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MATTEO*
LA SFIDA EDUCATIVA
IN UN MONDO CHE CAMBIA
Gli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana
per il decennio 2010-2020
Educare alla vita buona del Vangelo (EVBV): questo è il titolo intri-
gante e azzeccato del documento che i Vescovi Italiani hanno recente-
mente varato, al fine di indicare gli orientamenti pastorali per il prossi-
mo decennio. Ma sarebbe più preciso dire: lorientamento pastorale.
Il documento dei Vescovi è stato approvato dallAssemblea della CEI
(maggio 2010), licenziato nella stesura definitiva dal Consiglio Perma-
nente (settembre 2010) e pubblicato alla fine del mese di ottobre. Per la
prima volta negli anni Settanta con il titolo Evangelizzazione e Sacra-
menti si diede avvio a questa riflessione comune. A partire da questa
riflessione pastorale iniziò anche la stagione dei Convegni ecclesiali na-
zionali: il primo di questi si è tenuto a Roma nellottobre del 76. Suc-
cessivamente fu la volta di Comunione e comunità, orientamenti pasto-
rali per gli anni 80 sulla scia dei quali venne organizzato il Convegno
ecclesiale di Loreto (9-13 aprile 1985). Gli anni 90 sono stati segnati
da Evangelizzazione e testimonianza della carità, che ispirò in maniera
decisa i lavori del Convegno ecclesiale di Palermo (20-24 novembre
*
Nunzio Galantino, docente di Antropologia filosofica presso la Pontificia Facoltà
Teologica dellItalia Meridionale Sez. San Luigi, Via Petrarca 115 80122 Napoli.
Responsabile del Servizio nazionale per gli Studi Superiori di Teologia e Scienze Religio-
se della Conferenza Episcopale Italiana. Parroco in Cerignola (Fg), ngalantino@tin.it;
*
Armando Matteo, docente di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università
Urbaniana, Via Urbano VIII, 16 00165 Roma, Assistente nazionale della FUCI,
armando.matteo@gmail.com
1995). Gli anni Duemila si aprirono con gli Orientamenti dal titolo
Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia e si sono intrecciati con
il Convegno Ecclesiale nazionale di Verona svoltosi nellottobre del 2006.
La scelta di dedicare unattenzione specifica al campo educativo affon-
da le radici proprio nel 4° Convegno ecclesiale che si tenne nella città
scaligera.
Con il nuovo documento ciò che i Vescovi auspicano con ogni forza
è che ogni singola comunità cristiana dalla famiglia alla parrocchia,
dalle antiche associazioni alle più recenti realtà aggregative proceda a
unattenta verifica dellagire educativo messo allopera, in vista di una
«crescita concorde delle Chiese in Italia». È questo lobiettivo indicato
dal Presidente dei Vescovi Italiani nella Presentazione del documento
programmatico e ribadito nelle Indicazioni per la progettazione pasto-
rale (EVBV, 52). Costituisce una novità, quella delle Indicazioni esplici-
te contenute nellultimo capitolo degli Orientamenti: in esse i Vescovi
presentano le esigenze fondamentali con le quali le singole realtà
devono misurarsi in quanto soggetti chiamati «ad assumere consape-
volmente la responsabilità educativa nellorizzonte culturale e sociale»
contemporaneo.
