, quindi
si parla di CLONI).
2. Apomissia: riproduzione asessuata per seme che comporta la produzione di un embrione senza meiosi e
fusione di gameti. Embrioni apomittici si originano per sviluppo
partenogenetico (senza fecondazione) di un solo gamete diploide col
corredo genetico della pianta madre. Nasce da un malfunzionamento
della meiosi. Le specie a propagazione vegetativa sono di norma
altamente eterozigoti e le singole linee o varietà sono costituite da cloni
geneticamente identici. Sono specie a propagazione vegetativa quasi
tutti gli alberi da frutto e le piante ornamentali, vite, patata, canna da
zucchero, fragola, banano. (es. una qualsiasi cultivar di vite è composta
da cloni identici nati da una pianta madre).

La riproduzione sessuata

Coinvolge l’unione di gameti aploidi (maschile e femminile) con


conseguente fusione dei loro nuclei e cromosomi a formare uno zigote
diploide . La riproduzione sessuata comporta segregazione e
ricombinazione genetica , dando una progenie che geneticamente è
32
diversa da entrambi i genitori . La riproduzione sessuata pertanto produce
variabilità genetica (si creano combinazioni che prima non esistevano) che è
alla base dei processi evolutivi. (la variabilità allarga lo spettro di possibilità
entro la quale la selezione può scegliere gli individui migliori per la
situazione).

La riproduzione sessuata nelle piante avviene con diverse modalità, a seconda della
specie. In prima istanza le piante possono essere divise in:
- Dioiche: specie in cui gameti maschili e femminili sono portati da piante diverse →
abbiamo piante e piante (kiwi, luppolo, canapa, pistacchio) (la fecondazione
incrociata è obbligata perché la pianta o è maschio o femmina)
- Monoiche: specie in cui gameti maschili e femminili sono portati dallo stesso
individuo. Inoltre nelle piante monoiche gli organi sessuali maschili (stami) e
femminili (carpelli) possono trovarsi:
• In fiori diversi (mais, zucchino, nocciolo) → fiori unisessuali o diclini
• Nello stesso fiore (frumento, pomodoro, soia) → fiore ermafrodita o monoclino.

La fecondazione funziona così:


1. I granuli di polline(aploide) si originano nelle antere, per meiosi dalle cellule madri delle microspore.
2. Il granulo di polline si sposta fino allo stigma del pistillo.
3. Il granulo di polline germina e forma un tubetto pollinico che, attraverso lo stilo, raggiunge l’ovario.
4. Avviene la fecondazione: i nuclei dei due gameti si fondono e formano lo zigote diploide.

Piante autogame e allogame

L’impollinazione si può distinguere in due tipi principali:


• Autoimpollinazione (o autogamia) quando i due gameti provengono dalla stessa pianta (sia dallo stesso
fiore che da fiori diversi).
• Impollinazione incrociata (o allogamia) quando i due gameti provengono da piante diverse. A seconda che
in una specie prevalga uno o l’altro tipo di impollinazione si parla di: Specie prevalentemente autogame →
altamente omozigoti. Es. Triticeae, Fabaceae, Solanaceae. Specie prevalentemente allogame → altamente
eterozigoti. Questi due sistemi convivono, non sono mai o uno o l’altro, ma uno prevale largamente
sull’altro. In una specie dioica le proporzioni saranno 100% allogame perché una pianta non può
autofecondarsi. L’autofecondazione è deleteria perché porterebbe a una depressione da inincrocio, a cui le
piante allogame sono molto sensibili (al crescere della popolazione la percentuale di omozigosi aumenta,
porta a perdita di vigore delle piante). Es. girasole, mais, patata, radicchio. Le piante prevalentemente
allogame sono altamente eterozigote perché da piante diverse avremo degli alleli diversi dello stesso locus,
quindi un grado di eterozigosi alta.

Meccanismi che promuovono l’autofecondazione

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• Monoicismo e presenza di fiori ermafroditi (essendo vicini è più probabile la fecondazione).
• Cleistogamia: la fecondazione avviene in fiori ancora chiusi (frumento, riso)
Tipo particolare di ermafroditismo, essendo i fiori chiusi è improbabile che
possa entrare polline da altre piante.
• Morfologia fiorale che permette una distanza ravvicinata tra antere e stigma.
Per esempio nel fiore di cultivar moderne di pomodoro le antere avvolgono
completamente lo stigma. In origine lo stilo era molto lungo ed era più facile
la fecondazione incrociata, con la domesticazione e selezione lo stilo si è
ridotto fino a far andare lo stigma all’interno delle antere rendendo pi difficile
l’incrociata, per questi caratteri la selezione ha cambiato il carattere stesso.

Meccanismi che promuovono la fecondazione incrociata


Dioicismo (sesso diverso è impossibile l’autofecondazione)
• Presenza di fiori unisessuali, es mais che ha fiore maschile e femminile,
organi maschili e femminili però non stanno sullo stesso fiore.
• Protandria o protoginia: le antere e gli stigmi dei fiori maturano in tempi
differenti (Es. protandria (prima il maschile): carota, lampone, mais; Es. protoginia (prima il femminile):
noce, avocado).
• Autoincompatibilità: incapacità del polline fertile di fecondare un gamete femminile della stessa pianta.
La pianta è autoincompatibile. Presente in molte specie coltivate come Brassica e Nicotiana.
• Maschiosterilità: in alcuni individui gli organi maschili non sono funzionali, quindi possono essere
fecondati solo da altri individui.

Autoincompatibilità

È l’incapacità di una pianta con fiori fertili di produrre degli zigoti da autoimpollinazione.
L’autoincompatibilità (SI = Self Incompatibility) è uno dei principali sistemi utilizzati dalle piante per
generare e mantenere alti livelli di variabilità genetica ( la fecondazione incrociata aumenta la variabilità

genetica di una popolazione). La SI consiste in un sistema di riconoscimento genetico tra polline e pistillo:
se questi provengono dalla stessa pianta «si riconoscono» e lo sviluppo del tubetto pollinico viene inibito.
Tre tipi di autoincompatibilità su base anatomica: 1. Incompatibilità stigmatica: il polline non germina, si
germa sullo stigma ma non fa niente ; 2. Incompatibilità stilare: il polline germina, ma il tubetto pollinico si
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blocca nello stilo; 3. Incompatibilità ovarica: il tubo pollinico arriva fino all’ovario, ma poi
non riesce a fecondare l’ovulo.

Controllo genetico dell’autoincompatibilità


Il sistema di riconoscimento tra polline e pistillo ha una base genetica e nella sua forma
più semplice dipende da un locus che si chiama locus S e che comprende due geni: uno
per il determinante maschile e uno per il determinante femminile. Il locus S è
multiallelico (nel locus S delle Brassicaceae possono esserci 50-100 alleli diversi, in una
pianta sola ce ne possono essere al massimo due, ma possono essere in tantissime
forme), e l’inibizione dello sviluppo del tubetto pollinico avviene quando determinante
femminile e maschile provengono dallo stesso allele S. L’autoincompatibilità può essere gametofitica o
sporofitica a seconda che le proteine che si esprimono nel granulo di polline siano solo quelle codificate dal
genoma del polline (gametofito, n) o codificate dal genoma della pianta che l’ha originato (sporofito, 2n).
Nella gametofitica il sistema di riconoscimentodipende solo dall’allele contenuto nel polline, nella
sporofitica il sistema di riconoscimento dipende dal genoma della pianta padre, gli alleli di riconoscimento
saranno 2. Inoltre l’autoincompatibilità può essere mono- o multi-fattoriale a seconda del numero di loci
coinvolti (In alcune dipende da più loci, come il locus z).

Autoincompatibilità gametofitica
Il fenotipo del polline(sistema di riconoscimento derivato dal locus S) è determinato dal genotipo del
polline stesso. Il caso di solanacee, liliacee, leguminose, graminacee, rosacee ecc.
• La pianta padre di genotipo S1S2 produce granuli di polline con alleli S1 o S2. Se la pianta madre ha anche
lei genotipo S1S2 i granuli non possono germinare (autoincompatibilità).
• Se sopra lo stigma di una pianta S1S2 arrivano granuli di polline di una pianta con genotipo S1S3, solo i
granuli con genotipo S3 potranno germinare e fecondare l’ovulo, se S1 il tubetto pollinico non si svilupperà.
• Se sopra lo stigma di una pianta S1S2 arrivano granuli di polline di una pianta con genotipo S3S4 , tutti i
granuli di polline potranno germinare poiché non vi è identità tra gli alleli S dei granuli di polline e quelli
dello stigma.

Meccanismo molecolare dell’incompatibilità gametofitica

→ Il locus S codifica per una ribonucleasi chiamata SRNAsi (enzima che


degrada l’RNA dentro al tubetto pollinico) che si esprime dentro lo stilo e che
è in grado entrare nel tubetto pollinico e degradarne l’RNA.
→ Il locus S codifica per proteine chiamate F-box che riconoscono e
degradano soltanto le S-RNAsi prodotte da alleli diversi. L’RNA del tubetto
pollinico rimane integro soltanto in caso l’allele del locus S del polline sia
diverso da entrambi gli alleli del locus S del pistillo. Al contrario, se anche un
solo allele del locus S del pistillo è uguale all’allele del locus S del polline,
l’RNA del polline viene degradato → il tubetto pollinico muore → la
fecondazione non avviene.

Autoincompatibilità sporofitica (dipende dal genotipo della pianta che produce


i granuli di polline)
Determinata dal genotipo dello sporofito (= la pianta padre) che produce
proteine di riconoscimento e le deposita nella parete del polline. La pianta
padre di genotipo S 1 S 2 produce granuli di polline con alleli S 1 o S 2 , ma tutti
i granuli di polline avranno proteine S 1 e S 2. Solo i granuli di polline che
provengono da una pianta che non possiede alleli in comune con il pistillo
possono germinare negli stigmi, allungarsi e fare la fecondazione . Questo però
succede solo nel caso in cui i due alleli della pianta padre siano co-dominanti.
35
(mettiamo che la pianta madre padre abbia S1S2 e la madre S1S2 non potrà
fecondarsi perché i locus s si riconoscono). Se invece la pianta padre ha genotipo S 1
S 3 e S 3 è dominante su S 1 allora il polline di una pianta S 1 S 3 può fecondare una
pianta S 1 S 2 . Poco comune, solo in cruciferae e compositae .