Non è, quello che i Vescovi chiedono, un semplice invito a tornare a
educare. La Chiesa non ha mai smesso di coltivare questa speciale at-
tenzione nella sua vita ordinaria1. Si tratta piuttosto di una verifica cir-
ca la qualità delleducazione che essa esprime, nelle mille forme di pre-
senza dentro la città degli uomini e di un invito a ripartire dai frutti di
questa verifica. Certo, la qualità dellazione educativa non si misura
sulla base, o solo sulla base, di metodi e strategie, soprattutto quando
queste non maturano nel contesto di una responsabilità condivisa. Lazio-
ne educativa, infatti, o è frutto di unazione concorde e sinergica oppu-
re si condanna da sola allirrilevanza. Anzi è proprio la forza che le
viene dal suo carattere sinergico affermano i Vescovi a rendere pos-
sibile anche oggi la missione educativa2. Una possibilità messa in dub-
bio dal modo postmoderno di pensare e di vivere. Lorizzonte culturale
dominante nel quale ci muoviamo, infatti, è costituito come ha con-
Una eco attenta al compito educativo della Chiesa è possibile trovarla già in un
1
prezioso numero speciale (Educazione, pratiche pastorali e omelia) della rivista Servizio
della Parola (n. 330/settembre 2001). Basta scorrere i titoli dei contributi e i nomi dei
loro autori per apprezzarne il valore: «Educazione e società complessa: è ancora possibi-
le educare?» (G. Ambrosio); «Che cosa significa educare?» (P. Triani); «Pastorale e educa-
zione: unattenzione necessaria» (S. Lanza); «La riforma della scuola italiana dal punto
di vista della pastorale» (G. Bertagna); «Le abitudini religiose e le abitudini sociali» (V.
Boldini); «Nuovi media, nuova mentalità» (D. Viganò); «Pratiche pastorali e conseguen-
ze educative: scelte ed effetti dellagire pastorale» (R. Laurita); «Educazione e qualità
degli educatori» (G. Gillini - M. Zattoni); «Omelia come evento educativo» (B. Borsato).
2
Cf, tra gli altri, i nn. 42, 50 di EVBV.
fermato anche lultimo rapporto del Censis3 sul Paese Italia dalla fram-
mentazione e dalla scomposizione: «Il mito delluomo che si fa da sé
finisce scrivono i Vescovi nel n. 9 degli Orientamenti con il separare
la persona dalle proprie radici e dagli altri, rendendola alla fine poco
amante anche di se stessa e della vita».
La ricaduta più evidente, nellambito educativo, è il diffondersi di
un pesante scetticismo che, nella migliore delle ipotesi, propone «pro-
getti educativi [che] diventano dei programmi a breve termine» (EVBV,
5), causando la rinuncia di molti adulti a proporre alle nuove genera-
zioni significati, ragioni e regole per vivere con libertà e responsabilità.
Il primo passo per uscire dallimpasse di una cultura del frammento
e della scomposizione, il primo passo per non lasciarsi paralizzare sul
piano dellazione educativa e quindi il primo passo per assicurare effi-
cacia allazione educativa è costituito dalla conoscenza4 dei grandi ri-
schi connessi alla progressiva frammentazione cui è sottoposto il sog-
getto in un contesto confuso e contradditorio e nel quale risulta proble-
matica la stessa definizione delluomo come persona, come fine, come
interiorità, come libertà (EVBV, 8.10) e come soggetto-in-relazione,
aperto a Dio e agli altri (EVBV, 15).
Gli Orientamenti mostrano di non ignorare questo contesto proble-
matico e travagliato, sul quale noi stessi torneremo, ma mostrano an-
che di non arrendersi allinquietante deserto educativo. Se da una par-
te, infatti, viene chiesto il superamento di quellatteggiamento rinunciata-
rio in base al quale nessuno ha più niente da dire o da insegnare; se
da una parte, cioè, viene chiesto di reagire a quella rassegnazione che
sembra essere una moderna ripresentazione del fatalismo pagano, per
cui, tanto, non possiamo nulla rispetto a quello che accade e ci accade;
dallaltra parte, è proprio la presa datto del contesto in cui ci troviamo
a escludere che la questione educativa possa essere ridotta a sterile ri-
proposizione di valori, norme, insegnamenti e lezioni5.