Meccanismo molecolare dell’incompatibilità sporofitica


→ I determinanti femminili sono i geni SRK (S-locus Receptor Kinase) che
producono una proteina che si accumula sulle papille dello stigma.
→ Il determinante maschile è il gene SP11 (S-locus Protein 11) che produce delle
proteine che si esprimono nelle antere (ogani che fanno polline) e si depositano sulla
superficie del polline. A seguito dell’impollinazione, le proteine SP11 entrano in
contatto con le proteine SRK e interagiscono in modo allele-specifico
fosforilandole (infatti sono delle chinasi) → trasduzione del segnale (non del tutto
nota) → regolazione dell’attività delle acquaporine che, se chiuse, possono limitare
l’idratazione del tubetto pollinico frenandone l’accrescimento → no fecondazione.

Sterilità
Per sterilità si intende l’incapacità di un individuo di dare progenie vitali. Una delle cause principali di
sterilità è dovuta all’incapacità di produrre organi riproduttivi femminili o maschili funzionali: in questi casi
si parla rispettivamente di sterilità femminile e sterilità maschile (maschiosterilità). La maschio-sterilità,
riportata in circa 610 specie vegetali è molto più diffusa in natura della sterilità femminile, ed è uno dei
meccanismi più efficaci per garantire la fecondazione incrociata (se non produce polline vitale non si può
autofecondare!) , e quindi il rimescolamento delle informazioni genetiche

L’importanza della maschio-sterilità


L’eterosi (o vigore ibrido, molto usato in miglioramento genetico) è quel fenomeno per cui la progenie
derivata dall’incrocio di differenti linee pure è più vigorosa dei parentali. Es. in mais o in girasole con gli
ibridi si hanno raccolti anche del 50% più grandi che con le linee pure Tradizionalmente la produzione di
ibridi prevede la emasculazione manuale (taglio dell’organo maschile per la produzione di ibridi) seguita dal
trasferimento del polline sulla pianta madre. A seconda della morfologia del fiore della specie su cui stiamo
lavorando, l’emasculazione meccanica può essere molto difficile e costosa (nel mais che ha 1 fiore maschile
e 1 femminile è semplice, per il pomodoro che ha tanti, piccoli e ermafroditi fiori è difficile). Utilizzando la
maschio-sterilità per le piante coltivate si hanno i vantaggi delle varietà ibride senza le difficoltà
dell’emasculazione. Se troviamo un carattere che da maschiosterelità possiamo selezionare una linea
maschiosterile per produrre i semi, ci consente di assicurarci una fecondazione incrociata senza la
procedura manuale.

Tre tipi di maschio-sterilità


A seconda dei fattori genetici che la controllano può essere:
• Genetica (GMS): dovuta a geni nucleari.(geni che stanno nei cromosomi, nel nucleo)
• Citoplasmatica (CMS): dovuta a geni nucleari e citoplasmatici (quindi a eredità materna).
• Genetico-citoplasmatica (GCMS): dovuta a fattori citoplasmatici, ma può essere «annullata» da geni
nucleari ‘ristoratori’.

Maschio-sterilità genetica (GMS)


Determinata da un solo gene nucleare (carattere qualitativo perché determinato da un solo gene e quindi
le possibilità genotipiche sono 3) che, in forma omozigote recessiva (ms ms), dà maschio-sterilità. Linee di
questo tipo sono state identificate e utilizzate in pomodoro, peperone, fagiolo, cucurbitaceae etc. Questo
tipo di MS segue l’eredità mendeliana (con dominanza completa), quindi è limitata dal fatto che solo gli
omozigoti recessivi per questo gene sono maschio-sterili. Il problema di queste linee è il loro

36
mantenimento: i maschio-sterili possono fecondarsi solo con
polline di piante fertili (MsMs o Msms) (deve essere per forza
maschiofertile). Nel primo caso nessuna progenie sarà maschio-
sterile perché si avrà solo eterozigoti, mentre nel secondo caso
lo sarà solo il 50%. Dobbiamo incrociare con una pianta
eterozigote. Dovremo selezionare i maschio-sterili
fenotipicamente, in base alla fioritura.

Maschio-sterilità citoplasmatica (CMS)


Determinata da geni plastidiali (cpDNA) o, più spesso, mitocondriali
(mtDNA), quindi a trasmissione materna. Questo tipo di maschio-sterilità è
di più facile gestione perché la fecondazione di una pianta ricevente con
citoplasma maschio-sterile (S) con polline una pianta fertile (F) dà sempre
una pianta maschio-sterile. Casi di CMS sono stati individuati in molte specie
di interesse agrario e ampiamente sfruttati per il miglioramento genetico.
Es. colza, segale, mais, molte colture orticole.

Maschio-sterilità genetico-citoplasmatica (GCMS)


Determinata da geni citoplasmatici come la CMS, ma ci sono geni ristoratori che in
forma dominante (RR o Rr) ripristinano la fertilità. Se ho un citoplasma sterile e ho
un genotipo o omozigote dominante o eterozigote per il gene ristoratore non avrò
maschiosterilità. Indipendentemente dal citoplasma S o N, le piante con almeno un
allele R saranno fertili. Il mantenimento di linee GCMS avviene per
autofecondazione di piante con citoplasma S e gene ristoratore Rr → progenie 50%
maschio-fertile + 50% maschio-sterile → maschio-sterili selezionate come
portaseme. Esempi di GCMS: carota, mais, girasole, aglio, sorgo.

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METODI DI MIGLIORAMENTO GENETICO

Premessa

Abbiamo visto come le piante possano essere divise in specie prevalentemente autogame e specie
prevalentemente allogame. Queste due diverse modalità di riproduzione influenzano molto la struttura
genetica delle popolazioni e, di conseguenza, i metodi di miglioramento genetico che il breeder dovrà usare
per il raggiungimento della migliore performance. In ogni caso teniamo a mente la parola
«prevalentemente»: nelle autogame c’è sempre una certa quota di incroci e nelle allogame c’è sempre una
certa quota di autofecondazioni. Ideotipo= punto di arrivo del miglioratore, cultivar a cui ambisce facendo il
miglioramento genetico.

Specie prevalentemente autogame

Popolazioni naturali di queste specie sono caratterizzate da una percentuale molto alta di
autofecondazione → gli individui sono altamente omozigoti (perché è molto frequente
l’autofecondazione)e danno vita a progenie geneticamente omogenee. Questo perchè:
1. I genotipi omozigoti dopo l’autofecondazione rimangono omozigoti
2. I genotipi eterozigoti (Aa) frutto di incroci occasionali o di mutazioni spontanee si dimezzano ad ogni
generazione. (prima generazione 50% omozigoti e 50% eterozigoti)Di generazone in generazione gli
eterozigoti dimezzano sempre.

Semplificando si può dire che una popolazione naturale di una specie prevalentemente autogama sia
costituita da una mescolanza di linee pure in equilibrio con l’ambiente. Popolazione (gruppo di individui
della stessa specie, area geografica e ambiente)
C’è comunque da tener presente che:
1. In queste specie l’autofecondazione continuata non determina riduzioni di vigore, mentre per le specie
allogame questa porta alla depressione da inincrocio. (vale più per le allogame)
2. Comunque gli individui eterozigoti generati da incroci occasionali mostrano spesso una fitness maggiore
del resto della popolazione.
3. Le mutazioni contribuiscono sempre alla creazione di variabilità, ma sono molto rare.

Metodi di miglioramento per specie autogame

A seconda della loro modalità si classificano in due grandi categorie: • Metodi basati sulla selezione di
variabilità esistente entro popolazioni naturali o ecotipi:
 Selezione massale
 Selezione per linea pura
• Metodi basati sulla selezione entro popolazioni artificiali:
 Metodo pedigree
 Metodo per popolazione riunita (bulk)
 Metodo della discendenza da singolo seme (SSD)
 Reincrocio
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Selezione massale

È il metodo di MG più semplice e più vecchio, dall’inizio dell’agricoltura.


Le piante vengono scelte in base al loro fenotipo all’interno di una
popolazione genotipicamente variabile → il seme dei fenotipi superiori
viene mescolato e coltivato l’anno successivo (ci si aspetta che il seme
per l’anno successivo sia migliore di quello di quest’anno, piante
migliori). Il limite principale di questo metodo sta nel fatto che la
selezione avviene solo su base fenotipica. In termini matematici
prendiamo un carattere quantitativo a caso con distribuzione sigmoide,
una gaussiana. Se misuro lo stesso carattere nella popolazione
dell’anno dopo mi aspetto che la campana sia spostata a destra. La risposta alla selezione
quindi sarà soddisfacente solo in caratteri ad alta ereditabilità, in cui la variabilità fenotipica sia
strettamente dipendente dal genotipo. Si basa solo sulla variabilità fenotipica, ma la mia selezione avrà
successo solo se la componente additiva genetica di quel carattere li sia alta. La risposta alla selezione sarà
soddisfacente solo in caratteri ad alta ereditabilità in cui la variabilità feotipica è strettamente dipendente
dal genotipo.

Selezione per linea pura


Si selezionano i fenotipi migliori di una popolazione naturale, e il seme di ogni
pianta viene raccolto singolarmente e conservato separatamente dagli altri e
usato per la coltivazione di progenie-fila.Di ogni fenotipo migliore il seme di ogni
pianta è raccolto da solo e usato l’anno dopo con ogni progenie-fila che viene
valutata: i semi delle progeniefila migliori verranno raccolti. Una parte del seme
verrà conservata, l’altra verrà sperimentata per diversi anni e in diversi ambienti,
e verrà confrontato anche con varietà affermate. L’autofecondazione consente
di verificare che il carattere sia ereditabile (perché se il carattere che seleziono
avrà una base genetica questa superiorità la vedrò anche nelle progeniefila) e di
andare verso l’omozigosi delle linee (vado via via a fissare il genotipo). Di fatto si
prevede una prova di progenie, quindi questo metodo di MG è valido anche per
caratteri a ereditabilità non elevata.

Metodi basati sulla selezione entro popolazioni artificiali


Man mano che si fa selezione basandosi sulla variabilità esistente, questa variabilità andrà esaurendosi
sempre più, e la selezione sarà sempre meno efficace, vado piano piano a fare selezione sul nulla. Per
superare questo limite devo aumentare la variabilità genetica della popolazione, si possono ibridare due
linee pure combinando in un solo genotipo i geni favorevoli di più genotipi, ottengo una popolazione con
un grande grado di eterozigosità → F1 eterozigote, geneticamente omogenea → con l’autofecondazione di
F1 si hanno segregazione (da contare per tutti i loci) e ricombinazione → creazione di nuova variabilità
genetica in F2 ( si creano combinazioni che prima non esistevano)→ Dopo alcune generazioni di
autofecondazione avremo tantissime linee pure diverse entro cui fare selezione (con combinazioni allaliche
diverse da quelle dei parentali).
Fattori importanti per il successo di questi metodi:
1. Scelta dei genitori: comunemente il miglioratore sceglie come primo parentale la varietà coltivata che più
si avvicina al suo ideotipo + un secondo parentale scelto in base ai caratteri di cui il primo è deficitario. Si
può aggiungere anche un terzo parentale incrociandolo con l’F1 dei primi due.
2. Numerosità: selezione di un numero elevato di genotipi entro cui scegliere, già dalla F1.

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3. Scelta del metodo di selezione a seconda della specie e dei caratteri da migliorare. (adatti per la pianta e
la disponibilità economica).

Metodo pedigree
Lo schema generale è quello di selezionare le piante migliori dalla F 2 e
continuare con le autofecondazioni fino al raggiungimento di un alto
grado di omozigosi (F 6 - F 7 ) : F 2 : Si fa selezione negativa sui caratteri
non desiderati e selezione positiva sui caratteri desiderati → alla fine si
selezionano dall’ 1 al 10 % delle piante . F 3 - 5 : Il seme delle piante
selezionate in F 2 viene raccolto separatamente e usato per impiantare le
piante -fila . Si selezioneranno le piante -fila superiori e, all’interno di
queste, le 3 - 5 piante migliori. La stessa cosa si farà con 3 - 4 generazioni.
Andando avanti con le generazioni le famiglie si «stabilizzeranno», quindi
il miglioratore terrà meno di conto delle piante singole e più delle
differenze tra famiglie. F 6 e successive: Raccolta di famiglie intere (no
singole piante) e prove di produzione con confronti anche con varietà
esistenti, con le successive autofecondazioni dalla F2 in poi l’eterozigosi si
abbassa sempre più e si avrà formazione di linee pure. Svantaggi: è molto
laborioso, la selezione nelle prime generazioni in condizioni di alta
eterozigosi ci potrebbe far perdere molti alleli favorevoli.( in dominanza completa
in eterozigosi non distinguo l’omozigosi dall’eterozigosi).

Metodo per popolazione riunita (bulk)


F2-6:I prodotti dell’incrocio iniziale vengono allevati tutti insieme non facendo
alcuna selezione artificiale (eventualmente solo una selezione negativa) e facendo
lavorare solo la selezione naturale ( faccio andare da solo da F2). Da F2 a F6 la
selezione naturale seleziona individui con più fitness per quegli ambienti. F 7 : La
popolazione è costituita da piante con alta omozigosi → si passa alla selezione
positiva di piante singole i cui semi verranno raccolti separatamente e allevati in F
8 su progenie -fila . F 8: Valutazione della progenie -fila e raccolta in massa di
famiglie intere. F 9 e successive : Raccolta di famiglie intere e prove di produzione
con confronti anche con varietà esistenti . Questo metodo è molto meno laborioso
del metodo pedigree perché nelle prime fasi la selezione artificiale è quasi assente.
(la selezione naturale è un fattore importante qui, le fitness peggiori
scompariranno e prevarranno le piante con più fitness).

Per il metodo bulk è molto importante il ruolo delle selezione naturale. Se in un


certo ambiente coltiviamo piante genotipicamente diverse e le lasciamo
autofecondare, succede che le piante competono tra loro in quell’ambiente. Con
l’andare avanti delle generazione le varietà con fitness peggiore tendono a
scomparire, mentre quelle con fitness più alta aumentano sempre la loro
composizione percentuale. Il genotipo che dopo qualche generazione si impone sugli
altri è quello maggiormente competitivo in quell’ambiente: questo è il principio su
cui si basano i primi step del metodo per popolazione riunita. Svantaggi: la selezione
naturale non sempre favorisce i genotipi superiori dal punto di vista agronomico.

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Metodo della discendenza da singolo seme (SSD)

Consiste nell’avanzamento delle generazioni da F 2 a F 5 con


prelievo di un singolo seme da ciascuna pianta, senza alcuna
selezione: questi semi vengono riuniti e usati per generare ogni
successiva generazione. L’unico effetto che ho è
l’omozigotizzazione, ma non ho selezione! In seguito le piante
(ormai omozigoti) vengono gestite come nel metodo per linea
pura: si selezionano delle piante e si costituiscono delle piante -
fila, dopodiché si fanno delle prove varietali.
Vantaggi: rispetto al pedigree permette di non scartare nessun
allele potenzialmente positivo, permettendo a ogni genotipo di
potersi fissare con l’aumentare dell’omozigosi. Rispetto al bulk
non crea competizione tra le generazioni segreganti. Lo
svantaggio è che non c’è selezione e potrei portarmi dietro
caratteri inutili al mio scopo.

Confronto tra metodi di miglioramento di piante autogame basati sulla selezione entro popolazioni

artificiali

41
Metodo del reincrocio (backcross)

Mentre i metodi precedenti sono molto utili per la selezione di caratteri a


media e bassa ereditabilità, questo metodo di miglioramento è usato
quando si vuole arricchire una varietà già buona con uno o pochi geni che
controllano un carattere qualitativo ( che ha variabilità discreta e
solitamente pochi geni che lo controllano) o quantitativo a alta ereditabilità
di un’altra varietà. Questo metodo consiste in una serie ripetuta di incroci:
la varietà agronomicamente buona sarà utilizzata in ogni incrocio (genitore
ricorrente)( varietà R), mentre la varietà col carattere che ci interessa sarà
usata solo al primo incrocio (genitore donatore) (A). nella generazione B ci
sarà segreazione, ad ogni generazione le piante che non manifestano il
carattere desiderato vengono eliminate, e la progenie restante sarà reincrociata col genitore ricorrente, per
cui la «quota» di genoma del donatore A sarà dimezzata a ogni generazione: dopo n generazioni la porzione
di geni del donatore sarà pari a (1/2) n. Otterrò delle piante uguali a R ma col carattere che mi interessa di
A.Di solito occorrono 6-7 generazioni per recuperare quasi completamente il genoma del genitore
ricorrente, ma se il locus trasferito non è associato a geni sfavorevoli ne bastano 2-3.(linkage).

Il fenotipo desiderato per il carattere da trasferire può essere


determinato da alleli dominanti o recessivi . dovrò avere degli
accorgimenti per il reincrocio. Nell’esempio la resistenza di
pomodoro a TMV (Tobacco Mosaic Virus ) è determinata dall’allele
dominante T presente nel donatore . Incrocio TT con tt e otterrò in
F1 eterozigote Tt, reincrocio con tt (genitore ricorrente) Dopo 6
generazioni di backcross , la progenie sarà geneticamente molto
simile al genitore ricorrente ma resistente a TMV : il gene avrà un
genotipo eterozigote Tt . Facendo autofecondare questi individui
otterremo ¼ TT + ½ Tt + ¼ tt: i tt sono suscettibili e verranno
scartati subito . I resistenti verranno fatti ancora autofecondare :
quelli che segregano sono Tt , mentre quelli che non lo fanno sono
TT → costituzione nuova varietà (questo era il caso in cui l’allele
che mi interessava era dominante).

Se invece il carattere che vogliamo trasferire è determinato da un allele


recessivo presente nel donatore, allora ad ogni reincrocio dobbiamo far
seguire una autofecondazione per far segregare il gene e selezionare
soltanto gli omozigoti recessivi (cioè le piante che portano il carattere
voluto, 25%). In generale il reincrocio si usa per migliorare un singolo
carattere in una varietà, tuttavia può essere usato anche per migliorare
anche due o più caratteri, semplicemente impiegando una varietà
migliorata come genitore ricorrente per un altro reincrocio con un
secondo donatore. Ad esempio la varietà di frumento californiana di
pregio Big Club è stata dotata di geni per la resistenza alla carie (Tilletia
spp.), alla ruggine (Puccinia graminis ) e alla cecidomia distruttrice
(Phytophaga destructor ) con una serie di programmi di reincrocio
successivi . (tutto uguale, reincrocio e autofecondazione. Andando avanti
42
con le generazioni dimezzerò sempre la quantità di DNA del genitore donatore) (ogni volta devo fare
reincrocio e poi autofecondazione, l’incrocio serve per dimezzare ogni volta il genoma del genitore
donatore nella generazione filiare, però voglio rr, quindi faccio autofecondazione, ogni generazione
aumento rr, a ogni generazione si dimezza la quantità di genoma del donatore.)