A proposito della presentazione del 44° Rapporto sulla situazione sociale del Paese
3
Gli aspetti problematici che viviamo e nei quali più forte si avverte
lurgenza dellazione educativa non sono oggetto di ricercate indagini
socio-culturali da parte dei Vescovi; al n. 30 degli Orientamenti, essi
vengono piuttosto letti nellottica dellassunzione della responsabilità,
soprattutto in risposta a una diffusa mentalità «che induce a dubitare
del valore della persona umana, del significato stesso della vita e del
bene e, in ultima analisi, della bontà della vita, indebolendo limpegno
scrivono ancora i Vescovi, citando Benedetto XVI a trasmettere da
una generazione allaltra qualcosa di valido e di certo, regole di com-
portamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita».
Così facendo i Vescovi confermano quanto a proposito degli aspetti
problematici in cui viviamo aveva già detto Benedetto XVI, per il
quale essi non sono insuperabili, «sono piuttosto il rovescio della me-
daglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la
responsabilità che giustamente laccompagna»6.
Richiamando e riformulando, nella prospettiva delleducazione a
unesperienza integrale della fede (n. 8), gli ambiti del vissuto umano
già indicati dal Convegno ecclesiale di Verona (n. 33), gli Orientamenti
aprono impreviste opportunità per chi sa mettersi in gioco con impe-
gno e responsabilità. «A noi sta a cuore scrivono i Vescovi la propo-
sta esplicita e integrale della fede, posta al centro della missione che la
Chiesa ha ricevuto dal Signore. Questa fede vogliamo annunciare senza
alcuna imposizione, testimoniando con gioia la bellezza del dono rice-
vuto, consapevoli che esso porta frutto solo quando è accolto nella li-
bertà» (n. 4). E la fede che si vuole annunciare e testimoniare è la pro-
posta di una sequela che cambia luomo e lo rende ancora più umano,
aiutandolo a ritrovare la strada per essere se stesso e per vivere bene,
superando ogni dualismo fra ciò che è umano e ciò che è cristiano.
Cuore dellincontro con Cristo e paradigma di tutta lesperienza cri-
stiana è lintensa relazione che si stabilisce grazie allo sguardo di Gesù
sul giovane che lo interpella come Maestro buono (EVBV, 16) o sulla
folla che lo cerca (EVBV, 17). È lincontro con Cristo, è cioè lincrocia-
re il nostro con il suo sguardo a introdurci al senso pieno della realtà e
a quello di una vita bella e buona da vivere.
La parte propositiva più efficace degli Orientamenti pastorali è costi-
tuita dallinvito a gestire le relazioni educative in modi nuovi, superando
quella visione che fa del relativismo una sorta di verità indiscussa (EVBV,
11); un relativismo che tende a dissolvere la realtà e le relazioni nel gioco
senza fine delle interpretazioni e che apre la strada al dubbio, come si è
già detto, sulla possibilità stessa delleducare e sulla sua convenienza.
6
BENEDETTO XVI, Lettera alla Diocesi e Città di Roma sul compito urgente delledu-
cazione (21 gennaio 2008).
7
BENEDETTO XVI, Discorso allAssemblea Generale della CEI (28 maggio 2009),
citato al n. 15 di EVBV.
8
Cf Lettera del Santo Padre Benedetto XVI alla Diocesi e alla Città di Roma sul
compito urgente delleducazione, 21 gennaio 2008.
risvolti interiori del suo cammino di vita: perciò largo spazio alla cate-
chesi, a una vita liturgica piena, allassociazionismo, alla pietà popola-
re, e a quanto lo Spirito suscita nel tempo.
Meno sicuro e quindi più precario risulta invece laffidamento a un
contesto di senso e di prassi educative dalla famiglia alla scuola, dalla
cultura di massa ai modi e mondi dellintrattenimento naturalmente
accordato allispirazione evangelica della dignità suprema della perso-
na; meno sicura e quindi più precaria è leffettiva disponibilità di risor-
se umane (preti, religiosi, animatori) da destinare agli spazi di una pre-
senza cristiana, capillarmente diffusa sul territorio nazionale.