Specie prevalentemente allogame


Sono specie in cui l’incrocio prevale sull’autofecondazione, quindi eterozigoti per un gran numero di loci.
Mentre nelle autogame la variabilità è distribuita tra linee (costituite da individui uniformi, ogni individuo fa
autofecondaione ), qui la variabilità è distribuita tra individui (abbiamo una grande eterozigosi). Una
differenza fondamentale rispetto alle specie autogame è che le allogame tollerano male l’inbreeding,
soffrono di DEPRESSIONE DA INBREEDING (o inincrocio), cioè i fenomeni di autofecondazione e incrocio tra
individui imparentati. Questo perché l’eterozigosi determina il mascheramento di alleli recessivi sfavorevoli,
e tutti i fenomeni che abbassano il livello di eterozigosi possono incrementare la probabilità che questi si
manifestino nel fenotipo. Il concetto di inbreeding (o inincrocio) è particolarmente importante: identifica
l’accoppiamento tra individui imparentati. La progenie di due genitori imparentati ha alta probabilità di
ereditare due copie dello stesso allele, favorendo l’omozigosi e quindi il minor vigore. Il coefficiente di
inbreeding (F) stima questa probabilità quantificando il tasso di inbreeding esistente all’interno di una
popolazione, e dunque valutando il livello medio di parentela tra gli individui che ne fanno parte. A causa
della depressione da inbreeding, le progenie derivanti da autofecondazione sono di norma meno vigorose
di quelle derivanti da incrocio. Il minor vigore è ancora più evidente in una progenie derivante da molte
autofecondazioni consecutive: per questo, mentre nelle autogame si parla di «linea pura», qui si parla di
«linee inbred». Tali linee sono omozigoti in molti loci e mostrano un vigore bassissimo: per questo si parla
di «depressione da inbreeding».

Selezione genotipica nelle specie allogame

Consiste nella selezione delle piante da impiegare negli incroci per la costituzione di nuove varietà
(selezioniamo piante che poi useremo in incroci, da questi verranno fuori dei genotipi che userò come
varietà). Nelle specie allogame l’eterozigosi rende complicata la selezione su base fenotipica (molto usata
nelle autogame, perché essendo la maggior parte di loci eterozigoti se ho fenomeni di dominanza o
epistasia, le interazioni fra alleli nascondono la presenza di alcuni alleli stessi, se seleziono solo su base
fenotipica posso portarmi dietro alleli recessivi che magari sono sfavorevoli, per questo la selezione
fenotipica si fa più nelle autogame che allogame). Per valutare il materiale parentale su base genetica si
misurano le prestazioni della generazione filiale facendo delle prove di progenie (o progeny test) che
consistono nella valutazione di una pianta basandosi sui fenotipi della progenie: in questo modo avremo
una buona stima del suo valore genetico (si guarda quanto simile è il genotipo dall’individuo da cui sono
partito).
Attitudine alla combinazione generale (ACG)= comportamento medio di un genotipo (pianta singola, clone,
linea inbred) nelle sue combinazioni ibride: un genotipo si dice dotato di alta ACG quando dà generalmente
buone discendenze a prescindere dal partner con cui viene incrociato ( una certa pianta x, che si incroci con
qualsiasi pianta, generalmente da buona progenie).

Attitudine alla combinazione specifica (ACS)=comportamento del genotipo in incroci specifici, che possono
dare risultati diversi rispetto a quanto indicato dalla ACG (individuo x da buona progenie solo con incrocio
con individuo Y, non con Z).

Questa misura è propria di uno specifico incrocio. In termini genetici, l’ACG è legata soprattutto ad effetti
genetici additivi (che si manifestano sempre e allo stesso modo a prescindere dal partner con cui la
incrocio), mentre la ACS è dovuta soprattutto a fenomeni di dominanza e di interazione (epistasia) che si
manifestano solo in combinazioni genotipiche particolari ( il genitore porta anche qui alleli, ma l’effetto di

43
questi nella generazione successiva dipende dalla loro interazione con altri alleli nello stesso locus o locus
diversi). I feomeni di interazioni tra alleli dipendono dalla pianta con cui incrocio.

Tipi di prove di progenie usate per la selezione (mi servono per valutare i reali valori genotipici di una
pianta)

I progeny tests servono per valutare un genotipo attraverso la performance fenotipica della sua
progenie, e sono funzionali a misurare ACG e ACS a seconda del tipo di prova di progenie che uso. I
principali tipi di progeny tests sono: 1.Progenie da autofecondazione 2.Progenie da libero incrocio (open-
cross) 3.Progenie da poli-incrocio (poly-cross) 4.Progenie da top-cross 5.Incrocio diallelico (single-cross).
La maggior parte delle prove di progenie permette di valutare solo il genotipo materno, in quanto spesso
quello paterno è costituito da un pool di polline proveniente da diverse piante (non sono sicuro di sapere
da dove viene il polline).

1-Progenie da autofecondazione (metodo di selezione)

1.Vengono selezionate le piante fenotipicamente superiori e vengono


autofecondate
2. La metà del seme viene conservata e l’altra metà viene usata per la
prova di progenie in campo (dalla valutazione della progenie verrà fuori
che alcuni individui sono migliori di altri, i genotipi che mi danno progenie
buone li tengo)
3. Valutazione di progenie
4. Il seme conservato delle piante la cui progenie dà fenotipi migliori nella
prova di progenie verranno usate nei programmi di miglioramento. Il limite
principale di questo metodo di selezione è che: - ci affidiamo
all’autofecondazione, ma non fa bene alle allogame perché fa venire fuori
degli alleli che non troverei se facessi un incrocio, -è valido solo per
caratteri a controllo genetico additivo, mentre non è valido per caratteri
controllati da geni con effetti di dominanza e epistasia. Questo perché
l’autofecondazione determina l’omozigosi, diminuendo quindi gli effetti dell’interazione tra alleli.

2-Progenie liberamente impollinate (open cross)

1. Da una popolazione di piante lasciate impollinare liberamente


vengono scelte quelle fenotipicamente superiori (non intervengo
in nessun modo). 2. Del seme delle piante selezionate, metà viene
conservata e l’altra metà viene usata per la prova di progenie in
piante-fila.
3. Le migliori progenie indicano piante madri geneticamente
superiori e con alta ACG (non ACS perché sono impollinate
liberamente e non so da dove viene il polline!). Con questo
metodo si valuta la ACG delle piante madri.

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3 Progenie da top cross

1. Prova di progenie allestita con file di piante emasculate di linee


inbred alternate con file di piante di una varietà commerciale
(tester).
2. Coltivazione delle progenie col seme prodotto su ogni fila. Ogni
linea inbred viene così valutata. Questo metodo di selezione è molto
usato per il mais, per cui l’emasculazione è molto semplice (perché i
fiori sono non ermafroditi). Principali limiti di questo schema di
selezione:
• Le linee inbred (con depressione da incrocio dovuta a successive
autofecondazioni) possono dare problemi dovuti all’inbreeding
(depressione da imbreeding)
• Non si può applicare sulle specie per cui è difficile usare
l’emasculazione meccanica, come l’erba medica.
questa prova di progenie mi serve per valutare l’ACS.

Progenie da poli-incrocio (poly cross)

1.Si selezionano le piante migliori di una popolazione


(fenotipicamente parlando) e le si clonano (Es. propagazione
vegetativa).
2. Si allestisce un campo di poli-incrocio in cui vengono coltivati
in posizioni random i cloni delle piante selezionate e si lasciano
incrociare tra loro. Alla fine si uniscono i semi derivanti da tutti i
cloni di una pianta madre.
3. Valutazione della progenie in cloni-fila.
In questa prova di progenie entrambi i gameti proverranno da
piante selezionate (seleziono piante che ricevono polline e che
donano). Il campo di poli-incrocio deve essere isolato con
apposite reti in plastica in cui possono essere inseriti anche
insetti pronubi per favorire l’impollinazione. Questo metodo mi
da informazioni su ACG e ACS.

Incrocio diallelico (single-cross)

Consiste nell’effettuare tutti gli incroci possibili tra un


certo numero di genotipi (es. in una popolazioni genotipi
A, C, G, E mi sembrano superiori, allora li incorcio tutti).
Tali incroci sono senza reciproci e senza
autofecondazioni. Per ogni carattere, il valore della
progenie di ogni singolo incrocio si usa per stimare la
ACS. Invece la media dei valori delle progenie derivanti
dagli incroci di un singolo genotipo con tutti gli altri
genotipi si usa per stimare la ACG.( se vedo prodotti di
fecondazione tra AB, AE,AC..)

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Metodi di miglioramento per specie allogame

• Selezione massale

• Selezione ricorrente

• Costituzione di varietà ibride

• Costituzione di varietà sintetiche

• Reincrocio (uguale a quello che usiamo per le autogame)

-Selezione massale (simile a quella delle piante autogame)

1. Allevamento di semi di quella popolazione e selezione degli individui


fenotipicamente superiori di una popolazione di partenza (es. un ecotipo
o una varietà locale).
2. Delle piante selezionate si raccoglie e si mescola il seme che darà
origine a una popolazione migliorata. Tale metodo è basato solo sulla
selezione fenotipica, e quindi è efficace solo per caratteri ad alta
ereditabilità! (non ci sono prove di progenie). Inoltre, visto che ci si basa
solo sul fenotipo della pianta portaseme (che riceve il polline), senza
controllo della fonte pollinica, questo metodo è conosciuto anche come
«selezione massale per via materna». (per le autogame le piante si
autofecondano, quindi sono sicuro che il polline arrivi da loro stesse, qui no)

Il limite della selezione massale per via materna può essere risolto con una
variante della selezione massale chiamata «selezione fenotipica»:
1. Selezione degli individui fenotipicamente superiori di una popolazione
2. Moltiplicazione vegetativa degli individui selezionati e allevamento dei cloni
in un campo di poli-incrocio
3. Il seme raccolto da questo campo verrà moltiplicato costituendo la
popolazione migliorata. Rispetto alla selezione massale classica si ha il
controllo non solo dei parentali materni, ma anche della fonte pollinica poiché
anche i gameti maschili deriveranno da piante selezionate. Ovviamente
questo metodo è applicabile solo su piante che si possono clonare facilmente
(es. erba medica). (una tecnica come questa può essere usata anche per
miglioramento genetico, non solo selezione). Rispetto alla selezione massale
classica ho un controllo anche sulla fonte pollinica, non solo sui parentali
materni.

Selezione ricorrente

Consiste in cicli di selezione massale ripetuti uno dopo l’altro (la popolazione
migliorata del primo ciclo è quella di base del secondo e così via), effettuati
per aumentare le frequenze degli alleli favorevoli presenti in una
popolazione. Esistono 4 tipi di selezione ricorrente: • Selezione ricorrente
semplice • Selezione ricorrente per l’attitudine alla combinazione generale •

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Selezione ricorrente per l’attitudine alla combinazione specifica • Selezione ricorrente reciproca.
Nella SR semplice, cicli di selezione massale fenotipica si susseguono uno dopo l’altro. Ogni ciclo
tipicamente dura 2 anni ed è costituito da: anno_1) selezione delle piante migliori e propagazione
vegetativa; anno_2) coltivazione cloni piante selezionate in campi di poli-incrocio in cui le piante
selezionate si incrociano tra loro. Finito il primo ciclo avrò una popolazione migliorata, che userò per fare
un altro ciclo. Il seme ottenuto dai campi di poli-incrocio verrà usato per il ciclo successivo.

Anche i metodi selezione ricorrente per ACG e ACS prevedono diversi cicli ripetuti, ma in questo caso si
valutano tenendo conto non solo del fenotipo come la SR semplice, ma anche delle prove di progenie
(anche selezione genotipica).
Per ogni ciclo:
Anno 1: selezione piante fenotipicamente superiori e
raccolta del loro polline. Tale polline viene usato in parte
per autofecondare, in parte per impollinare 6-7 piante di
una popolazione tester a larga o stretta base genetica (una
popolazione commerciale)(seleziono polline) (larga base
genetica= individui molto diversi l’un dall’altro, come in
F2, stretta base il contrario, come popolazione di cloni).
Anno 2: Prove di progenie e valutazione del seme dagli
incroci col tester dell’anno precedente. migliori (delle
piante che ho selezionato).
Anno 3: Sulla base della prova di progenie vengono
individuati i genotipi, e il seme da autofecondazione di questi genotipi che avevo messo da parte e si usa
per seminare spighe-fila che verranno fatte incrociare tra loro. (i genotipi migliori effettivamente sono usati
per incrociarsi tra loro). Il seme così ottenuto sarà la base del ciclo di selezione successivo.
Se il tester adottato è una linea geneticamente omogenea (es. inbred, o una popolaizone di cloni) si parla di
selezione ricorrente per ACS (vado a fare prova di progenie con un genotipo specifico), mentre se è una
popolazione a larga base genetica (es. una varietà locale o una F2, un ecotipo) si parla di selezione
ricorrente per ACG (valuto i miei incroci con più genotipi).

La selezione ricorrente reciproca si usa quando, partendo da due popolazioni A e B, si vogliono produrre
due inbred superiori da impiegare per costituire una varietà
ibrida (una varietà che deriva dall’incrocio di due linee pure,
che nel caso delle allogame si dicono inbred perché soffrono di
depressione inbred). Ogni popolazione A e B fungerà da tester
per l’altra.
Anno 1: viene raccolto il polline degli individui
fenotipicamente superiori di entrambe le popolazioni A e B:
una parte sarà usato per autofecondazione, l’altro per
impollinare alcune piante prese a caso dell’altra popolazione.
Anno 2: prove di progenie usando i semi da incrocio e
selezione dei genotipi migliori per ogni popolazione (per ogni
incrocio faccio prove di progenie e valuto quale è il genotipo
migliore).
Anno 3: i semi da autofecondazione delle piante selezionate
all’anno 2 vengono seminati in campi di interincrocio (uno per
ogni popolazione). I due miscugli di seme costituiranno le
popolazioni di base migliorate per un nuovo ciclo (uguale all’altro solo che invece di avere un tester e una
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popolazione, ogni popolazione funge da tester per l’altro) (alla fine di un ciclo si avrà una popolazione
migliorata per A e una per B che potranno essere usate per un altro ciclo). Man mano che andiamo avanti
coi cicli, le basi genetiche di ognuna delle popolazioni saranno sempre più strette, quindi si va
gradualmente verso una selezione per ACS. Alla fine otterremo due inbred superiori da impiegare per la
produzione di un ibrido.

Costituzione di varietà ibride

Per varietà ibrida si intende la generazione F1 derivata dall’incrocio tra due linee inbred (in piante
allogame). I motivi per cui le varietà ibride sono superiori alle altre sono la loro uniformità genetica ( perché
se incorcio tra loro due piante inbred, quindi con diversi alleli sugli stessi locus, ottengo una varietà ibrida
poco variabile, con un sacco di loci eterozigosi) e lo sfruttamento dell’eterosi, un fenomeno che porta
all’ibrido maggior vigore, maggiore produttività, più resistenza alle malattie etc. dei sui genitori. Esistono
due ipotesi che spiegano il vigore ibrido(eterosi) :
• Ipotesi della dominanza – l’eterosi è dovuta all’eterozigosi nell’ibrido che porta al mascheramento di
alleli deleteri.( se abbiamo un locus A dove c’è dominanza completa, avremo che AA ha lo stesso fenotipo d
Aa, quindi l’allele dominante maschera il recessivo che potrebbe avere un effetto negativo sul mio
fenotipo).
• Ipotesi della sovradominanza - la condizione eterozigote di alcuni geni è superiore a quella di entrambi gli
omozigoti (abbiamo AA, Aa, e aa, Aa è superiore rispetto agli omozigoti). Le due ipotesi sono considerate
entrambe valide, integrandosi tra loro.
La sovradominanza si può spiegare principalmente in due modi: • Dovuta alle sequenze codificanti
(sequenze di DNA che alla fine si traducono in proteine): Se si considera un gene con due forme alleliche A1
e A2 che produce un enzima dimerico (costituito da due subunità ognuna delle quali proviene da uno degli
alleli), la sovradominanza si spiega con l’enzima A1A2 (eterodimero) è più efficiente (fenotipo maggiore) dei
due possibili omodimeri (A1A1 e A2A2 )→ condizione eterozigosi è superiore all’omozigosi. • Dovuta alle
sequenze regolatorie: il gene nelle due inbred possiede diverse sequenze regolatorie che fanno esprimere il
gene al meglio in situazioni ambientali diverse( nell’omozigosi 1 il gene funziona meglio al caldo, nella 2 al
freddo, nell’eterozigote si esprime bene sia al caldo che al freddo). Nell’eterozigote il gene può esprimersi
al meglio in entrambi le situazioni ambientali, visto che porta le sequenze regolatorie di entrambi le linee
inbred.

Processo per la produzione di ibridi (es. mais):

1. Scelta delle popolazioni di partenza che abbiano delle caratteristiche


desiderate per l’ideotipo. Possono essere varietà locali, ma più spesso sono
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popolazioni già migliorate.
2. Scelta degli individui più promettenti all’interno delle popolazioni e autofecondazione forzata per 5-6
generazioni. Ogni individuo darà la sua linea inbred. In questa fase la depressione da inincrocio è probabile
che porti alla perdita di alcune linee.
3. Per queste linee verranno valutate la ACG con prove di progenie top-cross (file di piante emasculate di
linee inbred alternate con file di piante di una varietà tester) e in seguito la ACS con diallelici (tutti gli incroci
possibili tra tutti i genotipi).
4. Valutazione agronomica degli ibridi migliori in ambienti diversi
5. Produzione del seme commerciale e mantenimento negli anni delle inbred, da sostituire
progressivamente.

Anche se mais è la specie per cui la costituzione di varietà ibride è


«storicamente» più importante, ci sono tante colture per cui la
produzione di sementi ibride è diffusa: girasole, pomodoro (grazie
anche alla maschiosterilità, pomodoro è autogama), cipolla, carota,
barbabietola, cucurbitaceae.
In passato sono stati usati anche ibridi doppi o ibridi a quattro vie,
ottenuti dall’incrocio di due diversi ibridi semplici. Vantaggi: gli ibridi
semplici sono piante molto più vigorose delle inbred, quindi la
produzione di seme da queste è molto più facile e vantaggiosa.
Svantaggi: la produzione di ibridi doppi comporta segregazione, il che
significa che l’effetto eterotico sarà minore che negli ibridi semplici. La
loro maggiore base genetica però comporterà maggiore adattabilità a
diversi ambienti.

Costituzione di varietà sintetiche

Per varietà sintetica si intende una varietà ottenuta


dall’interincrocio di genotipi superiori valutati sulla base di una
prova di progenie. Le varietà sintetiche si usano per specie per le
quali il costo di produzione di varietà ibride sarebbe troppo
elevato per giustificarne i benefici (es . foraggere) (a basso valore
aggiunto). Essendo prodotte dall’interincrocio tra individui non
uguali, queste varietà hanno una larga base genetica , e questo
assicura :
1. Un buon adattamento della varietà sintetica alle variazioni
ambientali .
2. Vista l’ampiezza della base genetica, per alcune generazioni (2
- 5 ) non subiscono variazioni di frequenze geniche e alleliche di
rilievo (sono popolazioni all’equilibrio di Hardy -Weinberg) . Ciò
permette all’agricoltore di riutilizzarne il seme (risparmio
economico!).
Dall’interincrocio tra i cloni della Syn 0 deriva la Syn 1. In genere il
seme della Syn 1 è scarso quantitativamente, quindi le varietà
sintetiche in commercio corrispondono generalmente alle Syn 2 - 3 (ottenute per libera impollinazione della
generazione precedente). L’equilibrio di H - W però si mantiene solo in situazioni ideali: nella realtà le
pressioni della selezione operata dall’ambiente portano alla ecotipizzazione della varietà. Dopo 4 - 5
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generazioni le frequenze geniche e alleliche cambiano sensibilmente (deve ricomprare), il valore
agronomico dei genotipi cala e l’agricoltore deve ricomprare i semi della varietà sintetica.

Specie a propagazione vegetativa

Durante la propagazione vegetativa, la variabilità genetica non passa attraverso il filtro meiotico con le
generazioni, ma viene mantenuta. Pertanto una pianta originata per propagazione vegetativa è il clone
della pianta madre. È quindi sufficiente ottenere una sola pianta con le caratteristiche desiderate e
moltiplicarla per ottenere una nuova varietà (es. vitigni). Tale varietà sarà costituita da cloni, quindi
perfettamente uniforme dal punto di vista genetico. La maggior parte di queste specie sono poliennali (es.
arboree da frutto), ma ce ne sono anche di annuali che si propagano tramite tuberi o bulbi (es. patata,
cipolla). Tendenzialmente sono piante prevalentemente allogame (alta eterozigosi) e in quanto tali
presentano fenomeni di eterosi e depressione da inincrocio.