Lorientamento pastorale pertanto che i Vescovi lanciano alle co-
munità cristiane circa la qualità educativa che esse, dati i tempi correnti,
riescono a esprimere, al fine dunque di «procedere alla verifica degli
itinerari formativi esistenti e al consolidamento delle buone pratiche
educative in atto» (EVBV, 6) si sostanzia ancora di una felice ripresa
dello stile educativo di Gesù e di una più poderosa meditazione del
gesto elementare delleducazione. Ogni autentico inizio è per il cristia-
no in verità sempre un ritorno alle sorgenti del suo stesso essere e agire:
un ritorno dunque alle parole e alla prassi di Gesù, le quali illuminano,
riqualificandole, le parole e la prassi dei suoi discepoli nel tempo. Il
numero 25 del documento programmatico dei Vescovi per il decennio
in corso appare perciò come la sua punta di diamante: «In Gesù, Mae-
stro di verità e di vita che ci raggiunge nella forza dello Spirito vi si
legge noi siamo coinvolti nellopera educatrice del Padre e siamo ge-
nerati come uomini nuovi, aperti a stabilire relazioni vere con ogni per-
sona. È questo il punto di partenza e il cuore di ogni azione educativa».
Non solo i credenti, non solo i consacrati, non solo coloro che han-
no specifiche responsabilità educative allinterno della comunità eccle-
siale, ma ogni adulto veramente appassionato delle sorti delle nuove
generazione dovrebbe tenere fisso lo sguardo su Gesù che genera i suoi
primi discepoli a un amore per la vita e a una vita per amore, a un
desiderio di pienezza e a una pienezza del desiderio, a una crescita del-
linteriorità e a uninteriorità della crescita. Tenere lo sguardo fisso sul-
lo stile educativo di Gesù9.
9
In questi primi mesi si sono registrate già numerose mediazioni al documento dei
Vescovi italiani per il decennio in corso. Molte di queste mediazioni vanno efficace-
mente, e come auspicato dagli stessi Vescovi, al di là della semplice riproposizione dei
contenuti presenti negli Orientamenti. Tra i tanti possibili esempi: la Lettera pastorale
di Mons. Felice di Molfetta Perché mi cercavate?. Nel testo proposto alla sua comu-
nità, il presule va al di là del metodo deduttivo sostanzialmente sposato dal documento
dei Vescovi italiani e propone con precisi riferimenti storici lesperienza che ha
portato Gesù a crescere in età, sapienza e grazia. Gesù di Nazaret si è messo alla
scuola e ha interagito in maniera creativa e intelligente con il suo ambiente socio-reli-
gioso e con il clima di famiglia che caratterizzava la sua casa. Ne scaturisce un invito,
3 QUALE EDUCAZIONE
IN UN MONDO CHE CAMBIA?
per quanto è dato di capire, a valorizzare e moltiplicare le fonti che possono e devono
contribuire alleducazione, con un occhio attento alla storia nella quale ciascun uomo è
inserito. Facendo eco, in questo, a quanto scrive M. Buber nel suo saggio Sulleducati-
vo: «Il mondo, cioè tutto il mondo circostante, natura e società, educa luomo: ne
suscita le forze, lascia che esse afferrino e compenetrino i suggerimenti del mondo. Ciò
che noi chiamiamo educazione, quella consapevole e voluta, significa selezione del mondo
agente operata dalluomo; significa attribuire potere decisivo ed efficace a una selezio-
ne del mondo raccolta e mostrata nelleducatore» (M. BUBER, «Sulleducativo», in ID., Il
principio dialogico e altri saggi, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993, 168).