Miglioramento delle specie a propagazione vegetativa

I metodi di miglioramento delle specie a propagazione vegetativa


prevedono induzione di variabilità genetica e selezione dei cloni
migliori. Come si induce variabilità?
-Ibridazione: La variabilità viene ottenuta attraverso la segregazione
e ricombinazione in seguito a riproduzione sessuale. Dalle progenie
derivanti da centinaia di incroci si scelgono i cloni migliori che poi
vengono propagati e valutati.
-Mutazioni: la variabilità genetica può essere indotta da agenti
mutageni. Una pianta intera può essere ottenuta anche da una
parte di un singolo propagulo mutato. E da questa pianta si può
originare una varietà clonale. Da notare che molte di queste specie
sono arboree, quindi sono necessari anni per arrivare alla fase
riproduttiva (8-10 anni per melo).

Cosa sono le mutazioni? (mutagenesi e l’uso applicato per le piante)

Per mutazione si intende ogni modifica ereditabile nella sequenza di un genoma dovuta ad agenti esterni o
al caso, ma non alla ricombinazione genetica. Abbiamo parlato di
variabilità genetica dovuta alla ricombinazione genetica( combiniamo
genotipi dei parentali, stessi alleli in combinazioni diversi). Una
mutazione è un evento di modifica del genotipo di un individuo, e può
eventualmente modificarne il fenotipo. Le mutazioni vengono distinte
in base alla loro scala di azione: l'alterazione può riguardare un singolo
gene(mutazioni più piccole), porzioni del genoma o l'intero corredo
cromosomico. Le mutazioni sono la base grazie a cui possono svolgersi i
processi evolutivi, in quanto creano la cosiddetta variabilità genetica
(attraverso la variabilità si creano nuovi alleli che prima non c’erano).
Su questa variabilità opera la selezione naturale, la quale promuove le
mutazioni favorevoli a scapito di quelle sfavorevoli o addirittura letali.i
nuovi genotipi possono infatti avere una fitness minore o maggiore, in

50
questo caso saranno avvantaggiati dalla selezione naturale. All’interno di questa variabilità potrà agire
anche il selezionatore.

Di solito le mutazioni sono molto rare (una mutazione ogni 10^4-10^9 coppie di basi per ogni duplicazione),
ma costituiscono il presupposto dell’evoluzione. Senza mutazioni non si creerebbe variabilità, e quindi non
ci sarebbe evoluzione! Da una mutazione, grazie alla ricombinazione, si possono creare nuove combinazioni
alleliche (creano genotipi nuovi e quindi fenotipi nuovi). Le mutazioni possono nuocere all’organismo (che è
quel che succede nella maggior parte dei casi), oppure essere neutre (non influire sulla sua capacità di
sopravvivere e riprodursi). Di tanto in tanto però possono anche migliorare la capacità di adattamento
all’ambiente, o diventare vantaggiose al mutare delle condizioni ambientali.

Mutazioni spontanee

Essenzialmente dovute ad errori nella replicazione del DNA, che


consistono nell’aggiunta di basi sbagliate (cioè non complementari a
quelle del filamento stampo) da parte della DNA polimerasi. Gli step
fondamentali della replicazione del dna sono prima la separazione della
doppia elica e poi agisce la dna polimerasi. Quando la DNA polimerasi
sbaglia ad aggiungere un nucleotide, può attuare il meccanismo di
correzione di bozze: la DNA polimerasi torna indietro e, usando la sua
attività desossiribonucleasica intrinseca, rimuove il nuovo nucleotide
errato. Dopo aver rimosso il nucleotide errato, l’enzima inserisce il
nucleotide corretto e continua nella replicazione. Occasionalmente
però il meccanismo di correzione di bozze non funziona, e lì possiamo
avere delle mutazioni.

Mutazioni indotte: Mutageni Chimici (sono dovute a agenti mutageni


esterni alla cellula, possono essere chimici o fisici)

Analoghi delle basi (es. 5-bromouracile) Molecole estremamente simili alle


basi azotate. Se incorporati nel DNA possono causare appaiamenti errati, e
quindi sostituzioni di coppie di basi.La dna polimerasi le prende e le mette
nel filamento, una volta che il filamento si andrà a replicare un’altra volta
da problemi. Agenti reattivi con le basi (es. agenti alchilanti) Sostanze che
reagiscono con le basi e ne alterano la struttura, modificandone le
proprietà di appaiamento. Quando siamo difronte a una base chimicamente cambiata possiamo avere una

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sostituzione delle basi nella replicazione (proprietà delle basi non sono le stesse) Agenti intercalanti (es.
Bromuro di Etidio, una volta sempre usato in laboratori di biologia molecolare) Molecole che si inseriscono
tra due basi del DNA, aumentando «lo spazio» tra queste. Durante la replicazione si può avere l’inserzione
di una terza base, che causa un frameshift, problema nelle traduzione, questo perché la molecola di rna
viene letta tre basi alla volta ( amminoacido), inserendo un ‘altra lettera la proteina che si originerà non
avrà senso logico per la cellula. (frameshift= spostamento del frame di lettura).

Mutazioni indotte: Mutageni Fisici ( sono fondamentalmente onde elettromagnetiche a alta energia)

Radiazioni ionizzanti (Raggi X e Raggi γ) Radiazioni ad altissima energia che possono penetrare attraverso i
tessuti e, collidendo con gli atomi che compongono le molecole, possono produrre ioni. Gli elettroni liberati
collidono con altri atomi ionizzandoli e così via generano una reazione a catena. Tali reazioni possono
causare rotture e riarrangiamenti cromosomici.

Radiazioni non ionizzanti (Raggi UV) Radiazioni con energia minore dei raggi x o gamma, energia non
sufficiente per la ionizzazione, ma che con esposizione prolungata provocano legami anormali tra le basi
(per questo non si deve stare troppo al sole). Principalmente causano dimeri di timina: formazione di un
legame covalente tra carboni C5 e tra C6 di due timine adiacenti, le timine si avvicinano troppo.
L’«avvicinamento» delle due T causa distorsioni nella doppia elica che impediscono il normale appaiamento
con le due A dell’altra elica, interferendo con un’ accurata replicazione. Il frameshift causa sbagli nella
produzione di proteine.

Creando appaiamenti errati tra le due eliche, di solito c’è un meccanismo per correggere gli appaiamenti
errati.

Riparazione degli appaiamenti errati (mismatch) Questo meccanismo


rileva e corregge le alterazioni del DNA sia spontanee, sia causate dagli
agenti mutageni. Quando c’è un appaiamento errato si crea una
distorsione nella struttura dell’elica. Gli enzimi della riparazione
riconoscono queste distorsioni e rimuovono una porzione della nuova
catena che include il mismatch (appaiamento errato) attraverso enzimi
di riparazione che rimuovono la parte sbagliata dell’elica di nuova
sintesi. Lo spazio lasciato vuoto viene riempito nuovamente dalla DNA
polimerasi e poi la riparazione viene completata dalla ligasi che lega il
nuov pezzo col vecchio di dna. Non tutti i mismatch vengono corretti.
Da qui si originano le mutazioni. Se passa avanti l’errore sarà
tramandato dalle cellule “sbagliate”

Le mutazioni geniche

Sono le mutazioni che alterano un singolo gene, quindi le più «piccole» che si possano
avere. Le mutazioni geniche portano alla formazione di nuovi alleli, detti appunto alleli
mutanti. Un pezzo di dna che codifica per una proteina viene cambiato e quindi si
hanno anche proteine diverse. Queste mutazioni possono influenzare la sequenza di
amminoacidi per cui il gene codifica, cambiando anche la funzionalità delle proteine
prodotte. Esistono diversi tipi di mutazioni geniche.

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Dividiamo le mutazioni genetiche in base all’effetto che possono avere sulla proteina da codificare:

Mutazione missenso

Per il dogma centrale della biologia da una sequenza codificante di dna si origina l’rna attraverso la
trascrizione e traduzione. Da una doppia elica di dna si formano mrna (trascrizione) e tramite traduzione si
formano i polipeptidi

• se uno dei nucleotidi muta, es. al posto di ta abbiamo cg, se cade all’interno di una sequenza codificante
allora anche l’mrna ha sequenza mutata, il codone è alterato in modo da codificare per un aminoacido
diverso.

• la proteina avrà una diversa sequenza aminoacidica, visto che l’aminoacido presente nel polipeptide non
è quello «normale». Anche la funzionalità sarà diversa.

Mutazione silente (o sinonima)

Mettiamo che la mutazione sia a carico di una tripletta al posto di cgg abbiamo tripletta ggc, A causa della
ridondanza del codice genetico (esistono più triplette che possono codificare per lo stesso amminoacido, un
amminoacido è codificato da più codoni) alcune mutazioni per sostituzione non alterano la sequenza di
aminoacidi del polipeptide prodotto, in quanto il codone modificato codifica per lo stesso aminoacido del
polipeptide normale. (silente perché c’è una mutazione ma non causa nessun cambiamento )

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Mutazione non-senso

Delle 64 triplette possibili solo 3 codificano per un aminoacido, le altre tre codificano per un segnale di fine,
i codono di STOP. Se da ugc abbiamo uga(che è un codone di stop) smette di tradurre. Quando la
sostituzione di una coppia di basi del DNA origina un codone non-senso (un codone di terminazione). La
traduzione dell’mRNA contenente una mutazione non-senso porta alla produzione di un polipeptide più
corto del normale che in molti casi funzionerà solo parzialmente.