10
A. SCHIAVONE, Storia e destino, Einaudi, Torino 2007, 52.
11
Afferma Ilvo Diamanti: «[...] colpisce che il 35 per cento degli italiani con più di
quindici anni (indagine Demos) si definisca adolescenti (5 per cento) oppure giova-
ni (30 per cento). Anche se coloro che hanno meno di trentanni non superano il 20
per cento. Peraltro, solo il 15 per cento si riconosce anziano. Anche se il 23 per cento
della popolazione ha più di sessantacinque anni. Daltronde, da noi, quasi nessuno
ammette la vecchiaia. Che, secondo il giudizio degli italiani (come mostra la stessa
indagine condotta pochi anni fa: settembre 2003), comincerebbe solo dopo gli ot-
tantanni. In altri termini, vista laspettativa di vita, in Italia si diventa vecchi solo
dopo la morte» (I. DIAMANTI, Sillabario dei tempi tristi, Feltrinelli, Milano 2009, 64).
3.2. Lindividualismo diffuso
crazia degli affetti, e più isolata nel contesto urbano e più affaticata per
la cura da prestare ai suoi membri anziani, e tutto questo poi sfocia non
raramente nel dato inquietante per il quale in Italia la famiglia diventa
spesso luogo di violenze inaudite, che vanno, come si capisce, in tuttal-
tra direzione rispetto a quanto domanda lo sviluppo della persona.
12
EVBV, 29. La forza di ciò che si comunica non è direttamente proporzionale alla
coerenza di vita di chi comunica. Certo, la coerenza del comunicatore rende più credi-
bile ciò che comunica. La forza di ciò che si comunica sta nel fatto che ciò che si
comunica è vero per me. E lo è con la stessa forza del fuoco del quale parla Geremia
(20,9b): «Ma nel mio cuore scrive il profeta cera come un fuoco ardente, trattenuto
nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo».
13
Posizione per altri versi e con ben altri risvolti sul piano antropologico presen-
te nello strutturalismo, movimento culturale non più di moda tra gli studiosi ma i cui
effetti sono evidenti e forti nellopinione comune e che è facile ritrovare nella costru-
zione del politicamente corretto agnostico e relativista che sembra aver contaminato
ogni forma di pensiero. Liniziatore di questa forma di strutturalismo è C. Lévi-Strauss.
A conferma di questo giudizio si può leggere quanto ha scritto E. Lévinas: «lateismo
moderno ha scritto il filosofo ebreo non è la negazione di Dio, ma lindifferentismo
assoluto di Tristi Tropici. Penso che sia il libro più ateo che sia stato scritto al giorno
doggi, il più disorientato e disorientante» (Riportato in L. SCARAFFIA, «Lantropologia
senza centro», in Avvenire del 24 luglio 2008, 26).
14
Discorso di Benedetto XVI in occasione del Convegno ecclesiale diocesano di
Roma.
15
N. GALANTINO, Sulla via della persona. La riflessione sulluomo: storia, epistemo-
logia, figure e percorsi, San Paolo, Cinisello Balsamo 2006, 113-200.
16
Più volte negli Orientamenti pastorali si fa riferimento alla relazione educativa
(EVBV, 13.25.26.29.31).
sta possa dirsi relazione educativa? Assodato che «la relazione educa-
tiva si sviluppa lungo tutto il corso dellesistenza umana e subisce tra-
sformazioni specifiche a seconda delle fasi» (EVBV, 31) una relazione
può definirsi relazione educativa quando al suo interno transita, da
uno allaltro e con carattere di reciprocità, un progetto di vita da sotto-
porre costantemente a verifica (EVBV, 10). Non è relazione educati-
va quella attraverso la quale transitano diktat ideologici più o meno
affascinanti oppure una serie di imposizioni più o meno eticamente
rassicuranti (EVBV, 29).
Certo, bisogna riconoscere che un progetto di vita, che costituisce il
cuore di una relazione educativa, fa sempre più fatica a maturare in un
contesto come il nostro «afflitto come ha affermato Dario Antiseri17
dalla mancanza di una visione generale della propria identità»18. È per
questo che, nel contesto di una relazione educativa, lazione delleduca-
re deve configurarsi essenzialmente come un accompagnare laltro e ac-
compagnarsi allaltro, fornendogli strumenti critico-esistenziali utili per
verificare se questo progetto di vita (fatto di gesti, di parole, di vicinan-
za, di relazione) ha un senso ed è in grado di rendere adulta la persona.
Sono due le malattie mortali che impediscono il raggiungimento del
carattere adulto alla persona: la pura e acritica ripetizione di ciò che
viene dato e il rifiuto pregiudiziale di ogni punto di riferimento che è
fuori o prima di me. Se la prima forma di malattia mortale è facilmente
assimilabile al tradizionalismo; la seconda malattia mortale che im-
pedisce il raggiungimento del carattere adulto della persona e che si
nutre di una sottile forma di arroganza e di autoreferenzialità, si confi-
gura, sul piano antropologico, come una sorta di rifiuto della storicità.
Intesa, questa, come la intendono pur partendo da prospettive diver-
se sia Popper sia Pareyson19.
17
Cf A. GIULIANO, «Scuola italiana, quale identità?», in Avvenire del 22 Agosto 2008, 29.
Allinterno della Chiesa e in vista di un suo superamento, lemergenza educativa
18
deve fare i conti con una situazione sulla quale ha invitato a porre attenzione il Cardinale
Martini (cf A. GIULIANO, «Scuola italiana, quale identità?», in Avvenire del 22 Agosto
2008, 29). Allinterno di una lettura sapienziale e tutto sommato positiva del periodo
attuale, il Cardinale Martini ferma la sua attenzione sulla fatica pedagogica (è il nome che
il porporato dà allemergenza educativa) che caratterizza il nostro tempo. È una fatica
accentuata dal fatto che «non siamo tutti veri contemporanei». E nel tentativo di esplici-
tare questa constatazione dai forti risvolti pedagogici, egli scrive: «A volte sembra possi-
bile immaginare che non tutti stiamo vivendo nello stesso periodo storico. Alcuni è come
se stessero ancora vivendo nel tempo del Concilio di Trento, altri in quello del Concilio
Vaticano Primo. Alcuni hanno bene assimilato il Concilio Vaticano Secondo, altri molto
meno; altri ancora sono decisamente proiettati nel terzo millennio». E qui conclusione
che colpisce particolarmente: «Non siamo tutti veri contemporanei», scrive il Cardinale.
19
«La storia scrive Pareyson in Esistenza e persona è lessere nel tempo. Il suo
significato è la novità e la conquista. Ogni sviluppo che deduca ciò che non è ancora da
ciò che è già non è storia, ma divenire biologico o ritmo logico: la storia è inesauribile
innovazione e radicale imprevedibilità. Ogni fluire che disperda i suoi momenti non è
storia, ma dissipazione e rovina: la storia è risparmio e conservazione. [...]. Si può dire
che la storia, se è coincidenza di novità e conquista, è ritmo di esigenza e giudizi,
decisioni e validità. [...]. La storia, come nascita dellopera e della persona, è iniziativa.
La storia, che è lessere nel tempo, è iniziativa» (L. PAREYSON, Esistenza e persona, Il
Melangolo, Genova 1985, 159).
20
Traduzione anticipata sul Corriere della sera del 4 agosto 1993.
21
«Le folle lo interrogavano: Che cosa dobbiamo fare?. Rispondeva loro: Chi ha
due tuniche, ne dia a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto. Vennero
anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: Maestro, che cosa dobbiamo
fare?. Ed egli disse loro: Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato. Lo
interrogavano anche alcuni soldati: E noi, che cosa dobbiamo fare?. Rispose loro:
Non maltrattate e non estorcete niente (lett. non accusate per soldi) a nessuno, accon-
tentatevi delle vostre paghe».
22
Il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer ci ha consegnato, a questo proposito,
pagine straordinarie, valorizzate in un contesto più ampio da A. Trupiano, nella secon-
da parte del suo recente La via della sapienza in Josef Pieper e Dietrich Bonhoeffer.
Interpretazione della realtà e discernimento del bene, Cittadella, Assisi 2010, 229-449.
23
Gb, cc. 4-27.