Mutazione frame-shift

Se una singola coppia di basi è eliminata (delezione) o inserita (inserzione) nella regione codificante, il
codice di lettura dell’mRNA prodotto sarà alterato, avremo uno shifting del frame di lettura. Da quel punto
in poi il ribosoma leggerà codoni «slittati» rispetto al frame di lettura normale quindi, da lì in poi, produrrà
una sequenza amminoacidica completamente diversa. Il polipeptide prodotto è spesso non funzionale a
causa delle molte e significative alterazioni nella sequenza amminoacidica. I ribosomi leggono di tre basi in
tre basi, verranno lette nel frame sbagliato e tutti gli amminoacidi da li in poi saranno diversi dalla proteina
originale.

ALLELE NON MUTATO:

ZIAVAIVIACHESONTREORECHESEIQUI

ZIA VAI VIA CHE SON TRE ORE CHE SEI QUI

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ALLELE CON DELEZIONE:

ZIAVAIVIACHESONTREORECHESEIQUI

ZIA VAI VIA CHE SON TRE ORE CHE SEI QUI

ZIA VAI VIA CHE SOT REO REC HES EIQ UI

Le mutazioni cromosomiche

queste sono mutazioni che interessano l’intero cormosoma.


A causa degli agenti mutageni (principalmente raggi X e gamma) possono
verificarsi rotture del DNA che portano a modificazioni strutturali dei cromosomi
che possono essere classificate in 4 tipi principali:
-Delezione: perdita di un segmento del cromosoma. Le radiazioni iodizzanti
rompono il cromosoma in due parti, una viene persa e vengono riattaccate le
parti rimanenti ottenendo un cromosoma nuovo più corto privo della parte
persa.
- Duplicazione: è il contrario della delezione, un segmento cromosomico si
duplica e si inserisce sullo stesso o su un altro cromosoma. Gli alleli inseriti si
sommano a quelli già presenti.

- Traslocazione: un segmento di cromosoma si stacca da un cromosoma e si inserisce su un altro


cromosoma non omologo. In presenza di radiazioni iodizzanti entrambi i cromosomi si rompono perdendo
una regione e si riattaccano nel modo sbagliato. (diverso da crossingo over!! Il crossing over avviene tra
cromosomi omologhi)

-Inversione: un segmento si stacca e si reinserisce sullo stesso cromosoma, ma ruotato di 180°, in modo
tale che l’ordine dei geni sia invertito. Avrò un cromosoma in cui l’ordine non è quello originale, anche se le
parti originali ci sono tutte.

Le duplicazioni (mutazioni che fanno si che un pezzo di cromosoma si duplicano e ineriscano sullo stesso
cromosoma) possono avere effetti benefici a seconda dei geni e degli alleli che sono localizzati nel
segmento cromosomico duplicato. Se ammettiamo che nel segmento c’è un gene x in copia singola che
produce una proteina importantissima se avviene una mutazione genica sul gene x può succedere che la
cellula non è più in grado di vivere se la proteine importante non è più prodotta( quindi non si trasmetterà
mai la mutazione) se invece x fa parte di una regione cromosomica che viene duplicata, la cellula può

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continuare a vivere e riprodursi, anche se la proteina è diversa. Uno dei geni duplicati può subire mutazioni
senza cambiare il fenotipo dell’individuo, e dare origine a nuovi alleli che possono codificare per proteine
con strutture e funzioni diverse da quelle originarie (geni paraloghi, stessa origine ma diversa funzione)
abbiamo il gene mutato e non mutato, il non mutato continua a fare proteina il mutato ne fa un’altra ma
verrà trasmesso uguale alla progenie, se è una mutazione positiva si avrà selezione . In particolare, le
duplicazioni hanno un ruolo importante nei geni coinvolti nella resistenza a stress biotici e abiotici. Un
esempio di particolare rilievo è la famiglia genica delle NBS-LRR (resistenza a patogeni), una categoria di
geni importanti per la resistenza alle malattie in varie specie. 150 di questi geni sono stati contati nel
genoma di Arabidopsis, tutti questi geni si sono originati da eventi di duplicazione, ogni gene ha accumulato
mutazioni nella struttura del dna per far si che ogni gene diverso potesse dare un contributo diverso alla
pianta nella resistenza agli stress.

Mutagenesi e miglioramento genetico

Mutazione è meccanismo fondamentale per la selezione naturale, ma anche ai fini nostri.. applicando
agenti mutageni aumentiamo la variabilità genetica delle popolazioni di base e poter fare noi selezione.

L’induzione di mutazioni per il miglioramento genetico ha inizio nel 1940, quando l’Associazione Svedese
delle Sementi finanziò ricerche sul mutation breeding in orzo. Consiste nella somministrazione di alte dosi
di agenti mutageni alle piante per la creazione di variabilità genetica (che si creino nuovi alleli). Le
mutazioni avvengono a caso e non posso prevedere quale base vado a cambiare con la mutagenesi,
servono enormi popolazioni. È molto importante per un programma di mutagenesi avere a disposizione
popolazioni molto ampie. Si possono usare agenti mutageni per trattare sia strutture unicellulari che
pluricellulari:
• Strutture unicellulari (polline, protoplasti): in questo caso si ottengono mutanti eterozigoti «solidi», da un
protoplasto riesco a originare una pianta intera, tutta la pianta sarà mutata. ( mi darà 100 per 100
dell’individuo mutato)
• Strutture pluricellulari (semi, germogli): in questo caso si ottengono chimere. Alcune cellule avranno
genoma mutato, altre in modo diverso, altre no. (darà origine a una chimera).

Le chimere Le chimere sono singoli organismi composti da due o più tipi di tessuto differenti dal punto di
vista genetico. In genere nelle piante, le chimere si generano in seguito a mutazioni somatiche nei tessuti
meristematici (gemme) e che si replicano per normale mitosi, creando così delle parti della pianta con
costituzione genetica differente da quella originaria.

Se una mutazione avviene a carico di una cellula somatica la mutazione non può passare a una sessuale,
non passa alla progenie per riproduzione sessuale. Se abbiamo ad es un melo e ho un germoglio con una
parte mutata, lo prendo e faccio una talea e ottengo una pianta con una parte mutata. Quando la
mutazione avviene nei gameti viene trasmessa per forza alla generazione successiva, nella quale la
mutazione sarà presente in tutti i tipi di cellule.
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Il taleaggio è un metodo molto usato. I tessuti della gemma di una pianta vengono prodotti in strati distinti
che in genere sono 3: L1 forma l'epidermide L2 forma la corteccia, parte dei tessuti vascolari e della lamina
fogliare L3 forma parte dei tessuti interni, come il midollo ed anche la radice. I tessuti riproduttivi si
originano dallo strato L2. Questo significa che se la mutazione è presente nello strato L1 o L3 non passerà
alla progenie, se avviene a carico dello strato L2 potrà essere propagata nelle successive generazioni. Un
esempio di chimera (mutazione su strato di L2) è il Pinot Grigio. Questa varietà è il risultato di una
mutazione somatica gemmaria (delezione) in L2 del Pinot nero e quindi ha due genomi distinti: uno per
l'epidermide e tessuti interni e uno diverso per lo strato L2. Negli
acini lo strato L2 mutato contribuisce al colore e dà all’acino il
colore caratteristico del Pinot grigio.

In un programma di miglioramento genetico per mutagenesi è


importante la scelta della dose di agente mutageno. Il problema è
che fanno comunque male agli esseri viventi. Bsogna scegliere la
giusta dose per avere delle mutazioni corrette senza far morire
nulla.

Mutagenesi su polline

Il polline ha il vantaggio di essere una struttura unicellulare, quindi NON c’è


formazione di chimere: la mutazione è «solida» se confrontata con la mutagenesi di
organi pluricellulari (tutto mutato). Molto spesso però il polline mutato non è vitale,
quindi questo organo non è molto usato per programmi di mutagenesi, ma ci devono
essere specie che ben si adattano a questo tipo di mutagenesi). Da una pianta madre
avremo del polline che se la pianta è diploide avrà corredo aploide(n) (un solo corredo
cromosomico e non due), se prendiamo un locus a caso avremo un genotipo A. se la
mutazione avviene su A si origina il corredo A’. per ottenere omozigoti su quella
mutazione si fanno autofecondare e ¼ delle piante figlie saranno A’A’ omozigote mutato.

Mutagenesi su semi

Dopo il trattamento mutageno ad organi pluricellulari le piante M1 mostrano una situazione chimerica.
Questo perché una mutazione è sempre un evento che si determina in una singola cellula e che si propaga
solo nella progenie, e quindi nella linea cellulare, che deriva da quella cellula. La pianta intera derivata sarà
mutata solo sui tessuti della pianta che viene dalla cellula mutata del seme.

Inoltre negli organi pluricellulari si ha a che fare con cellule


somatiche (non germinali aploidi), quindi diploidi. Questo vuol
dire che la mutazione subita da una cellula interesserà solo
uno dei due corredi genetici (mutazione eterozigote) → dei
gameti che si origineranno da piante M1 mutate solo uno su
due saranno mutati! perché dei due corredi genetici la
mutazione interesserà solo una. Delle piante M2 provenienti
da questi gameti solo uno su quattro saranno omozigoti per la
mutazione (mezzi gameti saranno mutati e mezzi no)

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Mutagenesi su gemme

È molto usata per specie a propagazione vegetativa (piante legnose, da frutto, in generale piante arboree)
in cui si possono generare piante complete da singole parti di una pianta «madre». Anche in questo caso la
mutazione dà origine a chimere (solo parte generata dalla gemma sarà mutata) , ma da gemme mutate
possono originarsi altre gemme → i rami che si origineranno avranno porzioni sempre più grandi di piante
mutate → si va avanti con le generazioni fino ad avere una pianta quasi completamente mutata. (si
selezionano gli espianti che derivano dalle solo cellule mutate).

Caratteri migliorabili con mutagenesi

Con la mutagenesi è più facile migliorare caratteri quantitativi o qualitativi? Sono i Qualitativi( influenzati da
uno o pochissimi geni) se mi si muta quel gene li allora cambia tutto il carattere, quindi di solito sono
caratteri ad ereditabilità monogenica. Di solito caratteri di :
• Resistenza alle malattie
• Qualità nutrizionale – Proteine [“high lysine” in mais, “high proline” in orzo, leguminose] – Carboidrati –
Lipidi – Altre sostanze
• Produttività – Cambiamenti della morfologia della pianta: “Regina 2°” di colza, “Primex” di senape,
“erectoides” di orzo, mutanti tetracarpellari di sesamo
• Precocità – Variazioni della reazione fotoperiodica in frumento, soia, pomodoro, orzo, riso

Esempio della mutagenesi per la creazione di variabilità: il grano Creso Alla fine degli anni '60 all’ENEA, una
varietà di grano duro (Triticum durum), il Cappelli (caratterizzato da fusti alti, spighe grosse ed elevate
proprietà nutritive), venne trattato con raggi X. La stragrande maggioranza dei semi irradiati muore, o
produce piante abnormi. Ma una pianticella (linea Cp B144) sopravvive e mostra caratteristiche
interessanti. Rispetto al normale Cappelli è più resistente al vento e alla pioggia (internodi più corti), e ha
una percentuale di proteine superiore al normale. Quel mutante viene incrociato con altre varietà di grano
per trasferirne le caratteristiche interessanti. Dall’incrocio con la varietà messicana Cymmit, nel 1974 viene
creato il Creso: una varietà con il culmo più corto, che resisteva all’allettamento e che produceva farina di
alta qualità. Nel 1984 il Creso occupava il 53.3% del mercato italiano! Una specie creata in Italia che in solo
10 anni ha occupato metà del mercato nazionale.

Aneuploidia, poliploidia e miglioramento genetico


Le mutazioni genomiche (che occupano l’intero cromosoma)

Ciascuna specie è caratterizzata da uno specifico corredo genetico (cariotipo)


nel quale i cromosomi sono generalmente distinguibili per morfologia e per
numero. A volte interi cromosomi possono essere perduti o acquistati durante
la meiosi. In tal caso si parla di mutazioni genomiche . La maggior parte delle
volte queste variazioni numeriche sono la conseguenza di un fenomeno detto
non - disgiunzione , che consiste nella mancata separazione dei due cromosomi
omologhi nella prima divisione meiotica o nella seconda divisione meiotica (la
prima divisione è quella equazionale, la seconda divisione riduzionale) (

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abbiamo una cellula che fa meiosi, da in una prima divisioni 2 cellule diploidi, alla seconda 4 aploidi). In caso
avvenga nella prima divisione, due gameti hanno un cromosoma in più e due hanno uno un cromosoma in
meno (va tutto da una parte). In caso avvenga nella seconda divisione, due gameti sono normali, uno ha un
cromosoma in più, l’altro un cromosoma in meno.

I gameti risultanti che hanno uno o più cromosomi in eccesso o che ne sono privi. Gli individui che si
originano da questi gameti hanno un numero di cromosomi anomalo e sono detti aneuplodi (normali =
euploidi). Negli organismi diploidi si hanno 4 categorie di aneuploidi:
-Nullisomici – caratterizzati dalla perdita di una coppia di cromosomi; la cellula nullisomica è quindi 2n-
2.(nell’uomo 44 cromosomi)
-Monosomici – caratterizzati dalla perdita di un cromosoma di una coppia di omologhi, quindi 2n-1.
- Trisomici – 2n+1 sono caratterizzati dalla presenza di un cromosoma in una o più di una coppia.
-Tetrasomici – 2n+2 una coppia di omologhi in più.

L’effetto della perdita o dell’acquisto di cromosomi varia in rapporto al cromosoma e alla specie. Negli
animali e piante, l’aneuploidia determina sterilità e l’insorgenza di condizioni anomale fortemente
disabilitanti o letali. Per esempio la trisomia 21 (sindrome di Down) negli umani.

Gli aploidi hanno solo una serie di cromosomi (n), come un normale gamete. L’aploidia è una condizione
rara e, in generale, gli individui aploidi non sopravvivono. Piante aploidi possono essere ottenute mediante
la coltura in vitro a partire da granuli di polline. Tuttavia queste tecniche non sono efficienti in tutte le
specie vegetali.

L’analisi fenotipica e genotipica di piante aploidi consente di individuare alleli o


combinazioni alleliche di interessante valore agronomico già presenti nella pianta genitrice
ma non facilmente selezionabili o analizzabili se in condizione di eterozigosi (un allele può
avere la manifestazione fenotipica bloccata da un altro omologo di cui è recessivo). Inoltre,
in generale, il trattamento di piante aploidi (sterili) con colchicina, alcaloide di origine
vegetale che inibisce la formazione del fuso mitotico, favorisce il raddoppiamento del
corredo cromosomico. In tal modo si possono ottenere piante diploidi fertili omozigoti per
tutti i loci. (si parte da una pianta aploide e si ottiene dopo dal raddoppiamente di uno solo
dei corredi genetici una diploide).

La poliploidia (numero di assetti cromosomici maggiori di due)

Variazioni del numero di cromosomi possono anche consistere nell’aumento di interi


assetti cromosomici, per cui alcuni individui possono avere una o più copie accessorie
dell’intero assetto cromosomico aploide. Tali individui sono detti poliploidi. La
poliploidia insorge in seguito ad un malfunzionamento del fuso durante la mitosi da cui
originano cellule madri dei gameti. In queste divisioni il fuso non consente una corretta
separazione dei cromosomi duplicati; questi restano all’interno di un solo nucleo, che

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viene così a contenere un numero raddoppiato di cromosomi. Quando si ha la meiosi, vengono prodotti
gameti con 2 corredi cromosomici (gameti non ridotti) anziché uno. L’unione di questi gameti con un
gamete aploide produce un organismo triploide; l’unione di gameti diploidi produce un organismo
tetraploide. La poliploidia ha rappresentato un’importante forza evolutiva nelle piante.

AUTOPOLIPLOIDIA: Individui con più corredi cromosomici


provenienti dalla stessa specie (non mescolamenti di diverse specie).
Numerose specie di interesse agrario sono autopoliploidi (patata
2n=4x=48 autotetraploide; arachide 2n=4x=40 autotetraploide; kaki
2n=6x=90 autoesaploide). (4x significa che ogni cromosoma ha 4
omologhi)
ALLOPOLIPLODIA: Individui poliploidi con corredi cromosomici
provenienti da specie diverse ma affini (corredi che vengono un po’
da una specie un po’ da un’altra). I cromosomi sono solo
parzialmente omologhi e sono detti omeologhi. La fragola coltivata
Fragaria x ananassa deriva dall'incrocio di due specie spontanee, la
F. virginiana (Nord America) e la F. chiloensis (Cile). Un allopoliploide
naturale di rilevante interesse agronomico è il frumento tenero
(Triticum aestivum), esaploide e frumento duro, tetraploide. Lo
studio della sua storia evolutiva ci ha consentito di determinare i
genomi di cui è composto il grano tenero sono:
AA: Triticum urartu
BB: Aegilops speltoides

Le due specie si sono ibridate dando un ibrido con genotipo:AB, ma


questo ibrido poteva essere vitale, ma sicuramente sterile( hanno un grado di diversità che fa si che
avranno problemi nella meiosi). La natura ha fatto si che succedesse un raddoppiamento dei cromosomi,
originando:
AABB: T. turgidum (grano duro) è fertile perché le coppie di omologhi si possono formare, aa da una parte e
bb dall’altra, il grano duro è un tetraploide che deriva da questo.
Il grano tenero è esaploide e si è originato da esso. Un’ibridazione naturale tra il tetraploide e un diploide
DD ( non si sa cosa ma sicuramente una graminacea). Il gamete del tetraploide sarà stata AB che si sarà
incrociato con il gamete D, ottenendo un gamete ABD, successivamente per raddoppiamento abbiamo
avuto la non più sterile AABBDD

Il miglioramento genetico dei poliploidi

Gli allopoliploidi coltivati (frumento (4-6x), Prunus spp., fragola, agrumi) sono generalmente autogami e si
utilizzano i normali protocolli di miglioramento genetico delle specie autogame. Gli autopoliploidi coltivati
(patata, patata dolce, erba medica, caffè) sono invece generalmente allogami, ma in queste piante la
depressione da inincrocio e l’eterosi hanno effetti ancora più forti che nei normali diploidi. Questo rende
molto difficile ottenere linee inbred (linee da autofecondazione). Le strategie di miglioramento per gli
autopoliploidi più usate sono:
1. Ampliamento della base genetica entro cui selezionare i genitori delle nuove varietà.(valido anche per

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allogami diploidi)
2. Produzione di seme commerciale ibrido doppio(ibrido di ibridi).

Induzione poliploidia per il miglioramento genetico Si può indurre il raddoppiamento cromosomico con
trattamenti fisici o chimici (es. colchicina). L’induzione della poliploidia è usata per:
• Raddoppiare il numero cromosomico di un ibrido interspecifico ristabilendo la fertilità di ibridi sterili
(produzione di allopoliploidi).( quello che ha fatto la natura per il grano duro e grano tenero).
• Formare un “ponte” genetico tra livelli di ploidia o tra specie altrimenti incompatibili.(es. specie
tetraploide con diploide).

La produzione di allopoliploidi mediante incroci programmati è una tecnica di


miglioramento genetico importante per ottenere nuovi genotipi in cui siano
presenti geni di elevato valore agronomico proveniente da specie diverse. Il
triticale (triploide o tetraploide) è un cereale molto usato per la panificazione, ed
è ottenuto dall’incrocio tra grano duro (4x) o tenero (6x) e la segale (2x). Gli ibridi
ottenuti hanno corredo triploide o tetraploide (dipende dalla specie di Triticum
usata) e sono sterili: facendo una coltura di embrioni in vitro e trattandoli con
colchicina, che impedisce la divisione meiotica nei gameti, si ottengono piante di
triticale esaploidi o ottaploidi, fertili!. (usiamo lo stesso protocollo che ha usato la
natura per il grano duro grano tenero) Il triticale è caratterizzato dalla alta
resistenza al freddo della segale e dall'attitudine alla panificazione del frumento.
Risulta quindi una valida alternativa alla segale per quanto riguarda le condizioni
climatiche, e al frumento per resistenza a altitudine e acidità del terreno.

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